Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Daniele (del 25/01/2006 @ 11:03:54, in Europa, visitato 1844 volte)
di Liz FeketeGuardando l'aumento dei partiti razzisti e di estrema destra nei 17 Paesi dell'UE, in Norvegia e Svizzera.Basato sulla recente ricerca del Centro di monitoraggio europeo sul razzismo e la xenofobia, Combattendo il fascismo, Difendendo la democrazia critica i programmi governativi antifascisti, esamina le risposte ufficiali ai crimini razzisti e documenta i modi con cui le campagne elettorali dei partiti politici lusingano il razzismo e l'estremismo. Il documento informativo, basato sulle statistiche, è diviso in tre sezioni:
La prima sezione fornisce esempi di come le povere strategie governative programmate contro l'estrema destra finiscano con l'essere controproducenti. Mettendo al bando i partiti neonazisti, ad esempio, aumenta la loro popolarità (soprattutto fra i giovani) e/ o trasferisce il problema dell'attività dell'estrema destra nei paesi confinanti. E il fallimento dell'uso dell'ordine pubblico esistente e delle leggi incentivanti e la legge criminale ordinaria contro i neonazisti e gli estremisti razzisti, permette a questi gruppi di crescere in segreto. La seconda sezione fornisce statistiche ed inchieste dell'NGO su come la violenza razziale e i crimini di intolleranza ispirati dai neonazisti stanno diventando più brutali. In particolare, le comunità musulmane, specialmente i posti musulmani della preghiera, sono sempre più bersagliati dall'estrema destra che, in molti paesi, sta organizzando proteste stradali e agitazioni, e si impegnano in sistematiche violenze stradali. Mentre i giovani sono spesso le vittime di crimini razzisti, essi sono anche adesso i principali istigatori di crimini razzisti. Ed ancora insufficiente attenzione è stata prestata a strategie educative per bambini e giovani nel combattere il razzismo. La terza sezione fornisce inchieste del paese sulle lezioni nelle quali sono stati usati slogan xenofobi e propaganda in una misura che il linguaggio dei partiti si è avvicinato all'incitamento al razzismo. I politici hanno accresciuto il clima di odio attraverso la loro retorica antiimmigrati, antimusulmani o antirom nei parlamenti e nei governi, i quali non sono in grado di parlar chiaro contro i crimini razzisti, stanno sviluppando una cultura dell'"incolpare la vittima".
40 pagine. Questo documento informativo è la pubblicazione numero 53 dell'IRR European Race Bullettin. Sottoscrivi ora European Race Bullettin (4 pubblicazioni l'anno) e ti manderemo Fighting fascism, Preserving Democracy gratis. L'istituto delle relazioni razziali non esprime un punto di vista corporativo: tutte le opinioni espresse sono perciò quelle degli autori.© Institute of Race Relations 2005 Link originale:
© Institute of Race Relations 2005
Nella Mahalla amiamo le favole (ve l'ho gia detto, vero?) Milano - Camera del Lavoro - ore 20.20. Son terminate le ultime prove, ho raggiunto la compagnia che tra un po' andrà in scena. Sedute due file di spettatori, Rom rumeni e Khorakhané, qualche Rom Abruzzese. La sala vuota sembra enorme. Aspetto fuori, per vedere chi arriva. Fa veramente freddo, il pubblico arriva alla spicciolata e di fretta. Pochi, mi sembrano sempre pochi. Poi, torno in sala ed è strapiena! Sono arrivati in tanti dai campi, sono arrivati anche i milanesi e mi gusto la scena della sala traboccante di gente. Non vi racconterò la trama, da quel momento è stato come una specie di sogno.In questo sogno, un bambino brutto e con gli occhi storti, vissuto + di 60 anni fa, che forse si chiamava Mile. Mile non lo sapeva, ma la sua strada era anche quella percorsa da un certo Hitler. Nessuno dei due sapeva dell'esistenza dell'altro, ma la storia intanto macinava le persone. E' per questo che Mile portava un nastro giallo al braccio, che non doveva mai togliere. Neanche Barbara sapeva di Mile, mentre era a Lety, ma suo padre aveva fiutato l'aria e aveva venduto il carro per comprarsi una casa. Non era servito. La storia non la inganni. E il sogno prosegue. La Storia, quella con la S maiuscola, lasciava Barbara e Mile al margine, in Europa il progresso era nelle macchine, nella produzione di massa e quell'odore di fumo e benzina sembrava vincente, perché plasmava la storia. Ma allora il progresso parlava la lingua di Lombroso, di Interlandi, di Himmler. La tecnologia si era nutrita del loro razzismo, assieme definivano ciò che era "moderno". Non solo in Germania e Italia, ma anche in Francia, in Romania, in Boemia, in tutta la moderna Europa. Il progresso regalava a Barbara delle baracche ordinate, e i servizi e la scritta "Il lavoro rende liberi". Anche lei era una zingara nuova, come era documentato da quella Z sui vestiti Era moderno, anche il filo spinato con la corrente elettrica, era moderna la puzza di carne bruciata. No, rimanevano antiche le botte e quel ghetto dove i Rom e i Sinti, a differenza degli ebrei, vivevano in famiglie, a spaccare pietre e a morire di stenti. C'erano il fango e il bastone e la fame e quando non puoi più fuggire, se non per qualche secondo... . ..mescoli il sangue con la pipì,e il fango lo puoi modellare,mettilo in tasca e non farti scopriresarà il tuo grande violinista...E arrivò Himmler in visita al campo. Vide i fantasmi sui tavolati, e i volti dei bambini sfigurati dalle malattie, un capannone dove i topi scorrazzavano sopra file di morti. Ma Himmler, che aveva sognato il mondo nuovo, pulito e ordinato, si sentì offeso e deriso da quell'orrore, non era così che se l'immaginava... e allora ordinò l'abbattimento della struttura e l'annientamento di tutti quei reclusi. Mile morì molto lontano da quel campo, fucilato una notte con tutta la famiglia. Smise di aver paura.
(Un bambino piange tra il pubblico, gli attori si agitano, ma il suo pianto è già parte del mio sogno)
Barbara - tatuata Z1963 - scampò alla soluzione finale. E la storia vide nuovi vincitori, Norimberga, i vecchi aguzzini che ritornavano al lavoro, i campi e le riserve. Il progresso. Una serata per guardarci negli occhi.
Di Fabrizio (del 25/01/2006 @ 03:40:20, in Europa, visitato 2547 volte)
Da una segnalazione di Daniele
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Critiche al sistema statale di monitoraggio dei Rom Preoccupazione sui potenziali abusi contro una popolazione storicamente marginalizzata
By Brandon Swanson Staff Writer, The Prague Post January 18, 2006
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Quando il governo vide giovani arabi, turchi e neri in rivolta a Parigi alla fine dello scorso anno, vide una città data alle fiamme a seguite di lunghe ed irrisolte tensioni economiche e razziali.
Come risposta, il governo ha sviluppato il programma di monitoraggio entrato in vigore il 4 gennaio, per raccogliere una serie di informazioni che variano dall'impiego alla formazione.
“Se non vogliamo che un conflitto simile accada anche nella Repubblica Ceca, dobbiamo agire immediatamente” ha affermato Katerina Berankova, per il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali “E perché ci siano cambiamenti permanenti, dobbiamo conoscere la loro situazione e quanto sia marginalizzati”.
Marginalizzati, lo sono storicamente in tutta Europa, ma qui non si ha memoria di rivolte di gruppo.
Mancanza di informazioni attendibili
L'annuncio di un simile programma è subito finito sui riflettori, interi ed esteri, con la domanda se un simile censimento non avesse assonanze con le passate discriminazioni.
“Niente del genere” replica Czeslaw Walek, capo del Consiglio Governativo per le Tematiche Rom.
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VLADIMíR WEISS/The Prague Post
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Rozalie Carna', il suo partner e suo figlio Jan Zigo, aggrediti in casa da tre skinheads.
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Walek afferma che il governo analizzerà le condizioni di vita senza raccogliere dati personali. ma il programma ha sollevato critiche dai legali dei diritti dei Rom, che affermano che questi dati potrebbero essere usati con intenti discriminatori.
“L'anonimato è una pura illusione” dice Ivan Vesely' di Dzeno. [...] “Anche se non saranno conservati nomi ed indirizzi, ci sono altri dati sociali ed economici _ su base geografica – in base a cui non è impossibile risalire ai singoli casi”.
Walek dice che sono i Rom a lamentarsi del governo che non investe a sufficienza, o non controlla i fondi stanziati. Gli stessi controlli di fonte governativa confermano che mancano informazioni adeguate sui Rom. “Lo scopo è migliorare lo misure già in atto” dice.
Ma proprio la ragione che ha reso necessario questo programma – l'incapacità di raccogliere informazioni attendibili sui Rom – è lo stesso ostacolo più grande. Il governo ha una notevole difficoltà nel raccogliere informazioni su un gruppo etnico che storicamente nutre difficoltà verso l'autorità. Solo in 11.000 si sono dichiarati Rom, di fronte a stime di 250.000 Rom nella Repubblica Ceca.
La disoccupazione tra i Rom viaggia tra il 70 e l'80%, a secondo delle regioni, in molti dipendono dai servizi sociali.
La raccolta di dati è legale se rimane circoscritta all'ambito sociologico, dice David Strupek, avvocato praghese esperto in tematiche Rom. “Diventerà un problema legale solo se il progetto servirà a raccogliere dati personali”.
Il programma costerà 1,5 milioni di corone (62.630 $) all'anno. I primi dati saranno sottoposti al governo quest'estate, e l'intera ricerca verrà pubblicata nel 2008.
Problemi che vengono dilazionati
Il nuovo anno è cominciato in maniera tumultuosa per i Rom nella Repubblica: alcune famiglie questo mese sono state sfrattate dagli appartamenti comunali del quartiere di Nestemice a Usti nad Labem, nella Boemia settentrionale, perché no in regola col pagamento degli affitti. Il quartiere era già stato l'epicentro di una controversia che aveva assunto rilevanza internazionale, quando nella metà degli anni '90 il comune aveva costruito un muro di cemento per separare il quartire abitato dai Rom dagli altri residenti.
Col rifiuto del comune di interrompere la costruzione, il governo aveva investito 10 milioni di corone per migliorare la coesistenza tra i due gruppi. Il comune aveva adoperato parte di quei fondi per riacquistare le case dei residenti, che sii erano trasferiti.
Sempre nella regione, 10 donne di etnia rom avevano aperto una causa sulle sterilizzazioni forzate a cui erano state sottoposte tra il 1979 e il 2003. Una di loro afferma che le era stato chiesto di sottoporsi a sterilizzazione perché aveva già sette figli, e aveva firmato l'autorizzazione, ma senza saper ne leggere ne scrivere. In quel periodo,più di 50 donne vennero sterilizzate.
In questi giorni, i Rom stanno preparandosi a manifestare con una catena umana, per impedire la costruzione di un monumento voluto dal partito di destra Unione Nazionale, dove c'era un campo di concentramento nazista. Il monumento andrebbe a sostituire la targa che commemora i Rom che vi morirono, e l'iscrizione voluta dall'Unione Nazionale invece indicherebbe: “Questo luogo era una campo di raccolta, non un campo di concentramento. La storia è una questione di verità, non di interpretazione.” (Lunga vicenda questa, se n'è accennato più volte in precedenza. L'ex campo di concentramento era stato adibito a fattoria per maiali. Solo lunghe insistenze da parte delle associazioni rom ed ebraiche, avevano indotto il governo ad espropriare l'area e farne un luogo di memoria. Ne contempo, tanto il presidente dello stato che esponenti del partito comunista, avevano polemizzato dicendo che il campo era di lavoro e non di concentramento. Ora si aggiunge l'ultima provocazione dell'Unione Nazionale. ndr.)
La nuova targa dovrebbe venire posta il 21 gennaio. [...]
— Petr Kaspar and Iva Skochova' contributed to this report.
Brandon Swanson can be reached at bswanson@praguepost.com
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Di Fabrizio (del 24/01/2006 @ 01:23:51, in media, visitato 1775 volte)
Vi devo annoiare con un pizzico di fatti miei: ho un ottimo
rapporto con la TV, soprattutto da quando 8 anni fa l'ho buttata
dalla finestra...
Però mi ha incuriosito quello che scrive Lele
(USA) su Allgypsies,
e se qualcuno non ha ancora buttato la sua TV, mi sa dire se la
puntata è già andata in onda dalle nostre parti?
Passo la parola alla critica televisiva:
Baxt,
C'è nessuno di voi che ha visto l'episodio di ER intitolato
“King of the Gypsies”? Da urlo! In un solo show erano
contenuti TUTTI gli stereotipi sugli Zingari! ROFLMAO preciso!
Tutto lo “charme” degli “zingari” si è
catapultato su ER facendo impazzire l'intero dipartimento. C'erano
50, forse 100 Rom, tutti vestiti alla maniera tradizionale, accampati
nella sala d'attesa, lamentandosi, gridando, chiamandosi l'un l'altro
nello stesso momento (in romanès o diossà in quale
altra lingua), tirandosi per i capelli, richiedendo “il miglior
dannato medico della città”. Trooppo divertente, mi
stavo rotolando per terra urlando “Romalé, Romalé”.
Hanno mostrato il parcheggio, pieno di roulottes e rimorchi (con
la biancheria stesa che ondeggiava appena con la brezza, un tocco
gentile dedicato agli zingari, penso, roflmao). Gli ospiti “normali”
facevano un largo giro intorno a questi selvaggi, dove in molti
avevano acceso i fuochi per cucinare, nel parcheggio, ancora roflmao!
!! Quello che nello show interpreta il dottore per una volta aveva
perso la sua la calma serafica e urlava a sua volta “TUTTI VOI,
STATE ZITTI!!!!” E naturalmente nessuno che gli dava la MINIMA
ATTENZIONE. Wahooo, mi sono sentita in colpa per il povero Gadjo,
lol.
Come vuole il destino, il nostro “re degli Zingari”
aveva una “moglie” molto, ma molto, più giovane di
lui a fianco del suo letto, fintanto che uh oh! Oppps! è
arrivata la sua VERA moglie, non così giovane, che ha subito
alzato le mani su chi immaginate voi.
I dottori e le infermiere, nelle loro divise tutte molto
“professional”, che sembravano un branco di cervi
accecati dai fari delle auto...
Alla fine “IL Re” è stato dimesso (ricoverato
per un attacco di cuore, ma era sanissimo). La scena finale con i
nostri che danzano attorno al fuoco, sì, l'avete indovinato,
nel parcheggio! Con trombe e cimbali, a saltellare e ballare come
pazzi!
La puntata si chiude col dottore che dice “Questa gente ti
farà uscire pazzo, mentono e rubano ogni cosa che non sia
inchiodata.” Ragazzi, l'ho sentito in televisione “...
ogni cosa che non sia inchiodata”
Rom a profusione di fronte alla telecamera, freak come se li
immaginano i Gadjé. Non mi sono mai divertita tanto, se vi
capita guardatelo! Prometto che morirete dal ridere! Dannazione! Sono
ancora piegata in due...
Romalé, oh romalé
Lele
PS Per chi fosse perso le puntate precedenti, Lele è
infermiera... è anche rom
E' stato da poco pubblicato un interessante libro scritto dai Sinti Emiliani: Vladimiro Torre, Walter Relandini, Gelsomino Casalgrande, Catia Truzzi, Maurizio Esposti, Margherita De Bar, Alberto Truzzi, Sabrina Torre, Mara Bellinati, Floriano Debar. Il libro è curato da Paola Trevisan ed edito dal CISU nella collana romanes, diretta da Leonardo Piasere. Sicuramente molti di voi conoscono uno degli autori, il Presidente dell'Associazione Them Romano di Reggio Emilia, Vladimiro Torre. E' stato Vladimiro l'ideatore e il motore di questa importante iniziativa editoriale. Inviatiamo tutti ad acquistare il libro e a diffondere uno dei pochissimi testi dove i Sinti si raccontano. Segnaliamo all'interno dei vari racconti le testimonianze sull'internamento nei campi di concentramento italiani che possono essere utilizzate in questi giorni di manifestazioni per Il Giorno della Memoria. Naturalmente pensiamo di presentarlo nei prossimi mesi a Mantova e nelle altre realtà locali dove lavoriamo.
Gli Autori di questo libro appartengono a una delle comunità di Sinti Italiani che da diversi secoli vive nel Nord ed in parte del centro Italia. Essi appartengono a quella rete di famiglie che fra gli anni ‘50 e ‘60 si fermarono in alcune zone dell’Emilia, soprattutto nelle province di Reggio Emilia, Modena e Bologna. Narrare dall’interno di queste reti familiari non è la stessa cosa che narrare da individuo singolo, che deve concentrarsi solo su se stesso e, nello stesso tempo, significa anche confrontarsi più o meno indirettamente con i gagi, ovvero gli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico). Poiché a Reggio Emilia sono stati i Sinti più impegnati nell’associazionismo a voler fare questo libro, è interessante chiedersi a che pubblico si rivolgano nel raccontare le vicende della propria vita. Gli Autori si rivolgono contemporaneamente ai sinti e ai gagi, in un continuo intreccio di prospettive che non smette mai di rimarcare quello che è il proprio punto di vista sul mondo. Infatti, se i criteri che rendono vero e dicibile un racconto orale rimangono invariati nella fase della trascrizione/scrittura/riscrittura, gli Autori sono consapevoli delle diverse modalità con cui ci si può presentare all’esterno, ai gagi. Va evidenziato che nessuno parla del proprio gruppo come marginale, in crisi, o in via di modernizzazione/trasformazione, e anche quando i sinti raccontano di violenze e soprusi subiti lo fanno mettendo in risalto l’assurdo modo di agire e di pensare dei gagi, più che il fatto di percepirsi come vittime. I sinti più anziani raccontano anche le vicissitudini subite durante la Seconda Guerra mondiale e il regime fascista, che li internò in un campo di prigionia sull’Appennino modenese, e i loro ricordi hanno trovato riscontro nell’archivio comunale di Prignano sulla Secchia (MO). Rendere fruibili al pubblico le loro storie significa anche riflettere sulle fonti orali e sulla loro relazione con la storia, quella scritta dagli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico).
La curatrice Paola Trevisan, è stata assegnista di ricerca e professoressa a contratto di Antropologia Culturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Firenze. E’ dottoranda presso il Dipartimento di Storia, Geografia e Arte dell’Università di Castellón de la Plana (Spagna). Per contatti diretti: trevimonti@tin.it
Riferimenti CISU
Il giorno della memoria, con il suo strascico di orrori e
carneficine... Mi ricordo i racconti di mia mamma: la guerra, la
fame, le persecuzioni, hanno anche un loro lato di inquietante
normalità. Anche chi non è passato dai campi d
sterminio, ne ha portato il segno. Dijana Pavlovic', nella
sua intervista, raccontava della ricerca svolta per vedere quegli
anni con lo spirito di un bambino, che era anche Rom. Ma cosa
accadde realmente in Italia ai nostri nonni? Chi lo visse racconta, e
non sembri strano se recupero la memoria di un saltimbanco... un
pagliaccio, da un libro che ha il grande pregio di un linguaggio
perfettamente comprensibile anche ai bambini. Un libro scritto, come
se fosse raccontato a voce, e che proprio così, con la sua
grammatica colloquiale, ci introduce nella vita dei Sinti del
sanguinoso secolo XX.
Da STRADA, PATRIA SINTA (U DROM
MENGRO CIACIO GAUV) di Gnugo De Bar edizioni
FATATRAC ...Mio nonno era Jean De Bar, un sinto valcio che in
lingua nostra vuol dire "francese". Scese in Italia a piedi
nel 1900. Lasciò i genitori in Francia e venne a tentare la
fortuna, senza niente, a quindici anni, solo con qualche costume da
saltimbanco. Era uno dei più bravi contorsionisti del
mondo, ma era bravo anche a fare i salti di scimmia, in altre parole
i salti mortali al tappeto: ne faceva sei, sette o anche otto. I
De Bar sono una famiglia di saltimbanchi da sempre. Anche mio
nonno aveva imparato a guadagnarsi la vita così. Lui
posteggiava, che nella nostra lingua significa proprio fare i numeri
di saltimbanco all'aperto, davanti alle chiese, nei mercati e nelle
fiere.
... Poi venne il 1939, un bruttissimo anno.
L'Italia e la Germania avevano rotto il patto di non belligeranza con
la Francia. Era autunno e la mia famiglia s'era appena fermata al
Bacino di Modena per fare la sosta dopo la stagione delle fiere. Da
noi s'usa così infatti. Quando si lavora la famiglia si
divide, poi d'inverno ci si ferma tutti insieme. Quell'anno la
famiglia s'era fermata appunto nella Strada Bacino, che oggi credo si
chiami Due Canali e c'erano insieme al nonno, lo zio Noti e la zia
Mariettina con tutti i propri figli. Lo zio Carlo era invece ancora a
fare la stagione in Lombardia e per lui fu una vera fortuna. Mio
padre aveva appena conosciuto la mamma Albertina, detta Gonia, che
veniva da una famiglia che girava con le giostre. Un mattino che
piovigginava, mi hanno raccontato, molto presto hanno sentito bussare
alle carovane, si sono svegliati e hanno visto le carovane circondate
da militari, carabinieri, questura. Dicevano che si doveva fare
quello che volevano loro e che avevano l'ordine di sparare se
qualcuno si fosse opposto. Piantonarono tutto il giorno e la notte
intera, prendendo il nome e il cognome a tutti, poi, il mattino
seguente, condussero tutti quanti nel campo di concentramento di
Prignano e ci portarono via tutti i muli e i cavalli che avevamo. In
Italia con le leggi razziali, fecero molti campi di concentramento
per sinti, che nell'intenzione dovevano servire per smistare le
nostre famiglie verso la Germania e la Polonia. So per certo che
ce ne erano a Berra di Ferrara, a Fossa di Concordia, a Pescara, e
anche un paio nel bolognese che non ricordo più i nomi. Se
una deportazione di sinti non c'è stata, è stato solo
per grazia della Regina Elena (che veniva dal Montenegro) che nel
1941 ci difese e impedì quello che poteva avvenire. C'era
anche il campo di concentramento di Fossoli per gli ebrei, ma questo
lo si conosce. Gli ebrei dopo la guerra hanno avuto il coraggio di
parlare, di ricordare. Noi sinti no. Io, per esempio, mi sono
sempre vergognato di dire d'essere nato in un campo di
concentramento. Molti di noi ricordando di Prignano parlano
dicendo "quando ci misero da quel contadino...". Ma quale
contadino? Quello era un campo di concentramento fatto per sinti, e
io ho trovato il coraggio di raccontarlo solo dopo che ho parlato con
degli altri gitani spagnoli e altri sinti tedeschi e francesi. Nella
nostra lingua, mi hanno detto che nei loro Paesi dopo la guerra hanno
potuto raccontare le loro storie, giornalisti e scrittori si sono
preoccupati di quelle violenze che avevano subito e hanno scritto
molte cose. In Italia no, non si trova il coraggio; ma io credo
invece che sia giusto raccontare.
PRIGNANO
A Prignano c'era il filo spinato e qualche baracca. poche perché
noi avevamo le nostre carovane. Tutto era controllato da carabinieri
e militari che nei primi giorni non ci facevamo mai uscire. Poi,
dopo un po' di tempo, decisero che dal campo potevano uscire quelli
che volevano andare a spaccare le pietre per le strade a cinque lire
al giorno. Così tutti andavano, anche per poter avere qualcosa
da mangiare. Le guardie due volte al giorno facevano l'appello e
il contrappello. C'erano dei turni di un'ora e mezza in cui le donne
potevano andare in paese a fare la spesa. I carabinieri erano i più
cattivi e vigilavano anche all'osteria, tanto che non si riusciva
nemmeno a fare una bevuta di un bicchiere di vino in santa pace. Dopo
un mese che s'era nel campo venne un ordine del Ministero della
Guerra: presero mio nonno Giovanni e lo portarono nel campo di
concentramento a Civitella del Tronto perché fu riconosciuto
detenuto politico, per il solo fatto di essere cittadino francese. Lì
passò sacrifici e miserie insopportabili. Nel 1940 nasco io.
Mio padre chiede ai carabinieri di portare la mamma all'ospedale di
Sassuolo, ma dicono di no. Così nasco al freddo dentro una
carovana al lume di candela. E' un anno in cui tutti piangevano il
nonno per morto, perché non si sapeva dove l'avevano portato e
se fosse ancora vivo. Solo nell'autunno del 1940 concessero al nonno
di scrivere una lettera. Nessuno ha ancora capito perché il
nonno venisse considerato prigioniero politico, mentre poi hanno
obbligato i suoi figli a servire la patria andando in guerra. Dal
1941, infatti, dopo l'intercessione della Regina, cominciarono a
considerarci non più deportabili ma arruolabili, per cui
iniziarono a far partire scaglionati e a forza tutti gli uomini in
età.
... Poi venne il famoso 8 settembre 1943,
quando l'Italia fece l'armistizio con gli Alleati. A Prignano quel
giorno vennero i carabinieri e dissero: "Siete liberi di nuovo",
ma nessuno ci credeva veramente. E il maresciallo disse: "Potete
andare via come facevate prima", ma la nonna, che era il
riferimento di tutta la famiglia rimasta, non sapeva più dove
andare senza figli e senza il nonno. Così che mentre tutti gli
altri sinti si rimettevano in viaggio e lasciavano quel posto
maledetto, la nostra famiglia rimase lì ad aspettare che
succedesse qualcosa.
IL RITORNO DEL NONNO
Un bel giorno dell'ottobre 1943 videro
tornare a casa mio nonno, liberato perché i francesi erano di
nuovo amici e ci furono momenti di allegria e di gioia, ma anche di
passione per i figli al fronte. Poi mio nonno venne giù a
Modena e andò dall'amico commerciante di cavalli, Tullio
Pellicani. Quando gli raccontò ciò che aveva subito nel
campo di prigionia, il Pellicani si mise a piangere e gli diede a
credito un mulo e un cavallo per tornare a fare gli spettacoli:
"Scegliti quelli che vuoi, me li pagherai quando avrai i soldi".
Poi il nonno tornò a Prignano.
Quando i carabinieri videro il nonno
con i due animali lo accusarono subito di furto e telefonarono
all'allevatore di Modena che disse: “Io a Giovanni ne avrei
dati anche di più, ma lui si è accontentato di quelle
due bestie!”
Allora il maresciallo dei carabinieri
si scusò con il nonno, gli strinse la mano e lo considerò
persona degna di fiducia e di stima.
Dopo qualche giorno la mia famiglia
lasciò definitivamente Prignano e si fermò a Modena.
Qui si trovarono tutti i figli rimasti della zia Mariettina, dello
zio Noti e del nonno, andarono a manghel un po' di vino (manghel
significa “andare a chiedere”) e una sera fecro una
grande festa d'addio. Al mattino infatti le tre famiglie si divisero:
la zia Mariettina con i suoi figli cominciarono a girare nella zona
di Milano, lo zio Noti verso Ferrara e la Romagna (poi nel
bolognese), noi nel mantovano e nel modenese. Continuavamo a
posteggiare, anche se gli uomini nello spettacolo erano pochi perché
i figli del nonno erano tutti al fronte.
Visto che mancava anche il toni (il
pagliaccio ndr.) per un periodo fu mia mamma a ricoprire quel
ruolo. Il suo nome era il più buffo e strano mai sentito in
una pista da circo: “Conserva”. Vestita da toni faceva
anche le entrate.
....
... e il racconto continua, con la
Resistenza, il dopoguerra, la crisi del circo. Se riuscite a trovarlo
leggetelo, altrimenti qualche altro brano lo ritroverò in
seguito.
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