Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 21/04/2007 @ 19:33:10, in Italia, visitato 2560 volte)
Ricevo da Dijana Pavlovic:
Giovedì 19 aprile è stato convocata una seduta del consiglio di zona 3, a
Milano, aperto agli interventi dei cittadini, e annunciata la presenza del
assessore Moioli e di Don Colmegna.
Il tema era il campo nomadi all’interno del parco Lambro (soluzione temporanea
per i Rom cacciati da Opera, e in attesa di una soluzione definitiva). Dato
che era stata annunciata la massiccia presenza di attivisti della Lega Nord, di
AN e dei “comitati cittadini contro i Rom”, e che tra gli iscritti a parlare non
c’era nessuno in nome dei Rom, la consigliera della Lista Fo (che è anche la mia
lista) mi ha invitato ad intervenire.
La prima cosa triste che ho visto entrando, è stata un consigliere di zona con
una maglietta con la scritta: “Zingari in zona 3? No grazie!”.
(vedi foto – “Un uomo può sorridere, ed essere un malfattore!” W. Shakespeare)
Dentro la sala c’erano più di duecento persone che urlavano: Li vogliamo
fuori dalle palle! Portateveli a casa vostra! Don Colmegna non c’era, e mi
hanno riferito che, prima che arrivassi io, l’assessore Moioli aveva tentato di
parlare, ma a causa delle urla disumane, non si era capito nulla di quel che
aveva detto. E questo solo perché aveva tentato di esporre il suo “fantastico”
progetto sugli “zingari”: recintati e controllati a vista, continuamente, ma non
cacciati via, perché questo sarebbe illegale.
Gli interventi dei “cittadini” erano unanimi: “Questa è casa nostra, non
li vogliamo, sporcano, rubano, non vogliamo trattare, se ne devono andare fuori
dalle palle!”.
Qualcuno è arrivato persino al punto di prendersela con l’amministrazione per
aver piantato degli alberi davanti al campo provvisorio, svelando un piano
diabolico: nascondere gli zingari e le loro attività criminali. La protesta
si concretizzava nella geniale proposta di tagliare tutti gli alberi del parco,
a fin di bene, e per la sicurezza dei cittadini onesti. Avendo con questo
raggiunto il mio limite di sopportazione, sono uscita. E fuori ho incontrato
nuovamente il consigliere in “maglietta”, così ho chiesto di poter fare qualche
foto. Forse pensando che fossi una giornalista, il consigliere mi ha dato il
permesso. Sembrava molto contento e orgoglioso. Nessuno ancora aveva capito chi
io fossi. Poi, una signora mi ha riconosciuto: “ Ma è la zingara che ho visto in
televisione!”.. Un’attimo di stupore e di gelo e poi è partito un brusio
generale, che subito è divenuto un frastuono di insulti. Poi mi hanno invitato
ad entrare per il mio intervento.
Avevo preparato un discorso pacifico, nel quale si dice che porto la voce di
tanti Rom di Milano, onesti e lavoratori, pronti al dialogo, al fine di trovare
le migliori soluzioni abitative. Avrei anche voluto dire che le persone contro
le quali si ribellano sono una quarantina di uomini donne e bambini (gli altri
sono stati cacciati via, per una trasgressione del patto di legalità,
ingiustamente - ma questa è un’altra storia), tutta gente per bene, lavoratori,
poveri, ma con il diritto sacrosanto alla dignità umana. Avrei voluto dire che
anche ai Rom non piace vivere nei campi, che chiedono alle istituzioni di
impegnarsi a cercare altre soluzioni, insieme a loro.
Non l’ho potuto dire. Sono stata aggredita verbalmente e, poi, quasi
fisicamente. Sono stata insultata: Zingara di merda! Torna a casa tua! Non ti
vogliamo! Fuori dalle palle!...
Passati i tre minuti che mi erano concessi per l’intervento, la polizia, insieme
a un’altro attivista in maglietta verde, sono venuti da me offrendomi la scorta
per uscire. Ovviamente ho rifiutato, volendo rimanere fino alla fine.[...]. Ho
sentito l’assessore Moioli dire: “Ragazzi calmatevi, questi non rubano, lo
sapete bene, perché questi sono controllati, il problema sono gli altri, quelli
che sono fuori”.
Mi sono vergognata (salvo rare eccezioni), per quella poca gente che dice di
essere di sinistra e che rappresenta la sinistra, in quel consiglio, che ha
applaudito il discorso finale dell’assessore, e che non si sono alzati, non
hanno detto una parola o fatto qualcosa, quando sono stata fortemente insultata.
Ma del resto, nel loro piccolo, dall’interno di un consiglio di zona, loro
seguono la politica della sinistra milanese in generale, che non ha la forza di
alzare la voce contro questa barbarie, e appoggia coloro che vogliono recintare,
controllare, segregare.
A coloro che pensano di poter ignorare o sminuire il razzismo e l’odio gridatoci
apertamente in faccia, e che è come un virus che si sta allargando in tutta la
Lombardia, chiederei una riflessione al di là dei giochi politici, di alleanze e
di “bandierine”: non si è arrivati ad un punto dove è necessario dire basta,
alzare la voce e fare qualcosa? Qual è il limite di sopportazione prima di
condannare, chiaramente e apertamente, quello che sta accadendo? E’ gia accaduto
in passato, di non dare peso a posizioni simili, ignorando segnali precisi di
razzismo e violenza. Sappiamo bene cosa ha portato.
Ma chiederei la stessa cosa a quelli come me, al mio popolo, ai Rom. Qual è il
limite di sopportazione? Possiamo permettere ancora una volta questo virus? Non
ci riguarda tutti quello che sta accadendo, nonostante in questo caso si tratti
di rom rumeni? Non è forse la stessa cosa? Non ci toccherà tutti, e anche
presto? Non dobbiamo ai nostri antenati morti nei lager, a noi stessi e ai
nostri figli, di unirci per una volta e far sentire ed ascoltare la nostra voce?
O aspetteremo come sempre di subire quello che gli altri vogliono e decidono per
noi? La Storia ci dice che hanno sempre voluto e preso decisioni terribili.
Perchè questa volta dovrebbe essere diverso? Perché viviamo in un paese
democratico e in una società civile? Io vengo da un paese che, in tutti questi
anni, ho sentito definire non-democratico, di regime, che negava diritti e
libertà. Ma ho dovuto venire a Milano, per sentirmi dire che avevo bisogno di
una scorta, per il solo fatto di aver dichiarato la mia appartenenza etnica.
Opre Roma!
Di Fabrizio (del 21/04/2007 @ 10:00:06, in Europa, visitato 2641 volte)
La vita è feroce per i Rom di Spagna
By Victoria Burnett
Published: April 17, 2007
MADRID: I Rom in Spagna possono essere stati strumentalizzati nel creare il
flamenco, ma i membri di questa comunità - la più antica minoranza nel paese -
continua ad essere socialmente marginalizzata e soffrire discriminazioni [...].
Una ricerca, commissionata dal Ministero del Lavoro ed Affari Sociali e che
ha coinvolto 1.600 famiglie Rom, dipinge una foto feroce di una comunità di
700.000 persone, dove sono alte povertà e analfabetismo ed il senso di
ingiustizia è pervasivo.
La situazione dei Rom contrasta vivamente con quella dei quattro milioni di
immigrati in Spagna, che trovano confortevole la società che li ha adottati. La
Spagna ha ottenuto in anni recenti il plauso per come è riuscita ad assorbire la
crescente massa di immigrati con relativamente poche frizioni.
"E' preoccupante," dice in un'intervista telefonica Amparo Valcarce, vice
ministro per gli Affari Sociali. Definisce il gap sociale tra i Rom e la
popolazione spagnola come interamente "abissale".
"Queste persone hanno vissuto assieme a noi per 500 anni" dice Valcarce.
"Sono spagnoli, ma non si sono ancora ben integrati."
La popolazione Rom di Spagna - la più vasta dell'Europa Occidentale - forma
il più grande gruppo di minoranza nel paese. Come la più ampia popolazione Rom,
hanno una storia di persecuzioni.
Conosciuti in Spagna come Gitani [...], si ritiene che siano migrati in
Europa dalla regione del Punjab, oggi divisa tra Pakistan ed India, all'inizio
del millennio scorso. Si stabilirono in Spagna circa 500 anni fa, ma vennero
perseguitati per secoli dato che i governanti cattolici tentarono di assimilare
od espellere le minoranze [vedi
ndr].
I Rom sono tradizionalmente concentrati nella regione meridionale
dell'Andalusia, dove hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo del flamenco,
il ritmo pieno di soul che è un'icona dell'arte spagnola. Le melodie e i ritmi
del Punjab portati dai Rom sono considerati una delle influenze che diedero
origine al flamenco, assieme alle influenze arabe, ebree ed andaluse. Ma i Rom
ne incubarono la forma artistica, che ottenne un ampio riconoscimento negli
ultimi 200 anni.
Il nuovo studio sui Rom, reso pubblico la settimana scorsa, è stato
commissionato dal governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero per guidare
i programmi ufficiali tesi ad aiutare la comunità.
Valcarce afferma che un piano lavoro discusso in Parlamento fornirà un nuovo
meccanismo per l'auto-impiego per chi - come la gran parte dei Rom commercianti
ambulanti - per pagare ed ottenere i benefici della sicurezza sociale. Il
governo sta progettando una nuova legge che aiuti e offra tagli alle tasse per
le compagnie che impiegano gente marginalizzata o disabile.
Tre quarti degli intervistati nella ricerca, che è stata condotta
dall'Istituto Nazionale di Statistica, avevano contratti di lavoro a tempo o
lavoravano in proprio. Il 17% hanno ricevuto qualche forma di beneficio sociale,
tre volte la media nazionale.
La ricerca ha mostrato bassi livelli di alfabetizzazione e frequenza
scolastica tra i Rom: il 15% degli intervistati era illetterata e la stessa
percentuale aveva frequentato la scuola per cinque anni o meno.Appena un terzo
ha frequentato la scuola sino all'età minima di 16 anni, e solo lo 0,2% ha
ricevuto educazione universitaria, comparate alla media nazionale del 20%.
Juan de Dios Ramírez-Heredia, a capo della Unión Romaní, una OnG spagnola,
dice che i livelli di analfabetizzazione nella comunità sono vicini al 40%, ma
era dell'80% tre decadi fa, e questo è il risultato dei programmi governativi
che hanno aiutato le generazioni più giovani.
Nella ricerca, in due casi su cinque gli intervistati dicono che il loro
padre era analfabeta e tre su cinque che lo era la loro madre.
"Prima la situazione era spaventosa," dice Ramírez, che si aspetta che i
livelli di analfabetizzazione diminuiscano della metà nei prossimi 6/7 anni.
"Non si vedono cose simili in Ruanda o Burundi."
Secondo la ricerca, il 47% dei Rom considerano il razzismo e la
discriminazione il loro maggior problema. Oltre la metà degli intervistati
afferma di essere stati discriminati quando hanno cercato un lavoro o un
appartamento in affitto.
Quattro su 10 dicono di aver incontrato discriminazioni nella vita di ogni
giorno, come andare a fare la spesa o al bar, in piscina o in discoteca.
Quando succedono fatti come
quelli recenti nella comunità cinese di Milano, ci sono due tendenze: 1) fare il
tifo per una fazione o per l'altra; 2) immaginarsi scenari apocalittici. Si
dimentica sempre che dietro storie simili esiste quasi sempre una mediazione, a
volte invisibile e spesso spontanea, che lavora per affrontare le questioni
piccole e grandi. Credo sia questo il senso della lettera che mi è arrivata e
che pubblico di seguito
LETTERA APERTA AGLI ABITANTI DEL
QUARTIERE PAOLO SARPI
C’e un’altra Paolo Sarpi, oltre a quella descritta in questi giorni dai giornali
e dalle televisioni.
C’è una Paolo Sarpi che non pensa che qui “il clima sia
irrespirabile” e che “la tensione si tagli con il coltello”. Ci sono anche
uomini, donne e bambini italiani che vivono accanto a uomini, donne e bambini
cinesi con curiosità reciproca e con piacere.
Anche noi crediamo che la legalità sia un valore da rispettare e
salvaguardare, sempre e da parte di tutti, italiani e non italiani.
Anche noi riconosciamo l’esistenza di problemi (peraltro di lunga
data), come quello della viabilità, dei marciapiedi stretti, della necessità di
riqualificazione urbanistica del quartiere.
Tuttavia a noi questo quartiere piace, perché è vivace, sicuro,
vario e ricco di stimoli. E riteniamo che i problemi si risolvano con il dialogo
e la collaborazione, non seminando e fomentando discordie, né boicottando
attività commerciali.
Chi vive qui sa che non è vero che tra italiani e cinesi regnino
soltanto tensione e incomprensione: ci sono anche relazioni di buon vicinato, di
scambio culturale, in molti casi di stima e di amicizia. Qualche esempio: il
gruppo di bimbi italiani che studia cinese nella scuola di via Giusti, i bambini
cinesi che frequentano le scuole italiane e le attività all’oratorio; gli adulti
cinesi che studiano italiano e gli adulti italiani che studiano cinese; gli
italiani e cinesi che spesso si vedono insieme per la strada o al bar.
Noi crediamo che sia questa la strada da seguire: non negando i
problemi, ma incrementando i momenti di incontro e di conoscenza già
spontaneamente in atto, lontano sia dall’ intolleranza, sia dalla violenza.
Non fa onore a una metropoli europea far mostra di un
atteggiamento di chiusura i intransigenza.
Polo Sarpi non deve essere considerata un problema, ma un
laboratorio in cui sperimentare strategie di collaborazione, convivenza e
integrazione nel rispetto sia delle leggi, sia delle specifiche identità
culturali, dando vita a progetti comuni che accompagnino il nostro quartiere e
la nostra città verso il futuro.
Alcuni abitanti della zona
Referenti: Cristina Fabbri e Nicoletta Russello
Di Fabrizio (del 19/04/2007 @ 12:53:06, in blog, visitato 1902 volte)
Cosa diventa un caffé quando viene offerto da un rom a un “gagiò’? Come
può un cubo “sonoro” raccontare l’idea di casa dei rom? Come mostrare il tempo e
lo spazio di un campo nomadi? E quali mappe possono visualizzare il campo di
relazioni mobili sui quali sono costruite le identità dei clan?
Domani apre a Milano una mostra interessante:
LA SOGLIA DEL CONOSCIUTO
che dura sino al 12 maggio. Mi piacerebbe andare a vederla, ma sarebbe ancora più
interessante se qualche lettore volesse visitarla assieme per conoscerci meglio.
Fatevi vivi, magari per
email (se
volete).
Di Sucar Drom (del 19/04/2007 @ 09:29:30, in blog, visitato 2234 volte)
Trieste, a forza di essere vento
Il Centro Studi Libertari e la Cattedra di Storia dei partiti e dei movimenti
politici dell'Università di Trieste invitano alla presentazione del doppio dvd
"a forza di essere vento", edito da Edizioni A. Agli eventi parteciperà di uno
dei curatori della pubblicazione, Paolo Finzi della redazione ...
La
deriva rambista delle Polizie Locali
Da sempre le forze di polizia usano e abusano della discrezionalità insita nei
loro poteri, a fin di bene dicono alcuni: sino alle discriminazioni razziste
e all'arbitrario violento, raccontano tante vittime e testimoni (anche fra gli
stessi agenti).
Dall'inizio degli anni '80 in quasi tutte le polizie municipali delle grandi
città è invalsa la moda di creare unità speciali per perseguitar...
Vicenza, Forza Nuova e Azione Sociale manifestano contro i Rom e i Sinti
Mentre la Mussolini a Bari esponeva una posizione ferma riguardo ai campi Rom.
"Se sono nomadi devono andare, se sono stanziali possono rimanere e pagare le
tasse", a Vicenza le Sezioni Locali di Azione Sociale e Forza Nuova vuotavano un
sacco di spazzatura nell'insediamento dei Rom Khorakanè, residenti in via ...
Russia,
foto di un matrimonio rom
Caterina Cecchini, di Samovar, segnala il sito EnglishRussia che vi invitiamo a
visitare, dove sono pubblicate una serie di fotografie di un matrimonio rom in
un villaggio non lontano da San Pietroburgo.
Contrariamente a quanto avviene in I...
Chiari
(BS), i diritti calpestati dei più deboli
Invitiamo tutti a Chiari per partecipare all'assemblea pubblica "i diritti
calpestati dei più deboli" che si terrà venerdì 20 aprile 2007, a partire dalle
20.30, nella Sala della Fondazione "Bettolini", in viale Cadeo.
L'incontro è organizzato per discutere della grave situazione creatasi nel
Comune di Chiari, negli ultimi anni. L'attuale ...
Il
videoracconto della costituente del comitato Rom e Sinti Insieme
Da alcuni giorni è disponibile su internet un primo cortometraggio sulla
costituzione del Comitato Rom e Sinti Insieme, avvenuta a Mantova il 24 marzo
2007. Ringraziamo Giovanna Di Lello che ha ripreso e montato il cortometraggio e
Alessio Tessitore che l'ha supportata nelle riprese.
Nel cortometraggio sono evidenziati gli interventi dei promotori del comitato
Yuri Del Bar (Sucar Drom), Rad ...
Milano,
comunicato stampa del coordinamento "no patto di legalità"
«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra
Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri
dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un
Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col
pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione.» (Piero Calamandrei, Discorso
ai giovani sulla ...
Di Fabrizio (del 18/04/2007 @ 10:04:20, in lavoro, visitato 2655 volte)
Ricevo da romlavoro
ROMA MULTIETNICA
guida alla città multiculturale
L'opera Nomadi e il V° Dipartimento del Comune di Roma presentano, giovedì
19 aprile alle ore 12 in Campidoglio – Sala degli Arazzi, la Conferenza
Stampa di Raffaela Milano Assessore alle Politiche Sociali Comune di Roma Franco
Alvaro Direttore V° Dipartimento Comune di Roma per la presentazione del primo
contratto di lavoro per le donne Rom/Sinte di Roma nel laboratorio di stireria e
piccole riparazioni sartoriali.
Saranno ospiti d’onore come amici del popolo Rom/Sinti della Capitale:
Adriana Spera (Presidente Commissione Elette Comune di Roma),
Salvatore Geraci (Area Sanitaria Caritas Diocesana),
Susanna Placidi (Comunità S.Egidio).
Sarà presente il Sottosegretario alle Pari Opportunità Donatella Linguiti ed Il
Segretario Regionale della FILTEA-CGIL Sergio Leoni.
Presentazione abiti della Sartoria Romanì, lavori della sarta Rumrì Concetta
Casamonica di Porta Furba e delle Romnià Rumunke della Comunità di Magliana
Vecchia.
La prima cooperativa di sole donne rom e sinte in italia.
Cooperativa Baxtalo Drom
via Alessandro della Seta 20 00178 Roma
tel. 06-72671701
mailto:baxtalo_drom@yahoo.it
Di Fabrizio (del 18/04/2007 @ 09:00:06, in scuola, visitato 1949 volte)
Lo lancia il Ministero della Pubblica istruzione. Scadenza il 15 maggio
2007
Quali sono le buone pratiche di comunicazione fra le famiglie straniere e il
mondo della scuola? L'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del
Ministero della Pubblica istruzione lancia un concorso per le scuole, il
concorso "La famiglia interculturale" che mira a valorizzare e promuovere
tutti quei progetti in supporto del miglioramento della comunicazione e della
interazione tra le famiglie di studenti italiane e quelle di origine straniera.
L'obiettivo è quello di fare emergere a livello nazionale ogni iniziativa di
dialogo e conoscenza reciproca, al fine di promuovere l'integrazione sociale tra
le famiglie italiane, straniere, rom, sinti e di altre minoranze
etnico-linguistiche.
Il concorso è rivolto alle scuole elementari, medie e superiori in Italia.
Insegnanti e studenti potranno presentare proposte e progetti focalizzati sul
campo dell'educazione interculturale. Saranno prese in considerazione anche
proposte progettuali che mirino al coinvolgimento e la comunicazione
interculturale tra italiani e stranieri, realizzate anche al di fuori del
contesto scolastico.
Sono previsti 9 premi di 2.000,00 ciascuno. Le migliori proposte potranno essere
integrate in una pubblicazione dell'UNAR sulla prevenzione della discriminazione
razziale in ambito educativo.
Tutte le proposte progettuali dovranno pervenire presso la sede dell'UNAR entro
il 15 maggio 2007.
Leggi il bando qui.
Per maggiori informazioni:
UNAR - Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali
Largo Chigi, 19 - 00187 Roma
tel 06.67792267- fax06.67792272
e-mail:
antidiscriminazioni@pariopportunita.gov.it
Di Fabrizio (del 17/04/2007 @ 09:30:58, in Italia, visitato 2592 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Vi voglio presentare la verità dell’accumulo di vari tipi di mondezza
abbandonati in via Dell’Idrovora a Coltano, nei pressi del “campo nomadi”, dove
prima c’era un bellissimo parco naturale.
La verità è che cittadini italiani e stranieri hanno approfittato nella loro
malafede e hanno buttato la spazzatura nel bosco, a sinistra e a destra lungo la
strada in via Idrovora che parte dall’Aurelia e arriva a Coltano, sperando come
tante volte è successo, di scaricare sulle spalle degli “zingari” il torto.
Lì sono state buttate gomme usate, quando nessun “zingaro” è gommista,
ci sono anche stoffe di sarto, e nessuno di noi fa il sarto,
e non manca materiale edile, quando nessuno di noi è muratore.
Tantissimi di noi lavorano nella raccolta di ferro, e lì non c’è del ferro
abbandonato.
Sappiamo che il pregiudizio sugli “zingari” è ancora enorme, e noi continuiamo
ad essere accusati e discriminati, quindi sopportiamo di essere “sorvegliati con
telecamere”, perché vogliamo dimostrare la verità.
Spero che in futuro si cambieranno le visioni su di noi “zingari”, e voi
“gagjiè” (i non zingari) non mostrerete la vostra “cultura”, evitando di buttare
la vostra spazzatura vicino a noi.
Così arriverà il momento di vivere come tutti i cittadini normali non
“sorvegliati con telecamere”!
Grazie dell’attenzione e distinti Saluti,
Etem Dzevat
Presidente A.C.E.R.
Coltano (PI), 14 Aprile 2007
altre storie di
spazzatura
Di Fabrizio (del 16/04/2007 @ 09:55:27, in Italia, visitato 2024 volte)
Li chiamiamo nomadi, ma ormai sono stanziali da tanti anni. E li consideriamo
stranieri, mentre la maggior parte di essi è italiana da generazioni. Luoghi
comuni sulle comunità rom e sinti presenti nella nostra Provincia. Pregiudizi
che una ricerca promossa dalla Provincia di Venezia e realizzata dal Coses prova
ora a sfatare.
Si chiama "E per patria una lingua segreta" il volume realizzato dai due
ricercatori del Coses Stefania Bragato e Luciano Menetto per conto della
Provincia di Venezia, assessorato alle Politiche sociali. Una ricerca che mai
fino ad oggi era stata realizzata sul territorio veneziano.
«Siamo partiti dalla constatazione che, con la chiusura di quasi tutti i campi
nomadi veneziani, oggi la comunità è pressoché invisibile», spiega l'assessore
provinciale alle Politiche Sociali Rita Zanutel. Oggi, infatti, rimane aperto il
campo di via Vallenari, con tutte le problematiche legate al suo prossimo
spostamento verso Favaro. Non a caso proprio i sinti di questo campo nomadi
(vedi articolo a fianco) sono stati gli unici a non prendere parte alla
realizzazione della ricerca, rifiutando di farsi intervistare.
La ricerca si è sviluppata attraverso interviste a "testimoni privilegiati", in
particolare gli assistenti sociali dei comuni della Provincia, che più di tutti
intercettano le richieste dei nomadi, insieme agli operatori scolastici. E poi
attraverso interviste dirette ai protagonisti.
«Ci siamo chiesti - prosegue l'assessore - dove sono oggi le persone che
vivevano nei campi, come vivono, che percezione hanno della comunità residente e
viceversa».
Invisibili all’anagrafe. Da questo punto di partenza si è sviluppata
l'indagine che approfondisce più gli aspetti qualitativi che quantitativi.
«Avevamo chiesto agli uffici anagrafe dei vari comuni se tra la popolazione
straniera risultassero rom o sinti, ma solo quattro comuni hanno dato risposta
affermativa, mentre noi sapevamo per certo che anche in altri comuni
(incrociando altri dati) vi era la loro presenza», aggiunge Zanutel.
Dati certi, dunque, non ce ne sono. Anche se la stima, incrociando diverse fonti
ha fornito questi risultati: 1466 rom e sinti in tutta la Provincia, di cui 898
residenti, 111 stranieri e 399 minori. Gli italiani sono 653, i kosovari 359 e i
provenienti dalla ex Jugoslavia sono 156.
A questo punto, raccolte le interviste degli assistenti sociali, agli insegnanti
che lavorano in scuole dove frequentano ragazzi rom o sinti, e quelle ai
"nomadi" stessi, sono emersi i primi risultati. «Si tratta soprattutto di
preconcetti che grazie a queste interviste sono via via caduti», spiega Luciano
Menetto che con Stefania Bragato ha realizzato la ricerca.
Il primo preconcetto è che i nomadi sono ormai stanziali. «Noi gagé, cioè noi
non nomadi come siamo chiamati nella loro lingua, crediamo che siano ancora
comunità in movimento, mentre sono stanziali e da molti anni». A questo si lega
un altro giudizio errato, quello cioè che tutti loro amino vivere nei campi e
nelle roulotte: «Non è vero. Molti desiderano una casa». Infine, terzo
preconcetto sfatato, quello che siano quasi tutti stranieri: «Sono invece in
prevalenza italiana e lo sono da generazioni».
Il conflitto generazionale. Sono però comunità in conflitto. «Uno dei
dati che emerge - aggiunge l'assessore Zanutel - è il fatto che vivono la
perdita di identità con profondo disagio. E non mancano i conflitti, soprattutto
tra vecchie e nuove generazioni.
I ragazzi che frequentano la scuola guardano a un modello di vita che i genitori
non capiscono. In particolare le ragazze: esse chiedono di proseguire gli studi
e non vogliono sposarsi giovani come prevede invece la loro cultura».
Una lingua che unisce. Un altro aspetto che emerge dalla ricerca e che dà
il titolo al testo è quello legato alla lingua: queste comunità sono diverse al
loro interno, anche divise da stili di vita diversi. Ne è un esempio il fatto
che gli italiani benestanti, con case di proprietà, non condividono che i
kosovari arrivati da poco accettino anche lavori umili. Eppure, al di là di
queste divisioni, esiste un elemento che unifica e preserva l'identità: la
lingua romanes, un codice solo orale trasmesso di generazione in generazione e
che viene parlato da tutti. «Sono poche ormai le tipicità che contraddistingono
rom e sinti. Una di queste è certamente la lingua», conferma il ricercatore del
Coses. Ed è una risorsa che non vogliono perdere. «Uno degli impegni che ci
siamo presi - conclude l'assessore Zanutel - è la conservazione della lingua
romanes, anche attraverso la sua trasposizione scritta».
Serena Spinazzi Lucchesi
Tratto da Gente Veneta , no.15 del 2007
Di Fabrizio (del 15/04/2007 @ 09:19:50, in media, visitato 2146 volte)
“LA SOGLIA DEL CONOSCIUTO”
Mostra di Alessandro Quaranta
Sala Boccioni- p.le Arduino 4 - MILANO
Apertura: lunedì-venerdì 9-14 sabato 9-18 – chiuso domenica e festivi Chiusura: sabato 12 maggio 2007
VISITE GUIDATE GRATUITE
vernissage venerdì 20 aprile 2007 , ore 18.00
Presentazione di Gabi Scardi
Cosa diventa un caffé quando viene offerto da un rom a un “gagiò’?
Come può un cubo “sonoro” raccontare l’idea di casa dei rom?
Come mostrare il tempo e lo spazio di un campo nomadi?
E quali mappe possono visualizzare il campo di relazioni mobili sui quali sono costruite le identità dei clan?
Queste alcune domande che Alessandro Quaranta, artista torinese che da anni opera sull’intreccio dei concetti di casa/relazione/viaggio/rito, si è posto corso delle proprie ricerche; domande che sono poi risuonate nell’ambito del laboratorio da lui condotto con un gruppo di studenti all’interno del Liceo artistico Boccioni.
Alessandro Quaranta è uno di quegli artisti attenti ai nuovi contesti e ai nuovi valori, alle istanze sociali e alle trasformazioni in corso nel proprio tempo. Temi centrali del suo lavoro sono le appartenenze, le differenze, la cittadinanza, i meccanismi d’inclusione e d’esclusione; e poi gli stili di vita, l’abitare.
Attento alle relazioni, Quaranta si mette in gioco personalmente, non ambendo a lavorare “per” il pubblico, ma “con” un pubblico che si fa partecipante.
Oggetto primario della sua osservazione negli anni recenti è l’area sensibile costituita dalle comunità di Rom che abitano sul territorio italiano. Estremamente vulnerabili, i Rom vivono in situazioni di assoluta precarietà, la loro esistenza relegata al margine delle città e della collettività. Eppure, di fatto sconosciute, queste comunità sono percepite come una grave minaccia.
La pericolosità attribuita loro ha a che fare, prima che con la realtà dei fatti, con la percezione che se ne ha come di persone apparentemente incollocabili, indefinibili e per estensione, incontrollabili, quindi socialmente destabilizzanti.
Lo sguardo che a essi Quaranta rivolge è discreto, disponibile, attento, empatico, consapevole del limite costituito da un’oggettiva differenza di condizioni di vita, ma capace di esprime altro sia dall’atteggiamento analitico da studioso, sia dagli atteggiamenti assistenziali o emergenziali con cui normalmente queste comunità vengono avvicinate.
Le sue opere dicono un’appartenenza culturale, un coacervo di storie, di vite, di esperienze; ma anche l’assurdità di esistenze che trascorrono tra infrastrutture insufficienti, trasferimenti forzati, disagio assoluto, e che tutti tendiamo a non voler vedere.
Oltre a indagare una specifica realtà e a suggerire la necessità di un approccio empatico e non valutativo, Alessandro Quaranta pone implicitamente una questione fondamentale, quella dello sguardo.
Come vediamo l’altro? Chi guarda e chi è guardato? E l’artista dove si colloca? .
L’intervento di Alessandro Quaranta presso il Liceo Boccioni nasce in relazione alla mostra “Wherever we go” tenutasi presso lo spazio Oberdan di Milano.
La mostra affrontava il tema delle relazioni interculturali e asseriva un’idea di identità e di cultura definite non solo in base a una radice geografica ma soprattutto come prodotti di esperienze e di relazioni; identità e di cultura come istanze non fissate una volta per tutte, ma vive e mobili, capaci di resistere alle semplificazioni e alle classificazioni. Il tema è stato ulteriormente affrontato sotto forma di dialogo attivo attraverso il progetto realizzato dall’ANISA, sezione di Milano, grazie al sostegno della Provincia di Milano, presso i tre licei milanesi: Boccioni, Berchet e Gentileschi.
Nell’ambito di questo workshop gli studenti del Liceo artistico Boccioni si sono confrontati con Alessandro Quaranta, che ha fornito loro spunti critici utili a orientarsi rispetto a un tipo di approccio artistico che si inserisce a pieno titolo nell’arte contemporanea.
Ne sono emerse riflessioni e abilità critiche. Opere degli studenti saranno esposte nell’ambito della mostra insieme ad alcune installazioni di Alessandro Quaranta.
Alle finestre della scuola si affacceranno 70 bandiere realizzate dagli studenti per comunicare all’esterno la percezione di sé.
Nel catalogo, che sarà presentato il 1 giugno 2007 in occasione del Premio Boccioni, saranno presenti anche i percorsi paralleli ideati dalle altre due scuole coinvolte nel progetto “Incontriamoci a scuola”
il Liceo classico Berchet con le conferenze propedeutiche al contemporaneo che, a cura di Cesare Badini, spaziano dalla fotografia alle radici del moderno a Milano (saggi di Roberto Mutti, Cesare Badini e Anna Menichella).
Con gli allievi dell’ITT A.Gentileschi invece, sotto la guida di Pia Antonini e di Riccardo Canova, è stato sperimentato l’approccio metodologico incentrato sull’”Epistemologia operativa”: Tale metodo, che designa una strategia di esplorazione attiva dei processi di costruzione della conoscenza, finalizzata alla presa di consapevolezza dei propri processi cognitivi, (http://it.wikipedia.org/wiki/Epistemologia_operativa) ha permesso di approfondire alcune tematiche della mostra e di sollecitare una riflessione personale e di gruppo sul proprio modo di rapportarsi a concetti come l’appartenenza e l’identità.
Referente critico: Gabi Scardi
Ideazione e coordinamento: Gabriella Anedi, Laura Colombo, Glauco Mambrini, Claudio Zanini
Hanno collaborato i docenti Fiorella Iori, Marisa Settembrini, Emanuela Volpe
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Per informazioni: Liceo Boccioni
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