Perlopiù i Rom praticano calcio o boxe, perché sono i due sport
considerati per la gente povera... è il ragionamento di Ljubomir Oshavkovski,
giornalista del quotidiano "Makedonski sport"
23/01/2012 - Calcio e pugilato da anni sono gli sport tradizionalmente
praticati dai Rom in Macedonia. Il fatto è confermato dai giornalisti
sportivi del paese, ma anche dalla ricerca effettuata da EDNO a Kumanovo, Shtip,
Skopje e Prilep, dove il 90% degli atleti rom sono calciatori o pugili. Nel
periodo in cui l'attenzione pubblica in Macedonia è dedicata ai campionati
europei di pallamano in Serbia, o tornando all'estate 2011, quando il paese
celebrava il successo ai campionati di basket in Lituania, ci siamo chiesti
perché le nazionali di pallamano e di basket non abbiano rappresentanti rom.
Ljubomir Oshavkovski, giornalista del "Makedonski sport" osserva che i Rom
praticano soprattutto calcio e boxe, perché sono i due sport generalmente
considerati "per poveri".
- Sono sport in cui non è necessario grande talento, predisposizione e le
condizioni per avere successo. I Rom sono considerati gente povera, che non
hanno le condizioni per allenarsi a tennis, per esempio, quindi la maggior parte
sceglie il calcio o la boxe. Anche da noi i Rom si allenano in squadre rom
locali e difficilmente questo si nota, anche se alcuni di loro hanno talento.
Anni fa c'erano pochi Rom nei club più conosciuti. Per esempio, Erol Demir, nel
Vardar, ma oggi non saprei nominare un solo giocatore, dice Oshavkovski,
aggiungendo:
- Riguardo alla boxe, col tempo è diventata una tradizione per i Rom. Anche
se non seguo questo sport, conosco almeno dieci pugili, alcuni dei quali hanno
partecipato ai Giochi Olimpici e vinto delle medaglie. Al momento il più famoso
è Veli Mumin, il migliore nella sua categoria in Macedonia.
Oshavkovski riconosce che ci sono pregiudizi e discriminazioni nello sport
macedone riguardo ai Rom. Secondo lui ci sono difficoltà per gli atleti rom nel
fare progressi nel quadro europeo, cosa che non succede agli altri atleti del
paese.
- Dice: Penso che non ci siano assolutamente possibilità per i Rom macedoni
di compiere progressi nel quadro europeo, esclusi forse i pugili, ma è molto
difficile per loro. Primo, perché sono poche le persone che vorrebbero essere
manager di un atleta rom, ed in secondo luogo perché non ci sono abbastanza
Macedoni di successo in Europa e nel mondo. Sinceramente, non conosco molti
atleti rom di successo, in realtà l'unico che conosco è il calciatore Hose Antonio
Rejes, di Siviglia in Spagna, che ha giocato nel Real Madrid, poi nell'Arsenal e
dieci giorni fa è tornato nel Siviglia. Ha giocato anche nella nazionale
spagnola.
I tornei sportivi possono rivelare talenti
Roman Demirov, ex pugile con 20 anni di esperienza in questo sport, conferma
anche lui che la situazione per gli atleti ed i club sportivi rom non è rosea.
E' stato in società pugilistiche di Shtip, Kumanovo, Skopje e della Serbia ed
ora ha smesso. Si guadagna da vivere con un'impresa privata.
- Ci sono molti bambini rom che giocano a basket o a pallamano, non solo per
le strade. I club sportivi rom sono morti, nessuno vuole finanziarli. Se fossero
organizzati tornei tra i giovani, si scoprirebbero molti talenti e non solo nel
calcio, considera Demirov.
Lui stesso, dice, si proporrebbe per sollecitare ed organizzare
manifestazioni simili, se solo ci fosse uno sponsor.
Uno dei più giovani e promettenti talenti del football [...] , si chiama Enis
Asanovski e viene da Prilep. Gioca nel "Proleter", che è una delle poche squadre
rom in Macedonia. Enis ci gioca già da due anni.
- Dice: Mi sono allenato nel "Pobeda" e nel "Shampion" e gioco anche in
nazionale. Non faccio altro se non giocare a calcio. Ma non ne vale a pena. A
meno di andare via e giocare in un club straniero.
Si discute spesso di football e di Rom, riferendosi ai teppisti di destra in
Europa dell'Est ed alle loro invettive contro le comunità rom. Tuttavia, il
collegamento tra i Rom ed il calcio è qualcosa che dovrebbe essere riconosciuto
e può agire da ispirazione per molti giovani.
Moderni talenti rom del calcio hanno incantato i più grandi stadi del mondo,
dal Nou Camp di Barcellona a San Siro di Milano, ed il quartetto di sopra è
stato selezionato tra quanti, tra gli attuali giocatori rom, hanno avuto le
carriere più illustri e di successo.
Presentiamo un profilo per ogni giocatore, prima di porre la fatidica
domanda: Chi è il più grande giocatore rom di tutti i tempi?
ANDREA PIRLO
Nato in una famiglia sinti a Flero, nel nord-est della Lombardia, Pirlo è
ampliamente riconosciuto come il miglior regista calcistico della sua
generazione. Gli Italiani lo scoprirono adolescente a Brescia, prima che nel
1998 l'Inter lo comprasse a peso d'oro. Durante questo periodo, la sua
progressione stagnava a livello di club, ma a livello internazionale stava
nascendo una stella.
Agli Europei under-21 del 2000, Pirlo, capitano per l'Italia, non solo fu
capocannoniere ma venne anche votato come miglior giocatore del torneo e
ricevette il premio Golden Player.
Tuttavia, nell'Inter continuava a non essere valorizzato e venne venduto ai
grandi rivali del Milan nell'estate del 2001. Fu una grande perdita per l'Inter
e un grande acquisto per il Milan, come venne dimostrato qui sotto, con
l'esecuzione di uno dei suoi leggendari calci di punizione, durante il derby
milanese.
Pirlo divenne un componente integrante di un eccellente Milan, vincendo la
Champions League alla sua seconda stagione, battendo i colleghi della Juventus
nella finale del 2003.
L'anno seguente il Milan vinse il campionato, col creativo centrocampista
alla base di quel successo.
Contemporaneamente giocando in
nazionale, Pirlo ebbe un ruolo fondamentale nella straordinaria vittoria
dell'Italia nella Coppa del Mondo 2006. Dopo aver battuto la Germania in
semifinale, l'Italia vinse ai rigori contro la Francia in finale. Pirlo alzò il
trofeo e venne premiato col Pallone di Bronzo, dopo essere stato votato il terzo
miglior giocatore del torneo.
Mentre alza la Coppa UEFA vinta dal Milan nel 2007
Nel 2007 vinse per la seconda volta un trofeo europeo, sempre con il Milan, e
rappresentò l'Italia all'Euro 2008 e nei Mondiali 2010, prima di terminare la
sua carriera decennale al Milan nel 2011, contemporaneamente alla vincita in
campionato dopo sette anni di digiuno.
Ora, a 32 anni, Pirlo gioca nella Juventus, dove sperano che la sua classe ed
esperienza riportino il club più premiato d'Italia agli antichi fasti.
RAFAEL VAN DER VAART
Proveniente da Heemskerk, Olanda settentrionale, van der Vaart è
sopravvissuto ad una carriera turbolenta per diventare uno dei più prolifici
centrocampisti d'attacco in Europa. Nato da madre spagnola e padre olandese, van der
Vaart è cresciuto giocando a calcio nei campi per roulotte in giro per l'Olanda.
Esordì nell'Ajax dove rapidamente divenne uno dei più ricercati
centrocampisti d'Europa. Aveva talento nel segnare gol spettacolari, e segnarne
molti. Durante il periodo dell'Ajax vinse il Johan Cruyff Prijs per il
Dutch Football Talent of the Year,
prima di vincere due scudetti nel 2002 e nel 2004.
In seguito, fini all'Amburgo nel 2005, dove la forma eccellente crebbe
ancora, alzando ulteriormente il suo profilo internazionale e facendogli
ottenere un ricco contratto presso i giganti spagnoli del
Real Madrid nell'estate
del 2008.
Rafael van der Vaart celebra la vittoria dell'Olanda contro l'Inghilterra
nel 2006
A questo punto van der Vaart aveva già rappresentato l'Olanda nei Mondiali
del 2006 e ai Campionati Europei nel 2008. Nella
Coppa del Mondo 2010, divenne capitano della nazionale, anche se perse a
Johannesburg la finale con la Spagna per 1-0.
Il ventottenne campione rom gioca ora con il club inglese del Tottenham Hotspur,
dove è una figura chiave nella loro corsa verso il successo nazionale ed
europeo.
JOSE ANTONIO REYES
Nato in una famiglia di Kalè spagnola nel quartiere Utrera a sud-est di
Siviglia, Reyes ha abbagliato i fan sia in Spagna che in Inghilterra, con le sue
esecuzioni fulminee e la sua potenza di tiro.
Da ragazzo, Reyes ottenne un enorme successo nell'ambiziosa squadra del
Siviglia, segnando 22 goal come ala in 86 partite, prima di essere venduto al
club inglese dell'Arsenal nel gennaio 2004, quando aveva 20 anni.
Il giovane kalò era così popolare tra i tifosi del Siviglia, che il
presidente decise che sarebbe stato impossibile venderlo ad un'altra squadra
spagnola, anche se persino il Real Madrid era molto interessato.
In Inghilterra, Reyes è stato parte dell'invincibile Arsenal che vinse la
Premier League nel 2004, a cui seguì
la FA Cup nel 2005.
Jose Antonio Reyes con la maglia dell'Atletico Madrid nella UEFA Europa League
Dopo un anno di prestito al Real Madrid, Reyes firmò nel 2007 con i cugini
dell'Atletico, e tre anni dopo sollevava la coppa dell'Europa League, dopo aver
sconfitto il Fulham nella finale di Amburgo.
A livello internazionale, Reyes ha raccolto 21 presenze nel periodo in cui la
Spagna è stata la squadra di maggior talento e successo. Il suo apice è stato ad
ottobre 2003, quando segnò due volte con la Spagna nella vittoria di 4-0 contro
l'Armenia.
L'ultimo mese, Reyes è tornato alla squadra della sua gioventù, il Siviglia,
dove spera di riaccendere non solo le loro fortune ma anche le proprie, con
l'Euro 2012 che si avvicina.
RICARDO QUARESMA
Il fiammeggiante attaccante portoghese Quaresma è nato a Lisbona da una
famiglia rom. Fece i primi passi nel mondo calcistico nella nativa Lisbona,
terrorizzando le difese con i suoi dribbling dove vinse la Primeira Liga nel
2002.
Ricardo Quaresma si esibisce in uno dei suoi marchi di fabbrica per il
Portogallo
Di seguito, Quaresma firmò con il forte Barcellona dove trascorse una
stagione prima di tornare in Portogallo per giocare nel Porto. Qui aggiunse
altre 3 titoli in Primeira Liga al suo medagliere nel 2005, 2006 e 2007.
Il bellissimo goal contro il Belgio nel 2007 fu il primo della carriera
internazionale di Quaresma, che sinora ha visto l'ala segnare 31 reti. Durante
Euro 2008, il precoce talento segno anche un bel gol nel 3-1 contro la
Repubblica Ceca a Ginevra, Svizzera.
Dopo l'Inter ed il Chelsea, ha firmato col la squadra turca del Besiktas nel 2010. In
Turchia, è ritornato al livello della sua prima stagione, aggiungendo una Coppa
Turca nel 2011 alla sua collezione.
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Questi quattro moderni talenti sono prosperati nel gioco più popolare del
mondo, mostrando a tutti esattamente cosa può fare uno sportivo rom. Qui sopra
ci sono campioni mondiali, campioni europei ed anche inglesi, italiani,
portoghesi ed olandesi.
Questi giocatori hanno lasciato parlare i loro piedi, e così facendo sono
stati mille volte più forti di qualsiasi teppista sugli spalti.
Alastair Watt
(Comunque... il mio preferito rimaneBanel Nicolita ndr.)
(Crédits photo: Marianne Rigaux)
Lesinrocks.comBanel Nicolita, il Rom del calcio francese
Insultato quanto acclamato in Romania, Banel Nicolita tenta di integrarsi
in Francia, nel suo club del Saint-Etienne.
Un Rom benvenuto in Francia? La stampa inglese non si lascia ingannare. "Il
Saint-Etienne compra un gitano allorché la Francia li paga per andare via."
E' il titolo del quotidiano The Guardian in seguito al trasferimento
del calciatore Banel Nicolita, che ha firmato per tre anni all'Asse, il 31
agosto, lasciando lo "Steaua Bucarest" dopo sei stagioni.
Segno particolare: è l'unico giocatore rom a giocare nella selezione della
nazionale rumena. Un "exploit" in un paese in cui i rom sono molto discriminati.
"Banel è un'eccezione. Può darsi che possa cambiare l'immagine dei rom in
Francia e in Romania" auspica Valeriu, il suo uomo di fiducia. Un augurio
pio, soprattutto quando un ministro della Repubblica non cessa di puntare alla
"delinquenza rumena".
Durante l'allenamento, il rumeno salta su ogni palla, sotto l'occhio attento di
Valeriu, che funge anche da interprete, da agente, da guardia del corpo e da
coinquilino. "Resterò con lui i primi tempi. Non è facile integrarsi senza
parlare francese". Nicolita sorride molto ma non è chiacchierone. Abbrevia
l'intervista dicendo che "è molto contento di stare qui". La sua famiglia
– sei fratelli e sorelle – è "molto orgogliosa" di lui, dal suo villaggio
di Faurei (duemila anime). Trova Saint-Etienne "molto calma".
"Non ama parlare delle sue origini"
La situazione dei rom in Francia? Il giocatore elude la questione. Avrà forse
ricevuto istruzioni di bypassare l'argomento? Valeriu interviene: "non ama
parlare delle sue origini". Al comune di Saint-Etienne l'argomento viene
evitato: questione sensibile. Dall'estate, la municipalità socialista ha fatto
espellere diversi occupanti di "squat" (alloggi occupati ndr.) e,
regolarmente, militanti e rom si riuniscono sulle gradinate del comune per
esigere nuovi alloggi. "Ovviamente quando si riesce nel mondo dello sport, si
è subito accolti meglio." nota, amareggiata Anne Sara dell'associazione
Solidarietà Rom di Saint-Etienne.
La storia di Banel Nicolita è infatti quella di un'ascensione fulminea. Nel 2008
all'età di 26 anni incarna la migliore speranza del calcio rumeno. Deve
aspettare tre anni prima di potere essere comprato dall'Asse per soli 700.000
euro. Guadagnerà 35.000 euro al mese, cioè il doppio che con il Steaua, ma meno
dello stipendio medio di un giocatore di serie A. Come Thierry Henry prima di
lui, Banel Nicolita è stato nominato ambasciatore contro il razzismo, dalla
FIFA. Un titolo simbolico, ma non veramente invidiabile, poiché riservato ai
giocatori maggiormente insultati durante la loro carriera.
"Il giorno in cui ha ricevuto la fascia dal capitano dello Steaua, fu per
costui uno smacco: la fascia a un rom! Era inconcepibile per alcuni!"
Ricorda il giornalista che lo seguiva all'epoca.
Idem, anche peggio il giorno in cui segnò contro il suo campo, facendo vincere
il Real Madrid. Ogni volta Nicolita ha molto fair-play e fa buon viso a cattivo
gioco. Perfino quando, dalle tribune dello stadio Ghencea di Bucarest salgono
dei "Zingaro! Zingaro!" -insulto supremo da quelle parti. Paradossalmente
sarebbe anche il rom più popolare della Romania, abbondantemente acclamato dalla
stampa locale. "E' molto amato da tutti" assicura Valeriu. La sua
prossima sfida: diventare il rom più amato di Francia.
Di Fabrizio (del 12/10/2011 @ 09:42:05, in sport, visitato 1574 volte)
Uno dei miti di quando ero bambino: Dragan Džajić, stempiata ala sinistra della
nazionale jugoslava, che nel 1968 vidi perdere l'Europeo di calcio contro
l'Italia (foto tratta da
Aoutravisao.wordpress.com)
Settimana scorsa gli occhi degli appassionati di calcio erano puntati sulla
partita Serbia-Italia, e molti esprimevano le loro giustificate
preoccupazioni, visto cos'era successo nella partita dell'andata a Genova.
Ricordate?
Come accade spesso parlando dell'Europa dell'est, la Serbia per i nostri
mezzi d'informazione diventa il capro espiatorio di una situazione di disagio
comune a tutta la regione. E di una serie di spinte politiche-sociali
"giocate" dagli attori più controversi, incapaci di scegliere i loro futuri
padroni, mentre continuano le faide riemerse da un passato di oltre 70 anni fa.
Insomma lo sport è la cartina di tornasole del vaso di Pandora che si è
aperto oltre 20 anni fa con la caduta dei regimi di allora, spesso
impresentabili ma che erano un fattore di stabilità. Rimane, come al tempo della
cortina di ferro, un elemento di lotta nazionalista, vedi i recenti (esagerati)
entusiasmi per la conquista del titolo europeo di pallavolo della Serbia. Ne
scrive quest'articolo di
Repubblica.
Ma, proprio perché Repubblica s'è distinta spesso in polemiche
anti-serbe, ripeto: la Serbia è solo un pezzetto dell'ennesimo puzzle
balcanico.
Dove ogni singolo stato è differente, per storia, popolazioni, economia ecc.
ma i fenomeni sociali si rimbalzano similmente, quasi ci fosse un tam-tam da un
paese all'altro:
In
Bulgaria, sono stati ancora i tifosi di calcio a dare inizio alle
violente manifestazioni anti-rom, che si sono diffuse rapidamente a macchia
d'olio in tutto il paese. Gli sciacalli, gli ultra-nazionalisti di Ataka intendo, si sono fatti vivi solo a cose fatte, giusto in tempo per rivendicarsene il merito.
Altri tre esempi li trovo citati in Osservatorio dei Balcani e Caucaso:
In
Bosnia Erzegovina (che per fare da contrappunto alla "cattiva"
Serbia, consideriamo per pigrizia come uno stato vittima della storia),
le partite di calcio tra squadre di calcio che "rappresentano" etnie
diverse, si svolgono in un clima di emergenza continua. Appena un attimo più
calma la situazione in Croazia, ma anche lì il calcio è terreno di scontro
di interessi contrapposti, e relative violenze.
In
Kosovo anche lo sport vive una sua situazione particolare di isolamento,
specchio delle sue contraddizioni politiche. Sempre dal Kosovo, si ricorda
come anche
la nazionale serba di pallavolo venga arruolata nell'oltre decennale
conflitto etnico, ancora non pacificato. Come accade spesso leggendo gli
articoli di Osservatorio dei Balcani e Caucaso, bisogna anche
scorrere i commenti per avere il quadro delle polemiche che si ripetono da
decenni come un vecchio ed abusato copione.
Considerazioni finali:
Non solo in Italia, ma anche nei Balcani, parlare di sport purtroppo
prescinde dalla bontà della sua pratica, per portarci ad esaminare gli
sporchi interessi che stanno dietro.
Bucarest, 23/08/2011 - Il Consiglio Rumeno di Lotta alla Discriminazione si è
rivolto alla UEFA dopo i commenti "razzisti" formulati dal presidente del club
bulgaro di calcio CSKA Sofia contro i giocatori rom.
"Il Consiglio Nazionale di Lotta alla Discriminazione (CNCD) apprende con
preoccupazione le dichiarazioni razziste di Dimitar Borisov, presidente del
CSKA Sofia, a proposito dell'etnia dei giocatori di calcio della squadra dello Steaua
Bucarest", ha detto Csaba Astzalos, presidente del CNCD, in una lettera inviata
a Michel Platini, presidente della UEFA.
I commenti risalgono a settimana scorsa dopo la partita di Europa League tra Steaua
Bucarest e CSKA Sofia, vinta dalla squadra rumena per 2-0.
"Il contesto in ci sono state usate le parole -spazzatura- e -sporco-
riferite alla squadra dello Steaua ed in particolare ai due giocatori di origine
rom, è critico tanto della comunità rumena che di quella rom, creando
un'atmosfera ostile, degradante, umiliante ed offensiva," dice Astzalos nella
lettera ottenuta da AFP.
Secondo il CNCD Borisov avrebbe detto: "I Rumeni chiamano star due sporchi
calciatori. Li impiegherei nella mia azienda a raccogliere la spazzatura. Si
inserirebbero perfettamente!"
Bulgaria e Romania contano importanti minoranze rom. Secondo l'Unione Europea
e diverse OnG, l'etnia rom in tutta Europa affronta numerose discriminazioni.
Il CNCD ha chiesto agli organi di governo del calcio europeo di "prendere
misure appropriate per prevenire e combattere la discriminazione" ed "eliminare
questo tipo di comportamenti".
Di Fabrizio (del 08/08/2011 @ 09:32:39, in sport, visitato 2198 volte)
Esiste un'antica tradizione di campioni di boxe tra i
Romanichals. E purtroppo, come nella letteratura di genere, un lungo elenco di
"vite bruciate"... (per chi fosse interessato, Tyson Fury è anche su
Facebook)
The Indipendent domenica, 17 luglio 2011 By Alan Hubbard, Boxing
CorrespondentBoxe: La Furia Zingara è pronta al trono Suo padre combatteva a mani nude e lo chiamò Tyson. Il peso massimo
britannico non vuole limitarsi a tirare pugni, aspira ad essere il primo campione mondiale romanì
"Sono orgoglioso di quel che sono, cioè un Traveller," dice Tyson Fury. "Vi
dirò quello che fa di te un Traveller: è come nascere neri" - GETTY IMAGES
Max Clifford si è fatto un nome, muovendosi come pochi sanno fare,
salvando la reputazione di qualcuno e creandone di nuove. Gli piace dire che
lavora nel campo della promozione e della protezione. Non che il suo ultimo
pupillo ne avesse bisogno. Alto 6 piedi e nove e pesante 18 stone (oltre 2
metri e 10 per oltre 114 Kg. ndr), Tyson Fury è abbastanza grosso per
prendersi cura di sé come evoca il suo soprannome, soprattutto dato che è un
peso massimo che aspira a diventare il primo campione mondiale romanì.
Anche così. fa comodo avere Clifford al proprio angolo quando è il momento
delle celebrità, come quando Fury sfiderà sabato a Wembley il londinese Dereck Chisora
per il titolo britannico e del Commonwealth e una borsa di £185.000 (incontro
vinto ai punti lo scorso 23 luglio ndr). Oltre a garantire al gigante zingaro di
tenergli pulito il naso, mentre fa sanguinare quello degli avversari, cosa vede
in lui Clifford? Fury può contare sul fattore Max, ma avrà il fattore X?
"Mi piace pensare che Tyson sia il prossimo grande nella boxe - di sicuro è
alto abbastanza," dice il guru PR che in passato ha lavorato con Muhammad Ali ed
è stato lui stesso un pugile dilettante da giovane. "E' un bravo ragazzo, va
regolarmente in chiesa, e naturalmente ha un grande valore. Il suo retroterra
romanì significa che è un personaggio pittoresco, con un grande seguito. E' un
ragazzo orgoglioso e molto modesto. Dato che è un buon combattente, il tempo
dirà dove può arrivare."
Intendiamoci, Clifford deve rivolgergli una forte ammonizione: in seguito ad
un'esplosione di cattivo gusto, Fury ha minacciato di "uccidere" Chisora sul
rimg, chiamandolo "un piccolo cazzo arrogante" e "cesso"; cosa che ha spinto il
manager di Chisora, Frank Warren, a denunciarlo al Consiglio di Controllo.
Difficile immaginare che i progetti di Clifford lo prevedessero.
Tyson Fury non è solo un nome da osservare, ma da evocare. Proviene da una
stirpe di combattenti che risale al XIX secolo. Suo padre, 48 anni - conosciuto
come Gypsy John, ha combattuto a lungo a mani nude , ma fu anche concorrente per
il titolo dei pesi massimi britannici, perdendo nel 1991 contro Henry
Akinwande. Fury senior chiamò Tyson suo figlio, quasi 23 anni fa, in onore di Iron
Mike.
Come un'altra giovane stella nascente, l'olimpionico Billy Joe Saunders (vedi
QUI ndr), Fury è intriso del folklore dei combattenti romanì, un
discendente dei pugili a mani nude che si esibivano negli accampamenti e nelle
fiere. Travellers/Viaggianti può essere una definizione impropria, dato
che entrambi vivono in siti permanenti sin dall'infanzia - Fury ha la sua casa a
Styal, un elegante villaggio del Cheshire - ma rimangono immensamente leali alle
loro radici romanì.
"Sono orgoglioso di quello che sono, cioè un Traveller," dice Fury. "Sono
irlandese d'origine, nato a Manchester, ma non sono Irlandese o Inglese, sono
uno zingaro. Vi dirò cosa rende Traveller: è come nascere neri. Per me è
irrilevante dove vivere: in una casa, un caravan o una tenda."
Fury è sposato e ha due figli. Con rito zingaro, ma non un grande grasso
matrimonio (serie televisiva GB ndr). Gli piace vivere tranquillo e, come
dice Clifford, non è un cattivo ragazzo, anche se probabilmente ne conoscerà
almeno un paio. Suo padre sta scontando una lunga prigionia per aver causato la
perdita di un occhio ad un uomo, dopo una lite in un auto mercato. "Sono
distrutto, è stata autodifesa," dice Fury junior.
Nato ad agosto 1988, prematuro di otto settimane e solo un chilo e mezzo di
peso, Fury è diventato una delle più emozionanti promesse del pugilato, vincendo
30 dei 34 incontri da dilettante, 26 per KO e, come Chisora, tutti e 14 i match
da professionista. Nonostante il nome di Tyson, non è questi l'ispirazione
pugilistica di Fury: "Guardo piuttosto a Lennox Lewis e Larry Holmes."
Chisora avrebbe dovuto combattere contro Wladimir Klitschko, saltatogli in
match contro Haye, e se vincesse si farà l'incontro. Chisora, 27 anni - nato in
Zimbabwe, è più basso di 20 cm. e ha tendenze più "tysonesche" di Fury in
altezza, stile e temperamento. L'anno scorso venne sospeso cinque mesi per aver
morso l'orecchio di
Paul Butlin. "M'ero scocciato," disse.
Tyson Fury onorerà il suo nome? O è solo un'altra meteora, piena di rumore e,
ehm, furia? Lo scopriremo contro Chisora, che è il favorito. Credo che "Del Boy"
(soprannome di Chisora ndr) vorrà buttarla in rissa, ma in ogni modo
intravedo un verdetto ai punti e possibilmente controverso.
[...]
Re zingari sul Ring
Gypsy Jack Cooper
Conosciuto come il miglior combattente zingaro. La leggenda romanì combatté
contro Iron
Arm Cabbage nel 1823 per oltre 30 round. Fu uno dei più selvaggi incontri a mani
nude della storia.
Bartley Gorman
Il più noto tra i moderni combattenti a mani nude, supremo nel mondo della
boxe illegale, nelle cave, alle fiere di cavalli, in accampamenti ed una volta
in una miniera. Morì nel 2002 a 57 anni.
Johnny Frankham
Nel 1975 vinse e poi perse il titolo dei massimi-leggeri britannici contro Chris Finnegan.
Ora ha 62 anni, è in prigione per frode.
Billy Joe Saunders
Ex olimpionico a Pechino, conosciuto come "The Caravan Kid", imbattuto dopo
sei incontri da professionista nella categoria dei pesi medi. 22 anni, è
pronipote del famoso campione zingaro di boxe a mani nude Absolom Beeney. Anche
suo padre Tom ammette di essere coinvolto nella boxe a mani nude perché "è il
modo di risolvere le cose alla maniera della comunità viaggiante".
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:58:23, in sport, visitato 1543 volte)
Si chiamano "Ercolini": settanta bambini nomadi esordienti che si allenano
a calcio tra sgomberi e indifferenza. Presto ci sarà anche una squadra femminile
da Redattore Sociale
Nel campo rom di via Salone, c'è una nuova sfida da affrontare: fornire
magliette e scarpini alla nuova squadra di pulcini ed esordienti. Sono i nuovi
"Ercolini" una squadra di calcio composta dai ragazzi rom del campo di Tor
di Quinto, che oggi estende il suo potenziale anche ai giovani e giovanissimi
del campo di via Salone.
Avventura iniziata nel 2004, che deve il nome al presidente della squadra don
Giovanni D'Ercole (Segreteria di Stato del Vaticano) e il vigore a Salvatore Paddeu, arbitro ma anche allenatore, gli "Ercolini" sono per i promotori e i
sostenitori dell'iniziativa, «una valida alternativa» per chi non ha altra
possibilità di vita che non sia un campo rom. Iscritti regolarmente al
campionato giovanile, gli "Ercolini", per lo più giovanissimi compresi tra i 14
e i 16 anni, provengono dalla Macedonia, dall'ex Jugoslavia, ma anche dalla
vicina Romania.
«Dopo 7 anni di attività al campo di Tor di Quinto, prossimo allo sgombero –
spiega Paddeu – siamo ancora qua. Inizia una nuova sfida al campo di via Salone
in zona Tiburtina». Sono 70, ad oggi, i giovani e giovanissimi che hanno aderito
alla squadra. Quello che manca è il personale sportivo (allenatori, volontari) e
il materiale (scarpini, magliette, palloni). «Presto si aggiungerà, a grande
richiesta, anche la squadra femminile – scrive ancora Paddeu – allenata dal
sottoscritto a causa di assenza totale di volontarie e allenatrici. Siamo sempre
alla ricerca di materiale sportivo, ma il passaparola è sempre molto efficace.
Inoltre, sarebbero molto utili due porte da calcio, perché le attuali sono poco
stabili e molto pericolose».
La squadra degli "Ercolini", oggi è una realtà sportiva che gode di piccoli
sponsor e tanta solidarietà ed è la dimostrazione pratica di come regole,
educazione e normalità possano passare anche attraverso lo sport.
Di Fabrizio (del 18/03/2011 @ 09:00:24, in sport, visitato 1604 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
Rom, Romani, Rumeni,
concittadini di tutto il mondo,
inizia la Primavera..... camminiamo?
Camminare ci piace, ci fa incontrare gli altri e ci rende consapevoli di dove
viviamo...
Quest'anno vorremmo camminare anche per la Costituzione, davanti ai non più
tollerabili soprusi del potentato politico, economico e mafioso.
Camminiamo perché la nostra esperienza si trasformi in proposta, il nostro
sdegno in protesta, il nostro stupore in progetto.
Camminiamo perché è ora di cambiare il mondo.
Quest'anno camminiamo anche in Sicilia.... sulle tracce della
Marcia della Sicilia Occidentale che ebbe luogo dal 6 all'11 marzo 1967
promossa da Danilo Dolci e che vide la vasta partecipazione delle popolazioni
del Belice e di molti intellettuali italiani.
Mercoledi 16 Marzo ore 18.00
ESC. Via dei Volsci 159. San Lorenzo
incontro pubblico di presentazione, discussione e condivisione della Marcia per
un Mondo Nuovo per i diritti e i beni comuni. che si terrà da Menfi a Palermo dall'11 al 17
aprile
promossa da Stalker con Associazioni, Comuni e Movimenti siciliani
con videodocumenti della marcia del '67 e la partecipazione di Carola Susani
Oggi so che la mia voce è la voce di ciascun siciliano sensato, di ciascun
italiano di buon senso di ciascun uomo al mondo consapevole se dico: Non si può
continuare così.
Il vecchio mondo è finito, (...) non possiamo non vedere che un nuovo mondo ci
occorre, nel quale possiamo svilupparci da uomini veramente vivi, cioè tutti
coraggiosamente, attivamente, organicamente fratelli tra noi. (...)
Sappiamo che un enorme lavoro attende ciascuno di noi se vogliamo riuscire - con
l’attenzione, l’intelligenza e l’impegno necessari - ad essere vivi come ci
occorre a farci un mondo nuovo. (...) Sappiamo che dobbiamo produrre ciascuno
fatti nuovi, costruire ciascuno un sano rapporto con gli altri, il suo pezzo di
mondo nuovo.(...) Se noi riusciamo ad essere la vita, chi ci può fermare? (Danilo Dolci, sabato 11 marzo 1967 piazza Kalsa, Palermo)
Di Fabrizio (del 16/03/2011 @ 09:10:05, in sport, visitato 1842 volte)
I Mondiali Antirazzisti si svolgeranno quest'anno dal 6 al 10 luglio, ma dopo
tre anni infatti i Mondiali Antirazzisti salutano Casalecchio di Reno e
traslocano a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, nella località nota
come Bosco Albergati (...).
Come ogni anno saranno cinque giorni di sport – con tornei di calcio, basket,
pallavolo, rugby e cricket e possibilità di praticare yoga, pilates e giochi
tradizionali dal mondo – e musica, cultura e dibattiti in nome dell'antirazzismo
e a difesa del valore di tutte le diversità, siano esse di provenienza, di
genere, di etnia o di abilità.
Bosco Albergati è una sorta di ritorno al passato con una situazione un po' più
intima che assomiglia ad un vero e proprio villaggio dello sport contro le
discriminazioni. Abbiamo avuto questa idea anche per ritrovare dei ritmi meno
frenetici e maggiore intimità tra i partecipanti ai Mondiali. C'è dietro però
anche una riflessione di carattere economico: montare un intero villaggio nello
spazio di Casalecchio, che non era attrezzato, comportava costi altissimi. Bosco
Albergati dà invece la possibilità di usufruire di attrezzature già presenti,
per tentare di rendere economicamente più sostenibile la festa, soprattutto in
tempo di crisi quando le sponsorizzazioni di enti, istituzioni e privati si
riducono. Si tratta di un'edizione che vuole mantenere lo spirito originario di
una festa popolare che accoglie, include e non esclude e che però ogni anno deve
sempre più fare i conti con la crisi e i tagli delle sponsorizzazioni.
Come sempre, oltre al divertimento con sport e musica per tutti e a costo zero,
i Mondiali Antirazzisti mettono al centro i contenuti, con riflessioni sui temi
dell'integrazione, della multiculturalità e della lotta a qualsiasi forma di
fobia del diverso. In linea di massima si cercherà di seguire con maggiore
attenzione i piccoli segnali di cambiamento delle edizioni passate approfondendo
il rapporto con le cooperative sociali per creare laboratori educativi. Temi
primari saranno la lotta contro la discriminazione su Rom e Sinti, il tema della
diaspora anche alla luce della carta dei migranti elaborata all'ultimo Social
Forum Mondiale di Dakar, e l'attenzione alle diversità di genere e contro
l'omofobia.
Pensiamo che ci sarà un rapporto molto proficuo con le comunità di migranti del
territorio modenese e non e che si potrà riflettere a modo nostro sulle recenti
rivoluzioni nei paesi nordafricani e sulle loro conseguenze migratorie.
Continueremo l'impegno sul fronte europeo con il coinvolgimento di gruppi,
associazioni e singoli in rappresentanza di ogni cultura e paese, per far sì che
questa festa dello sport dimostri ogni anno di più il valore positivo
dell'incontro e dello scambio attraverso il gioco.
Di Fabrizio (del 04/12/2010 @ 09:14:53, in sport, visitato 1629 volte)
Segnalazione di Bogdan Kwappik
cliccare sul logo per vedere il filmato
Il calcio come mezzo di riscatto sociale. Con questo obiettivo nel 2001 nasce
in Sudafrica la “Homeless world cup” (Hwc), il mondiale di calcio dei
senzatetto. Un progetto che ogni anno coinvolge circa 25mila giocatori: uomini e
donne sopra i 16 anni che nell’anno precedente al mondiale hanno vissuto da
‘homeless’. Tra le vivaci e coloratissime immagini dell’edizione 2009, che ha
portato a Milano circa 500 giocatori provenienti da 48 nazioni, il filmato
ripercorre la storia della Hwc con un testimone d’eccezione, il presidente e
fondatore Mel Young. Un occasione per osservare da vicino un torneo che negli
ultimi anni ha aiutato il 70% dei partecipanti a cambiare vita, liberandosi
dalla dipendenza da droga o alcool e trovando una casa dove vivere.
di Cecilia Lulli e Matteo Tommaso Mombelli Categoria: TV Durata: 14’ 21” Trasmesso su: Inedita
(Manuel Trollmann) Johann Trollmann era una giovane stella della boxe, quando i nazisti andarono
al potere. Il punto culminante della sua carriera avrebbe dovuto essere la
vincita del titolo dei pesi massimi leggeri nel 1933. Ma Trollman era Sinto, e
quel titolo gli fu tolto. Presto, sarebbe caduto vittima del genocidio nazista.
Sembra uno strano posto per un ring di pugilato - annidato sotto un
baldacchino di alberi in un tranquillo angolo di Viktoria Park nel quartiere di
Kreuzberg di Berlino. La struttura è di cemento, la base è fortemente
inclinata in una direzione ed una dozzina di oggetti sferici di cemento che
assomigliano a guantoni da boxe si aggrappano alle corde. Ma cosa ci fa qui?
Lì vicino, una targa con la fotografia di un giovane ben messo in guantoni da
boxe, chiarisce ogni confusione. Il ring tra gli alberi è un memoriale
temporaneo dedicato a Johann Trollman, un pugile che fu privato dai nazisti nel
1933 del suo titolo dei pesi massimi leggeri, dopo aver vinto un incontro ad un
tiro di sasso da lì in Fidicin Strasse. Non c'era posto per un campione come
Trollmann nel Terzo Reich - lui era Sinto. E come mezzo milione di Rom e Sinti,
sarebbe caduto vittima della politica razziale nazista di annientamento, morendo
in un campo di concentramento nel 1944.
La forte pendenza della scultura, dice Alekos Hofstetter, membro di Bewegung
Nurr, il gruppo di artisti che ha progettato il monumento, rappresenta "l'abisso
in cui fu trascinato Trollmann."
Lungi dall'essere solo un memoriale statico, il sito, inaugurato il 9 luglio
- 77° anniversario del titolo vittorioso di Trollmann, è stato quest'estate il
palcoscenico per una serie di discorsi e concerti. Laboratori per i giovani
locali hanno sottolineato la vita di Trollmann e la persecuzione dei Sinti e dei
Rom - definiti "zingari" dai nazisti - nel Terzo Reich. Il nome del monumento è
semplicemente "9841", il numero di Trollman da prigioniero nel campo di
concentramento.
Snobbato per il colore della pelle
Nato nel 1907 vicino ad Hannover, il nome ufficiale di Trollmann era Johann,
ma in famiglia e tra gli amici era conosciuto come Rukeli, dalla parola "albero"
in lingua romanés. Cominciò ad allenarsi alla tenera età di otto anni e presto gareggiò
col club pugilistico Heros Hannover.
Già prima che i nazisti arrivassero al potere, fu vittima del razzismo quando
il comitato selezionatore per i Giochi Olimpici nel 1928 gli preferirono un
pugile che aveva battuto da poco. Per tutta risposta, Trollmann si trasferì a
Berlino diventando professionista. La paga era buona e vincere, non il colore
della pelle, era l'unica cosa che importava.
La sua fama crebbe rapidamente all'inizio degli anni '30, e divenne famoso
per il suo stile "danzante"; il suo aspetto che fece di lui un rubacuori. Hofstetter
sostiene che Trollmann fu "uno degli inventori della boxe moderna." Il suo stile
agile e dinamico si sposava con la competenza tecnica e fece di lui un
precursore di Mohamed Alì. Come i nazisti guadagnarono popolarità, venne sempre
più attaccato dalla stampa fanatica di destra, che lo etichettò come "lo zingaro
sul ring".
Una volta che nel 1933 si assicurarono il potere politico, i nazisti furono
rapidi nel prendere il controllo di uno sport che era diventato molto popolare
nella Repubblica di Weimar. L'introduzione dopo la I guerra mondiale di un
orario lavorativo più corto aveva dato più tempo libero e creato un pubblico
attento alle manifestazioni sportive di massa. Considerato come uno sport
prettamente proletario, grandi star del pugilato come Max
Schmelling attraevano fan borghesi e celebrità come Bertolt Brecht.
Bandito dallo sport
La presa di potere nazista ebbe un effetto immediato nel mondo pugilistico,
con alti funzionari del partito che presero posizione ai vertici della
federazione e gli Ebrei immediatamente banditi dallosport. Sarebbe seguita
presto la proibizione per Rom e Sinti.
Hitler era grandemente entusiasta di questo sport, dice Roger Repplinger -
autore di un racconto di semi-fiction sulla vita di Trollman "Leg dich, Zigeneur"
(Sdraiati, Zingaro)."Solo due sport erano menzionati nel Mein Kampf, jujitsu e
pugilato," ha detto a SPIEGEL ONLINE. "Hitler guardava allo sport come una dote
e questo lo rendeva importante per i nazisti." Le SS ed i soldati si
addestravano al pugilato ed era insegnato nelle scuole, la parola Boxen
di origine inglese venne sostituita da Faustkampf, o pugni. "Per una
nazione che si stava preparando alla guerra," spiega Repplinger, "la boxe era
vista come molto utile."
"Alla fine, fu perché i nazisti videro la boxe come nobile che Rukeli perse
il titolo," afferma. Quel titolo del 9 giugno fu tanto il punto culminante della
carriera di Trollman, che il suo punto di svolta.
Lui ed il suo avversario Adolf Witt combatterono 12 riprese alla Birreria
Bock di Fidicin Strasse. Trollmann fu chiaramente il migliore ed avrebbe dovuto
vincere ai punti. Ma gli ufficiali nazisti presenti all'incontro fecero
pressione sulla giuria per un pareggio. Il pubblico si rivoltò e gli avvenimenti
stavano per prendere una brutta piega.
"Quello era un pubblico esperto di pugilato e che poteva vedere che
l'incontro veniva manipolato per fini politici," spiega Sophia Schmitz, storica
della boxe di quel periodo. "La folla non era assolutamente disposta a prendere
parte a questo tipo di manipolazione basata sul razzismo." Temendo per la
propria sicurezza, la giuria cedette e Trollmann, piangendo di frustrazione per
avere avuto la vittoria quasi tra le sue mani, fu trionfalmente premiato con la
cintura del titolo.
La sua vittoria ebbe vita breve. Pochi giorni dopo gli fu notificato il
ritiro del titolo per la sua "performance insoddisfacente."
Combattere per la dignità
Ciò che seguì fu tanto una farsa che, in qualche maniera, una vittoria morale
per Trollmann. Fu obbligato a combattere un altro grosso incontro il 21 luglio,
contro Gustav Eder. Ma stavolta gli fu ordinato di combattere nello stile
"tedesco", che significava stare fermi e scambiarsi pugni. Trollman sapeva di
essere sicuro di perdere abbandonando il suo stile in movimento, così decise di
lasciare il segno in un altro modo. Si ricoprì il corpo di farina e tinse i
capelli di biondo - diventando la caricatura di un ariano. Quando salì sul ring
quella sera non combatteva per vincere, ma per mantenere la sua dignità.
"Dopo aver perso il titolo di campione, gli fu assolutamente chiaro cosa lo
aspettava come pugile sotto il nazismo," dice Schmitz. Vede la sua apparizione
come una dichiarazione: "Non mi permetterò di essere discreditato come Sinto,
farò una burla di questa descrizione razzista di zingaro danzante ed invece
combatterò come un pugile ariano."
Cacciato dallo sport, Trollman lottò invece per far quadrare il bilancio
negli anni '30 e spesso dovette nascondersi per evitare di essere mandato nei
nuovi "campi zingari" dove i nazisti radunavano Rom e Sinti prima di
trasportarli nei campi di concentramento. Divorziò da sua moglie, una non-Sinta,
per proteggere lei e la loro figlia. Poi iniziò la guerra e Trollmann fu
richiamato e combatté sino al 1942, quando tutti i Rom e Sinti vennero dimessi
dalla Wehrmacht. Il pugile, una volta famoso, fu subito arrestato e inviato nel
campo di concentramento di Neungamme, vicino ad Amburgo.
Tentò di mantenere un basso profilo, ma il comandante del campo prima della
guerra era stato un funzionario della boxe e riconobbe Trollmann. Lo costrinse a
battersi, terribilmente indebolito dai lavori punitivi e dalla mancanza di cibo,
per allenare di notte le SS. Era in gioco la sua sopravvivenza.
La commissione prigionieri decise di agire. Simularono la sua morte e fecero
in modo di trasferirlo nell'adiacente campo di Wittenberge sotto falsa identità.
Ma anche lì, l'ex stella fu presto riconosciuta e i prigionieri organizzarono un
combattimento con Emil Cornelius, ex criminale ed odiato Kapo - uno dei
prigionieri che godeva di privilegi per le sue responsabilità nel campo.
Inevitabilmente Trollmann vinse e Cornelius cercò vendetta per la sua
umiliazione. Obbligò Trollmann a lavorare tutto il giorno finché non fu esausto.
E poi lo colpì a morte con una pala. Trollman aveva appena 36 anni.
Qualcosa di cui essere fieri
Silvio Peritore del Centro Culturale di Documentazione a Heidelberg dei Rom e
Sinti Tedeschi dice che il destino di Trollmann fu simile a quello di molta
della sua gente sotto i nazisti. "Quando vedete come ha sofferto: bandito dalla
sua professione, ostracizzato, privato dei suoi diritti ed infine mandato ed
ucciso in un campo di concentramento. E' un esempio dell'olocausto globale dei
Sinti e dei Rom," ha detto a SPIEGEL ONLINE.
Peritore spiega che i giovani sono particolarmente alla biografia di
Trollmann, quando arrivano al centro di documentazione in visita scolastica. "Ha
incarnato lo spirito sportivo ed era una persona coraggiosa." Rispettano il modo
in cui si oppose ai nazisti e"possono identificarsi in lui".
Dato che il monumento a Trollmann è a Berlino solo temporaneamente prima di
essere mandato in altre città, avrà un monumento permanente a Berlino questo
giovedì nella forma di un Stolperstein, una "pietra d'inciampo". Questi
mini-monumenti sono piccole piazze in bronzo che onorano i singoli vittime dei
nazisti, e piazzate su vari marciapiedi nel paese. L'artista Gunter Demnig
piazzerà lo Stolperstein di Trollmann all'esterno dell'ex birreria di
Kreuzberg dove avvenne l'incontro per il titolo. Alla fine di quest'anno si
dovrebbe costruire tra il Reichstag e la Porta di Brandeburgo un monumento
permanente ai Sinti e Rom uccisi d'Europa, dopo quasi due decadi di ritardo.
Peritore dice che il monumento è vitale per la comunità, spiegando che il
genocidio inflitto dai nazisti ha avuto un grande impatto sull'identità dei Rom
e Sinti in Germania. "In ogni famiglia c'è stato qualcuno assassinato. Nella mia
famiglia abbiamo perso molti parenti ad Auschwitz ed un riconoscimento dei
nostri morti è molto importante per la nostra auto-immagine, per la nostra
identità," dice. "Dobbiamo sensibilizzare la gente alle attuali forme di
pregiudizio contro i Rom e i Sinti."
L'artista Hofstetter dice che il monumento a Trollmann è importante per
stabilire la connessione con la discriminazione odierna e per creare un'immagine
positiva dei Rom e dei Sinti. "Stiamo mostrando che sono una parte della cultura
tedesca. Trollmann era un campione e i giovani Rom e Sinti possono esserne
fieri."
Si può vedere il monumento a Trollman in Viktoria Park sino al 16 luglio.
La cerimonia di inaugurazione dello Stolperstein per Johann Trollmann [è
avvenuta] in Fidicin Strasse il 1 giugno alle 16.30. Per ulteriori informazioni
(in tedesco):http://www.trollmann.info
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