La data dello sgombero da 18 milioni di sterline di Dale Farm, un'ex
discarica che ora ospita 90 famiglia, è stata rivelata per lunedì 19 settembre(vedi
QUI ndr). La data è trapelata alla stampa tramite una sorgente nel
consiglio [comunale].
I residenti di Dale Farm chiedono ai loro sostenitori di recarsi in loco per
aiutarli a fermare lo sgombero. Chiedono anche agli osservatori legali e dei
diritti umani ad essere presenti come testimoni. Dale Farm è
solo ad una
mezzora di treno dalla stazione di Liverpool Street a Londra.
Il consiglio [comunale] ha minacciato di bloccare le strade attorno a Dale
Farm prima dello sgombero, così raccomandiamo di arrivare quanti più giorni
prima possibile. Inoltre, c'è una gran mole di lavoro da svolgere in anticipo.
Sono disponibili posti letto in casa, ma se possibile vi chiediamo di
portare una tenda con voi, perché gli spazi disponibili sono riservati a chi ne
avesse bisogno. Siete tutti benvenuti in qualsiasi momento. Per dettagli,
QUI.
Si prega far circolare ampliamente questo appello, e promuovere l'evento
su Facebook attraverso i siti di social network.
Vi invitiamo ad iscrivervi all'avviso
via SMS (NON ESTERO - solo per la GB ndr)ed alla
nostro bollettino, perché non siamo sicuri che il consiglio [comunale] non
voglia inviare gli ufficiali giudiziari in anticipo sulla data del 19 settembre.
Il 19 settembre il Consiglio di Basildon e la coalizione di governo che
finanziano ciò, dovranno affrontare una sfida morale per spiegare a migliaia di
persone ed ai mezzi di comunicazione mondiali perché abbiano scelto di lasciare
oltre 100 bambini senza casa ed allontanarli da scuola. L'ONU ha chiesto al
governo di sospendere questo sfratto "immaturo e imprudente", dicendo che
"condizionerebbe in maniera spropositata le vite delle famiglie di zingari e
viaggianti, in particolare donne, bambini ed anziani". Lo sgombero è stata
condannato da un'ampia coalizione che comprende Amnesty International,
sindacalisti e gruppi antirazzisti.
Rivelata la data dello sgombero, gli ufficiali giudiziari e la polizia
inizieranno a chiudere gli accessi al sito la settimana del 12 settembre, ed a
portare via le carovane dal 19 settembre. Abbiamo quidi urgente bisogno di
persone che raggiungano Dale Farm dal 12 settembre, per sostenere la comunità
dal tentativo di sgombero. La data comunicata pubblicamente è il 19, ma nelle
lettere di sfratto è scritta l'intenzione di procedere anche in anticipo.
Duisburg, 30/08/2011 - Circa 4.000 Bulgari e Rumeni sono arrivati nei
mesi recenti nella città tedesca di Duisburg. Invece di protestare la città si
prepara per l'integrazione, riporta il giornale Die
Welt.
"Sono Europei come noi e devono essere trattati correttamente," ha detto Karl Janssen,
capo della Gioventù e Cultura di Duisburg. Quelli di cui sta parlando, sono
circa 4.000 Rumeni e Bulgari, che recentemente si sono spostati nella città.
Nessuno ne conosce il numero esatto. La maggior parte dei Bulgari e Rumeni si
sono insediati nelle aree di Marksloh e Hohfeld.
Questi quartieri sono conosciuti da anni per gli alti tassi di
disoccupazione, gli affitti bassi e la presenza di immigrati. Molti di loro
vengono dal gruppo etnico discriminato dei Rom dell'Europa dell'est.
Le autorità di Duisburg hanno pianificato un programma speciale di attuazione
per l'integrazione dei Rom, a cui sono è stato assegnato un budget di 1,5
milioni di euro.
ALLARME IN FRANCIA
Il governo Sarkozy prepara una nuova ondata di espulsioni di gitani rumeni e
bulgari.
E' quello che è stato reso pubblico da diverse personalità francesi, e alcune
delle organizzazioni maggiormente coinvolte nella difesa dei nostri fratelli. Il
governo francese, capeggiato da Nicolas Sarkozy ha continuato a mettere in atto,
dall'estate dell'anno scorso, ogni sorta di pressione, per far si che i gitani
rumeni e bulgari, cittadini comunitari come ciascuno di noi, escano
definitivamente dalla Francia. Per questo, viene utilizzato ogni mezzo
immaginabile di pressione sociale.
Meno di una settimana fa, a Marsiglia, circa 100 gitani, tra i quali 30 bambini,
stabiliti all'esterno del centro urbano, all'ingresso della città, sono stati
sloggiati dalla polizia. L'ordine è stato eseguito in seguito ad una petizione
del sindaco di Marsiglia, il quale appartiene allo stesso partito del presidente
francese. Nell'ordinanza di evacuazione delle famiglie, si dice che costituivano
una "minaccia seria contro l'ordine pubblico".
Ma siccome la repressione non conosce limiti, nel nord della Francia, dalle
parti
della città di Lille, il sindaco de La Madeleine, Sebastien Laprètre, ha emesso
due ordinanze: una che vieta la mendicità, e un'altra che vieta ai mendicanti di
cercare cibo o qualsiasi altra cosa, nei cassonetti dell'immondizia installati
nelle vie della città. Inoltre, affinché non ci siano minimamente dubbi quanto ai destinatari di queste due ordinanze, sono state redatte anche in
rumeno e bulgaro. (Supponiamo che nessuno abbia fatto presente al sindaco, che
la maggioranza di questi disperati che cercano cibo nelle pattumiere, non sanno
né leggere né scrivere).
Ci è capitato di avere accesso al rapporto realizzato da Medici del Mondo (MDM),
in relazione alle tragiche conseguenze della politica di deportazione del
governo francese. Questi sono alcuni dati:
Jean-François Corty, direttore del progetto MDM francese, ha dichiarato che "in
alcuni campi si sono svolte azioni simili a quelle messe in atto nelle zone in
guerra. Per esempio in Seine-Saint-Denis, abbiamo distribuito beni di prima
necessità, in quanto le loro esigenze vitali, come l'accesso all'acqua potabile,
non erano rispettate".
I poveri gitani rumeni e bulgari hanno paura, tanta paura di essere espulsi.
Per questo hanno rinunciato all'assistenza sanitaria. Dall'anno scorso, in
questo periodo, cioè
da quando iniziarono le persecuzioni contro di loro, hanno cessato di andare dal
medico. Il risultato è che a Nantes, Bordeaux, Marsiglia e Strasburgo, solo l'8%
è in possesso di un libretto sanitario, che certifica che hanno fatto le
vaccinazioni necessarie. La schiacciante maggioranza del gruppo preso in esame,
non è quindi protetta né contro le malattie comuni, né contro quelle mortali.
"La violenza delle espulsioni produce una soppressione dell'assistenza
sanitaria", ha dichiarato Jean-François Corty.
Le gitane soffrono in modo molto particolare questa persecuzione. Lo afferma
Medici del Mondo: solo una donna su dieci usufruisce di assistenza durante la
gravidanza, motivo per il quale la mortalità neonatale, cioè la frequenza con la
quale i bambini rom muoiono durante il primo mese di vita, è nove volte
superiore alla media dei bambini "gadjé" francesi.
Il governo francese sta utilizzando la medicina come arma politica di
repressione dei gitani, il che costituisce, secondo Jean-François Corty, "un
paradosso dal punto di vista dell'etica medica". In Francia, esiste l'assistenza
sanitaria statale, dalla quale dipendono la maggiore parte dei gitani. A partire
dal primo marzo, questo aiuto è diventato soggetto a un costo annuo. Il
risultato è stato devastante: tra tutti i gitani intervistati da Medici del
Mondo, il 77% non ha accesso all'assistenza sanitaria statale. E le conseguenze
non si sono fatte attendere: i casi di tubercolosi sono estremamente numerosi.
L'ha detto Jean-François Corty: "le espulsioni ripetute, rendono il lavoro dei
medici praticamente impossibile"
Crediamo che questo mese di agosto sarà più tranquillo di quello dell'anno
scorso, però ora vediamo qual è il panorama futuro:
"Menti Criminali", programma TV della quarta rete, il quale come il nome della
serie fa comprendere, ci presenta come veri demoni (vedi
QUI ndr).
"Mi gran boda gitana" (vedi
QUI ndr) di pessimo gusto, razzista e offensivo, trasmesso
dal terzo canale, un film del quale alcune sequenze costituiscono chiaramente un
reato, codice penale alla mano.
A tutto ciò bisogna aggiungere alcune informazioni apparse nella stampa
spagnola, come quella che abbiamo denunciato qualche giorno fa, in relazione
alla sparatoria di Merida nell'Extremadura, o il presunto stupro di una giovane
a Lérida, alcune settimane fa.
Ci sono pessimi venti che corrono, amici, attraverso questa nostra Europa, vittima della
crisi, dello sciopero, dell'economia senza coscienza, e di una parte della
classe politica così lontana dalla cruda realtà quotidiana. E' un profondo
impegno, l'essere presidente di questo grande paese, il quale fu la culla
dell'illuminismo, e che oggi getta in mare tutti quei luminosi principi, che
proclamarono i pensieri basilari, in merito ai quali il diritto naturale è
fondato sui diritti di tutti gli uomini, dando vita alla libertà.
E' per questo che restiamo profondamente scioccati, nel prendere atto che la
fame che attanaglia la Somalia e la mancanza di acqua potabile, possano essere
così vicino a casa nostra.
Juan de Dios Ramírez-Heredia
Abogado y periodista
Presidente de Unión Romani
Barcelona, 18 de agosto de 2011
Cittadini bulgari di minoranza rom, hanno attaccato un'ambulanza
lanciando pietre nel distretto di Stolipinovo della città meridionale di
Plovdiv.
I Rom erano spaventati da recenti notizie di stampa su una "misteriosa
ambulanza" che girava nei villaggi vicini per raccogliere organi da
mamme e bambini.
I rapporti sostengono che nella zona sono state avvistate ambulanze che
trasportavano persone "senza organi".
Parlando a radio Darik, Kostadin Bakov, ufficiale della polizia locale, ha
negato ogni ipotesi sull'esistenza di un'ambulanza che raccoglierebbe organi.
Il panico creato da voci simili ha portato le ambulanze in quella zona ad
andare distrutte, ha sottolineato Bakov.
Stolipinovo è una delle più grandi comunità rom nell'Europa
sud-orientale.
Comunque anche in Italia siamo messi bene!
LA SPEZIA Finanzieri scambiati per zingari rischiano il linciaggio I retroscena dell'inchiesta sul maxisequestro di cocaina
La Spezia, 25 agosto 2011 - L'INCHIESTA da manuale della Guardia di Finanza per
risalire ai trafficanti internazionali di cocaina - dopo la scoperta in porto
del maxi carico da una tonnellata occultato dietro lo schermo di una paratia
approntata in un container - è passata anche dal rischio degli investigatori di
essere... presi a bastonate. Sangue freddo e una eccellente capacità di
recitazione hanno evitato che venisse compresa la loro effettiva attività in
quel di Pallerone, quando preparavano il blitz che ha portato agli arresti.
Sì, c'è stato chi, vedendoli armeggiare nei pressi di una cabina dell'Enel - con
barba lunga e vestiti qua e là sdruciti - li ha scambiati per degli zingari ed è
sceso in strada con una mazza sollecitandoli a prendere il largo dal paese. «Che
fate lì?Volete rubare il rame come fate spesso? Andate via, qui non vi
vogliamo». Ha detto un abitante del luogo che risiede in una casa nei pressi
della cabina dell'Enel. I finanzieri, in quel momento, stavano approntando un
sistema per l'effettuazione delle intercettazioni telefoniche e delle riprese
video per immortalare chi si sarebbe introdotto nel capannone dei mobilifici Gargiolli dove, l'11 agosto, erano giunti i quattro container accompagnati dai
documenti di spedizione che attestavano la presenza all'interno di mattonelle.
Gli investigatori, col bastone che roteava davanti ai loro occhi, non hanno
battuto ciglio.
«TRANQUILLO, siamo degli operai dell'Enel; stiamo facendo un controllo alla
linea...». Così hanno rassicurato l'uomo che li aveva scambiati per dei nomadi
in 'missione' a Pallerone per compiere dei furti. Lui, tra sfida e opportunità,
ha colto la palla al balzo: «Se siete davvero dei tecnici dell'Enel, potreste
darmi una controllata all'impianto elettrico di casa, ogni tanto fa cilecca...».
CHE FARE? Stare al gioco, ovviamente. I finanzieri sotto mentite spoglie hanno
continuato a recitare la parte. «Ma certo... facciamo un sopralluogo». Detto,
fatto, con rassicurazione di rito, al termine della verifica: «Niente di grave,
ora facciamo un rapporto agli uffici centrali dell'Enel... stia tranquillo, i
problemi saranno risolti». Stretta di mano e via. Nei giorni successivi i
finanzieri si sono presentati a Pallerone con le tute degli operai dell'Enel e
furgoncino dotato di logo dell'ente elettrico. Tanto per non destare sospetti.
E hanno proseguito il lavoro che poi, il 17 agosto, li ha portati a coronare
l'investigazione con i fermi di Giordano Gargiolli, Juan Carlos Romero Pereze,
Juan, Pablo Ramirez Carnival e Alessandro Bernucci; questo, giunti nel capannone
con l'obiettivo di prelevare i carico di cocaina per distribuirlo sulle auto
dotate di apposito doppio fondo, hanno avuto la sorpresa di trovare i finanzieri
con le armi spianate. Questa volta in divisa.
Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:04:38, in Europa, visitato 1661 volte)
La rinomata affidabilità tedesca non esce bene da questa
storia: un progetto che si trascina da anni, costi che lievitano... Ogni tanto
sulla stampa europea esce un articolo che ci aggiorna sull'ennesimo ritardo o
lite tra i committenti. Ne scrissi a
gennaio 2008 e a
gennaio 2011
Il Sole - 24 OreIl memoriale della vergognadi Giulio Busi - 21
agosto 2011
I grandi cartelloni in bianco e nero, che costeggiano i viali alberati della
città, lo promettono a lettere cubitali: «Berlin verstehen», «Capire
Berlino».Ormai le elezioni del prossimo 18 settembre si avvicinano, e il partito
socialdemocratico del sindaco uscente, Klaus Wowereit, ha scelto un motto
eloquente. Non basta conoscere Berlino. Per governarla è indispensabile
comprendere le infinite contraddizioni che ribollono nel crogiuolo dei quartieri
difficili, tra le vetrine di lusso di Friedrichstrasse e di Ku'damm, o nei
palazzi del potere. In fatto di paradossi, la capitale della prima potenza
economica d'Europa non teme confronti. Nonostante sia il cuore della virtuosa
Germania, Berlino è la città più indebitata del mondo: 62 miliardi di euro è il
deficit attuale, destinato a crescere ancora nei prossimi anni. In gran parte,
il buco è dovuto ai costi della riunificazione, che nel luogo simbolo della
frattura tra Est e Ovest sono stati molto più alti che altrove. Oneri che il
resto del Paese ha volentieri scaricato sull'amata-odiata capitale. Ma la città
non primeggia solo nelle classifiche della miseria pubblica. Anche la povertà
dei singoli è qui tangibile. Un quinto dei berlinesi vive di sussidi pubblici, e
il tasso di disoccupazione è il doppio della media tedesca.
Allo stesso tempo, le contraddizioni sono anche il segreto del successo della
città, che è al terzo posto in Europa per flussi turistici, dopo Londra e Parigi
e prima di Roma. Con una vitalità forse oggi ineguagliata, la città ha voluto
promuovere una rete di luoghi della memoria, aggregati tangibili di pietre,
marmi, lamiere e alberi, che cercano di catturare la trama dei ricordi. È appena
il caso di menzionare il Memoriale dell'Olocausto, con le steli di cemento
ideate da Peter Eisenman e Richard Serra, aperto nel 2005, e subito divenuto una
delle principali tappe del tour berlinese. Sfruttamento commerciale della Shoah,
come accusano i critici, e come dimostrano i negozietti di souvenir e i bar che
si allineano lungo il perimetro dell'area-monumento. Ma anche progetto faraonico
(70 milioni di euro tra valore del terreno e opere eseguite) per esorcizzare e,
in qualche modo, oggettivare il passato.
Con puntigliosa precisione, Berlino ha tentato del resto di render conto
anche delle persecuzioni "in margine" alla Shoah, dettate dall'incubo feroce di
annullamento di ogni devianza e presunta macchia della purezza ariana. Pochi
turisti si accorgono che a qualche decina di metri dal luogo dedicato
all'Olocausto si trova una stele per gli omosessuali perseguitati dal Terzo
Reich. Inaugurato nel 2008 alla presenza di Wowereit, omosessuale dichiarato, il
manufatto di cemento ha una fessura in cui viene proiettato il filmato di un
lungo bacio tra due uomini. Molto più travagliata è la vicenda del monumento ai
circa 500mila sinti e Roma assassinati dai nazisti. Una storia che si trascina
ormai da quasi vent'anni, e che minaccia ora di concludersi in un fragoroso
insuccesso, con grave imbarazzo dell'amministrazione berlinese.
Già nel 1992 infatti, il Governo federale, in piena era Kohl, si era
impegnato a commemorare il "Porajmos", l'annientamento della popolazione romaní.
Fu scelto uno spiazzo vicino al Reichstag, una sorta di terzo vertice di un
ideale triangolo del ricordo. Dopo lunghe diatribe tra le organizzazioni che
rappresentano sinti e Roma in Germania, il lavoro è stato affidato all'artista
israeliano, Dani Karavan. Per un costo di 2 milioni di euro, si sarebbe dovuto
realizzare uno scuro specchio d'acqua di 12 metri di diametro, con al centro una
colonna e, su questa, un fiore selvatico, da cambiarsi ogni giorno, al calare
del pilastro nell'acqua. Sul manufatto si sarebbe poi dovuta incidere la poesia
Auschwitz di Santino Spinelli, poeta e musicista rom italiano.
I dissidi tra Karavan e le autorità locali sono cominciati quasi subito.
Prima sulla qualità dei materiali e sulla ditta esecutrice, poi, più in
generale, sull'atteggiamento dei committenti, che Karavan – un ottantenne tenace
e combattivo – considera ottusamente burocratico e poco consapevole
dell'importanza dell'impresa. Insomma, una guerra di nervi, costellata di
lettere di avvocati e culminata, qualche giorno fa, nella minaccia di Karavan di
abbandonare l'opera. Del resto è stato finora costruito ben poco: solo una
struttura circolare che pare già desolantemente in rovina.
Che le vicende dei monumenti berlinesi siano accompagnate da polemiche non è
certo fatto nuovo. Basti pensare a quelle, violente, sull'opportunità e sul modo
di realizzare il Memoriale dell'Olocausto, con l'americano Serra che ritirò il
proprio nome a causa delle modifiche imposte dai politici. Ma se l'impatto
mediatico e culturale della Shoah è comunque servito a proteggerne il ricordo,
la sorte del monumento a sinti e Roma mostra come lo sterminio di questa etnia
stenti ancora a ottenere un adeguato riconoscimento collettivo. È certo un caso
che il progetto si debba arenare per una disputa tra un artista israeliano e le
autorità berlinesi, ma è difficile sottrarsi all'impressione che la pratica
della memoria viva, in qualche modo, all'ombra di una specificità ebraica. È
stato opportuno dedicare il grande memoriale "solo" agli ebrei, e prevedere
monumenti diversi per gli altri perseguitati? Non sarebbe stato più giusto un
unico luogo commemorativo per tutte le vittime, come si era pensato all'inizio
degli anni Novanta? Chi oggi torna a chiederselo si domanda anche se ci possa
essere un'alternativa alla monumentalizzazione del passato, sia a quella
efficiente e "vendibile" sia a quella velleitaria e fallita. Capire Berlino per
governarla. Ma Berlino capisce veramente se stessa? E l'Europa, di cui questa
metropoli a un tempo ordinata e ribelle è componente fondamentale, sa
rappresentare le proprie angosce, passate e presenti?
Di Fabrizio (del 22/08/2011 @ 09:57:46, in Europa, visitato 2624 volte)
C'è un articolo di
venerdì scorso de
Il Piccolo che rapidamente ha fatto il giro del web italiano. Qualcuno mi
ha segnalato anche
questo, e poi Adriano Sofri su
Repubblica, oppure
QUA. Per mia deformazione ho dato un occhio anche alla stampa estera
e, posso almeno assicurarvi che è tutto vero.
La notizia sta sollevando grande scandalo ed indignazione; un po' come
quando, perdonate il paragone, si scoperchia un bidone e la spazzatura è rimasta
"nascosta" lì troppo tempo. CERTO CHE SENTI LA PUZZA, DOVEVI INTERVENIRE
PRIMA! Insomma, succede che della Slovacchia sappiamo mediamente poco
(figuriamoci dei Rom che stanno lì), anche se è a poche ore dall'Italia, e
varrebbe la visita di noi turisti. Cose da non perdere: sicuramente
tante città che mantengono un'impronta centroeuropea che altrove s'è persa,
boschi, montagne e poi la birra.
Quello che gli Slovacchi non vorrebbero farvi vedere sono i ghetti dove vivono
buona parte dei Rom: se in Italia ci vergogniamo dell'abbandono dei campi sosta,
lì ci sono insediamenti di
legno, pietre e fango ai margini dei comuni più piccoli, o
enormi ghetti urbani di edilizia degli anni '50-'60, che da decenni
necessiterebbero di interventi di risanamento.
L'ingresso della Slovacchia nella UE, come in altri paesi dell'ex blocco
sovietico, era subordinato al ripianamento della situazione di grave esclusione
sociale di buona parte della minoranza rom. In realtà ha provocato il fenomeno
opposto, con aumento di prezzi e taglio dei servizi sociali, che hanno portato a
ricorrenti rivolte urbane e
disordini nel febbraio 2004, ripetutisi nel
2006.
Quindi una minoranza rom che non si rassegna ed è anche pronta a scendere in
piazza, in maniera violenta se è il caso. Diciamo che da questo punto di
vista, è perfettamente parte integrante della UE; dopo la GB potrebbe succedere anche nella vicina
Repubblica Ceca. In Slovacchia, accanto a situazioni di estrema marginalità
e devianza, convive una presenza di intellettuali rom impegnati in politica
(sempre in polemica tra loro), nei media, nel campo della musica e dello spettacolo, nell'imprenditoria e manovalanza edile. Quindi la situazione è parecchio sfaccettata.
L'altra faccia della medaglia è un razzismo anti-rom sempre più esplicito e
violento, con scontri ed attentati. Specchio di questo razzismo è
l'atteggiamento delle autorità, riassunto nell'articolo iniziale de Il Piccolo.
ATTENZIONE PERO': un atteggiamento simile, soprattutto da parte dello stato e
degli intellettuali slovacchi, non nasce dall'oggi al domani, ma è saldamente
radicato nel passato. Il caso delle sterilizzazioni forzate, nasce negli anni
'70, ancora al periodo della Cecoslovacchia-dopo primavera di Praga, e lo scandalo scoppiò nel 2004 nella
Repubblica Ceca grazie all'ERRC. In seguito le indagini raggiunsero anche la
Slovacchia. Sembra (ma le ricerche sono ancora in corso) che l'ultimo caso sia
avvenuto nel 2007. Nella
Mahalla potete trovare diverse notizie sugli ultimi 6 anni; ECCO PERCHE' MI
STUPISCE IL VOSTRO STUPORE.
Un altro fenomeno preoccupante di razzismo istituzionale, che riguarda
diversi paesi dell'Europa centro-orientale, è quello della segregazione
scolastica dei bambini rom posti, senza ragione alcuna, in classi differenziali.
Sarebbe un discorso molto lungo, che si potrebbe riprendere in seguito (magari
prima di farvi stupire da un ennesimo articolo che troverete in rete), se nel
frattempo volete informarvi leggete, prendendovi il tempo che vi necessita,
QUI.
Se invece cercaste altre notizie sulla Slovacchia,
QUI. Buona lettura.
PS: e se volete avere un'idea di quale possa essere il dibattito
pubblico in Slovacchia a proposito di questi temi, ma avete ovvie difficoltà con
la lingua locale, date una scorsa a
questa fila di commenti. Dove, ma sul Giornale, naturalmente...
Voci sempre più radicali e racconti anti semiti che diventano sempre più
forti, dice il capo delle OnG; i Rom in Europa da tempo affrontano
discriminazioni e persecuzioni
La gioventù rom si è incontrata [...] in un piccolo villaggio, Bánk,
nell'Ungheria settentrionale, per discutere e formulare piani per una migliore
cooperazione tra le due comunità in Europa.
Il progetto, chiamato Volunticipate, ha avuto luogo assieme al più vasto
evento chiamato Bankito Festival, ed è stato organizzato da numerosi gruppi,
incluso Marom, organizzazione culturale ebraica in Europa, la fondazione
pubblica educativa informale ebraica Haver e diversi gruppi di pressione rom.
Lo stesso Bankito Festival è una stravaganza musicale e culturale organizzata
da diverse OnG ebraiche e no, che si prevede attragga centinaia di persone
dall'Ungheria e dall'estero.
"In Ungheria al momento c'è un alto livello di intolleranza e
mancanza di pensiero critico," dice Mircea Cernov, amministratore delegato di
Haver. "Le radici di ciò affondano nella scuola e sono profondamente ancorate
nella società. Quello che stiamo tentando di fare è affrontare la mancanza di
dibattito su questi temi."
Dice Cernov: "Le voci radicali si sono rafforzate in Ungheria negli ultimi
anni."
"Ci sono segni concreti e casi di discriminazioni contro la comunità rom e il
rafforzamento della retorica antisemita."
Il programma Volunticipate, che inizia lunedì e dura sino a domenica, si
focalizzerà su seminari formativi in OnG e gestione di progetti, budget,
raccolta fondi e reclutamento di volontari. Lo scopo, secondo Marom, è di far
condividere tra i vari gruppi rom ed ebraici le esperienze su problemi e sfide
comuni che le due comunità affrontano, e per facilitare un migliore sviluppo
organizzativo.
I Rom in Europa da tempo affrontano discriminazioni e persecuzioni e
continuano ad affrontare discriminazioni e marginalizzazioni strutturali,
secondo ternYpe
International Roma Youth Network, un altro degli organizzatori di Volunticipate.
European Roma Rights Center afferma che negli ultimi tre anni, nove Rom sono
stati uccisi e dozzine feriti in attacchi a sfondo razziale, attraverso
sparatorie, molotov, accoltellamenti e pestaggi.
"Penso sia chiaro come in tutta Europa l'estrema destra si stia rafforzando e
come i suoi discorsi e retorica siano molto popolari tra certi gruppi in
Europa," dice Cernov. "Le OnG ed il settore non-profit stanno facendo un grande
lavoro, ma le elite politiche egli opinion maker devono davvero sviluppare
empatia verso questi temi. L'attitudine della maggioranza cambierà soltanto
quando queste persone si impegneranno realmente su questi problemi."
Forum con Laurent El-Ghozi, président de la Fnasat (Fédération
nationale des associations solidaires d'action avec les Tsiganes) - Mis à
jour le 29.07.11 | 19h28
"PER METTERE FINE ALLA QUESTIONE ROM, BISOGNA APRIRE LORO L'ACCESSO AL
MERCATO DEL LAVORO"
Eric: quali sono le differenze tra viaggianti e Rom? Laurent El-Ghozi: si intende, con il nome Rom, il quale significa "uomo adulto"
in lingua romanì, una popolazione tra i 10 e i 12 milioni di abitanti, presenti
in tutti i paesi europei e uniti da un'origine storica, una cultura, una lingua
e dovunque vittime di discriminazioni.
Sono gli zingari, i sinti, i gitani. In Francia non c'è una minorità etnica, ma
la designazione di una categoria amministrativa: les gens du voyage (i
viaggianti) definiti dal loro modo di vivere itinerante. Tutti i "viaggianti"
sono francesi, la maggior parte di loro sono zingari, o rom.
Coloro che chiamiamo "viaggianti" si riconoscono, per la maggior parte di loro,
sotto il termine "rom" ma sono definiti dal loro modo di vita itinerante e una
categoria amministrativa. Sono tra i 400.000 e i 600.000 in Francia, e subiscono
anche loro numerose discriminazioni: diritto di voto, titolo di circolazione da
fare timbrare dalla polizia ogni tre mesi, difficoltà di stazionamento e di
accesso agli alloggi... Sono rappresentati da diverse associazioni nazionali:
UFAT,
ANGVC, ASNIT. La
FNASAT riunisce un centinaio di associazioni, le quali
lavorano con e per i "viaggianti" su tutto il territorio francese.
Anais: come giudicate l'influenza dell'Unione Europea sulla situazione dei rom
in Francia? L.El-G: l'Unione Europea aveva deciso sei anni fa, che entravamo nel decennio
degli rom, 2005-2015, avendo come priorità il miglioramento della loro
situazione dovunque in Europa. Per 10-12 milioni con come priorità il
miglioramento della loro situazione dovunque in Francia e in Europa per 10 a 12
milioni di rom. Sei anni dopo, in tutti i paesi Europei, compresa la Francia, la
situazione si è aggravata.
Le dichiarazioni del presidente Sarkozy un anno fa, stigmatizzando i rom,
"viaggianti" supposti essere delinquenti, vanno nel senso di questa
stigmatizzazione in aumento. La posizione della S.ra Reding è perfettamente
legittima. Punta al lato deliberatamente razzista di una politica che designa
una popolazione su basi etno-razziali, reali o presunte.
Oggi, tutte le istituzioni europee e internazionali si aspettano dalla Francia e
da tutti i paesi europei, un piano per migliorare la situazione di rom e
"viaggianti".
Anais: secondo Lei, quindi, l'Unione Europea, per via della sua (in)attività,
avrebbe dunque un'influenza piuttosto dannosa sulla sorte dei rom in Europa, e
il decennio dei rom non avrebbe avuto altro effetto che quello di
stigmatizzarli? L.El-G: La politica europea, da anni, è inefficace. C'è attualmente una volontà
riaffermata di migliorare la situazione dei rom in tutti i paesi europei: in
Ungheria, in Romania, nel Kosovo, in Italia, in Francia. Finanziamenti sono
sbloccati, ma mancano operatori di fiducia, in particolare nei paesi d'origine,
e una volontà politica di questi stati.
Bisogna ricordare che, fino al 1856, i rom erano schiavi in Romania. Da qui
nasce l'idea che ne ha la popolazione.
David: La disfatta di Sarkozy in 2012 sarà un sollievo per la vostra comunità?
Il programma del PS è migliore? L.El-G: Non sono rom, ma gadjo. I gadjè sono tutti coloro i quali non sono né
rom, né zingari, né gitani. Sono ugualmente un eletto socialista da vent'anni.
Sono convinto che un governo socialista avrà la volontà, dal 2012, di mettere
fine alle misure transitorie, permettendo così ai rom rumeni di essere
considerati come cittadini europei, e di accedere normalmente al mercato del
lavoro. Non ci sarà quindi più la "questione rom".
Bruno: Dall'estate scorsa, il governo non parla più di rom, ma di cittadini
rumeni. E' una risposta positiva alle critiche delle associazioni? L.El-G: Certo. Ricordo di una conferenza stampa nella quale il ministro
dell'interno parlava di rom mentre il questore parlava solo di rumeni. In un
caso, propositi razzisti; nell'altro, semplicemente propositi xenofobi. Il fatto
sta che, parlando di rumeni migranti, il governo attuale fa riferimento soltanto
ai rom.
Julien: Si percepisce sempre la stessa ipocrisia, da parte degli eletti del PS,
i quali insorgono davanti ai propositi del presidente, ma i quali una settimana
prima inviavano delle circolari chiedendo l'evacuazione dei campi rom? L.El.G: Da una parte, la richiesta di evacuazione dei campi dei rom migranti,
risponde a degli imperativi d'igiene e di sicurezza, i quali non si possono
spazzare via con un manrovescio. D'altra parte, la questione dell'immigrazione
dei rom rumeni è evidentemente una questione di responsabilità nazionale, la
gestione della quale però, ricade inevitabilmente sulle collettività locali,
quali siano i loro colori.
Sempre più città di sinistra tentano di mettere in opera dispositivi
d'accoglienza meno disumani. Questo resta come un cauterio su una gamba di
legno, in quanto l'unica soluzione, è l'abolizione delle misure transitorie, le
quali vietano ai rom e ai bulgari di lavorare legalmente in Francia.
Thomas: Alcuni vengono per trovare aiuto, altri sono organizzati per truffare i
turisti. Quando vediamo questi ogni mattina, capisco la voglia di alcuni di
cacciarli nei loro paesi. Ma quale sarebbe la soluzione migliore? L.El.G: Le cose sono due: quando la gente viene in Francia sia per motivi
economici, sia per reali persecuzioni subite nei loro paesi, e che non possono
lavorare legalmente nel paese che li accoglie, da una parte sono costretti a
provare a guadagnarsi da vivere come possono, per esempio vendendo giornali,
mendicando, svolgendo lavoretti al nero, e d'altra parte sono come tutti i
poveri indigenti, vittime di banditi che sfruttano la loro miseria.
David: Appunto, perché non hanno diritto di lavorare? L.El.G: Le misure transitorie che la Francia ha instaurato al momento
dell'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'Unione Europea, fatte per
proteggere il mercato del lavoro, vietano in realtà ogni accesso al lavoro
salariato normale per i rumeni e i bulgari. Queste misure ricorrono fino a fine
2011.
Il governo ha già annunciato che le avrebbe prolungate fino a fine 2013, data
limite. In realtà, ci sono 15.000 rom migranti in Francia, ovvero da tremila
a quattromila persone suscettibili di cercare un impiego. Sono 20 anni che tutti
i rom che hanno avuto un titolo di lavoro, permettendo loro di lavorare
legalmente, hanno trovato lavoro, pagano le tasse, si sono accasati, hanno
scolarizzato i loro figli e non sono più un peso per la Francia.
Bisogna aggiungere che sono considerati come delinquenti dalla polizia, tutti i
rom che non si trovano più in situazione regolare sul territorio.
Thomas: In Francia, è loro vietato lavorare normalmente? L.El.G: Le misure transitorie, rimaste attive soltanto in dieci paesi europei,
impongono per avere un permesso di soggiorno, di ottenere un contratto di
lavoro. Questo è sottomesso a tre condizioni: rientrare nel quadro dei mestieri
cosiddetti "sotto tensione", per i quali si manca di manodopera; trovare un
datore di lavoro disposto a pagare tasse tra i 800 e i 1600 euro; ottenere
l'accordo della direzione del lavoro, il che richiede tra i due e i sei mesi di
tempo.
E' quindi alquanto eccezionale trovare un datore di lavoro che sia disposto ad
accettare queste condizioni, al di fuori dei datori di lavoro militanti o
facenti parte di associazioni.
Voisine: cosa permetterebbe l'eliminazione delle misure transitorie? Anche
perché altri migranti anno delle condizioni di accesso ancora più dure, e
trovano ugualmente lavoro. Per esempio i migranti dell'Africa sub-sahariana.
Possono esserci altri motivi che spiegano le difficoltà di accesso al lavoro,
come per esempio una mancanza di reti? L.El.G: Da una parte, rom rumeni e bulgari sono europei e beneficiano del
diritto di libera circolazione e di libera installazione, garantiti dalle
convenzioni europee. Dovrebbero quindi potere, come i polacchi, gli spagnoli o
gli inglesi, accedere al mercato del lavoro e vivere decentemente.
Effettivamente, hanno poche reti a disposizione, sono poco numerosi e
soprattutto soffrono di un rigetto da parte dei loro concittadini non rom. Del
resto, anche i migranti africani, vivono in condizioni altrettanto pietose, e
lavorano al nero, senza copertura sanitaria, e senza alcun diritto sociale.
Pierre: Dite che queste misure transitorie sono applicate in dieci paesi. Com'è
la situazione dei rom negli altri paesi? L.El.G: Prendiamo ad esempio la Spagna, la quale ha tolto le misure transitorie
l'anno scorso, e non ha registrato nessun flusso massivo di rumeni o bulgari. I
rom rumeni presenti in Spagna, molto più numerosi che in Francia, trovano lavoro
altrettanto difficilmente come gli altri migranti europei, ma non di più. Non
c'è quindi nessuna questione specifica rom, ma è il divieto fatto loro, ancora
una volta, di guadagnarsi da vivere legalmente.
Voisine: La Spagna, la quale vuole ora ristabilire le misure transitorie... L.El.G: Non per quanto mi risulta, ma tutto è possibile. Sarebbe spiacevole e
contrario alle raccomandazioni europee.
David: Vi è un "interesse" per lo stato francese, nel
mantenerli nella marginalità? L.El.G: Le misure transitorie permettono di avere una popolazione di alcune
migliaia di persone, capri espiatori ideali, per focalizzare le paure, l'odio, e
giustificare leggi sempre più securitarie. Così la "Loppsi 2" inizialmente fatta
per lottare contro le installazioni illecite dei rom, autorizza oggi i prefetti
ad espellere senza misure giudiziarie, tutte le occupazioni, comprese quelle su
terreni privati o municipali.
La creazione, tramite le misure transitorie, di questo gruppo di capri
espiatori, giustifica i discorsi xenofobi e razzisti e libera questa parola da
parte della destra dell'UMP. La sua funzione politica è quindi evidente.
David: I rom hanno ancora voglia di venire in Francia, nonostante questi
discorsi xenofobi e le misure adottate dalle forze dell'ordine? L.El.G: Il fatto è che l'immigrazione dei rom rumeni prosegue allo stesso ritmo,
malgrado le espulsioni – più di diecimila nel 2010 – e le condizioni di vita
riservate loro. Come dicono: "c'è più da mangiare nella vostra spazzatura che da
noi".
Ciò non toglie che il numero di rom rumeni presenti sul territorio, è
stazionario intorno ai quindicimila, da diversi anni.
Thomas: Ma cosa fare? Ogni giorno al Palazzo Reale a Parigi, ci sono decine
di minori
di 16 anni. Non è vero che per i rom esiste una cultura della mendicità? L.El.G: Esiste una cultura della povertà e quando si è poveri, tutti i mezzi
sono buoni, soprattutto quando vi si vieta di lavorare normalmente. In Romania,
i rom non chiedono l'elemosina e non vivono né in roulotte né in campi nomadi.
Eppure sono molto discriminati, in particolare nell'ambito del mercato del
lavoro.
Pierre: I veri responsabili della situazione difficile dei rom in Europa non
sono quindi i governanti romeni, ai quali incombe a priori di accettare ed
integrare questa fascia della sua popolazione? Perché l'UE, la quale versa
importanti aiuti per lo sviluppo alla Romania, non impone ai dirigenti rumeni di
fare uno sforzo? L.El.G: Certo, la responsabilità della Romania è intera. Ma è un paese ancora
disorganizzato, povero, con molteplici priorità, che considera – a torto per
quanto mi riguarda – come superiori alla situazione dei rom. Costoro sono circa
due milioni in Romania. Perciò la Francia, quinta potenza economica mondiale,
dovrebbe potere accogliere quindicimila rom originari di Romania senza
difficoltà, se vuole farlo. Non è altro quindi, ancora una volta, che una
questione politica.
David: Cosa pensate del rapporto sanitario drammatico, pubblicato questa
settimana da Médecins du monde? L.El.G: Dal 1993, Médecins du monde, grazie alla sua missione "Banlieue", tenta
di facilitare l'accesso alle cure per i rom migranti. La situazione descritta
oggi mostra un aggravio in confronto agli anni precedenti, legato in particolare
alla moltiplicazione degli sgomberi di campi.
Impossibile infatti assicurare la continuità delle cure, della prevenzione,
della vaccinazione, quando le persone vengono spostate ogni tre o sei settimane.
Questo ha ugualmente conseguenze negative per l'insieme della popolazione
presente sul territorio.
Pierre: Il modo di vita itinerante non è un freno all'accesso a un'attività
professionale stabile? L.El.G: I rom della Romania non sono nomadi. Non vivono in roulotte, ma in case
da decenni. Se si sono installati in roulotte marce in Francia, in mancanza di
un altro riparo. Non c'è quindi nessun motivo di considerare che il fatto di
essere rom, implichi una qualsiasi difficoltà per accedere a un impiego stabile.
David: Gli avvenimenti di Nimes tra comunità gitane e del Magreb (violenze,
vendette) non favoriscono i "cliché" riguardo agli zingari, perfino sedentari.
Come lottate contro questo? L.El.G: Gli avvenimenti di Nimes non hanno nulla da vedere con i rom, ma
riguardano gitani francesi. Che ci siano frizioni tra le diverse comunità non
concerne soltanto i gitani, ma anche degli africani, dei magrebini... Quindi non
credo che bisogna fare di questa storia una generalità.
La questione della pessima immagine dei gitani è essenzialmente legata ad una
cultura del diverso, e in particolare in periodo di crisi, tutto ciò che è
diverso viene facilmente rigettato.
Pierre: Siete a favore dell'occupazione illegale dei terreni da parte dei rom, o
per delle proposte di alloggi legali alternativi? Cosa proponete? L.El.G: E' evidente che i rom, come tutti i cittadini europei, devono potere
accedere al mercato del lavoro da una parte, e a quello dell'alloggio da
un'altra, senza particolari discriminazioni.
L'occupazione illegale di terreni, che sia autorizzata o meno dai comuni, è
evidentemente un peggioramento indegno.
Voisine: I francesi vi sembrano maggiormente informati sulla situazione dei rom? L.El.G: L'unico effetto positivo del discorso di Grenoble, è stato una
mobilizzazione di un numero importante di cittadini militanti, collettivi di
sostegno, associazioni dei diritti dell'uomo o antirazziste. A livello francese
come a livello europeo.
Il fatto che oggi ancora, un forum de le Monde.fr obbliga a rispondere a delle
domande delle quali le risposte sono state date da circa un anno, mostra che il
lavoro sulle rappresentazioni negative e le discriminazioni non è mai concluso.
Informazione: il primo ottobre 2011 avrà luogo in un certo numero di capitali
europee, la prima "Roma Pride", manifestazione della fierezza del popolo rom.
Amaury: I re autoproclamati dei rom hanno fatto qualcosa per la loro comunità? L.El.G: I re autoproclamati sono dei capi di comunità più o meno estese, ma non
rappresentano molto agli occhi dei rom stessi, e soprattutto nei confronti delle
istituzioni.
Altri responsabili rom s'impongono progressivamente nelle istituzioni nazionali
ed europee, in particolare il Forum Europeo dei Rom, il quale riunisce da un
anno i rappresentanti rom di tutti i paesi europei, e tenta di fare peso sulle
politiche europee.
11/07/2011 - Un amico mi ha appena inviato una
dichiarazione riguardo ad una recente visita in Bulgaria di una funzionaria
ONU, per vedere cosa sta facendo Sofia per migliorare il miserabile destino dei
Rom nel paese. Persino le persone che hanno molto a cuore questo problema,
potrebbero essere perdonate per non essere tentate di leggerla. Dopo tutto,
quante volte sentiamo di un'altra condanna di un paese est-europeo da parte
di un osservatorio dei diritti umani, per aver lasciato languire nella miseria e
nell'ignoranza una parte della sua popolazione - ed ancora mantenere l'illusione
che forse quel governo si impegnerà?
Ma questa versione è particolare. Potete sentire Gay McDougall, esperta ONU
su questioni delle minoranze, stracciare i confini del linguaggio diplomatico,
mentre cerca di esprimere disgusto e frustrazione dopo una settimana in
Bulgaria.
Sofia potrebbe dire le cose giuste, ma lo fa poco, dice essenzialmente McDougall.
"In gran parte molte politiche sembrano rimanere solo promesse retoriche rivolte
ad un pubblico esterno - impegni ufficiali non soddisfatti nella pratica. ... Le
discussioni con le agenzie responsabili, come il Ministero dell'Istruzione e
quello del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno rivelato un impegno
superficiale con scarse programmazione, controllo e valutazione," dice l'esperta
indipendente.
Il governo troppo spesso lascia a qualcun altro il lavoro pesante:
"Le iniziative che sono state intraprese per trasportare giornalmente
i bambini a frequentare le scuole miste fuori dai ghetti rom, fornendo pasti
e servizi di supporto agli studenti, sono state in gran parte realizzate da
un piccolo numero di OnG rom con scarse risorse, la parte del leone di
questi finanziamenti viene da fonti internazionali, accompagnati da una
piccola percentuale di contributi governativi. Queste OnG sopportano gran
parte del carico di attuare le politiche di desegregazione che il governo
approva ma non riesce a mettere in pratica."
Anche i funzionari locali che McDougall loda per aver tentato di migliorare
il destino dei Rom e di altre minoranze, sono spesso ostacolati da mancanza di
fondi o di supporto da parte di Sofia.
Dovrebbe essere irrilevante, lo so, ma Gay McDougall è una donna di colore
degli Stati Uniti. Secondo la sua biografia su Wikipedia, è nata nel 1947 ad
Atlanta e "fu scelta per essere la prima studentessa nera ad essere integrata
nell'Agnes Scott College di Decatur, Georgia."
C'è qualcosa di sorprendente per come lei descrive i giorni più bui nel Sud
di Jim Crow in
un'intervista del 2008, apparsa sul sito web della facoltà di legge
dell'università della Virginia:
"Abbiamo creduto allora che la nostra situazione fosse unicamente
tragica," scrive McDougall. "Spesso guardavamo alla comunità internazionale
con la speranza che in qualche modo il mondo al di là di questo paese
operasse con regole diverse. Avevamo torto e ragione nel contempo."
Non è passato così tanto tempo da quando la gente nel paese natale di
McDougall (e nel mio) si sentiva libera di fare le sue osservazioni sui neri
americani, che oggi si fanno sui Rom: che sono criminali, non puliti, non
interessati nell'istruzione, più adatti a lavori o traffici di fatica, ecc.
Riguardo il suo viaggio in Bulgaria, si legge nella dichiarazione: "L'esperta
indipendente è profondamente preoccupata per i commenti, per esempio, di alcuni
funzionari di alto livello, che indicano chiaramente il loro punto di vista
sulle comunità rom come elementi prevalentemente criminali nella società
bulgara."
Ho raccolto confidenze di molte persone bianche dell'Europa dell'Est, che si
sentivano libere di condividere con me la brutta "verità" sui Rom (e
probabilmente si sentiranno in dovere di rispondere a questo post). Ma mi
succedeva anche negli USA. Sono bianca, così si suppone che debba essere
d'accordo. McDougall non è bianca, ma non è una Romnì, quindi forse riguardo ai
"funzionari di alto livello" si riferisce alla Bulgaria. Ma a chi si pensa che
stia parlando? Che dire della "gente" di questa donna soltanto 50 anni fa? Lei è
una lezione di storia che vive e respira loro in faccia, se riuscissero a
vederla per tempo.
"Non uso il concetto della cosiddetta integrazione rom. Lo trovo
compulsivo. Non hanno bisogno di essere integrati... quello che dobbiamo
ottenere è che la società rom e quella ungherese lavorino e vivano assieme" -
dice Vilmos Kozáry,
fondatore del Romaster Program, che opera dal 2007, e sostiene che la soluzione
del problema risiede nel sostenere all'interno la formazione accademica rom.
Che idee ha lanciato il programma e come è stato impostato il corso?
Il programma Romaster è fondamentalmente una mia idea. Ho registrato il nome
e l'ho dato al Forum Leader d'Affari Ungheresi (HBLF), un'istituzione che ha
operato in Ungheria negli ultimi venti anni, principalmente si occupano di
responsabilità sociale. I suoi membri, incluso un centinaio di compagnie e
imprese ungheresi e straniere, ritengono che una buona resa economica non sia
sufficiente di per sé. Il loro legame con la società dovrebbe caratterizzarle
quanto il profitto che producono. Questa responsabilità appare anche nella loro
appartenenza, perciò vengono supportati diversi tipi di programmi collegati a
donne e genere, ambiente, volontariato e pari opportunità. L'ultimo gruppo di
lavoro citato è guidato da me, dove viene enfatizzato il collegamento tra Rom e
resto della società. Il nostro scopo è che i Rom siano riconosciuti in generale,
o almeno i nostri membri, componenti importanti della società ungherese - che
diviene evidente solo quando vengono offerte più opportunità ai lavoratori rom.
Il programma nasce con lo scopo di aiutare altri giovani Rom ad entrare
nel mondo del lavoro. Chi sostenete in primo luogo?
Sosteniamo giovani Rom svantaggiati dai 14 anni sino al diploma, che vadano
bene a scuola, abbiano buone capacità linguistiche e tendono a proseguire gli
studi in economia, ingegneria, legge o scienze mediche. Lo scopo della
formazione è massimizzare le loro opportunità di impiego immediato. Dopo tutto,
chi li appoggia li adopererà per fornire opportunità d'impiego alla propria
compagnia. Per esempio, la banca Raiffeisen supporta gli studenti della facoltà
di economia.
Da dove vengono i fondi?
I 20.000 fiorini della borsa di studio che forniamo loro mensilmente vengono
dalla compagnia d'appoggio. Il programma non fruisce di sovvenzioni statali.
HBLF funge da coordinatore. L'anno scorso è stata istituita una fondazione,
attraverso cui avvengono i trasferimenti. I ragazzi ricevono la somma totale, i
costi amministrativi sono coperti da HBLF.
20.000 fiorini al mese non risolveranno tutti i problemi, ma se vengono spesi
secondo i bisogni degli studenti, l'aiuto dato vale ogni centesimo. Possono
iscriversi a corsi di lingua, viaggiare all'estero, comprare libri, ecc.
Ci sono altre compagnie che forniscono ulteriori sostegni in natura.
Tuttavia, forse l'aiuto più grande proviene dai mentori.
Che ruolo ha un mentore?
I nostri mentori sono a disposizione degli studenti 24 h. al giorno, 7 giorni
su 7, e forniscono aiuto per qualsiasi tipo di problema. Visitano l'azienda data
su base regolare, garantiscono stage estivi e supervisionano lo sviluppo degli
studenti. Essendo sempre accessibili, i mentori servono come un collegamento
costante.
Il programma è popolare?
E' difficile ottenere l'appoggio delle compagnie e dei loro leader. Anche se
non si richiede loro molti sforzi per supportare un ragazzi, questi ultimi
possono (probabilmente) non raggiungere il profitto atteso. Il finanziamento
annuale di un alunno costa 1.000 euro all'anno, una somma trascurabile. Le spese
per i mentori sono significativamente più alte, ma difficili da definire in
termine di tempo e denaro.
Attualmente sono supportati 50 studenti, 2 dei quali si sono recentemente
diplomati ed hanno già un lavoro. Non è facile attrarre costantemente
attenzione, dato che in Ungheria non abbiamo ancora un programma simile.
Speriamo che i giovani rom coinvolti diventino ambasciatori di questo programma.
L'unica possibilità per l'avanzamento sociale è l'istruzione, perché apre le
porte. Con l'aiuto di psicologi, puntiamo a prepararli anche al loro ritorno,
dato che il loro ambiente spesso tende a trattarli come estranei o alieni.
Perché il ritorno è così difficile?
L'ambiente da cui provengono non valorizza il lavoro e l'istruzione. Di chi
sia la responsabilità, individuale o della società, è una questione complessa.
Credo che da entrambe le parti bisogni iniziare ad avvicinarsi.
Cerchiamo anche di aiutarli anche con il coinvolgimento di esperti; per loro
è assolutamente essenziale preservare la loro identità, nonostante il cambio di
ambiente. Tuttavia, rimane la questione: come si comporteranno nella vita di
ogni giorno dopo la fase di supporto, è qualcosa a cui solo loro potranno
rispondere.
I ragazzi che sostenete, sono in contatto l'un l'altro?
C'è un elemento all'interno del programma, chiamato Romaster Alumni, che è
una comunità sociale per chi si laurea nella medesima istituzione. Fornisce loro
la possibilità di rimanere in contatto, condividere esperienze ed incoraggiarsi
l'un l'altro, ed in quanto tale, gioca un ruolo importante nella loro vita.
Le persone coinvolte quali prospettive hanno in programma?
Se qualcuno è incline a credere che questo lo toglierà dalla povertà, ho
paura che si sbagli. Noi cerchiamo di dare una visione realistica. Ciò che
offriamo è un piccolo sostegno finanziario, mentoraggio, relazioni e migliori
possibilità di impiego. Tutto ciò può contribuire al beneficio degli studenti se
sono capaci e vogliono impegnarsi tramite duro lavoro e sforzi. Così potrebbe
funzionare per arrivare alle compagnie se i loro sforzi si rivelassero
nonostante tutto insufficienti. Diamo loro l'opportunità di orientarsi più
facilmente nel mondo del lavoro. Motivandoli a studiare e lavorare, qui è il
fattore chiave. (Lo so) C'è una grande quantità di idealismo alla base del
concetto, ma senza questo non nascerebbe niente.
Alla luce di quanto detto, possiamo considerare di successo questo
programma?
Anche se il programma è stato lanciato non molto tempo fa, i risultati
sinora ottenuti son estremamente positivi. Nel bilancio includiamo tanto le
risposte dei Rom che pubbliche, ed in entrambe i casi, l'accettabilità è
piuttosto alta. E' un regalo ed un'opportunità perché i giovani rom migliorino
ulteriormente le loro motivazioni. Naturalmente sono costantemente monitorati e
posti di fronte a (certe) esigenze didattiche, ma le regole non sono così
rigorose. Quanti sono coinvolti nel programma, apprezzano molto di far parte
della comunità.
Anche le compagnie coinvolte hanno grandi benefici. Si verificano cambiamenti
significativi di prospettiva, soprattutto quando vengono supportati ragazzi rom.
Possono esserci molti discorsi sociali e conferenze per affrontare il problema,
ma la reale comprensione avviene solo quando si agisce assieme.
Secondo me gli intellettuali rom sono un media che (potenzialmente) hanno
un'influenza dominante sulla loro società. Credo che la soluzione chiave sia che
la società rom guadagni conoscenza nella cultura maggioritario, abbracciandosi
l'un l'altra. Non uso il concetto della cosiddetta "integrazione rom". Lo trovo
compulsivo. Non hanno bisogno di essere integrati, non è questa la soluzione.
Ciò che si deve ottenere è che le società rom e ungherese lavorino e vivano
assieme. I processi di alienazione, il declino del ruolo della famiglia, la
perdita del senso di amicizia, non possono essere percepiti all'interno delle
comunità rom. Difatti, ci sono molti controesempi: sono famiglia-centrici,
ricchi di emozioni, innamorati della musica. Loro trasmettono anche questi
valori, che vale la pena di adottare. Quindi, di nuovo, adattarsi a noi in tutte
le aree della vita ed aspettare che abbandonino i loro costumi non è la
soluzione.
Il programma Romaster è stato mutualmente lanciato dal Forum Leader d'Affari
Ungheresi (HBLF) e da IBM Ungheria a febbraio 2007. Intende aumentare la
comunità di quanti nella società rom posseggono adeguate competenze linguistiche
e titoli di studio.
Il programma è gestito dalla fondazione Romaster in conformità alle compagnie
di sostegno. Il supporto è costituito da tre pilastri: finanziamenti aziendali,
tutor nominati dalle aziende e stage.
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