Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 30/05/2008 @ 09:05:14, in casa, visitato 2017 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA
28 maggio 2008
ROM E SICUREZZA, APPELLO DEL GRUPPO EVERYONE, DEI MEDICI E DEI SOPRAVVISSUTI
ALL’OLOCAUSTO: “IN ITALIA EMERGENZA UMANITARIA PER IL PROSSIMO INVERNO PER
70MILA PERSONE”
ALL’ALLARME DEGLI ATTIVISTI FANNO ECO, FRA GLI ALTRI, NEDO FIANO E GOFFREDO
BEZZECCHI, UN EBREO E UN ROM SOPRAVVISSUTI ALL'OLOCAUSTO. IN ARRIVO UNA TASK
FORCE INTERNAZIONALE DI MEDICI E INFETTIVOLOGI PER STILARE UN RAPPORTO EUROPEO
“Per il prossimo inverno esiste in Italia un’emergenza umanitaria che
riguarda oltre 70mila Rom attualmente senza tetto, sgomberati a un ritmo
quotidiano da case abbandonate, rifugi sotto i ponti, parchi e discariche”. A
lanciare l’ allarme di un rischio genocidio è il Gruppo EveryOne, a
fianco dei testimoni del'Olocausto Nedo Fiano - sopravvissuto ad
Auschwitz - e Goffredo Bezzecchi, superstite del "Samudaripen", lo
sterminio nazista di un milione di Rom. Anche Amnesty International
manifesta la più viva preoccupazione, nel suo Rapporto 2008 sulla situazione dei
Diritti Umani nel mondo, sottolineando il clima di discriminazione, segregazione
e persecuzione anti Rom che si respira in nel nostro Paese. “ Il Governo
Italiano e le istituzioni comunali, provinciali e regionali devono interrompere
immediatamente gli sgomberi di persone e famiglie Rom dai loro rifugi di fortuna
e provvedere a garantire loro assistenza socio-sanitaria. Gli sgomberi dei
micro-insediamenti, attuati con una frequenza che è divenuta quotidiana da parte
forze dell'ordine, mettono in mezzo alla strada e in pericolo di vita migliaia
di esseri umani innocenti, la maggior parte dei quali sono bambini”
affermano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e
Dario Picciau. Il presidente dell'organizzazione Romano Drom, Giorgio Bezzecchi, sottolinea la gravità della contingenza in cui si trova il popolo
Rom: " Gli sgomberi dei micro-insediamenti sono decuplicati, rispetto allo scorso
anno, e non vedo come potranno sopravvivere decine di migliaia di bambini, donne
e uomini Rom senza cibo né medicine, quando arriveranno temperature al di sotto
dello zero". “Mentre i campi Rom di grandi e dimensioni sono monitorati da
associazioni e comitati per i Diritti Umani," proseguono i leader del Gruppo EveryOne, "gli sgomberi degli insediamenti composti da singole famiglie o gruppi
esigui causano una diaspora di decine di migliaia di Rom di cui, in seguito alle
operazioni di allontanamento e spesso di deportazione oltre i confini di comuni
e regioni, si perdono le tracce". Nel complesso, il Gruppo EveryOne stima che vi
siano attualmente più di 70 mila Rom - fra cui 40 mila bambini, molte donne
incinte e persone affette da patologie cardiache e infezioni gravi - esposte a
gravissimi pericoli causati dall'indigenza, dalla situazione sanitaria e
dall'attività dei gruppi razzisti”. E’ di ieri la conferma del ministro degli
Esteri Franco Frattini che il Governo Italiano ha chiesto all'UE i fondi
comunitari per l'integrazione dei Rom messi a disposizione da Bruxelles, che
ammontano a decine di milioni di euro. “A maggior ragione,” continuano i
rappresentanti del Gruppo “ è ora che i politici che governano questo Paese
interrompano immediatamente la campagna persecutoria nei confronti del popolo
Rom, che in queste ore sta vivendo momenti drammatici per la sua sopravvivenza.
Si deve rilevare inoltre che alla richiesta dei fondi non ha fatto seguito
alcuna dichiarazione relativa a progetti di accoglienza e integrazione, ma solo
proclami di nuove operazioni di sgombero ed espulsione dei Rom che vivono in
Italia. Ricordiamo che le espulsioni dei Rom romeni, i cui capifamiglia sono in
Italia in cerca di lavoro, sono vietate dagli articoli 16 e 27 della Direttiva
2004/38/CE e che sgomberi e deportazioni 'al confino' sono proibite - in quanto
atti di discriminazione e violazione dei diritti umani - dalla Direttiva
2000/43/CE e dalla Risoluzione del Parlamento europeo per una strategia europea
riguardante i Rom. L'Unione europea ha manifestato un giudizio estremamente
positivo verso progetti di integrazione come quello denominato ' Romanesia',
elaborato dagli esperti del Gruppo EveryOne, che ha fra i propri membri
personalità di chiara fama della società e della cultura Rom, a livello
internazionale, da Marcel Courthiade a Saimir Mile, da Jeanne Gamonet
a Jean
(Pipo) Sarguera. 'Romanesia' si basa sulla concessione alle comunità Rom locali
di terreni, che devono assere destinati all'edificazione da parte di imprese e
manodopera Rom, sotto l’egida dell’Unione Europea e delle associazioni per i
Diritti Umani, con assistenza sociale e sanitaria e attuazione di programmi
d’integrazione lavorativa per gli adulti e scolastica per i minori”. EveryOne fa
sapere inoltre che è al lavoro una task force internazionale di medici e infettivologi che presto
presenterà, di concerto con gli esponenti del Gruppo,
un rapporto alla Commissione e al Consiglio Europeo, dove si annuncia il rischio
sempre più incombente in Italia di una morìa incalcolabile e tragica di esseri
umani.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527
Di Fabrizio (del 26/05/2008 @ 09:36:35, in casa, visitato 1565 volte)
Ricevo da
Maria Grazia Dicati
Quanto sta succedendo in questi giorni ad un gruppo di rom Kalderash che si
spostano nel territorio della provincia di Padova, è la prova tangibile di
quanto siano irrealizzabili e strumentali le proposte di coloro che rilasciano
dichiarazioni sul fatto che i nomadi non devono diventare stanziali, ma che
devono sostare in aree di transito temporanee secondo regolamenti stabiliti.
A dispetto di quanto dichiarato e sbandierato ai quattro venti, ai Rom viene
letteralmente impedita la sosta anche per poche ore con ordinanze di sgombero,
cartelli di divieto , dissuasori, fossati, transenne…
A nulla servono le loro motivazioni relative alle necessità legate alle
tradizioni culturali, né vengono prese minimamente in considerazione le loro
legittime richieste ed esigenze di poter incontrare parenti di un determinato
territorio.
Il tam tam dei vari amministratori locali li raggiunge prima ancora del loro
arrivo e scatta immediatamente l’ordinanza di sgombero, alla faccia del rispetto
delle leggi.
A testimonianza di quanto si afferma, riportiamo l’articolo 1 del regolamento
e della disciplina degli interventi sulla presenza delle popolazioni nomadi nel
territorio Veneto:
Art.1 La Regione Veneto, nel rispetto della legislazione vigente e fatte salve
le limitazioni che la legge stabilisce per motivi di sanità e sicurezza,
riconosce il diritto al nomadismo ed alla sosta sul territorio regionale e
ne disciplina l'esercizio, secondo le modalità previste. (Maria Grazia Dicati)
Ecco una delle cronache del Gazzettino di Padova di Stefania Mastellaro
Dopo lunghe trattative, i nomadi hanno lasciato ieri sera alle 19 Cagnola. Ma
hanno fatto poca strada. Sono andati a parcheggiare le loro roulotte a Conselve,
in zona industriale. La sosta in questo Comune potrebbe essere davvero breve,
visto che già ieri sera il sindaco Antonio Ruzzon ha mobilitato immediatamente
le forze dell'ordine e ha emesso un'ordinanza di sgombero immediato. A tarda ora
le forze dell'ordine erano ancora impegnate a mediare con i capi della comunità
Rom. Il Comune di Padova non ha voluto sentire ragione di nessuna sorta. Il
campo di via Longhin, dove i Rom avevano intenzione di recarsi ieri sera, per il
momento è "off limits". E a ribadire il concetto ci hanno pensato alcuni agenti
della polizia municipale di Padova, che in più riprese si sono recati a Cagnola
a controllare la situazione. E a ribadire al capo della "comitiva" che Padova
era meglio lasciarla perdere. E così, dopo alcune ore dalla scadenza della
ordinanza di sgombero, emanata dal Comune di Cartura, un primo gruppo di circa
quindici roulotte e camper ha lasciato Cartura per andare a piazzarsi in zona
industriale a Conselve. Il secondo gruppo è partito un po' più tardi, evitando
di congestionare il traffico, già di per sé caotico della Conselvana soprattutto
nelle ore di punta.
Una giornata a dir poco campale, cominciata ieri mattina di buonora. Il
comandante della polizia municipale di Cartura si è recato fin dalle prime ore
del mattino a ricordare ai nomadi che alle 13 sarebbe scaduta l'ordinanza di
sgombero. All'inizio è cominciata una trattativa, portata avanti dal vicesindaco
Romano Terrassan con Sandro Hudorovic, capo di tutta la carovana in sosta.
Hudorovic chiedeva tempo, altri due giorni, per poter raggiungere nel fine
settimana il campo di via Longhin a Padova e incontrarsi con i loro colleghi per
la festa evangelica di fine maggio. Festa che sembra destinata a diventare
l'occasione per parlare dei problemi che stanno vivendo le comunità nomadi in
questi giorni in tutta Italia. La data ipotizzata per questo megaraduno, al
quale dovrebbero partecipare anche nomadi provenienti dai campi di Napoli, Roma,
Torino e anche da Spagna, Francia e Germania, sarebbe il 31 maggio. Intanto gli
abitanti del paese hanno salutato con soddisfazione la partenza dei Rom.
«Sono stati di parola - ha detto il vicesindaco di Cartura Romano Terrassan,
eletto tra le fila della Lega Nord - e hanno lasciato il parcheggio quasi come
lo hanno trovato. Consiglio al mio collega di Conselve Antonio Ruzzon di portare
pazienza due giorni, e poi e ne andranno anche dal suo Comune».
«Gente senza cuore - ha inveito ieri sera Sandro Hudorovic prima di partire -
vorrei sapere cosa vi abbiamo fatto. Chiedete agli abitanti del paese che
problemi abbiamo provocato in questi giorni. Noi siamo gente per bene. Lunedì
notte abbiamo addirittura sventato un furto nello stabile dell'ex zuccherificio
che si trova proprio qui davanti. Ci costringono a partire di sera con ottanta
bambini appresso. Noi siamo cittadini italiani, non facciamo del male a nessuno.
Cosa possiamo farci noi se alcuni Rom di etnia romena hanno tentato di rubare
dei bambini? Anche tra voi italiani ci sono molti delinquenti che violentano i
loro figli e picchiano le loro mogli. Noi non abbiamo nulla a che fare con
queste persone, siamo brava gente che non dà fastidio a nessuno».
Sandro Hudorovic ieri sera aveva il suo da fare a tenere calmi gli altri Rom,
che non hanno accettato di buon grado il fatto di doversene andare da quel posto
alle sette di sera.
«La nostra vita è questa - aggiunge Hudorovic attorniato da una decina di
bambini che gli girano intorno e che chiedono una foto al nostro fotografo -
siamo nati Rom e per nulla al mondo siamo disposti a cambiare. Voi non vivreste
mai nelle roulotte, noi mai nelle case». E ora si replica a Conselve.
Di Fabrizio (del 10/05/2008 @ 16:52:40, in casa, visitato 1616 volte)
Da
Hungarian_Roma
Un residente del villaggio di Váralja nella regione di Tolna sta raccogliendo
firme contro l'iniziativa di spostare dentro il villaggio i Rom che vivono in
baracche ai margini dell'insediamento. Il governo locale vuole impiegare i fondi
per migliorare le condizioni di vita dei Rom. Nel frattempo, secondo voci che
girano nel villaggio, alcuni cittadini Olandesi sono interessati a comprar casa
a Váralja, ma non vorrebbero più spostarsi lì se la comunità Rom fosse insediata
nel villaggio.
Scrive il portale Index.hu che il residente János Ranga intende raccogliere
firme per chiedere alle autorità locali se desiderano che il comune di Váralja
utilizzi i fondi. Perché si tenga il referendum, sono necessarie 150 firme.
Scrive il conservatore Magyar Nemzet che il notaio Dr. Judit Klausz non ha
autorizzato l'iniziativa di Ranga, perché non incontra le condizioni legali,
informandolo sulle forme ufficiali da seguire.
La locale minoranza Rom risponde che a quanti vivono nelle baracche,
soprattutto ai bambini, deve essere data l'opportunità di una vita migliore.
Di Fabrizio (del 03/05/2008 @ 08:42:23, in casa, visitato 2295 volte)
Da
British_Roma - USTIBEN REPORT
Stanno demolendo Sulukule, il più antico quartiere rom in Turchia, e
deportando la cosiddetta "armata del diavolo" dall'Italia. Ma in mezzo a questa
deriva anti-zigana in Europa, la bandiera sventola ancora sopra
Dale Farm, il villaggio dei Viaggianti che rifiuta di morire.
Mentre un elicottero della polizia lo sorvola minaccioso, questa settimana
gli operai si affrettano a completare la costruzione del nuovo centro
comunitario del villaggio. Aprirà ufficialmente sabato 3 maggio.
Il centro è stato fondato dall'Essex County Council, che vorrebbe che il
consiglio di Basildon terminasse la sua politica anti-Viaggianti. D'altra
parte, il leader tory Malcolm Buckley ha tagliato i suoi legami con Consiglio
dell'Essex sull'Uguaglianza Razziale, sponsor di attività per la gioventù ed
altre iniziative che avranno luogo nell'edificio.
Lord Avebury, membro dell'UK All-Party Parliamentary Group sulla Traveller
Law Reform, taglierà il nastro alla cerimonia inaugurale. L'architetto
dell'originale Caravan Sites Act, da tempo si muove per la promozione dei
350.000 Nomadi e Viaggianti britannici.
"Speriamo che Buckley possa vedere il lato positivo di quanto stiamo facendo"
dice Richard Sheridan, presidente del Gypsy Council. "I nostri giovani
beneficeranno dei programmi del centro."
Intitolato a san Cristoforo, il santo patrono dei Viaggianti, Sheridan dice
che l'edificio sarà benedetto durante il fine settimana dal rete della
parrocchia ed usato come cappella dai residenti cattolici.
ASPETTANDO IL VERDETTO
Esaminato da due segretari di stato, il soggetto di tre inchieste pubbliche
sta ancora aspettando il verdetto di un giudice dell'Alta Corte, Dale Farm ha
mostrato una resistenza che sorprende persino i suoi amici.
In pochi credevano che Dale Farm potesse sopravvivere con sulla testa cinque
milioni si euro spesi negli ultimi tre anni per la sua demolizione. Per la
verità alcuni, particolarmente il Traveller Education Service, sembra aver
abbandonato i ragazzi in età della scuola secondaria. Molti di loro sono rimasti
senza scuole da frequentare.
Ma il termine è arrivato per questa comunità ed il suo centro. Uno dei primi
corsi offerti per i giovani sarà di informatica di base.
Di Fabrizio (del 20/04/2008 @ 08:50:12, in casa, visitato 1842 volte)
Da Romanian_Roma
La Fondazione Habitat e il comune di Oradea sono coinvolti in un progetto si
costruzione di diverse case per la locale comunità rom. Laszlo Borbely, ministro
per lo sviluppo ed i lavori pubblici si è unito al sindaco e al vice-sindaco
quando è stata posta la fondazione delle case.
E' rimasto scioccato dalle condizioni in cui vivono i Rom, proprio
accanto al nuovo cantiere inaugurato. Il posto scelto per costruire le nuove
case è situato in un'area abbandonata e di cattiva reputazione. 148 famiglie,
con oltre 630 membri, vivono in 96 appartamenti, tutti affollati ed insalubri.
Costruiti 40 anni fa, i due edifici non sono mai stati rinnovati.
[...] Le prime case verranno completate per la fine di giugno.
"I beneficiari sono stati scelti in base ai loro bisogni, e lavoreranno
assieme ai volontari della fondazione, come pure per la loro capacità di
rimborsare il costo della casa nei prossimi 20 anni, ma senza interessi," dice
Emil Barna, coordinatore della fondazione, che aggiunge che le case saranno
vendute ai futuri proprietari al prezzo di solo 15.000 €, prezzo che copre i
materiali di costruzione.
DIVERS – www.divers.ro
Di Fabrizio (del 17/04/2008 @ 16:17:55, in casa, visitato 1747 volte)
Invito all’incontro pubblico:
CITTADINI D'EUROPA
i rom e l'abitare a Milano
Sabato 19 Aprile 2008, ore 10.00 – ore 16
Sala Guicciardini, Provincia di Milano
Via Guicciardini 6 – 20129 Milano
(Bus 54, Tram 9, 23)
Le associazioni milanesi Arci e Naga sono liete di invitarLa all’incontro
pubblico “Cittadini d’Europa: i rom e l’abitare a Milano”, volto ad una
riflessione condivisa e costruttiva sul tema dell’abitare a Milano per i rom e i
sinti. Attraverso il confronto fra diverse esperienze italiane, auspichiamo di
innescare un dibattito sulla possibilità di produrre politiche
abitative specifiche, mirate ed efficaci.
L’incontro sarà articolato in due momenti:
•
La prima parte analizzerà diverse esperienze di “abitare rom” in Italia.
Parteciperanno:
- Il rapporto tra pubblico e privato nell’esperienza di Pisa - Sergio
Bontempelli, Africa Insieme, Pisa
- Idee di autocostruzione - Nicola Solimano, Fondazione Michelucci, Firenze
- Ostacoli e obiettivi del villaggio solidale di Cologno Monzese - Maria Grazia
Guida, Casa della Carità, Milano
- Habitat diversi per rom e sinti: microaree e terreni privati - Yuri del Bar e
Carlo Bernini, Mantova
- Intervento da confermare - Opera Nomadi
- Intervento da confermare - Ermes, Roma
[pausa pranzo]
•
La seconda parte si focalizzerà invece sulla situazione milanese.
Parteciperanno:
- La scelta delle istituzioni - Francesca Corso, Provincia di Milano
- Intervento da confermare - Ufficio Nomadi Comune di Milano
- Abitare nei quartieri popolari - Davide Caselli, Comitato Molise Calvairate,
Milano
- Abitare i luoghi delle differenze - Alfredo Alietti, Dipartimento di Scienze
Umane, Università di Ferrara
Modera Piero Colacicchi, Osservazione (centro di ricerca azione contro la
discriminazione di rom e sinti)
L’auspicio è di riuscire a restituire un punto di vista “altro” sia rispetto
a quanto comunicato dai mezzi d’informazione, sia rispetto alle risposte
esclusivamente emergenziali intraprese dalle istituzioni locali e nazionali.
La giornata lascerà ampio spazio al dibattito in sala, che affiancherà gli
interventi sintetici e mirati dei relatori. Idee, commenti e spunti di
riflessione saranno pertanto fondamentali nel contribuire alla buona riuscita
della giornata.
Confidando nella Sua partecipazione, inviamo cordiali saluti
Arci, Naga
Per informazioni: Arci Milano 02541781, Naga 3385873535
Di Fabrizio (del 14/04/2008 @ 11:01:59, in casa, visitato 1567 volte)
Da
il manifesto del 13 Aprile 2008
Gli alloggi assegnati a chi aveva documenti e lavoro. Gli affitti,
calmierati, pagati a metà dalla fondazione Carisbo e dai locatari
Tra gli sgomberati del Ferrhotel, che ora hanno avuto assegnata un'abitazione a
canone concordato. Con l'impegno del comune e un obiettivo: dismettere i campi
nomadi. Un esempio in controtendenza rispetto alla politica degli
allontanamenti. Firmato Cofferati
Linda Chiaramonte
Bologna
È da poco rientrato a casa dal lavoro Aghiran quando apre la porta
sorridente e mi fa accomodare in cucina dove sul fuoco borbotta una caffettiera.
Sì, proprio così, a casa. Aghiran, come tanti altri rom, ha vissuto una piccola
odissea fatta di sgomberi, occupazioni, baracche sul lungo fiume, giacigli di
fortuna e ora questo appartamento in una palazzina in una strada alberata di una
zona tranquilla di Bologna, non molto lontana dal centro, sembra un sogno.
Aghiran ha 40 anni, moglie e due figlie di 12 e 7 anni ed è arrivato a Bologna
per cercare lavoro nel 2003, ha raggiunto amici e parenti che gli parlavano bene
della città. È arrivato da Lipovu, un piccolo paese a trenta chilometri da
Craiova, in Romania. Lì ha una casa, faceva il saldatore e ha lavorato nelle
ferrovie. Guadagnava fra i 150 e i 200 euro al mese. Dopo la rivoluzione dell'89
però molte ditte italiane, tedesche e francesi hanno rilevato molte fabbriche in
Romania e metà degli operai sono rimasti senza lavoro. Dal '91 al '93 gira in
cerca di occupazione fra Germania, Turchia e Serbia, nel '99 sposa Marian. Prima
della rivoluzione in Romania, ha sempre lavorato, vivendo dignitosamente, dopo
invece il lavoro è iniziato a mancare e avendo ormai famiglia Aghiran ha dovuto
darsi da fare e partire ancora.
Un paese incivile
Alla fine del 2003 arriva a Bologna. Per tre anni e mezzo è solo, moglie e
figlie sono rimaste a Lipovu. Il suo primo alloggio è il Ferrhotel, ex albergo
dei ferrovieri da anni inutilizzato, occupato da alcuni attivisti dei movimenti
bolognesi, che diventerà la casa di molti nuclei familiari di rom reduci dal
primo sgombero delle baracche sul lungo Reno. Lì Aghiran, all'epoca senza
documenti, divide la stanza con parenti e amici. Sgomberi dalla sua «baracchina»
di nylon sul fiume ne ha vissuti almeno tre. «Sono stati tempi brutti, non mi
aspettavo che la vita in Italia, un paese occidentale e democratico, sarebbe
stata così dura, non ho trovato quello che mi aspettavo. Ho trovato sfruttamento
e razzismo. I datori di lavoro mi davano 25-30 euro al giorno. Dal 2004 al 2006
lavoravo come manovale nell'edilizia, ma ero malpagato perché non avevo i
documenti. Diverse volte ho perso il lavoro perché hanno saputo che ero rom, ma
io non mi vergogno, anche se ho vissuto spesso discriminazioni razziali»,
racconta con un velo di tristezza e ricorda di quando gli è capitato di
rientrare dopo il lavoro nella sua baracca e di non trovarla più, demolita
mentre era via insieme alle sue cose. Dopo le prime ruspe sul Lungoreno del
marzo 2005 volute dal sindaco Sergio Cofferati, che salì agli onori delle
cronache come paladino della legalità, seguite da altre in ottobre e novembre, è
stato sistemato insieme agli altri in un campo di transito in un'area attrezzata
nella periferia del quartiere San Donato. Lì Aghiran ha vissuto in un container
con la famiglia del fratello fino al settembre 2006. Poi un altro trasferimento
e un altro container fino al 2007, questa volta in una struttura creata dal
Comune per far fronte all'emergenza dell'accoglienza dei rom.
«Cuore di rom»
Prima dell'estate 2007 ad Aghiran, che dal primo maggio ha un regolare contratto
di lavoro in un'azienda agricola di ortofrutta, appena fuori città, arriva la
buona notizia che nel giro di pochi mesi potrà trasferirsi in una vera casa, un
appartamento arredato. Così a settembre, un paio di mesi prima del
trasferimento, la moglie e le figlie lo raggiungono a Bologna e a novembre tutta
la famiglia trasloca in 80 metri quadri. «Sono felice di poter offrire un futuro
onesto alle mie figlie, le voglio sistemare qui, perché in Romania non avrebbero
un futuro. Anche se io voglio morire nella mia terra. Ora mi sento molto bene,
ho un lavoro, le figlie vanno a scuola, ho la casa» dice soddisfatto Aghiran,
che tutte le mattine fa alcuni chilometri in bicicletta per raggiungere il
lavoro. Tutti i sabati alcuni operatori aiutano le bambine a fare i compiti,
bambine che dopo pochi mesi in Italia parlano benissimo l'italiano. Nessun
problema di integrazione né di convivenza con i vicini, solo una porta sempre
aperta alle visite di amici e parenti cha passano a dare un saluto, bevono un
caffé e restano a chiacchierare e a vedere la telenovela che trasmette la
parabola, dal titolo «cuore di zingaro», dice Lavinia, la figlia più grande,
«cuore di rom» corregge il papà, perché anche le parole fanno la differenza.
Mentre lui racconta, la moglie ascolta e sorride, non parla una parola di
italiano, ma capisce. Per cena ha preparato riso e pollo, probabilmente a tavola
si fermeranno alcuni ospiti. Come molte delle donne che vivevano nelle
strutture, e a cui è venuta a mancare la vita di comunità, soffre un po' di
solitudine. Prima di salutarci Aghiran mostra orgoglioso il resto della casa, la
sala, le due camere, il bagno. Il suo contratto è stipulato per quattro anni,
poi potrà anche fare richiesta per la casa popolare.
«La colonna senza fine»
A ripercorrere tutte le tappe della vicenda rom in città è il bel documentario
La colonna senza fine di Elisa Mereghetti, scritto con Valerio Monteventi,
consigliere comunale indipendente di Bologna, presidente della commissione
consiliare per le politiche abitative e della casa, da sempre impegnato in
battaglie sociali. La storia di Aghiran rientra in un progetto avviato, e ormai
concluso, dai servizi per l'integrazione interculturale del Comune di Bologna.
Come lui sono state inserite in appartamento 17 famiglie su 19 provenienti dai
container di via del Piratino, per un totale di 73 persone, oltre ad altri 27
nuclei, pari a 125 persone fra cui 57 minori, provenienti da Villa Salus, ex
clinica dismessa adibita ad alloggio per fronteggiare l'emergenza rom dopo lo
sgombero del Ferrhotel eseguito con un'ordinanza del sindaco. Per questa
operazione il Comune ha dovuto reperire sul mercato privato appartamenti a
canoni concordati, in città e comuni vicini, che non superassero gli 800 euro al
mese, li ha poi mostrati e proposti alle famiglie con i requisiti richiesti per
affrontare le spese di circa il 50% dell'affitto ovvero documenti e lavoro.
Nell'assegnazione gli operatori del servizio hanno tenuto conto della vicinanza
con il luogo di lavoro e dei servizi, come scuole e mezzi pubblici. Il Comune si
è fatto garante presso i proprietari e si è fatto carico di pagare 300 euro al
mese per ogni famiglia, grazie anche al contributo dato dalla fondazione
bancaria Carisbo, siglato nel febbraio 2007, che ha stanziato 150.000 euro,
100.000 dei quali sono stati spesi per gli affitti del 2007. La restante parte
dell'affitto (oltre alle utenze) viene corrisposta dagli affittuari, cifra che
solo in pochi casi supera il 50%. Il Comune ha utilizzato altri 100.000 euro per
gli interventi socio-educativi di accompagnamento e inserimento sociale
lavorativo rivolto soprattutto alle donne. Inoltre gli operatori si occupano di
aiutarli nelle pratiche per la residenza, dell'iscrizione a scuola e alle Asl,
seguono le vaccinazioni e monitorano la frequenza scolastica.
Superare i campi nomadi
Il progetto dell'inserimento abitativo in appartamento, iniziato nel marzo 2005,
si pone come alternativa alla logica assistenziale e va nella direzione della
dismissione dei campi nomadi. Un tema impopolare quello dell'assegnazione di
case ai rom che suscita ire e levate di scudi, in un paese in cui è più facile
cacciare i rom da un punto all'altro delle città. Anche se forse non tutti
conoscono gli alti costi di manutenzione di un campo nomadi per le
amministrazioni, di molto superiore rispetto all'inserimento abitativo. A
Bologna la gestione per sei mesi di Villa Salus nel 2007 è costata circa 310.000
euro, l'altra struttura, il cosiddetto Piratino, circa 287.000 per l'intero
2007, per un totale di circa 600.000 euro. Entro l'anno il Piratino sarà
riedificato con 270.000 euro del fondo ministeriale per progetti
socio-assistenziali. Diventerà una struttura permanente di casette in muratura
che offrirà 50 posti letto alle famiglie in situazioni di grave disagio
abitativo. Il 30 giugno, dopo 15 anni, chiuderà il campo di Sasso Marconi per ex
profughi dell'ex Jugoslavia che ora ospita sei famiglie, entro il 2008 chiuderà
anche l'altro, alle porte di Bologna, che ne accoglie sette. Anche in questi
casi è previsto l'inserimento abitativo in appartamenti.
Di Fabrizio (del 11/04/2008 @ 09:16:01, in casa, visitato 1496 volte)
Una tavola rotonda, una mostra fotografica, una fisarmonica zingara e la
voglia di conoscere il mondo rom fuori dai luoghi comuni.
a
Fa' la cosa giusta!
Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili
Domenica 13 aprile 2008 – ore 15:00
Sala Rossa – Padiglione 7
Fieramilanocity – Porta Eginardo
Le condizioni attuali delle popolazioni Rom e Sinti impongono una presa di
coscienza e di responsabilità da parte del mondo politico e della società, per
ricercare alternative, soluzioni e iniziative volte ad una maggiore
integrazione, al miglioramento delle condizioni abitative e alla garanzia di
sicurezza e tutela dei diritti di tutti.
Modera l'incontro Dario Paladini, giornalista di Terre di Mezzo
Partecipano:
Mariolina Moioli – Assessore a Scuola, Famiglia e Politiche sociali del
Comune di Milano (in attesa di conferma)
Don Virginio Colmegna – Presidente di Casa della carità
Maurizio Pagani – Vice presidente di Opera Nomadi
Pietro Massarotto – Presidente dell'Ass.ne NAGA
Prof. Tommaso Vitale - Docente di Sociologia presso Università Milano
Bicocca
La tavola rotonda sarà introdotta da un'esibizione del musicista Jovic
Marinkovic Jovica e accompagnata da una mostra fotografica a cura di Marilisa
Cosello e Alessandro Stellari.
Per informazioni:
www.falacosagiusta.org
Di Fabrizio (del 10/04/2008 @ 16:04:46, in casa, visitato 1964 volte)
Di Fabrizio (del 07/04/2008 @ 08:55:58, in casa, visitato 2286 volte)
Da
British_Roma
Lucas Dudi non si lamenta della sua vita a Glasgow. "La mia sistemazione è
buona. Tutto è a posto. Non c'è lavoro in Slovacchia. C'è lavoro a Glasgow, e
così sono venuto qui."
Come molti lavoratori migranti dalla Slovacchia, lavora nell'industria
alimentare, con uno stipendio che non gradito a molti scozzesi ma è attraente
per chi arriva da paesi dove c'è un alto tasso di disoccupazione. Lavora nel
processo alle patate. Altri slovacchi sono impiegati nell'inscatolamento della
carne, in altri campi alimentari e nel lavaggio delle auto.
Ma Dudi, che condivide un confortevole appartamento al piano terra con la sua
famiglia, è tra i fortunati. Migliaia di lavoratori slovacchi e le loro famiglie
sono arrivati a Glasgow nel 2004, quando il loro paese si è unito alla UE.
Molti sono rom - dall'est estremo della Slovacchia, che fuggono da persecuzioni
ed esclusioni tra cui la disoccupazione.
La sfida posta ai servizi sociali dell'area sud di Glasgow è stata immensa.
Le famiglie migranti hanno richiesto uno sforzo al NHS (Servizio Sanitario
Nazionale) e alle scuole, oltre che alla polizia.
Attraverso accordi e collaborazioni molte di queste agenzie dicono che grandi
progressi sono stati fatti nell'affrontare i problemi più seri. Ma altri
ammoniscono che i rom slovacchi continuano a sovraccaricare riguardo gli slum
abitativi e le agenzie di collocamento.
Per paradosso, quando un gruppo pone domande dirette ai servizi locali, i rom
tendono ad essere profondamente sospettosi delle autorità ed hanno basse
aspettative di aiuto sociale. Ma portano significanti problemi speciali. Per
contrasto, ad esempio, gli immigranti polacchi - che tendono ad essere ben
organizzati e i cui numeri includono interlocutori di lingua inglese - i rom
slovacchi sono esclusi dalla casa [...] La maggior parte
delle agenzie hanno lottato per comunicare con loro e la traduzione rimane il
problema più grande.
Diverse agenzie hanno fatto stime differenti sul numero degli arrivati, la
cui cifra oscilla dai 1000 ai 3000 individui o forse più. Molti abitano in case
affittate privatamente, spesso di dubbia qualità - una situazione esacerbata dal
sovraffollamento. In situazioni limite si sono incontrate famiglie di 14 persone
in appartamenti a due stanze ed altri che ospitano tre famiglie in un unico
spazio. Questo crea problemi in particolare con i servizi sanitari ed i rifiuti.
Anche se di bassa qualità, la casa non è economica. Qualcuno paga sino a 650
sterline al mese per un appartamento base, e queste case sono spesso legate a
disoccupazione, con la sistemazione ritirata se il lavoro manca.
Anna Lear, direttrice della Govanhill Housing Association, è allarmata dalla
mancanza di politiche sulle condizioni degli immigrati slovacchi. La sua
organizzazione ha rinnovato circa 2000 proprietà abitative nell'area, teme che
molto lavoro andrebbe perso a causa del deterioramento delle proprietà.
Quest'associazione sta portando avanti una dettagliata ricerca su uno delle
quattro strade chiave che forniscono alloggio a molti dei migranti slovacchi, in
un quadrato costituito da Calder Street, Dixon Avenue, Westmoreland Street e
Annette Street. Sono incluse proprietà davvero povere. Dice Lear: "Abbiamo
nuovamente scene di povertà comparabili agli slums degli anni '60".
"In certe case le condizioni sono terribili. La gente continua a pagare 650
sterline al mese per un appartamento con blatte, ratti, insetti o deve si deve
cucinare con un fornellino a gas.
Non c'è niente di nuovo, fa notare. Le condizioni erano molto dure prima
degli ultimi arrivi. "Abbiamo contato 600 appartamenti sfitti nell'area. I
problemi non sono nuovi, ma il cambio della popolazione rendono tutto più
difficile."
La popolazione base di Govanhill è di circa 10.000. Così, a seconda che siano
qui 1000, 1500 o 2000 rom slovacchi, c'è una crescita tra il 10% e il 20%. Fa
notare che "Se avessimo il 20% d'aumento nell'uso della scuola, lavoro sociale,
casa e così via, ci sarebbero le possibilità di fare pressione." Ma è la casa
l'elemento chiave: "Vorremmo vedere i governi locali e centrali impegnarsi per
ammodernare le rimanenti proprietà."
Basta dare un occhio ai due lati di Allison Street, la via pubblica
principale di Govanhill, per scoprire le condizioni degli edifici. Una finestra
si apre al cielo, con la pioggia che cade sulle scale ed un gruppo di piccioni
vi staziona. Gran parte della scala è coperta di escrementi d'uccelli.
Mucchi di rifiuti, confezioni di giocattoli e tubi che escono dal suolo non
sono rari nelle corti interne. Qualcosa o qualcuno ha fracassato le finestre,
con le inferriate della scala tagliate e "fissate" con compensato. Altri hanno
messo un avviso comunale sulla presenza di veleno per ratti.
Gli slovacchi condividono gli spazi con alcuni residenti locali meno
desiderabili. I graffiti indicano il mari di aghi scartati probabilmente
lasciati da alcune persone indigene.
Il consiglio ha difficoltà nell'affrontare il sovraccarico dei residenti che,
per paura di perdere le loro case, colluderanno spesso con i proprietari nel
fornire dati imprecisi [...]
Lentamente si affrontano i problemi di comunicazione. La
Govanhill Housing Association ha ingaggiato uno studente slovacco
dell'Università di Glasgow per sviluppare il lavoro. Nel frattempo, altre due
slovacche, Lydia Zelmanova e Marcela Adamova, sono stati impiegati da Oxfam e
dalla Glasgow Braendam Link per aiutare le famiglie migranti nell'accedere ai
servizi e offrire loro aiuto per l'emergenza. Anche se Zelmanova è tornata in
Slovacchia il mese scorso, le posizioni sono state formalizzate e la Community
Health Care Partnership ha assunto la direzione dei lavori, impiegata da NHS e
il suo rimpiazzo è in divenire.
Prima di lasciare, Zelmanova ha detto a The Herald che le lacune
nel sistema stavano conducendo alla frode e allo sfruttamento. Anche se gli
interventi sono principalmente intesi per affiancare i servizi sociali e
sanitari, la maggior parte degli interventi richiesti riguarda il lavoro.
Dice: "La gente pagherà per ottenere il lavoro per diverse settimane, ma allora
non ce ne sarà più. E' stato detto loro che se desiderano un secondo lavoro
debbano pagare £50-200."
Zelmanova aggiunge quanto le frodi fossero comuni. I lavoratori
la cui occupazione termina sono rimandati a casa, dice, mentre alcune bande di
malavitosi continuano ad esigere i benefici quali gli accreditamenti di imposta
sui figli. Adamova ha detto che parecchi casi sono stati segnalati all'autorità.
Dicono i lavoratori slovacchi che questi problemi vengono
affrontati dando lezioni di inglese, così che siano meno dipendenti dai loro
sfruttatori. Questi corsi sono offerti, ma la richiesta supera l'offerta.
Adamova dice che pure la sistemazione è un problema arduo da
affrontare, parzialmente perché i migranti tollerano condizioni peggiori dei
locali. "Molto slovacchi non direbbero di vivere in sovraffollamento, perché per
noi è comune da tre generazioni vivere in due stanze."
D'altra parte, i lavoratori credono che i proprietari siano
degli sfruttatori. Molti non hanno contratto d'affitto e le somme richieste sono
alte. "Se termina il lavoro, l'agenzia non pagherà l'affitto," spiega Adamova.
"Per terminare, abbiamo degli homeless."
Mike Dailly, della Govan Law Centre, dice che finché non ci sono
soluzioni complessive, la legge dovrebbe essere in grado di fornire una vita
migliore ai lavoratori migranti. Questo è il motivo per cui si srta progettando
un centro legale a Govanhill, dice."Gli avvocati non hanno tutte le soluzioni ma
la gente ha i suoi diritti."
C'è molta manipolazione ed i Rom stanno tollerando le condizioni
degli slums. Molta gente è cosciente dei limiti dei problemi. Sono membri di
un'etnia che negli anni è stata un capro espiatorio e non vogliamo che questo
succeda a Glasgow.
I programmi per il centro legale hanno una solida base e
potrebbe essere in servizio in una coppia dei mesi se si potesse assicurare un
contributo finanziario sufficiente.
Spiega Dailly che se il centro aiuterà i migranti slovacchi,
sarà comunque a disposizione per chiunque abiti l'area. "Srà er chiunque secondo
i nostri criteri si trovi in stato di necessità." Questo approccio dovrebbe
mitigare le tensioni sociali, ragiona Dailly.
Una delle sfide per la polizia è data dagli atteggiamenti
sociali differenti dei rom e degli altri residenti di Govanhill. In particolare,
molte delle famiglie slovacche gradiscono riunirsi sulle vie nella prima sera e
più tardi nella notte, non causando danni ma disturbando altri residenti.
Tutte queste cose assieme creano tensioni sociali e dividono la
gente," dice Dailly. "La comunità può declinare se non è indirizzata."
By STEPHEN NAYSMITH,
Society Editor
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