Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 26/01/2014 @ 09:02:40, in Europa, visitato 1538 volte)
I Rom residenti a Govanhill intendono essere parte della soluzione
by Catriona Stewart,
Columnist/reporter. Wednesday 08/01/2014
EveningTimes
[...]
Tutti parlano dei problemi più pubblicizzati nella comunità del South Side -
provvisorietà, sovraffollamento, crimine.
E' il tipo di discorsi che si ascoltano in continuazione dai residenti
stanchi dei problemi di
Govanhill... e della sua reputazione.
L'unica differenza è che questo gruppo è rom, la comunità regolarmente
accusata di scatenare i problemi.
"I problemi c'erano già prima del nostro arrivo," dice Marcela Adamova,
operatrice di sviluppo per i Rom presso Oxfam Scozia.
"Veniamo però colpevolizzati per cose non causate da noi. E' soltanto un
piccolo gruppo di persone che sta dando a tutti una cattiva reputazione."
Uno dei problemi principali, ritiene Marcela, è la mancanza di comunicazione
tra i residenti "storici" di Govanhill ed i Rom.
Come risposta, assieme ad Eva - Kourova, lavoratrice di comunità, ha
creato un nuovo centro comunitario in Albert Road per Rom e no.
Dice Eva: "Vogliamo che i Rom abbiano a disposizione gli stessi servizi di
chiunque altro a Govanhill; un posto dove incontrarsi e parlare. Ma speriamo che
anche gli altri abitanti del luogo prendano parte attiva a questo dialogo, tra i
due gruppi. "
"Qui una gran parte del problema sono la mancanza di comunicazione e
comprensione culturale."
I gruppi rom dalla Slovacchia e dalla Romania iniziarono ad arrivare a
Glasgow, e la maggioranza di loro si insediò a Govanhill.
Il rapporto più recente, Mapping the Roma Community in Scotland, stima ci
siano tra i 3.000 e i 4.000 Rom che vivono nella città.
Per una comunità piccola, l'influsso è stato enorme e la gente del posto ha
trovato difficoltà nell'accogliere questi nuovi vicini.
I Rom sono stati rimproverati di scaricare rifiuti abusivamente,
comportamenti antisociali e problemi alloggiativi come il sovraffollamento.
Dice Marcela, proveniente dalla Slovacchia: "Siamo arrivati a Glasgow per le
stesse ragioni degli altri gruppi - un'opportunità di vita migliore. Ma voci e
preconcetti possono rendere tutto difficile. Siamo una cultura di strada che gli
altri trovano scomoda. A noi piace, parlare e socializzare all'aperto, è così
che condividiamo le notizie e scopriamo cosa succede. Ma la gente pensa che
stiamo complottando. Inoltre, per noi non è insolito avere i nostri nonni che
vivono con noi o sostenere altri parenti, ma la gente si lamenta del
sovraffollamento. E poi, appartamenti in cui vivano sino a 20 persone, come dice
la stampa - in realtà è una cosa veramente rara. Non sono mai stata in un
appartamento con così tante persone."
Madalin Caladras, un giovane di 20 anni, negli ultimi cinque ha vissuto a Govanhill.
Eva e Marcela ritengono che potrebbe lavorare con loro - il suo inglese è
eccellente - ma Madalin ha altri progetti.
Madalin ritiene che la zona non sia più come quando arrivò ed ora spera di
trasferirsi in Francia - parla sia inglese che francese.
Dice: "Qui mi sento stabilito; arrivai perché mio zio era qui e parlava bene
della zona. Ma non è più come quando arrivai. Qua la gente combatterà per
strada, è abbastanza intimidante. La mia famiglia è a Parigi e così spero presto
di trasferirmi là."
Lenka Milkova ha vissuto quattro anni a Govanhill e ne ha fatto della zona la
sua dimora.
Aggiunge: "Qui mi sento bene. Sono felici di stare qui. E' molto meglio che
tornare indietro e sento per il bene dei miei figli che vivere qui è il mio
futuro e questo la chiamo casa. Le opportunità per noi potrebbero essere
migliori e mi preoccupo che i miei figli siano esposti alle discriminizioni di
altri gruppi giovanili, ma vogliamo lavorare e riuscire."
Marcela dice che ora l'obiettivo è lavorare per migliorare la vita della
prossima generazione di Rom.
Le scuole dell'area si sono attivate per aiutare gli alunni in classe e a
rimanere a scuola.
Marcela, 33 anni, due anni fa ha anche fondato il gruppo Romano Lav -
Voce Romanì in romanes - per dare sostegno ai Rom della zona.
Dice Eva: "Sono stati spesi un sacco di soldi e di sforzi in indagini,
relazioni scritte e impiegati, piuttosto che nel personale e nei servizi di
prima linea. Ma il problema principale è la comunicazione, e speriamo davvero
che gli abitanti di qui vengano a trovarci in Albert Road. Parlare tra noi - è
l'unico modo di risolvere i problemi."
Di Fabrizio (del 09/01/2014 @ 09:07:48, in Europa, visitato 1534 volte)
Pubblicato il 7 gennaio 2014 su
PER ESEMPIO onlus
Dal mese di novembre 2013 l'Associazione Per Esempio, in collaborazione con
l'Assessorato alla Partecipazione del Comune di Palermo, sta lavorando alla
realizzazione del progetto RomaShare - Best practices' exchange in Palermo,
finanziato dall'European Youth Foundation del Consiglio d'Europa.
RomaShare è uno scambio di buone pratiche che intende favorire, attraverso il
coinvolgimento diretto della comunità romanì di Palermo, il dialogo tra la
popolazione rom, le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni giovanili su
tematiche quali lo status legale, il social housing, l'educazione e l'inclusione
sociale. L'azione progettuale mira a promuovere la conoscenza e la diffusione di
quegli interventi virtuosi che, rivolti ai Rom e attivati con successo in alcune
realtà italiane, potrebbero essere proposti e messi in campo anche nel contesto
palermitano.
In linea con tali finalità, il 23, 24 e 25 gennaio 2014 si svolgerà a Palermo,
presso i locali della Real Fonderia, un seminario interamente dedicato al
confronto costruttivo tra esperti locali e nazionali che, partendo dalle proprie
esperienze professionali, offriranno la loro testimonianza e contribuiranno ad
individuare strade percorribili ed azioni concrete in favore dei Rom residenti
nella città di Palermo. I relatori che si alterneranno nelle varie sessioni
dialogheranno tra loro, discutendo di status legale, di social housing e di
inserimento scolastico e sociale dei Rom. L'attenzione si estenderà infine, nel
corso dell'ultima giornata di lavori, sulle derive razziste e sul fenomeno della
discriminazione etnica in atto nelle società contemporanee, mettendo in luce la
relazione tra le forme di razzializzazione e i processi economici capitalistici.
Clicca
qui per visualizzare e scaricare il programma dettagliato del seminario.
Clicca
qui per scaricare la scheda di iscrizione.
Di Fabrizio (del 03/01/2014 @ 09:08:19, in Europa, visitato 1388 volte)
Damian Draghici, funzionario rom, dice che la Gran Bretagna dovrebbe
essere più preoccupata dai "furti dei banchieri, invece che dai mendicanti del
suo paese By MARTIN ROBINSON -
Daily Mail
[...]
Damian Draghici, consigliere del primo ministro rumeno, ritiene che i migranti
del suo paese debbano avere la possibilità di stabilirsi nel Regno Unito.
Rom, 43 anni, dice di aspettarsi che siano in pochi a muoversi verso la GB,
quando si aboliranno il 1 gennaio le restrizioni sul movimento di Rumeni e
Bulgari in Europa.
Draghici dice che non gradirebbero la Gran Bretagna per il troppo freddo, e
prevede che questo inverno solo 2 o 3.000 potrebbero recarsi nel Regno Unito.
"I mendicanti rom per le strade sono evidenti, perché sono visibili, chiedono
una sterlina o un euro e per questo ci danno fastidio. Eppure alcune persone
nelle banche stanno rubando miliardi di euro, ma nessuno li vede3 perché sono al
60 piano" ha detto al Times.
"Il 70% dei Rom che hanno lasciato la Romania negli ultimi 10 anni sono
integrati. Hanno figli che vanno a scuola e si comportano da cittadini e
contribuenti attivi."
Ha aggiunto che i gruppi che in diverse occasioni l'anno scorso si erano
accampati in Park Lane sono stati "l'eccezione".
[...]
La Romania conta circa due milioni di Rom e ce ne sono 750.000 in Bulgaria,
anche se molti sono già partiti per l'Europa Occidentale da quando quei paesi
hanno aderito alla UE nel 2007.
Draghici dice che il rigido clima britannico terrà lontano i migranti, e si
aspetta che dopo il 1 gennaio saranno circa in 3.000 ad entrare in GB
I migranti da questi paesi in arrivo in GB per Capodanno potrebbero mettere
una pressione enorme su case, scuole ed ospedali, avvertiva un importante
rapporto la scorsa settimana.
Dice uno studio dell'Institute for Public Policy Research, di
centro-sinistra, che la maggior parte dei nuovi arrivati si insedierebbero a
Londra e nel Sud-Est - quindi sarebbero i servizi pubblici di quelle aree i più
interessati.
Viene detto che la Gran Bretagna settimana prossima potrebbe vedere un
aumento di comportamenti antisociali, accattonaggio aggressivo, pernottamenti
all'addiaccio e criminalità.
E che i tanto annunciati cambiamenti di David Cameron a regole e benefici
sono "altamente simbolici" e produrranno poca o nessuna differenza.
Cameron ha evitato di richiedere alla UE di estendere i controlli, nonostante
i sondaggi mostrino un grande appoggio pubblico per tale richiesta.
Di Fabrizio (del 02/01/2014 @ 09:05:45, in Europa, visitato 1369 volte)
Il "villaggio attrezzato" della Cesarina, a Roma -
ASSOCIAZIONE 21 LUGLIO lunedì, 30 dicembre, 2013
"Veniamo trattati come "pacchi", spostati da una parte all'altra della città
senza essere interpellati, e nel timore di essere dimenticati all'interno di un
centro segregato, dove gli spazi sono angusti e asfittici, le condizioni
igienico-sanitarie difficili e dove ci è proibito ricevere visite".
Si sono rivolte direttamente al Commissario Europeo per i Diritti Umani Nils Muizhnieks alcune delle famiglie rom che nelle scorse settimane sono state
trasferite dal "villaggio attrezzato" della Cesarina al centro per soli rom di
via Visso, a Roma.
Con la lettera a Strasburgo, i rom vogliono portare all'attenzione del
Commissario la "grave condotta da parte dell'Amministrazione di Roma" nei loro
confronti dopo che, il mese scorso, lo stesso Muizhnieks aveva esortato la
Giunta Marino ad individuare "soluzioni abitative ordinarie" per rom e sinti
nella Capitale.
Il 16 dicembre, i 180 rom della Cesarina sono stati trasferiti nel centro di
accoglienza per soli rom di via Visso 12, denominato "Best House Rom" e dove già
vivono altri 180 rom. Nella lettera al Commissario le famiglie rom denunciano
come all'interno del "villaggio attrezzato" le condizioni di vita fossero
effettivamente "inaccettabili", a causa di "condizioni alloggiative totalmente
inadeguate e dei ripetuti episodi vessatori" ai quali erano sottoposte.
La soluzione individuata dall'Amministrazione capitolina, tuttavia, è stata il
trasferimento nell'ennesimo luogo di segregazione per soli rom. Un
trasferimento, secondo le famiglie rom firmatarie, avvenuto peraltro senza
alcuna consultazione adeguata.
"Contestiamo fortemente la totale assenza di consultazioni e il fatto che non si
sia esplorata alcuna ulteriore alternativa rispetto all'unica opzione messa a
disposizione dal Comune, che riteniamo inadeguata dato che replica una
condizione di segregazione, essendo riservata a soli rom", si legge nella
lettera al Commissario Muizhnieks.
"Inoltre - proseguono i rom - non solo veniamo trattati come "pacchi", spostati
da una parte all'altra della città, ma ci ritroviamo anche in una condizione di
estrema incertezza riguardo al futuro nostro e dei nostri figli".
Nelle intenzioni del Comune, il trasferimento sarebbe una misura temporanea in
attesa del rifacimento del "villaggio attrezzato" della Cesarina. Tuttavia,
scrivono i rom al Commissario, nessuna tempistica sulla loro permanenza nel
centro è stata loro comunicata dall'Amministrazione né tantomeno sull'inizio dei
lavori di rifacimento del "campo".
Tutto ciò alimenta "il nostro timore di venire dimenticati all'interno di un
centro segregato e inadeguato per chissà quanto tempo, come già successo ad
altre persone rom che in precedenza sono state trasferite in questo e in altri
centri di accoglienza per soli rom della città di Roma".
Nella risposta alla lettera di novembre inviata da Strasburgo al sindaco Marino,
l'Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà Rita Cutini aveva garantito al
Commissario Muizhnieks che "la volontà e i passi intrapresi dalla nostra
amministrazione vanno nella direzione di una piena attuazione delle indicazioni
contenute nella Stratega nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti,
abbandonando definitivamente l'approccio emergenziale in favore di una gestione
di sistema del fenomeno".
Nella loro lettera, però, i rom mettono in evidenza un'altra realtà: "Come le ha
recentemente scritto l'Assessore Cutini, anche noi - scrivono i rom a Muizhnieks
- le inviamo il nostro invito a venire a visitarci nel nuovo centro per
riscontrare di persona la condizione in cui siamo stati costretti dalle autorità
della città di Roma: spazi angusti e asfittici, proibizione di ricevere visite,
condizioni igienico-sanitarie difficili, regolamenti vessatori".
LEGGI ANCHE:
Di Fabrizio (del 16/12/2013 @ 09:08:13, in Europa, visitato 1583 volte)
di
Valeriu Nicolae
su
Amazon
Dumitru G. è un benestante uomo d'affari rumeno di successo.
Il 4 settembre 2008 noleggiò un minivan online. Pagò usando la sua VISA, ed
il sistema emise una ricevuta del noleggio che dichiarava chiaramente come lui
fosse la persona che aveva effettuato il noleggio del vicolo, assieme al suo
indirizzo rumeno.
Il 5 settembre 2008 Dumitru G. arriva all'ufficio Europcar nell'aeroporto di
Monaco di Baviera, chiedendo di ricevere la vettura.
La signorina Manske, di servizio presso 'ufficio Europcar, controllò la
prenotazione e l'avvenuto pagamento. Non trovò discrepanze tra la prenotazione,
il suo ID e l'indirizzo.
Rifiuta di consegnare il veicolo, motivandolo col fatto che la compagnia
"non può affittare veicoli ai cittadini rumeni, perché li rubano e attraversano
il confine con quelli." Negli sviluppi successivi, la posizione di Europcar
verso i cittadini rumeni si è ripetuta, alla presenza della polizia aeroportuale
Dumitru G. è di pelle scura. La signorina Manske pensò che sembrava un rom e
secondo le politiche della sua compagnia, il signor Dumitru era un cliente ad
alto rischio.
Dumitru, come molti altri Rom rumeni, è pienamente integrato nella società
rumena. Secondo una ricerca di un investigatore privato, molti dei dipendenti
rumeni di imprese di successo condotte da Rom, pensano che i proprietari rom
abbiano costruito la loro fortuna attraverso il furto e la violenza e che solo
da poco (prima che si cominciasse a lavorare per loro) siano diventati onesti e
laboriosi.
Negli ultimi 30 anni l'obiettivo principale per qualsiasi istituzione europea,
ONU o governo nazionale, è stato l'istruzione e l'occupazione per i Rom.
Un numero significativo (se non la maggioranza) dei Rom che si sono integrati
con successo nelle loro società nasconde la proprie radici etniche, dato che non
si adattano agli stereotipi prevalenti sui Rom - ignoranti e disoccupati. Ci
sono molti casi simili a quello di Dumitru G. - per queste persone il problema
non ha niente a che fare con l'istruzione o il lavoro, ma col razzismo (anti-ziganismo).
Persone come Dumitru G. possono i essere modelli positivi così necessari, tanto
per popolazione maggioritaria che minoritaria e contribuire significativamente
all'inclusione sociale dei Rom nelle società europee.
Nell'ultimo trentennio le istituzioni europee hanno equiparato i Rom con quei
Rom ignoranti, non qualificati, disoccupati poveri e spesso criminali,
soprattutto dai ghetti e dalle comunità romanì tradizionali. Questa parte di
popolazione rom (che io chiamo i Rom Frankenstein - vedi
QUI, ndr.) incontra gli stereotipi negativi della
popolazione maggioritaria ed è stato l'obiettivo principale delle iniziative
europee volte all'inclusione sociale dei Rom. Nessuna campagna europea di
sensibilizzazione ha mai riguardato tanto i Rom integratisi con successo e
neanche il più vasto gruppo dei Rom mischiati etnicamente.
Selezionare le tanto necessarie risorse umane romanì di alta istruzione è
fortemente ostacolato dall'esistenza dei gruppi di destinazione e porta ad una
leadership di bassa qualità e ad una rappresentazione che allontana le esistenti
elite di Rom integratisi con successo.
Perciò, è minimo l'aumento dei Rom che dichiarano la loro identità etnica ed il
numero di quei Rom che preferiscono nasconderla è tuttora superiore da 3 a 10
volte. I modelli di ruolo positivi sono quasi del tutto spersi e lo stigma
sociale continua ad essere perpetrato dalle esistenti leadership.
Casi come quelli di Dumitru G. dovrebbero segnalare un'urgente necessitò di
riforma del paradigma funzionale delle istituzioni europee.
Oltre due terzi dei Rom (secondo le statistiche del Consiglio d'Europa) non
dichiarano la loro identità etnica per paura della stigma e la maggior parte dei
Rom con successo professionale preferiscono non parlare della propria identità
oppure nasconderla. L'anti-ziganismo rimane stridente e diffuso tra le elite
politiche d'Europa, come i sondaggi continuano a dimostrare anno dopo dopo anno,
che i Rom sono di gran lunga il gruppo etnico più odiato in Europa.
SPOT
Sull'argomento leggi anche:
Con una testimonianza di Valeriu Nicolae. Clicca sull'immagine per acquistare - La recensione su
Mahalla
Di Fabrizio (del 28/11/2013 @ 09:00:00, in Europa, visitato 2102 volte)
Sergio Bontempelli 25 novembre 2013 su
Corriere delle migrazioni
Quella della "zingara rapitrice" è una falsa leggenda, ormai lo
sanno (quasi) tutti. Ma pochi conoscono l'origine di questo mito, che risale
all'età moderna e ha una lunga storia letteraria.
A volte i fatti di cronaca sono molto istruttivi. A volte, non sempre. Il 19
ottobre scorso, a Farsala in Grecia, i poliziotti trovano una bambina bionda in
un insediamento rom. E siccome i rom - così pensano gli agenti - non possono
essere biondi, la bambina sarà stata senz'altro rubata. Parte la caccia ai
"veri" genitori, che vengono rintracciati nel giro di pochi giorni: si tratta di
una coppia di rom bulgari, anche loro tutt'altro che biondi. La bambina non è
stata rubata, ma ceduta dalla famiglia di origine, che non poteva mantenerla.
Due giorni dopo, la polizia irlandese ferma una coppia di rom a Dublino e
trattiene la loro piccola figlia, anche lei "troppo bionda per essere zingara".
Ma il caso si sgonfia subito: il test del Dna rivela che i due rom sono i
genitori "naturali" della piccola.
Il 3 novembre,
Il Messaggero riporta la notizia di una rom bulgara che avrebbe
tentato di rapire un neonato a Roma. La presunta rapitrice verrebbe dai dintorni
di Napoli, dal "campo nomadi di Striano". Bastano poche ore per capire che si
tratta di una bufala: a seguito di una rapida verifica, l'Associazione 21 Luglio
scopre che non esiste nessun
"campo nomadi di Striano", mentre un
articolo del
giornale online Giornalettismo ridimensionava l'ipotesi del rapimento. La donna
- che probabilmente non era rom - era in evidente stato confusionale, e la sua
volontà di "sottrarre" il bambino è tutta da verificare.
I rom non rubano i bambini...
Tre episodi di rapimento, rivelatesi tre colossali bufale. Ancora una volta, la
storia degli "zingari" che portano via i bambini si rivela per quello che è: una
leggenda metropolitana.
Del resto, che i rom non rubino i neonati lo sanno tutti. O, almeno, tutte le
persone serie e minimamente informate. Anche perché sul tema si è accumulata una
corposa letteratura: dossier, reportage, rilevazioni statistiche, studi e
ricerche sistematiche.
Ci sono per esempio i dati della Polizia di Stato sui minori scomparsi. In
nessun caso si parla di bambini o adolescenti ritrovati presso famiglie rom o in
"campi nomadi" (si veda
qui, e per dati aggiornati al 2013
qui).
Poi ci sono inchieste giornalistiche ben fatte, reperibili anche in rete: come
quella realizzata nel 2007 da
Carmilla Online, dove si dimostrava che i numerosi
episodi di presunto rapimento di minori erano delle bufale belle e buone. O come
quella, più recente, di
Elena Tebano per il
Corriere, che arriva alle stesse
conclusioni.
Infine, c'è la ricerca dell'antropologa fiorentina Sabrina Tosi Cambini, che ha
analizzato tutti i casi di presunti rapimenti, seguendo sia le notizie diffuse
dalla stampa che i verbali dei processi nelle aule di Tribunale. L'esito di
questa meticolosa indagine è sempre il solito: nessuna donna rom ha mai rapito
nessun bambino.
Le origini della leggenda: un mito letterario
Ma allora da dove nasce la bufala dei rom che portano via i bambini? Pochi sanno
che si tratta di una storia vecchia di qualche secolo, e che può vantare
un'origine "colta", addirittura letteraria: i primi a parlare di "zingare
rapitrici" sono stati infatti i commediografi italiani e spagnoli del
Cinque-Seicento. Nell'arco di qualche decennio, la trama delle loro opere è
diventata leggenda di senso comune: la finzione, potremmo dire, si è fatta
realtà (o, per meglio dire, il racconto è divenuto cronaca e falsa notizia). Ma
andiamo con ordine.
Tutto comincia nel 1544 a Venezia. Il luogo non è casuale, perché proprio in
quegli anni la Serenissima avvia una dura politica di espulsioni, bandi e atti
repressivi contro gli "zingari". Mentre la gloriosa Repubblica si industria ad
allontanare i rom, i veneziani frequentano il teatro, luogo di svago e di vita
mondana: e come in un gioco di specchi, gli "zingari" cacciati dalla città fanno
capolino sul palco.
Nel 1544 viene messa in scena La Zingana, una commedia di un certo Gigio Artemio
Giancarli. Qui si racconta di una giovane rom che sottrae dalla culla un
bambino, sostituendolo col proprio figlio: per quanto se ne sa, si tratta della
prima traccia del mito della "zingara rapitrice". Il successo della commedia
oltrepassa i confini della Repubblica: nel giro di pochi anni un drammaturgo
spagnolo, Lope de Rueda, scrive la Medora, che è nient'altro che una traduzione
e un adattamento della Zingana di Giancarli. E attraverso Lope de Rueda, la
leggenda della "zingara rapitrice" arriva a Cervantes (l'autore del Don
Chisciotte), che ne fa l'oggetto di una delle sue "Novelle esemplari", La
Gitanilla.
Da opera letteraria a leggenda metropolitana
Insomma, la storia della "zingara rapitrice" nasce come trama di commedie,
novelle e opere teatrali. Poi, nel giro di pochi decenni, oltrepassa l'ambito
letterario: a Milano, agli inizi del Seicento, Federico Borromeo accusa i "cingari"
di rapire i bambini cristiani, mentre in Spagna Juan de Quiñones, nel 1631,
formula un'accusa simile in un virulento pamphlet che invoca l'espulsione dei
"gitani". I giochi sono fatti: la trama romanzesca si è trasformata in accusa
reale, leggenda metropolitana e falsa notizia.
A cosa si deve questa metamorfosi? Sul punto, le ricerche storiche sono ancora
agli inizi, e risposte sicure non esistono. Si possono però formulare alcune
ipotesi. E, come punto di partenza, occorre ricordare che i rom non erano gli
unici destinatari di questa infamante accusa: altri gruppi sociali, altre
minoranze erano sospettate - negli stessi anni - di "rubare i bambini".
C'erano per esempio gli ebrei, già allora discriminati e vittime di persecuzioni
(perché l'antisemitismo, è bene ricordarlo, non nasce nel Novecento). Dei
"giudei" si diceva sin dal medioevo che rapivano i piccoli cristiani per cibarsi
del loro sangue a scopo rituale. Ovviamente non era vero, ma intere comunità
ebraiche furono vittime di aggressioni, stragi, processi o condanne a morte.
Poi c'erano i vagabondi e i mendicanti, accusati spesso di rapire i bambini per
portarli a chiedere l'elemosina. Piero Camporesi, storico e antropologo,
racconta ad esempio la vicenda del "ritrovamento fortunoso da parte di una madre
della figlia, rapitale due anni prima, mentre chiedeva l'elemosina in compagnia
del suo rapitore davanti alle porte del santuario di Assisi; non solo rapita, ma
resa ad arte macilenta e ulcerata sulle spalle per impietosire i fedeli".
Infine, il fenomeno dei rapimenti era diffuso nella pirateria barbaresca:
corsari, avventurieri e pirati musulmani solcavano il Mediterraneo, e per
guadagnare qualche soldo rapivano uomini, donne e bambini, chiedendo poi un
riscatto per la loro liberazione.
Zingari, ebrei, mori, vagabondi
Ebrei, "mori" e vagabondi erano insomma protagonisti di episodi - veri, o più
spesso presunti - di sottrazione di minori. Naturalmente, per capire quanto
queste figure abbiano influito sull'immagine dei rom occorrerebbe compiere
ricerche specifiche. Ma alcuni indizi ci segnalano che, nell'immaginario della
prima età moderna, questi gruppi erano spesso confusi, o almeno accostati per
similitudine.
La "zingana" della commedia del Giancarli, per esempio, parla un dialetto arabo:
all'epoca si pensava che i rom fossero "egiziani", cioè arabi, mentre la teoria
dell'origine indiana si diffuse solo qualche secolo dopo. Lutero, dal canto suo,
affermava che il "gergo" dei mendicanti (una specie di lingua segreta diffusa
nei "bassifondi" della società) aveva origini ebraiche. Dei vagabondi si diceva
che erano discendenti di Caino - e per questo condannati a vagare - mentre per
gli "zingari" si ipotizzava una provenienza dalla figura biblica di Cam: ma nei
testi dell'epoca Cam e Caino erano spesso confusi, e i rom erano trattati come
semplici vagabondi.
Insomma, è come se il mito della "zingara rapitrice" fosse nato per una sorta di
"osmosi" con analoghe leggende già diffuse a proposito di altri gruppi. Per
dirla in altri termini, è come se lo stereotipo degli "zingari" avesse
condensato, e mescolato, le caratteristiche proprie dei "marginali": erranti
come gli ebrei e i vagabondi, estranei e nemici come i "mori" musulmani.
Quando gli zingari eravamo noi
Nato in età moderna, il mito dei rom rapitori di bambini ha dimostrato una
sorprendente longevità: ha attraversato i secoli, arrivando pressoché intatto
fino ai nostri giorni. I titoli allarmistici dei giornali delle ultime
settimane, i resoconti dei fatti di Farsala e di Dublino, sembrano riecheggiare
le inquietudini dei commediografi veneziani del Cinquecento.
È difficile comprendere le ragioni di questa "longevità". Certo è che il tema
del "rapimento di bambini" è assai diffuso nel tempo e nello spazio: molti
gruppi minoritari, molte comunità marginali e discriminate hanno prima o poi
dovuto difendersi da questa infamante accusa, o da altre simili.
È capitato anche ai migranti italiani, nei decenni centrali dell'Ottocento. Dai
villaggi rurali del Sud e dalle regioni appenniniche del centro-nord, intere
famiglie contadine praticavano all'epoca forme di mobilità stagionale, legate ai
mestieri girovaghi di musicante e suonatore. Nel XIX secolo, l'arpa dei "viggianesi"
(Viggiano è un paese della Basilicata) e l'organetto dei liguri avevano
risuonato nelle strade delle città europee, richiamando l'attenzione dei
passanti su queste strane figure di musicisti straccioni.
I bambini che suonavano l'organetto in mezzo alla strada, si diceva, erano stati
"venduti" dalle famiglie di origine a trafficanti senza scrupoli. Non erano
proprio bambini rapiti, ma quasi: perché i loro genitori, poverissimi, erano
spesso costretti a venderli per racimolare qualche soldo. "Il costume di
mendicare di città in città col mezzo di fanciulli", scriveva la Società
Italiana di Beneficenza di Parigi nel 1868, "ha dato origine ad un traffico che
si pratica sotto gli occhi e colla tolleranza delle autorità": una frase che
riecheggia i peggiori stereotipi sugli "zingari".
Traffico di bambini, mendicità aggressiva, offesa al decoro, furti e criminalità
di strada furono i principali capi d'accusa contestati agli emigranti. E, come i
rom di oggi, gli italiani di ieri subirono processi, espulsioni, condanne.
Subirono, soprattutto, una degradazione della loro immagine pubblica: chi
incontrava un italiano metteva mano al portafogli, per paura di subire dei
furti. E nascondeva il proprio bambino.
Di Fabrizio (del 19/11/2013 @ 09:01:02, in Europa, visitato 1309 volte)
Romeo Franz: L'Europa dev'essere libera da discriminazione e razzismo
Berlin, 11.11.2013 23:47, (ROMEA) Veronika Patochkovà, translated by Gwendolyn
Albert
Quanto segue è un'intervista a Romeo Franz, 46 anni - compositore, pianista e
violinista. Fondò il suo primo gruppo, Romeo Franz Ensemble, nel 1991 e
nel 2012 compose il pezzo "Mare Manuschenge", in commemorazione delle
vittime romanì del nazismo.
Nel 2011 Franz si è iscritto al partito dei Verdi ed è diventato attivista
politico. Prima era stato presidente dell'Unione dei Sinti Tedeschi della Renania-Palatinato
e membro del consiglio di amministrazione del Consiglio Centrale dei Sinti e Rom
Tedeschi.
Franz è risultato sesto tra i candidati dei Verdi alle elezioni parlamentari
del 22 settembre 2013. Purtroppo non ha ottenuto un seggio all'Assemblea
Federale.
Qual è stato il momento o l'evento che ti hanno spinto a diventare un
attivista politico, cioè, a varcare la linea di impegno in quanto comune
cittadino a confronto delle opzioni offerte dalla società civile?
Da tempo ero attivo come difensore dei diritti civili e come vice-presidente
dell'Unione dei Sinti Tedeschi della Renania-Palatinato. Grazie a questa
attività ho accumulato una grande esperienza e ho lavorato con persone che si
trovano in situazioni difficili, che avevano bisogno d'aiuto, ecc. Ho imparato
molto in quel periodo. Decisi di iscrivermi ad un partito quando osservai che
come membro dell'Unione potevo raggiungere solo cambiamenti limitati - non si
riusciva ad andare oltre. Si è sempre nella posizione di supplicare, non si può
decidere nulla da se stessi. Col tempo ho deciso che così non si poteva
continuare, che così non si andava da nessuna parte. Decisi di entrare in
politica. Grazie al mio lavoro nell'Unione ho avuto esperienze con molti partiti
e mi sono fatta un'immagine precisa di ognuno di loro. Il partito dei Verdi era
quello on cui avevo più cose in comune.
Quindi, non c'è stato un preciso momento in cui hai deciso di darti
alla politica?
E' stata una decisione per gradi. Ho sempre intuito che fosse una
possibilità, ad esempio quando ricercavo appoggio nei vari progetti nell'area
dell'istruzione, sia per gruppi specifici che nel campo generale dell'istruzione
interculturale. Per anni ho lavorato di volta in volta sulle opportunità, senza
che nessuno dei miei progetti fosse approvato. A causa di ciò non sono stato in
grado di realizzarli o di lavorare con le persone, con i giovani... mi era
chiaro che andavo a sbattere contro un determinato muro.
Perché hai scelto i Verdi, in particolare? In Repubblica Ceca,
l'ultima volta non sono riusciti ad entrare nella Camera Bassa. Potresti
spiegare la tua decisione ai lettori cechi da un punto di vista tedesco?
In Germania i Verdi sono in Parlamento. Sono un partito che esiste da oltre
30 anni. In Germania hanno costruito una buona relazione con i loro votanti.
Come dicevo, grazie al mio lavoro precedente ho accumulato molte esperienze, ed
i Verdi fondamentalmente incontrano le mie esigenze meglio degli altri partiti,
riguardo all'ambiente, ai diritti umani e delle minoranze. E' per questo che la
mia decisione di unirmi a loro è stata abbastanza rapida.
Anche in Repubblica Ceca ci sono stati nove uomini e donne romanì
candidati nelle liste dei Verdi.
E' la testimonianza del fatto che i Verdi sono un partito molto importante
per questa minoranza, uno che apertamente e sinceramente rappresenta i loro
interessi. La decisione di quei candidati ne è una prova lampante.
Prima delle elezioni, chiunque andasse sul sito dei Verdi nel tuo
distretto elettorale di Ludwigshafen avrebbe visto immediatamente la tua
fotografia. Eri in un buona posizione nella lista dei candidati, al sesto posto,
anche se eri iscritto al partito da soli tre anni. Perché?
Può dipendere dal fatto che sono abbastanza conosciuto come musicista, e per
la mia attività politica tanto in Germania che nella mia regione. Grazie al mio
attivismo, ho una discreta esperienza. Penso che sia anche per questo. Un'altra
cosa, di cui sono assolutamente sicuro, è che alle elezioni nel mio collegio
elettorale hanno votato compattamente. Significa che nel nostro partito c'è
stata una enorme accettazione e grande volontà politica di nominare un
rappresentante dei Sinti come candidato al Parlamento. Due settimane dopo,
quando durante la conferenza regionale ho chiesto un posto specifico nella lista
dei candidati, ho ottenuto il terzo posto tra gli uomini. Significa che i Verdi
hanno una grande comprensione per la minoranza sinti. La esprimono non
vergognandosi di sostenere i diritti delle minoranze, mettendo rappresentanti
sinti nelle loro fila, e con una grande apertura. Credo che sia un messaggio
favoloso per la società.
Non pensi che i Verdi in Germania dovrebbero essere preoccupati di
perdere voti, quando scelgono come candidato un Rom o un Sinto?
In Germania il partito dei Verdi non deve preoccuparsene. Il partito è
conosciuto per il suo impegno nel proteggere l'ambiente e per la difesa dei
diritti delle minoranze. Ogni elettore dei Verdi lo sa.
Questo si collega alla mia prossima domanda, cioè è visibile che i
Verdi in Germania hanno anche altri rappresentanti di minoranza - l'esempio
migliore è che uno dei co-presidenti, Cem Oezdemir, ha origini turche. Tuttavia,
ci sono anche rappresentanti di minoranze che non hanno vissuto in Germania per
tutto il tempo dei Sinti. Perché i Sinti sono così sottorappresentati in
politica?
Questo è il punto: noi Sinti abbiamo vissuto in Germania per oltre 600 anni.
Le nostre vite sono state profondamente toccate dall'Olocausto. Tuttavia, anche
dopo la II guerra mondiale, non abbiamo mai ricevuto molti riconoscimenti. I Rom
e Sinti tedeschi che fecero ritorno in Germania dopo la guerra, non vennero
accolti a braccia aperte, al contrario, continuarono ad essere discriminati. In
Germania Occidentale, i responsabili che dovevano prendersi cura dei
sopravvissuti all'Olocausto erano spesso le stesse persone che in passato
avevano organizzato i trasporti [verso i campi di concentramento]. Il genocidio
dei Sinti venne riconosciuto solo nel 1981 dal cancelliere Helmut Schmidt, e lo
fece perché Romani Rose ed altri sopravvissuti entrarono in sciopero della fame
a Dachau. In quanto minoranza, abbiamo perso molto tempo perché per lungo tempo
non abbiamo preso parte alla vita della società. Per prima cosa abbiamo
costruito una base civile attiva. Il Consiglio Centrale dei Sinti e Rom
Tedeschi, come le singole unioni statali, hanno fatto in modo che quanti fossero
stati coinvolti nell'Olocausto ricevessero un indennizzo, anche se qualcuno lo
sta ancora aspettando. Adesso i Sinti e i Rom tedeschi stanno lentamente
acquisendo abbastanza fiducia in se stessi e la volontà di impegnarsi in
politica. Ecco il bello della mia candidatura - grazie a ciò sono riuscito a
convincere molti Sinti ad unirsi a partiti democratici ed essere attivi in
politica.
Quanti Romanì e Sinti tedeschi conosci che abbiano preso esempio da
te? Per loro sei un modello?
So di quattro Sinti e di un Rom che fanno parte di partiti tedeschi. Uno è
nell'Unione Cristiano Democratica, uno con i Socialdemocratici, uno con Die
Linke e due nei Verdi. Penso che sia un'ottima cosa. Ho anche una controparte in
Bulgaria, che si chiama Orhan Tahir, è avvocato e membro dei Verdi. Anche lui è
stato in corsa per il parlamento, dopo che sono andato a trovarlo in Bulgaria
l'aprile scorso. Il segno che è giusto impegnarsi in politica è ottenere una
buona risposta dalla nostra comunità. Altri che vorrebbero ottenere qualcosa si
stanno unendo a noi. Ricevo email e segnalazioni su Facebook in cui la gente si
congratula con me e che stanno per mettersi all'opera anche loro. Considero
degna questa attenzione e credo che la mia candidatura sia stata di successo
solo per questo, indipendentemente dai risultati.
Come si pongono i Romanì non-tedeschi in Germania, ad esempio, quanti
vi sono immigrati dall'Europa orientale o meridionale? Ho letto da qualche parte
che vuoi rappresentarli anche in politica, ma che vuoi che sia chiaro che i
Romanì non-tedeschi hanno destini differenti e bisogni differenti dai Sinti e
Rom tedeschi. Se tu, Sinto tedesco, parli per i Rom immigrati, non c'è il
rischio di un'ulteriore omogeneizzazione?
La vedo in maniera un po' differente. Il concetto di Sinti-e-Rom esiste solo
in Germania. A causa di questa doppia etichetta, si genera la sensazione che non
ci siano differenze tra Romanì e Sinti, che siamo un gruppo omogeneo, ma in
realtà questo è un errore. Per esempio. i Sinti tedeschi vivono in Germania da
oltre 600 anni, ma i Rom tedeschi sono qui da 200 anni. Ci sono anche Romanì
arrivati qui dopo la II guerra mondiale, o dopo la caduta del Muro di Berlino
nel 1989-1990. Non sono parte dei Rom e Sinti tedeschi, ci sono molti gruppi
nazionalmente differenti ed eterogenei. Ognuno di questi è una minoranza
nazionale che ha vissuto in altri paesi per 800 anni - in Serbia, ad esempio. In
quei paesi avevano la loro cultura romanì, proprio come in Germania abbiamo la
cultura sinti. Anche la lingua è differente. La società maggioritaria deve
tenere conto di queste differenze. Non è possibile equiparare automaticamente,
immediatamente, le tematiche dei Rom immigrati con quelle dei Sinti tedeschi.
Penso che succeda spesso e che produca ulteriore stigmatizzazione per tutti. Per
questo credo sia un mio compito spiegare alla gente che ci sono differenze tra i
gruppi.
Integrazione e politiche migratorie sono le tue aree, ma ciò non à
immediatamente auto-esplicativo, né tu né la tua famiglia siete immigrati, sotto
questo punto di vista. Non è una tua esperienza personale diretta.
Vedo il mio compito come quello di aiutare la gente, e non perché siano
Tedeschi, o Romanì, o Sinti. Intendo appoggiare gli immigrati e i nuovi arrivati
in Germania. Ho questo bisogno perché, grazie alla mia storia ed esperienza, ho
appreso quanto sia orribile è subire il razzismo e l'esclusione dalla società.
E' per questo che mi son dato l'obiettivo di lottare per tutte le minoranze che
sono discriminate o spinte lontano dalla società, senza l'opportunità di
parteciparvi. Personalmente non amo il termine "integrazione". Preferisco
parlare di inclusione, perché questa comprende meglio quanto le minoranze o i
socialmente esclusi fondamentalmente intendono raggiungere. Vogliono essere
parte della società, suoi membri di diritto.
La tua famiglia e i tuoi genitori cosa dicono della tua candidatura?
La mia famiglia ama davvero cosa faccio. Sono uno dei fattori grazie a cui ho
coltivato un interesse nella politica. Fondamentalmente i componenti della mia
famiglia mi hanno portato a tutto ciò attraverso il loro modo di vivere - sono
stati il mio modello. Il nazismo è un argomento ricorrente in casa nostra. La
mia famiglia ha perso sei parenti durante l'Olocausto e - come spiegarlo? In
qualche maniera siamo in obbligo verso quelle persone. Sulla base di quegli
eventi ed esperienze, mi sono interessato alla politica. Per questo la mia
famiglia mi appoggia in così pienamente, approva quanto faccio, e mi da forza -
e questo è molto importante.
Come dicevo, anche in Repubblica Ceca ci sono stati uomini e donne in
corsa per il parlamento. In conclusione, vorrei chiederti se vorresti mandare
loro un messaggio.
Con molto piacere! Vorrei dire loro che considero magnifico che siano
politicamente attivi. Spero che stiano assieme così da potere comunemente
contribuire allo sviluppo della società europea. L'Europa dev'essere una terra
per tutti e dev'essere libera da discriminazione e razzismo.
Di Fabrizio (del 06/11/2013 @ 09:05:07, in Europa, visitato 1645 volte)
In effetti, sulla piccola Maria, greca o bulgara che sia (apposta, non ho
usato rom), ne hanno scritto tutti, da tutti i punti di vista. Razzisti,
buonisti, populisti, legalitari, opinionisti... (ho dimenticato qualcuno?) hanno
esposto la loro commozione PER LA RICADUTA MEDIATICA di questo caso, creando un
coro di voci diversissime tra loro.
Sia detto, se si parla di opinioni, ognuno ha diritto a dire e a difendere la
propria. Anche con veemenza, ci mancherebbe. Anche usando SOLITI e RITRITI
strumenti retorici. Quindi: accalorandosi. TUTTO GIUSTO.
Ma poi, e questa è la retorica di chi ha assistito a molte storie simili,
cala il sipario. Il pubblico torna a casa e pulisco la platea. C'è un tipo,
seduto in sala regia, che si sta chiedendo cosa sia rimasto nella testa della
gente di questo "spettacolo".
Avevo segnalato all'amico Giancarlo Ranaldi un link in inglese:
Bulgaria insisting Romani girl be returned from Greece E lui, che magari
sarà pieno di difetti ma è comunque persona sensibile e attenta, mi ha girato
un commento, che vale la pena leggere:
Quindi... le autorità Bulgare insistono per il ritorno di Maria. La Grecia
non sa bene cosa fare e, per il momento, si è limitata ad arrestare gli
"affidatari". Ma, allo stesso tempo, in Bulgaria hanno arrestato i "genitori
biologici", che rischiano sei anni di carcere. Degli altri bambini, fratelli e
sorelle di Maria, non è dato sapere e, forse, è pure meglio. I "media" Bulgari,
infatti, sconvolti dalla povertà, chiedono al Governo d'intervenire, ma sarà
molto difficile che Maria possa essere riaffidata ai suoi genitori e potrebbe
finire in orfanatrofio (per la rieducazione?) fino al compimento del 18o anno di
età. Ma povera figlia...
Intendiamoci (è sempre il testimone di storie passate a dirlo): lo scorso
mese è successo qualcosa di insolito e di positivo, a
Napoli, a
Parigi, sulla psicosi greca (e quella irlandese), ci sono state tante
persone, persone comuni intendo, che hanno espresso solidarietà e sentimenti
umani verso i Rom. Niente che non faremmo per un nostro vicino, amico, per una
bestia domestica, ma questa volta erano Rom. E quattro casi distinti. E' IMPORTANTE.
Ma se rileggo le riflessioni di Giancarlo, penso che poi la vita continua,
anche per i Rom, quando si spengono i riflettori dell'attenzione pubblica. Se le
previsioni greche possono apparire impietose, non è che negli altri ultimi casi
siano migliori. Difficile, anche su queste pagine, dare conto delle evoluzioni,
di tutto ciò che succede o succederà: tenetemi informato, se ce la fate, o
tenetevi informati su
MAHALLA INTERNATIONAL o sul suo corrispondente su
Facebook.
Di Fabrizio (del 01/11/2013 @ 09:06:15, in Europa, visitato 1429 volte)
by John Feffer
Spesso è stato fatto il paragone tra i Rom dell'Europa centro-orientale e gli
Afro Americani negli Stati Uniti. Allo stesso modo i Rom hanno patito la
schiavitù, la segregazione, una discriminazione rampante, assimilazione forzata.
Hanno anche svolto campagne per i diritti civili in quasi tutti i paesi dove
vivono. Tuttavia, sinora sono state campagne dall'effetto limitato. Anche se
alcuni Rom hanno raggiunto successo sociale, economico o politico, la comunità
nel suo complesso resta ai margini.
Nel 1995, partecipai ad uno scambio tra attivisti romanì e veterani afro
americani del movimento civile, a Szentendre vicino a Budapest. I due gruppi
condivisero molte storie sulle rispettive storie ed esperienze. Erano storie che
si muovevano spesso in un pensiero parallelo a distanza di anni. Un partecipante
afro americano, ad esempio, descriveva il sit in di Greensboro del 1960, a
Woolworth in Carolina del Nord. Un partecipante rom dalla Repubblica Ceca ha
raccontato una storia suoi suoi recenti sforzi per organizzare dei sit-in nella
sua città natale, dove diversi ristoranti hanno posto agli ingressi dei cartelli
che vietano l'ingresso ai Rom.
Ricorda: "Quando proposi questo sit-in la prima volta, molti amici mi dissero
che non c'era ragione per farlo." Infatti, la prima protesta si presentarono
solo in dieci ai tavoli chiedendo di essere serviti. La voce si sparse in
fretta. La seconda protesta le persone erano di più. "Alla terza protesta, si
mostrò anche mio padre," continua l'attivista. "E vennero anche persone bianche
in solidarietà."
L'organizzatore dello scambio di Szentendre era Michael Simmons, che aveva
condotto il programma Est-Ovets dell'American Friends Service Committee (AFSC).
Veterano dei movimenti dei diritti civili USA, Simmons andò anche in prigione
per le sue prese di posizione. Lì, entro in contatto con i quaccheri e poi
iniziò a lavorare per AFSC sulla relazioni USA-URSS. Gradualmente, il programma
si allargò all'Europa Centro-Orientale.
Fu anche il primo che mi assunse una volta che uscii dal college, come
assistente amministrativo nel 1987. Più tardi, nel 1990, viaggiai attraverso
l'Europa Centro-Orientale, proprio per intervistare le persone su cosa doveva
essere fatto nella regione dal programma Est-Ovest. In cima alla lista dei miei
compiti era il lavoro sulle tematiche rom. Il programma di scambio a Szentendre
nel 1995 fu soltanto una della serie di iniziative di AFSC per favorire un
approccio da diritti civili nelle comunità rom.
Dopo aver lasciato AFSC, Michael Simmons decise di rimanere a Budapest e
continuare nel suo lavoro sui diritti umani. Lo ricontattai a Filadelfia, dove
aveva fatto ritorno per prendersi cura di alcune questioni personali. Parlammo
di parecchie cose, ma fui particolarmente interessato al suo punto di vista sul
lavoro coi Rom 20 anni dopo. Nel corso degli anni era diventato piuttosto
pessimista.
Da un lato, la situazione dei Rom non era migliorata significativamente. "La
situazione dei Rom è peggio di quella degli Afro Americani - non in termini di
schiavitù o di mezzadria, ma in termini di realtà attuale." sottolineava. "Ci
sono un paio di ragioni. Una è che in questo paese, gli Afro Americani furono
capaci di costruire una società alternativa. Nella comunità Afro Americana era
possibile studiare dalle elementari al dottorato, senza avere troppi contatti
con i bianchi. Incontravi tutte le tue necessità all''interno della comunità, i
Rom non hanno niente del genere."
Dall'altro, l'organizzazione politica non è realmente penetrata nella società
rom. "Ci sono formazione, conferenze e seminari rom, come avevo fatto altre
volte, non sapendo fare di meglio. Ma non significano niente," dice. "E così i
Rom - non voglio dire che siano opportunisti, perché non hanno nessuna
possibilità di lavoro - aspirano ad arrivare in una OnG a Budapest, Bruxelles,
ora anche in Polonia, all'OCSE, Ginevra, New York, o una borsa di studia a
Cambridge o da qualche altra parte. Ma non esiste una sforzo organizzativo sul
locale. Non c'è un senso di un'organizzazione democratica comunitaria. A livello
base non c'è nessun cambiamento. La condizione odierna dei Rom è la stessa del
1989, al di là delle cifre che sono state spese."
Abbiamo parlato della prima visita in Unione Sovietica, della crescita
dell'estremismo di destra, e del perché si fosse trasferito a Budapest, dopo
avermi detto tempo fa che non avrebbe mai potuto vivere se non a Filadelfia.
[...]
To read the interview,
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Di Fabrizio (del 29/10/2013 @ 09:04:11, in Europa, visitato 1827 volte)
Mrs Jones, mamma di tutti i bimbi zingari, by SIMONETTA AGNELLO HORNBY
"Mrs Doris Jones" annunciò la segretaria, "un nuovo cliente..." e si interruppe,
poi aggiunse, "Traveller, immagino" . Mi stizzii: Jones era un cognome
prettamente britannico e i clienti venivano letteralmente dal marciapiede nel
nostro studio, che occupava i locali di un ex negozio di mobili, al centro di
Brixton.
Tutti sconosciuti: gli appuntamenti erano dati in ordine di richiesta, come alla
fila dei taxi, e mai avevo ricevuto un commento sul nuovo cliente. Traveller,
poi che significava? Una viaggiatrice? E come se n'e era accorta, la mia
segretaria?
Ripenso a Mrs Jones leggendo ora di questi due casi di bambine, una in Grecia e
l'altra in Irlanda, così poco somiglianti ai "genitori" – bionde e occhi azzurri
- da suscitare il sospetto di essere state rapite. In un caso la vera mamma ha
dichiarato di aver "regalato" la bambina a un'altra coppia; nell'altro caso il
test del Dna ha dato ragione all'uomo e alla donna che si protestavano genitori.
Traveller, era l'ultimo nome affibbiato agli zingari. Ora in Inghilterra si
preferisce chiamarli "Roma". Qualunque sia, l'appellativo, è sempre un
eufemismo: la discriminazione e il sospetto reciproco continuano: gli zingari
non piacciono. La gente desidera che se ne vadano: dove, non importa. Hitler,
aveva le idee chiare su dove: li mandò a morire assieme agli ebrei e agli
omosessuali. Noi che siamo buoni, rispettiamo la loro cultura e il loro modo di
vivere, vogliamo aiutarli ad adattarsi al ventunesimo secolo, è tutto lì. Così
credevo.
Mrs Jones mi ha aperto gli occhi. La matriarca del clan degli zingari del
Sud-Est di Londra, tutti chiamati Jones e imparentati, era la scrivana e la
portavoce della sua gente. Lei era andata a scuola da bambina perché durante la
guerra era stata evacuata presso una famiglia inglese. Scriveva, compilava e
ahimè firmava documenti, moduli e lettere alle autorità, dei membri del suo
clan, tutti meno istruiti di lei se non analfabeti. Accompagnava la sua gente
dall'avvocato e al tribunale: piccoli reati, furti, la lite andata oltre lo
scazzottamento. E da quando la legge inglese ha riconosciuto i diritti dei
minori e li ha protetti attraverso il sistema legale, casi di bambini. "Noi li
amiamo i nostri figli, li alleviamo in modo diverso. Ce li portiamo dietro
quando lavoriamo, e li affidiamo a parenti e amici se dobbiamo allontanarci per
lavoro". Era fiera di essere una traveller, anche se lei in particolare,
rimaneva a Londra per aiutare la sua gente. "Non stiamo bene in un posto solo,
abbiamo parenti dappertutto. Ci visitiamo, molto del nostro lavoro è
occasionale. Veniamo chiamati nelle fattorie, facciamo i lavori duri, trasporti,
costruzione, nelle campagne. Senza costare allo Stato. Usufruiamo poco del
Welfare".
I figli degli zingari appartengono alla famiglia allargate, come era in Sicilia.
I minori stavano dai nonni, e venivamo mandati a vivere presso gli zii che non
avevano avuto figli. A volte erano casi di vera adozione informale. In genere,
erano periodi che duravano anni, ma non definitivi.
Per anni rappresentai genitori o bambini zingari introdotti da Mrs Jones in casi
che andavano dai problemi scolastici - assenze ingiustificate e prolungate, i
bambini non facevano i compiti, non partecipavano alle gite, sembravano
emaciati, erano malvestiti - a problemi della povertà e dell'ignoranza.
Riuscivamo, Mrs Jones ed io, a presentare la realtà: genitori inadeguati ma
capaci di migliorare e collaborare con le autorità e a evitare l'allontanamento
dalla famiglia. In altri casi, era una lotta per l'affidamento dei figli. Anche
in quelle situazioni, Mrs Jones assieme agli assistenti sociali, riusciva a
trovare un compromesso per il bene dei bambini. Gli adulti del clan obbedivano a
Mrs Jones.
Ebbi una causa di abuso sessuale tra i travellers. Tragico, come tutti, ma
isolato, tra le centinaia di cause del mio studio.
Lo Stato ha il dovere di proteggere i minori, qualunque sia la cultura a cui
appartengono. Giustamente. Ma i pregiudizi permangono. Gli zingari - gli ultimi
degli abitanti dell'Europa rimasti migranti, sono fortemente leali alla propria
cultura e restii a mettere radici in un posto e legarsi ad uno Stato: loro sono
una nazione, hanno una potentissima identità. Nel mondo di oggi non c'è la
volontà di fare posto per gli zingari. Loro lo sentono e si chiudono nel proprio
riccio.
Quando, come la famiglia di Mrs Jones, si fermano in un posto per l'istruzione
dei figli, si sentono attaccati dalla comunità. Un volta ebbi un caso simile a
quello irlandese - una bimba diversa dagli altri e, secondo la scuola,
maltrattata. I servizi sociali volevano toglierla dalla famiglia. Mrs Jones
spiegò che i genitori erano andati nel Galles per un periodo e l'avevano
affidata agli zii, che stavano per separarsi: la bambina ne aveva risentito più
dei cugini.
Non è vero che i bambini zingari sono maltrattati più degli altri bambini
inglesi. E vero che hanno una educazione diversa, meno tecnologica, più
domestica, e che lavorano sin da piccoli, accanto a genitori e parenti - la loro
e una società chiusa e di clan. Amano i figli quanto li amiamo noi. E li
proteggono, a modo loro. Noi sospettiamo di loro e viceversa. Mentono per paura
di essere fraintesi. Mrs Jones firmava documenti per tutti, che era un reato.
Glielo dissi. Mi rispose: "E lei che farebbe al mio posto, se non sanno
scrivere?".
Col passare degli anni i clienti di nome Jones si ridussero e lei scomparve. Mi
chiesi se fosse stato merito di Mrs Jones o, come temo, i Jones siano stati
costretti ad andare altrove. Per me è stato un privilegio lavorare per gli
zingari.
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