Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
A Mantova, Giovedì 21 marzo 2013, per la GIORNATA MONDIALE CONTRO IL RAZZISMO,
dalle ore 17.00, sarà presentato il 5° Rapporto annuale di Articolo 3
Osservatorio sulle discriminazioni.
In concomitanza sarà presentato il Rapporto ENAR sul razzismo in Italia e sarà
aperto un dibattito sul futuro dell'antidiscriminazione in Lombardia con i neo
eletti in Consiglio regionale.
A tutti i presenti all'evento sarà donata copia del Rapporto 2012
A Nantes i taxiphone per ascoltare i Rom hanno suonato più di 700 volte
- 14 febbraio 2013
Installazione tanto artistica quanto militante, "Lo strano taxiphone"
dell'associazione "Etrange Miroir" mira a far cadere i luoghi comuni sui Rom.
Ritorno su un'esperienza che ha saputo interrogare il pubblico sulla tematica
dell'altro e dei pregiudizi.
Circa 700 persone, da febbraio 2012, hanno ascoltato nelle cinque cabine
telefoniche create dall'associazione "Etrange Miroir", documenti audio destinati
a fare cadere i luoghi comuni e i timori circa la popolazione Rom.
"All'origine, si trattava di un progetto allestito nel quartiere "Montaigu",
dove dimorano dei Rom sedentarizzati", spiega Marie Arlais, incaricata di
progetti in seno all'associazione. "Benché siano installati da due anni a Montaigu, restano ancora confrontati a tabù, timori, perfino reazioni non sempre
comprensive".
Essendo destinato inizialmente a un pubblico giovane (15-17 anni), spostato in
seguito in due festival ("Spot" a
Nantes, e "L'oeil du bouillon" a
Clisson), poi
durante una quindicina di giorni a "L'espace international nantais Cosmopolis"
nello scorso ottobre, l'ingegnoso taxiphone ha fatto sentire dei suoni che hanno
permesso di fare, o rifare, il legame sociale con questa popolazione sempre poco
o per nulla ostracizzata.
Abbelliti con delle musiche originali di Raphael Rialland e David Rambaud, i
documenti audio della durata di 3 a 7 minuti, comportano tanto delle
registrazioni di suoni ambientali – momenti di vita – quanto testimonianze o
spiegazioni "pedagogiche" formulate da una collaboratrice sociale.
Un mezzo di espressione per i Rom
Questo progetto di esposizione audio, da voce a una decina di queste persone. I
montaggi audio approcciano non solo le discriminazioni subite da questa
popolazione (economiche, sociali, culturali, civiche) ma permettono di apportare
uno sguardo umano sulla vita quotidiana di questi nuovi residenti, il loro
itinerario particolare e il loro paese d'origine.
Il progetto ha beneficiato di un aiuto della Regione, di 1.000 euro. Una fiducia da
quel momento rinnovata per l'associazione, la quale da allora, si è lanciata in
un altro progetto, forte di un ulteriore aiuto di € 5'000: "Mother Border", un
documentario muto che deve essere "diffuso e recitato in live", da quattro
musicisti e una lettrice. Una creazione sempre situata in mezzo all'ambizione di
"legare la pratica artistica a una riflessione sociale e cittadina, vicina a una
strategia di educazione popolare". Si tratta questa volta di un lavoro sulla
condizione dei giovani tunisini arrivati in Francia, in seguito alla "Rivoluzione
dei Gelsomini" del 2010-2011.
Per saperne di più:
http://etrangemiroir.org/
Di Fabrizio (del 17/03/2013 @ 09:02:39, in scuola, visitato 1323 volte)
CORRIERE IMMIGRAZIONE 10 marzo 2013 | Cesare Moreno
Nadia, giovane rom, non vuole saperne dei libri... Appunti e riflessioni di uno
storico "maestro di strada".
Lunedì pomeriggio mi trovavo a Cosenza nel Circolo di via Popilia mentre erano
in corso le ultime attività del "doposcuola" frequentato da molti bambini dei
campi Rom. C'è anche Pamela (nome di fantasia, molto diffuso in quella
comunità), madre di Nadia (altro nome di fantasia) che in prima media ha smesso
di andare a scuola prima di dicembre e ora sembra, insieme alla madre, essere
ritornata sui suoi passi. Per sommi capi conosco la sua storia e c'è qualcosa
che non torna nel racconto che mi è stato fatto; quasi distrattamente, ma con
intento provocatorio le dico:
"Perché Nadia non vuole andare a scuola, è lei che non vuole mandarcela!".
Pamela non si scompone:
"Ma no, è lei che da sempre la scuola non gli entra in testa".
"Allora significa che il suo errore è cominciato da molti anni!".
Ancora non si scompone:
"Già alla scuola materna non voleva andare".
"Se è per questo anche mio figlio non voleva andarci, alla fine ha vinto lui,
però poi alla scuola elementare c'è andato. So che anche sua figlia c'è andata".
"Sì ma sempre senza voglia, non l'ha mai accettata".
Interloquisce Franca:
"Ma no! Fino alla quinta andava tutto bene, poi in quinta è successo qualcosa
che non so ed è cambiata".
"Allora, - insisto - è lei che non vuole mandarla, e cosa fa tutto il giorno?".
"Si alza tardi, verso le nove e mezza, poi passa il tempo così. Devo dire che
nei lavori di casa è coscienziosa, li fa volentieri".
Nel frattempo vedo sgusciare all'esterno una ragazzina che intuisco essere lei:
è alta, slanciata, capelli lunghi sciolti, una figura che per quel poco che ho
visto mi sembra di portamento elegante.
Finalmente Pamela reagisce:
"Io ho fatto fino alla prima elementare, poi ho abbandonato. Vorrei che lei
facesse la scuola perché solo le scuole danno il pensare" e si tocca la fronte
con le dita della mano riunite: il gesto che indica il pensare. "Ma lei con la
scuola proprio non si trova".
Poi ripete interrogativamente: "Perché solo la scuola dà il pensare".
Franca ripete che è successo qualcosa in quinta. Io invece resto senza parole; è
la prima volta che sento riassunto in una sola frase ciò che faticosamente, da
anni cerco di ripetere a tanti miei colleghi e compagni di lotta per
l'educazione: la scuola serve innanzitutto a se stessi, a costruirsi gli
strumenti di pensiero. E questa scena non mi esce di mente e continuo a pormi
delle domande, la prima delle quali vi giro: perché Pamela insiste a voler
retrodatare il disimpegno scolastico della figlia, nonostante evidenti prove
contrarie? E lo chiedo perché in migliaia di incontri avuti con i genitori di
allievi "difficili" è una affermazione piuttosto frequente.
La seconda domanda è cosa è successo in quinta, ma soprattutto - mi capita
spesso di fare questa domanda durante incontri formativi con docenti ed
educatori - perché vi interessa tanto il saperlo, perché abbiamo un bisogno
direi ossessivo di sapere "cosa c'è dietro"; non possiamo limitarci a vedere
Nadia come è oggi, a immaginare una figura elegante, mentre invece forse è
sguaiata; a immaginarla silenziosa e discreta quando invece, magari, urla al
disopra di tutte le compagne. Se vogliamo incontrare l'allievo dobbiamo avere
innanzitutto uno sguardo contemplativo, uno sguardo non analitico, che non si
separa da ciò che guarda, che si confonde in esso così come facevano i mistici
nei confronti di Dio: un'assenza di pensiero, uno stato fusionale. Senza questa
contemplazione iniziale ogni altra conoscenza sarà raccolta come dato che
inchioda la persona ai propri parametri oggettivi, ossia ad uno stereotipo
costruito con i paludamenti della scienza che non è scienza e non è neppure
conoscenza personale: è una costruzione mentale artificiosa che deve creare
l'illusione del controllo su una realtà che ci sfugge e ci inquieta.
La terza domanda è cosa significa "alleanza educativa" nel caso di Pamela. Io
credo che la frase: "solo la scuola dà il pensare" è il nucleo di una possibile
alleanza, è il punto in cui Pamela ha espresso un suo sogno. Forse appena cinque
minuti dopo avrà fatto qualcosa per smentire questo nobile proposito. Forse farà
molte cose per smentirsi. Ma il senso di una alleanza è proprio quello di
custodire in due una buona intenzione e di potersi appellare a quella intenzione
condivisa, il poter ricordare l'uno all'altro il comune intento. Alleanza
significa che da quel punto può cominciare una narrazione condivisa.
Quando parlo di queste cose vedo che spesso non ci si capisce, molti dicono che
l'alleanza c'è, ma poi non sanno esemplificare, è più implicita che esplicita,
non è stata formalizzata, non c'è stato un rito officiante. Perché un'alleanza
che non sia sufficientemente condivisa dalle parti non è un'alleanza, ma una
dichiarazione unilaterale che trasforma l'asimmetria di una relazione in una
struttura di potere. E quindi insisto che l'alleanza deve avere dei riti
appropriati, una enunciazione davanti ai testimoni giusti, una scrittura, un
simbolo che ce ne faccia ricordare. Dobbiamo potere in ogni momento ricordare a
noi educatori e ai nostri interlocutori quella parte buona di sé che
nell'alleanza si è impegnata.
La quarta domanda è cos'è che impedisce all'istituzione scuola un dialogo umano
con Pamela? Perché nei confronti di Pamela o c'è il disinteresse o si attiva una
catena persecutoria che le contesterà - come ho fatto io provocatoriamente - di
essere una madre sciagurata, di violare i diritti dei bambini, di eludere le
leggi dello Stato e quant'altro. Cos'è che impedisce alle tante donne che di
mestiere fanno le docenti e le educatrici di empatizzare con questa donna, di
capire che non è all'altezza dei suoi sogni perché è sopraffatta dai bisogni,
perché la sua mente non è libera, perché nessuno le riconosce il pensare -
neppure lei stessa - ed il nostro compito non è inchiodarla al suo piatto
realismo, ma sostenerla con i mezzi del pensiero e della riflessione a
migliorare se stessa. Ecco cosa potrebbe significare fare un lavoro educativo
con i genitori degli allievi 'che la scuola non gli è mai piaciuta'.
Di Fabrizio (del 16/03/2013 @ 09:06:25, in Regole, visitato 1698 volte)
COMUNICATO STAMPA SPOSA BAMBINA: LA MONTAGNA PARTORI' UN TOPOLINO
ROM ASSOLTI DAI REATI DI VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO, RIDUZIONE IN SCHIAVITU' E
MALTRATTAMENTI
Nessuna violenza sessuale di gruppo. Nessuna riduzione in schiavitù, né
alcuna tratta degli esseri umani. Nessun maltrattamento su minorenne. Nessun
matrimonio forzato. E' netta la sentenza pronunciata oggi dal
Tribunale di Pisa nel processo cosiddetto "della sposa bambina".
Ricordiamo brevemente i fatti. Nel 2010 vengono arrestati sette rom del campo di
Coltano: secondo l'accusa, avevano portato in Italia una minorenne kosovara,
costringendola a sposarsi, riducendola in schiavitù e compiendo su di lei abusi
e violenze sessuali. Nel corso del processo, il Pubblico Ministero ha ipotizzato
anche forme di pressione e di violenza psicologica.
La sentenza di oggi ha demolito questo castello di accuse: a carico degli
imputati resta solo il reato di immigrazione clandestina, per il quale la difesa
ricorrerà in appello.
Si tratta però, è bene dirlo, di una condanna che cambia radicalmente il senso
del processo. Era stato disegnato un quadro fatto di rom primitivi e violenti,
dediti allo sfruttamento dei minori e al maltrattamento delle donne; una
comunità in cui i matrimoni sono forzati e la volontà delle spose è calpestata.
Un vero e proprio catalogo dei peggiori pregiudizi sui rom.
Oggi, quel che resta di queste accuse è il semplice ingresso irregolare in
Italia. Un reato che non configura una violenza sulle persone, e che dipende da
semplici fatti amministrativi: solo per fare un esempio, se la ragazza fosse
stata cittadina albanese anziché kosovara, non esisterebbe reato (l'entrata
dall'Albania, infatti, non richiede visto di ingresso).
Ma ciò che è più grave in questa vicenda è il coinvolgimento del Comune di Pisa
e della Società della Salute. Sin dall'inizio, gli amministratori di questa
città hanno utilizzato il processo per diffondere veleni sulla comunità rom. Il
Comune ha condannato gli imputati prima ancora della sentenza: ricordiamo che
una giovane donna è stata sfrattata con i suoi cinque figli (l'ultima di appena
sei mesi) perché coinvolta nella vicenda processuale.
Noi chiediamo che sia restituita la dignità a persone che per mesi sono state
ingiustamente umiliate. Chiediamo al Comune di rispettare la Costituzione, e
quindi di revocare tutte le misure punitive a carico degli imputati (a partire
dagli sfratti), finché non si giungerà alla fine dei tre gradi di giudizio: è
l'unico modo per rimediare ai gravi danni, materiali e morali, inflitti a queste
famiglie.
Il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno alle persone ingiustamente
accusate di crimini odiosi, ma anche alla giovane minorenne kosovara (la
cosiddetta "sposa bambina"): vittima di una vicenda più grande di lei, vittima
di vergognose strumentalizzazioni politiche da parte del Comune.
ASSOCIAZIONE AFRICA INSIEME
Da Agostino Rota Martir
La sentenza di oggi della Corte d'Assise di Pisa sul caso "la sposa-bambina",
assolve tutti e quanti i Rom accusati di quelle pesanti accuse: rapimento,
riduzione in schiavitù, violenza sessuale di gruppo e maltrattamento. In 15
udienze è stato possibile dimostrare la falsità di tali accuse e la loro
inconsistenza, questo grazie anche al lavoro paziente e attento degli avvocati,
che hanno saputo smontare il castello accusatorio.
Ricordo che fin dall'inizio di questa triste vicenda, i rom del campo hanno
sempre sostenuto l'assurdità di tali accuse, ma pochi ci hanno creduto qui a
Pisa, eccetto coloro che hanno voluto conoscere e ascoltare la voce dei Rom.
Anche alcune Associazioni Rom Italiane hanno preferito prendere le distanze!
La stampa locale, diversi operatori del comune, assistenti sociali (quasi tutti)
e amministratori fin dall'inizio hanno sentenziato, condannato, mantenendo anche
un atteggiamento di tortura psicologica verso i rom coinvolti.
L'opinione pubblica è stata infettata dal virus dell'intolleranza, attraverso
gli articoli dei giornali, sopratutto quelli a firma di Candida Virgone, apparsi
su Il Tirreno di Pisa.
Alla luce dell'odierna sentenza sarebbe interessante ed educativo andare a
rileggersi quei "racconti fantascientifici" (orrendi) della giornalista: una
vera vergogna che disonora e offende chi onestamente e con competenza si dedica
a tale attività. (ne tengo copia di questi orrendi articoli)
Gli artefici di questa assurda follia non sono i Rom, come si è voluto far
credere, (giornali parlavano di orrore), ma altri e sopratutto chi era
incaricato di lavorare per la cosi detta "integrazione". Questa follia ha un
nome si chiama "Città Sottili", che in un certo senso ha permesso, incubato, ha
sollecitato e partorito il mostro del pregiudizio, sono molti i complici che a
titolo diverso vi hanno preso parte. Una delle loro colpe è la disumanità che
hanno perseguito per tutto questo tempo, ma ce ne sarebbero altre, altrettanto
gravi..che a suo tempo verranno elencate e discusse.
Di tutto questo è rimasto "solo" il reato di immigrazione clandestina, con il
massimo della pena previsto dalla Legge Bossi-Fini, 5 anni. Sono tanti e questo
ha un po' spento la gioia e la soddisfazione dei Rom e loro famigliari. [...]
Di Fabrizio (del 15/03/2013 @ 09:09:08, in Europa, visitato 1326 volte)
Criticato il percorso d'integrazione sostenuto da Bourgeois -
10/03/13 - 18h01 Source: belga.be - édité par:
Michael
Bouche
Geert Bourgeois (N-VA), ministro fiammingo all'immigrazione, vorrebbe
ottenere dall'Unione Europea l'autorizzazione ad imporre ai Rom di seguire il
percorso fiammingo d'integrazione ("inburgering") anche
in caso avessero la nazionalità di uno degli stati membri. Riportata sabato
dalla stampa, l'idea è stata criticata domenica dal Centro per le Pari
Opportunità.
Il direttore del centro, Jozef De Witte, ha giudicato "poco intelligente",
vale a dire discriminatorio, obbligare i Rom a seguire il percorso sulla base di
una selezione etnica. "Se il ministro vuole imporlo ai soli Rom, dovrà
individuarli ed operare su selezione razziale", ha detto durante la trasmissione De
Zevende Dag.
Il ministro ha risposto di non riferirsi specificatamente ai Rom, ma a tutti
i cittadini dell'Unione Europea. Tuttavia, la sua proposta ha scarse probabilità
di essere autorizzata, viste le norme europee in materia di libera circolazione
delle persone.
Ha anche difeso la politica fiamminga sull'integrazione dalle critiche, in
particolare quelle sul suo carattere vincolante. Ha detto: "Vogliamo rendere le
persone più forti e dar loro una possibilità".
Abruzzo INDEPENDENT di Marco Beef - mercoledì 06 marzo 2013, 21:38 (vedi
anche
L'angolo del cretino, 24 maggio 2012)
Marco Romandini (Lega Nord) e Lorenzo Sospiri (Pdl) denunciati da famiglie
rom per discriminazione razziale
PDL E LEGA NORD DENUNCIATI PER XENOFOBIA. L'onorevole della Lega Nord Marco
Rondini e il responsabile del coordinamento del Popolo delle Libertà di Pescara
Lorenzo Sospiri - anche se all'epoca dei fatti era Federica Chiavaroli - saranno
in tribunale, tra poche ore, per la citazione in giudizio da parte di alcune
famiglie rom (Guarnieri, Spinelli, Di Rocco) e le associazioni Rom
Sinti@Politica Abruzzo e Asgi (Associazione per gli studi giuridici
sull'immigrazione) per discriminazione razziale.
Gli avvocati che hanno presentato la denuncia querela sono Nazzarena Zorzelli,
Daniela Consoli e Michela Manente. La vicenda risale ai fatti successivi
l'omicidio di Domenico Rigante, avvenuto la sera del primo maggio del 2012, per
mano di un commando di rom.
LA MANIFESTAZIONE ANTI-ROM, I COMUNICATI E I MANIFESTI. Il sabato successivo
venne indetta una manifestazione, subito definita "Anti-Rom", a Pescara alla
quale parteciparono, oltre agli ultras del Pescara (Domenico Rigante era membro
dei Pescara Rangers), 2mila persona. Nell'occasione vennero esposti manifesti
contro la popolazione rom, come, ad esempio, quello con la scritta "avete cinque
giorni per cacciarli". L'ufficio stampa della Lega Nord Abruzzo diramò un
comunicato "per l'allontanamento degli zingari da Pescara". Nella
denuncia/querela si fa riferimento anche ai manifesti 6x3, affissi da parte del
Popolo delle Libertà, sui cartelloni del territorio comunale: "Abbiamo mantenuto
gli impegni. Via i rom dalle case popolari".
LA REAZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL. Il fatto sollevò l'indignazione della
comunità internazionale, tanto che anche Amnesty International è intervenuta
sulle autorità italiane affinché venissero prese tutte le misure necessarie per
proteggere la comunità dei rom da intimidazioni e attacchi violenti. L'organizzazione
per i diritti umani ha condannato pubblicamente la violenza razzista,
l'incitamento all'odio razzista e all'odio razziale, ed ha chiesto alle autorità
di avviare immediate indagini e su atti di violenza a stampo razzista.
LA LEGGE MANCINO. La legge Mancino, dal nome dell'allora ministro dell'interno
che ne fu proponente, condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia
nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla
discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. Il
dispositivo all'art.1 prevede: la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la
multa fino a 6.000 euro per chi propaga idee fondate sulla superiorità o
sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di
discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la
reclusione da sei mesi a quattro anni per chi, in qualsiasi modo, incita a
commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi. È vietata ogni organizzazione,
associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla
discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o
gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto
della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro
anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni,
movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei
anni.
Di Fabrizio (del 13/03/2013 @ 09:07:06, in Italia, visitato 1342 volte)
Corriere Immigrazione di Stefano Galieni, 10 marzo 2013
Nel lato oscuro dei grandi eventi che modificano il volto delle città ricade
anche la finanziarizzazione dei rom. Ne parla Alessia Candito nel suo libro Chi
comanda a Milano.
Chi comanda a Milano è un'inchiesta vecchio stile che si snoda attorno agli
aspetti visibili, gli intrecci opachi o letteralmente mafiosi e criminali che
gravitano attorno a Expo 2015. Nel libro, edito da Castelvecchi, Candito
ricostruisce sette anni di azione politica, si fanno nomi e cognomi dei
personaggi che sono stati e sono parte di speculazioni immobiliari, progetti di
cementificazione, devastazione ambientale e urbanistica. Ma in queste pagine si
parla anche dell'utilizzo cinico di rom e migranti.
Cos'è la finanziarizzazione dei rom cui dedica un capitolo del libro?
"La fortunata espressione non è mia, ma di Mario De Gaspari, ex sindaco di
Pioltello e voce critica della sinistra milanese. È stato lui per primo a
denunciare come per trasformare terreni agricoli o vincolati in edificabili
siano stati utilizzati anche gruppi di rom, volutamente tenuti nel degrado più
assoluto e trasformati in bomba sociale per rendere possibile la trasformazione
di destinazione d'uso di un'area o la “ristrutturazione” o “riqualificazione di
una struttura”. Queste paroline magiche devono sempre mettere sull'avviso: nella
maggior parte dei casi nascondono sempre grandi speculazioni a beneficio dei
soliti noti. In più, in omaggio, il centrodestra meneghino otteneva anche
consenso alimentato dalla paura, indotta e relativa al presunto allarme rom".
A suo avviso, c'è un legame strutturale fra la demonizzazione dei rom, che si è
fatta a Milano e in altre città, e le speculazioni edilizie?
"Non ho dati per affermarlo, ma non mi stupirebbe scoprirlo. Del resto, si
tratta di un metodo collaudato. E i grandi costruttori italiani non si sono mai
dimostrati schizzinosi al momento di fare affari: soci improbabili, metodi
ingiustificabili e devastazioni ambientali sono una costante".
Oltre che contro i rom, per anni a Milano sono state emesse ordinanze che
avevano come obiettivo gli immigrati in base a un'idea securitaria della città.
Cosa ne pensa?
"E' paradossale che Letizia Moratti e il suo vicesindaco Riccardo De Corato per
anni abbiano declinato la parabola sicurezza a forza di ordinanze anti kebabbari,
coprifuoco e sgomberi, proprio negli anni in cui più palesemente Milano si è
riscoperta totalmente infiltrata, o meglio colonizzata dalla criminalità
organizzata, in particolare dalla 'ndrangheta. Gli uomini delle 'ndrine – e lo
dicono la cronaca e le inchieste – non solo sono radicati da decenni a Milano e
in Lombardia, ma sono ospiti fissi di salotti buoni e grandi appalti. Del resto,
sono gli unici oggi che abbiano liquidità cash. E per questo risultano molto
graditi".
Oltre alla questione rom, lei accenna al fatto che in molti cantieri si utilizza
manodopera irregolare spesso immigrata. Hai esempi concreti di tale
sfruttamento?
"Ci sono diversi esempi di cui accenno, sono troppe le storie in proposito su
cui vale la pena continuare a indagare, ma non è un'esclusiva milanese. Basta
entrare in un qualsiasi cantiere da Canicattì a Bolzano per vedere come sono
sempre i lavoratori migranti, volutamente tenuti in condizioni di clandestinità,
a doversi sobbarcare i lavori più onerosi per paghe da fame. È in fondo il senso
della Bossi-Fini: creare una manodopera a basso costo, prona ed estremamente
ricattabile".
Che ruolo gioca in tale contesto la presenza delle grandi organizzazioni
criminali?
"Il radicamento delle organizzazioni criminali e della 'ndrangheta, in
particolare a Milano, non è recente, sono più di 40 anni che attraverso
l'istituto del soggiorno obbligato, numerose famiglie si sono stabilite in
Lombardia e in tutto il nord. Hanno avuto a disposizione numerosa liquidità e
sono entrate nell'economia come attori economici, come Mani Pulite insegna.
Molte persone più preparate di me hanno scritto testi molto validi e argomentati
in proposito. Su un dato credo si possa essere tutti concordi. In questo sistema
politico ed economico le 'ndrine giocano un ruolo da protagonista che solo
mettendo in discussione il sistema si potrà modificare".
Cosa è cambiato con la giunta Pisapia?
"Nonostante le elevatissime aspettative, la situazione è cambiata poco o nulla.
Le operazioni cosmetiche non possono bastare".
Di Fabrizio (del 12/03/2013 @ 09:01:45, in Europa, visitato 1616 volte)
Da
British_Roma
EUopserver.com
- BY VALENTINA POP - L'autrice è una giornalista rumena e corrispondente da Berlino per EUobserver
Graffito a Bucarest, che critica l'avidità dei politici locali (Photo:
Valentina Pop)
BERLINO - "Questi fottuti Rumeni. E Bulgari. Invadono i nostri paesi,
abusano della nostra assistenza sociale, rubano i nostri lavori, probabilmente
anche le nostre auto e portafogli..."
Nessuno politico tedesco o britannico lo direbbe così brutalmente, ma il
senso è quello.
I ministri degli interni di Gran Bretagna, Germania, Austria e Paesi Bassi
stanno "cucinando" assieme un piano su come limitare il "turismo del welfare" di
Bulgari e Rumeni.
Eliminare le restrizioni al mercato del lavoro l'anno prossimo? Ma per
carità!
Scrive il Daily Mail, sulla base delle cifre di Scotland Yard, che a Londra
un Rumeno su tre ò è un ladro o un violentatore in carcere. Negli ultimi cinque
anni, sempre a Londra, sono stati arrestati quasi 30.000 Rumeni.
Ma con circa 300.000 arrestati ogni anno, britannici e non, gli arresti di
Rumeni ammontano a circa... il due per cento della cifra totale. E stiamo
parlando di sospettati di crimine, non ancora processati - tra di loro ci
possono essere persone accusate ingiustamente.
La domanda vera è: cosa ha a che fare la libertà di lavorare in Gran Bretagna
con la cattura dei criminali?
E perché i conservatori britannici stanno assecondando il partito anti
immigrati UKIP (United Kingdom Independence Party, ndr.) su questo
tema?
Sul serio i politici britannici sono dell'idea che i Rumeni siano per natura
più inclini al crimine rispetto ad altre nazionalità?
Già stanno giocando con l'idea di restringere l'accesso all'assistenza
sanitaria, ai benefici sociali e al lavoro per i Rumeni. Cosa dobbiamo
aspettarci: cartelli sulle vetrine dei negozi "Vietato l'accesso ai Rumeni"?
Parimenti, il dibattito in Germania sul "turismo del welfare", sta scaldando
particolarmente i conservatori bavaresi. La Baviera sarà il campo di battaglia
per le prossime elezioni regionali e federali il 22 settembre. Ed il tema
dell'immigrazione, paga. Allargamento dell'area Schengen a Romania e Bulgaria?
Lasciare che questi gangster corrotti diventino i guardiani delle frontiere
orientali della UE? Nein!
Il ministro degli interni Hans-Peter Friedrich, conservatore bavarese, ha
persino suggerito il divieto d'ingresso ai Rumeni rimpatriati per aver "abusato"
del sistema tedesco del welfare.
"Quelli che vengono per lavorare sono i benvenuti, ma non possiamo accettare
chi viene qui solo per i benefici sociali", è il mantra favorito di questi
giorni per Friedrich.
Non lo dice, ma si riferisce alle famiglie rom che hanno diritto a circa 200
euro a bambino ogni mese, e di solito hanno diversi figli.
Dato che centinaia di migliaia di Rom hanno passaporti rumeni, il termine
"Rumeno" spesso è un eufemismo al posto del razzista "zingaro".
Come Rumena, è triste che, 24 anni dopo il collasso del comunismo e col sogno
della libertà che finalmente sembrava realizzarsi, Romania e Bulgaria rimangano
i paesi più poveri della UE, con seri problemi sociali e le élite politiche
motivate da interessi meschini. Sì, la corruzione è una questione seria. La
gente npon ha fiducia nella polizia o nei giudici.
Ma ci sono anche paesi in cui la gente sta iniziando a lottare per ciò in cui
crede. In Bulgaria le proteste di pazza hanno appena rovesciato un governo. La
Romania fece lo stesso l'anno scorso.
Protestano contro i politici corrotti, contro le grandi corporation che
distruggono le campagne in cerca di oro o di gas, vogliono piste ciclabili,
parchi per far giocare i loro bambini. Una vita normale.
Allora, Germania e Gran Bretagna, non preoccupatevi, non ci sarà un'invasione
di massa. Piuttosto, una rivoluzione di velluto.
Osservatorio Balcani e Caucaso Romania: nonostante lo humor,
Schengen è lontana - di
Daniela Mogavero 6 marzo 2013
Shutterstock.com
"Qui il tempo è pessimo". "Venite da noi allora!". Botta e risposta all'insegna
dello humor tra Gran Bretagna e Romania. Ma la questione è maledettamente seria
e riguarda la libertà di circolazione in seno all'Ue. Abbiamo incontrato il
ministro degli Esteri rumeno Titus Corlatean
Lo humor inglese ha contagiato anche Bucarest. Forse per seguire il vecchio
adagio secondo cui "chi è disprezzato suole ripagare con la stessa moneta"
oppure proprio per dimostrare un grande spirito di accoglienza e prendere in
contropiede Londra, il governo romeno ha messo in campo una fine e "saggia"
strategia di comunicazione in Gran Bretagna, in risposta ai "timori" inglesi di
una possibile invasione di lavoratori romeni (e bulgari) all'indomani della
caduta delle restrizioni per i lavoratori stranieri.
Un'esperienza ben riuscita ma che non bisogna applicare ovunque in Europa, per
esempio in Italia "non servirebbe", parola di Titus Corlatean, ministro degli
Esteri romeno, secondo cui Roma ha avuto un atteggiamento realmente europeo e ha
dato l'esempio ad altri Paesi Ue. Una frase ancora più "pesante" se paragonata
alla nuova chiusura della Germania all'ingresso della Romania in Schengen,
ultimo capitolo di una lunga storia.
"In Gran Bretagna la comunità romena è ben radicata e dà un grande contributo,
di certo non ha dimensioni simili a quella presente in Italia, ma per ragioni e
obiettivi politici nei mesi scorsi alcuni media hanno lanciato una campagna che
parlava della possibile 'invasione' di romeni e bulgari dal primo gennaio 2014
quando le restrizioni al mercato del lavoro britannico verranno eliminate - ha
spiegato a OBC il titolare della diplomazia romena in visita a Roma - per questo
abbiamo lanciato una campagna a nostra volta: una strategia su due binari, una
per i media e una per la società civile. Punto focale il sense of humor. Abbiamo
invitato i britannici a venire in Romania e quindi a "invadere" il Paese".
Una contro-strategia con slogan come: "Metà delle nostre donne somiglia a Kate.
L'altra a sua sorella". Oppure con cartelloni pubblicitari che facevano
riferimento allo scandalo di cui è stato protagonista il principe Harry,
fotografato nudo in un hotel di Las Vegas: "Il principe Carlo ha comprato una
casa in Romania nel 2005. E qui Harry non è mai stato fotografato nudo".
Per Corlatean la campagna è stata "apprezzata ed è stata saggia: avrà
conseguenze positive". Nei cartelloni che riportavano i simpatici spot anche
l'invito a trasferirsi in Romania in tempi di crisi: "Avete un clima cattivo,
non avete lavoro, non avete casa? Brutta storia. Perché non venite a vivere
qui?".
Secondo i media britannici tra il 2014 e il 2019 potrebbero arrivare in Gran
Bretagna 250mila tra romeni e bulgari, con relative conseguenze sul mercato del
lavoro. E a Downing Street, dove la mossa di Bucarest ha preso in contropiede le
autorità, si valutano altri progetti per dissuadere gli ultimi arrivati tra i
nuovi europei dal trasferirsi perché bisogna sfatare il mito che "le strade
siano lastricate d'oro" nel Regno Unito, ha sottolineato una fonte ministeriale
inglese.
Si pensa a rendere più difficile l'accesso ai servizi pubblici, il rimpatrio
forzato per chi non trova un impiego entro tre mesi, una campagna negativa sulla
mancanza di posti di lavoro e sulle terribili condizioni meteo. Deterrenti
sufficienti?
Un piano "pubblicitario" e di pulizia di immagine del genere non serve invece in
Italia, il ministro degli Esteri Corlatean ne è sicuro al 100%. "In Italia c'è
un ottimo livello di integrazione. Quando vengo qui non riesco a distinguere tra
italiani e romeni. Penso che condividere i comuni valori della latinità faccia
la differenza - ha continuato il ministro - la maggior parte dei romeni in
Italia è ben integrata, paga le tasse, lavora. Si sono verificati casi gravi e
difficili in passato - ha ammesso Corlatean - ma siamo sempre stati a favore di
una dura applicazione della legge, per il resto abbiamo accolto con favore lo
spirito di collaborazione delle autorità e l'eliminazione delle restrizioni per
i lavoratori romeni già dal gennaio del 2012".
Per il ministro questo è ed è stato "un ottimo esempio di quello che dovrebbe
essere veramente l'Europa. L'Italia ha dato un buon esempio ad altri paesi in Ue
in questi tempi ancora così complicati".
Parole forse premonitrici di un peggioramento dei rapporti in Europa. Il fronte
dei contrari a Bucarest e Sofia in Schengen, infatti, ha ripreso corpo e sembra
più agguerrito che mai. La Germania ha dichiarato di essere pronta a porre il
veto sull'ingresso dei due Paesi nell'area di libera circolazione. Il ministro
federale dell'Interno, Hans-Peter Friedrich, si è detto allarmato dal forte
afflusso di rom provenienti dai Balcani e che sono giunti in Germania nei mesi
scorsi per usufruire di benefici sociali.
E proprio il 7 marzo i ministri della Giustizia e dell'Interno dell'Ue sono
chiamati a decidere nuovamente sull'allargamento di Schengen. Berlino, però, ha
già dichiarato battaglia. Se questo ordine del giorno rimarrà sul tavolo la
Germania voterà contro: "Se Bulgaria e Romania insisteranno su una votazione,
l'iniziativa fallirà per il veto tedesco". Nella precedente riunione sul tema
dell'ingresso di Romania e Bulgaria in Schengen era stata l'Olanda a mettere i
bastoni tra le ruote all'allargamento sostenendo che i due Paesi avrebbero
dovuto incrementare la propria lotta e migliorare i propri strumenti contro la
corruzione e il crimine organizzato.
Di Fabrizio (del 11/03/2013 @ 09:04:16, in Italia, visitato 1632 volte)
OPERA NOMADI
DI REGGIO CALABRIA -
COMUNICATO STAMPA
Luigi, un uomo di 46 anni padre di sette figli, lunedì scorso si è tolto la
vita.
Era una persona dal carattere mite che ha sempre lavorato . Da ragazzo ha
imparato il mestiere del carpentiere edile e del muratore e d'allora ha lavorato
in questo settore. Le ditte che l'hanno conosciuto sapevano che si trattava di
un lavoratore serio e capace.
Molto giovane si sposa e forma la sua famiglia dalla quale nascono tre figli.
Dopo qualche anno arriva la separazione, ma i rapporti restano sempre buoni.
Luigi continua a lavorare e a prendersi cura dei suoi figli anche a distanza. Si
rifà una famiglia con una nuova compagna dalla quale avrà quattro figli.
Luigi dà il massimo per la nuova famiglia, ma anche per i figli del primo
matrimonio. Non perde una giornata di lavoro. Durante i giorni di festa o quando
ha qualche giorno libero fa piccole riparazioni per proprio conto per integrare
il salario.
Con il sacrificio del suo lavoro riesce a far fronte alle esigenze di tutti i
figli, ristruttura, un po' alla volta, la sua abitazione e compra qualche mobile
per renderla ancora più bella. Con il suo lavoro non fa mancare nulla a casa.
Ma da qualche mese, con l'acuirsi della crisi economica , comincia a lavorare
di meno. Quello che guadagna non è più sufficiente per provvedere ai bisogni
della sua famiglia, come ha sempre fatto. La crisi è veramente molto dura e
nell'edilizia ha colpito molto forte.
Il fatto di abitare nel ghetto di Ciccarello palazzine, dove gli svantaggi
sociali si sommano e non si riesce ad ottenere alcun aiuto economico, ha
sicuramente peggiorato la situazione.
Negli ultimi giorni era molto triste. Il suo dolore silenzioso lo ha portato
alla tragica decisione di porre fine alla sua esistenza. Lo ha fatto con una
corda al collo e lasciando un biglietto con il quale si è scusato con i suoi
familiari.
Luigi era un uomo onesto e laborioso della nostra città e un membro della
comunità rom. Era uno dei tanti rom che lavorano duramente per portare il pane a
casa con il sudore della propria fronte. Apparteneva a quella maggioranza onesta
di cittadini rom di cui nessun parla.
Quella maggioranza costituita da uomini e donne che lavorano e che, come tutti
gli altri cittadini, soffrono per la crisi attuale. La loro sofferenza è però
più forte, perché sono costretti, come altre persone escluse, ad affrontare la
crisi dallo stato di emarginazione in cui sono stati "relegati".
Il gesto drammatico di Luigi va letto, anche, come una richiesta di aiuto, alla
quale è necessario dare una risposta. Prima di tutto bisogna pensare alla sua
famiglia , la moglie e i figli, soprattutto i più piccoli. Non devono essere
lasciati soli di fronte a questo dramma umano.
Va fatta, poi, una seria riflessione sulla necessità di togliere dai ghetti
questi nostri cittadini.
Reggio Calabria, 9 marzo 2013
Il presidente Marino Giacomo
Di Fabrizio (del 10/03/2013 @ 09:04:23, in media, visitato 1203 volte)
Inserzionisti si ritirano da giornale ungherese dopo le dichiarazioni
anti-rom - Budapest, 5 marzo 2013
Cinque compagnie hanno detto che non daranno più pubblicità al giornale
ungherese che ha pubblicato dichiarazioni estreme contro i Rom.
Il ritiro è la conseguenza della campagna di 24 OnG, che hanno contattato 15
compagnie che pubblicavano annunci pubblicitari su Magyar Hirlap, giornale
ungherese di destra. Le OnG hanno chiesto di considerare la sospensione delle
loro attività pubblicitarie fintanto che il giornale non avesse preso le
distanze dai punti di vista razzisti, omofobi ed antisemiti espressi da
Zsolt Bayer,
che paragonava i Rom ad "animali" e, chiedendo una soluzione, diceva "Devono
essere affrontati - immediatamente e con ogni mezzo necessario."
Erste Bank ha messo Magyar Hirlap in lista nera dopo la lettera delle OnG,
riportando espressamente la motivazione di "agire con più prudenza la prossima
volta" con la propria pubblicità. Ha inoltre sottolineato che la banca non farà
pubblicità su qualsiasi media i cui contenuti "feriscano l'altrui dignità, o
usino toni infiammatori verso qualsiasi minoranza, etnia o gruppo religioso." I
leader di CIB Bank hanno detto che il gruppo CIB si asterrà dalla pubblicità su Magyar Hirlap
e sul suo portale "fino a quando la redazione non condannerà categoricamente lo
scritto di Zsolt Bayer e non assicurerà che le sue pubblicazioni siano libere da
testi che includano espressioni di odio." Anche IKEA, FedEx e GDF Suez hanno
preso le distanze dall'articolo, dichiarando che non prevedono per il futuro
ulteriore pubblicità sulla versione online del giornale.
Di solito le compagnie mettono i loro annunci su Internet tramite pacchetti
di un media buyer, ed alcune non erano a conoscenza che la loro
pubblicità fosse apparsa su Magyar
Hirlap.
Altri inserzionisti hanno risposto in maniera interlocutoria o non
rispondendo affatto. Ora le Ong hanno contattato le case madri e le sedi delle
multinazionali, incluse Telekom e Sodexo, chiedendo loro di prendere seriamente
i loro impegni sulla responsabilità sociale.
Le campagna delle OnG manda un chiaro segnale che le dichiarazioni razziste
contro i Rom non saranno tollerate dal mondo del businesses, e sul rischio di
alienarsi i clienti continuando a sostenere i media che pubblicano materiale
provocatorio o offensivo.
Pubblicato da:
- Amnesty International Hungary
- Artemisszio Foundation
- Autonomia Foundation
- Chance for Children Foundation
- Child Chance Association (GYERE)
- Csillagfény Starlight Foundation
- Dignity for All Movement (coMMMunity)
- Eger Branch of the Fund for the Poors (SZETA)
- Eoetvoes Karoly Institute
- European Roma Rights Centre
- Golden Lily Foundation
- Hattér Support Society for LGBT People in Hungary
- Hungarian Anti Poverty Network
- Hungarian Civil Liberties Union
- Hungarian Helsinki Committee
- Hungarian LGBT Alliance (seven member organisations)
- Hungarian Women’s Lobby
- Krétakoer Foundation
- Labrisz Lesbian Association
- Legal Defence Bureau for National and Ethnic Minorities
- Nograd County Alliance of Gipsy Minority Representatives and
Advocates
- Partners Hungary Foundation
- Polgar Foundation
- Romaversitas Foundation
- Regional Social Welfare Resource Centre Budapest
- Terne Cserehaja Association
Ulteriori informazioni:
Sinan Goekcen
Media and Communications Officer
European Roma Rights Centre
sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324
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