Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/06/2008 @ 15:48:04, in Europa, visitato 1456 volte)
Da
La
voix des Rroms
Aspettiamo.
Dopo la campagna politico-mediatica apertamente antizigana in Italia, che ha
dato luogo a veri pogroms, la peste sembra avere toccato anche la Francia. A
Marsiglia circolano SMS, che accusano i Rroms di rapimento di bambini magrebini
per fare traffico d'organi. È bastata questa voce perché tre Rroms siano stati
vittima di un tentativo di linciaggio da una folla isterica d'un centinaio di
persone. Perché "gli zingari rubano i bambini".
Fortunatamente, a differenza dell'Italia, il direttore dipartimentale della
sicurezza pubblica di Marsiglia s'è espresso nei mass media ed ha detto che i
Rroms sono vittime di una voce. Una voce che può essere disastrosa, se non si fa
attenzione. Consultate il servizio
premendo qui (in francese ndr).
Di Fabrizio (del 25/06/2008 @ 09:07:19, in Europa, visitato 1715 volte)
Segnalazione di
Marco Brazzoduro
(adottata il 20 giugno 2008 durante il 46° incontro plenario dell'ECRI)
La Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI) intende
esprimere la sua profonda preoccupazione sui recenti eventi riguardanti i Rom e
molti immigrati in Italia.
Rom ed immigrati sono stati soggetto di violenti attacchi razzisti ed intere
comunità sono state ritenute responsabili di atti criminali commessi, o presunti
di essere stati commessi, da individui di queste comunità. In questo contesto,
ECRI rifiuta particolarmente i discorsi persistentemente razzisti e xenofobi di
alcuni politici italiani, anche ai livelli più alti, e dei media. E' anche
preoccupata perché, in questa situazione critica, le autorità italiane stanno
prendendo misure la cui conformità agli standard dei diritti umani nazionali
ed internazionali è opinabile. ECRI nota che questi eventi hanno riguardato
persone di origine Rom dalla Romania ed altri paesi, ma anche cittadini italiani
di origine Rom, cittadini rumeni in generale, ed immigrati, con o senza status
legale in Italia.
In armonia con le raccomandazioni contenute nel suo terzo rapporto
sull'Italia pubblicato il 16 maggio 2006, ECRI enfatizza l'urgente bisogno per
le autorità italiane di prendere una ferma posizione contro tutte le forme di
razzismo e xenofobia, inclusi i discorsi incitanti all'odio, in modo da porre
freno e prevenire lo sviluppo di questi fenomeni nella società italiana. Le
autorità italiane devono assicurare che il rafforzamento della legge protegga
ogni individuo, inclusi i Rom e gli immigrati. ECRI chiede alle autorità
italiane di assicurare che rispetto ai Rom ed agli immigrati sia mantenuta la
regola della legge ed il principio della non-discriminazione come incorporato
negli standard del Consiglio d'Europa sia strettamente osservata.
___
La Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI) è un corpo
indipendente del Consiglio d'Europa di monitoraggio dei diritti umani per
combattere razzismo, xenofobia, antisemitismo ed intolleranza. Le azioni di ECRI
coprono tutte le misure necessarie per combattere la violenza, la
discriminazione e il pregiudizio contro persone o gruppi di persone sulla base
di razza, colore, linguaggio, religione, nazionalità od origine etnica. Il
programma di attività di ECRI comprende tre aspetti: (1) monitoraggio
nazione-per-nazione; (2) lavoro su temi generali; e (3) attività in
relazione con la società civile.
Di Fabrizio (del 22/06/2008 @ 09:40:33, in Europa, visitato 1372 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
20.06.2008
Spettabili,
Signore e Signori, istituzioni, politici, attivisti...
Il 20 giugno è [stato] il Giorno internazionale del Rifugiato, ma per molti
anni la popolazione Rom è stata fuori dalle loro case, forzata a migrare e sono
rifugiati. La nostra reazione è simile a quella degli anni scorsi perché non
abbiamo visto cambi positivi. In questo giorno è meglio il dolore della
celebrazione. Questa è una chiamata per una nostra maggiore responsabilità ed
uno stimolo più effettivo nel risolvere le tematiche dei Rom rifugiati.
Il Congresso Nazionale Rom (RNC) come Federazione di movimenti Romani dei
diritti civili ed umani, organizzazione rivolta a combattere il razzismo
anti-Romani e gli abusi dei diritti umani sui Rom, continua a premere per un
miglioramento dei diritti dei Rom. RNC come organizzazione internazionale
con lo scopo di rappresentare e stimolare la partecipazione attiva e
l'integrazione del popolo Romani sui principi della moderna società europea è
tuttora preoccupata per i Rom rifugiati dal Kosovo. RNC sta scrivendo per
esprimere la propria grave preoccupazione sulla situazione irrisolta di molti
rifugiati della regione balcanica.
Oggi stiamo testimoniando contro la moderna deportazione dei rifugiati dai
paesi europei, con vecchi strumenti non democratici. Il maggior esempio non
umano è la situazione dei Rom rumeni in Italia. A questo aggiungiamo i
suggerimenti dei politici europei che dicono che ognuno è benvenuto eccetto
Rom. Se andiamo indietro di diversi anni, 8 anni dopo che la guerra in Kosovo è
finita, e i Rom sono ancora rifugiati senza nessun visibile meccanismo di
sviluppo. I Rom non sono stati inclusi nei negoziati per definire il futuro
status del Kosovo, anche se RNC ha fatto pressione in tutti questi anni per
migliorare la loro situazione.
La tragedia dei rifugiati Rom non è stata tenuta in conto seriamente da molti
soggetti, i rifugiati Rom non sono un "piccolo errore" ed un danno collaterale
delle guerre dei Balcani, specialmente se sono una minoranza senza stato, questo
è un momento urgente in cui la UE e gli altri soggetti internazionali devono
avere un serio approccio verso questa situazione che dura da 8 anni. I Rom
tuttora hanno di fronte violazioni della dignità e dei diritti umani basici in
Kosovo, quando volontariamente decidono di farvi ritorno, ma d'altra parte molti
Rom richiedenti asilo in paesi terzi europei, hanno di fronte gli sgomberi
forzati e le deportazioni.
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, RNC chiede nuovamente con
urgenza il miglioramento dei Rom rifugiati nella regione balcanica e la
definizione del loro status, tentando di focalizzare l'attenzione verso i Rom
rifugiati in seguito alla guerra del Kosovo e delle precedenti guerre
balcaniche. RNC intende fare pressione alle autorità internazionali per
implementare compiutamente tutti gli standard relativi ai rifugiati. Il 20
giugno, come Giorno Internazionale del Rifugiato, sembra ora un giorno comune,
abbiamo misure dichiarative visibili, ma non abbiamo misure visibili ed
effettive per tutto l'anno, forse soltanto i nomi degli alti rappresentanti sono
cambiati, ma la tragedia dei rifugiati Rom rimane soggetto di immensa
preoccupazione per tutti noi. Diritti dei rifugiati senza status legale sono
soltanto un'illusione.
In fede,
Devlesa
Asmet Elezovski
Spokesman of Roma National Congress (RNC), ERTF delegate
asmetelezovski@yahoo.com
Di Fabrizio (del 20/06/2008 @ 09:35:04, in Europa, visitato 1658 volte)
Da
British_Roma
Quando Shay Clipson, unica Magistrata Rom del Regno Unito, tentò di fermare
il bullismo contro sua figlia, trovò la polizia locale riluttante ad
intervenire, anche quando Shay ha puntualizzato di essere un Magistrato e come
tale di sapere come la legge dovesse proteggere sua figlia.
La figlia della signora Clipson è stata gettata in mezzo al traffico da
compagni razzisti, le sono state spente delle sigarette tra i capelli,
l'hanno coperta di sputi ed è stata picchiata sino all'incoscienza sul campo di
giochi della scuola, mentre altri registravano tutto questo sui loro telefoni
mobili e postavano l'assalto su YOUTUBE.
Quando Shay Clipson ha criticato la polizia per la loro riluttanza
nell'aiutarla, e ha chiesto ragione di ciò, ha trovato che la sua carriera come
magistrato era finita. È stato detto che perché aveva sollevato la sua
partecipazione alla magistratura e criticato la polizia "la signora Clipson non
era credibile nello svolgere il suo lavoro".
Shay Clipson è uno dei pochi modelli positivi per la comunità Zingara e così
si crea una cattiva impressione, se qualcuno della comunità Zingara intraprende
un ruolo come quello di Magistrato, viene rifiutato alla prima occasione.
Chiediamo a Gordon Brown, ed all'Ufficio dei Reclami Giudiziari di
riconsiderare in favore di Shay Clipson.
Posted by The Gypsy Council Ltd.
Firma la
petizione
Di Fabrizio (del 19/06/2008 @ 08:54:30, in Europa, visitato 1403 volte)
CS78-2008: 18/06/2008 Amnesty International si è detta profondamente amareggiata per l'esito della votazione al Parlamento europeo sulla direttiva sui rimpatri. L'organizzazione per i diritti umani ritiene che il testo approvato oggi non garantisca il rimpatrio dei migranti irregolari in condizioni di sicurezza e dignità. Al contrario, un periodo eccessivo di detenzione fino a un anno e mezzo e il divieto di reingresso, valido per tutto il territorio dell'Unione europea, per le persone rimpatriate forzatamente, rischiano di abbassare gli standard vigenti negli Stati membri e costituiscono un esempio estremamente negativo per altre regioni del mondo. Il testo della direttiva, inoltre, non include garanzie sufficienti per i minori non accompagnati e contiene deboli previsioni in materia di controllo giudiziario sulla detenzione amministrativa; infine, prevede deroghe specifiche alle condizioni di detenzione in quegli Stati membri che si trovino ad affrontare cosiddette "situazioni di emergenza". È dunque difficile capire quale sia il valore aggiunto di questa direttiva, che rischia invece di promuovere pratiche detentive di lungo periodo negli Stati membri e di avere un impatto negativo sull'accesso al territorio dell'Unione europea. Amnesty International sollecita gli Stati membri che applicano standard più elevati a non usare questa direttiva come pretesto per abbassarli. FINE DEL COMUNICATO Brussels/Roma, 18 giugno 2008 Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
Di Fabrizio (del 18/06/2008 @ 08:44:37, in Europa, visitato 1467 volte)
11/06/2008 - Testo completo del Gruppo Socialista della dichiarazione
sulla violenza contro i migranti in Italia.
Nell'incontro a Napoli l'11 giugno 2008, il Gruppo PSE ha firmato una
dichiarazione - concordata unitamente dalle delegazioni italiana e rumena - sui
recenti episodi di violenza e razzismo in Italia.
Celebrando il 2008 come Anno Europeo del Dialogo Interculturale, le
delegazioni italiana e rumena nel gruppo socialista al Parlamento Europeo
unitamente hanno espresso al loro condanna per i violenti attacchi ai capi rom
come pure per gli atti di razzismo con bersaglio i Rom, che sono successi in
Italia nelle ultime settimane.
Riaffermiamo fermamente la necessità di combattere ogni sorta di razzismo e
xenofobia, ogni discriminazione basata su nazionalità o origine etnica, come
dichiarato nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Congiuntamente rigettiamo il principio di "responsabilità collettiva" basato
su nazionalità o origine etnica. Le autorità di governo responsabili non
dovrebbero mai avere bersaglio un gruppo nazionale o una minoranza. I media
costituiscono un'entità insostituibile riguardo i principi democratici e
dovrebbero perciò essere più attivamente responsabili riguardo le etiche
imprenditoriali e la responsabilità sociale. La distorsione della realtà come la
manipolazione della percezione possono avere conseguenze pericolose sulla
società complessivamente per mezzo di sentimenti profondi e non fondati di
insicurezza e di xenofobia, infine portando all'intolleranza, alla tendenza
razzista e ad atti di violenza.
L'immigrazione è un fattore di crescita economica, sociale e culturale,
specialmente nella UE dove molti paesi si confrontano col declino demografico e
sistemi costosi di stati sociali e di pensione così come di scarsità
settoriali delle forze di lavoro.
L'immigrazione non è una sorta di crimine; lo sono l'esclusione sociale ed
economica, la discriminazione e la segregazione.
Mentre la sicurezza è un diritto fondamentale di tutti i cittadini, questo
non può affatto nutrire l'intolleranza.
Non può essere stabilita alcuna correlazione diretta tra criminalità ed
origine etnica, delinquenza ed immigrazione. Nel contempo, la migrazione dev'essere
diretta e gli Stati Membri devono senza esitazione identificare una vera
politica europea per regolare l'ingresso legale, combattere la discriminazione e
promuovere l'integrazione nell'Unione Europea.
L'unico modo per garantire la sicurezza si basa sul processo d'integrazione.
Il processo, dato che la lotta contro la criminalità richiede una
cooperazione più forte tra le autorità incaricate di fare rispettare la legge
nazionali a livello comunitario, per arrestare, giudicare e, quando il caso,
espellere quanti commettano un crimine o rappresentino una minaccia alla
sicurezza pubblica.
L'integrazione, perché la sicurezza non può essere assicurata senza
combattere l'esclusione sociale, la marginalizzazione, la povertà. Questo
significa garantire a tutti gli individui il diritto a partecipare pienamente
nella vita economica, sociale, politica dei nostri stati Membri.
In un periodo in cui le leggi sono emanate per indirizzare le paure legate
all'immigrazione, noi crediamo sia di massima importanza affrontare
effettivamente i problemi associati all'immigrazione stessa. Come Socialisti,
abbiamo sempre favorito le soluzioni a lungo termine rispetto alle strategie a
breve termine, preferendo l'integrazione alla sorveglianza, l'inclusione sociale
ed economica alla segregazione.
Entrambe le delegazioni considerano che la sfida dell'integrazione e della
protezione della minoranza Rom debba essere diretta a livello Europeo: non è
accettabile che la minoranza Rom sia ancora vittima di abuso e discriminazione
nel territorio dell'Unione Europea. Sollecitiamo la Commissione Europea a
presentare una strategia UE integrata regolando standard comuni a tutti gli
Stati Membri per l'integrazione dei Rom, per appoggiare l'azione delle comunità
locali, autorità nazionali e società civile.
I Rom dovrebbero avere gli stessi diritti e doveri di cittadinanza come
qualsiasi altro individuo dell'Unione Europea e questi diritti devono essere
sostenuti e rispettati. Le tendenze attuali che ritengono i gruppi vulnerabili e
marginalizzati responsabili del peggioramento delle condizioni economiche,
sociali e securitarie devono essere rigettate. L'intervento dell'Alto
Commissario ONU per i Diritti Umani, in aggiunta a numerosi rapporti e
raccomandazioni del Consiglio d'Europa, aggiungono ulteriore preoccupazione ad
una situazione già allarmante.
Questo è il perché vorremmo riaffermare il nostro forte credo in un'Europa
allargata, nei valori dell'Unione Europea e nell'area di Schengen come uno
spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
La libertà di tutti i cittadini UE di muoversi attraverso le frontiere è un
diritto fondamentale ed un pilastro della cittadinanza Europea. L'espulsione di
cittadini UE dovrebbe essere valutata caso per caso e con le necessarie
garanzie, in linea con i trattati UE.
Le delegazioni italiana e rumena intendono riaffermare e salvaguardare il
valore e l'importanza di solide relazioni d'amicizia e di cooperazione
economica, sociale e culturale come pure l'associazione strategica che per tanto
tempo ha unito Italia e Romania. Grazie a questi legami, migliaia di cittadini -
e imprese - vivono e lavorano assieme ogni giorno in pace e armonia.
Gianni Pittella: Presidente della delegazione italiana
Adrian Severin: Presidente della delegazione rumena
Di Fabrizio (del 17/06/2008 @ 09:13:44, in Europa, visitato 1399 volte)
Segnalato da
Maria Grazia Dicati
RAZZISMO SELVAGGIO IN ITALIA - Perdono sempre gli stessi
I gitani italiani, specialmente, e molti altri gruppi gitani del resto del
mondo, si stanno rivolgendo a noi chiedendo aiuto. La maggioranza sono messaggi
angosciati di una comunità allarmata davanti al sopraffacente trionfo della
coalizione politica - alcuni dei partiti che la compongono sono di estrema
destra - guidata da Silvio Berlusconi. Alcuni giorni prima che si producessero
le inqualificabili aggressioni patite dai gitani di Ponticelli (Napoli), per
mano di alcuni scalmanati che han dato fuoco alle loro umili baracche,
un'organizzazione gitana italiana ci diceva: "Noi gitani siamo in pericolo
in Italia. Abbiamo paura delle deportazioni dei gitani in Italia. Per favore -
mi dice - inviate un comunicato al Governo italiano perché rispetti le Direttive
comunitarie".
A nostro parere la paura che esprime il nostro interlocutore non è infondata.
Le ultime dichiarazioni dei nuovi governanti italiani prefigurano ogni tipo di
precarietà. Giudicate voi se non è così: Il nuovo sindaco di Roma, il
post-fascista Gianni Alemanno, annunciò lunedì scorso che la sua prima misura
come sindaco sarebbe stata demolire gli accampamenti gitani. "Procederemo a
smantellare gli accampamenti nomadi che a Roma sono 25": Però i napoletani di
Ponticelli si sono portati avanti. Niente da smantellare. Fuoco purificatore che
è più rapido di montare camere a gas in stile nazi! Umberto Bossi, il leader
della Lega Nord, è euforico. Questo soggetto parla di "caccia" . "Dobbiamo
cacciare i clandestini", ha detto, provocando la sconfitta sinistra italiana.
Come qualsiasi bullo di quartiere ha lanciato il suo proclama di guerra: "Non so
cosa vorrà fare la sinistra, noi siamo pronti. Se vogliono lo scontro, i fucili
sono caldi. Abbiamo 300.000 uomini, 300.000 martiri, pronti a combattere. E non
stiamo giocando. Non siamo quattro gatti".
Però la cosa più triste è che Silvio Berlusconi,
il rieletto presidente del Governo italiano, al vedere i suoi giovani esultanti
salutando in stile fascista, ha confessato: "A vederli, ho pensato: la nuova
falange romana siamo noi".
Alla vista della gravità dei fatti la
UNION ROMANI, riconoscendo il sentire maggioritario dei gitani spagnoli e per la
rappresentazione che si ostenta nella UNION ROMANI INTERNACIONAL, si propone
iniziare le seguenti azioni:
Primo, Denunciare la gravità degli attentati sofferti dai gitani europei
residenti in Italia e chiedere la solidarietà dei cittadini di qualsiasi paese
di fronte alla violenza cieca ed assassina dei razzisti. Per questo
chiediamo che si scrivano lettere dirette al Presidente del Governo italiano,
inviandole direttamente alla sua residenza nel Quirinale (Roma) o alle
ambasciate italiane in ogni paese. (L'indirizzo dell'Ambasciata italiana in
Spagna è il seguente: Calle Lagasca, 98. Código postal 28006 Madrid)
Secondo: Sollecitare il Ministro degli Esteri di Spagna perché si
interessi alla situazione dei gitani residenti in Italia, esprimendo la
preoccupazione della comunità gitana spagnola per la situazione in cui possano
trovarsi i gitani espulsi dalle loro dimore incendiate. Il nostro Governo è
legittimato a fare questa consultazione in base a quanto previsto dalla
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo relativa al diritto
dei cittadini dell'Unione e dei membri delle sue famiglie a circolare e
risiedere liberamente nel territorio degli Stati membri. Effettivamente,
trattandosi di una Direttiva e non dimenticando che ogni Stato membro può
determinare la miglior forma di applicare le disposizioni del Diritto
comunitario, è obbligatorio esercitare un lavoro critico e di vigilanza dei
Governi perché le misure adottate nei distinti Stati membri conducano ad una
applicazione del Diritto comunitario con la stessa efficacia e rigore con cui si
applicano le norme interne dei suoi rispettivi Diritti nazionali.
Terzo: Chiedere alla Commissione delle Petizioni del Parlamento Europeo
che, con carattere d'urgenza, inizi un'inchiesta sulla situazione che ha
portato la comunità italiana di Ponticelli (Napoli) allo stato di
contrapposizione che soffrono i gitani che vivono in quel luogo.
Quarto: Sollecitare i Gruppi Parlamentari del Parlamento Europeo che
formulino, con carattere d'urgenza, le precise iniziative parlamentari che
obblighino il Consiglio a chiedere nella Sessione Plenaria di Strasburgo e
Bruxelles sulle misure che il Governo italiano possa aver preso per porre freno
a queste aggressioni e per condannare i colpevoli delle stesse.
Quinto: L'Unión Romaní è convinta che l'immensa maggioranza dei
cittadini italiani - inclusi i votanti di Berlusconi - rifiuta la violenza,
venga da dove venga. Per questa ragione, attraverso la Unión Romaní Internacional,
si propone stabilire, con le organizzazioni gitane italiane, un programma di
mutua collaborazione al fine di mettere in campo le misure adeguate che
garantiscano la difesa di questi cittadini europei che non hanno commesso
alcun delitto se non quello di essere "poveri e gitani".
Sesto: Oggi stesso abbiamo avuto notizia che il Governo italiano si
propone di indurire i mezzi contro l'immigrazione di modo tale che l'essere
"clandestino" sarà un delitto compreso nel Codice Penale. In questo senso, Roberto Calderoli,
nuovo Ministro italiano proveniente dalla Lega Nord, ha dichiarato che per non
essere "clandestino": "Bisogna dimostrare se si è onesti, altrimenti, li si
espelle dall'Italia".
Come Unión Romaní inizieremo i procedimenti per interporre una denuncia
contro il Governo italiano per non adempimento della Direttiva 2004/38/CE
del Parlamento e del Consiglio Europeo relativa al diritto dei cittadini
dell'Unione e dei membri delle sue famiglie a circolare e risiedere liberamente
nel territorio degli Stati membri. Quando venne promulgato a Maastricht,
nell'anno 1992, il Trattato che porta il nome della famosa città olandese, i
Capi di Stato e del Governo approvarono la Dichiarazione 19 al fine di chiarire
le incertezze sull'applicazione del Diritto comunitario. I massimi dirigenti
europei non avevano alcun dubbio che "per la coerenza e l'unità del processo di
costruzione europea, è essenziale che tutti gli Stati membri traspongano
integralmente e fedelmente nel loro Diritto nazionale le direttive comunitarie
di cui siano destinatari nei luoghi disposti alle stesse".
Le Direttive sono lo strumento armonizzatore per eccellenza del Direttivo
Comunitario perché tramite loro si realizza, dice l'art. 94 del Trattato,
l'approccio delle disposizioni legali, regolamentari ed amministrative degli
Stati membri, che incidano direttamente nella stabilità o nel funzionamento
dell'Unione Europea.
Settimo: Per terminare proponiamo di elevare la nostra
preoccupazione per la magnitudine e la gravità di questi accadimenti di fronte
alle istanze internazionali più rappresentative. Così faremo di fronte al
Consiglio d'Europa, davanti all'Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa (OCSE) e davanti alla Commissione per i Diritti Umani
delle Nazioni Unite.
Una volta ancora reclamiamo la solidarietà di tutti i democratici di Spagna e
d'Europa. Nessuno può farsi giustizia da solo, perché quando ciò succede perdono
sempre gli stessi: i più poveri, i più indifesi, quelli per cui non ci sono
diritti, nella maggioranza dei casi, di essere lettere stampate su carta
bagnata. Abbiamo bisogno del calore umano della società,per questo domandiamo
l'appoggio di tutti i democratici europei a difesa dei Diritti Umani di quanti,
essendo innocenti, si vedono aggrediti, vilipesi e stigmatizzati per delitti che
non hanno commesso. Per terminare, come proprio riconosce la Commissione, ogni
espulsione "deve essere motivata dalla situazione individuale" di persone
specifiche, e non "deve significare un'espulsione di gruppo" di collettivi
rispetto alle loro origini geografiche.
Speriamo che il fuoco di Ponticelli purifichi ed elimini l'odio e
l'intolleranza che tante volte sono stati il germe delle più gravi tragedie
nella storia d'Europa.
JUAN DE DIOS RAMÍREZ HEREDIA - Presidente de la Unión Romaní
Di Fabrizio (del 15/06/2008 @ 08:53:44, in Europa, visitato 4198 volte)
Da
Osservatorio sui Balcani
11.06.2008 scrive
Tanya Mangalakova [Български]
A maggio, sulla "Gora", in Kosovo, l'aria risuona di tamburi e zufoli. E' "Djuren",
la festa più sentita nella comunità dei gorani, slavi di religione islamica. Gli
emigranti ritrovano parenti e amici, per i giovani, veri protagonisti della
festa, è il momento di cercare la propria "dolce metà"
Foto di Tanya Mangalakova
Ermina ha diciassette anni. Bella come un quadro, vive tra la capitale
macedone Skopje e la cittadina di Petrich, in Bulgaria meridionale. I suoi
genitori sono gorani del villaggio di Brod, nella regione della Prizrenska Gora,
in Kosovo. La famiglia ha ereditato la professione di pasticcieri, tipica dei
gorani del Kosovo. Nel 2006 hanno aperto una loro pasticceria nel centro di
Petrich; prima lavoravano a Skopje, come fa almeno la metà degli abitanti di
Brod. Ermina studia a distanza in un istituto superiore di Skopje, e aiuta i
propri genitori in pasticceria. Suo fratello, Almir, 24 anni, è già famoso a
Petrich per la qualità del suo “burek”.
Per tutto l'anno Ermina ed Almir aspettano con impazienza che arrivi il mese di
maggio, quando sulla “Gora” si festeggia la grande festa di “Djuren”, il nome
con cui i gorani chiamano la festa originariamente dedicata a San Giorgio. Il 3
maggio i ragazzi viaggiano attraverso la Macedonia per andare a Brod, villaggio
dall'aspetto caratteristico disteso su un altopiano alle falde della Sar Planina.
E' il padre, Bilgaip, che rimane a Petrich per tenere aperto il negozio, dando
così l'opportunità ai giovani, che nel frattempo hanno riempito il bagagliaio
dell'auto fino all'orlo di vestiti all'ultima moda, di festeggiare “Djuren”
sulla “Gora”. Per tre giorni Ermina ed Almir sfileranno sul “corso” del paese,
indossando tutti i propri vestiti più belli. Sul “corso” nascono storie d'amore,
che di solito finiscono col matrimonio. E' “Djuren”!
"Djuren"
Donna gorana
“Djuren” è sicuramente la festa più importante, per i gorani, una festa che
unisce in modo eclettico elementi cristiani ed islamici. Dal 4 all'8 di maggio,
secondo un'antica tradizione, gli emigranti gorani tornano nei propri villaggi
della “Gora”, che durante l'inverno restano quasi disabitati. Ogni anni, in
questa occasione, la Sar Planina si riempie del suono di zufoli e tamburi, che
la trasformano, dandole un'atmosfera mistica, quasi fossimo in Tibet. Le donne
vestono i “noshni”, abiti tradizionali cuciti a mano. Aspettano tutto l'anno per
poter mostrare gli abiti, arricchiti da grosse monete d'oro. Ci si trucca per
ore, fino a che il viso non diventa una maschera preziosa.
“Djuren” comincia il 5 maggio, detto “travke”. Nella mattina di questo giorno si
raccolgono erbe (travke, appunto) che vengono poi immerse nell'acqua con cui si
lavano i bambini. Quest'anno a Brod c'erano due fidanzamenti ufficiali, il che
significa festa per tutto il villaggio. In serata, musicanti da Prizren hanno
suonato per alcune ore, sia nella parte superiore che in quella inferiore di
Brod. Le strette stradine fervevano di vita, giovani e vecchi ballavano lo
“horo” (o “kolo” ballo tradizionale comune in tutti i Balcani), sul “corso”
faceva mostra di se tutta la gioventù di Brod. I giovani che ancora non hanno
trovato una “verenica” (fidanzata) facevano mostra delle proprie possibilità,
spandendo denaro per far sì che i musicanti rom suonassero senza fine.
Il 6 maggio i gorani si danno appuntamento sui prati della “Vlaska”, località
vicina al villaggio di Vranista. Quasi ogni villaggio gorano ha un luogo
particolare dove festeggiare “Djuren”. Il 7 si festeggia in un campo vicino a
Rapca, il 9 a Brod, il 10 non lontano da Restelica.
Il 6 maggio sulla “Vlaska”
"Sul corso"
Il 6 maggio i gorani festeggiano all'aperto sulla “Vlaska”. Si raccolgono
ramoscelli di salice, si ballo lo “horo” al suono di tamburi e zufoli, si
arrostisce l'agnello. Nonostante il tempo brutto, anche quest'anno le ragazze e
le donne gorane hanno indossato i propri “noshni” e scarpe bianche abbellite da
migliaia di perline di vetro. Da Brod la gente è scesa prima in direzione di
Dragas per poi arrivare sulla “Vlaska”, dove il sole ha iniziato a far capolino
tra le nuvole. “Il 'corso' sulla 'Vlaska' è il più bello di tutta la 'Gora'”,
dicono convinti i gorani. Qui le giovani sfilano nei propri preziosi vestiti, ma
sempre accompagnate da un cavaliere, marito o fidanzato che sia. “Dal colore del
vestito”, raccontano le sorelle Javahida di Vraniste, “si può capire chi è
sposata e chi è libera”. Le donne sposate portano vestiti neri, quelle libere
invece indossano colori chiari, come fanno anche le ragazze fidanzate. Le donne
più anziane, come le sorelle Javahida, portano vestiti semplici, sempre neri. Le
donne più giovani impreziosiscono invece il proprio abbigliamento con seta,
broccato, ricami, ed indossano gioielli in abbondanza. Le donne gorane si
coprono la testa con la “basrama”, un grande e bello scialle, ornato anche
questo da migliaia di perline.
La tradizione vuole che le ragazze, durante il lungo inverno, tessano da sole
il proprio vestito, “per diventare da belle ad ancora più belle”. Oggi soltanto
una piccola minoranza ha conservato quest'arte. Vajda, 64 anni, ancora adesso
cuce e orna i “noshni”. Le giovani, comprano proprio da donne come lei. Un
vestito può costare anche più di mille euro, ma indossare gli abiti tradizionali
durante la festa di “Djuren” è obbligatorio. Le monete d'oro, anche queste parte
del completo da sfoggiare, vengono invece ereditate di generazione in
generazione. Vajda ricorda con nostalgia la propria giovinezza. Suo marito è
insegnante a Vraniste, sono sposati da 44 anni, quando ancora non c'era alcun
“corso” sul quale ragazzi e ragazze potessero scambiarsi sguardi ed innamorarsi.
“Il 'corso' è nato quando i giovani hanno cominciato a lavorare in città”,
racconta. “Dopo aver visto come si passeggiava a Belgrado, hanno portato qui
questa abitudine”.
La festa di “Djuren” è strettamente legata al modo tradizionale di vita dei
gorani: gli uomini in giro nei Balcani dove lavorano alla produzione artigianale
di dolci e “burek”, le donne a casa per badare ai figli. La tradizione vuole
quindi che a “Djuren” gli uomini tornino nei propri villaggi di origine, per
incontrare parenti ed amici. Gli scapoli, poi, tornano per trovare la propria
“dolce metà”.
Durante il periodo di festa, i caffè di Brod sono pieni di giovani. Anche oggi,
i gorani rispettano le antiche regole, che prevedono che alle donne non sia
permesso mettere piede in questi locali. Almir, come tutti gli altri giovani, va
a dormire solo a notte inoltrata, si sveglia tardi, cammina per le strade di
Brod come drogato di felicità. “Ho solo tre giorni a disposizione, e voglio
utilizzare ogni minuto, ogni secondo, per stare insieme ai miei amici. Viviamo
dispersi e lontani, chi a Skopje, chi a Nis, chi a Belgrado, chi in Bulgaria. 'Djuren'
e l'unico momento in cui riusciamo a riunirci tutti, e a stare insieme sulla
nostra 'Gora'”.
Di Fabrizio (del 15/06/2008 @ 08:51:09, in Europa, visitato 1551 volte)
Da
Romanian_Roma
Bucarest, 9 giugno /Rompres/ - La Romania non può assumersi lei sola la
responsabilità di ciò che i cittadini della minoranza etnica rom fanno
all'estero, ha dichiarato lunedì a Bucarest il presidente rumeno, Traian Basescu,
durante una conferenza stampa congiunta col presidente finlandese, Tarja Halonen.
[Ndr: i Rom in Romania, secondo il censimento del 2002, sono stimati al 2,5%
della popolazione].
"La Romania non introdurrà mai delle restrizioni di circolazione per i suoi
cittadini. Tutti i cittadini potranno circolare in Europa e, fianco ai governi
degli stati dove i Rom [di Romania ndr] si stabiliscono, noi dovremo trovare
delle soluzioni", ha detto il presidente Basescu.
La problematica riguardante i Rom, la loro circolazione nello spazio
comunitario, ha costituito uno dei soggetti affrontati da Traian Basescu e Tarja
Halonen, durante i loro discorsi lunedì scorso a Bucarest. Secondo Basescu, la
Commissione Europea sta elaborando un documento per approntare soluzioni a
livello europeo.
Tarja Halonen da parte sua ha detto che la Finlandia può condividere con la
Romania la sua esperienza per quanto riguarda la situazione dei Rom.
"Anche noi, abbiamo una popolazione rom in Finlandia. Anche noi abbiamo
problemi da fronteggiare. Abbiamo acquisito parecchia esperienza per quanto
riguarda, per esempio, la situazione dei bambini rom che abbandonano la scuola.
Siamo coscienti che tutti i bambini debbano avere diritto
all'istruzione.
Concentriamo i nostri sforzi per portarli a seguire la scuola, ad imparare un
mestiere che fornisca loro i mezzi per vivere. La mendicità non è un mestiere ed
in Finlandia ci sono dei Rom rumeni che la praticano" ha dichiarato la
presidente finlandese.
Asserendo che la popolazione rom finlandese è assai meno numerosa, Tarja
Halonen ha proseguito: "Consideriamo pertanto che ci sono due aspetti principali
quanto alla situazione dei Rom. Assicurargli alloggio e l'accesso
all'istruzione, e noi agiamo in questo senso. La stessa cosa dovrebbe passare a
livello di comunità europea, dell'OCSE, occorre cercare soluzioni a riguardo.
Non possiamo accettare la mendicità che ci inquieta profondamente", ha
sottolineato Halonen. Da parte sua, Traian Basescu ha fatto conoscere
che la sua discussione avesse anche affrontato altri temi legati alla UE,
temi riguardanti il Kosovo, la zona del mar Nero o la sicurezza delle frontiere.
"Credo che l'esperienza della Finlandia in materia di buon governo sia
estremamente utile (...) Il sistema finlandese è il più efficiente per quanto
riguarda la scolarizzazione. Ci sono alcuni settori dove lo scambio d'esperienze
è molto importante", ha invece rimarcato il presidente Basescu. [Rompres]
www.Roumanie.com
Di Fabrizio (del 11/06/2008 @ 08:29:07, in Europa, visitato 1839 volte)
Da
Baltic_Roma
2 giugno, 2008 - In cooperation with BNS - VILNIUS - I Lituani
preferirebbero lavorare con i Rom, con persone che escono da una dipendenza o
con quanti hanno un orientamento sessuale differente, che comunicare con loro
nelle loro vite personali.
Secondo i dati di un sondaggio condotto da un istituto di ricerca di Vilnius,
sette Lituani su dieci non avrebbero problemi ad avere come colleghi di lavoro
membri della comunità Rom, persone che escono da una dipendenza o quanti abbiano
orientamento sessuale non tradizionale. Altri 6 su 10 non avrebbero problemi
se il loro collega fosse stato precedentemente incarcerato o avesse avuto
disordini psicologici.
D'altra parte, sette abitanti su dieci eviterebbero di avere a che fare con
membri della comunità Rom, persone che hanno superato dipendenze di sorte o
quanti hanno orientamento sessuale non tradizionale, fuori dal campo lavorativo.
Le persone sono più tolleranti riguardo ai disabili: solo due su dieci non
vorrebbero avere come vicini chi ha una disabilità fisica.
Gli abitanti intervistati più dei loro datori di lavoro hanno fiducia nelle
abilità dei rappresentanti dei gruppi sociali sopracitati, con 75 responsabili
di azienda che esprimono un'opinione che tale gente non riuscirebbe a fare
fronte al loro lavoro, comunque soltanto 25% degli abitanti votati hanno tenuto
lo stesso atteggiamento.
Quando è stato chiesto loro perché avrebbero problemi nel lavorare a fianco
di persone di gruppi a rischio, le risposte dicono che si sentirebbero in
difficoltà (48%), o non saprebbero come comportarsi (31%). Per queste ragioni,
oltre il 60% degli intervistati non vorrebbero comunicare affatto e tre su dieci
cercherebbero informazioni aggiuntive.
Durante questo sondaggio, commissionato dal Ministero per la Sicurezza
Sociale ed il Lavoro, sono stati intervistati oltre 1.000 Lituani di tutte le
regioni del paese.
Source:
The
Baltic Times
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