Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 11/03/2008 @ 20:39:22, in Europa, visitato 2471 volte)
Da
Helsingin Sanomat
"L'istruzione per i Rom è la chiave di tutto", ha detto Andrezej Mirga,
Consigliere Anziano per le Tematiche Rom dell'Organizzazione della Sicurezza e
Cooperazione in Europa, giovedì durante una visita ad Helsinki.
Mirga è in Finlandia per conoscere la situazione dei Rom in Finlandia, come
pure quella dei Rom che vi sono arrivati da diversi paesi dell'Est Europa.
Spera di imparare dall'esperienza della politica finlandese e di passare
queste esperienze in altri paesi.
Mirga, lui stesso un Rom polacco, dice che è importante andare alle radici
del problema. Per esempio, in Romania e Bulgaria, i Rom soffrono di
discriminazione e mancanza di istruzione, ha detto Mirga.
"L'Unione Europea dovrebbe investire in opportunità educazionali dove vivono
i Rom. Occorrono soldi, ma si ripagheranno da soli quando i Rom avranno lavoro e
pagheranno le tasse", dice Mirga.
"L'istruzione dovrebbe estendersi ai Rom già nel livello prescolare, perché i
bambini Rom sono già dietro al resto della popolazione quando arrivano a
scuola."
Mirga ha visitato la regione della Transilvania in Romania, da cui arrivano i
Rom che si vedono mendicare nelle strade di Helsinki. Descrive le loro
condizioni di vita nell'area di Cluj Napoca come "sotto gli standards".
Mirga osserva che operatori di differenti paesi hanno tentato di affrontare
il problema della povertà tra i Rom europei spingendolo lontano dalla vista.
D'altra parte, questo non funziona. "Se spingiamo il problema fuori, quello
rispunta da un'altra parte."
Puntualizza che l'Europa ha tra i propri principi il libero movimento, che
significa che come cittadini UE, i Rom non possono essere legati ad un posto
contro il loro volere.
Nei prossimi giorni Mirga e Nina Suomalainen, consigliera dell'Ombudsman per
le Minoranze dell'OCSE, esamineranno la situazione dei Rom che sono arrivati in
Finlandia da altre parti dell'Unione Europea.
Incontreranno anche qualcuno dei mendicanti che sono arrivati ad Helsinki.
All'inizio della settimana, una discussione non ufficiale tra vari ministri
si è tenuta presso il Ministero degli Affari Sociali e della Salute. Nella
discussione, un rappresentante del Ministero degli Interni ha notato che la
presenza di mendicanti Rom dall'Est Europa non è un grosso problema dal punto di
vista della polizia finnica.
La situazione è considerevolmente peggiore in Italia, Spagna, Francia,
Germania e Britannia.
La settimana prossima una delegazione di tecnici da Helsinki volerà in
Romania per studiare le politiche e strategie verso la popolazione Rom.
Di Fabrizio (del 08/03/2008 @ 09:35:42, in Europa, visitato 2125 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Mentre in Italia per le elezioni politiche ed amministrative le minoranze Rom
sono ignorate sia dai programmi elettorali, sia dalle liste dei candidati,
dall’Europa arriva una denuncia molto chiara.
Non si può avere una strategia europea per i rom efficace senza che i rom stessi
siano nella sua definizione, nell’implementazione e nella valutazione dei
risultati. Finora, a livello comunitario, i rom sono infatti rimasti esclusi dal
processo politico che riguarda le loro sorti.
Della strategia europea sui rom si è discusso ieri all’Europarlamento a
Bruxelles in un meeting organizzato dal gruppo dei socialisti (Pse) che ha visto
la partecipazione di Ong e del commissario agli Affari sociali Vladimir Špidla.
In base a una risoluzione del Pe del 31 gennaio scorso, la Commissione europea è
stata invitata a definire una strategia comunitaria per affrontare i numerosi
problemi di inclusione che riguardano i 9 milioni di rom europei, la minoranza
etnica più numerosa del continente.
Come ha fatto notare Andre Wilkens di Open Society, i problemi nati in Italia in
seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani hanno contribuito a riaprire il
dibattito a livello europeo, portando la questione fino ai massimi vertici del
Consiglio dei capi di Stato e governo.
Ma pur essendo tra le priorità principali dell’Ue in materia di diritti umani,
la questione rom non viene trattata in modo appropriato.
Innanzitutto, come anticipato in apertura di articolo, i rom sono esclusi dal
processo decisionale comunitario che li riguarda. Valeriu Nicolae, direttore
della Ong European Roma Grassroots Organisation, ha ricordato come “tra le
migliaia di dipendenti della Commissione Ue non vi sia nemmeno un rom”.
Peggio, nessun rom partecipa al Gruppo interservizi sui rom: si tratta di un
tavolo di discussione e coordinamento tra i vari servizi dell’esecutivo europeo:
“è come se un gruppo di lavoro sugli italiani fosse composto solo da tedeschi
e francesi”.
Neppure un rom nemmeno all’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra).
Inoltre Nicolae ha criticato il fatto che una mancanza di strategia da parte
della Commissione porti a spendere poco efficacemente gli ingenti fondi
stanziati (circa 300 milioni). Ma Nicolae ha criticato anche le Ong, che non
sono state in grado di ascoltarsi reciprocamente e di agire in una prospettiva
più allargata di quella nazionale.
Una strategia funzionante, nell’opinione di Ivan Ivanov dell’European Roma
Information Office (Erio), deve basarsi sui piani di azione esistenti, come
quello della Decade Rom, o dell’Osce. Deve poi seguire una logica di
coordinamento tra i livelli comunitario, nazionale e locale, essere inclusiva,
condivisa e avere obiettivi di lungo termine, essere coordinata dalla
Commissione, grazie alle proprie capacità amministrative, essere multisettoriale
e coprire i settori fondamentali di esclusione, ovvero educazione, occupazione e
sanità.
Ieri è anche stata lanciata pubblicamente una coalizione di otto Ong (European
Roma Policy Coalition), costituita da Amnesty International, European Network
Against Racism (Enar), European Roma Grassroots Organisation (Ergo), European
Roma Information Office (Erio), European Roma Rights Centre (Errc), Minority
Rights Group International (Mrgi), Open Society Institute e Spolu International
Foundation.
Di Sucar Drom (del 07/03/2008 @ 10:10:38, in blog, visitato 1658 volte)
Bogotà, convegno mondiale dei riciclatori
Si è aperto ieri a Bogotà il primo convegno internazionale dei recicladores, gli
operatori popolari del riuso e del riciclo. Parteciperanno le reti di operatori
del riuso e del riciclaggio latinoamericane e le più importanti organizzazioni
di ri...
Ue, le radici cristiane dell'Europa
Negli ultimi mesi si è sviluppato un ampio e animato di dibattito
sull’opportunità di inserire nel testo della Costituzione dell’Unione europea
che è in fase di preparazione un riferimento alle “radici cri...
Firenze, la voce rom
Sabato 15 marzo 2008 si terrà l’assemblea pubblica “Romano Krlo. O baro
phiripe, o taksirati, o duraipe, o pindžaripe e romengo, o odžuvdipe baškimo” (L...
Napoli, italiani comprano neonata rom
Dramma della disperazione a Napoli, dove sembra che un’italiana, Luigia
Giordano, abbia organizzato la vendita di una neonata rom. La Giordano,
residente nell'agro sarnese-nocerino, avrebbe convint...
Lombardia, nuove norme anti-rom
La nuova legge sul Governo del Territorio, approvata ieri dall'assemblea del
consiglio regionale lombardo, prevede che le delibere comunali sull'istituzione
di nuovi insediamenti rom e sinti e addirittura s...
Roma, "parole nomadi"
Venerdì 7 marzo, alle ore 15.00, presso la Casa dello Studente (Aula Pasolini)
in via C. De Lollis n. 20, avrà luogo "Parole Nomadi": convegno
sull'immigrazione organizzato da "Resistenza Universitaria", laboratorio
politico de "La Sapienza" d...
Il popolo rom non è un problema
La Sicilia è un problema? No. La mafia siciliana soltanto pone grandi problemi
sia in Sicilia che fuori. La Calabria è un problema? No. La ‘ndrangheta è un
problema sia in Calabria che nelle altre regioni dove ...
Di Fabrizio (del 06/03/2008 @ 09:19:36, in Europa, visitato 2485 volte)
Per il ministro rumeno degli affari esteri, Adrian Cioroianu, il problema dei
Rom riguarda anche l'Europa
D.S. Miéville - mercoledì 5 marzo 2008
Adrian Cioroianu, ministro rumeno, era martedì di passaggio a Ginevra. Ha
precisato in questa intervista a Le Temps la posizione del sue paese a proposito
della libera circolazione delle persone e del problema dei Rom.
Le Temps: La Svizzera ha la tendenza di aver paura dell'idraulico rumeno,
così come l'Europa ha avuto paura dell'idraulico polacco.
Adrian Cioroianu: Ho avuto l'occasione di parlarne con Madame Calmy-Rey e ho
compreso la posizione dei vostri cittadini. E' una forma d'ansietà normale da
parte di gente che ha paura di perdere il proprio impiego. Sono sicuro che tra
qualche anno, la stessa situazione esisterà in Romania ed in Bulgaria, perché i
nostri concittadini avranno paura della concorrenza dei lavoratori della
Moldavia o dell'Ucraina.
La Svizzera ha incontrato qualche problema con i Rom rumeni. Come vedete
la soluzione?
Dobbiamo ammettere che abbiamo un problema particolare, quello dei Rom. La
Svizzera non è uno dei loro principali paesi di destinazione. Abbiamo avuto
problemi più importanti in Italia e Spagna. Senza voler dare l'impressione di
sottrarci ad una responsabilità che ci appartiene, pensiamo che il problema dei
Rom sia un problema europeo, che deve trovare una soluzione europea. Sono
cittadini rumeni, ma nel contempo cittadini europei. Alla dogana, non si possono
fare distinzioni tra i cittadini europei secondo l'etnia o la religione. Devono
avere tutti i diritti dei cittadini rumeni, che ormai sono cittadini europei. La
loro integrazione necessita di programmi a scala europea, in complemento dei
programmi nazionali.
Il vostro paese ha veramente fatto tutto quello che era in suo potere per
integrare la minoranza rom?
Esistono diversi programmi nazionali, abbiamo una strategia nazionale. Il
problema, è che si tratta di una minoranza discriminata per decenni. Sotto il
comunismo, la minoranza rom non esisteva, non era riconosciuta nelle
statistiche. Lo stato rumeno ha confuso l'integrazione con la sedentarizzazione,
che non è la stessa cosa. Il dovere di tutti i governi è di offrire lavoro
"a casa". Noi siamo, in Romania, in una situazione un po' paradossale, perché
beneficiamo dei programmi e dei fondi europei e manchiamo di mano d'opera. Ma
bisogna essere coscienti che si tratta di una comunità che ha una cultura del
viaggio, del nomadismo, e non sempre apprezza la sedentarietà. E' anche una
questione d'educazione, e ogni programma deve contenere una importante
dimensione educativa.
Di Fabrizio (del 05/03/2008 @ 09:04:31, in Italia, visitato 1935 volte)
Di Roberto Malini
I rom non posseggono nulla, vivono all'addiaccio, sono emarginati,
discriminati, temuti. I bambini rom, nei rari casi in cui è consentito loro di
accedere all'istruzione, vengono vessati, insultati e derisi dai compagni; non
di rado sono vittime di violenza.
Le leggi del popolo rom condannano ogni forma di violenza, soprattutto
quando le vittime degli atti violenti sono donne e bambini.
Politici, autorità e media, con un cinismo raccapricciante, approfittano spesso
della debolezza sociale e dello spirito pacifico dei rom per farne il capro
espiatorio di qualsiasi problema che riguardi la società.
Di fronte alle forze dell'ordine, i rom subiscono in silenzio ogni genere di
intimidazione e abuso.
Di fronte ai magistrati, i rom sono rassegnati, prima ancora che inizi il
procedimento a loro carico, a subire la più grave e iniqua delle condanne.
Davanti ai giornalisti che - quando si verificano episodi di cronaca - li
intervistano, i rom sanno già che le loro parole saranno travisate e che
serviranno a costruire campagne contro di loro, che verranno presentati come
esseri perfidi, sporchi, immorali, pigri, incapaci di qualsiasi sentimento
umano.
L'attuale deriva razziale che ha luogo in Italia consente ai nuovi razzisti di
adottare gli stessi metodi che utilizzavano le autorità naziste per giustificare
la persecuzione contro ebrei, zingari, omosessuali e altre minoranze. Sono
sistemi tanto semplici quanto appariscenti, utili a diffondere presso l'opinione
pubblica l'immagine del Rrom ladro, violento, truffatore, rapitore e sfruttatore
di bambini.
Oltre ai casi che i media hanno amplificato a dismisura lo scorso anno,
attribuendo ai rom ogni sorta di delitto, a partire da quello di Giovanna
Reggiani, commesso da un romeno povero e non da uno zingaro; oltre alla stretta
censura relativa agli omicidi e agli attentati razziali (una realtà che ha visto
nel solo 2007 numerose vittime rom e centinaia - sic - di soggetti rom
sottoposti a rischio di vita), minimizzati dai media e non perseguiti dalle
autorità, neanche quando rivendicati; oltre alle bugie raccontate dai nostri
rappresentanti istituzionali alle autorità europee per cercare di evitare severi
ammonimenti e condanne; oltre alla "caccia al rom" scatenata in tutto il
territorio italiano, vasta operazione di pulizia etnica che culmina con gli
sgomberi e le espulsioni; oltre a tutto questo, la "macchina" razzista
costruisce casi di cronaca finalizzati a connotare il popolo rom come una razza
diversa e degenerata, inguaribilmente asociale.
Quotidiani importanti, a tiratura nazionale, si fanno portavoce di tali campagne
di discredito e negli ultimi tempi presentano eventi in cui genitori rom
costringerebbero i loro figli e altri bambini, rapiti alle famiglie legittime, a
rubare, chiedere l'elemosina, prostituirsi. "Se ognuno di voi non porta a casa
almeno 800 euro al giorno, verrà picchiato, torturato, legato al guinzaglio".
L'opinione pubblica è ormai incapace di riconoscere la verità, quando essa viene
diffusa dai media e suffragata dalle autorità.
Come si farebbe, altrimenti, a credere che una famiglia rom che vive al freddo,
protetta da quattro fogli di cartone, in pessime condizioni di salute,
martoriata da rigori delle intemperie, fame, infezioni, topi, parassiti,
violenza e umiliazione "nasconda" in realtà almeno 24 mila euro mensili?
Come si farebbe a credere che bambini sottoposti a torture efferate, denutriti e
macilenti non colgano la prima occasione di libertà per sfuggire ai loro
carnefici?
Come si farebbe a credere ai tanti rapimenti di bambini di cui i rom sono
accusati, quando alle dicerie non corrispondano denunce di scomparsa, nei Paesi
di origine?
Può anche darsi, però, che la purga etnica faccia comodo alla maggior parte dei
cittadini italiani: non erano forse le folle sterminate ad acclamare il nuovo
mondo proposto da Hitler e dai suoi assassini?
I rom amano profondamente i loro bambini e i loro modelli educativi non
prevedono l'uso delle punizioni corporali: “Tanti bambini, tanta gioia,” recita
un adagio zingaro. La persecuzione istituzionale che li colpisce in Italia
costringe tutti i componenti delle famiglie rom a tentare di sopravvivere anche
con mezzi estremi e considerato che gli adulti sono ormai - a causa della
campagna razziale – considerati alla stregua di demoni malvagi, solo i piccoli
zingari riescono ad ispirare compassione nella cittadinanza e a raccogliere
qualche spicciolo.
Si tratta di legittime istanze di sopravvivenza; nemmeno i furtarelli cui i rom
sono a volte costretti dovrebbero essere perseguiti, perché la Costituzione
sancisce che persino la ribellione alle autorità diventa lecita quando
l'oppressione si fa intollerabile. Nella realtà, però, politici e autorità
costruiscono i numeri della loro "efficienza" opprimendo a dismisura i rom.
I numeri parlano chiaro. In una città come Milano, nel 2007 sono state arrestate
3408 persone. Di queste – lo afferma la Prefettura – 530 sono donne e uomini
rom. E' una cifra sproporzionata, se si considera che la percentuale rom della
popolazione della capitale lombarda ammonta a meno dello 0,5 per cento.
La conclusione che se ne può trarre è una sola: o si crede che i rom siano una
razza inferiore, composta da delinquenti incalliti oppure è in corso
un'operazione criminale di pulizia etnica, quel "crimine contro l'umanità" di
cui l'Italia dovrà rispondere al Cerd (Nazioni Unite) e alla Corte Penale
Internazionale de L'Aja.
Coloro che non sono ancora ottenebrati dal pregiudizio antizigano non avranno
difficoltà a ricostruire come vengano messe in atto le operazioni di polizia che
portano all'incriminazione di tanti genitori rom e alla sottrazione dei loro
bambini da parte delle Istituzioni. Qui di seguito, il più recente evento
mediatico che vede quali "mostri" tre genitori zingari, a Rho, vicino a Milano.
MILANO: COSTRETTI A MENDICARE SI RIBELLANO, DENUNCIATI TRE NOMADI
Milano, 1 mar. - (Adnkronos) - Erano costretti dai loro genitori a chiedere
l'elemosina, ma i piccoli schiavi si sono ribellati e, attraverso Telefono
Azzurro, sono riusciti a denunciare i genitori.
E' quanto accaduto a Rho, alle porte di Milano. I militari hanno denunciato due
uomini (R.M., 37 anni e M.Z., 43 anni) e una donna (S.S., 26 anni), tutti
domiciliati nel campo nomadi di via Sesia, per induzione all'accattonaggio e
inosservanza dell'obbligo di istruzione elementare dei minori. I carabinieri
sono riusciti a documentare, anche con l'ausilio di telecamere, che i tre
costringevano i rispettivi figli, di 12, 11 e 6 anni, con minacce e continue
percosse a chiedere l'elemosina in varie parti della citta': parcheggi, centri
commerciali e semafori.
A far scattare l'indagine la denuncia del dodicenne che, in forma anonima, aveva
chiesto aiuto all'associazione Telefono Azzurro e aveva espresso il desiderio di
tornare a scuola. I tre piccoli sono stati affidati a una struttura di
accoglienza e presto potranno tornare tra i banchi. (Afe/Lr/Adnkronos)
Di Fabrizio (del 04/03/2008 @ 09:03:01, in Europa, visitato 2124 volte)
E' uscito l'aggiornamento di febbraio 2008 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Di Fabrizio (del 03/03/2008 @ 09:01:18, in Italia, visitato 2105 volte)
di Nando Sigona *
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pubblicato su
OsservAzione
Della sicurezza perduta
«Prima dell’entrata della Romania nell’Unione Europea, Roma era la capitale più
sicura del mondo... Bisogna riprendere i rimpatri». Era inizio novembre e
l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, non faceva prigionieri e identificava
senza esitazione i colpevoli dell’ondata di criminalità che stava allarmando i
cittadini della capitale. La tragica morte di Giovanna Reggiani a seguito della
brutale aggressione da parte di un cittadino romeno aveva scosso profondamente
la città. Il governo, che si apprestava a varare il tanto annunciato
«pacchetto sicurezza», decideva allora di estrarne alcuni provvedimenti da
rendere operativi immediatamente attraverso il decreto-legge n.181/2007.
L’obbiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle
autorità una minaccia per la pubblica sicurezza e per la sicurezza dello Stato.
La tempistica dell’intervento è stata oggetto di critiche, talvolta da posizioni
opposte. Secondo un funzionario del dipartimento per le Pari Opportunità
intervistato nelle settimane calde dell’emergenza, «fino a non molto tempo fa la
situazione appariva sotto controllo e non di nostra competenza e, probabilmente,
abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno». A conferma di ciò, in
un’intervista al Financial Times, Romano Prodi affermava: «nessuno poteva
prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla
Romania verso l’Europa».
Nonostante gli sforzi compiuti dal ministro Ferrero e dal sottosegretario De
Luca nei mesi precedenti alla crisi per stemperare la tensione e promuovere
l’integrazione dei rom, alcuni osservatori hanno evidenziato come la carenza di
coordinamento tra i vari ministeri e tra il governo centrale e i comuni abbia
indebolito l’efficacia di queste pur valide iniziative.
Il provvedimento «urgente e necessario» nelle prime ore ha riscosso
l’approvazione pressocchè unanime delle forze politiche italiane – i distinguo
sono iniziati solo dopo qualche giorno, soprattutto in sede di dibattito
parlamentare – mentre ha suscitato un coro di proteste da parte delle
associazioni e del volontariato, ma anche di importanti osservatori
internazionali, che hanno manifestato perplessità per un provvedimento che, per
quanto di portata generale nella forma, appariva nella sostanza diretto ad un
gruppo specifico di persone: i rom romeni.
Per il presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «l’arresto
di un cittadino rumeno sospettato per l’omicidio non deve portare ad una caccia
alle streghe. Il governo italiano ha il diritto di espellere dei soggetti sulla
base di considerazioni legate alla sicurezza, ma tutte le decisioni devono
essere prese su base individuale e non collettiva».
Il 19 dicembre, due settimane prima della scadenza dei termini per la
conversione in legge, il ministro per i rapporti con il parlamento, Vannino
Chiti, riferiva all’assemblea l’intenzione del governo di rinunciare alla
conversione per dei vizi formali. Dieci giorni dopo, il 29 dicembre, un nuovo
decreto (n.249/2007) veniva inviato al presidente della repubblica per la
necessaria firma. Il nuovo provvedimento riprende ampiamente la sostanza del
decreto precedente e la estende includendo anche misure per contrastare il
«terrorismo internazionale».
A distanza di qualche mese e con le elezioni alle porte può tornare utile una
riflessione su cosa è effettivamente accaduto nei mesi trascorsi, come è stato
applicato il decreto, chi e quante persone sono state oggetto di provvedimenti
di espulsione e quale è stato il suo impatto reale sui rom.
Un nuova caccia alle streghe?
Il decreto è stato presentato dai rappresentanti del governo come una risposta
necessaria al crescente allarme sociale causato dall’arrivo in Italia di un
cospicuo numero di migranti romeni e dalla comparsa di insediamenti di fortuna
abitati soprattutto da romeni di etnia rom in tutte le maggiori città italiane.
Per cogliere l’atmosfera che si respirava lo scorso novembre, ‘un continuo
recriminare contro gli stranieri senza precedenti nella storia recente
dell’Italia’ secondo il corrispondente del quotidiano britannico The Guardian,
può essere utile ricordare le parole pronunciate in conferenza stampa dal
prefetto di Roma a seguito dell’emanazione del decreto n.181: «Firmerò subito i
primi decreti di espulsione. La linea dura è necessaria perché di fronte a delle
bestie non si può che rispondere con la massima severità».
Le reazioni al decreto sono state diverse, coprendo un arco che va da chi ha
condannato il provvedimento come razzista e in violazione dei diritti umani, a
coloro che hanno suggerito che il decreto fosse in linea con la direttiva
dell’Unione Europea sulla libertà di circolazione dei cittadini degli stati
membri nel territorio dell’UE (2004/38/CE), a coloro che hanno visto nel decreto
una risposta populista all’allarme diffuso senza alcun impatto reale, o perchè
superfluo in quanto la normativa in vigore già permetteva le espulsioni in casi
di minaccia alla pubblica sicurezza o perchè troppo limitato nella sua portata.
A partire da gennaio 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione
Europea, la minaccia di un’«invasione» di migranti provenienti da questi due
paesi verso l’Italia ha occupato spazio crescente nei media. L’arrivo dei rom
romeni, iniziato in realtà ben prima dell’allargamento con l’abolizione dei
visti nel 2000, la nascita di campi irregolari, una serie di episodi di
criminalità riportati con clamore nei media e vecchi e profondi stereotipi e
pregiudizi verso «gli zingari» hanno contribuito a creare un senso di allarme e
minaccia crescente nell’opinione pubblica.
La tragica morte di Giovanna Reggiani ha fatto esplodere le tensioni che si
andavano cumulando e ha messo in evidenza e amplificato quello che si va a
configurare come un fondamentale terreno di confronto e scontro nella campagna
elettorale in corso: la sicurezza. Molte delle posizioni espresse dai politici
dei vari schieramenti nei giorni caldi di novembre possono essere lette come
parte di una battaglia di posizione per la conquista di questo terreno. Per
Veltroni, il decreto n.181/2007 è stato «la prima iniziativa politica» del
Partito Democratico che ha rotto la classica dicotomia tra sicurezza di destra e
solidarietà di sisnistra. Anche la sinistra radicale ha provato a dare una
risposta alla questione sicurezza e mentre il senatore di Rifondazione Comunista
Caprili invitava urgentemente la sinistra a «ritrovare una connessione
sentimentale con il proprio popolo», ricordando che «i campi nomadi non sono nei
quartieri bene ma nelle periferie», il presidente della Camera dei Deputati
Fausto Bertinotti affermava che per la sinistra non è sufficiente essere
tollerante. Sull’altro versante dello spettro politico, Gianfranco Fini si
faceva portavoce del fronte anti-immigrati attraverso dichiarazioni che hanno
suscitato sconcerto tra le associazioni anti-razziste e una mezza crisi
diplomatica con la Romania.
In un’intervista al Corriere della Sera, Fini definiva i rom come «una comunità
non intergrabile nella nostra società», persone che considerano «pressoché
lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a
farlo magari prostituendosi, e non si fanno scrupolo di rapire bambini o di
generare figli per destinarli all’accattonaggio». Fini accusa il decreto di
essere blando e dice dovrebbero essere espulse 200-250 mila persone dall’Italia.
Dalla Lega Nord, invece, è arrivato un tentativo di allargare la cornice
interpretativa dell’emergenza all’intera questione immigrazione. Umberto Bossi
sulle pagine de La Padania dichiara: «Adesso tutti parlano di rom e di romeni,
tutta l’attenzione è puntata lì. E si dimenticano che ci sono tutti gli altri
immigrati, con tutti i problemi connessi. Non sono solo i rom a creare problemi
in questo Paese». E un altro esponente del Carroccio rivendica la paternità di
alcune delle misure incluse nel decreto n.181, anche se «copiate male e troppo
tardi» dal centro-sinistra.
In generale, si può affermare che la crisi ha prodotto un impoverimento della
qualità della dialettica politica. Secondo un esponente dell’Ufficio Nazionale
Anti-discriminazioni Razziali (UNAR), «assistiamo ad un deterioramento del
dibattito politico. Ciò che una volta era considerato razzismo è ora accettabile
ed è spesso sostenuto e legittimato con un uso strumentale e inaccurato di dati
statistici».
Una preoccupante conseguenza di questo abbrutimento è stata l’apertura di spazi
di legittimazione per quei gruppi e movimenti di estrema destra che da tempo
fanno della lotta «contro gli zingari» il loro cavallo di battaglia. Così, se il
movimento di Storace accusa la sinistra per «i millioni di immigrati che hanno
invaso l’Italia» e chiede il dispiegamento dell’esercito, Forza Nuova tappezza
la capitale di manifesti contro i rom e comunica attraverso il suo sito che il
tempo è scaduto e che «da oggi in poi tutti gli italiani sono moralmente
autorizzati all’uso di metodi che vanno oltre le semplici proteste per difendere
i compatrioti».
Gli effetti diretti e indiretti del decreto
Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per
motivi di pubblica sicurezza, 124 per «motivi imperativi di pubblica sicurezza»
e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27
dicembre, a poche ore dalla decadenza del decreto, il computo era salito a 510
espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi. Pertanto si può affermare che il
provvedimento non è stato applicato per legittimare espulsioni di massa, come
alcuni avevano temuto ed altri avevano sperato.
Rispetto alla nazionalità degli espulsi, i dati ufficiali non offrono
delucidazioni. Si tratta come è evidente di un dato sensibile viste le accuse
mosse al provvedimento di essere diretto ad un gruppo specifico. Ad ogni modi,
dalle informazioni raccolte in alcune città italiane (Roma, Milano, Napoli e
Bologna) attraverso associazioni, prefetture e giornali, sembrerebbe che i
cittadini romeni, soprattutto di etnia rom, siano il gruppo più colpito. Il dato
sembra confermato anche dal fatto che i campi, regolari e irregolari, sono stati
oggetto di un setacciamento sistematico da parte delle forze di polizia in tutta
Italia.
Ma, al di là dell’applicazione diretta del provvedimento, il decreto ha avuto
anche degli effetti collaterali, più o meno voluti, sia sul piano simbolico che
materiale.
Il decreto, infatti, riconoscendo ufficialmente l’esistenza di una «emergenza
sicurezza» ha legittimato non solo quei gruppi di estrema destra che
tradizionalmente adoperano la paura dell’altro per fare politica, ma anche
quelle autorità locali che ormai da alcuni anni – a Bologna, Cofferati ha
iniziato la sua «battaglia per la legalità» nel 2005 con ripetuti e sistematici
sgomberi degli insediamenti non autorizzati di rom romeni – contrastano
l’insediamento di rom nei loro territori con l’arma degli sgomberi. In un anno
il solo comune di Roma ha sgomberato oltre seimila persone, molte delle quali
rom.
I rom, romeni e non, anche se non rappresentano una minaccia alla pubblica
sicurezza (nonostante i controlli a tappeto gli espulsi sono stati pochi) sono
sicuramente quelli che hanno risentito maggiormente non solo del clima generale
di caccia alle streghe, ma anche dell’applicazione del decreto. La campagna di
sgomberi dei comuni, i controlli nei campi e la schedatura condotta dalla
polizia, le accuse generalizzate da parte dei politici e gli attacchi di matrice
razzista hanno contribuito a diffondere un clima di grande insicurezza tra i
rom. Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per
tornare in Romania o per spostarsi in luoghi meno pericolosi. I bambini rom
hanno risentito particolarmente di queste migrazioni forzate, essendo costretti
ad abbandonare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i
loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali
nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano criticità, riducono la
fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni
tentativo, pur piccolo, di integrazione che si era avviato.
* Ricercatore presso il Refugee Studies Centre,
Università di Oxford e co-fondatore di OsservAzione [www.osservazione.org]. Il
presente contributo trae spunto dai risultati di una ricerca in via di
pubblicazione condotta da OsservAzione per l’Organizzazione per la Sicurezza e
Cooperazione in Europa (OSCE) tra novembre 2007 e dicembre 2007.
Di Fabrizio (del 02/03/2008 @ 09:07:04, in lavoro, visitato 3474 volte)
Antica Sartoria Rom Cooperativa Sociale a r.l. 952, via Nomentana, 00137 Roma Partita Iva e Codice Fiscale: 08962791003 Tel.: 3392357366 – 3887437524
Martedì 4 marzo 2008 alle 12.00 Presso La Città dell’Altra Economia (largo Dino Frisullo, ex Mattatoio)
SFILATA degli abiti realizzati dall’ANTICA SARTORIA ROM.
E’ la manifestazione conclusiva del progetto “Ritagliamoci il Futuro” promosso dal FORUM AMBIENTALISTA e finanziato dalla Provincia di Roma. Gli abiti sono stati realizzati secondo il criterio del riuso e riciclo
segnalazione di Marco Brazzoduro
Di Fabrizio (del 01/03/2008 @ 09:38:07, in media, visitato 2708 volte)
Da
Lameziaweb
Un film che racconta i Rom di Scordovillo grazie anche al contributo
dell'amministrazione comunale di Roma. Determinante anche il sostegno del Comune
lametino che ha patrocinato l'opera nata nell'ambito de "Il teatro che non
c'era", il laboratorio gratuito voluto dal Comune per i giovani aspiranti attori
della città e dell'hinterland.
«Quando ho chiesto ad alcuni rom quali fossero i loro sogni, mi hanno
risposto che non erano capaci di sognare perché i sogni erano così piccoli da
non essere più tali». Francesco Pileggi, regista lametino, racconta com'è nata
l'idea di realizzare "'Ninni 'ninni ad occhi aperti", un film cortometraggio nel
campo rom di Scordovillo: un'opera a metà tra la fiction e il documentario che
con sensibilità e rispetto mostra la drammatica realtà nella bidonville degli
zingari, nel pieno centro cittadino.
Un anno di lavoro trascorso insieme ai nomadi, che tali non sono più, perché
vivono ormai stabilmente sul territorio e ben volentieri hanno accettato di
essere protagonisti di se stessi.
«I film normalmente intesi», spiega Pileggi, «finiscono con l'ultimo ciack, e
gli attori escono di scena. In questo caso i protagonisti hanno continuato a
portarsi addosso il film della loro vita: le immagini, le scene, le battute che
da sempre vivono e si ripetono con loro». Il leit-motiv dell'opera è il sogno
che si personifica in Cosimo, un giovane rom che continua a girare per il campo
vendendo «sogni belli e quasi nuovi, sogni già sognati per tutti». Lo strillone
dell'immaginazione girovaga tra baracche e container trasportando su una
carriola delle cassette di legno per fare la raccolta differenziata dei rifiuti.
Una scena paradossale che suscita ilarità, ma anche profonda riflessione proprio
nel ghetto che nell'immaginario collettivo è sinonimo solo di sporcizia, lezzo
maleodorante e delinquenza. Accostamenti con cui il regista si avvicina molto
alla visione e all'idea pasoliniana dell'emarginazione e del disagio sociale.
"'Ninni 'ninni ad occhi aperti" sarà rappresentato domani sera in anteprima
nazionale a Roma, nella Biblioteca Villa Mercede del quartiere San Lorenzo. Alla
proiezione del cortometraggio parteciperà Massimo Converso, presidente nazionale
dell'Opera Nomadi, ed il vicesindaco di Lamezia Elvira Falvo.
Pileggi, aspettando l'anteprima, ringrazia chi ha collaborato con lui per la
realizzazione del lavoro: da Rosy De Sensi dell'associazione "La strada" a Maria
Concetta Ciliberti e Francesco Palaia che hanno curato le foto di scena, ad
Achille Iera che si è occupato del backstage. Un particolare ringraziamento va a
Ninfa Vescia, docente del Centro territoriale permanente della scuola
"Fiorentino" dov'è maturata l'idea del cortometraggio, in seguito ad un
laboratorio di cinema curato da Pileggi proprio con i rom.
Tante le persone che hanno collaborato in maniera concreta e fattiva perché gli
zingari lametini riuscissero a mostrare un'altra immagine del loro mondo, contro
lo stereotipo del pregiudizio e del luogo comune. "'Ninni 'ninni ad occhi
aperti" vede molte giovani nomadi protagoniste della scena: una vera rivoluzione
per la cultura patriarcale degli zingari che hanno ringraziato il regista.
Di Sucar Drom (del 29/02/2008 @ 08:42:23, in blog, visitato 2498 volte)
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