Di Fabrizio (del 23/05/2012 @ 09:22:49, in Italia, visitato 1313 volte)
Segnalazione di Agostino Rota Martir
16 maggio 2012 - Tonio Dell'Olio
I bambini che sono nati in Italia, anche se figli di genitori
stranieri, sono italiani. Lo chiediamo da tempo con la campagna "L'Italia sono anch'io".
Il comune di Scandicci (FI) si prepara a fare un gesto che, pur non
avendo alcun valore giuridico rispetto all'acquisizione dei diritti di
cittadinanza, racconta al Paese che c'è un'altra Italia. Il giorno
della Festa della Repubblica concederà la cittadinanza onoraria ai 196
figli di stranieri dai 6 ai 18 anni che abitano nel proprio comune.
"Abbiamo scelto di fare la cerimonia di consegna nel giorno della
Festa della Repubblica, proprio per il forte significato che ha per
tutti noi questa giornata - ha scritto il Sindaco Simone Gheri in una
lettera alle famiglie dei ragazzi, con la quale invita genitori e
figli all'appuntamento del 2 giugno - i vostri figli nella nostra
Repubblica sono venuti alla luce, qui frequentano tutti i giorni la
scuola, i giardini pubblici, le strade, le piazze, i luoghi e i
servizi che appartengono a tutti noi. Con il suo voto il Consiglio
Comunale ha voluto dare un segno e portare il proprio contributo nel
dibattito politico nazionale, con la convinzione che sia necessario
approvare una nuova legge sulla cittadinanza, perché venga
riconosciuta ai bambini che qui nascono e
crescono" (www.comune.scandicci.fi.it).
Di Fabrizio (del 22/05/2012 @ 09:52:21, in casa, visitato 1435 volte)
Ricevo e pubblico integralmente:
Carissimi,
visitando il vs sito, che riteniamo uno dei più aggiornati e interessanti, ci
siamo imbattuti nell'articolo "Ecco le casette del campo rom in via Longhin"
postato dal giornalista del Mattino di Padova Alberto Melis il 14/09/2011
(Alberto Melis in realtà aveva soltanto segnalato l'articolo, ndr.).
Conoscendo molto bene la storia degli ultimi 15 anni del campo in questione,
vorremmo aggiungere alcune importanti precisazioni.
Dopo anni di politiche efficaci che hanno permesso di smantellare il campo
nomadi comunale di via Tassinari, con l'originale progetto di autocostruzione
"dal campo nomadi alla città: il Villaggio della Speranza" (per i particolari vi
rimandiamo al ns sito www.operanomadipadova.it), e l'autonomizzazione di decine
di famiglie di rom serbi sia dal punto di vista lavorativo che abitativo (anche
qui con il supporto dei nostri mediatori), l'Amministrazione comunale ha
cambiato inspiegabilmente rotta.
La nostra Associazione ha lavorato per diversi anni in entrambi i campi nomadi
comunali, tenendo la barra fissa su due concetti: smantellamento definitivo
delle aree e coinvolgimento diretto delle persone nelle scelte che li avrebbero
coinvolti. Per questo motivo, nel presentare il progetto "Villaggio della
Speranza" all'ex Ministro del Welfare Ferrero, che ha deciso di finanziarlo, ci
siamo fatti portavoce dei rom e dei sinti con proposte concordate con loro. Se
per i sinti veneti di via Tassinari l'autocostruzione di tre minipalazzine,
inaugurate il 2 febbraio 2010, per tre famiglie allargate ha rappresentato il
migliore compromesso tra le tradizioni dei residenti e le disponibilità del
Comune, per i rom di via Longhin la proposta era ben altra e riguardava
l'individuazione di alcuni terreni privati.
L'attuale progetto di riqualificazione del campo nomadi comunale di via Longhin,
che vede uno stanziamento di 480.000€, imposto ai rom come unica alternativa
allo sgombero, vede la costruzione di 16 piazzole attrezzate di bagno e stanza
adibita a soggiorno-pranzo in muratura, mentre la zona notte continuerà ad
essere la roulotte. Le camere da letto saranno infatti costruite in seguito ad
un eventuale ulteriore stanziamento pubblico di oltre 500.000 euro.
I diretti interessati si sono dichiarati da subito e più volte contrari al
progetto, sostenendo che sempre di un campo nomadi si tratterà: tutti insieme e
nel medesimo luogo. Quanti compagni di classe dei bambini andranno a fare i
compiti nel ghetto ristrutturato? Quanti imprenditori saranno invogliati a
valutare il curriculum di un residente dell'ormai nota via Longhin? Prima di
firmare, pena la l'allontanamento e la cancellazione della residenza, l'accordo
con il Comune, i capi famiglia dei circa 60 residenti hanno proposto ancora una
volta soluzioni alternative più aderenti alle proprie esigenze nonchè
maggiormente vantaggiose per le tasche dei concittadini ma che non sono state
prese in alcuna considerazione.
Vi saremo molto grati se dalle pagine del vostro sito deste voce alle nostre
perplessità per mantenere sempre alta l'attenzione circa l'efficacia dei certi
progetti di integrazione e sulle modalità con cui vengono realizzati
Di Fabrizio (del 22/05/2012 @ 09:03:36, in Italia, visitato 1453 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Il 15 maggio 2012, una delegazione di giovani rom, nati in Italia ma
cittadini stranieri, ha incontrato il presidente della commissione diritti umani
del Senato, Pietro Marcenaro, e gli ha consegnato un appello per il capo dello
Stato, Giorgio Napolitano. E' stato stimato che ci sono in Italia almeno 14 mila
ragazzi di origine rom che, nati da genitori apolidi o residenti irregolarmente
nel nostro Paese, si sentono parte integrante della società, pur essendo nei
fatti degli "estranei".
Ecco, qui di seguito, il testo integrale della lettera:
Caro Presidente. Siamo in tanti, ragazzi e ragazze del popolo Rom nati in
Italia, di seconda, a volte anche di terza generazione, da genitori apolidi o
residenti irregolarmente nel nostro Paese. Ci rivolgiamo a Lei perché ancora una
volta abbiamo apprezzato le parole chiare che ha inteso indirizzare al Sindaco
di Nichelino, che ha avuto la sensibilità di concedere la cittadinanza onoraria
a 450 ragazzi nati da genitori stranieri in quel territorio.
Siamo italiani, ma stranieri. Ci sentiamo "parte integrante della nostra
società", ma viviamo quotidianamente il disagio di essere considerati
impropriamente stranieri. Disagio doppio e particolarmente pesante per noi
ragazze e ragazzi Rom. Non è assolutamente facile, ci creda, per tanti di noi
regolarizzare posizioni giuridiche, ottenere un permesso di soggiorno, fare
richiesta di cittadinanza, perché veniamo da famiglie che vivono da sempre
situazioni precarie, per la difficoltà di reperire la necessaria documentazione,
in particolare per quelli di noi i cui genitori e nonni sono nati e provengono
da luoghi che hanno vissuto recenti e drammatiche vicende belliche.
Eppure abbiamo frequentato le scuole. Una situazione difficile, quella che
viviamo, di "stranieri in patria". Che rende precaria la nostra vita e non
agevola l'integrazione sociale e l'accesso al lavoro, nonostante molti di noi
abbiano frequentato le scuole e, soprattutto, vorrebbero inserirsi regolarmente
e legalmente nella comunità civile. In tanti abbiamo vissuto la violenza degli
sgomberi dei campi e l'umiliazione della reclusione nei CIE, i Centri di
identificazione per l'espatrio. Ed in tanti viviamo in case popolari o case
proprie o ancora piccole aree autocostruite. Ma espatrio verso dove, se è
l'Italia la nostra patria? Ci creda, sono esperienze dure e drammatiche, che
spingono, purtroppo, tanti giovani verso la marginalità, l'illegalità ed il
rifiuto delle regole civili. Che ricacciano le nostre comunità verso
l'esclusione sociale ed una inaccettabile discriminazione.
Le risposte da un Governo che guarda all'Europa. Dal Governo Monti, signor
Presidente, governo che guarda all'Europa ed ai suoi valori fondanti di
accoglienza, di solidarietà e di inclusione sociale, ci aspettavamo finalmente
un provvedimento che ponesse fine a questa ingiustizia. Abbiamo anche apprezzato
le aperture del Ministro Riccardi, espressione della Comunità di Sant'Egidio, i
cui volontari frequentano i campi e conoscono bene le nostre difficoltà. Ma
ancora una volta dobbiamo prendere atto che nulla è successo.
Speriamo nella sua lungimiranza. Non possiamo che appellarci a Lei, affinché con
la determinazione e la lungimiranza che tutti le riconoscono intervenga su
Governo e Parlamento per porre fine ad una discriminazione che produce solo
tensioni e disagi, che è palese ingiustizia, che tradisce i valori della Carta
Costituzionale. Siamo, ci sentiamo, vogliamo essere riconosciuti cittadini
italiani.
Confidando in Lei, le porgiamo i più distinti e cordiali saluti.
Nel 2001 la nonna di una decina di bambini Rom che quest'anno hanno iniziato a
frequentare per la prima volta la scuola elementare, ha trascorso, gravemente
malata, gli ultimi due mesi della sua vita ospite di un ortolano del quartiere,
nella baracca di un orto abusivo sulle sponde del Sangone.
Dieci anni dopo i suoi figli vivono in una condizione non dissimile alla sua,
anche se, grazie ad un progetto avviato nell'estate del 2011 che coinvolge
cinque famiglie Rom, i suoi nipotini frequentano le scuole del quartiere, con
una frequenza superiore alla media cittadina.
Eppure, ancora oggi, queste famiglie vivono per strada, con tutti i disagi che
ne conseguono sia per loro che per il territorio.
In questi mesi, oltre l'accoglienza dei bambini da parte delle scuole, alcune
realtà e volontari hanno stretto un fragile cordone di solidarietà a sostegno di
questa esperienza. Alcuni hanno messo a disposizione un posto nel cortile, altri
un bagno, altri ancora il latte per la colazione o un po' di semplice vicinanza
umana.
Questo sforzo, che sta già dando frutti miracolosi, anche grazie a qualche
sostegno da parte delle istituzioni, ha bisogno dell'intervento di chi, a
livelli più alti, può consentire il pieno successo di questa piccola esperienza
di tolleranza e convivenza a Torino.
Come operatori e come abitanti ci rivolgiamo quindi alle autorità cittadine per
tre questioni su cui i nostri sforzi sono stati finora vani:
1. identificare e autorizzare una collocazione provvisoria delle famiglie,
distribuita in postazioni singole, perché non siano oggetto di continui
sgomberi;
2. sostenere le procedure necessarie all'ottenimento dei documenti per chi sia
nella condizione di apolidia, consentendo così l'avvio di regolari percorsi
lavorativi;
3. concedere spazi o locali per l'accoglienza abitativa delle famiglie, nella
prospettiva di consentire la maturazione dei requisiti per il successivo
ingresso in casa.
Non crediamo che la realizzazione di un nuovo campo nomadi possa sostenere
efficacemente l'inserimento e l'integrazione di queste famiglie.
Ci auguriamo che sia possibile intraprendere un percorso che dia a queste
famiglie un futuro di emancipazione dalla povertà e dall'esclusione sociale.
Al Prefetto di Torino
S.E. Alberto Di Pace
Al Sindaco di Torino
Piero Fassino
All'Arcivescovo di Torino
Mons. Cesare Nosiglia
Loro sedi
To the kind attention of Mr Alberto Di Pace Prefect of Turin
To the kind attention of Mr. Piero Fassino
Mayor of Turin
To the kind attention of Bishop Cesare Nosiglia Archbishop of Turin
ROMA FAMILIES IN SOUTH-MIRAFIORI
In 2001, the grandmother of ten Roma children who started attending the primary
school for the first time in the year 2011-2012, has passed, seriously ill, the
last two months of her life hosted by a gardener of South-Mirafiori, inside an
illegal orchard's shack along the banks of Sangone creek.
Ten years later, her sons and daughters live in conditions not different from
the one she experienced. That even if, thanks to a project involving five Roma
families, started in Summer 2011, her grandchildren are attending local primary
schools, with a frequency higher than the average of Turin. Yet, even today, these families live on the streets, with personal and
social disadvantages for them and the territory, as well.
In these last months, local schools welcomed children in their classes.
Furthermore, a slight solidarity supporting this experience has been forwarded
by some local entities and volunteers: some of them hosted Roma families with
campers in their courtyards, others offered the possibility to shower, and some
others gave milk for breakfast or simply human neighborhood. This effort, already bearing some unexpected results, thanks also to
the support given by the institutions, needs the support of someone at higher
levels allowing the full success of this little experience of tolerance and
cohabitation in Turin. We, workers and residents of South-Mirafiori, wish to submit to the
city authorities these three issues on which our efforts have not reached the
expected results:
1. to identify and authorize a temporary accomodation for these families. Every
family should stay in individual location, in order not to undergo continuous
evictions;
2. to take charge of the procedures necessary to obtain the documents for
stateless people, allowing to start regular working projects;
3. to provide spaces or to house these families, so that they can qualify for
entering a real future home. We do not believe that creating a new Roma camp can effectively support
the inclusion and the integration of these families.
We hope that we can undertake a way to give these families a future of
emancipation from poverty and social exclusion.
ROMA - Un milione e 600 mila euro. Questa la spesa sostenuta dal Comune di Roma
per finanziare tre progetti di reinserimento socio-lavorativo rivolto a 125 Rom.
Ma solo per 16 di loro la «borsa lavoro» si è concretizzata in un contratto
vero, con un costo pro capite di centomila euro. Sono i numeri di «Lavoro
sporco», la ricerca elaborata da Angela Tullio Cataldo dell'Associazione 21
luglio. Dallo studio emerge che per il progetto della "pulizia dei campi", una
grossa quantità di denaro pubblico è stato elargito a pioggia e senza un reale
controllo da parte dell'amministrazione. Somme ingenti, più di un milione di
euro, secondo l'associazione stanziati senza progettualità. Addirittura c'è il
sospetto che siano finiti nelle tasche di sedicenti rappresentati delle diverse
comunità Rom per ottenere una cosa specifica in cambio: lo spostamento
dell'insediamento.
IL PROGETTO - Non c'è un nome del progetto per la pulizia dei campi attrezzati,
che ha fatto emergere il sospetto di accordi poco limpidi tra le amministrazioni
e i rappresentanti delle comunità Rom. A fronte dei finanziamenti, sostiene la
ricerca, non ci sono stati risultati in termini di miglioramento della
condizione lavorativa e sociale per chi vi ha partecipato. Grazie alle
testimonianze di alcuni Rom si è ipotizza che lo scopo principale del progetto
sia stato quello di facilitare lo sgombero degli insediamenti presenti in città.
Nel 2010 la Martora viene chiusa e 250 Rom vengono trasferiti a Castel romano, a
30 chilometri dalla città. «Avevano garantito un lavoro a 18 di noi se avessimo
promosso lo spostamento del campo – recita una testimonianza presente nel
dossier – ma queste promesse non sono mai state onorate e ci siamo ritrovati
senza niente, lontani dalle scuole e dalla possibilità di un lavoro». Le
cooperative Rom che dovevano pulire il campo venivano ricompensate con circa 40
mila euro al mese, ma il denaro veniva versato direttamente al rappresentante
che, nella maggior parte dei casi, assumeva solo famigliari e non rispettava gli
accordi presi per lo svolgimento del lavoro.
TOR DE CENCI - Sembra che sia successo a Tor de Cenci. Proprio il campo per cui
continua ad essere chiesta la chiusura per trasferire i residenti nel nuovo
villaggio attrezzato de La Barbuta. «Il Comune ha affidato la pulizia alla
comunità - racconta un rappresentante dei Rom - senza che vi sia un controllo
dei fondi spesi: si vuole favore la chiusura di un campo che avrebbe bisogno
solo di una manutenzione ordinaria». Infatti le condizioni igienico-sanitarie
sono inquietanti e l'insediamento sembra essere totalmente abbandonato dalle
amministrazioni.
LO STUDIO - Nella ricerca sono stati presi in considerazione i parametri base
per la determinazione della funzionalità di ogni progetto. Fra i tre progetti
finanziati tra il 2010 e il 2011, solo il primo denominato Resit ha avuto una
reale inclusione socio-lavorativa, perché l'unico a non essere stato elaborato
specificatamente per la comunità Rom, ma in generale per le fasce più deboli
della società. Oltre a questo, il progetto Retis è stato anche l'unico ad avere
un reale svolgimento all'esterno del campo. «Il reinserimento nel mondo del
lavoro è una condizione fondamentale per ogni persona, perché garantisce la
possibilità di spostamento ed emancipazione – spiega la responsabile della
ricerca – C'è la necessità di superare la logica del campo, presente solo nel
nostro Paese, che oggi crea una forte discriminazione tra chi vi abita. Il
lavoro offre una possibilità d'uscita e proprio per questo è importante mandare
avanti quei progetti che hanno avuto successo». Carlo Stasolla, presidente di 21
luglio, fa sapere che il testo sarà consegnato all' assessore alle Politiche
sociali del Comune, proprio per «spingere l'amministrazione a effettuare
maggiori controlli e a favorire il progetto Retis, l'unico che abbia realmente
ottenuto dei risultati».
Di Fabrizio (del 20/05/2012 @ 07:25:18, in Italia, visitato 1479 volte)
Sabato 26 maggio 2012 Palazzina Liberty – Largo Marinai D'Italia 1 – Milano
dalle 15.30 alle 19.30
Naga – Gruppo di Medicina di Strada presenta
ROM E GAGI: ABITARE INSIEME LA CITTÁ
Da secoli la convivenza di rom e sinti con le popolazioni dei paesi nei
quali hanno vissuto è stata segnata da pregiudizi e discriminazioni. Solo un
anno fa, la campagna elettorale del sindaco uscente e dei suoi alleati si è
incentrata sul pericolo che Milano diventasse una "zingaropoli". In diversi
casi, in varie città italiane, vi
sono stati episodi ancora più gravi di intolleranza e violenza contro gli
abitanti dei campi rom.
Medicina di strada, composta da volontari del Naga che lavorano da più di dieci
anni nei campi irregolari e regolari di Milano, occupandosi della salute e dei
bisogni delle famiglie rom che vi vivono, vuole proporre uno sguardo diverso
sulla cultura e sulla realtà dei popoli rom e sinti, nella convinzione che per
rom e "gagi"
(termine che in lingua romanì indica "non rom") abitare insieme la città sia
possibile.
All'incontro partecipano, oltre ai volontari del Naga, famiglie rom,
associazioni che rappresentano e che operano con i rom, esponenti
dell'amministrazione comunale, dei consigli di zona e delle associazioni di
quartiere.
Programma:
L'identità e la storia di rom e sinti
Giorgio Bezzecchi (Vice Presidente nazionale Federazione Rom e Sinti Insieme)
La vita nei campi irregolari a Milano e la storia degli sgomberi negli
ultimi anni
Racconti, testimonianze e proiezione di video
L'intervento del Naga
Per i volontari di Medicina di Strada: Andrea Galli, Cinzia Colombo, Simonetta
Jucker e Tina Aiolfi
"La discriminazione contro di noi supera tutte le frontiere": leggi,
ordinanze, sgomberi e antiziganismo
Marzia Barbera (Naga Medicina di Strada)
Dibattito
Interverranno: musicisti, comici, registi rom
Aperitivo rom
D'intesa con la Presidenza del Consiglio Comunale di Milano - Ingresso libero - www.naga.it –
naga@naga.it – 349.1603305
Sabato 26 maggio faremo al Terradeo la 6^Festa del Quartiere. Venite a
conoscerli (ma portatevi la vostra ragione), per capire e giudicare coi vostri
occhi quanto è miserabile il pregiudizio.
VIA DEI LAVORATORI 2 (zona industriale)
*Sabato 26 maggio 2012
Ore 10.30 Messa al campo
Ore 11.30 Incontro con le Autorità e i Visitatori, presentazione e visita del
Quartiere Terradeo
Ore 12.00 Rinfresco
Ore 14.30 Giochi per i bambini e merenda
*Domenica 27 maggio 2012
Apertamente e Punto Parco Terradeo alla Festa delle Associazioni in Cascina
Fagnana.
I Sinti (e i Rom, e tutti gli altri discriminati) non li vorrei né eroi né
vittime delle abituali persecuzioni. Mi piacerebbe che fossero così considerati,
come li conosco da tanti anni, semplicemente persone. Vorrei che, come
ogni persona ne ha diritto, fossero giudicati per quel che sono ciascuno di
loro, come ognuno di noi.
La realtà è, invece, che sono giudicati in blocco da gente che ha il
cervello annebbiato dal pregiudizio e dall’incapacità di conoscere e capire.
Loris, un giovanotto sinto, simpatico e lavoratore, è in giro per raccogliere il
ferro: l’unico quasi ormai tra i lavori che la crisi e il discrimine lasciano a
quelli come lui, che di lavori ne ha fatti tanti, per provvedere alla sua
famiglia, anche più d’uno contemporaneamente. Vede un uomo che si getta nel
Naviglio, a Trezzano, dal ponte gobbo. Spegne il motore del camioncino,
si toglie le scarpe, si getta in acqua. Con lui ci sono due cognati che lo
aiuteranno a portare a riva l’aspirante suicida, un uomo anziano, che
recuperando la vita non ha certo risolto i suoi problemi. Loris e i due cognati
risalgono in cabina, riavviano il motore e se ne vanno. Tutto qui.
La notizia gira, i giornalisti si fanno giustamente vivi, qualcuno lo avverte
anche la nostra associazione fondata da sinti e non sinti, "ApertaMente di
Buccinasco", del cui Consiglio Loris fa parte, con sede nel Quartiere Terradeo
di questa Città (vedi QUI ndr)
Per l’opinione corrente è un po’ come l’uomo che morde il cane: una stranezza.
Un grande scrittore ha detto: sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi.
Di quanti Loris ha bisogno il popolo sinto perché cambino idee e comportamenti
nei suoi confronti?
Ernesto Rossi, presidente di "ApertaMente di Buccinasco"
L'attuazione dell'"emergenza nomadi" ha condotto a gravi violazioni dei
diritti umani di migliaia di donne, uomini e bambini rom residenti nei campi e
ha permesso una maggiore impunità per le violazioni di norme internazionali in
materia di alloggio adeguato.
Centinaia di famiglie rom in Italia sono intrappolate in un circolo vizioso di
sgomberi forzati. Bambini, uomini e donne che vivono in campi informali vengono
sgomberati ogni giorno senza alcuna tutela giuridica, molto spesso restando
senzatetto e vedendo aumentare ulteriormente la discriminazione nei loro
confronti.
Anche le persone rom che vivono nei campi autorizzati e tollerati sono a rischio
di sgomberi illegali. I piani per la chiusura di diversi campi a Roma e Milano
sono stati stabiliti durante l"emergenza nomadi", un provvedimento
discriminatorio adottato dalle autorità nazionali nel maggio 2008. Anche se
l"emergenza nomadi" è stato ufficialmente dichiarata illegittima lo scorso
novembre dal Consiglio di stato, le autorità italiane sono ancora impegnate a
portare avanti questi piani, invece di fornire rimedi per coloro che hanno
subito le violazioni, attraverso gli sgomberi forzati, la segregazione in campi
inadeguati e l'insicurezza della loro condizione abitativa.
Il governo italiano ha la responsabilità di rispettare, proteggere e garantire
la realizzazione dei diritti umani delle persone rom, compreso il loro diritto a
un alloggio adeguato. Tuttavia, a sei mesi dal suo insediamento, il governo deve
ancora dimostrare il suo impegno per la tutela dei diritti umani delle persone
rom non solo con le parole, ma con i fatti.
Anna Maria Cancellieri
Ministero dell'Interno
Palazzo Viminale
Via Agostino Depretis 7,
00184 Roma
Email: scrivialministro@interno.it
Prof. Andrea Riccardi
Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione
Largo Chigi 19
00187 Roma
Email: segreteria.ministroriccardi@governo.it
Egregio Ministro,
Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa
che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano
violati.
Vorrei esprimere la mia preoccupazione per il fatto che centinaia di famiglie
rom sono intrappolate in un circolo vizioso di sgomberi forzati in Italia.
Bambini, uomini e donne che vivono nei campi informali sono stati sgomberati
senza una previa consultazione né un adeguato preavviso e senza accesso a un
alloggio alternativo accettabile o via di ricorso efficaci.
Mi preoccupa inoltre il fatto che le autorità locali sembrino impegnate a
portare avanti i piani di chiusura dei campi anche se l"emergenza nomadi" è
stata dichiarata illegittima dal Consiglio di stato lo scorso novembre, e che
nel febbraio 2012 il governo abbia presentato ricorso contro questa decisione
alla Corte di Cassazione.
I piani di chiusura dei campi autorizzati e tollerati a Roma e Milano hanno già
portato a continui sgomberi forzati, al sovraffollamento, alla segregazione
delle persone rom in campi inadeguati e a una sempre maggiore insicurezza della
loro condizione abitativa. Queste azioni violano trattati internazionali e
regionali sui diritti umani di cui l'Italia è parte.
Le scrivo per chiederle di fare tutto in quanto in suo potere affinché:
vengano interrotti immediatamente gli sgomberi forzati e sia promossa una nuova
legislazione che ne recepisca il divieto, per garantire che tutti gli sgomberi
forzati siano effettuati nel rispetto del diritto e degli standard
internazionali;
vengano adottate misure, incluse linee guida, per garantire che tutti i
funzionari coinvolti negli sgomberi forzati siano dotati di indicazioni chiare
sulle garanzie che devono essere prese in considerazione affinché uno sgombero
avvenga legalmente, in conformità con gli obblighi esistenti;
siano sospesi i piani per la chiusura dei campi "autorizzati" e "tollerati",
stabiliti a livello locale in base all'"emergenza nomadi", tra cui quelli di
Roma e Milano, fino a quando piani alternativi che rispettino pienamente i
diritti umani siano stati sviluppati in consultazione con tutte le persone
interessate;
sia ritirato il ricorso contro la decisione del Consiglio di stato del novembre
2011 e forniti rimedi efficaci, attraverso la creazione di meccanismi e
procedure adeguate, a tutti coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani
come conseguenza dell'"emergenza nomadi".
La guerra di Marius, contro una vita di campi provvisori che l'avevano
condannato a un'esistenza di analfabetismo e marginalita'. Arrivato a 16 anni a
Milano dalla Romania senza mai aver messo piede in una scuola, nonostante otto
sgomberi ha imparato a leggere e a scrivere in italiano con una borsa di studio
della Comunità di Sant'Egidio e delle mamme e maestre di Rubattino. Ora il suo
rifugio in città è una una biblioteca comunale (quella di via Valvassori Peroni,
zona Rubattino-Lambrate): "Anche quando non avevo dove andare venivo qui… è il
posto migliore che ho conosciuto". Il video di Christine Pawlata e Nicola
Moruzzi è stato premiato domenica al Salone del libro di Torino al concorso
nazionale "A CORTO DI LIBRI. I cortometraggi raccontano le biblioteche"
LA STORIA L'HANNO ACCUSATA DI ESSERE «UNA DELINQUENTE COME TUTTI GLI ZINGARI»
Il Tempo Rom cacciata dai compagni di scuola
La professoressa: «Una ragazza intelligente. Per fortuna è tornata»
Stefano Buda Le tensioni seguite all'omicidio di Domenico Rigante hanno lasciato
il segno.
Nelle scuole della città, qualcosa si è spezzato nel percorso di crescita comune
tra italiani-italiani e italiani di origine Rom. Dalle scuole della città
occorrerà ripartire, per abbattere i muri del pregiudizio e ricostruire il
dialogo tra culture. Dopo la morte dell'ultrà biancazzurro, per diversi giorni,
il processo d'integrazione ha subito un corto circuito. Un fenomeno che ha
colpito soprattutto i più giovani, ragazzi e ragazze come la giovane studentessa
Rom, di 17 anni, che chiameremo Anna. Anna frequenta un noto istituto di scuola
secondaria, non lontano da Rancitelli, il quartiere dove vive con la sua
famiglia. Una compagna di classe, sull'onda del clima da caccia alle streghe che
ha pervaso Pescara, la accusa di essere «una delinquente, come tutti gli
zingari». Anna è esasperata. La sera prima ha chiamato la polizia, avendo visto
«facce strane» bighellonare attorno a casa, e ormai nota una luce diversa negli
sguardi della gente. Reagisce male, difendendosi e contrattaccando con veemenza.
Dopo la lite decide che non andrà più a scuola. «È già molto difficile che una
donna Rom prosegua gli studi dopo l'età dell'obbligo - spiega una sua insegnante
- sarebbe stato un vero peccato perdere una ragazza intelligente come lei, che
ha compreso l'importanza dell'istruzione come forma di riscatto e dimostra
grandi doti e capacità». Anna per fortuna ci ripensa e dopo alcuni giorni torna
in classe. È lei a chiedere scusa. «Nonostante non fosse stata lei a scatenare
la lite - prosegue la professoressa - ha avuto la forza e l'umiltà di
riconoscere l'errore, dimostrando che la scuola aiuta a compiere progressi,
modificando anche certe attitudini tipiche di alcune culture»". La vicenda di
Anna non rappresenta un caso isolato. Molti altri ragazzi Rom, che frequentano
l'istituto, nei giorni scorsi sono rimasti a casa. Avevano paura. Per fortuna,
lentamente, il clima si sta rasserenando. «Non si erano mai verificati episodi
simili in precedenza - osserva l'insegnante - il processo d'integrazione è
sempre stato pacifico e armonioso, anche grazie al coinvolgimento dei genitori
italiani e Rom, nel corso dei frequenti colloqui». È da qui che occorrerà
ripartire, per sanare le ferite inferte a una convivenza che, dopo l'omicidio di
Domenico Rigante, appare sempre più difficile. Intanto il sindaco Mascia ha
chiesto al prefetto Vincenzo D'Antuono l'istituzione di un Tavolo tecnico.
«Occorre eliminare quei piccoli, grandi fenomeni di abusi, soprusi, angherie che
molti sono costretti a subire ogni giorno da poche famiglie che pensano di poter
vivere al di fuori delle leggi e delle regole del vivere civile». Ricomincerà a
breve lo sfratto agli inquilini abusivi grazie all'erogazione di 100mila euro
stanziato dalla Regione Abruzzo, da destinare all'Ater.
Commento di Pavel Pospěch: I Rom "sull'attacco a Brno" -
Pavel Pospěch, translated by Gwendolyn Albert
Prague, 11.5.2012 20:32, (Originally published in Czech at Blog RESPEKT. Published with the
kind consent of the author)
La criminalità rom sta uscendo di controllo e ogni giorno ci sono violenze
per le strade. Inoltre, i media sono dalla parte dei Rom ed ignorano
completamente il problema. Questo significa che noi gente comune dobbiamo
condividere le nostre esperienze e quanto sappiamo, così che sempre di più i
politici sappiano che non siamo indifferenti agli attacchi dei Rom!
Vi dirò cos'è successo ai miei amici. Qualche sera fa, stavano bighellonando
per le strade di Brno, cercando un posto aperto dove poter continuare la loro
appassionata discussione davanti ad una birra. Per strada si aggregò un
compagno, dall'apparenza piuttosto malmessa e probabilmente senza un tetto sulla
testa. Aveva bevuto e non interloquiva granché con gli altri, anche se quella
allegra compagnia nel mezzo della notte sembrava averlo attratto. Si unì ai miei
quattro amici, rimanendo un po' indietro alla compagnia.
E' successo tutto d'improvviso. Hanno udito dei passi rapidi, e dal nulla
sono apparsi due Rom ben piazzati. Avevano seguito i miei amici, forse da una
strada vicina. Sono saltati addosso al senzatetto e l'hanno sbattuto a terra con
diversi pugni. C'è voluto solo un istante. Il senzatetto giaceva a terra, i miei
amici erano lì in piedi senza sapere che fare. Sorridendo, anche i Rom erano lì
in piedi. "E' un vostro amico?" chiese uno di loro. "Pensavamo fosse qualcun
altro," disse con un bel sorriso, quasi scusandosi. "Allora, cosa volete fare?"
chiese ai miei amici. "Lo lasciate così?" I miei amici non sapevano che dire.
Erano tre uomini e una donna, tutti mingherlini, di fronte a tre massicci
criminali rom, che non aspettavano altro che di iniziare una rissa. "Gli daremo
20 corone, d'accordo?" minacciò un altro Rom. "Dovrebbero bastare, giusto?" Si
stavano divertendo moltissimo. Avevano picchiato un barbone per puro
divertimento e ora stavano umiliando chi era insieme a lui.
I miei amici hanno fatto l'unica cosa possibile in quel momento. Hanno
chiamato la polizia e segnalato l'incidente, ma quando la pattuglia è arrivata
sulla scena, tutto era già terminato. Il senzatetto malmenato si era rialzato e
seduto sul marciapiedi ed i Rom erano spariti. Forse erano andati a brindare il
successo del loro divertimento con una bevuta. O forse a cercare qualche altra
vittima. Di notte le strade sono piene di obiettivi solitari.
E' una storia vera, ma...
Tutto ciò che ho scritto è successo veramente. Solo una cosa non è corretta:
gli assalitori non erano Rom; erano Cechi bianchi, come voi e me. Un segno
particolare: avevano le teste rasate.
Non Rom, ma dei "bianchi". Qual è la differenza? Beh, probabilmente sono
cresciuti in una casa o un appartamento normali, non un ostello con 10 persone
per stanza. Non in un edificio in rovina nel quartiere peggiore della città.
Probabilmente non hanno frequentato scuole "speciali". Hanno frequentato la
scuola dell'obbligo normale, come voi o io, e hanno potuto scegliere dove
continuare gli studi. I loro genitori e fratelli non sono andati alla scuola
"speciale", quindi quel gruppo non è dovuto crescere tra gente la cui unica
istruzione proveniva dalla scuola "speciale". La loro lingua madre è
probabilmente il ceco, che a scuola è naturalmente un vantaggio. I loro parenti
non sono in prigione e la loro famiglia non sta pagando interessi mortali agli
usurai. Il colore della loro pelle è uguale a quello di tutti gli altri. Le
guardie di sicurezza non li pedinano nei supermercati. Se salgono sul tram, il
controllore non risale tutta la vettura solo per loro. Probabilmente non
soffrono di disagi materiali. Non vivono in mezzo a gente in dipendenza da
droghe o gioco d'azzardo. Niente di tutto questo può spiegare il motivo per cui
assalgono delle persone. Se picchiano la gente, è solo per divertimento.
Qual è la differenza più grande? Se fossero stati Rom, avreste appreso di
questa storia dalle prime pagine dei giornali. Le testate online si sarebbero
precipate sulla scena del crimine. La gente avrebbe condiviso e diffuso queste
notizie attraverso Internet. Gli inserzionisti si starebbero fregando le mani
dalla gioia, nel trovare i loro annunci accanto ad articoli che sollevano tanto
interesse. La Gioventù Lavoratrice avrebbe indetto una marcia attraverso Brno.
Però... non erano Rom, quindi la maggior parte di voi leggerà quanto è
accaduto su di un blog come questo. Dopo tutto, Dio sa cosa è successo davvero.
I miei amici, erano ubriachi persi, e chissà cosa hanno visto. Forse sono stati
loro a provocare. Cosa ci facevano nel mezzo della notte. Perché il senzatetto
era con loro? Tutto ciò non deve sorprendere affatto.
Se gli autori non sono Rom, non è una notizia per la prima pagina di
iDNES.cz, solo una banale storia da pub. Quel gruppo violento può con tutto
comodo continuare a malmenare i senzatetto e chiunque altro capiti nelle loro
mani. A fine settimana indossano le loro t-shirt nere, quelle che indossano per
le occasioni speciali, e si spostano a Břeclav o in qualche altra città dove i
media staranno tenendo un'altra lezione sulla "violenza romanì". Lì, durante un
corteo organizzato dal Partito dei Lavoratori, o di una delle sue varianti,
protesteranno ad alta voce contro i Rom che hanno picchiato qualcuno.
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