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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/08/2007 @ 09:29:07, in conflitti, visitato 2603 volte)

Da La Voix des Rroms

Domenica scorsa, quattro giovani rroms di Sofia (Bulgaria) sono stati attaccati da skinheads. Uno di loro si è trovato all'ospedale con una mandibola rotta. Il giorno dopo, una sommossa è cominciata nella zona di Fakulteta, un ghetto dove vivono i giovani rroms. La polizia ha fermato quattro Rroms sospettati di avere incitato questa sommossa dove circa 300 Rroms avrebbero cercato la rivalsa. Le autorità poliziesche, ministro dell'interno in testa, garantiscono che metteranno fine immediatamente a qualsiasi velleità di conflitto.

La zona di Fakultèta è conosciuta per la povertà estrema dei suoi abitanti rroms, vittime di una eesclusione e di una ghettizzazione totale. Secondo l'agenzia di stampa a Focus, Rroms, armati di bastoni e di coltelli, avrebbe gridato "morte ai bulgari", di fronte alle forze di polizia che hanno loro impedito di partire verso la zona dove aveva avuto luogo il litigio all'origine della sommossa.

Con elezioni locali previste per l'autunno, è difficile fare la selezione delle informazioni secondo la loro veridicità. La Bulgaria passa per lo stesso fenomeno della Francia in 2002. Volen Siderov, il capo di Ataka, movimento di destra estrema, è arrivato al secondo turno. Fra gli slogan gridati nelle sue riunioni, c'era anche: "Trasformiamo i zingari in sapone!"

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Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3396 volte)

08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent

I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione, ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze non ha mai frequentato la scuola.

TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.

Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.

Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.

Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom, termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".

"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22 anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."

Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica fonte di reddito è l'accattonaggio.

Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una OnG chiamata Children of the World.

La vita è più dura

Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato drammaticamente.

Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.

Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.

"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e determinati gruppi ne soffrono."

Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della Banca Mondiale.

Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano gli esperti dello sviluppo.

Età del matrimonio, tassi di nascita

In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli uomini Rom è di 21.

La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed infantile, dicono le Nazioni Unite.

Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il 70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.

Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e sistema di credenze.

"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani, assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano al domani."

Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del comunismo.

Meno anni a scuola

Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di scolarità. Oggi la media è meno di 4.

Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra i Rom siano più alti della media nazionale.

La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori chiedono soldi.

"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via," dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza denaro.

Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per andare nella confinante Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è dispiaciuto dover tornare in Albania.

Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.

In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in ospedale.

Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.

"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere come voi."

Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent. Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be published in November by Atria Books.

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Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:05:53, in media, visitato 1841 volte)

Parla molto di noi la questione "zingara"
Alberto Burgio

Ciclicamente, come le polemiche sui morti della strada o i roghi estivi (esempio non casuale), riesplode la questione dei campi nomadi. Che ci sia di mezzo il morto (i morti, come i bimbi arsi vivi a Livorno in quello che pare un ennesimo atto criminale) o le gesta squadriste dei padani (come l'anno scorso a Opera), cambia poco. Sta di fatto che di questa questione è impossibile liberarsi. Per nostra fortuna.
Perché? Perché la questione degli «zingari» parla di noi. Qualche giorno fa sul manifesto Enzo Mazzi diceva degli intrecci tra la loro e la nostra cultura. Si potrebbe scavare ancora e scoprire che c'è un legame profondo tra l'esperienza (e il disagio) della stanzialità e l'esperienza (lo stereotipo) del nomadismo. Che diventa un'icona del rimosso e catalizza (qui c'è una convergenza con l'antisemitismo) i furori razzisti della civitas christiana.
Ma non parla di noi solo per questo, la questione «zingara». È parte integrante della nostra storia politica. Di noi italiani (italiani come e non più delle decine di migliaia di rom e sinti cittadini di questa Repubblica), di noi europei (come altre decine di migliaia di rom e sinti e camminanti che vivono nelle nostre città). Faremmo bene a ricordarcene, e invece ce ne dimentichiamo. Perché si tratta di pagine cupe e pesanti come pietre.
La prima riguarda le guerre «umanitarie» nei Balcani. I rom di origine jugoslava (bosniaca e kosovara) sono profughi di quelle guerre di cui l'Italia fu sciagurata protagonista. Sono sfuggiti a vendette e «pulizie etniche» che hanno via via assunto le proporzioni di un pogrom. Si imporrebbe quindi, per cominciare, un bilancio serio dei conflitti che insanguinarono la Jugoslavia lungo gli anni Novanta. Un bilancio che non rimuova la destabilizzazione che li preparò con l'intervento di formazioni terroristiche sotto copertura occidentale.
La seconda pagina del nostro album riguarda le sistematiche persecuzioni inflitte a sinti e rom dopo l'89 in tutte le loro terre d'origine, dalla Slovacchia alla Boemia, dalla Moldavia alla Cechia, all'Ungheria, alla Romania. Nell'indifferenza generale della civile Europa.
La terza (sfondo alle altre) concerne lo sterminio nazista, cui il nostro paese partecipò con leggi e deportazioni. Si diceva delle convergenze con l'antisemitismo. Nel 1936 il Reich equiparò gli «zingari» - emblema di «asocialità» - agli ebrei. Lo sfondamento della Wehrmacht a est fu l'inizio di un calvario che mise capo allo sterminio di mezzo milione di sinti e rom. Ma anche l'Italia fece la sua parte. La persecuzione dei rom prese avvio qui, nei primi anni del fascismo. E le leggi del '38 riguardarono anche gli «zingari», non solo gli israeliti.
Storia? Non soltanto. Alla base di queste nefandezze operarono stereotipi che ancora impregnano le nostre discussioni. Di questo popolo si dipinge un ritratto che non è il suo. I rom jugoslavi avevano le loro case prima che esse venissero sottratte loro a forza. E all'est vivevano sì in condizioni disagiate, ma con un grado di integrazione che noi neppure immaginiamo.
Ma a chi interessa capire se urge giudicare? Si dice del degrado dei campi nelle nostre periferie. Quei campi che tanto spiacciono al cattolico onorevole Casini, ansioso per il decoro delle nostre «grandi città». Quei campi per i quali il democratico sindaco di Torino (come tanti altri dell'Unione, da Roma a Pavia) invoca «poteri straordinari» per i prefetti e interventi «anche oltre le regole pubbliche», pur di «ridurre il numero di rom». Allora bisogna dirlo chiaro: i campi come li conosciamo in Italia non si trovano in altri paesi europei perché altrove i rom vivono in comuni abitazioni grazie a un efficace sistema di sostegno, nel pieno rispetto delle regole.
Dopodiché siamo d'accordo: le prediche non bastano e nemmeno basta la memoria (che pure è un dovere politico, oltre che morale). Dunque che fare? Non si può scantonare da alcuni punti fermi. I rom rumeni non sono extracomunitari, sono europei come tutti gli altri. I rom italiani (70 mila) sono cittadini italiani, come tutti gli altri. A qualcuno potrà spiacere, ma è così. Quindi nessun diritto speciale, nessun trattamento ad hoc. Quanto agli apolidi, essi sono profughi, protetti dalla Costituzione, che riconosce loro (ancora) il diritto d'asilo. Piuttosto chiediamoci: quale risarcimento pensiamo si debba ai rom immigrati nel nostro paese l'Italia, oggi accusata dalla Ue di non applicare la direttiva «contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche», ieri in prima linea nelle guerre balcaniche?
Veniamo al Kosovo. In questi anni, pur controllando militarmente parte del territorio, l'Italia non è stata in grado (per responsabilità bipartisan) di tutelare la presenza dei rom nella regione. Nel Kosovo di oggi, protettorato militare e luogo di loschi incontrastati traffici, le minoranze (i rom, ma anche la piccola comunità ebraica) non hanno possibilità di sopravvivenza e sono costrette a esodi di massa, che riversano centinaia di migliaia di persone nel resto dell'Europa e in particolare in Italia. Domanda: dopo aver bombardato case, ospedali e infrastrutture civili, dopo aver consegnato il territorio alla mafia kosovara (per tacere dello scandalo degli aiuti umanitari, delle tonnellate di beni di vario genere destinati alle popolazioni balcaniche e rimasti a Bari, dei legami con la malavita meridionale), quali programmi sociali ci impegniamo a sostenere? Quale tutela dei tesori storici e artistici, quale difesa delle minoranze, della vita e della cultura di ognuno?
Le forze di occupazione in Kosovo (di questo ormai si tratta) preferiscono assecondare l'irredentismo schipetaro-albanese e gli appetiti degli americani (che intanto hanno installato, in funzione antirussa, la più grande base militare della regione). In questo quadro si gioca la partita dell'indipendenza formale del Kosovo albanesizzato, per la quale anche il nostro governo pare propendere.
Non si finga di non sapere che, ove venisse concessa, l'«indipendenza» cancellerebbe qualsiasi possibilità di convivenza democratica e paritaria tra le popolazioni della regione. E negherebbe ai rom ogni speranza di fare ritorno nella propria terra.
Non si faccia il solito doppio gioco di causare disastri e poi lanciare accuse per le loro conseguenze.

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Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:00:53, in Italia, visitato 1747 volte)

Ricevo sempre da Agostino Rota Martir

Se fosse avvenuta una tragedia simile ad una famiglia Livornese, mettiamo il caso dei genitori assenti perché occupati a lavorare fuori casa, o perché usciti per fare una veloce spesa al negozio più vicino, o per parlare con dei vicini…i loro bambini lasciati soli in casa davanti alla TV, e durante la loro assenza scoppia un incendio per una qualsiasi fatalità che provoca la morte di qualche bambino, ebbene come avremmo reagito se un P.M. decidesse di arrestare quei genitori con l’accusa di abbandono, condotti in carcere, messi in isolamento per una intera settimana, perché: “I bambini erano stati lasciati soli e con molta probabilità con il forno della cucina acceso…che per cause ancora da chiarire ha provocato l’incendio, quindi sui genitori pesano delle gravi responsabilità, perché al momento del rogo questi non sono intervenuti per tentare di mettere in salvo la vita dei loro figli, perché assenti.”

Quale sarebbe stata la nostra reazione?

Immagino che si sarebbe levata una ondata di sdegno contro quel Giudici disumani, accusandoli di insensibilità, l’assurdità della Legge che non solo ignora la causa principale della tragedia, ma addirittura impedisce ai genitori di poter piangere la morte dei loro figli… non ci apparirebbe tutto questo come un accanimento da condannare?

Ma è ovvio che questo non succederà mai se in questione c’è una “nostra famiglia”.

La cittadinanza senza alcuna eccezione, si stringerebbe attorno ad essa per piangere insieme la morte dei loro piccoli, mostrando la necessaria compassione e umanità come è giusto e doveroso in questi casi.

E’ una cosa normale.

Mi chiedo, allora perché la cittadinanza Livornese (ma non solo lei), eccetto qualche persona, non è stata capace di manifestare quegli stessi sentimenti di compassione cristiana e di umanità con la famiglia Rom coinvolta in questo dramma.

Perché in questi giorni non siamo stati capaci di piangere insieme ai famigliari Rom, che con pazienza ancora attendono invano di poter entrare nel carcere delle Sughere, per abbracciare e consolare gli affranti genitori?

Perché arriviamo ad impedire che il dolore di queste famiglie Rom potesse manifestarsi liberamente, anzi ci appare normale che questo dolore resti addirittura recluso dietro le sbarre di un carcere, volendo tenerlo a distanza in una specie di “fuori luogo”, forse per timore di contagiare le nostre coscienze?

Insieme ai campi Rom, ai loro accampamenti sempre provvisori e precari, insieme alle loro stesse vite, anche il dolore è condannato ad essere un ulteriore “fuori luogo”, che imbarazza se messo in prima pagina, meglio censurarlo e consegnarlo alla giustizia.

E’ forse normale questo?

Come se il loro dolore fosse diverso dal mio, come se il nostro fosse più vero di quello di una madre e di un padre Rom.

Lo dobbiamo ammettere: siamo arrivati tranquillamente a credere in questa assurdità!

Quali i motivi che ci fanno toccare così alti livelli di disumanizzazione?

Una tragedia del genere che doveva richiamare il silenzio, invece si è scatenato addosso ogni sorta di pregiudizio, di condanna, di indice puntato, di rancore…perché è ormai diffusa la convinzione che verso il popolo Rom in genere, tutto questo è lecito, doveroso, è normale, appunto!

Ma come può essere ritenuta normale la disumanizzazione?

Perché le Istituzioni laiche e religiose, le Chiese e noi semplici cittadini non arriviamo a sdegnarci di fronte a questa “normalità”, invece ci adeguiamo e non ci accorgiamo invece, che pian piano ci stiamo avvelenando dentro.

Ogni volta che permettiamo ad ogni essere umano di vivere ghettizzato, anche se nascosto sotto i cavalcavia alle porte delle nostre città, ben lontano dalla nostra vista noi accettiamo e contribuiamo al degrado intero della nostra società, quello stesso degrado che arma la mano non solo dei piromani che bruciano i nostri boschi, ma anche la vita dei più indifesi, che nella nostra società subiscono la sorte di essere di essere abbandonati sotto i cavalcavia prima, ma poi abbandonati anche attraverso i poteri giudiziari per non turbare i nostri pregiudizi.

p.Agostino Rota Martir
campo Rom di Coltano (PI) - 17 Agosto 2007

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Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 08:51:09, in Italia, visitato 1892 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir:

Cari amici,

tutti voi sapete quello che è successo a Livorno una settimana fa: quattro bambine rom rumene sono morte bruciate vive sotto un cavalcavia della superstrada. Da allora le indagini per individuare le responsabilità dell'accaduto si sono mosse in molte direzioni. Inizialmente era stato detto che le fiamme si erano sviluppate per negligenza dei Rom, ma le testimonianze successive e coerenti dei Rom stessi, e alcuni indizi rimasti sul luogo hanno fatto emergere l'ipotesi di un attentato razzista. Si tratta, ovviamente di un'ipotesi sconvolgente. Se venisse confermata si tratterebbe di uno dei più gravi e feroci attacchi razzisti verificatisi in Europa dal dopoguerra, ed è perciò comprensibile che, prima di raggiungere tale conclusione, la magistratura livornese vagli con la massima attenzione ogni indizio, ogni testimonianza.
Contemporaneamente, però, proprio di fronte alla gravità del caso ed alla pena per le vittime ed i parenti, è necessario che tutti coloro che hanno a cuore la giustizia facciano sentire la loro preoccupazione e la loro partecipazione. Non vorremmo mai che forze politiche o singole personalita’, comprensive nei confronti degli eventuali attentatori o anche soltanto preoccupate per questione di immagine, svolgessero azioni di disturbo o di pressione per deviare le indagini. E' urgente perciò far sentire la nostra presenza e il nostro appoggio alla magistratura inquirente, manifestando tutti la nostra pena e le nostre preoccupazioni. Vi invitiamo a scrivere lettere ai giornali che più si sono occupati del caso affinché essi trasmettano il nostro pensiero a tutti, a cominciare dai magistrati.

Volendo concentrare le lettere ad un indirizzo possiamo scrivere a Franca Selvatici, che ha seguito il caso per la Repubblica (e che e' una giornalista seria e attenta), sia presso firenze@repubblica.it oppure, su carta, a: Cronaca de la Repubblica, Via A. La Marmora 45, 50121 Firenze.

Ciao a tutti
Sergio Bontempelli, Africa Insieme di Pisa

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Di Fabrizio (del 18/08/2007 @ 09:40:54, in Regole, visitato 1764 volte)

http://www.yle.fi/news/id66822.html

Una nuova guida è appena uscita in stampa per ripulire dalle credenze stereotipate che esistono tra Rom e polizia. La guida intende facilitare la comunicazione tra i due gruppi nei loro incontri.

Il volumetto spiega i diritti e doveri dei cittadini, il mandato delle autorità e sottolinea aspetti della cultura Rom.

La guida è il prodotto della collaborazione tra il Ministro degli Interni, il Tavolo Nazionale sull'Educazione e membri della comunità Rom. Il volumetto intende anche preparare i cittadini ai cambi introdotti dalla nuova legislazione sulle parità.

La costituzione finlandese garantisce ai 10.000 Rom lo status di minoranza nazionale. D'altra parte, molti Rom sentono di non avere un pari trattamento, per esempio nei raid di polizia.

[...]

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Di Fabrizio (del 17/08/2007 @ 10:59:58, in Europa, visitato 1998 volte)
Da crj-mailinglist

La questione rom, dopo essere stata argomento spesso strumentale di polemica politica, esplode in questi giorni di agosto grazie all'eco della stroncatura europea nei riguardi dell'Italia. L'Italia è infatti accusata dall'Europa di non applicare la "direttiva contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche". E' prima di tutto necessario chiarire alcuni aspetti, intimamente legati a quella che assume le proporzioni di una vera emergenza umanitaria.

I cittadini rom di nazionalità rumena sono a tutti gli effetti cittadini europei, ogni discriminazione nei loro riguardi è doppiamente illecita, oltre che ingiusta. Per quanto riguarda la popolazione di origine jugoslava ed in particolare kosovara essa è vittima delle guerre che si sono succedute in quella martoriata regione.I rom della Jugoslavia e del Kosovo sono sfuggiti alle vendette e alle epurazioni etniche che negli ultimi anni hanno assunto le proporzioni di un moderno progrom.

continua

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Di Fabrizio (del 17/08/2007 @ 09:50:20, in conflitti, visitato 2512 volte)

I recenti disordini di Rom nella capitale sarebbero il risultato della discriminazione, ha affermato giovedì un gruppo dei diritti umani, ma ha minimizzato sul pericolo che queste violenze si possano espandere nel paese.

Martedì la polizia stava pattugliando un quartiere accanto ad un ghetto rom, quando circa 400 Rom armati di coltelli, asce e bastoni sono apparsi richiamati dalla voce che il quartiere stava per essere attaccato dagli skinheads.

L'agitazione era nell'aria da domenica, quando un Rom era stato picchiato da skinheads. Il giorno dopo circa 200 Rom avevano devastato un caffè e attaccato quattro persone che avevano l'aspetto di skinheads.

Le organizzazioni dei diritti umani dicono che questi incidenti sono il simbolo delle condizioni dei Rom in Bulgaria, molti dei quali passano la loro vita in povertà, sono analfabeti e marginalizzati nella società.

Ci sono diversi elementi - tensioni etniche, problemi sociali, severe discriminazioni contro i ghetti zingari - dice Emil Koen dell'osservatorio del Comitato di Helsinki.

"I ghetti sono come polveriere pronte ad esplodere al minimo incidente, Non mi aspetto il crescere della tensione in tutto il paese... I Rom bulgari mancano del senso di solidarietà che i rivoltosi francesi avevano de anni fa," ha aggiunto.

Secondo la polizia gli incidenti non indicano il crescere delle tensioni etniche e viene anche rifiutato il paragone portato dai giornali con i disordini nelle periferie francesi del 2005, stimolati dal razzismo e dalla discriminazione contro le minoranze etniche.

I Rom  sono circa il 4,7% dei 7,8 milioni di popolazione bulgara.

Numerose iniziative per affrontare al loro discriminazione sono fallite. Sono sesso trattati con sospetto dai Bulgari, che tendono a stereotipare i Rom come disonesti e pigri.

Alcune organizzazioni Rom hanno detto che le agitazioni di questa settimana sono state deliberatamente provocate dai partiti politici che osservano per ootenere il supporto alle elezioni comunali di ottobre.

La polizia martedì non ha effettuato arresti ed i media locali riportano quanto ha detto il segretario del Ministro degli Interni, Ilia Iliev, di aver paura di essere accudato di discriminazione.


PHOTO: internet - Reuters

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Di Fabrizio (del 16/08/2007 @ 08:55:09, in blog, visitato 1947 volte)

Da La Voix de Rroms

L'Italia e la Francia sull'elenco europeo dei paesi che discriminano | 14 agosto 2007

Un lancio dell'agenzia AFP ripreso dal giornale Le Monde informa che dopo la morte di quattro bambini rroms dopo un incendio, l'Italia è stata iscritta "fra i 14 paesi dell'Ue che mantengono discriminazioni verso i loro abitanti a causa della loro razza o della loro origine etnica". Questi 14 stati membri dell'Ue sono: la Spagna, la Svezia, la Repubblica Ceca, l'Estonia, la Francia, l'Irlanda, il Regno Unito, la Grecia, l'Italia, la Lettonia, la Polonia, il Portogallo, la Slovenia e la Slovacchia. Constatate dunque che anche la Francia vi appare, mentre la Romania, l'Ungheria, o anche la Bulgaria non vi sono. Ciò non vuole dire che non vi sia discriminazione, ovviamente, ma quello vuole dire anche che, fra i membri dell'Ue, i migliori allievi in materia d'uguaglianza non sono inevitabilmente ciò che si credono.

In Francia anche, ci sono state disgrazie come quella. Fortunatamente, non 4 morti di colpo, ma ne ce ne sono state, ad esempio a Lione, due piccole ragazze morte in un incendio, 2 anni fa. E di incendi senza vittime, ce ne sono regolarmente. L'ultimo è stato quello di Aubervilliers, ma si è inteso parlare nei mass media soltanto dell'interruzione del servizio del RER, e non dei caravan bruciati con tutto ciò che c'era dentro e della gente che si è trovata per strada. Era certamente maldestro per i voyageurs non potere rientrare da loro e di essere bloccato durante alcune ore alla Gare du Nord o sulle vie, la prova è che la Sncf le ha compensate, come occorreva. Quanto a quelli che si trovano senza nulla, fuori... NO COMMENT!

In Italia, i genitori delle vittime passeranno dinanzi al giudice per non assistenza a persona in pericolo... NO COMMENT!

Non pensiamo che sia a causa di quest'incendio che l'Italia sia stata messa sull'elenco dei paesi sospettati di discriminazione. In tutti i casi, sembra che questa tragedia semini il disordine. Destra contro sinistra, potere centrale contro enti territoriali, ciascuno respinge il difetto all'altro. Una tavola rotonda a livello nazionale viene chiesta per trovare una soluzione a questa situazione che l'Italia giudica nuova ed alla quale non sarebbe preparata. Un'argomentazione come un altra, che vale ciò che vale. Frattanto aspettando, l'Italia ed i 13 altri stati membri dell'UE che, secondo il parere dell'UE mantengono discriminazioni razziali, "sono sollecitati da Bruxelles a rispondere entro il 27 agosto, altrimenti saranno suscettibili di sanzioni finanziarie".

Le cifre dei Rroms dell'Europa centrale ed Orientale entrati in Italia recentemente sembrano gonfiate (il lancio parla di 60.000), ma non è questo l'essenziale. Questa cifra potrebbe comprendere anche i profughi politici (e ce n'è un certo numero, dall'ex Iugoslavia) e gli immigrati in situazione regolare aventi condizioni di vita normali. L'essenziale è certamente altrove: È - che sì o no la Romania fa parte dell'Ue? È - che sì o no i Rroms rumeni, come tutti gli altri cittadini rumeni possono essere considerati tale, in particolare con un diritto al lavoro che sia effettivo, anche se per un primo periodo transitorio è soltanto parziale (soltanto alcuni settori sono "aperti"), è - che sì o no i figli delle famiglie che migrano hanno il diritto di frequentare la scuola nel paese in cui i loro genitori desiderano installarsi o risiedere un certo tempo, come è riconosciuto dalla convenzione internazionale relativa ai diritti del bambino, è - che sì o no possono accedere a questi diritti, tutto sommato di base, per bidonvilles insalubri, di cui, anche se sopravvivono, non usciranno mai indenni, o in ogni caso, mai da cittadini europei?

Tale è la questione, e si pone nello stesso modo qui in Francia. Ad un momento dato occorrerà spiegarsi la realtà, prendere la questione e trattarla nell'insieme, anziché provare a fare il fai da te a destra ed a sinistra. Più che dell'immediato di alcune persone in questa o quella città di questo o quel paese, si tratta dell'Europa di domani! E quello, quello supera i politici del momento! I politici d'oggi, che siano in Italia, in Francia o altrove, domani non saranno più là. Alcuni prenderanno la loro pensione, di altri troveranno un'altra vocazione, altri ancora potranno essere condannati dalla giustizia per dio sa quale affare... ma noi, saremo là! Riflettiamo ed agiamo oggi, per continuare ad esistere ancora domani. Se non possiamo agire, almeno riflettiamo, e riflettiamo a mente fredda

Per leggere il lancio dell'AFP, PREMETE QUI

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Di Sucar Drom (del 15/08/2007 @ 09:31:29, in blog, visitato 1677 volte)

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