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Germania
Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:04:38, in Europa, visitato 1664 volte)

La rinomata affidabilità tedesca non esce bene da questa storia: un progetto che si trascina da anni, costi che lievitano... Ogni tanto sulla stampa europea esce un articolo che ci aggiorna sull'ennesimo ritardo o lite tra i committenti. Ne scrissi a gennaio 2008 e a gennaio 2011

Il Sole - 24 Ore Il memoriale della vergogna di Giulio Busi - 21 agosto 2011

I grandi cartelloni in bianco e nero, che costeggiano i viali alberati della città, lo promettono a lettere cubitali: «Berlin verstehen», «Capire Berlino».Ormai le elezioni del prossimo 18 settembre si avvicinano, e il partito socialdemocratico del sindaco uscente, Klaus Wowereit, ha scelto un motto eloquente. Non basta conoscere Berlino. Per governarla è indispensabile comprendere le infinite contraddizioni che ribollono nel crogiuolo dei quartieri difficili, tra le vetrine di lusso di Friedrichstrasse e di Ku'damm, o nei palazzi del potere. In fatto di paradossi, la capitale della prima potenza economica d'Europa non teme confronti. Nonostante sia il cuore della virtuosa Germania, Berlino è la città più indebitata del mondo: 62 miliardi di euro è il deficit attuale, destinato a crescere ancora nei prossimi anni. In gran parte, il buco è dovuto ai costi della riunificazione, che nel luogo simbolo della frattura tra Est e Ovest sono stati molto più alti che altrove. Oneri che il resto del Paese ha volentieri scaricato sull'amata-odiata capitale. Ma la città non primeggia solo nelle classifiche della miseria pubblica. Anche la povertà dei singoli è qui tangibile. Un quinto dei berlinesi vive di sussidi pubblici, e il tasso di disoccupazione è il doppio della media tedesca.

Allo stesso tempo, le contraddizioni sono anche il segreto del successo della città, che è al terzo posto in Europa per flussi turistici, dopo Londra e Parigi e prima di Roma. Con una vitalità forse oggi ineguagliata, la città ha voluto promuovere una rete di luoghi della memoria, aggregati tangibili di pietre, marmi, lamiere e alberi, che cercano di catturare la trama dei ricordi. È appena il caso di menzionare il Memoriale dell'Olocausto, con le steli di cemento ideate da Peter Eisenman e Richard Serra, aperto nel 2005, e subito divenuto una delle principali tappe del tour berlinese. Sfruttamento commerciale della Shoah, come accusano i critici, e come dimostrano i negozietti di souvenir e i bar che si allineano lungo il perimetro dell'area-monumento. Ma anche progetto faraonico (70 milioni di euro tra valore del terreno e opere eseguite) per esorcizzare e, in qualche modo, oggettivare il passato.

Con puntigliosa precisione, Berlino ha tentato del resto di render conto anche delle persecuzioni "in margine" alla Shoah, dettate dall'incubo feroce di annullamento di ogni devianza e presunta macchia della purezza ariana. Pochi turisti si accorgono che a qualche decina di metri dal luogo dedicato all'Olocausto si trova una stele per gli omosessuali perseguitati dal Terzo Reich. Inaugurato nel 2008 alla presenza di Wowereit, omosessuale dichiarato, il manufatto di cemento ha una fessura in cui viene proiettato il filmato di un lungo bacio tra due uomini. Molto più travagliata è la vicenda del monumento ai circa 500mila sinti e Roma assassinati dai nazisti. Una storia che si trascina ormai da quasi vent'anni, e che minaccia ora di concludersi in un fragoroso insuccesso, con grave imbarazzo dell'amministrazione berlinese.

Già nel 1992 infatti, il Governo federale, in piena era Kohl, si era impegnato a commemorare il "Porajmos", l'annientamento della popolazione romaní. Fu scelto uno spiazzo vicino al Reichstag, una sorta di terzo vertice di un ideale triangolo del ricordo. Dopo lunghe diatribe tra le organizzazioni che rappresentano sinti e Roma in Germania, il lavoro è stato affidato all'artista israeliano, Dani Karavan. Per un costo di 2 milioni di euro, si sarebbe dovuto realizzare uno scuro specchio d'acqua di 12 metri di diametro, con al centro una colonna e, su questa, un fiore selvatico, da cambiarsi ogni giorno, al calare del pilastro nell'acqua. Sul manufatto si sarebbe poi dovuta incidere la poesia Auschwitz di Santino Spinelli, poeta e musicista rom italiano.

I dissidi tra Karavan e le autorità locali sono cominciati quasi subito. Prima sulla qualità dei materiali e sulla ditta esecutrice, poi, più in generale, sull'atteggiamento dei committenti, che Karavan – un ottantenne tenace e combattivo – considera ottusamente burocratico e poco consapevole dell'importanza dell'impresa. Insomma, una guerra di nervi, costellata di lettere di avvocati e culminata, qualche giorno fa, nella minaccia di Karavan di abbandonare l'opera. Del resto è stato finora costruito ben poco: solo una struttura circolare che pare già desolantemente in rovina.

Che le vicende dei monumenti berlinesi siano accompagnate da polemiche non è certo fatto nuovo. Basti pensare a quelle, violente, sull'opportunità e sul modo di realizzare il Memoriale dell'Olocausto, con l'americano Serra che ritirò il proprio nome a causa delle modifiche imposte dai politici. Ma se l'impatto mediatico e culturale della Shoah è comunque servito a proteggerne il ricordo, la sorte del monumento a sinti e Roma mostra come lo sterminio di questa etnia stenti ancora a ottenere un adeguato riconoscimento collettivo. È certo un caso che il progetto si debba arenare per una disputa tra un artista israeliano e le autorità berlinesi, ma è difficile sottrarsi all'impressione che la pratica della memoria viva, in qualche modo, all'ombra di una specificità ebraica. È stato opportuno dedicare il grande memoriale "solo" agli ebrei, e prevedere monumenti diversi per gli altri perseguitati? Non sarebbe stato più giusto un unico luogo commemorativo per tutte le vittime, come si era pensato all'inizio degli anni Novanta? Chi oggi torna a chiederselo si domanda anche se ci possa essere un'alternativa alla monumentalizzazione del passato, sia a quella efficiente e "vendibile" sia a quella velleitaria e fallita. Capire Berlino per governarla. Ma Berlino capisce veramente se stessa? E l'Europa, di cui questa metropoli a un tempo ordinata e ribelle è componente fondamentale, sa rappresentare le proprie angosce, passate e presenti?