Sarà presentato giovedì 16 febbraio alle 17.30 alla Biblioteca Delfini "Non ci
sono pesci rossi nelle pozzanghere" (Instar libri, 2011) di
Marco Truzzi,
vincitore del premio Bagutta "Opera prima" 2012.
Il libro - E' un viaggio nel mondo di Damian, diviso tra zingari e non zingari,
rom e gagi (così la comunità rom e sinta definisce coloro che non ne fanno
parte), dentro e fuori del campo alle porte di Correggio dove ormai da anni è
stanziata la sua comunità. C'è Gioele, che alleva pesci immaginari nelle
pozzanghere, c'è nonno Roman che armeggia con la pipa e, tra un silenzio e
l'altro, gli racconta di tempi remoti e luoghi lontani. Quando, un mattino di
marzo, Damian si incammina verso il suo primo giorno di scuola, il confine tra
le due realtà comincia a incrinarsi. Ci si mette anche la fortuna, che fa sì che
due pubblicitari di passaggio scelgano proprio il padre di Damian, Erik, come
protagonista della campagna promozionale di una nota marca di trapani elettrici,
rendendolo lo zingaro più benestante della zona. Crescendo e passando sempre più
tempo con i Gagi, Damian sembra fuggire dalle proprie radici alla ricerca di una
nuova identità.
Marco Truzzi è nato nel 1975 a Correggio, dove vive e lavora come addetto
stampa.
L'incontro, gratuito, fa parte del ciclo "Racconti e poesie migranti" che la
biblioteca organizza insieme al Centro territoriale permanente di Modena.
Di Fabrizio (del 15/02/2012 @ 09:36:08, in sport, visitato 1379 volte)
Da
Mundo_Gitano, un caso simile in Italia
QUI e
QUI (vedi anche
QUI). Grazie a Flora Afroitaliani-e per la collaborazione.
Ideal.es
- Non vengono fatti entrare in piscina "perché sono gitani" Tre cittadini denunciano gli ostacoli che, secondo loro, vengono posti
nell'accesso al nuovo complesso sportivo della località - 01.02.12 - 19:10
- DIEGO QUERO | SANTA FE
Un gruppo di abitanti di etnia gitana denunciano la discriminazione
patita per il rifiuto di un nuovo centro sportivo nel farli entrare. Dicono che
gli sono stati chiesti sino a 106 euro per entrare dal cancello, anche se
secondo loro, gli altri utenti devono pagarne solo 34 al mese. Inoltre insistono
sul fatto di dover passare, come un filtro, per una lista di attesa.
Uno dei denuncianti è José Campos, consigliere del Partito Popolare e gitano lui stesso, che racconta come gli sono stati chiesti 56 euro, un prezzo speciale
secondo lui "per non essere feccia", però ad altri hanno chiesto "106 euro di
iscrizione" e sono stai messi "in lista d'attesa". Due di loro, José Tirado e Melchor
Tirado, illustrano il caso nel video che accompagna la notizia.
Da parte loro, i responsabili del nuovo spazio sportivo respingono le accuse
e assicurano di ammettere tutti quelli che vogliono accedere all'impianto.
Di Sucar Drom (del 15/02/2012 @ 09:24:44, in Europa, visitato 1405 volte)
Swissinfo.chRom in cerca d'asilo invernale Discriminati, e perfino minacciati, i Rom non hanno molte possibilità di
ottenere l'asilo in Svizzera. (Keystone) - Di Isabelle Eichenberger
La Svizzera ha registrato negli ultimi mesi un aumento del numero di
richiedenti l'asilo serbi. Un "turismo invernale" che si spiegherebbe con un
peggioramento delle condizioni di vita della minoranza Rom, in Serbia come in
Kosovo.
Un fenomeno analogo era già stato registrato nel dicembre del 2009, quando era
stato abolito l'obbligo di un visto per i cittadini serbi, macedoni e
montenegrini intenzionati ad entrare nello spazio Schengen.
Questa apertura aveva spinto molti di loro a cercare fortuna in Svizzera. Si
trattava per lo più di persone bisognose, di etnia Rom, che pur sapendo di non
aver diritto all'asilo politico venivano a cercare lavoro in Svizzera.
«Alcune agenzie locali proponevano perfino viaggi diretti in automobile, spiega
Michael Galuser, portavoce dell'Ufficio federale della migrazione (UFM). Si
sapeva che la Svizzera assegnava un aiuto al ritorno di 600 franchi. E quando il
contributo è stato ridotto a 100, la somma necessaria per pagare il viaggio di
rientro, le domande sono diminuite».
Nel 2011 questo flusso migratorio ha però ripreso: su 22'551 domande d'asilo,
1'217 provenivano infatti da cittadini serbi (+33,7% rispetto al 2010), la
maggior parte di etnia Rom. Oltre la metà di queste richieste sono state
depositate tra novembre e dicembre.
Vitto e alloggio garantito
«Possiamo supporre che queste persone, che spesso vivono in campi molto precari,
scelgano di venire in Svizzera a trascorrere l'inverno. Qui trovano vitto e
alloggio, almeno durante il periodo necessario per esaminare la loro richiesta»,
spiega Michael Galuser.
Secondo il portavoce dell'UFM, i Rom conoscono le leggi sull'asilo in vigore nei
diversi paesi e sanno esattamente che la procedura elvetica, da due a tre mesi,
è più lunga rispetto a quella di paesi comparabili come la Norvegia o i Paesi
Bassi.
L'Organizzazione svizzera d'aiuto ai rifugiati (OSAR) condivide in parte
l'ipotesi di un "turismo invernale". «Ci sono molti rifugiati Rom di origine
bosniaca o kosovara che vivono in Svizzera in condizioni precarie dal 1999. Sono
coscienti di non avere alcuna possibilità, ma conoscono le debolezze della
nostra legislazione», precisa il segretario generale Beat Meiner.
La crisi economica che sta colpendo l'Europa non contribuisce di certo a
facilitare le cose. «I Rom sono spesso contenti di trovare un tetto provvisorio
nei centri di accoglienza, anche nei rifugi della protezione civile», aggiunge
Meiner.
Discriminati in patria
Stando ad Amnesty International, la situazione è però più complessa. «Può anche
essere che i Rom partano più facilmente durante la brutta stagione, ma non credo
che lo facciano unicamente con l'idea di trascorrere l'inverno al calduccio.
Potrebbero anche andare in Germania, o in altri paesi che d'inverno sospendono i
rinvii, contrariamente alla Svizzera», indica Denise Graf.
Amnesty International si dice invece preoccupata dal degrado della situazione
dei Rom rifugiati in Serbia. La discriminazione in atto impedisce loro di avere
un lavoro, commenta Denise Graf. «Il 97% dei rom è disoccupato». E stando
all'ultimo rapporto di Nicola Duckworth, responsabile del programma Europa e
Asia centrale di Amnesty sempre più Rom vengono cacciati dai loro appartamenti
in seguito a speculazioni immobiliari. «A Belgrado le loro case vengono rase al
suolo per far posto a progetti pubblici, senza pianificare dei nuovi alloggi né
garantire un'assistenza sociale».
D'altra parte si assiste a un inasprimento delle tensioni a Mitrovica, in
Kosovo, dove la minoranza serba continua a contestare l'indipendenza proclamata
nel 2008 dell'ex provincia a maggioranza albanese. «Le violenze dell'estate
scorsa hanno un'influenza diretta sulla situazione dei Rom, numerosi a Mitrovica»,
spiega Denise Graf. «La situazione è critica anche per i rom delle altre regioni
kosovare, che spesso sono stati accusati di aver collaborato con i serbi durante
la guerra».
Intervento in Serbia
Discriminati in patria, i Rom soffrono di una cattiva immagine anche in
Svizzera. «Sono considerati vagabondi e ladri, al punto che alcuni Rom integrati
preferiscono non menzionare le loro origini», conferma Cristina Kruck, della
Rroma Foundation di Zurigo.
In città come Losanna e Ginevra la polizia è intervenuta più volte a per
disperdere degli accampamenti selvaggi costruiti sotto i ponti o nei parchi.
Allarmata dalla situazione nei Balcani, Denise Graf lancia un appello alla
Svizzera a «far pressione sui partner in Serbia e in Kosovo affinché gli aiuti
dell'Unione Europea destinati al reinserimento dei Rom arrivino a destinazione».
E la Direzione dello sviluppo e della cooperazione rassicura: «Nel campo della
cooperazione internazionale, la DSC è cosciente dell'esistenza di un rischio di
trasferimento dei mezzi messi a disposizione. Esistono tuttavia degli strumenti
per farvi fronte, come delle valutazioni indipendenti dei progetti, sulla base
delle quali vengono attribuiti i sussidi».
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:40:58, in casa, visitato 1584 volte)
Corriere
della Sera - I sinti dicono sì al trasferimento entro il 29 febbraio. L'Unar indaga
sulla denuncia per discriminazione.
Il campo nomadi (Fotogramma)
Niente proroghe: il campo nomadi di via Orzinuovi chiuderà formalmente il 29
febbraio, come deciso dalla Loggia. Entro quella data, tutte le 19 famiglie che
ci abitano (alcuni sin dal 1976) «sapranno dove andare», conferma il
vicesindaco, Fabio Rolfi. Ed è proprio per tracciare il futuro di queste persone
che in Prefettura è stato convocato un tavolo ad hoc. A raccolta il sindaco,
Adriano Paroli («È iniziato il dialogo per trovare soluzioni condivise»), Cgil,
Fondazione Piccini, Polizia Locale, una rappresentanza sinti e, non da ultimo,
Emanuele Nitri, dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che fa capo
alla Presidenza del Consiglio. Perché proprio all'Unar, e non solo, era
indirizzata la lettera in cui i sinti denunciavano il Comune di volerli
«cancellare dall'anagrafe» (vedi
QUI ndr). Un punto, questo, «su cui ci riserviamo di valutare
quando avremo risposte e motivazioni dagli uffici competenti», conferma Nitri.
Altra storia, lo smantellamento del campo, «nei tempi previsti», assicura Rolfi
che definisce «passi in avanti importanti» quelli delle ultime ore, visto che i
sinti «hanno accettato la chiusura del campo». Vero, «ma vorremmo stare insieme,
per cui faremo tutti domanda di trasferimento nei prefabbricati del Centro
emergenza abitativa di via Borgosatollo», riferisce Giovanni Torsi. Il Comune,
però, avrebbe già individuato quattro famiglie «disagiate» da destinare agli
alloggi protetti Aler. Tempo 15 giorni per le verifiche, «ma quantomeno si è
iniziato a discutere. E nessuno il 29 febbraio staccherà la corrente nel campo»,
commenta Damiano Galletti, segretario provinciale Cgil.
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:20:17, in Regole, visitato 2475 volte)
La notizia mi era sfuggita, grazie a Daniele Mezzana per
la segnalazione
ultimo aggiornamento: 31 gennaio, ore 15:28
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - Mai più foto che ritraggono i volti dei
mendicanti. Lo intima la Cassazione, sottolineando che "non è possibile negare
l'oggettiva valenza diffamatoria" alla pubblicazione di uno scatto di chi chiede
la carità: "la coscienza comune - spiega la Quinta sezione penale - pone questi
soggetti in uno dei gradini più bassi della cosiddetta scala sociale ed è allora
naturale che chi sia costretto dalla necessità a praticare la mendicità e venga
additato come tale si sentirà mortificato e gravemente ferito nella sua
onorabilità".
Se si vuole denunciare il dilagare di un fenomeno, dice la Cassazione, è
necessario "coprire i volti delle persone coinvolte in fenomeni sui quali grava
un pesante giudizio negativo della collettività".
La vicenda analizzata dalla Suprema Corte nasce dalla querela sporta da una
rumena ultratrentenne, Ciurar C., comparsa in una fotografia pubblicata a
corredo di un articolo di un giornale di Trento nel quale venivano riportate le
reazioni e i commenti dei cittadini, pure loro rappresentati fotograficamente,
nell'ambito di una tavola rotonda sul 'pacchetto sicurezza' e sull'istituzione
delle ronde. A corredo del servizio, la foto della rumena accompagnata dalla
didascalia 'una questuante all'opera nel centro storico di Trento'. Il gip di
Trento, il 31 gennaio 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere "perché il
fatto non sussiste" nei confronti del direttore e dell'autore dell'articolo,
ritenendo non diffamatorio l'articolo e le foto improntati a scoraggiare
"fenomeni quali la prostituzione, il vandalismo e l'accattonaggio diffuso". La
Cassazione è stata di tutt'altro avviso.
La rumena fotografata a mendicare ha fatto ricorso in Cassazione, facendo notare
che era l'unica delle persone ritratte a rappresentare il problema che il
'pacchetto sicurezza' avrebbe voluto affrontare e che, nel testo, si parlava di
'accattonaggio diffuso legato ad organizzazioni criminali'. Piazza Cavour -
sentenza 3721 - ha accolto la tesi difensiva della rumena e ha osservato che "la
fotografia di Ciurar C., indicata come questuante all'opera, posta a corredo
dell'articolo non può essere considerata neutra, dal momento che il lettore è
portato ad identificare la persona rappresentata con uno dei mali da combattere
- l'accattonaggio diffuso - e l'ipotizzato collegamento con ambienti malavitosi
- ed uno dei problemi da eliminare per garantire una pacifica vita cittadina".
La Cassazione fa notare che "quando per esigenze di cronaca si mostrano immagini
di persone in qualche modo coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante
giudizio negativo della collettività - al fine di evitare che si crei un preciso
collegamento tra un fenomeno generale e una specifica e individuabile persona
fisica ed evitare quindi la conseguente e inutile carica di disdoro personale,
si usa sgranare o comunque coprire il volto della persona ritratta per renderla
non identificabile".
Il 31 Gennaio, in piena emergenza freddo, il Comune ha sfrattato una donna
con cinque bambini al villaggio rom di Coltano: questa drammatica verità è stata
occultata da una sequela impressionante di dicerie, diffuse prima dagli
amministratori, poi dal principale partito della città. Una vera e propria
"macchina del fango" mobilitata per screditare un'intera famiglia.
A casa della donna, si è detto, si sarebbero trovati gioielli per centinaia di
migliaia di euro, frutto di attività criminose; i parenti sarebbero proprietari
di una villa e di attività commerciali confiscate dalla magistratura; infine, la
donna sarebbe tra le protagoniste del rapimento della "sposa bambina". Nessuna
di queste informazioni corrisponde a verità.
Per il sequestro dei "gioielli", la signora non è neanche imputata: è stata
giudicata estranea ai fatti, ed è un'altra la persona che andrà a processo.
Quanto alla "villa" dei parenti, il 12 Novembre 2011 la Corte d'Appello ne ha
annullato la confisca, mentre il procedimento di sequestro delle attività
commerciali è stato archiviato dal GIP il 10 Ottobre. Resta l'accusa della
"sposa bambina", su cui permangono molti dubbi che - si spera - verranno
chiariti nel processo.
La realtà dei fatti è molto semplice. La signora è stata sfrattata perché
imputata in un processo. Il Comune la considera colpevole a prescindere dalla
sentenza, violando così la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani e i
principi più elementari del diritto ("l'imputato è innocente finché una sentenza
non abbia accertato la sua colpevolezza"). Con ammirevole candore, il Partito
Democratico afferma che il Consiglio Comunale avrebbe chiesto di "superare, in
questo caso, la cosiddetta presunzione di innocenza". Un principio basilare
dello stato di diritto verrebbe dunque "superato" (sic) dalla delibera di un
Comune! Quando si tratta di rom si sospendono tutte le regole, salvo poi
richiamare gli stessi rom al "rispetto delle regole".
Il PD afferma che in questa vicenda le autorità locali "non hanno nulla di cui
vergognarsi". Perché allora lo sfratto è stato eseguito lontano dagli occhi
indiscreti dei giornalisti? Cosa c'era da nascondere, se tutto era "secondo le
regole"? Si voleva occultare lo spettacolo di una donna e cinque bambini
lasciati al gelo? Si voleva mostrare che la signora aveva "rifiutato le proposte
di accoglienza", nascondendo il fatto che si volevano dividere i piccoli dalla
loro mamma? Lo stesso comunicato del PD indica come soluzione l'affido a terzi
dei bambini (temporaneo, ma per quanto?): l'unica "salvezza" dei figli
consisterebbe dunque nel levarli alla madre… A Pisa quando si parla di rom la responsabilità personale sancita dalla
costituzione svanisce: si accusano intere famiglie, bambini compresi.
Ci pare che il senso vero di questa operazione sia più che trasparente. Il
Comune ha smantellato il programma Città Sottili, sostituendolo con una politica
sistematica di sgomberi. Lo sfratto di Coltano è solo uno dei tasselli di questa
politica, a cui si accompagnano velenose campagne di stampa: si pensi alle
continue esternazioni del Sindaco sulla presenza eccessiva di rom (come se un
gruppo fosse di per sé portatore di problemi). Pisa non è affatto
"all'avanguardia" nelle politiche sociali: le scelte di questa amministrazione
vengono al contrario seguite con crescente inquietudine dalle organizzazioni per
i diritti umani, come dimostra il recente rapporto del Consiglio d'Europa. La nostra città è diventata il teatro di una vera e propria "emergenza diritti
umani": è questa l'amara verità che ricaviamo dalla vicenda dello sfratto di Coltano.
Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:24:31, in Italia, visitato 1397 volte)
Autore: Daniele Ulderico
Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo
Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con
grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo
campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco
naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno
rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva
dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare:
in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con
tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di
rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle
politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello
innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le
fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i
diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come
criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e
forme inedite di potere.
Gli operatori del terzo settore hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare
durante il consiglio per manifestare contro il piano proposto dal vice sindaco
Sveva Belviso, che prevede una riduzione delle risorse per i servizi sociali
all'interno dei campi nomadi. Ozzimo (Pd): "Da mesi chiediamo chiarezza e ad
oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta" DI S. IANNÒ
Nessuna sostanziale novità dalla sala del Carroccio dove si è tenuto l'incontro
tra i membri del Roma social pride e Tredicine presidente della commissione
Servizi sociali. La discussione è stata rimandata a martedì. Obiettivo
dell'incontro era quello di spiegare le ragioni del disagio degli operatori del
terzo settore, rispetto all'ipotesi di riduzione del 50% delle risorse per i
servizi all'interno dei campi rom. Un decremento che si traduce "in uno schiaffo
ai lavoratori del soggetto", dicono le associazioni. I membri di associazioni e
cooperative chiedono che i 30 milioni stanziati per l'emergenza rom, mai
utilizzati dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il piano
nomadi., siano utilizzati per garantire i servizi. A cui segue la disattenzione
dell'amministrazione che non ha avviato processi di fuoriuscita dai campi,
continuando nella politica degli sgomberi, che hanno portato un aumento dei
microcampi abusivi e dei residenti nei villaggi attrezzati.
Tredicine si dichiara pronto ad avviare un processo di dialogo all'interno della
commissione politiche sociali. "Intanto - afferma - restiamo in attesa
dell'incontro con il vice sindaco Belviso per capire come risolvere il problema
dei finanziamenti". "Dovete capire - conclude - che anche noi non vogliamo
perdere un servizio sociale".
LE REAZIONI - "Bisognerebbe chiedere le dimissioni dell'assessore alle Politiche
sociali che propone di tagliare le risorse per i servizi, con l'obiettivo di
lasciare nel caos i cittadini nei campi". Lo dichiara Andrea Alzetta,
consigliere di Action. "La mancanza di fondi - aggiunge Alzetta - e' una bufala
perche' nei giorni scorsi avete rinunciato a 200milioni di euro di oneri
concessori dei costruttori, votando il Piano casa". "Il paradosso e' che si
tagliano 1,8 milioni di euro per il sociale e poi si buttano i soldi per la
vigilanza armata, che costa oltre due milioni". Lo dichiara Daniele Ozzimo, vice
presidente della commissione Politiche sociali, nel corso dell'incontro con il
Roma social pride, nella sala del Carroccio del Campidoglio. "Come presidente
della Commissione - afferma Ozzimo rivolgendosi al suo collega Tredicine - devi
avere il coraggio di non appiattirti sulle posizioni dell'assessorato, in modo
che martedì possiamo difendere l'intervento nel sociale". "Qualcosa nel piano
nomadi non ha funzionato, e' compito della politica intervenire per correggere
gli errori". Lo afferma il presidente della commissione Politiche sociali,
Tredicine, nel corso dell'incontro con il Roma social pride nella sala del
Carroccio del Campidoglio. "Dopo l'incontro con la Belviso - aggiunge Tredicine
- bisognera' approfondire la questione con la ragioneria per capire come
intervenire. Perche' le vostre preoccupazioni sono le nostre". I membri delle
cooperative sottolineano pero' che le risorse si possono recuperare da quei
servizi pagati anche 20 volte in più, come accade per il campo sulla Salaria e
rivelato dallo stesso vice sindaco. Senza dimenticare che per ogni famiglia rom
il Comune di Roma spende mille euro, mentre si potrebbe pensare un percorso di
fuoriuscita dai campi per avviare una politica di stabilizzazione abitativa.
LA PROTESTA - "Vergogna, dove sono i 30 milioni di euro stanziati per
l'emergenza rom?". Lo chiedono a gran voce gli operatori del terzo settore che
pochi minuti fa hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare, per protestare
contro il piano proposto dal vice sindaco Sveva Belviso, che prevede una
riduzione delle risorse per i servizi sociali all'interno dei campi nomadi.
Per gli operatori, che sono stati immediatamente allontanati dal Campidoglio, i
politici sono dei "buffoni" e più volte hanno gridato il nome della Belviso,
considerata con il primo cittadino Alemanno, "ladra di servizi sociali". Sullo
striscione che i membri di associazioni e cooperative hanno esposto c'era
scritto che ci sono "30,8 milioni di buone ragioni per finanziare i servizi nei
campi".
I membri del Roma social pride, dopo essere stati allontanati dall'aula Giulio
Cesare, si sono riuniti nella sala del Carroccio in attesa di un incontro con i
capigruppo capitolini, per spiegare che con la riduzione del 50 per cento delle
risorse si rischia di non garantire più i servizi sociali.
Sulla questione interviene anche Daniele Ozzimo (Pd): "Che fine hanno fatto i
30,8 milioni di euro a disposizione del Piano Nomadi? Da mesi chiediamo
chiarezza e ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Il Piano è fermo al
palo, nessun nuovo insediamento di quelli promessi dalla Giunta Alemanno è stato
costruito ed è aumentato in questi quattro anni in modo esponenziale il numero
dei microcampi abusivi. Del fallimento di Alemanno in tema di comunità Rom i
numeri sono chiari 30,8 milioni di euro scomparsi nel nulla e più di 200
microcampi abusivi, e su questi risultati il Sindaco non può di certo dare la
responsabilità alla Protezione Civile. Chiediamo quindi immediata chiarezza
dall'amministrazione".
di Santo Iannò - Giovedì, 09 Febbraio 2012
Domanda di un non-romano:
Fatti salvi tutti i "se" possibili: quindi SE Alemanno ed il suo contorno
siano persone di cui fidarsi, SE questi tagli al bilancio siano scelte politiche
e non obbligate, come siano stati spesi i fondi precedenti...
... la domanda ANTIPATICA è: cosa si
voglia fare di 30,8 milioni di euro, quanti di questi soldi vadano ai collettori e
quanti ai Rom e Sinti, chi verifica i risultati ottenuti ANCHE
dall'associazionismo nei campi (ad esempio) dell'integrazione scolastica,
abitativa, sanitaria, lavorativa.
Una coppia di giocatori di pelota di etnia rom, membri del club Laguna Artea,
disputerà sabato la finale del torneo Enkarterriak. SILVIA OSORIO - SESTAO.
08/02/2012
Lo sport intreccia legami e unisce le culture. A Sestao, qualcosa di così locale
come la pelota è riuscito a unire gagé e rom. Una coppia di giocatori di pelota,
di etnia rom è riuscita a classificarsi per potere disputare la finale della
categoria cadetti del Torneo Enkarterrik, uno dei campionati più importanti a
livello territoriale, per le categorie inferiori. L'appuntamento storico,
organizzato dalla Federazione Vizcaina di Pelota, avrà luogo questo sabato, a
partire dalle 16.30, nel campo Txikito di Gallarta, dove misureranno le loro
forze nella squadra di Bilbao e dovranno essere all'altezza dei loro berretti da
campioni.
Dani e Mariano sono i protagonisti di questa lotta, che è servita a buttare
all'aria gli stereotipi ai quali è sottoposta la comunità rom alla quale loro
appartengono. Permetterà di fare un passo avanti riguardo all'integrazione di
questa collettività, perché non ci sia nessun rifiuto da parte di chicchessia
verso chicchessia. "Siamo molto soddisfatti" ha dichiarato a questo
periodico Xabier Sainz de la Maza, presidente del club Lagun Artea, al quale
appartengono i due giocatori.
Ambedue giovani, residenti nella zona industriale, fecero i loro primi passi in
questa disciplina nel campo del Parco del Sole. Lì è frequente vedere squadre di
giovani di etnia rom, che giocano a pelota per ammazzare il tempo. L'estate
scorsa, durante la celebrazione delle gare sportive organizzate ogni anno dalla
municipalità di Sestao proprio in questo campo, un allenatore del club Lagun
Artean notò l'abilità dei due, e li esortò ad avvicinarsi al
campo di Las Llanas, per guardare gli allenamenti degli altri membri della
squadra.
Cinque mese di sforzi
Così fecero, e da allora, non hanno più lasciato la pelota. Nel mese di
settembre, iniziarono a prepararsi, sottoposti alla disciplina della squadra.
Dani e Mariano frequentavano la scuola la mattina, e due sere alla settimana si
dedicavano a perfezionare la tecnica sul campo. Passano cinque mesi durante i
quali combinano lo studio con duri allenamenti e competizioni. Però lo sforzo ne
è valso la pena, e gli ha portati a ritrovarsi nella finale del Torneo Enkarterriak.
"Si vede che sono molto impegnati e che desiderano vivere una vita
come qualsiasi giovane della loro età" spiega il massimo rappresentante del club
di Sestao.
Ma la loro integrazione nel gruppo non è stato un lavoro facile. I responsabili
del Lagun Artea ammettono che l'arrivo dei due giocatori rom al club, destò
all'inizio "un po' di sospetto in mezzo agli altri giocatori." Però con il
passare del tempo, vedendo l'impegno e la predisposizione dimostrati da ambedue,
i pregiudizi iniziali sono svaniti e la loro integrazione nel gruppo è avvenuta in
modo ottimale.
RomabuzzmonitorUstiben report by Grattan Puxon DALE FARM: IL CONSIGLIO SALTA L'ASTA ED IL LEADER TORY VERSO UN PREMIO
06/02/2012 - Quasi un onore per i nostri avversari, il riconoscimento che
chiameremo il Pulitore-Etnico dell'anno. Tony Ball, leader Tory del consiglio di
Basildon è stato nominato e sarà a Westminster per la cerimonia.
Ufficialmente ciò che avrà luogo a fine mese a Westminster Palace sarà una
cerimonia per esporre i risultati dei consiglieri locali e le loro azioni. I
premi vengono dall'Unità informativa Governo Locale (LGiU).
La candidature potranno arrivare da chiunque; membri del pubblico,
consiglieri e loro personale. Le informazioni che LGiU ha ricevuto su Tony Ball
è che ha fatto un lavoro eccezionale sfrattando i Traveller da Dale Farm.
Altrettanto eccezionale la brutalità e, secondo noi, la stupidità.
Come va vantandosi lo stesso Ball, con l'aiuto della polizia antisommossa è
riuscito a realizzare la distruzione di metà delle residenze di Dale Farm, con
poca spesa. Difatti di fronte ad un budget governativo di 18 milioni di
sterline, ne è stato speso solo un terzo.
Il consiglio ha abbandonato circa novanta famiglie per strada, accanto alle
loro proprietà distrutte, o temporaneamente alloggiate da parenti nella parte
legale del sito. In pochi hanno trovato rifugio in altri paesi.
Dietro di sé una scia di distruzione che non è solo una ferita nel paesaggio,
ma anche un'offesa alla stessa legge che Ball ha detto di voler difendere. Dove
una volta c'erano casette, ora sono aperte buche che si sono riempite di acqua
lurida e neve disciolta, ognuna circondata da terrapieni di detriti.
Tuttavia, prima di raccogliere il suo premio per lo stupro della green-belt,
Ball è ancora al palo. I residenti di Dale Farm da lungo in sofferenza stanno
per prendere ulteriori azioni legali. Una questione è la loro preoccupazione per
l'erezione di una fila di pali per l'elettricità. Chiaramente interromperebbero
l'apertura della green-belt ed aggiungerebbero danno ai danni ambientali già
così evidenti.
"Hanno scavato una fossa davanti al cancello della mia proprietà," si lamenta
un residente. "Stanno facendo dei lavori ed intendono tornare."
Da tre mesi i residenti stanno chiedendo il ripristino della fornitura
elettrica, tagliata illegalmente. I loro avvocati hanno perso la pazienza e
questa settimana hanno minacciato di chiedere l'intervento del tribunale, per il
rifiuto del consiglio di agire rapidamente nel riparare i danni alle
infrastrutture.
La
Dale Farm Residents Association chiede all'appena formato Traveller Solidarity
Network e agli altri gruppi di appoggiare la protesta a Westminster il 27
febbraio, quando Tony Ball spera di ricevere il premio Leader di Consiglio
dell'anno.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
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