Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da quando, 25 anni fa, cominciai a frequentare i campi rom, il numero di
volontari che si occupa-preoccupa-straoccupa di loro è aumentato notevolmente.
Volontari che spesso hanno studiato per operare in quest'area, ma che a volte
vengono "paracadutati in zona operativa" senza sapere cosa li aspetta.
Rispetto a loro di sicuro io sono ignorante come una capra, ma credo di poter
essere utile dando qualche suggerimento su (alcune, non tutte) tipologie umane
che potrebbero incontrare. Stereotipi? Forse, ma chi vuole essere "operatore di
strada" potrà correggerli in corso d'opera.
- The big boss
Ne ha viste di tutti i colori, ha l'occhio sveglio e una sua
opinione su ogni cosa. Il suo cervello è una centrale nucleare
di rivendicazioni, progetti, richieste. Come ogni centrale
nucleare che si rispetti, ha qualche guaio all'impianto di
raffreddamento. Per cui, quando con immensa fatica sarete
riusciti ad organizzare assieme qualcosa, e ci sarebbe bisogno
della sua presenza fisica (e mentale), puntualmente lo troverete
a russare sotto il tavolo, circondato da qualche decina di
bottiglie di birra vuote.
- Giacomino
Esiste in versione Balkan: carnagione scura e baffoni;
o Urban Warrior: testa rapata e ricoperto di tatuaggi.
Alto 1 metro e novanta per circa 120 chili, qualche cicatrice
sparsa qua e là, in realtà è tenero e mansueto come un
agnellino. Tendenzialmente inoffensivo, nonostante l'aspetto,
anche lui ogni tanto va in tilt e spacca ogni cosa abbia a
portata di mano... iniziate a correre prima che sia troppo
tardi!
- Poveriiino
Può essere un poverino o una poverina. Tono di voce (indipendentemente
dall'età) da pensionato con la minima, è circondato/a da uno
stuolo di parenti nelle medesime condizioni. Quando vi vede
inizia a snocciolare la litania di problemi e cose di cui
avrebbe bisogno.
Arriverà il momento in cui vi telefonerà disperato/a perché la
nonna deve essere ricoverata d'urgenza e voi dovete
accompagnarla in ospedale. Quando arriverete trafelati al campo,
si starà guardando la partita in tv con tutta la calma del caso,
la macchina bella lucida parcheggiata di fronte alla baracca.
- Il diffidente
Sguardo smorto, fa sempre finta di non parlare la vostra lingua
e di non capire. Ascolta ma non risponde, al limite sorride. Poi
un giorno improvvisamente si scioglie, per proporvi qualche
affare improbabile, che descriverà in ogni particolare. Se
mostrate dei dubbi, si offende perché penserà che volete
fregarlo.
- La nonna
Anche per lei esistono due versioni:
La Matrona, vive circondata e accudita da figlie, nuore
e nipoti, trattata come una regina;
L'Highlander, che invece si occupa personalmente di:
cucinare, guidare il camion, pulire, spaccare la legna ecc. Sul
tinello la foto di quando battè Mike Tyson ai punti.
Tutte e due sono una miniera di conoscenze e consigli, che però
snocciolano con grande parsimonia e solo in caso di bisogno
estremo. Sono loro a suggerire come trattare col prete o col
poliziotto, come riparare l'impianto elettrico, o a spiegare
all'avvocato il suo mestiere. O come curare le malattie con le
erbe, come lanciare una maledizione, come cucinare per 20
persone spendendo 10 euro...
E' capace di citare a memoria una legge, un manuale di
idraulica, una leggenda; ma nel contempo di cadere in ingenuità
pazzesche, cosa che vi darà l'idea di cosa significhi
confrontarsi con una cultura diversa.
Appoggiato accanto alla stufa sta suo marito. E' la sintesi
serena di tutti i caratteri sinora elencati. Di solito sta dormendo,
dopo una vita di stenti e avventure.
- I bambini
E' normale che avendo a che fare con un simile manicomio, si
possa avere la tentazione di mollare tutto e andare nella
Legione Straniera. I Rom lo sanno e hanno inventato un'arma
formidabile: i bambini.
Innumerevoli e debordanti, dispettosi come animali selvatici, e
nel contempo affettuosi e appiccicosi come orsetti di pelouche,
sono intelligenti, vivaci, affamati di ogni cosa e ogni idea,
come qualsiasi loro coetaneo. Pochi sanno resistere al loro
fascino e al loro amore per cui, nonostante fatiche e
disillusioni, continuerete a tornare al campo.
Avrete comunque uno schock personale e culturale, perché lo
stesso bambino quando compirà 10 anni, comincerà a comportarsi, pensare (e agire, soprattutto) da adulto, pretendendo di essere trattato come tale.
PS: a proposito di stereotipi...
di Giorgio Bezzecchi
Signor Galli,
Sono un attivista Rom che da 30 anni condivide la realtà quotidiana dei Rom e
Sinti. Ho riflettuto prima di scriverle per l'antica abitudine a sopportare il
pregiudizio e la discriminazione, ma alla fine sento il bisogno di rispondere al
suo articolo scritto sul "Corriere della Sera" apparso martedì 26 novembre 2013
a pagina 3 della cronaca di Milano a proposito dei funerali di Luca Braidic. Lei
parla di "Funerali..........con più poliziotti che familiari"; "celebrati il più
in fretta possibile"; e soprattutto di "funerali da boss di mafia...".
Io ho partecipato ai funerali di Luca Braidic celebrati da Monsignor Mario
Riboldi, con Padre Luigi Peraboni (da 60 anni tra i Rom e Sinti) con don Massimo
Mapelli della Caritas ambrosiana, i Padri Somaschi e esponenti di altre
associazioni anche loro impegnati da molti anni con i Rom e Sinti, da lei
neppure considerati evidentemente per non essersi degnato di venire a vedere o
di informarsi compiutamente.
Premesso che i poliziotti erano 6 con 3 auto e parlavano tranquillamente tra
loro sulla piazzetta antistante la chiesa, mentre le famiglie Rom hanno riempito
la chiesa con la presenza del Sindaco con partecipazione seria secondo la nostra
tradizione; che se per fretta s'intende percorrere i circa 2 chilometri dalla
chiesa alla cascina per la sosta per l'ultimo saluto all'abitazione del defunto
con fuochi, musica pianti fino all'imbrunire per poi percorrere un altro
chilometro fino al cimitero con la cassa portata a spalla, la banda, le decine
di corone, di fiori sparsi senza parsimonia (almeno l'ultima strada.... è
fiorita anche per lui), certo i bersaglieri invidieranno la nostra velocità; ma
la cosa che più mi ha colpito è stato definire da parte sua questi come
"Funerali da boss di mafia", un insulto gravissimo per la cultura dei Rom e
Sinti.
Tutto il suo articolo è pervaso, oltre che dall'ignoranza delle tradizioni di un
popolo antico che avrebbe da insegnare qualcosa anche a lei, da affermazioni
approssimative e infamanti ("...persone sopra i 14 anni tutte con precedenti") e
quando parla di faida da una vera e totale ignoranza di quello che è veramente
successo nelle comunità di via Idro e di via Chiesa Rossa e di quello che ha
portato a questo tragico epilogo. Ma tanto siamo "zingari" con i quali lei certo
- e per fortuna, aggiungo io - non è in grado di parlare... e per questo lei che
fa il giornalista - non ho detto che lo è - dovrebbe almeno avere il dovere non
dico di cercare la verità, ma almeno di non sputarci addosso.
Saluti
Milano, 05/12/2013
Rag. Giorgio Bezzecchi
Presidente Museo del viaggio Fabrizio De Andrè
Torniamo a bomba, come si dice. Da rileggere:
allegrofurioso. E a tutti un buon HALLOWEEN
Facciamo un altro esperimento mentale. Poniamo che avete una bambina. Di,
diciamo, sette anni. Un bel giorno la polizia ve la toglie. Perche' si dice che
non e' vostra.
Si scatena allora una campagna stampa contro di voi e contro i vostri vicini di
casa. Si dice che voi, o i vostri parenti, o i vostri vicini di casa rubate i
bambini, per farli a fette, metterli sul mercato degli organi, venderli ai
pedofili, ecc. ecc. Una campagna di stampa con articoli in prima pagina. Sui
quotidiani locali (quelli che la gente legge al bar; e ovviamente non avete il
coraggio di entrare in alcun bar). Su quelli nazionali. Allarme pedofili,
centinaia di bambini spariti. Su quotidiani di tutta Europa. Pensose analisi su
come il crimine verso i piu' deboli sia endemico nella vostra comunita'. E
pagine facebook so come siete una banda di bastardi, che qualcuno prova ad
aiutarvi e si ritrova che gli rubate il portafoglio. E allarme bambini spariti.
Intanto vostra figlia sa il cavolo dove e'. Contattate avvocati (e loro aprono
il conto). Assistenti sociali. Se vi va bene vi ascoltano; di solito pero' va
male e gli assistenti sociali hanno il loro interesse professionale a mantenere
i bambini lontani da voi e sotto la loro tutela.
Magari la bambina e' in ospedale. Non ve lo dicono. Poniamo anche che il vostro
nonno aveva un fratello, anzi due, gemelli, e anche loro sono finiti in
ospedale, un ospedale in un posto in Polonia, dove c'era un dottore tedesco
molto interessato ai bambini come voi, per via della leggenda che venite
dall'India, e quel dottore si chiamava Mengele e in ospedali e posti di polizia
e' successo che sono morti 800.000 persone come voi, e adesso possono essere
800.001 e quell'uno e' vostra figlia. La bimba bionda che vi e' stata sottratta
da gente in divisa e la cui foto e' su tutti i quotidiani d'Europa, e in prima
pagina su quello che la gente legge al bar, e voi non sapete dove e' la bimba.
Vostra figlia.
E poniamo che una vostra zia sia stata sterilizzata, nella Cecoslovacchia
comunista, o nella Svizzera capitalista, o nella Svezia socialdemocratica, non
fa 'sta gran differenza, c'e' questa idea che voi i bambini non li sapete
tenere, per questo le donne della vostra famiglia hanno questa paura di entrare
negli ospedali, e di uscirne sterilizzate, ed e' per questo che quando andate in
ospedale ci andate con tutta la famiglia, anzi diciamo la tribu', e non lasciate
mai l'ammalato solo un momento, per questa terribile, ancestrale paura, che
qualche fondamento diciamo ce lo ha. Una paura tanto forte che basta per
sopportare le proteste dei parenti degli altri ammalati, la arroganza degli
infermieri (ve lo raccontava uno zio, cosa fanno, ai bambini come voi, quelle
signore bionde con il camicie bianco).
E andando indietro nel tempo, non e' cosi' raro che bambini vengano tolti a
quelli come voi. C'e' sempre qualcuno nella vostra famiglia a cui e' successo.
Per esempio perche' non li mandava a scuola. Ma a scuola venivano malmenati dai
compagni. Messi in classi separate, a studiare assieme ai bambini con
difficolta' cognitive. Mentre loro sono intelligenti. E vivaci. Troppo vivaci,
dicono le maestre. E poi le mamme degli altri bambini si lamentano. Quindi il
vostro cugino non e' andato a scuola; ma voi ci andreste a scuola a subire
umiliazioni e sentir dire che non vi lavate, e spiegare che l'acqua c'era, ma il
sindaco la ha tolta? No che non ci andreste. E difatti il cugino non ci andava.
Ma sono venuti ancora quelli della polizia e gli assistenti sociali e hanno
portato via vostro cugino. E dove sara' vostra figlia adesso.
La hanno portata via. Come succedeva ai vostri cugini. Come succedeva, anche,
all'epoca dei vostri zii. Sempre per questa idea che voi non sapete tenere i
bambini, che prolificate troppo e di bambini ne fate troppi, che SIETE troppi.
Pero' nel contempo, illogicamente, anche attentate ai bambini degli altri, e
quindi voi i bambini li rapite. Come se non ne aveste abbastanza dei vostri. Che
puttanata. Ma la ggente ci crede. La ggente lo scrive su facebook. La polizia
interviene. Gli assistenti sociali confermano. Voi fate troppi bambini E IN PIU'
rubate i bambini degli altri. Non perche' ci sono tra di voi dei criminali, come
ci sono in ogni gruppo umano (poniamo, tra i preti; o tra i militari). No,
perche' proprio SIETE dei criminali, tutti, siete pericolosi. Tutta la vostra
famiglia. Tutto il vostro vicinato. Tutta la vostra comunita'. Tutti quelli come
voi, sparsi per l'Europa (e anche America, o Sudafrica, o Australia, o persino,
come detto, India). Siete dappertutto. E l'allarme bambini spariti e'
dappertuttto. E tutto e' iniziato, stavolta, quando vi hanno tolto vostra
figlia. Che da settimane non sapete dove e'.
Poi arrivano le analisi del DNA
La bambina era vostra. Scusate, ci siamo sbagliati. Vabbe' succede. Come,
risarcimento? E' un casino. Ma mica possiamo andare a chiedere i danni al
direttore di un quotidiano polacco, o greco, o spagnolo, che ha trovato
interessante la notizia. Si', dai: verificare… Certe notizie non si verificano.
E' senso comune. E come si fa a documentare tutto. Che pretese. E da dove si
inizia a calcolare il risarcimento? Da quegli 800.000 uccisi? Da quei bambini
scomparsi grazie ad assistenti sociali molto zelanti? Lasciate perdere, che se
insistete con 'sta cosa del risarcimento succede un casino. Sapete, ci sono
pregiudizi, in giro, su di voi. Vedete di rigare dritto, piuttosto.
Ecco, per noi e' un esperimento mentale. Per altri una realta'. Come vi ci
trovate?
Male, suppongo. Da schifo.
Benvenuti tra i Rom, i Sinti, i Travellers. Gli zingari, insomma.
Apologo
del fine settimana a prospettiva variabile (avariabile?)
Mi diceva il professore, uomo buono ed onesto, che i giovani rom non conoscono il loro passato, e
stava cercando una maniera per "insegnarglielo".
Non mi ricordo il come e il perché, una sera parlavo con'anziana romnì, le
raccontavo che un tempo non molto lontano ad essere zingari si finiva in campo
di concentramento. Che oggi non va bene, ma allora c'era gente peggiore Lei mi rispose che del passato non le importava, e poi sputò
per terra: "Ma lo sai, tu che mi fai queste lezioni, che se mia nipotina fosse
bionda, potrei finire dentro come una ladra? Dimmi cosa è cambiato!"
Io non ci credo che nel 2013 ci sia ancora qualcuno che se vede una
zingarella bionda mette in giro la sua foto. E non ci credo che ci siano
giornali che accetterebbero tutto questo. Ma, si sa, gli zingari sono dei gran
bugiardi e vogliono sempre passare per vittime.
La prima risposta (molto italiana) è:
- non può fregarmene di meno ...ma
parlare di Beppe fa salire il numero dei lettori, quindi:
Altra risposta all'italiana:
Il mio umilissimo parere l'avevo già dato
un anno e mezzo fa, e non si parlava di Beppe, bensì di un piccolo fatto
di cronaca nera in Emilia. Sapendo quanto sono pigri i miei lettori, riassumo il
concetto chiave: UN BUON 80% DI CHI SI PROFESSA RAZZISTA LO FA PER
CONFORMISMO, IN REALTA' VUOLE CHE RAZZISTI LO DIVENTINO GLI ALTRI.
Sì, anche Beppe... mi ricorda tanto certi personaggi da commedia
all'italiana, come Borghezio, o Sgarbi o Sallusti, per andare su altri temi. Non
sono così, lo fanno per esigenze di scena e non sarebbero neanche obbligati a
recitare quel copione. Ma vivono il terrore che i riflettori si dimentichino di
loro, e allora devono ricorrere alla battuta, meglio se fuori contesto e che
non porti a nulla. Un po' come sparare una puzza in un convegno elegante,
magari qualcuno si volta a vedere chi è stato.
Ma il Beppe è un caso a parte, lo ammetto.
Perché da un lato vuole accarezzare la pancia popolana di un'Italia
immiserita (nel portafoglio e nel cervello), dall'altra vorrebbe diventare un
maitre-a-penser (scusate ma ho un problema con gli accenti) del XXI
secolo. Non essendo mai stato né popolano né intellettuale, si è dovuto
inventare un movimento, e ora corre davvero il rischio che il movimento si mangi
il suo fondatore.
Perché, e qua torno al RAZZISMO DA BAR SPORT di Beppe, nel movimento c'è
finito di tutto. Anche nel suo famoso blog (lo leggo dagli inizi, peccato che
col tempo sia diventato illeggibile, sia come grafica che come contenuti): ha
iniziato con
padre Zanotelli per finire ai sacri confini invasi da negri e rumeni. In
mezzo c'è stato di tutto e il suo contrario. Con una chiusa desolante, degna più
di Casaleggio che del Beppe: NON E' NEI 10 PUNTI.
Ora... ... ... ... ... se 300 persone affogano alle porte di Lampedusa, se i
superstiti vengono denunciati come "clandestini" ... ... ... (tento di
mantenermi calmo, ma il VAFFANCULO GRILLO lo trattengo a stento), vorrei dagli
eletti un briciolo di MORALITA', quella parola che ho sentito tante volte
abbinata ai casi più improbabili. Non solo:
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
e allora, viva quei pescatori che sfidano la Guardia Costiera per salvare i
naufraghi, viva quel poliziotto che non arresterà un clandestino, viva
quell'eletto che sfiderà il suo partito e abolirà la Bossi-Fini (alla
faccia di Beppe, i VAFFANCULO arrivano anche così).
Cosa cambia, abolendo il reato di clandestinità? Forse non lo sanno neanche
quei M5S e SEL che l'hanno proposto, ma hanno fatto quello che loro competeva.
Rimane un quadro europeo che è tutto da dipanare, ma mi permetto di azzardare
che, se deve sempre esserci un'altra urgenza,, i 10 PUNTI
valgono (e servono) quanto i 10 PIANI DI MORBIDEZZA.
Con questo, spero di aver accontentato i lettori più pigri. Per i
solutori più che abili, ho ancora qualcosa:
Vi ricordate Maroni (sì, credo sia ancora vivo) quando a inizio anno diceva "Sul razzismo ci abbiamo marciato"? La Lega non nacque in
un'Italia dalla coscienza limpida e pulita, ci mise ovviamente del proprio, ma i
razzisti esistevano già. E iniziò prendendosela con gli immigrati, aggiungendo
la categoria dei ladri (grandi e piccoli) come contorno; facendosi passare come
anti-sistema, come movimento più che partito, come un gruppo di persone
antipatiche, ma serie e oneste. Poi, abbiamo visto com'è finita.
In realtà, una fine non c'è. La Lega oggi è abbastanza sputtanata di suo, e
PD e PDL ne hanno approfittato per sposarsi, un po' come quelle coppie che
litigano ogni giorno, ma stanno insieme un po' per interesse, un po' perché c'è
la famiglia da salvare, un po' perché forse si amano davvero ma non
vogliono ammetterlo.
Ma la Lega puzza di cadavere, e forse non basteranno gli imbalsamatori
Salvini o Tosi a profumarla. Che fine faranno quanti votavano Lega perché
speravano in un partito serio ed onesto (turandosi il naso già 20 anni fa)? Che
poi magari erano democristi o ciocialisti in crisi di coscienza?
Quanti saranno? Beppe come un avvoltoio è da tempo che se lo chiede; la Kasta,
i ladri, gli immigrati... hanno sostituito la
Biowash. Alla vecchia Italia codina propone il 2.0, visto che questo paese
Internet non l'ha mai capito.
Chiusura:
Siamo nell'ennesima storia italiana: che Beppe e Napo Orso Capo
non si sopportino, l'hanno capito tutti. Sulla PELLE dei "clandestini", che
rimangono una pietra dello scandalo, assisteremo al passaggio di consegne tra la
Turco-Napolitano e la Grillo-Casaleggio (con Bossi e Fini come testimoni di
staffetta). A furia di insulti, ma nel segno PRATICO di un'italica continuità.
foto da Archivio ROMANO LIL
La festa dei Santi medici Cosma e Damiano che si tiene a Riace nei giorni del
25, 26 e 27 settembre, alla quale partecipano tantissime persone rom e non- rom,
è un grande evento interculturale, che proviene dall'antica civiltà contadina.
Questo mondo, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta scomparve con lo sviluppo
dell'urbanizzazione, aveva elaborato importanti valori sociali, come quello
della relazione tra gruppi "diversi", che consentiva di vivere e "costruire"
assieme.
Ma il tramonto della cultura contadina è avvenuto eliminando la gran parte dei
suoi valori, e abbracciando la cultura dell'urbanizzazione con le sue "false"
promesse di progresso e di sviluppo e con la pratica dell'emarginazione sociale
dei cittadini più deboli.
Difatti, il grande regista De Seta nel suo documentario "In Calabria", del 1993,
si interrogava sulla scelta negletta di distruggere il mondo contadino, senza
mantenere i suoi valori principali, e di accettare, a occhi chiusi,
l'urbanizzazione selvaggia.
Nonostante la scelta fatta, una traccia di quel mondo antico è rimasta nella
festa di Riace e nella vita civile di questa piccola cittadina, diventata un
esempio di civiltà per l'accoglienza offerta ai "migranti".
De Seta, da fine osservatore dei fatti, nel suo documentario descrive la festa
affermando che "...si distingue dalle altre, perché in comune tra gli abitanti
del paese e gli zingari che per l'occasione affluiscono in gran numero...".
E' proprio così. La festa di Riace, nata dalla civiltà contadina calabrese,
continua, ancora oggi, a essere festa " in comune ", a coniugare, a saldare, a
far incontrare. Mantiene tutto il simbolismo e la forza di quel mondo che sapeva
unire le "diversità", sviluppando autentica coesione sociale. Mentre la società
moderna, piegata dai valori della competizione, "costruisce" conflitti tra le
parti, si inventa lo "scontro di civiltà" ed emargina i gruppi più svantaggiati,
che considera troppo "diversi".
Il pellegrinaggio annuale a Riace, per i rom calabresi è un fatto che ha segnato
la loro storia e che, ancora oggi, rappresentata un avvenimento che continua a
caratterizzare la loro religiosità e le loro relazioni sociali.
La festa dei due Santi, si è celebrata a Riace a partire dal 1671, data in cui
le autorità religiose approvarono al culto le reliquie dei due Santi. Insieme
alla festa religiosa si tenne, dal 1671 fino a qualche decennio fa, una delle
maggiori fiere di bestiame e mercanzie della regione, che richiamava mercanti da
tutta la Calabria e da altre regioni del Sud Italia. I rom , presenti in
Calabria dalla fine del 1300, avendo sviluppato tra le loro attività
tradizionali il commercio del bestiame, parteciparono, fin dal XVII secolo, alla
grande fiera e alla festa religiosa, costituendo un'importante presenza, che è
rimasta costante nel corso di quasi tre secoli e mezzo.
La loro partecipazione ai festeggiamenti religiosi, li ha portati a sviluppare
una "propria devozione" religiosa che ha caratterizzato e caratterizza ancora
l'evento.
La festa "in comune" è nata in un periodo storico in cui i rom calabresi, dal
1300 fino alla metà del 1900, furono parte integrante del mondo contadino ,
garantendo i servizi di manutenzione dell'attrezzatura agricola e di commercio
del bestiame. Inclusi in modo interculturale nell'antica società contadina, i
rom calabresi contribuirono, al pari di altri gruppi, allo sviluppo della
civiltà rurale della nostra regione. Lungo il corso dei secoli, la cultura rom e
quella contadina si sono reciprocamente ibridate, attraverso l'influenza
reciproca e lo scambio di elementi.
E' così che i rom cominciarono a partecipare non solo alla fiera di Riace, ma
pure alla festa religiosa, facendola diventare un elemento centrale della loro
religiosità, e arricchendo la festa con una nuova forma di culto, fatta con la
musica e la danza apprese dagli stessi contadini, mettendoci le loro libere
interpretazioni.
Questo reciproco arricchimento culturale, dato dalla "connessione-mescolamento"
delle culture, è quanto è avvenuto nell'antica comunità rurale calabrese, oggi
considerata "arretrata".
Da qualche decennio la grande fiera di Riace non si tiene più, ma la festa
continua ad essere celebrata attraverso il culto religioso e l'incontro sociale
tra i diversi gruppi, in un clima di costante accoglienza interculturale.
Oggi, che la civiltà contadina non esiste quasi più, e la minoranza rom è vista
dalla comunità urbana come un "problema sociale", questa festa rappresenta,
ancora, un esempio concreto di apertura all'"altro".
Anche la Chiesa locale, negli ultimi anni, partendo proprio dall'esperienza
"plurale" offerta dalla festa ha cominciato a comprendere l'importanza della
devozione dei rom e ha mosso i primi passi per rispettarla nelle sue forme
specifiche.
Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che la festa di Riace è un passato che
continua a parlare al presente per la costruzione della convivialità dei gruppi.
Reggio Calabria, 15 settembre 2013
OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA
Il presidente
Antonino Giacomo Marino
Domenica 15 settembre, ore 11.30 Libreria Popolare via Tadino 18, MILANO
Rebecca è una
ragazza rom. E' anche un mondo: dalla Romania ha girato l'Europa e il Sud
America, ha scritto, dipinge, studia al liceo artistico, è stata testimone di
infiniti sgomberi, violenze esplicite o meno. Ha ricevuto il premio UNICEF. E ancora: studia il violino e cerca di vivere come una ragazza della sua età.
Così, tornati dalle ferie, riprendiamo LE CONVERSAZIONI IN LIBRERIA. Una domenica mattina alle 11.30, in un
angolo fresco e amichevole. Ci sarà anche un'esposizione dei dipinti di Rebecca,
e si terminerà con un rinfresco offerto dalla libreria a tutti i partecipanti.
Verrà presentato l'ultimo libro di Rebecca Covaciu:
"L'arcobaleno di Rebecca - Taccuino di viaggio di una ragazza Rom" UR
Editore - 2012 – pp. 168 - euro 11,70 con l'autrice, intervistata
da voi e da Fabrizio Casavola, per la redazione di MAHALLA.
Vi aspettiamo in tanti!
di
Cinzia Sgreccia - Responsabile settore scuola Opera Nomadi di Reggio
Calabria.
Il Dispaccio creato Sabato, 17 Agosto 2013 13:15
Ad un anno dalla morte di Mons. Bruno Nicolini (1927-2012) l'Opera Nomadi di
Reggio Calabria ricorda la figura di un grande uomo, amico del popolo rom a cui
ha dedicato oltre 50 anni della sua vita.
Incaricato di occuparsi di zingari dall'Arcidiocesi di Trento nel 1959,
successivamente, nel 1963, fondò nella Diocesi di Bolzano- Bressanone l'Opera
Nomadi che dopo qualche anno divenne ente nazionale promuovendo la nascita di
Sezioni locali in tutta Italia.
Fu chiamato a Roma da papa Paolo VI per occuparsi della pastorale dei Rom e
proprio da Roma, nel 1965, organizzò , nello spirito del Concilio Vaticano II,
il primo grande incontro europeo tra il popolo rom ed il papa che si tenne a
Pomezia.
Il suo impegno pastorale fu sempre costante "incarnandolo" e concretizzandolo
con quello sociale facendo onore al suo mandato di sacerdote cristiano.
Nel giugno del 2011 aveva partecipato con grande gioia all'incontro dei Rom
europei con papa Benedetto XVI in San Pietro.
Come Presidente dell'Opera Nomadi Nazionale aveva sempre centrato il suo impegno
per il popolo Rom mediando fra tre realtà che riteneva fondamentali ai fini
dell'inclusione sociale di questi cittadini: le istituzioni, la collettività
locale e i Rom.
Negli anni Sessanta mentre la comunità romnì locale reggina soffriva in una
favelas nella periferia della città sotto il ponte S. Agata, tre "giganti"
facevano convergere le proprie energie per affrontare le gravi problematiche di
questa popolazione. Tre pastori, che realizzarono la loro missione a partire
dagli ultimi.
Mons. Bruno Nicolini, sempre alla ricerca di soluzioni per una pacifica
convivenza tra Rom e società a livello nazionale. Don Lillo Altomonte, padre
amato dal popolo Rom reggino, che dal 1958, data della nascita della parrocchia
di Modena, S.Pio X, come parroco, iniziò a dedicarsi anche ai rom che
gravitavano intorno al territorio parrocchiale, emarginati sotto i ponti delle
fiumare. Avendo saputo dell'esperienza di don Bruno, nel 1965, aderì a questo
ente costituendo la Sezione Opera Nomadi di Reggio Calabria. E S.E. Mons.
Giovanni Ferro, che si impegnò personalmente a sottoscrivere un personale
contributo finanziario per avviare a soluzione il problema degli alloggi della
comunità.
La collaborazione proficua tra queste tre grandi personalità consentì di avviare
il primo intervento di aiuto organizzato in favore dei Rom di Reggio Calabria.
Questo percorso che Don Bruno sviluppò in tutta Italia, è stato alimentato dalla
sua stessa intuizione di affiancare alle azioni sociali la ricerca scientifica.
Egli realizzò, insieme alla professoressa Mirella Karpati, il «Centro studi
zingari», punto di riferimento scientifico per la comprensione della storia e
della cultura del popolo Rom in Europa, che divulgava le sue ricerche attraverso
la rivista bimestrale "Lacio drom".
Se oggi abbiamo delle analisi più precise sull'inserimento sociale dei rom e
sugli interventi da porre in essere, lo dobbiamo all'operato realizzato da don
Bruno.
Sotto il profilo umano Mons. Bruno Nicolini, definito "persona affabilissima,
dai modi estremamente familiarizzanti", coniugava l'esperienza maturata nelle
gravi problematiche vissute dai cittadini Rom in Italia e nel mondo con la
semplicità e l'amore con cui svolgeva la sua opera. Questo gli consentiva di
comprendere la persona, sensibilizzare l'opinione pubblica e mettere a punto
programmi di promozione sociale, coinvolgendo le istituzioni.
Per cinquant'anni si è impegnato per i fratelli rom, facendosi ultimo tra gli
ultimi e diventando spesso presenza scomoda per tanti. Non ha cercato e non ha
avuto né gloria né onori, ha vissuto da umile prete e così è morto. Ha concluso
la sua esistenza terrena all'età di 85 anni in povertà e con coerenza rispetto
alla sua Missione di pastore, ponendosi al servizio del prossimo cercando di
"capire meglio per poter aiutare meglio" nel rispetto della cultura dell'altro.
Il suo profilo di sacerdote corrisponde pienamente alla figura del buon pastore,
indicato da papa Francesco, che realizza la sua Missione, vivendo e prendendosi
cura delle " sue pecore", umilmente al servizio del suo "gregge", per servire,
non per essere servito (Papa Francesco, Ordinazione di nuovi sacerdoti,
21\04\2013) e ... amando fino alla fine.
Ciao don Bruno, grazie per quello che hai fatto, per le basi che hai posto per
l'aiuto del popolo Rom e per la testimonianza umana e cristiana che ci hai
offerto. Veglia su di noi.
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