Rom e Sinti da tutto il mondo

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/06/2013 @ 09:05:02, in Regole, visitato 1301 volte)

affaritaliani.it

    Il Tribunale civile accoglie la causa di Elviz Salkanovic, cittadino italiano ma di etnia rom che era stato identificato e fotografato durante il censimento di tre anni fa. Riconosciuto "il carattere discriminatorio della procedura e violata la dignità con l'effetto di creare un clima ostile". Lo riferisce l'associazione 21 luglio. Tutti i dati sensibili dovranno essere eliminati dalla Presidenza del Consiglio

Mercoledì, 5 giugno 2013 - Fra il Tar e il Tribunale Civile non c'è giorno in cui la comunità rom di Roma non porti a casa una strepitosa vittoria contro il tentativo di dare una soluzione ad una vertenza che sembra non averne. E se poi c'è la campagna elettorale, la condanna con relativo risarcimento che mr. Elviz Salkanovic, ha portato a casa assume i connotati di una sconfitta istituzionale.
A dare la notizia, tanto per cambiare, è l'associazione 21 luglio, da sempre al fianco e dei rom e ormai vero baluardo contro ogni tentativo comunale di attuare il "Piano nomadi".

Ecco la storia. "Tre anni fa, insieme ad altri migliaia di rom residenti nella Capitale, era stato oggetto del censimento nell'ambito della cosiddetta 'emergenza nomadi'. Nei giorni scorsi, con una storica sentenza, il Tribunale Civile di Roma ha riconosciuto a un cittadino rom di essere stato vittima di una discriminazione su base etnica e ha ordinato al Ministero dell'Interno di distruggere tutti i documenti che contengono i dati sensibili dell'uomo raccolti durante il fotosegnalamento".
Continua l'associazione 21 Luglio: ""Accogliendo il ricorso di Elviz Salkanovic, cittadino italiano di etnia rom con regolare documento d'identità - prosegue il comunicato - l'autorità giudiziaria ha di fatto riconosciuto il carattere discriminatorio della procedura di foto segnalamento in quanto l'uomo è stato coinvolto in un'operazione i cui destinatari erano esclusivamente persone appartenenti alla comunità rom. La misura, secondo la sentenza del Tribunale Civile di Roma, ha provocato l'effetto sia di violare la dignità del rom sia di creare un clima ostile da parte dell'opinione pubblica. Oltre all'eliminazione di tutti i dati sensibili del cittadino rom, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e lo stesso Ministero dell'Interno sono stati condannati al pagamento di 8 mila euro in qualità di risarcimento morale".

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Di Fabrizio (del 11/06/2013 @ 09:01:04, in Europa, visitato 3714 volte)

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Succede anche nelle migliori famiglie: ho iniziato la primavera scorsa scrivendo un libro su Milano, a dicembre già l'argomento era diventato l'Italia e adesso, tocca all'Europa.

Di che si scrive? Vediamo cosa recita l'introduzione:


Sempre più spesso sento ripetere che quello contro i Romanì è rimasto l'unico razzismo che l'Europa ancora si permette. Il quadro che ne deriva è abbastanza schizofrenico, quella che chiamiamo popolazione maggioritaria, li vede:

  • o come criminali e asociali irrecuperabili, da rinchiudere in riserve (salvo poi lamentarsi se queste riserve diventano discariche invivibili);
  • oppure come vittime della società (però vorrebbero "integrarsi" nella stessa società di cui sono vittime).

Il quadro, desolatamente, è simile in tutta Europa. A fatica, Romanì e società maggioritaria trovano modi di interagire, ma i risultati riguardano frazioni minoritarie delle due popolazioni, e dopo secoli di convivenza ogni tentativo, presente e passato, appare fragile e temporaneo.
Questo non toglie che dopo secoli di presenza nel nostro continente, anche la galassia romanì abbia potuto esprimere le proprie eccellenze in diverse campi. Ma, anche se il contributo all'umanità tutta di queste personalità è stato notevole, rimane la sensazione di casi isolati.
L'ispirazione delle pagine che seguono mi viene da un libro di Stefania Ragusa: "AFRICA QUI storie che non ci raccontano". Nell'introduzione scrive l'autrice:

    Questo libro nasce dalla domanda che, qualche anno fa, mi ha fatto Sara, una mia giovane amica italianissima ma dalla pelle d'ebano. Era appena rientrata da una breve vacanza a Londra, la prima fatta all'estero e da sola. [...] Sara mi diceva che a Londra aveva visto neri che lavoravano in banca, negli ospedali, all'università, negli studi legali, a dare notizie in tv, a dirigere il traffico... Perché, si chiedeva, in Italia i neri, quando riescono a lavorare, fanno solo mestieri umili? Ho risposto che tutto questo era dovuto al fatto che l'immigrazione, africana e non, in Italia è un fenomeno recente. Perché per iella o per fortuna non siamo riusciti a essere una potenza coloniale e perché, fino all'altro ieri, eravamo noi costretti a emigrare. Ma ho risposto anche che non tutti i neri, in Italia, facevano lavori umili. Che quella del "povero negro" era in buona parte un luogo comune. Lei mi ha rivolto uno sguardo perplesso e di sfida e ha detto: non ti credo, dimostramelo. Non era un ordine ma l'indicazione di un bisogno, profondissimo e non ancora dichiarato. [...]

Per i Romanì in tutta Europa, non nella sola Italia, la situazione è simile, anzi peggiore. E, mettiamoci la mano sulla coscienza, come reagiremmo NOI se incrociassimo un medico, un vigile, un ortolano Rom o Sinto? Questo tipo di persone esistono, le ho anche incontrate, ma la paura dello "stigma" spesso è più forte della voglia di dichiararsi. Ricordo nel libro "Non chiamarmi zingaro" di Pino Petruzzelli, il racconto di una dottoressa in Italia che nasconde persino a suo marito il suo essere rom.
Se con sguardo distaccato osserviamo la situazione dei Romanì in Europa, quello che notiamo non è tanto che nei secoli possano esserci state figure prominenti, ma l'assenza di quella borghesia (non necessariamente che sia anche classe dirigente), che ha accompagnato lo sviluppo di altri popoli. Questo significa che quasi dappertutto in Europa i Romanì vivono una situazione di continuo dopoguerra, non solo economico, ma anche sociale e politico.
Il dottore, l'avvocato, il giornalista romanì esistono, a volte superano anche la paura di dichiararsi. Per anni ho raccolto frammenti di queste storie, riportati da varie testate o direttamente dalla loro voce.
Riprendere qui le loro testimonianze può servirci:

  • ad avere un quadro meno stereotipato della più grande minoranza etnica in Europa;
  • nel contempo, a comprendere quanto la forte spinta ad emanciparsi, si leghi all'attaccamento e all'interazione con la comunità d'origine, come pure al mantenimento della propria identità;
  • infine, la speranza è la stessa del libro AFRICA QUI, che le testimonianze raccolte possano incoraggiare le giovani generazioni romanì a trovare un posto dignitoso tra i popoli di un'Europa di cui fanno parte a pieno titolo.

Un ulteriore motivo di approfondimento, deriva dagli argomenti trattati nelle interviste o nei ritratti che verranno presentati: da questioni quotidiane a tematiche più propriamente politiche. Per politica, non intendo soltanto i cosiddetti "temi classici": razzismo, integrazione, convivenze... ma anche questioni di base che riguardano il futuro del nostro continente, trattate da questa futura classe intellettuale. Ancora una volta, il gioco di vederci allo specchio, e di saper cogliere i contributi ideali che possono arrivarci.

In appendice ho aggiunto tre contributi: un mio saggio su come anche le novità della tecnologia non siano estranee alla galassia romanì, la recensione di una serie televisiva di qualche anno fa - che descriveva in modo atipico la vita di una famiglia rom in Slovacchia, e un raccontino finale, che spero possa essere di buon auspicio.

Indice:

  1. L'Europa che c'è - Pag. 2
  2. Introduzione: - Pag. 3
  3. Autore: - Pag. 5
  4. Paesi, competenze e professioni: - Pag. 8
  5. FRANCIA - L'attivista atipico - Pag. 8
  6. SPAGNA - Un'antropologa - Pag. 10
  7. La situazione delle donne rom in Europa - Pag. 11
  8. SERBIA - Comunità ed emancipazione - Pag. 15
  9. EUROPA - Biglietti da visita - Pag. 17
  10. ROMANIA - e l'identità - Pag. 19
  11. REPUBBLICA CECA - Professionisti di confine - Pag. 21
  12. GRAN BRETAGNA - Un giornalista "globale" - Pag. 23
  13. SLOVACCHIA - La preside - Pag. 26
  14. UNGHERIA - Dalla scuola alla società e viceversa - Pag. 32
  15. GRECIA - Il dottore - Pag. 35
  16. SLOVACCHIA - Una dottoressa tra tradizione e cambiamento - Pag. 37
  17. REPUBBLICA CECA - Il frigorifero come questione culturale - Pag. 42
  18. AUSTRALIA - La scrittrice - Pag. 44
  19. ISRAELE - Nomade e digitale - Pag. 47
  20. GRAN BRETAGNA - I ricordi di una scrittrice - Pag. 49
  21. SLOVACCHIA - Riflessioni sull'integrazione - Pag. 54
  22. Rom, Rivoluzione delle aspettative - Pag. 59
  23. SPAGNA - Il master - Pag. 62
  24. BULGARIA - La futura dottoressa - Pag. 63
  25. BULGARIA - Il plurilaureato - Pag. 64
  26. Confessioni di un Rom laureato - Pag. 64
  27. MACEDONIA - L'avvocato - Pag. 67
  28. SLOVACCHIA - Ricominciare a 50 anni - Pag. 69
  29. REPUBBLICA CECA - giornalista o attivista? - Pag. 77
  30. SLOVACCHIA e REPUBBLICA CECA - Quando i mondi si incontrano - Pag. 80
  31. SPAGNA - Responsabile socialista sull'immigrazione - Pag. 84
  32. ROMANIA - L'altra faccia dell'attivista - Pag. 85
  33. REPUBBLICA CECA - Reporter TV - Pag. 89
  34. SPAGNA - Uno sguardo da distante - Pag. 93
  35. GRAN BRETAGNA e IRLANDA - A suon di pugni - Pag. 98
  36. SVIZZERA - Il compositore sinfonico - Pag. 101
  37. REPUBBLICA CECA - Rapper e ambasciatore - Pag. 105
  38. Questo non ve l'aspettavate... - Pag. 107
  39. UNGHERIA - Pag. 107
  40. GRAN BRETAGNA - Pag. 109
  41. REPUBBLICA CECA - Pag. 109
  42. Ultima tappa - Pag. 112
  43. GRAN BRETAGNA: giornalista e blogger - Pag. 112
  44. Appendici - Pag. 116
  45. I Rom al tempo della rete - Pag. 116
  46. Televisione - Pag. 122
  47. Finale - Pag. 123
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Di Fabrizio (del 10/06/2013 @ 09:00:50, in Italia, visitato 1439 volte)

di TestardaMenteIo su SIMONA HRISTIAN BLOG

Da diversi anni si assiste ad un interesse per la musica e la cultura Rom, prevalentemente d'origine balcanica, senza che si vada oltre le musiche di Goran Bregovic o i film di Emir Kusturica, trascurando quindi le radici della storia dei Rom e, soprattutto, ignorando le attuali condizioni di vita in cui si trovano.

Nel contesto cittadino romano, in zone decentrate e relativamente isolate dai centri abitati, esistono diversi campi rom nei quali convivono varie etnie provenienti da alcuni Paesi dell'ex Jugoslavia e dalla Romania. Nella mia esperienza professionale, ho avuto l'opportunità di avvicinarmi alla realtà dei campi attrezzati della Capitale, autorizzati dal Comune e gestiti da varie associazioni italiane. Ho conosciuto diverse persone che ci abitano e ho ascoltato i loro racconti che vanno oltre ogni demagogia e retorica politica. La realtà dei campi è fatta di problemi oggettivi legati alla convivenza più o meno coatta in condizioni non idonee, dato che spesso la capienza del campo è inferiore al numero di persone ospitate, per lo più minori. Per non parlare del posizionamento di questi insediamenti, periferici e lontani dai centri abitati e dai servizi. Molti Rom non hanno mai conosciuto la vita di campo dato che nei loro Paesi di origine hanno vissuto una vita da sedentari. In Italia si ignora questo aspetto e si continua a considerarli nomadi.



Un testimone privilegiato di questa realtà è l'artista Antun Blazevic, in arte Tonizingaro che abbiamo interpellato per avere una opinione da parte di chi l'esperienza del campo l'ha vissuta in prima persona. Autore e interprete protagonista dei suoi spettacoli teatrali, Toni ha svolto anche il ruolo di mediatore culturale all'interno dei campi rom della Capitale dove è vissuto per circa 15 anni. Dall'inizio dell'intervista, Toni dimostra la sua natura anticonformista e irriverente, rispondendo con una battuta spiritosa, nonostante le tematiche affrontate. Alla domanda se vivesse ancora nel campo, ha esordito rispondendo: "No, grazie".

Toni, hai svolto il ruolo di mediatore culturale anche nei campi rom, quelli che sono erroneamente chiamati "campi nomadi". Secondo te, perché si continua a parlare dei rom come popolo nomade, nonostante siano stanziali?

Secondo me, si continua a parlarne di nomadismo per ignoranza, ancora non hanno capito cosa vuol dire nomadismo e non sanno che finì 200 anni fa. Ormai, per trovare dei nomadi rom, dovresti andare a cercarli in Mongolia.

Tu hai lavorato in uno dei campi rom della Capitale dove convivono insieme rom romeni, bosniaci e serbi, anche se divisi da un recinto "simbolico". Esistono dei contrasti tra varie etnie?
Io ho lavorato sia nel servizio H24, controllando chi entrava e chi usciva dal campo, che nel servizio di accompagnamento dei bambini a scuola. Non parlerei di conflitto tra le etnie. Secondo me, si tratta più di un desiderio di proteggere le proprie tradizioni che variano da un gruppo etnico all'altro. E' più una questione legata al senso di appartenenza. Per quanto riguarda la divisione del campo, si tratta, a mio avviso, di un problema di organizzazione. Le associazioni che gestiscono i campi dovrebbero risolvere e prevenire dall'inizio queste situazioni.

E' noto che molti bambini rom accumulano tante assenze a scuola e per quanto riguarda le cause, le opinioni sono diverse. Secondo la tua esperienza, cosa si potrebbe fare per risolvere questo problema?
Le responsabilità stanno da entrambe le parti. I motivi oggettivi non mancano: i campi si trovano in zone molto periferiche; le scuole che non accettano più di un certo numero di bambini rom sono distanti tra di loro; la mattina c'è tanto traffico; non ci sono soste adatte per gli scuola-bus e si deve cercare un parcheggio, far accompagnare ogni bambino a scuola, ripartire e ripetere la stessa prassi per tutti i bambini, che ovviamente arrivano quasi sempre in ritardo a scuola. Le associazioni che gestiscono i campi hanno problemi di organizzazione. Quando ho lavorato come accompagnatore per i bambini, avevo proposto di fare qualche cambiamento (partire presto, andare prima alla scuola più lontana per poi tornare verso quelle più vicine ecc.), ma non se ne è fatto niente. Dall'altra parte, ci sono le responsabilità dei rom che non sempre preparano in tempo i bambini e quindi molte volte si parte in ritardo per questo motivo.

Secondo te quali sono le cause che hanno portato i rom a essere così passivi?
Come dichiarai tempo fa in una trasmissione di RAI 3, il male assoluto che colpì i rom in Italia fu l'assistenzialismo. Queste politiche hanno permesso alle associazioni che gestiscono i campi di sostituirsi ai genitori e alle famiglie e quindi hanno abituato i rom ad aspettarsi che gli altri risolvano i loro problemi. I rom, al loro arrivo, pensavano da soli a se stessi ma queste politiche assistenzialiste li hanno portati a pensare di avere dei diritti senza considerare gli obblighi. Come dicevo prima, la responsabilità è sempre delle associazioni perché dovrebbero prendere dei provvedimenti e cercare di cambiare la situazione. Credo che si è ancora in tempo per cambiare l'andamento delle cose.

Nei campi ci sono anche dei rom italiani?
Qualcuno c'è, ma la maggioranza vive nelle case, sono inseriti nella società come i Sinti abruzzesi e i Camminanti siciliani che sono tutti stanziali.

Si sente spesso dire che i rom sono abituati a vivere così e che quindi sono loro stessi a volere i campi. Come sono nati i campi rom a Roma?
Sono nati negli anni '70 con le baraccopoli dei migranti dell'Italia meridionale che, nel momento in cui si sono trasferiti nelle case popolari, hanno affittato le baracche ai rom. Sono nati così i campi rom a Roma.

I campi rom sono un prodotto dell'emergenza abitativa della Capitale?
A Roma, il costo elevato degli affitti e la scarsità di case popolari sono una realtà. Molti appartamenti sono disabitati, altri sono proprietà della Chiesa e non vengono affittati. Inoltre, non è da sottovalutare la diffidenza verso i rom.



I Rom sono spesso presentati attraverso gli stereotipi e i pregiudizi. Nella mia vita da pendolare, mi è capitato spesso di sentire che il ritardo del treno fosse dovuto al furto di rame. Anche se negli annunci non si specifica chi siano gli autori, non manca chi fa commenti riferiti ai rom.
Sai, i rom sono utili per tante cose. Ai bambini non rom si insegna l'educazione, usando come minaccia gli "zingari"; sono attuali gli stereotipi che vedono gli zingari che rapiscono i bambini, che rubano e che sono sporchi. Mi ricordo un episodio a cui assistetti anni fa a Milano. Tornavo col tram da uno studio televisivo dove ero stato invitato e vicino a me sentii due signore italiane sulla settantina che parlavano della donna rom salita con un bambino in braccio e un altro che si reggeva alla gonna e che, secondo loro, puzzava. Quando la donna rom andò a timbrare il biglietto, le signore insinuarono che l'avesse rubato. Un'altra volta, a Roma, salii su un autobus e una signora, vedendomi, strinse subito la sua borsa al petto. La tranquillizzai dicendogli di non preoccuparsi perché quel giorno non stavo "lavorando".
Per quanto riguarda i ritardi dei treni, visto che ci sono sempre e su tutti le linee, se la colpa fosse dei rom, significherebbe che essi lavorano 24 ore su 24. Tu conosci dei rom che lavorano ininterrottamente 24 ore al giorno?

Qual è secondo te, se c'è, l'elemento che contraddistingue il popolo rom?
Se me lo avessi chiesto 20 anni fa, avrei saputo risponderti. Adesso non lo so perché negli ultimi tempi, con questa integrazione, ormai, non esistono più delle differenze. Quando si parla di integrazione, si intende assimilazione.

Questo purtroppo riguarda tutti i migranti, non solo i rom.
L'assimilazione rappresenta un impoverimento reciproco. Ci viene chiesto di lasciare la nostra cultura e adottare la loro per entrare a pieno titolo nella società. Si parla spesso del fatto che i rom non vogliano lavorare, ma non è tanto vero. Nei convegni o in altre occasioni, chiedo sempre alle persone che hanno questa opinione se prenderebbero preso come assistente famigliare o domestica una rom. Succede ancora oggi che appena si scopre che un dipendente sia rom, venga licenziato. Oltre la discriminazione c'è anche la crisi e la mancanza del lavoro per tutti, la concorrenza è tanta e i rom non sono neanche tanto qualificati e molti di loro non hanno neanche studiato. In compenso, le nuove generazioni hanno iniziato a specializzarsi di più e a studiare.

Sostieni che ormai non ci sia più alcun tratto caratteristico dei rom, eppure, secondo me, esiste una peculiarità del popolo rom che è il "pacifismo". In tutta la storia dell'umanità, il popolo rom non ha mai dichiarato una guerra o rivendicato terre.
Non ha mai fatto la guerra perché non esiste un paese per cui combattere. Neanche gli ebrei hanno fatto le guerre finché non hanno avuto uno stato. Se non hai un territorio da difendere o un paese di appartenenza, non ha senso fare le guerre.

Inno del popolo Rom "Jelem Jelem" (Camminando, camminando), eseguito dall'Orchestra Europea per la Pace e l'Alexian Group insieme a Miriam Meghnagi

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Di Fabrizio (del 09/06/2013 @ 09:03:19, in lavoro, visitato 1337 volte)

CORRIERE IMMIGRAZIONE - 1 giugno 2013 | di Amalia Chiovaro


Aiutare i soggetti più deboli a mettere a fuoco - e poi nero su bianco - i propri punti di forza professionali. Succede nel capoluogo siciliano. Un'idea da esportare.

Il bilancio di competenze - lo spieghiamo per chi non ne avesse sentito parlare - è uno strumento finalizzato a mettere a fuoco le capacità e le risorse della singola persona, in modo da facilitarne l'inserimento nel mondo del lavoro o la crescita professionale. In genere viene “somministrato” a manager, professionisti e a giovani in cerca della prima occupazione.

Come mai, vi domanderete, ne stiamo parlando su Corriere Immigrazione? Perché da circa un mese, a Palermo, il Fo.rom sta provando a utilizzare questo strumento a vantaggio della locale comunità romanì. Si tratta, in prevalenza, di kosovari e serbi. La maggior parte di loro vive all'interno del campo rom, ai margini del parco della Favorita, nelle vicinanze dello stadio di calcio. Altri invece sono dislocati nel centro storico della città. Pochi hanno una casa vera e quasi tutti vivono in condizioni precarie.

Mentre scriviamo ci risultano portati a compimento trenta bilanci. Altri quarantacinque saranno stilati nelle prossime settimane. Attraverso un questionario semi-strutturato, si prova a tirar fuori tutto quello che può valorizzare le esperienze maturate negli anni. Capita spesso che le persone sappiano fare delle cose particolari e/o utili (a livello artigianale, per esempio), ma non si rendano pienamente conto del valore del proprio know how. Tirare fuori certe informazioni, esplicitarle e metterle nero su bianco è molto utile per darsi un nuovo punto di partenza e una speranza di riscatto. E sortisce effetti positivi anche dal punto di vista psicologico. Ogni bilancio, infatti, è una storia, e rispettandola e portandola alla luce, le si dà il valore e il riconoscimento che merita. Chi fa i bilanci, certamente, deve possedere una reale capacità d'ascolto, che è qualcosa che va oltre la tecnica dell'intervista aperta: è un'arte della relazione, un incontro tra due persone e un percorso a ritroso nel tempo, a volte doloroso, che traccia storie e profili di immenso valore.

A circa un mese dall'avvio del progetto, si cominciano a vedere i primi risultati: due ragazze, per esempio, sono state inserite all'interno di un corso base di taglio e cucito organizzato da una sartoria sociale di Palermo, organizzata sotto il segno del riciclo e del riuso. Ma altri (buoni risultati) non mancheranno. È solo questione di tempo e di bilancio.

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Di Fabrizio (del 08/06/2013 @ 09:04:57, in scuola, visitato 1929 volte)

LINGUE

Romaninet è un corso multimediale che, oltre alla lingua e alla cultura romani', promuove la diversità linguistica e il dialogo sociale.
Il progetto è stato iniziato dall'istituto "Ribeira do Louro", scuola secondaria spagnola a cui sono iscritti numerosi studenti di lingua romani'. Si sono poi aggiunte altre sette organizzazioni di diversi Paesi: l'Università di Manchester, una delle principali in Europa dedite allo studio della lingua romani', alcune organizzazioni non governative internazionali che cooperano con i Roma ed una scuola rumena frequentata da molti alunni Roma. Il progetto è coordinato da "AtinServices", consultorio specializzato in corsi di lingua, mentre "Concept Consulting" ha curato il livello qualitativo del progetto.

Il corso si basa sul livello base di competenza del Quadro europeo comune di riferimento (A1 e A2) e non ha limiti di età. Il suo status di corso multimediale facilita il processo di apprendimento e incoraggia allo studio della lingua romani' anche coloro che non possiedono un elevato livello accademico.

Il corso si compone di 15 lezioni. Ogni lezione è costituita da un dialogo basato sull'animazione, contiene il vocabolario appreso di volta in volta, diversi esercizi per mettere in pratica il contenuto delle lezioni, spiegazioni della grammatica così come ausili di pratica linguistica (ascolto e ripetizione). Vi sono inoltre dei giochi, che consentono di praticare i contenuti delle lezioni in modo divertente, ed un test grazie al quale gli utilizzatori si possono rendere conto se hanno raggiunto gli obiettivi delle lezioni. Il corso è disponibile in cinque versioni linguistiche: inglese, spagnolo, portoghese, rumeno e bulgaro.

Sul sito web di Romaninet potete trovare:

Tre sezioni per tre diversi livelli

Approfondimento su lingua e cultura romani' sito web o scrivete un'e-mail all'indirizzo info@romaninet.com

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Di Fabrizio (del 07/06/2013 @ 09:05:42, in lavoro, visitato 1207 volte)

Leggevo martedì scorso questo accorato grido di dolore:

Milano: annullati eventi estivi, soldi spesi per il campo nomadi (clicca sull'immagine per leggere tutto l'articolo)

Immagino che la prima reazione degli amati lettori sarà stata del tipo: "Razzisti senza neanche più un briciolo di vergogna", magari con qualche riserva su quel lussuoso destinato al nuovo campo dell'Ortomercato.

Ma come sapete, per quanto io sia persona di saldissimi principi (o quantomeno, ci si prova), il mio approccio alla morale e ad appioppare giudizi (la chiamo: sovrastruttura) è piuttosto elastico.

Detto questo, mi rivolgo a tutti quei Rom e Sinti che tuttora svolgono attività di intrattenimento, cercando di farsi accettare dai gagé, ma padroneggiando ancora a stento determinati loro meccanismi economici e culturali. Fossi in loro, scriverei alla redazione (redazione@voxnews.info) una letterina di questo tenore (leggete anche le note):

    Spettabile redazione,
    Siamo ...
  • musicisti di strada
  • un corpo di ballo
  • studenti del Conservatorio
  • giostrai
  • mimi
  • bricoleur
  • una società di catering
  • attori
  • ...(1)
  • e abbiamo letto il vostro articolo di settimana scorsa riguardo la mancanza di eventi per "Verdestate". Gradiremmo porre rimedio a questa incresciosa situazione (son problemi!), proponendoci per allietare i vostri pomeriggi e le vostre serate estive (la mattina si dorme o si lavora...). Siamo Rom (e/o Sinti) anche noi, ma per niente "nomadi", e questa ci pare l'occasione più opportuna per iniziare ad appianare vecchie divergenze (o quantomeno provarci), a cominciare con l'impatto che può avere sulla zona il previsto campo all'Ortomercato.
    Speriamo di cuore che non siate infastiditi dal nostro essere "zingari": sarebbe strano (non ci permettiamo di dire RAZZISTA) lamentarsi della mancanza di eventi estivi, ma opporvisi se questi vedano la nostra partecipazione.
    Ovviamente, in quanto professionisti (2), non possiamo esibirci a titolo gratuito, ma riteniamo giusto che ad adeguata prestazione debba corrispondere adeguato compenso. TENIAMO FAMIGLIA (3).
    Con i nostri più distinti saluti,

    Firma


Note:

  • 1: scegliere la propria categoria, sono possibili scelte multiple;
  • 2: ricordarsi di dare di sé un'immagine seria e professionale. Anche se il vostro capitale iniziale è minimo, viviamo gli ultimi scampoli di un capitalismo-straccione dove la prima impressione3 vale anche di più delle proprie capacità;
  • 3: è l'occasione per dimostrare non solo la propria volontà di integrarsi, anche economicamente, nella società maggioritaria. Quel "TENIAMO FAMIGLIA" dimostra di aver appreso la filosofia economica della cultura italiana
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Di Fabrizio (del 07/06/2013 @ 09:00:19, in media, visitato 1437 volte)

(Immagine da Mundiromani)

Giovedì 13 giugno 2013 alle 21,00, ingresso ad offerta libera
CGIL Salone Di Vittorio - Piazza Segesta 4, con ingresso da Via Albertinelli 14 (discesa passo carraio) a Milano

Rassegna di minidocumentari, girati da romnià e con le loro interviste e testimonianze. Sarà presente una delle protagoniste: Ruzika Stojanovic, per rispondere alle domande del pubblico,

  • Evento di chiusura della rassegna HO INCONTRATO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI V Edizione, dedicata alle donne Rom, organizzata dall'Associazione La Conta in collaborazione con: l'Associazione "Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti", Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e la Redazione di Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo
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Di Fabrizio (del 06/06/2013 @ 09:08:30, in conflitti, visitato 1635 volte)

La foto non viene da Istanbul, ma da Milano, c'è il parco e anche le baracche... la continuità è data dal braccio della ruspa

Sto scrivendo domenica 2 giugno, e come molti di voi seguo, praticamente in tempo reale, quanto sta succedendo in Turchia: Gezi.

Un anticipo di quanto sta succedendo ORA (ma non fu per niente in tempo reale) ci fu nel 2010, anche se la lotta iniziò almeno 5 anni prima: SULUKULE (forse qualche lettore se ne ricorda). Ora i turchi lottano per mantenere un parco; nel caso di Sulukule, si trattava di un quartiere millenario, dove i primi Rom si insediarono alla venuta in Europa. Ora, cacciati in altri quartieri dove non possono più svolgere le loro attività (che erano anche fonte di entrata per il turismo locale), non possono più permettersi di pagare gli alti affitti a cui sono sottoposti. Dopo un millennio di stanzialità, sono tornati ad accamparsi COME NOMADI sulle rovine delle loro ex case.

    ATTENZIONE, è da parecchio che tocca ripeterlo: le politiche che i popoli romanì sperimentano, altro non sono che un laboratorio di ciò che poi toccherà anche ad altri. L'abbiamo voluto, l'abbiamo permesso, lo pagheremo.

Per chi volesse, QUI potete trovare una completa ricostruzione della vertenza di Sulukule. Altrimenti di seguito ho preparato un riassunto, con alcuni dei momenti principali.


Il quartiere di Sulukule ad Istanbul esiste[va] da mille anni, ed ospitava il più antico insediamento Rom del mondo. Dichiarato patrimonio dell'Unesco, oggi è stato quasi totalmente abbattuto nel piano di un rinnovamento urbano, ed i suoi residenti spostati in un altro quartiere lontano dal centro, con affitti che non sono in grado di pagare. La lettera è del 2006

Lettera aperta di Sukru Punduk, nato il 1/1/1968 a Sulukule, residente in Edirnekapi Kaleboyu Cad. Zuhuri Sok. No: 5.
Gli abitanti del quartiere iniziarono a stabilirvisi attorno al 1504, del calendario bizantino. Dopo l'arrivo degli Ottomani nel 1453, la comunità Rom rimase lì e molti Rom fecero di Sulukule il punto di partenza per arrivare in Europa. Il quartiere sorge accanto alle mura storiche del distretto di Fatih. Vi abitano circa 3.500 Rom, che erano circa 10.000 i residenti prima che iniziasse lo sgombero della municipalità di Fatih nel 1992. D'improvviso la municipalità chiuse i locali musicali e d'intrattenimento, con la scusa che non pagavano le tasse e quindi non potevano esercitare nel quartiere. Tuttavia, si può pensare che noi siamo dei "campioni" del pagamento delle tasse, pagando tasse sull'intrattenimento, senza mai ricevere dall'autorità riscontro delle somme pagate. Il provvedimento di sgombero non causò soltanto la diminuzione degli abitanti, ma anche disoccupazione per quanti rimasero, incapaci di pagare elettricità, acqua e riscaldamento. Ora, sempre la municipalità di Fatih è determinata ad abbattere le nostre case,  nonostante noi siamo in possesso dei documenti ricevuti nel 1983/84, quando le abitazioni provvisorie vennero legalizzate da un'amnistia e registrate. L'insieme di questi eventi, vanno considerati parte di un premeditato processo di rimozione della comunità romani dal centro città. Noi, il popolo Rom di Sulukule, soffriamo la mancanza dei nostri diritti basici come il diritto di proprietà, quello di avere un lavoro decente, quello dell'accesso all'acqua potabile e all'elettricità.
Il numero delle case che andranno demolite è di circa 571, per un totale di 8.000 mq. Siamo venuti a conoscenza dai giornali e dalla TV che il comune ha un piano di sviluppo e rivalutazione del quartiere. Richiediamo quindi un incontro col sindaco, Mustafa Demir. Ci fu un incontro a novembre 2005, a cui presero parte 17 di noi. Allora erano proprietari in 251 e 320 gli inquilini. Il sindaco disse che le case del quartiere sarebbero state demolite e che l'area era stata definito di rinnovo urbano. Offrì nuovi alloggi agli inquilini, senza però andare oltre la solita "lotteria" delle abitazioni pubbliche in Turchia. Gli alloggi erano situati a Tasoluk, a circa 2 ore e mezza dalla città più vicina, Gaziosmanpasa. Le case sarebbero state costruite dall'Assessorato alle Case Popolari, meglio noto come TOKI. D'altra parte, non v'è certezza su quale sarà il costo delle nuove case e di conseguenza, se saremo in grado di pagare l'affitto. Ed ancora, i lavori che svolgevano gli abitanti di Sulukule non si potranno più  svolgere nelle nuove case aumentando il rischio di pagamenti insoluti. Il sindaco ha offerto due opzioni:
1. comperare il loro terreno con un ammontare incerto per metro quadro;
2. che le case siano pagate in 15 anni, deducendone il valore del terreno.
Il nostro problema è l'incertezza della situazione.  Non esiste un progetto concreto sulle somme che ci verranno offerte per le nostre terre, e quindi non siamo in grado di decidere. Abbiamo perciò chiesto al sindaco di costruire noi le nostre case e di disegnare un progetto comune, ma la nostra proposta è stata rifiutata..

In seguito il comune a luglio 2006 mandò inviti individuali per illustrare la situazione di cui ho accennato sopra. I loro argomenti si basano sulla decisione del Consiglio dei Ministri, che chiede di determinare le aree soggette a rinnovamento urbano, con la legge 5366. Hanno dichiarato che entro la fine di agosto 2006 riceveremo le ordinanze di abbattimento. Finora, a nessuno nel quartiere è giunto niente, e tutti sono preoccupati perchè non ci sono proposte concrete di rilocazione, e nel contempo a Istambul ci sono state demolizioni nei quartieri rom di  Kucukbakkalkoy e Yahya Kemal. Anche lì le case demolite erano registrate a norma e non sono state offerte soluzioni di rilocazione degli abitanti.
Noi, abitanti Rom di Sulukule, non vogliamo lasciare le nostre case. Nel 1960 alcuni abitanti di Sulukule furono obbligati a trasferirsi a Gaziosmanpasa, dove c'è oggi una comunità Rom minacciata a sua volta di sgombero e demolizione da parte del comune. Perciò la migrazione forzata non è la soluzione per i progetti di rinnovamento urbano. Non vogliamo essere evacuati in nuovi appartamenti, ma continuare a vivere con i nostri strumenti, danze, musiche, dove i nostri antenati  si stabilirono un migliaio di anni fa. Non vogliamo essere esclusi dalla comunità cittadina, né essere obbligati a migrare dalle nostre terre. Richiediamo aiuto alle associazioni e ai singoli perché appoggino la nostra lotta contro la migrazione forzata. Invitiamo perciò avvocati e giornalisti a venire a Sulukule e rendersi conto di come viviamo.
Saremo grati alle organizzazioni europee o di altri paesi che chiedano informazioni sulla situazione di Sulukule alle ambasciate e ai consolati turchi. Apprezzeremo le vostre lettere di appoggio alla nostra comunità, per non farci sentire soli.

Sulukule Romani Culture Solidarity and Development Association
President
Sukru Punduk

9 giugno 2008 By PELIN TURGUT - Time.com
All'ombra dei merli bizantini, un gruppo di ragazze ridenti va avanti e indietro fra le case cadenti, smettendo occasionalmente di vibrare le loro anche e di roteare i loro polsi. Sono inseguite da diversi ragazzi urlanti, che le afferrano e le spingono "in prigione" verso un angolo. I bambini del quartiere impoverito di Sulukule a Istanbul - patria della più antica comunità rom del mondo - chiamano questo gioco Poliziotti e Ballerine, versione locale di Guardie e Ladri emendata per riflettere sulla loro esperienza di essere nati in una vita di danza e caccia dalla polizia.
E' giovedì pomeriggio presto e i bambini giocano per strada invece di essere a scuola. La ragione della loro assenza ingiustificata, d'altra parte, è la paura. "I bambini sono spaventati," dice Dilek Turan,  uno studente di psicologia volontario a Sulukule. "Non vogliono andare a scuola perché sono preoccupati di tornare a casa e non trovarla più." C'è una ragione: il piano cittadino di demolire le loro case parte di un controverso progetto di rinnovamento urbano in vista di Istanbul Capitale Culturale Europea nel 2010.
Fu in era bizantina che gli antenati dei bambini rom di Sulukule si accamparono per la prima volta su questo particolare pezzo di terra, accanto al Corno d'Oro e appena fuori dalle mura del V secolo della vecchia Costantinopoli. La prima registrazione della comunità, circa nel 1050, si riferisce ad un gruppo di persone, che si riteneva provenissero dall'India (dove, per la verità, molti storici credono siano originari i Rom), accampati in tende nere fuori dalle mura cittadine. Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli, alla comunità fu garantito il permesso ufficiale del sultano Sultan Mehmet II di avere dimora in quello che ora è Sulukule.
Per secoli la comunità rom si è guadagnata da vivere come indovini e ballerini per la corte ottomana, e più tardi per i Turchi - una tradizione portata sullo schermo nel film di James Bond Dalla Russia con Amore. Le loro fortune ebbero una svolta negativa negli anni '90, quando le loro "case d'intrattenimento" - abitazioni private dove le famiglie zingare cucinavano e ballavano per i loro concittadini benestanti - furono chiuse con l'accusa di gioco d'azzardo e prostituzione.
I Rom di Istanbul sono molto poveri, guadagnano in media circa $250 al mese, ma la terra che abitano, una volta periferica e senza importanza, è ora un bene immobiliare molto apprezzato a pochi minuti dal centro città. Se gli appaltatori ed il comune locale hanno il loro senso, l'intero quartiere di Sulukule  - che ha 3.500 residenti - verrà raso al suolo entro la fine dell'anno per far posto a 620 case signorili in stile neo-ottomano.
"Ogni giorno, ci domandiamo quale casa verrà demolita," dice Nese Ozan, volontario della Piattaforma Sulukule, una coalizione di architetti, attivisti e lavoratori sociali contro la demolizione. Ogni tre o quattro case derelitte di un blocco, una è stata ridotta ad un mucchio di residui e di metallo ritorto. Una X rossa segna le prossime, quelle in prima linea per le squadre di demolizione.
Mustafa Demir, sindaco della municipalità conservatrice di Fatih che sponsorizza il programma di demolizione, dice che c'è bisogno di un progetto di rinnovamento sociale "per rimpiazzare i tuguri". Il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan ha chiamato Sulukule "terribile" ed espresso stupore per le proteste anti-demolizione. Che il quartiere abbia un disperato bisogno di risanamento è chiaro, ma i critici accusano le autorità di aver mancato di includere una delle più antiche comunità nei piani per lo sviluppo. Invece, ai Rom sono state offerte due opzioni: possono vendere le loro proprietà a basso prezzo (o doversi trovare di fronte all'esproprio), o traslocare nel quartiere popolare di Tasoluk, a circa 25 miglia dalla città, e pagare un'ipoteca di oltre 15 anni che pochi possono permettersi.
"La municipalità non capisce che se intende rinnovare quest'area, c'è bisogno di fare in maniera che permetta alla comunità di continuare a vivere qui," dice Ozan. "Non possono limitarsi a sgomberare tutti, radere l'area la suolo e costruire un sobborgo. Questa è una comunità storica."
Il ricercatore rom britannico Adrian Marsh vede un programma più scuro al lavoro. "Quello che abbiamo è la municipalità più religiosa del paese che si confronta con quello che ritiene storicamente il gruppo più irreligioso ed immorale," dice. "Se rigenerassero la comunità in maniera inclusiva, avrebbero 3.000 voti extra, ma non stanno agendo così. Perché? Perché considerano la comunità di Sulukule irrecuperabile." Soluzioni a lungo termine come permettere ai Rom di impiantare music halls legali ed ottenere un guadagno, non sono gradite alle autorità locali dominate dagli islamisti, perché non intendono promuovere questo tipo di intrattenimento, ragiona Marsh.
Questo è molto più certo: disperdere la comunità rom di Sulukule distruggerà la loro cultura, che è legata alla vita comunale. Famiglie estese condividono case e forme musicali, usando le strade come estensione delle loro stanze. "Sulukule presenta un modo di vita unico," ha concluso un gruppo di ricerca sul design urbano dell'University College di Londra. "Questo dev'essere tenuto in conto e preservato quando viene introdotto un nuovo sviluppo per l'area."
La Piattaforma Sulukule ha richiesto un'ingiunzione del tribunale contro la demolizione ed il parlamento ha ha nominato un comitato di studio. Ma i bulldozer non aspettano. Il gioco di Poliziotti e Ballerine non sta andando bene per lo spettacolo.

Sabato, 21 giugno 2008 - ISTANBUL – Turkish Daily News
Operai della municipalità di Fatih-Istanbul giovedì hanno distrutto una casa nel quartiere di Sulukule, anche se dentro c'era ancora gente, così si è lamentato un portavoce di un'organizzazione che combatte la trasformazione urbana dell'area. La municipalità ha rifiutato le accuse.
Sulukule è sotto esame da quando un progetto di trasformazione urbano è cominciato nell'area, il cui progetto vorrebbe eliminare lo spazio vitale e minacciare la cultura del popolo Rom, che hanno vissuto nel quartiere da secoli.. Ciononostante, la municipalità ha iniziato le demolizioni a febbraio.
La casa al numero 15 di via Neslişah Camii è stata distrutta anche se non era tra gli edifici indicati da distruggere come parte del progetto, ha reclamato Hacer Foggo, rappresentante della Piattaforma Sulukule. "Gli abitanti hanno pensato che fosse un terremoto. Nella casa c'erano due sorelle. Nessuno è stato ferito nella demolizione, ma la casa è inabitabile," ha detto. Foggo ha anche lamentato che, testimoniano i residenti del quartiere, la squadra di demolizione ha detto "Abbiamo distrutto la casa per errore" e sono andati.
Mustafa Çiftçi, consigliere comunale per le aree rinnovabili, ha rigettato le lamentele, dicendo che non c'è stata alcuna demolizione di un edificio che non fosse vuoto. "Prendiamo rapporti per impedire situazioni come queste. Distruggiamo edifici che siano assolutamente vuoti," ha detto Çiftçi.

Non c'è solo Sulukule. Radikal, 11/02/2010
Le famiglie rom obbligate a lasciare Selendi (Manisa) dopo che il loro quartiere è stato attaccato e dato alle fiamme sono arrivate a Salihli (Gordes), dove lo stato aveva promesso loro assistenza, ma non ha mantenuto le promesse. Oggi, soltanto poche famiglie possono cucinare qualcosa nelle loro abitazioni temporanee. Qualcuno può scaldarsi la casa, ma la maggioranza manca di legna da bruciare e di acqua calda, così lavarsi è un lusso. Soltanto metà delle case hanno acqua corrente. "Non puoi stare bene e sano in queste condizioni", dicono i Rom, "nel passato ogni famiglia aveva un tetto sopra la testa, ma ora ci sono fogli di plastica e per ogni casa ci sono tre famiglie". Il materiale per i miglioramenti di queste proprietà, per renderle abitabili alle famiglie rom, è accatastato lì vicino nella locale moschea.
Inoltre, secondo il governatore del distretto di Salihli, i Rom sono vittime di discriminazione nella loro nuova collocazione. "Anche quando ricorriamo allo stato per trovare case per le famiglie rom, i proprietari non vogliono affittare," dice. "Se sono per le famiglie rom, ci dicono, non li vogliamo nei nostri appartamenti."
La comunità rom ha vissuto a Selendi, Manisa, per oltre trent'anni. A Capodanno ci fu un diverbio ed in una casa del te non volevano servire un Rom, anche se il proprietario del locale si giustifica dicendo che il Rom stava fumando nel locale (la legge turca, in linea con le politiche UE, proibisce di fumare sigarette nei ristoranti, bar e caffè aperti al pubblico). A seguito di ciò, iniziò una "spedizione punitiva" contro il quartiere rom, con lancio di pietre contro le case ed auto bruciate per le strade. Grazie all'aiuto della locale Jandarma (gendarmeria), le famiglie si rifugiarono nella vicina città di Gordes. La questione ebbe ampio risalto sui media, con i parlamentari che per giorni dopo l'accaduto, focalizzarono la loro attenzione sul problema dei "Rom-in-esilio". Le autorità fecero promesse. "Queste ferite saranno rimarginate. Ai Rom verranno date nuove case." Invece, le famiglie vennero separate, i parenti divisi, mentre altra furono obbligate a vivere in condizioni ristrette di tre famiglie a condividere piccole case a Salihli. Un mese dopo, il dramma è finito e 18 famiglie stanno vivendo nella miseria...

Dr. Adrian Marsh
Researcher in Romani Studies
adrianrmarsh@mac.com
+46-73-358 8918


NOTA: Quanto sopra fa parte di un rapporto che scrissi a maggio 2010 per alcuni amici di Amnesty International Italia, riguardo la situazione abitativa dei Rom in Europa. Chi fosse interessato, può richiedermene una copia via mail (file .pdf, 36 pagine, 378 KB)

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Di Fabrizio (del 05/06/2013 @ 09:09:11, in Regole, visitato 1789 volte)

Uno dei controlli effettuati da vigili e polizia al campo - L'Arena di Giampaolo Chavan
CONTROLLI IN VIA SOGARE. L'intervento di polizia e vigili urbani risale al settembre 2008. I difensori hanno affermato che tutti gli allacciamenti alla rete idrica erano regolari come è emerso dalle testimonianze nel dibattimento

Quattro anni e mezzo vissuti sul filo del rasoio di una possibile condanna. Sono durati fino a ieri quando è arrivata l'assoluzione perchè i fatti non sussistono per i 41 sinti, insediatisi in via Sogare nel 2002. Risaliva al 25 settembre 2008, l'intervento di vigili urbani, carabinieri e polizia nel campo di via Sogare con l'accertamento di tre reati: occupazione abusiva di suolo, accusa archiviata già in fase d'indagine su richiesta della stessa procura, furto di acqua ed energia. La sentenza del giudice Giorgio Piziali ieri ha spazzato via anche queste due accuse con l'assoluzione dei 41 sinti, accogliendo le tesi del collegio difensivo, rappresentato in aula da Federica Panizzo, Paola Montresor, Annalisa Bravi, Maila Meniconi e Gianluca Vettorato. Le ragioni di questa assoluzione, però, si conosceranno solo tra 45 giorni quando il giudice Giorgio Piziali depositerà la motivazione della sentenza. Al termine della sua requisitoria, il pm non togato in aula Giusy Bisceglie aveva chiesto una condanna a 3 anni per gli imputati. Ieri i cinque difensori hanno ricordato che durante le udienze, è emersa la regolarità del comportamento dei Sinti. I testimoni chiamati a deporre, hanno insistito tutti i legali, hanno parlato di un allacciamento regolare alla rete idrica pubblica. A confermarlo durante il processo, sono stati un paio di funzionari del del Comune e lo stesso ex assessore della giunta Zanotto, Tito Brunelli. "Il 25 settembre 2008", ha detto in aula l'avvocato Annalisa Bravi, difensore di alcuni degli imputati, "vigili urbani, carabinieri e polizia hanno fatto una "retata" per fotografare la situazione di quel giorno". E non sono mancati anche equivoci: "È finita sul registro degli indagati anche una persona che non risiedeva nel campo ma quella mattina si trovava lì solo per caso", ha spiegato ancora Bravi. Maila Meniconi, legale di altri due imputati, ha ricordato che "non è stata raggiunta la prova della responsabilità di furti commessi dai sinti nel campo di via Sogare". Anche l'avvocata Federica Panizzo alla fine dell'udienza ha sottolineato che "quando è stato cancellato il reato di occupazione abusiva del suolo, dovevano essere archiviate anche le altre accuse". E ancora: "Indigna un processo intentato per il furto di un bene primario quale è l'acqua: diritto fondamentale a cui tutti gli esseri viventi hanno diritto". L'avvocato Paola Montresor ha sottolineato l'assenza del Comune sui banchi riservati alle parti civili, aggiungendo che l'amministrazione "sapeva dell'esistenza dei due contatori ai quali si allacciavano i sinti". Nel tardo pomeriggio, è arrivata anche la nota della comunità dei Sinti: "Esprimiamo grande soddisfazione per la piena assoluzione pronunciata dal giudice Piziali". La decisione ha un sapore particolare per alcuni imputati: "La sentenza assume un significato ancor più pregnante", riporta la nota, "per alcuni appartenenti alla comunità che poco prima di affrontare quali parti civili il processo intentato per propaganda d'idee razzista a carico di Tosi (svoltosi il 20 ottobre 2008 mentre l'intervento delle forze dell'ordine in via Sogare risale al 25 settembre ndr) si vedevano ingiustamente accusati di reati. Da parti offese per una strana coincidenza, divenivano improvvisamente indagate per reati contro il patrimonio. Ieri è stata ristabilita la verità".

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Di Fabrizio (del 05/06/2013 @ 09:03:30, in sport, visitato 2625 volte)

Mercoledì 12 giugno 2013, h. 21.00
Libreria Popolare di via Tadino 18 - MILANO

    Il libro di Roger Repplinger, pubblicato dalle Edizioni Upre Roma in collaborazione con l'Istituto di Cultura Sinta, racconta la vicenda di due eroi dello sport tedesco che si intreccia negli anni dei grandi e drammatici rivolgimenti della storia europea, nel secolo delle due guerre mondiali, delle rivoluzioni e degli stermini razziali. Uno è un pugile "zingaro", l'altro un centravanti "ariano": si incroceranno in un campo di concentramento dove il destino dell'uno è di porre fine al destino dell'altro.

    "Rukeli" Trollmann, sinto tedesco cresciuto nella città vecchia di Hannover, è il pugile danzante, beniamino del pubblico maschile e femminile della Repubblica di Weimar. Nei primi anni Trenta all'apice della forma diventa un pretendente per il titolo di campione nazionale nei pesi mediomassimi, ma ha un difetto: è uno "zingaro" e inoltre il suo stile non è "ariano". Ciononostante non si può impedirgli di competere e nel giugno del 1933 combatte e vince il suo match per il titolo. I nazisti, preso il potere hanno già iniziato le epurazioni razziali e controllano anche la federazione dei pugili tedesca, dopo una settimana gli tolgono il titolo.

    Ma la cosa è troppo grossa, devono concedergli un'altra opportunità, ma lo fanno a condizione che rinunci al suo stile e combatta da "ariano", fermo in mezzo al ring a scambiarsi pugni. Il suo avversario è il più forte picchiatore europeo. Rukeli sa che a quelle condizioni perderà e allora risponde a suo modo: vogliono un ariano, farò l'ariano. Si presenta sul ring con i capelli tinti di biondo e il corpo coperto di borotalco, si mette in mezzo al ring e per 5 round si scambia pugni fino a cadere sul tappeto in una nuvola bianca. Con questo gesto straordinario di sfida al razzismo del regime la sua carriera è finita, così come è finita la convivenza di rom e sinti nella Germania nazista che dal 1942 saranno perseguitati perché "razza" da sterminare come la "razza" ebraica.

    Espulso dall'esercito perché sinto, Rukeli finisce nel campo di concentramento di Neuengamme dove incrocia Tull Harder, il grande centravanti dell'Amburgo e della nazionale tedesca. L'eroe del calcio è l'opposto di Rukeli: di famiglia borghese, aderisce subito al nazionalsocialismo, entra nelle SS, impiegato nei Lager partecipa al Porrajmos, lo sterminio di massa di rom e sinti.

    La fine di Rukeli sarà l'ultima espressione dell'orgoglio e della dignità sinta. Costretto a sfidare uno dei kapò più feroci in un match davanti a tutti prigionieri e alle SS del Lager, Rukeli sa che se perde si salva, ma ciononostante mette ko l'aguzzino, ridicolizzandolo, così come aveva ridicolizzato il razzismo nazista. La vendetta del kapò sarà la stessa, annientare: pochi giorni dopo lo smacco, ucciderà Rukeli. Ma sarà il sinto a vincere 70 anni dopo, quando la Germania restituirà ai famigliari di Rukeli, scampati al Porrajmos, la corona di campione e con essa onore e dignità a lui e a tutti i rom e sinti discriminati e perseguitati.

Ne parlano con il curatore PAOLO CAGNA NINCHI

  • DANIELE NAHUM già vicepresidente della comunità ebraica di Milano
  • FABRIZIO CASAVOLA redazione di Mahalla
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