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\\ Mahalla : Articolo
Rifrittura in salsa turca
Di Fabrizio (del 06/06/2013 @ 09:08:30, in conflitti, visitato 1638 volte)

La foto non viene da Istanbul, ma da Milano, c'è il parco e anche le baracche... la continuità è data dal braccio della ruspa

Sto scrivendo domenica 2 giugno, e come molti di voi seguo, praticamente in tempo reale, quanto sta succedendo in Turchia: Gezi.

Un anticipo di quanto sta succedendo ORA (ma non fu per niente in tempo reale) ci fu nel 2010, anche se la lotta iniziò almeno 5 anni prima: SULUKULE (forse qualche lettore se ne ricorda). Ora i turchi lottano per mantenere un parco; nel caso di Sulukule, si trattava di un quartiere millenario, dove i primi Rom si insediarono alla venuta in Europa. Ora, cacciati in altri quartieri dove non possono più svolgere le loro attività (che erano anche fonte di entrata per il turismo locale), non possono più permettersi di pagare gli alti affitti a cui sono sottoposti. Dopo un millennio di stanzialità, sono tornati ad accamparsi COME NOMADI sulle rovine delle loro ex case.

    ATTENZIONE, è da parecchio che tocca ripeterlo: le politiche che i popoli romanì sperimentano, altro non sono che un laboratorio di ciò che poi toccherà anche ad altri. L'abbiamo voluto, l'abbiamo permesso, lo pagheremo.

Per chi volesse, QUI potete trovare una completa ricostruzione della vertenza di Sulukule. Altrimenti di seguito ho preparato un riassunto, con alcuni dei momenti principali.


Il quartiere di Sulukule ad Istanbul esiste[va] da mille anni, ed ospitava il più antico insediamento Rom del mondo. Dichiarato patrimonio dell'Unesco, oggi è stato quasi totalmente abbattuto nel piano di un rinnovamento urbano, ed i suoi residenti spostati in un altro quartiere lontano dal centro, con affitti che non sono in grado di pagare. La lettera è del 2006

Lettera aperta di Sukru Punduk, nato il 1/1/1968 a Sulukule, residente in Edirnekapi Kaleboyu Cad. Zuhuri Sok. No: 5.
Gli abitanti del quartiere iniziarono a stabilirvisi attorno al 1504, del calendario bizantino. Dopo l'arrivo degli Ottomani nel 1453, la comunità Rom rimase lì e molti Rom fecero di Sulukule il punto di partenza per arrivare in Europa. Il quartiere sorge accanto alle mura storiche del distretto di Fatih. Vi abitano circa 3.500 Rom, che erano circa 10.000 i residenti prima che iniziasse lo sgombero della municipalità di Fatih nel 1992. D'improvviso la municipalità chiuse i locali musicali e d'intrattenimento, con la scusa che non pagavano le tasse e quindi non potevano esercitare nel quartiere. Tuttavia, si può pensare che noi siamo dei "campioni" del pagamento delle tasse, pagando tasse sull'intrattenimento, senza mai ricevere dall'autorità riscontro delle somme pagate. Il provvedimento di sgombero non causò soltanto la diminuzione degli abitanti, ma anche disoccupazione per quanti rimasero, incapaci di pagare elettricità, acqua e riscaldamento. Ora, sempre la municipalità di Fatih è determinata ad abbattere le nostre case,  nonostante noi siamo in possesso dei documenti ricevuti nel 1983/84, quando le abitazioni provvisorie vennero legalizzate da un'amnistia e registrate. L'insieme di questi eventi, vanno considerati parte di un premeditato processo di rimozione della comunità romani dal centro città. Noi, il popolo Rom di Sulukule, soffriamo la mancanza dei nostri diritti basici come il diritto di proprietà, quello di avere un lavoro decente, quello dell'accesso all'acqua potabile e all'elettricità.
Il numero delle case che andranno demolite è di circa 571, per un totale di 8.000 mq. Siamo venuti a conoscenza dai giornali e dalla TV che il comune ha un piano di sviluppo e rivalutazione del quartiere. Richiediamo quindi un incontro col sindaco, Mustafa Demir. Ci fu un incontro a novembre 2005, a cui presero parte 17 di noi. Allora erano proprietari in 251 e 320 gli inquilini. Il sindaco disse che le case del quartiere sarebbero state demolite e che l'area era stata definito di rinnovo urbano. Offrì nuovi alloggi agli inquilini, senza però andare oltre la solita "lotteria" delle abitazioni pubbliche in Turchia. Gli alloggi erano situati a Tasoluk, a circa 2 ore e mezza dalla città più vicina, Gaziosmanpasa. Le case sarebbero state costruite dall'Assessorato alle Case Popolari, meglio noto come TOKI. D'altra parte, non v'è certezza su quale sarà il costo delle nuove case e di conseguenza, se saremo in grado di pagare l'affitto. Ed ancora, i lavori che svolgevano gli abitanti di Sulukule non si potranno più  svolgere nelle nuove case aumentando il rischio di pagamenti insoluti. Il sindaco ha offerto due opzioni:
1. comperare il loro terreno con un ammontare incerto per metro quadro;
2. che le case siano pagate in 15 anni, deducendone il valore del terreno.
Il nostro problema è l'incertezza della situazione.  Non esiste un progetto concreto sulle somme che ci verranno offerte per le nostre terre, e quindi non siamo in grado di decidere. Abbiamo perciò chiesto al sindaco di costruire noi le nostre case e di disegnare un progetto comune, ma la nostra proposta è stata rifiutata..

In seguito il comune a luglio 2006 mandò inviti individuali per illustrare la situazione di cui ho accennato sopra. I loro argomenti si basano sulla decisione del Consiglio dei Ministri, che chiede di determinare le aree soggette a rinnovamento urbano, con la legge 5366. Hanno dichiarato che entro la fine di agosto 2006 riceveremo le ordinanze di abbattimento. Finora, a nessuno nel quartiere è giunto niente, e tutti sono preoccupati perchè non ci sono proposte concrete di rilocazione, e nel contempo a Istambul ci sono state demolizioni nei quartieri rom di  Kucukbakkalkoy e Yahya Kemal. Anche lì le case demolite erano registrate a norma e non sono state offerte soluzioni di rilocazione degli abitanti.
Noi, abitanti Rom di Sulukule, non vogliamo lasciare le nostre case. Nel 1960 alcuni abitanti di Sulukule furono obbligati a trasferirsi a Gaziosmanpasa, dove c'è oggi una comunità Rom minacciata a sua volta di sgombero e demolizione da parte del comune. Perciò la migrazione forzata non è la soluzione per i progetti di rinnovamento urbano. Non vogliamo essere evacuati in nuovi appartamenti, ma continuare a vivere con i nostri strumenti, danze, musiche, dove i nostri antenati  si stabilirono un migliaio di anni fa. Non vogliamo essere esclusi dalla comunità cittadina, né essere obbligati a migrare dalle nostre terre. Richiediamo aiuto alle associazioni e ai singoli perché appoggino la nostra lotta contro la migrazione forzata. Invitiamo perciò avvocati e giornalisti a venire a Sulukule e rendersi conto di come viviamo.
Saremo grati alle organizzazioni europee o di altri paesi che chiedano informazioni sulla situazione di Sulukule alle ambasciate e ai consolati turchi. Apprezzeremo le vostre lettere di appoggio alla nostra comunità, per non farci sentire soli.

Sulukule Romani Culture Solidarity and Development Association
President
Sukru Punduk

9 giugno 2008 By PELIN TURGUT - Time.com
All'ombra dei merli bizantini, un gruppo di ragazze ridenti va avanti e indietro fra le case cadenti, smettendo occasionalmente di vibrare le loro anche e di roteare i loro polsi. Sono inseguite da diversi ragazzi urlanti, che le afferrano e le spingono "in prigione" verso un angolo. I bambini del quartiere impoverito di Sulukule a Istanbul - patria della più antica comunità rom del mondo - chiamano questo gioco Poliziotti e Ballerine, versione locale di Guardie e Ladri emendata per riflettere sulla loro esperienza di essere nati in una vita di danza e caccia dalla polizia.
E' giovedì pomeriggio presto e i bambini giocano per strada invece di essere a scuola. La ragione della loro assenza ingiustificata, d'altra parte, è la paura. "I bambini sono spaventati," dice Dilek Turan,  uno studente di psicologia volontario a Sulukule. "Non vogliono andare a scuola perché sono preoccupati di tornare a casa e non trovarla più." C'è una ragione: il piano cittadino di demolire le loro case parte di un controverso progetto di rinnovamento urbano in vista di Istanbul Capitale Culturale Europea nel 2010.
Fu in era bizantina che gli antenati dei bambini rom di Sulukule si accamparono per la prima volta su questo particolare pezzo di terra, accanto al Corno d'Oro e appena fuori dalle mura del V secolo della vecchia Costantinopoli. La prima registrazione della comunità, circa nel 1050, si riferisce ad un gruppo di persone, che si riteneva provenissero dall'India (dove, per la verità, molti storici credono siano originari i Rom), accampati in tende nere fuori dalle mura cittadine. Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli, alla comunità fu garantito il permesso ufficiale del sultano Sultan Mehmet II di avere dimora in quello che ora è Sulukule.
Per secoli la comunità rom si è guadagnata da vivere come indovini e ballerini per la corte ottomana, e più tardi per i Turchi - una tradizione portata sullo schermo nel film di James Bond Dalla Russia con Amore. Le loro fortune ebbero una svolta negativa negli anni '90, quando le loro "case d'intrattenimento" - abitazioni private dove le famiglie zingare cucinavano e ballavano per i loro concittadini benestanti - furono chiuse con l'accusa di gioco d'azzardo e prostituzione.
I Rom di Istanbul sono molto poveri, guadagnano in media circa $250 al mese, ma la terra che abitano, una volta periferica e senza importanza, è ora un bene immobiliare molto apprezzato a pochi minuti dal centro città. Se gli appaltatori ed il comune locale hanno il loro senso, l'intero quartiere di Sulukule  - che ha 3.500 residenti - verrà raso al suolo entro la fine dell'anno per far posto a 620 case signorili in stile neo-ottomano.
"Ogni giorno, ci domandiamo quale casa verrà demolita," dice Nese Ozan, volontario della Piattaforma Sulukule, una coalizione di architetti, attivisti e lavoratori sociali contro la demolizione. Ogni tre o quattro case derelitte di un blocco, una è stata ridotta ad un mucchio di residui e di metallo ritorto. Una X rossa segna le prossime, quelle in prima linea per le squadre di demolizione.
Mustafa Demir, sindaco della municipalità conservatrice di Fatih che sponsorizza il programma di demolizione, dice che c'è bisogno di un progetto di rinnovamento sociale "per rimpiazzare i tuguri". Il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan ha chiamato Sulukule "terribile" ed espresso stupore per le proteste anti-demolizione. Che il quartiere abbia un disperato bisogno di risanamento è chiaro, ma i critici accusano le autorità di aver mancato di includere una delle più antiche comunità nei piani per lo sviluppo. Invece, ai Rom sono state offerte due opzioni: possono vendere le loro proprietà a basso prezzo (o doversi trovare di fronte all'esproprio), o traslocare nel quartiere popolare di Tasoluk, a circa 25 miglia dalla città, e pagare un'ipoteca di oltre 15 anni che pochi possono permettersi.
"La municipalità non capisce che se intende rinnovare quest'area, c'è bisogno di fare in maniera che permetta alla comunità di continuare a vivere qui," dice Ozan. "Non possono limitarsi a sgomberare tutti, radere l'area la suolo e costruire un sobborgo. Questa è una comunità storica."
Il ricercatore rom britannico Adrian Marsh vede un programma più scuro al lavoro. "Quello che abbiamo è la municipalità più religiosa del paese che si confronta con quello che ritiene storicamente il gruppo più irreligioso ed immorale," dice. "Se rigenerassero la comunità in maniera inclusiva, avrebbero 3.000 voti extra, ma non stanno agendo così. Perché? Perché considerano la comunità di Sulukule irrecuperabile." Soluzioni a lungo termine come permettere ai Rom di impiantare music halls legali ed ottenere un guadagno, non sono gradite alle autorità locali dominate dagli islamisti, perché non intendono promuovere questo tipo di intrattenimento, ragiona Marsh.
Questo è molto più certo: disperdere la comunità rom di Sulukule distruggerà la loro cultura, che è legata alla vita comunale. Famiglie estese condividono case e forme musicali, usando le strade come estensione delle loro stanze. "Sulukule presenta un modo di vita unico," ha concluso un gruppo di ricerca sul design urbano dell'University College di Londra. "Questo dev'essere tenuto in conto e preservato quando viene introdotto un nuovo sviluppo per l'area."
La Piattaforma Sulukule ha richiesto un'ingiunzione del tribunale contro la demolizione ed il parlamento ha ha nominato un comitato di studio. Ma i bulldozer non aspettano. Il gioco di Poliziotti e Ballerine non sta andando bene per lo spettacolo.

Sabato, 21 giugno 2008 - ISTANBUL – Turkish Daily News
Operai della municipalità di Fatih-Istanbul giovedì hanno distrutto una casa nel quartiere di Sulukule, anche se dentro c'era ancora gente, così si è lamentato un portavoce di un'organizzazione che combatte la trasformazione urbana dell'area. La municipalità ha rifiutato le accuse.
Sulukule è sotto esame da quando un progetto di trasformazione urbano è cominciato nell'area, il cui progetto vorrebbe eliminare lo spazio vitale e minacciare la cultura del popolo Rom, che hanno vissuto nel quartiere da secoli.. Ciononostante, la municipalità ha iniziato le demolizioni a febbraio.
La casa al numero 15 di via Neslişah Camii è stata distrutta anche se non era tra gli edifici indicati da distruggere come parte del progetto, ha reclamato Hacer Foggo, rappresentante della Piattaforma Sulukule. "Gli abitanti hanno pensato che fosse un terremoto. Nella casa c'erano due sorelle. Nessuno è stato ferito nella demolizione, ma la casa è inabitabile," ha detto. Foggo ha anche lamentato che, testimoniano i residenti del quartiere, la squadra di demolizione ha detto "Abbiamo distrutto la casa per errore" e sono andati.
Mustafa Çiftçi, consigliere comunale per le aree rinnovabili, ha rigettato le lamentele, dicendo che non c'è stata alcuna demolizione di un edificio che non fosse vuoto. "Prendiamo rapporti per impedire situazioni come queste. Distruggiamo edifici che siano assolutamente vuoti," ha detto Çiftçi.

Non c'è solo Sulukule. Radikal, 11/02/2010
Le famiglie rom obbligate a lasciare Selendi (Manisa) dopo che il loro quartiere è stato attaccato e dato alle fiamme sono arrivate a Salihli (Gordes), dove lo stato aveva promesso loro assistenza, ma non ha mantenuto le promesse. Oggi, soltanto poche famiglie possono cucinare qualcosa nelle loro abitazioni temporanee. Qualcuno può scaldarsi la casa, ma la maggioranza manca di legna da bruciare e di acqua calda, così lavarsi è un lusso. Soltanto metà delle case hanno acqua corrente. "Non puoi stare bene e sano in queste condizioni", dicono i Rom, "nel passato ogni famiglia aveva un tetto sopra la testa, ma ora ci sono fogli di plastica e per ogni casa ci sono tre famiglie". Il materiale per i miglioramenti di queste proprietà, per renderle abitabili alle famiglie rom, è accatastato lì vicino nella locale moschea.
Inoltre, secondo il governatore del distretto di Salihli, i Rom sono vittime di discriminazione nella loro nuova collocazione. "Anche quando ricorriamo allo stato per trovare case per le famiglie rom, i proprietari non vogliono affittare," dice. "Se sono per le famiglie rom, ci dicono, non li vogliamo nei nostri appartamenti."
La comunità rom ha vissuto a Selendi, Manisa, per oltre trent'anni. A Capodanno ci fu un diverbio ed in una casa del te non volevano servire un Rom, anche se il proprietario del locale si giustifica dicendo che il Rom stava fumando nel locale (la legge turca, in linea con le politiche UE, proibisce di fumare sigarette nei ristoranti, bar e caffè aperti al pubblico). A seguito di ciò, iniziò una "spedizione punitiva" contro il quartiere rom, con lancio di pietre contro le case ed auto bruciate per le strade. Grazie all'aiuto della locale Jandarma (gendarmeria), le famiglie si rifugiarono nella vicina città di Gordes. La questione ebbe ampio risalto sui media, con i parlamentari che per giorni dopo l'accaduto, focalizzarono la loro attenzione sul problema dei "Rom-in-esilio". Le autorità fecero promesse. "Queste ferite saranno rimarginate. Ai Rom verranno date nuove case." Invece, le famiglie vennero separate, i parenti divisi, mentre altra furono obbligate a vivere in condizioni ristrette di tre famiglie a condividere piccole case a Salihli. Un mese dopo, il dramma è finito e 18 famiglie stanno vivendo nella miseria...

Dr. Adrian Marsh
Researcher in Romani Studies
adrianrmarsh@mac.com
+46-73-358 8918


NOTA: Quanto sopra fa parte di un rapporto che scrissi a maggio 2010 per alcuni amici di Amnesty International Italia, riguardo la situazione abitativa dei Rom in Europa. Chi fosse interessato, può richiedermene una copia via mail (file .pdf, 36 pagine, 378 KB)

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