La Federazione romanìesprime dura condanna ai giovani Rom
responsabili della morte dello studente marchigiano Antonio De Meo avvenuto a
Villa Rosa di Martinsicuro (Teramo) ed esprime le sentite condoglianze alla
famiglia del giovane.
La Federazione romanì nel condannare duramente l’atto criminale di
singole persone sollecita tutti a non generalizzare, perché tantissimi Rom e
Sinti hanno dato prestigio all’Italia, quali Italiani, con la partecipazione
attiva e con successo ad eventi internazionali.
La Federazione romanì non può esimersi dal denunciare anche ai
responsabili morali di questo omicidio per l’indifferenza istituzionale e la
strumentale propaganda che si sono sostituiti nella Regione Abruzzo alla
programmazione di interventi adeguati all’integrazione culturale della minoranza
etnica Rom, in particolare dei minori Rom, nel rispetto di una legalità a tutto
tondo.
L’integrazione culturale non è un atto di bontà del singolo amministratore, ma
un Suo preciso dovere istituzionale.
La Federazione romanì si chiede: cosa è stato fatto nella regione Abruzzo
e in particolare nei comuni della Costa Teramana per l’integrazione culturale
dei numerosi giovani Rom?
Quale politica di integrazione culturale è stata programmata per prevenire il
disagio e la devianza dei giovani Rom?
Certamente tanta propaganda politica e mediatica per strumentalizzare il
disagio, l’emarginazione, la discriminazione e la devianza delle persone Rom,
tanto clientelismo politico con sperpero di risorse pubbliche; certamente
nessuna politica adeguata di integrazione culturale della minoranza rom è stata
realizzata e le conseguenze si riversano irrimediabilmente sulla quotidianità di
tutti i cittadini.
I patti di legalità, la sicurezza di cui la politica italiana si riempie la
bocca è la cartina di tornasole per giustificare i responsabili morali.
Di Fabrizio (del 08/08/2009 @ 11:10:59, in Italia, visitato 1588 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Roma, 27 agosto 2009. Un giovane Rom, padre di famiglia, ha compiuto un gesto
disperato tentando di gettarsi sotto un'auto, a Roma. Con prontezza è riuscito a
trattenerlo, afferrandolo d'istinto per la maglietta, il fratello di lui. Dal 27
luglio scorso, il giovane e i suoi congiunti sono senzatetto e senza mezzi di
sopravvivenza. Quel giorno, infatti, il campo di via Dameta e via Neida, in zona
Rustica,
è stato sgomberato e le abitazioni, in cui 140 Rom vivevano da oltre 20
anni, sono state distrutte dalle ruspe. "Serviva lo spazio per realizzare le
strade complanari alla A24 e inoltre l'insediamento era abusivo e di certo non
possiamo tollerare l'illegalità," hanno spiegato le autorità. "Ci avevano
avvisati, ma non credevamo che l'avrebbero fatto," commenta una delle vittime
dell'evacuazione. "Sono venuti circa 200 agenti per mandarci via, come se
fossimo una banda di delinquenti. Non ci danno alcuna alternativa, se non una
breve permanenza al dormitorio della ex Fiera. Eppure, quel terreno lo avevamo
pagato profumatamente ad alcuni italiani, che però, secondo quanto dice il
Comune, non erano proprietari del lotto. Ma se è così, perché ce lo dicono solo
ora? Possibile che non abbiamo maturato diritti, in tutti questi anni di
sofferenze ed emarginazione, magari dietro pagamento di un affitto? Alcuni di
noi andranno al campo di Salone, che è un ghetto. Perderemo tutti i contatti che
ci consentivano di svolgere piccoli lavori. Che speranze abbiamo di
sopravvivere, se vogliamo restare onesti?"
Di Fabrizio (del 07/08/2009 @ 09:18:55, in Italia, visitato 1657 volte)
Prima o poi doveva succedere: che i Rom/Sinti finalmente
potessero parlare in prima persona con i "politici". Stupisce, ma non più di
tanto, che sia il partito della Lega a fare il primo passo. Per il momento siamo
ancora alle provocazioni, speriamo che al più presto si passi ad un vero
confronto
Localport.it Politica - Ivrea - 05/08/2009 Giglio Vigna (Lega Nord): "Voglio incontrare i Nomadi del campo eporediese"
di Marco Campagnolo
Non fosse che il consigliere cittadino della Lega Nord Alessandro Giglio Vigna
non ha sicuramente il "Physique du role" del pistolero, si potrebbe dire che
quella che lancia è una sfida all’Ok Corral. O, visti i toni garbati, è più
cavallerescamente il lancio del guanto di sfida.
"A settembre – annuncia l’esponente leghista - chiederò all'Amministrazione di
imprestarci una delle sale del nostro Palazzo Civico per incontrare una
delegazione di nomadi del campo, naturalmente la stampa cittadina sarà
invitata".
E la lettera in cui Giglio Vigna accoglie l’idea di un incontro lanciata dalla
comunità nomade eporediese, sembra proprio l’annuncio di un duello, con tanto di
testimoni (la stampa) e secondi (un avvocato, un commercialista, un architetto e
un medico).
Ma forse giova un riepilogo della vicenda.
Nel consiglio comunale del 13 luglio scorso Giglio Vigna presenta
una interrogazione che verte sui rapporti tra gli abitanti del quartiere San
Giovanni e i nomadi del vicino campo. Nel quartiere, scrive in quell’occasione
il giovane consigliere "Nelle ore notturne, in particolar modo del fine
settimana, a parere dei residenti, alcuni nomadi arrivano dal vicino campo
importunando i residenti, abusando di alcol e spadroneggiando nel quartiere, nel
quale, alcune volte, avvengono risse fra gli stessi nomadi".
Ma alla comunità nomade eporediese non piacque di essere rappresentata in
maniera tanto negativa e, a mezzo stampa, propose a Giglio Vigna di incontrarli
per conoscerli realmente per quello che sono.
Invito che il consigliere (con un piccolo ritardo dovuto, per sua stessa
precisazione, all’organizzazione di
Miss Eporedia) ha ora ufficialmente accolto. Ma non solo, come si direbbe a
poker, "vede", addirittura "rilancia":
Consiglio ai nomadi – scrive quindi Giglio Vigna -, se ancora saranno
disposti ad incontrarmi, di organizzare una piccola squadra composta da:
un avvocato
un commercialista
un architetto
e un medico
Quattro esperti di loro fiducia di quattro settori di cui si andrà a
discutere durante l'incontro: quattro "angeli custodi".
Io sto già preparando la mia squadra, la quale mi aiuterà a porre alcune
domande ai nomadi, domande che in città molti eporediesi si pongono da
tantissimo tempo, ma che evidentemente non sono state mai poste ai diretti
interessati.
I quattro esperti della squadra di lavoro dei nomadi li aiuteranno a
rispondere alle domande da noi poste.
Naturalmente anche io sarò disposto a rispondere alle eventuali domande
sulla mia linea amministrativa (seppur di opposizione) che i nomadi vorranno
pormi.
La presenza di avvocati ci servirà per discutere di questioni minorili e di
questioni legali riguardanti il fatto che ,nonostante esita un campo nomadi
ad Ivrea, i nomadi che arrivano da fuori debbono sostare in altre aree della
città non adibite alla sosta delle loro "carovane".
La presenza di un commercialista ci servirà per discutere alcuni aspetti
tributari e fiscali.
La presenza di un architetto per discutere alcuni aspetti catastali.
La presenza di un medico per discutere di aspetti sanitari, in particolare
riferiti alla presenza di minori nel campo.
Spero che la mia risposta positiva all'incontro sia ben accetta dalla
comunità nomadi.
Durante il mese di agosto, oltre a completare la formazione della mia
squadra mi informerò sulla cultura Sinti e ne studierò i vari aspetti.
Auspico che i delegati del campo allo stesso modo si informino sul mio
bagaglio culturale dal punto di vista politico, le radici filosofiche
dell'autonomismo, la lega, il movimento giovani padani, il rispetto delle
tradizioni di chi ospita, della legalità costituita come cardine della
società e tutto quant'altro può essere utile per comprendere bene da dove
arriva (culturalmente) il loro interlocutore.
Questo per far si che l'incontro sia proficuo partendo da una conoscenza
reciproca, almeno in linea teorica e di base, degli interlocutori.
Occorrerà quindi aspettare settembre per scoprire se vi sarà il duello e se
sarà "cavalleresco" o alla "rusticana", se sarà a colpi di fioretto o di
sciabola (o addirittura con armi da fuoco) e, soprattutto, se sarà al primo o
all’ultimo sangue.
Di Sucar Drom (del 01/08/2009 @ 11:40:39, in Italia, visitato 1486 volte)
La notte del 2 agosto 1944 furono sterminate le oltre 3.000 persone ancora
presenti nello Zigeunerlager di Auschwitz Birkenau. Quella notte uomini, donne e
bambini sinti e rom furono gasati e poi bruciati nei forni crematori.
Sessantacinque anni dopo, in tutta Europa, dodici milioni di rom e sinti
scenderanno nelle piazze per pregare alla memoria delle vittime della follia
razzista dei Governi nazifascisti.
Il 2 agosto 2009 tutti i Sinti e i Rom scenderanno nelle strade con delle
candele accese per ricordare le oltre tremila persone sterminate nella notte tra
il 2 e il 3 agosto. Quest'anno il Giorno del Ricordo in tutta l’Europa sarà
dedicato ai bambini Rom e Sinti che hanno subito abusi o sono stati uccisi in
Europa.
L’associazione
Sucar Drom, in collaborazione con l’Istituto di Cultura Sinta e le comunità
sinte e rom mantovane, invitano tutti a partecipare a questo momento di
commemorazione per ricordare le vittime della follia razzista dei Governi
fascisti e nazisti. La commemorazione si terrà in viale Learco Guerra a
Mantova, a partire dalle ore 20.00. Durante il percorso saranno accese
tremila candele. A termine si terrà una preghiera, guidata da un Ministro di
Culto della Missione Evangelica Zigana.
Oggi come ieri si pensa che i Sinti e i Rom siano degli “abusivi” da
allontanare. Ieri da allontanare dal mondo con lo sterminio, oggi da allontanare
da un dato territorio con gli sgomberi. Questa logica razzista ha segnato con
drammatiche tragedie il nostro Paese e l’intera Europa.
E’ l’ora di alzarsi e manifestare il nostro orrore e la nostra la nostra ferma
volontà contro la follia razzista che ancora oggi può oscurare il nostro essere
Paese civile.
Per questa ragione facciamo un appello a tutta la società civile, alle
associazioni, ai sindacati, alle organizzazioni politiche di essere con noi a
Mantova per ricordare le vittime di ieri come monito alle idee razziste che
ancora oggi circolano in tutta l’Italia.
Di Fabrizio (del 29/07/2009 @ 22:59:03, in Italia, visitato 1899 volte)
Segnalazione di Tom Welschen
CorriereFiorentino.it Impegnati otto mezzi dei pompieri per domare l’incendio scoppiato in via
Lucchese. Mistero sulle cause, probabile l’origine dolosa
Deve essere stata una brutta bestia, questo incendio. Veloce e aggressiva,
almeno a giudicare da quel che ha lasciato dietro di sé. Non che prima il
paesaggio fosse memorabile — campi di sterpaglie tra via Lucchese e
l’autostrada, tra una fabbrica e l’altra — ma ora si è aggiunta la desolazione
nera e piatta creata dal fuoco. La bestia sembra essersi fermata all’improvviso
davanti alle baracche tirate su da un gruppo di rom. C’è come un confine
invisibile: forse l’intervento dei vigili del fuoco, o forse la terra dura e
senza sterpaglie dove si trovano gli alloggi di fortuna, hanno impedito alle
fiamme di arrivare all’accampamento, che comunque era fortunatamente vuoto.
L’incendio invece ha cancellato un altro accampamento di rom che si trovava
pochi metri più in là ed era anch’esso deserto al momento del rogo.
IN VIA LUCCHESE - "Interno" via Lucchese, angolo tra l’ex Longinotti e
l’autostrada, al confine fra Sesto e Campi. Le due baraccopoli sono andate
distrutte giovedì scorso, in piena mattinata. I pompieri sono intervenuti alle
11.43 per "incendio baracche", come spiegano dal comando di via La Farina, e si
sono trovati di fronte una situazione non facile. Per domare le fiamme ci sono
voluti ben otto automezzi, e anche Prato ha dovuto dare una mano. Qual è la
causa del rogo? "Ci sono indagini in corso", rispondono dal comando fiorentino.
È possibile che si sia trattato di un fenomeno di autocombustione?
"L’autocombustione è una favola tutta italiana. E poi l’area bruciata è vasta,
troppo vasta". E l’ipotesi di un incidente — una persona rimasta negli
accampamenti che magari cercava di cucinare qualcosa con un fornellino — è
realistica? "Ci sono indagini in corso", è ancora la risposta che arriva dai
vigili del fuoco. Chi conosce i due gruppi di rom, l’associazione "Medici per i
diritti umani" (Medu), spiega che è difficile che a quell’ora ci fosse ancora
qualcuno nelle baraccopoli. "Nella prima, quella più vicina all’ex Longinotti e
risparmiata dalle fiamme — dicono Andrea Bassetti, responsabile del progetto
rom, e Marco Zanchetta — vivono una ventina di persone tra i 25 e i 65 anni, rom
di nazionalità rumena, che di giorno lavorano o vanno a chiedere la carità. Non
ci sono bambini piccoli".
MISTERO SULLE CAUSE - E qualcuno sembra voler continuare a viverci, visto
che sulle "macerie" delle capanne abbattute sono state tirati su ripari ancor
più di fortuna, delle specie di tende canadesi fatte con materassi, compensato e
lamiere. "Nel campo distrutto dall’incendio — proseguono i due di "Medu" — c’era
gente ancora più giovane, ragazzi e ragazze che tra l’altro vivevano nella
situazione più decorosa tra quelle di questo tipo che conosciamo". Ne parlano al
passato perché questi giovani rom, quelli della seconda baraccopoli, sono tutti
spariti dal giorno dell’incendio. Tutti o quasi. Uno di loro, con cui Bassetti
ha parlato al telefono, si è rifugiato dentro l’ex fabbrica Osmatex, sempre
lungo via Lucchese: un’area che fu sgomberata all’inizio di luglio dell’anno
scorso, ma adesso è di nuovo occupata, secondo quanto raccontano i due di "Medu"
che fanno visite periodiche anche lì per dare una prima assistenza medica a chi
ci vive. Gli altri, invece, non si sa dove siano. Mentre i "superstiti" (una
trentina) ieri hanno acquistato alcune tende "igloo" (altre sono state regalate
da alcuni sacerdoti) e si sono riaccampati lì dov’erano le baracche distrutte.
Pare però che l’intenzione sia quella di spostarsi al più presto. L’associazione
di Zanchetta e Bassetti conosceva da poco tempo le due baraccopoli che sono
andate distrutte giovedì scorso. "Il 20 luglio siamo andati a fare una visita—
raccontano — e abbiamo notato che intorno al secondo campo c’era un’area
bruciata, come a delimitarlo. Abbiamo chiesto cos’era successo e i rom ci hanno
risposto che non erano stati loro". Allora chi? "Loro non hanno visto gli
autori. Ma non vorremmo che fosse stato una specie di avvertimento". Di sicuro è
un altro mistero di questa storia.
Paolo Ceccarelli 28 luglio 2009 (ultima modifica: 29 luglio 2009)
Di Fabrizio (del 25/07/2009 @ 14:39:15, in Italia, visitato 1852 volte)
Per i lettori dalla Sardegna, che si lamentano che lì non
succede mai niente...
Un fitto calendario di concerti, mostre, dibattiti, cortometraggi, con grandi
nomi della musica e dell'arte: tutto raccolto sotto un titolo, Clandestino, che
rimanda a un tema ambizioso e di strettissima attualità. Questo offre ai tanti
vacanzieri che in estate moltiplicano la potenziale "audience" sarda
l'undicesima edizione del Dromos Festival, che per oltre venti giorni tiene
banco a Oristano e in altri centri dell'Oristanese.
Ricca la sezione arte, dalla mostra Gazela del tedesco Udo Rein a San Vero
Milis - che deve il titolo a un recente video dell'artista tedesco sulla
comunità Sinti e Rom di Belgrado - alla mostra Di tanto mare a Oristano, con il
pezzo forte e momento centrale dell'intero festival, il Tavolo Mediterraneo Love Difference di
Michelangelo Pistoletto, piattaforma intorno alla quale si
svolgeranno una serie di incontri e dibattiti.
Dromos dedica anche quest'anno una sezione ai cortometraggi, con la rassegna
La meta trasgredita, ideata e curata da Cristiana Collu, direttrice del Museo
MAN di Nuoro, che anche suggella un'altra delle novità di questa edizione della
manifestazione, la collaborazione del vivace museo d'arte moderna con il
festival. In programma la proiezione - prima di ogni concerto - di una selezione
di lavori in sintonia con il tema di questa edizione di Dromos: cortometraggi di
Adrian Paci, Carlos Garaicoa, Gianluca e Massimiliano De Serio, Armin Linke,
Hans Op De Beeck, Paolo Meoni e Sejla Kameric.
Di Fabrizio (del 23/07/2009 @ 00:08:18, in Italia, visitato 2326 volte)
Avevo promesso di tenervi informati se ci fossero stati
sviluppi sulla vicenda di
Capua: un comunicato pubblicato su
Tarantolati Sud Magazine
L'Opera Nomadi di Caserta denuncia le numerose menzogne contenute nelle
dichiarazioni che la stampa riporta sull'ex campo profughi di Capua,
colpevolizzando alcune etnie presenti che non sono responsabili del degrado in
cui versa. In seguito alle dichiarazioni del sindaco di Capua Antropoli e
dell'assessore all'ambiente Marco Ricci in merito all'ex campo profughi di
Capua, appare evidente che bisogna fare chiarezza onde evitare che le colpe di
altrui responsabilità ricadano impunemente su capri espiatori, alimentando
xenofobia e intolleranza nella pubblica opinione. In un articolo si riporta che
i bambini giocano con le lamiere di amianto. Ci domandiamo se è colpa dei
bambini che un domani avranno il cancro, oppure degli adulti che non bonificano
l'area in cui da anni l'amianto svolazza diventando polvere per l'incuria.
(continua sotto le foto)
Da circa venti anni il campo, nel quale esisteva un presidio di gestione, è
stato abbandonato senza alcuna manutenzione, né forma di controllo e pulizia
degli stabili e dei terreni in cui sono situati. Circa venti anni fa una ventina
di famiglia polacche hanno occupato un paio di palazzine. Negli anni 90, in
seguito all'incendio del Ghetto di Villa Literno, alcuni migranti (Burkinabe,
Ivoriani) furono ospitati in megatende, per circa un anno, per volontà della
prefettura di Caserta. Il degrado degli edifici (con gli usci murati) e dei
megacontainer incendiati, era già evidente e ampiamente documentato con foto. I
rifiuti però erano almeno prelevati. In seguito, nel corso degli anni, si sono
insediati migranti di varie etnie, rumeni, camminanti siciliani (stagionali,
solo d'estate), qualche famiglia di albanesi, di rom slavi, di sinti. In una
parte dell'ex campo mediante un progetto realizzato dal Comune con la
collaborazione della cooperativa sociale Città Irene sono state ristrutturate
due palazzine per l'ospitalità delle famiglie polacche "storiche" spostate da
quelle occupate anni fa. Accanto a queste da un paio di anni circa si sono
insediate due comunità di rumeni (muratori, braccianti agricoli) che hanno
pulito i terreni adiacenti rendendoli vivibili. I figli dei polacchi e dei
rumeni giocano insieme. I rumeni hanno chiesto al Comune il permesso di
ristrutturare a spese loro.
Nelle altre parti dell'ex campo invece esiste una situazione di degrado per
la presenza di cumuli di rifiuti e di macerie mai rimossi. Palazzine sventrate
ricoperte di rifiuti, abiti smessi che sventolano alle finestre, vetri rotti,
carcasse di auto e container, ricoperte di cespugli di piante selvatiche, in un
paesaggio spettrale. Il parco è immenso, decine di ettari, abbandonati
all'incuria, anzi un tentativo realizzato dal Comune per la potatura degli
alberi secolari, mediante l'incarico a ditta specializzata, ha portato alla
distruzione totale degli stessi. Un testimone ha spiegato che "qualcuno" avrebbe
lucrato sul legno ricavato.
Il sindaco di Capua, interpellato dalla presidente Nadia Marino (in ottobre
2008 durante il censimento voluto dalla prefettura) sulla destinazione dei
terreni (nei quali in un primo tempo si parlava dovesse sorgere un polo
ospedaliero) ha risposto che quasi tutti gli ettari saranno venduti a privati
per "fare cassa" e coprire il deficit dell'Amministrazione Comunale. Solo una
parte, quella in cui sono situate le palazzine dei polacchi, sarà recintata e
rimarrà con una destinazione d'accoglienza migranti. A tal proposito l'Opera
Nomadi ha chiesto che eguale trattamento sia riservato agli altri abitanti
dell'ex campo profughi sottolineando che una decisione di sgombero solo per
alcuni sarebbe ingiusta e lesiva dei diritti di ciascuno maturati nel corso
degli anni. Si è fatto notare che circa 40 bambini frequentano le scuole
limitrofe. La risposta è stata che a quei tempi il nostro Papa era polacco ed è
per questo che si è riservato un trattamento diverso ai polacchi (testuali
parole).La nostra replica: "Bisognerà aspettare un Papa rumeno o cos'altro?"
Inoltre nelle varie riunioni tenutesi in prefettura si è presentato un
progetto di scolarizzazione e di segretariato sociale, rimasto lettera morta.
Nell'ultima riunione un mese fa in cui si è firmato un protocollo d'intesa con i
Comuni della provincia, il sindaco di Capua, non solo era assente, ma ha mandato
un messaggio in cui spiegava che l' Amministrazione Comunale non era interessata
a tale protocollo. Nella precedente aveva ribadito la necessità di spostare le 4
famiglie rom (per liberarsi definitivamente del "problema") a S. Maria C.V. nel
campo di via Parisi (a confine dei due Comuni in aperta campagna). Si ricorda
che proprio in questa microarea il Comune di Capua ha negato l'allaccio dell'
acqua per anni (concessa dal sindaco Pasca, negata dal commissario Provolo,
nonostante un container bagni di 20mila euro, ora distrutto dalle fiamme
appiccate da anonimi dopo la partenza dei rom a dicembre) costringendo i rom ad
andare in parte in Francia e in parte a Capua. Nella zona infatti ci sono
villette lussuose ed è per questo che anche lì la loro presenza era di danno
all'immagine e alla speculazione immobiliare. Si fa presente che il Comune di
Capua dovrebbe occuparsi anche della comunità di Rom presenti a S. Angelo in
Formis, che fa parte dello stesso Comune, quindi farebbe bene a firmare il
protocollo d'intesa, ad adoperarsi per il decollo dei progetti per la "gestione
della sorte" dei migranti dell'area ex campo profughi e soprattutto per evitare
che siano perpetrate azioni chiaramente palesi di ingiustizia sociale, di chiaro
stampo xenofobo, lesive dei diritti delle comunità ospitate in quell'area.
L'Opera Nomadi sollecita la prefettura e la questura di Caserta ad istituire,
nell'ambito del Consiglio territoriale per l'immigrazione, una conferenza di
servizi specifica su Capua, per trovare una soluzione per il miglioramento delle
condizioni di vita delle comunità presenti spostandole in un'unica zona da
bonificare, recintare, dotare di utenze e servizi. Lancia un appello a tutte le
associazioni, le Onlus, le cooperative sociali, i sindacati per costituire una
rete che gestisca i progetti per dare all'ex campo profughi la sua vecchia
destinazione di luogo in cui i migranti erano ospitati nella pienezza dei loro
diritti all'insegna della pace e dell' armonia (come ci ha raccontato il figlio
del responsabile del campo profughi d'un tempo, nato e vissuto, felicemente
nell'aria salubre dell'intercultura, in quegli edifici).
I volontari dell'Opera Nomadi di Reggio Calabria esprimono il loro dolore
e la loro solidarietà alle famiglie dei due ragazzi rom di Rosarno uccisi pochi
giorni fa.
Per l’Opera Nomadi ogni vittima di mafia merita lo stesso rispetto sia essa rom
o non rom, bianco o nero, colpevole o innocente.
Come è stato giustamente stigmatizzato dai giornali locali (il quotidiano della
Calabria, Gazzetta del sud e Calabria ora ) sulla tragica esecuzione di questi
due ragazzi è calato un assordante silenzio dovuto alla loro appartenenza
etnica.
Questo silenzio che riguarda le istituzioni, il terzo settore e pure la Chiesa è
la misura del livello di razzismo che esiste verso questo gruppo; razzismo che
anche di fronte alla feroce esecuzione di due ragazzi porta alla distanza e
all’indifferenza colpevole, razzismo che lascia ancora di più soli questi nostri
concittadini.
Il razzismo verso i rom è purtroppo uno dei mali della nostra società che si
rifà ad uno stereotipo che non corrisponde alla realtà, ma che purtroppo è tanto
efficace da far diventare queste persone tutte uguali e inclini al malaffare.
Nei risultati della ricerca scientifica pubblicati qualche mese fa (aprile 2009)
dall’agenzia europea che misura il razzismo (FRA, Europen Union Agency for
Fundamental Rights ) i rom risultano essere il gruppo più discriminato in
assoluto.
La realtà dei rom è ben diversa dallo stereotipo che viene veicolato. Sono un
gruppo molto emarginato a causa del forte razzismo che subiscono, ma la gran
parte di loro sono persone oneste che vivono di attività lavorative, mentre il
fenomeno delinquenziale raggiunge tra di loro la stessa percentuale che esiste
in quella parte di popolazione non rom che vive nello stesso stato di
emarginazione; ci riferiamo a quelle famiglie che vivono nei quartieri ghetto
come Scampia, Zen, Librino, ecc…
Il razzismo verso i rom già di per se molto forte e radicato viene colpevolmente
alimentato costantemente da tanti rappresentanti delle istituzioni pubbliche e
private che in questo modo mettono in atto la vecchia politica del capro
espiatorio con la quale si dà a qualcuno la colpa di qualcosa, mentre i
problemi, i responsabili e le cause sono altri.
Le azioni di quotidiano razzismo verso i rom messe in atto dalle istituzioni,
dalle associazioni e dai privati, a volte come se fosse la richiesta di un
“diritto”, è alla base del colpevole silenzio che ha accompagnato la tragedia di
questi due ragazzi e in passato quella di altri giovani che hanno subito la
stessa sorte .
Il quartiere dove vivono le famiglie rom a Rosarno è uno di quei luoghi che
risponde alle logiche di concentramento di famiglie povere indesiderate; questi
luoghi frutto del razzismo sistemico sono come separati dal resto della città, i
cittadini già svantaggiati diventano sempre più deboli perché non hanno accesso
alla socialità e possono subire qualunque cosa nell’indifferenza più completa
della città.
Dopo questo tragico evento è necessario e urgente che si provi a superare la
logica di questi non-luoghi; l’uccisione di questi ragazzi dovrebbe essere
condannata in modo chiaro da tutti e le associazioni del sociale dovrebbero
essere più vicine a queste persone per limitarne l’isolamento.
Per organizzare dei momenti pubblici di condanna palese di questo duplice
omicidio ma anche per promuovere delle iniziative a favore della comunità rom di
Rosarno l’Opera Nomadi lancia un appello alle associazioni del sociale, alle
associazioni di lotta alla mafia, alla Chiesa, ai partiti politici, ai sindacati
e a tutti coloro che ritenessero giusta questa iniziativa.
Di Sucar Drom (del 16/07/2009 @ 19:56:27, in Italia, visitato 1879 volte)
Il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio con la sentenza del
24 giugno 2009 ha dichiarato illegittimi e annullati l’art. 1, co. 2, lett. c)
delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2008,
attuative del cosiddetto decreto sicurezza del 2008, laddove consentono di
procedere all’identificazione delle persone, anche minori di età, attraverso
rilievi segnaletici. Illegittime anche alcune norme del Regolamento dei campi
nomadi per le comunità rom nella Regione Lazio e nel territorio del Comune di
Milano.
Tra le altre, sono state annullate le norme che prevedono il controllo degli
accessi e la compilazione del registro delle presenze degli abitanti del campo,
insieme alla verifica dell’identità all’ingresso; il rilascio di una tessera con
fotografia e dati anagrafici per l’accesso al campo; l’identificazione di
parenti, conoscenti e amici in visita e l’obbligo di terminare le visite alle
22.
"Con questa sentenza il Tar riafferma il principio costituzionale secondo cui
ogni cittadino può circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio
nazionale, in assenza di limitazioni stabilite dalla legge in via generale"
dichiarano i referenti del servizio di medicina di strada del Naga "Come
specificato nella sentenza, le disposizioni annullate, oltre che violare il
diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno, sono lesive del diritto
alla vita di relazione perché costituiscono una ingiustificata interferenza
nella vita privata e familiare dei destinatari, siano essi gli ospiti siano essi
i loro parenti ed amici" proseguono i referenti del Naga, "in sostanza si
riconosce che, anche all’interno dei campi, devono essere riconosciuti dei
diritti fondamentali, ovvero che ogni cittadino ha diritto a circolare
liberamente, ha diritto a una vita libera di relazione ed è libero di scegliere
la propria attività. Per questo abbiamo deciso di festeggiare con una notte
bianca proprio all’interno del campo rom di Triboniano" concludono i referenti
del servizio di Medicina di strada del Naga che da anni portano assistenza
all’interno dei campi rom e delle aree dismesse della città.
Il Naga invita quindi a festeggiare venerdì 17 luglio dalle ore 20.00 al
campo rom di Triboniano (dietro il cimitero Maggiore). Per maggiori informazioni
telefono 02 58 10 25 99, cellulare 349 16 03 305, e-mail:naga@naga.it
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