Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 27/12/2011 @ 09:36:28, in casa, visitato 1703 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
Lameziaterme.net Venerdì 23 Dicembre 2011 10:22
L'Aterp ha annunciato che le case popolari di Carrà per i Rom saranno presto
completate.
IO NON CI CREDO, ed è difficile trovare opinioni diverse.
Gli ultimi 25 anni di politiche pubbliche sull'edilizia popolare promosse dall'Aterp,
autentico carrozzone, si sono risolte in un plateale ed insopportabile
fallimento per la ns Città.
Basta guardare le strutture a torre, esteticamente orribili, per oltre un
centinaio di alloggi che stanno marcendo a Savutano; un cantiere aperto (solo la
palizzata) circa dieci anni or sono in via dei Bizantini, immediatamente
bloccato, mai più ripreso; l'opera incompleta sui terreni confiscati alla mafia
in contrada Carrà; la manutenzione precaria ed inefficiente dei fabbricati e
degli alloggi.
Sono la plastica rappresentazione di un ente improduttivo, antieconomico ed
indifferente alle necessità sociali, che, se avesse svolto con diligenza appena
infantile la propria missione, avrebbe contribuito a risolvere, gradualmente,
l'emergenza abitativa non solo dei Rom, ma di altri cittadini bisognosi.
E' molto più utile, visti i precedenti, che i soldi destinati al completamento
dei 20 alloggi Rom siano affidati direttamente all'Amministrazione Comunale che,
proprio in questi giorni, si accinge a consegnare 12 alloggi popolari in via
Cianflone, realizzati da essa in meno di tre anni. Non sono tempi del tutto
brevi, ma rispetto a quelli dell'Aterp appaiono fulminei.
Per il completamento delle altre strutture, vista la cronica inerzia dell'Aterp
che incide negativamente su servizi essenziali connessi a diritti fondamentali
come quello alla casa, occorre pensare, una volta per tutte, ai liberi
"interventi sostitutivi" del Comune previsti dall'art 14 legge regionale
n.15/2006, del tutto ignorata dalla politica, ma che rappresenta uno dei
rarissimi casi in cui il legislatore regionale ha assunto il ruolo di
riformatore al servizio della collettività.
consigliere avv. Antonello Sdanganelli
Di Fabrizio (del 26/12/2011 @ 09:00:06, in lavoro, visitato 2294 volte)
L'anno scorso postai una
favola natalizia per i più piccoli. Quest'anno è il turno di quelli un po'
più grandicelli. Lo spunto viene da un commento
su un altro blog.
Immagine da
cavallomagazine.quotidiano.net
Discutevo il mese scorso con amici, che mi raccontavano di aver visto in
Turchia, a Creta ed in Macedonia fiere di cavalli gestite da Rom e si vantavano di averle riscoperte
andando tanto lontano.
Rispondevo che sino a 10 anni fa, esisteva qualcosa di molto simile in un posto
niente affatto esotico, in centro a Monza, proprio accanto alle mura del carcere
vecchio (non ci siamo mai fatti mancare niente!).
A vederlo non era niente di particolare, soprattutto da vuoto: un vasto piazzale cintato e coperto da tettoie. I miei
figli quando erano piccoli marinavano la scuola (adesso sono cresciuti e posso
dirlo) per andarci con me il giovedì mattina.
E lì incontravano con stupore un vecchio rom malmesso e semianalfabeta, che avevano conosciuto al
campo sottocasa, che da una vita faceva l'allevatore di cavalli, che trattava alla pari con commercianti e nobili amanti dei cavalli. La
trattativa terminava immancabilmente nell'osteria vicina, a vino e salamelle.
Fuori dal recinto, un piccolo mercato con oche, galline e conigli, coltelli a
serramanico (la passione di qualsiasi ragazzino), borracce, ed il vecchio che ci spiegava la differenza tra una sella
inglese e una americana.
Il mercato dei cavalli ha chiuso, ha chiuso anche l'osteria delle salamelle,
anche il tabaccaio. Nessuno di loro era ricco, ma si campava e ci si conosceva
(ci si rispettava) tutti: rom, nobili, gagé, bambini... anche se non escludo che
lontani dalla fiera riemergessero vecchie discriminazioni.
Presto arriverà un centro commerciale, che strozzerà i negozi
superstiti.
Il vecchio vive tuttora in un campo regolare, ai margini di quello che potrebbe
diventare un vasto parco urbano. I suoi parenti sono diplomati operatori del
verde, ma la loro cooperativa da anni non ha commesse, anche se il lavoro
sarebbe sotto casa.
Cinque anni fa presentammo un progetto al comune, perché in questo parco, al
posto di un'altra speculazione edilizia, si potesse installare una stalla a norma,
con maneggio annesso, per organizzarvi visite scolastiche e gite a cavallo nel
costituendo parco. Avevamo a disposizione le persone più esperte nel ramo in
città, avremmo potuto persino dare lavoro a qualcuno che non fosse rom.
Nessuno si occupò di questo progetto, in compenso il comune vuole chiudere il
campo. Il vecchio, con figli e nipoti, ha trovato una cascina nel pavese dove
sistemarsi e credo che per loro sia la soluzione meno dolorosa.
A me spiace non solo per dover perdere dei vecchi amici che hanno insegnato ai
miei figli ad amare tutti gli animali.
Spiace perché quando si parla di cultura e di possibilità di esprimersi, pensiamo alla musica, alla poesia, ma
lo è anche una vita di lavoro passata ad allevare cavalli. Era uno scambio, come
lo è la cultura, come lo è il lavoro, perché è lo SCAMBIO che permette alle
tradizioni di rimanere vitali e rinnovarsi. E pure di accrescere tutti quanti
operino questo scambio.
Dicono che la mia città sia inclusiva, che da sempre dia attenzione al lavoro
e al soldo. Se davvero fosse così, come l'ho conosciuta da quando ci sono nato,
non mi dispiacerebbe, neanche con la sua nebbia e le sue durezze.
Sarebbe un esempio europeo, come Monaco di Baviera, dove i Turchi che ho
conosciuto spazzini 30 anni fa, oggi dirigono supermercati ed agenzie viaggi.
Come Marsiglia, che ha lasciato una palude schifosa come la Camargue ai gitani,
che l'hanno resa una meta turistica internazionale.
E mentre noi gagè sogniamo la Turchia o la Camargue, spendiamo i soldi per
andarci ed essere parte (anche solo per un attimo) di questi paradisi perduti,
facciamo in modo che chi potrebbe ricreare da noi quelle atmosfere sia obbligato ad andarsene.
L'Associazione Sucar Drom e l'Istituto di Cultura Sinta augurano BUONE FESTE
promuovendo l'immagine della nostra Cooperativa di lavoro (labatarpe, in lingua
sinta).
Il Consiglio direttivo della Sucar Drom / I.C.S. e i Soci della Coop. Labatarpe
Da
Slovak_Roma
Billboard.biz By Phil Gallo, LA - 9-12-01
A destra Hans Zimmer, con i musicisti della Slovacchia il cui talento appare
nella colonna sonora di "Sherlock Holmes - Gioco di Ombre"
Può avere un risposta un mistero musicale, dopo l'uscita di "Sherlock Holmes
- Gioco di Ombre" il 16 dicembre e il rilascio della colonna sonora da parte di Watertower Music
tre giorni prima. Avendo usato per il film la musica zingara di un gruppo di
strumentisti slovacchi, il compositore Hans Zimmer spera che la colonna sonora
possa servire da trampolino per questi sconosciuti musicisti di un villaggio.
"Quello che sto cercando di fare, via iTunes, è aggiungere bonus track perché
l'album resista più a lungo." dice Zimmer, seduto nel suo studio di Santa
Monica, California. "Vediamo dove si arriva, non sono ancora sicuro di tutta la
storia. Voglio vedere cosa se ne pensa un po' in tutto il mondo e se (la musica)
piace, possiamo inciderne ancora."
Il video che racconta del viaggio di Zimmer in Slovacchia per registrare la
musica dei Rom, sarà disponibile all'uscita dell'album, assieme a tre tracce.
Il cortometraggio ha particolarmente eccitato Zimmer. "C'era grande musica in
tutti i villaggi dove siamo andati," dice. "Una cosa incredibile."
Due bande rom [...] sono nella partitura del film, gli otto elementi di Kokavakere Lavutara
ed il quintetto Ciganski Baroni. La Mnozil Brass Band fornisce un elemento
tedesco al lavoro orchestrale di Zimmer e del suo collaboratore Lorne Balfe.
"Dall'India al sud della Spagna e poi in Irlanda, c'è questa corrente di
coscienza musicale che si può seguire," dice Zimmer. "Amo tutti questi
chitarristi zingari."
Zimmer, che supervisionerà le musiche per gli Academy Awards assieme a Pharrell
Williams, ha discusso "Sherlock Holmes" e3 la creazione del coro per
il prossimo "Cavaliere Nero" in un'intervista con Billboard.biz.
Sembra che la tua immaginazione corra selvaggia su questo tema - sono più
gli stili russo ed europeo, che quello dell'Inghilterra vittoriana. Però, è
prominente la musica rom. Da dove arriva questa idea?
Ho accennato a temi zingari nel primo ed ho letto lqa sceneggiatura alla pagina
IV dove si dice "la zingara indovina." Da lì ho telefonato (al regista) Guy (Ritchie)
dicendogli "Andiamo!". Conosco la musica, ma non posso fare niente su stereotipi
e pregiudizi. Volevo trovare i musicisti, vedere l'ambiente. Nei contatti siamo
stati aiutati da Madeleine Albright e dal National Democratic Institute. La
priorità era di trovare grandi musicisti e d'altra parte pensavamo che sarebbe
stato simpatico documentare in una certa maniera. Mia sorella (Zoe) è fotografa
di moda ed era d'accordo sarebbe stato bello in questo modo. Entrando nelle
comunità rom, ho lasciato il mondo che conoscevo, prima non potevo immaginarmelo
- si è nel mezzo dell'Europa, ma non te ne renderesti mai conto. C'è questa
povertà ed ingiustizia mitigate da un'incredibile dignità e musicalità.
E' un'atmosfera molto diversa, non solo dal primo "Sherlock Holmes", ma
anche da tutti i tuoi altri lavori. Canticchiavo una melodia mentre lasciavo il
teatro.
Abbiamo ridotto la musica del film per vari motivi - sembra funzionare col
moderno Zeitgeist. E' solo con i film d'animazione che si adoperano ancora
lunghe ed ampie melodie. Inoltre l'idea del virtuosismo è diventata
completamente marginale. Amo la musica virtuosistica. Potessi, passerei il resto
della mia vita registrando Jeff Beck. (I virtuosismi) non si adattano (alle
colonne sonore), ma i musicisti rom sì. Nel contempo, posso tornare al mio mondo
minimalista. E' stato divertente avere tutti questi musicisti rom in una stanza
e dire "OK, proveremo a fare una cosa minimalista come il ticchettio di un
orologio." Portarli fuori da quello a cui erano abituati.
Facendo così, eri cosciente di mescolare la loro musica con quella
orchestrale, permettendo loro contemporaneamente di esprimersi secondo le loro
tradizioni?
Non potevo fare cose alla Django (Reinhardt). Troppo lontane dal loro mondo. Gli
(spunti musicali) di Sherlock non erano troppo (basati su) Ennio Morricone, come
può sembrare a molti, ci sono più Kurt Weill e Bertolt Brecht. Ho immaginato che
lanciando la musica della repubblica di Weimar nell'Inghilterra vittoriana
sarebbe stato qualcosa di interessante - piccole unghiate sporche e l'UNPA UNPA
degli ottoni.
Per te stato davvero un anno di sequel - "Pirates of the Caribbean: On
Stranger Tides," "Kung Fu Panda 2," "Holmes" - per
continuare con "The
Dark Knight Rises" and "Madagascar 3". Come ti cauteli dal rischio di
ripetizioni?
Divento pazzo. Cerco di proporre idee che siano appropriate e poi vedere se c'è
qualcun altro la fuori che io possa scuotere un poco. Mi piace il processo
collaborativo - non dobbiamo semplicemente conformarci al sistema di Hollywood.
Mi piace quando i miei registi sono parte della band. Quando ascolti (la colonna
sonora) dell'album, c'è questa "Shadows Suite", cioè me stesso al livello più
dittatoriale. Verificatane la solidità e che fosse proponibile, l'abbiamo data
ai musicisti rom. Il mio partner Lorne è un grande quando dice "cosa
succederebbe se" quando ho delle intuizioni. Molte volte se ne esce con un'idea
armonica che io, troppo preso dalle mie certezze, non avrei mai avuto. Se
l'architettura è solida per iniziare, è facile aprire le porte ed aggiungervi
dell'individualità.
Nonostante la serie filmica per cui sei più conosciuto, Batman, hai
collaborato con James Newton Howard, ora lavori da solo. Dove ti situi in questo
processo?
Ho dato al (regista) Chris (Nolan) un po' di musica per "Dark Knight Rises". Ciò
che ne ha accresciuto la visibilità è stato il nostro canto. Mi venne in mente
un canto che coinvolgesse centinaia di migliaia di persone. Ed abbiamo usato una
frazione dell'idea per rivelare un personaggio su Internet. La gente è molto
intrigata da questo campo e dal suo risultato. Abbiamo soltanto (postato) su
Facebook e Twitter che tutti potevano partecipare su ujam.com. Mi piace l'idea
che tramite gli ultimi due film (di Batman) abbiamo creato questo mondo, il
mondo di Dark Knight. So che i fan hanno una vera comprensione e rispetto per
questo mondo. Quindi, perché non renderli abitanti di questo mondo, renderli
parte? Si svilupperà sino alla fine di dicembre. Tutto ciò che dico (ai
potenziali cantanti) - se volete essere ascoltati, vi chiedo di essere un po'
più aggressivi. Basta carinerie. Un po' più di atteggiamento. Questa idea si è
evoluta dal coro di Eric Whitacre su YouTube. Una delle cose interessanti per un
tecnico del suono è che ogni voce viene registrata nel suo proprio ambiente.
Mettere assieme tutti questi ambienti non lo si ottiene spesso. Diventa un suono
davvero interessante.
Zimmer ed i musicisti zingari slovacchi nello studio del compositore Santa Monica, Calif.
Foto: Phil Gallo
Di Fabrizio (del 23/12/2011 @ 09:48:28, in media, visitato 1895 volte)
18 dicembre 2011 18:04 - Il Giornale di Berlusconi dileggia il
Ministro Riccardi e la Comunità di S.Egidio. "Tecnico improvvisato, salottiero,
amico di zingari e islam". Meglio Mara, Maria Stella e Nicole
I pogrom non nascono perché un bel giorno la gente impazzisce e se la prende
con il diverso. I campi di sterminio non si costruiscono perché un folle
ritiene che bisogna sbarazzarsi degli ebrei, che hanno troppi soldi e fanno il
bello e il cattivo tempo, e per giunta rovinano la razza ariana. Il Ku Klux Klan
non trae origine dalla pensata di quattro idioti che si sentono "appestati" dai
negri portati in America in catene per farne schiavi nei loro campi di cotone,
ma dal bisogno di braccia gratuite. L'oscurantismo talebano non viene fuori dal
nulla, perché il loro capo storico, pieno di soldi e di mogli, si annoiava, ma
dalla voglia di mettere a ferro e fuoco l'Occidente. .
Dietro ogni odio etnico, razziale, sociale ci sono teste pensanti, che
servendosi di ignoranti e idioti, predicano odio, spargono pregiudizi, inventano
menzogne e giorno dopo giorno instillano paure, creando le ragioni delle
persecuzioni e delle violenze. Basta attendere il momento giusto, come quello
che attraversiamo, per annientare i neri, gli zingari, gli ebrei, i gay.
Oggi Il Giornale di Berlusconi apre con questo titolo in prima pagina:
"Proposta choc del Ministro Riccardi. Case gratis ai rom. Agli italiani arriva
il conto della stangata, ma il governo pensa agli zingari". Una ignobile
menzogna. Se gli italiani non hanno la casa, ora sanno con chi prendersela.
Il Giornale dedica due articoli al Ministro Riccardi e lo fa a pezzi e dileggia
gli zingari che restano in Italia perché "hanno trovato il terreno fertile per
l'accattonaggio, lettura della mano, furti e furtarelli, recupero forzoso d'ogni
pezzo di rame in circolazione ed altre attività che appartengono, come ci è
stato insegnato, alla loro grande cultura".
Senza gli zingari, insomma, l'Italia non avrebbe ladri, cartomanti, accattoni.
Il Ministro per l'integrazione, Andrea Riccardi, è il presidente della Comunità
di Sant'Egidio, un fiore all'occhiello dell'Italia nel mondo. La Comunità ha
registrato straordinari successi laddove è stata chiamata, o è intervenuta, per
fare cessare le armi e costruire una cultura di pace.
Quali le ragioni del furibondo attacco e della sfilza di insulti? Il Ministro ha
visitato a Torino il campo Rom incendiato da un manipolo di razzisti, che hanno
creduto allo stupro denunciato da una ragazzina, costretta a controlli di
verginità mensili. Riccardi ha ragionato sulle cause del pogrom e al pensiero di
donne e bambini privi di tutto a causa dell'incendio ha proposto di farli vivere
come gli altri, non più da emarginati. Mettendoli nelle condizioni di avere un
tetto? Così come avviene con gli indigenti, qualunque sia la loro origine, in
ogni città d'Italia.
Il Ministro non ha annunciato un decreto o una proposta di legge, ma invitato ad
affrontare il tema dell'emarginazione e dell'integrazione, nell'interesse del
Paese, non solo dei rom, allo scopo di superare disagi sociali che sono, in ogni
comunità emarginata, all'origine della devianza sociale. E' questa la colpa del
"prete laico, più prete che laico".
Il Giornale trasforma la volontà di Riccardi, che è un docente universitario, in
una "proposta choc", una discriminazione degli italiani a favore dei rom "ladri
per cultura".
Quando qualche disperato subisce lo sfratto del padrone, sa ora con chi
prendersela, con i rom e con il Ministro Riccardi. Del trattamento Boffo
s'incaricano Paolo Granzotto e Giancarlo Perna. Granzotto rimprovera al Ministro
di "dividersi fra i sospiri per la pace nel mondo e dialoghi con i suoi
beneamati zingari". Cogliendo le sue abitudini più deteriori, lo descrive come
un signore che pratica "giulivo, l'impegno sociale nei salotti buonisti… fra un
frizzantino e un teuccio con i Pavesini". Pesante sarcasmo.
Giancarlo Perna ricorda che "nelle pause della sua attività con tonache ed
infelici Andrea Riccardi si laureò in legge" e, successivamente "s'infarcì un
po' alla rinfusa di date e battaglie", guadagnando il posto in facoltà. Riccardi
passa per uno storico ed un saggista, ma nella botte non c'è vino buono. Sarebbe
solo un salottiero che fa sfoggio del suo buonismo, sprovvisto di profonde
convinzioni. "Tutte le religioni gli vanno a fagiolo", è "intimo con gli
ortodossi, compagno di scuola del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni,
commensale di Hassan al Tourabi, fondamentalista islamico sudanese".
Che cosa avremmo potuto aspettarci da un tipo così, se non che ci invitasse ad
affrontare la questione dei rom all'indomani dell'incendio del loro campo da
parte di un manipolo di razzisti torinesi? Il Ministro rispetta tutte le fedi,
avverte Giancarlo Perna, "ma contesta la Lega, sostenendo che non esiste una
identità padana".
L'elenco delle colpe, imperdonabili, di Riccardi non si ferma qui. "Il prete
laico s'improvvisa tecnico", titola Il Giornale , riassumendole tutte. "La sua
specializzazione sono i guai del mondo". Quali sarebbero le sue qualità, le
virtù, le competenze?
Gli manca l'essenziale, non ha mai compiaciuto Silvio Berlusconi. Non si è
sdraiato sul lettone di Putin, come Nicole Minetti. Quale pedigree gli da il
diritto di sedere sulle poltrone che furono di Mara Carfagna e Maria Stella
Gelmini a uno storico un po' confuso infarcito di date e di battaglie,
specializzato ad occuparsi dei guai del mondo, un pretonzolo spogliato dalla
dubbie amicizie? Uno che toglie le case agli italiani per darle gratis ai rom,
come recita il titolo, uno dei tanti, dedicati al Presidente della Comunità di
Sant'Egidio.
E' una pagina, ancora una, di cattivo giornalismo. Ingiusta e bugiarda nella
sostanza, incivile nella forma. Ignobile, insomma. L'editore dovrebbe avere il
coraggio civile di assumersene le responsabilità - morali, politiche - della
linea del suo quotidiano piuttosto che rifugiarsi nell'autonomia della redazione
e ostentare distacco.
RomaToday Il ministro Riccardi vuole dare case ai rom: è polemica
sul web
Il ministro della cooperazione e integrazione Andrea Riccardi si ripromette
di affrontare con decisione il problema dei campi rom. Sul web è polemica per le
sue dichiarazioni
di Redazione 19/12/2011
Stanno scatenando un putiferio sul web le dichiarazioni rilasciate nei giorni
scorsi dal ministro della cooperazione e integrazione, Andrea Riccardi, rispetto
allo spinoso tema dell'integrazione delle minoranze rom e sinti nel tessuto
sociale del nostro paese.
Il ministro è accusato da blogger e da qualche articolista di voler regalare
una casa a tutti i nomadi presenti sul territorio italiano (circa 140.000
persone). Ma è veramente questo che Riccardi ha dichiarato?
Una breve ricerca tra gli archivi dell'Ansa ci dice che nell'ultimo mese il
ministro ha semplicemente dichiarato: "Come ministro dico che la situazione dei
Rom non e' delle più brillanti, come cittadino mi sono vergognato della loro
condizione in Italia. Dobbiamo agire per il superamento dei campi rom".
"Superamento dei campi rom" uguale "casa a tutti gli zingari presenti nel
nostro paese"? Forse, anche se questa è una deduzione logica e non certo il
pensiero manifesto di Riccardi. E soprattutto, quello del superamento dei campi
nomadi è un tema sul quale da anni si riflette nel mondo della politica e, a
parte movimenti estremisti e xenofobi, tutti concordano sulla necessità di
fornire ai rom presenti nel nostro paese abitazioni nelle quali sia garantito un
livello minimo di sicurezza igenico-sanitaria.
Perchè allora questo accanirsi contro Andrea Riccardi?! Tutto (più o meno)
nasce dall'editoriale
di Paolo Granzotto su Il Giornale, che si scaglia contro il ministro
accusandolo appunto di voler regalare la casa a 140.000 zingari nello stesso
momento nel quale il governo reintroduce le tasse sulla casa.
Torniamo alle parole del ministro: "Ci sono fondi europei utilizzati solo al
10%" che permetterebbero la realizzazione di un grande progetto edilizio a
favore dei nomadi. Si tratterebbe quindi di una grande operazione di civiltà che
non graverebbe in alcun modo sui conti italiani, e che permetterebbe a tanti rom
e sinti presenti sul territorio italiano di veder migliorate la propria vita, e
allo stesso tempo libererebbe tanti comuni cittadini italiani "non zingari"
dalla presenza, oggettivamente difficile, dei grandi campi rom. Se finora non è
stato fatto è solo per la mancanza (più o meno deliberata) di una strategia
nazionale sul problema.
Un'altra falsa notizia riguarda i numeri: Granzotto parla di dare le case a
140.000 persone. Peccato però che di questi oltre 70.000 sono cittadini
italiani, e quasi 50.000 sono rom e sinti che da secoli vivono nel nostro paese,
integrati e già tutti forniti di casa (essì, perchè quando gliene viene data la
possibilità i rom e i sinti sono generalmente ben felici di vivere in abitazioni
sicure).
Come si può vedere la polemica è stata creata ad arte, e sta facendo breccia
grazie ai pregiudizi che riguardano le popolazioni rom e sinti.
Non ci vogliamo nascondere che tanti siano i problemi nella convivenza tra
nomadi e "sedentari" in Italia. Ma sfruttare per polemiche strumentali un tema
che, invece di veder rinfocolare le tensioni, avrebbe bisogno di pacatezza e
riflessione è un'operazione bieca e da esecrare.
"Salutiamo invece con piacere le volontà del ministro Riccardi di voler
affrontare in maniera pragmatica e positiva quella vergogna tutta italiana che è
l'esclusione e ghettizzazione sociale delle minoranze nomadi"
Di Fabrizio (del 22/12/2011 @ 09:57:43, in Italia, visitato 2174 volte)
Ricevo da Stefano Nutini
Considerando che:
- da marzo 2011 circa 200 persone di origine rumena hanno provveduto a
installare abusivamente abitazioni di emergenza nell'area di via
Varsavia-Sacile sul retro dell'Ortomercato;
- tra di essi si contano alcune decine di minori, tra i quali bambini/e
iscritti alle scuole elementari di via Monte Velino, via Martinengo e Madre
Teresa di Calcutta.
- nella realtà sopra citata operano diverse associazioni di volontariato
come Padri Somaschi, Comunità di S. Egidio, Gruppo sostegno Forlanini e una
rete di zona comprendente, oltre a questi enti, il Comitato inquilini
Molise-Calvairate-Ponti, il Sicet e l'Unione inquilini;
- II Comune di Milano ha deciso di sgomberare le strutture abitative
insediate in tale area in data 22 novembre 2011, salvo poi scegliere di
concerto con gli occupanti di procrastinare lo sgombero al 12-12-2011
- la permanenza degli abitanti nell'area è rischiosa a causa della
vicinanza della ferrovia, dell'uso di bombole a gas e per le precarie
condizioni igieniche
Il Consiglio di Zona 4, pur condannando ogni forma di occupazione
abusiva della proprietà privata e di quella pubblica, chiede che:
- il Consiglio di Zona 4 venga correttamente e tempestivamente informato
su tutte le decisioni che il Comune di Milano intende adottare e/o adotterà
al fine della risoluzione del problema.
- se si è già definito o se si può trovare, anche con la partecipazione
del Consiglio di zona 4, un percorso condiviso con gli occupanti che non
intendono fare ritorno in Romania;
- il Consiglio di Zona 4 sia parte in causa nell’analisi e nella
realizzazione degli interventi che si auspicano vengano posti in essere per
preservare le acquisizioni dal punto di vista scolastico e lavorativo di
alcuni degli occupanti al fine di ridurre per quanto possibile le forme di
disagio e di insicurezza;
- venga chiarito quale sia l'impatto del passaggio della Paullese
nell'area considerata e negli altri insediamenti della zona;
si faccia luce sullo stato dei residui economici del "Fondo Maroni", per un
reale utilizzo sociale del denaro pubblico, a fini di inclusione sociale e
non di semplice repressione/dissuasione;
- la tematica della presenza dei gruppi rom e sinti a Milano sia
affrontata partendo da un'analisi socio-demografica e territoriale degli
insediamenti attenta alle specifiche configurazioni, risorse e condizioni e
si sviluppi attraverso percorsi di dialogo e di incontro per la ricerca di
una soluzione di inclusione condivisa che non comporti disgregazioni dei
nuclei familiari e che conduca ad una reale politica sociale di superamento
dei campi.
IL CONSIGLIO DI ZONA 4
- Visto il Regolamento del Decentramento Territoriale;
- sulla base dell’esito della votazione palese, proclamata dal Presidente nei
seguenti termini:
Presenti 33
voti favorevoli 29
voti contrari =
astenuti 4 (Bassi, Conte, Mariani, Testa)
D E L I B E R A
di esprimere PARERE FAVOREVOLE a quanto esposto in relazione.
IL SEGRETARIO Dr. Aldo Braccio
IL PRESIDENTE Loredana Bigatti
IL DIRETTORE DI SETTORE
Dott. Carlo Premoselli
- ALL’ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI
Mozione definitiva, approvata dal CDZ giovedì scorso, con ulteriori modifiche, e
favorevolmente votata dalla maggioranza più Pdl (Lega astenuta, cioè nei fatti
contraria)
Di Fabrizio (del 22/12/2011 @ 09:08:09, in media, visitato 1652 volte)
Tiscali: sociale
BOLOGNA – "Mi piace andare a trovare i Rom. Di solito non è un'esperienza
piacevole, perché non scelgo mai le comunità più floride. Vado nelle cloache.
Non per il gusto perverso della miseria, al contrario. Semplicemente perché in
Europa ce ne sono troppe ed è giunto il momento di fare qualcosa. Sono posti in
cui la miseria è allucinante. Mi viene da dire, fuori dal mondo. Sono posti
fuori dal mondo". Queste paroole sono del fotografo Alain Keler, che ha
attraversato l'Europa sulla sua Skoda per visitare i campi Rom di diversi Paesi,
compresa l'Italia. Al suo ritorno ha raccontato le sue esperienze all'amico
disegnatore Emmanuel Guibert che, insieme a Frédéric Lemercier, ne ha fatto un
reportage a fumetti e fotografie uscito a puntate in Francia sulla rivista XXI e
poi in Italia nel volume "Alain e i Rom" (Coconino Press). "Alain tornava dai
suoi viaggi e me li raccontava – spiega Guibert – è un momento cruciale quello
del ritorno, pieno di storie e aneddoti e del bisogno di raccontarli e, se non
c'è una pubblicazione immediata, il calore si perde". E rispetto ai recenti
fatti di cronaca, commenta: "Quello che è successo a Torino fa paura, ma non è
un caso isolato, il mio amico Alain mi ha raccontato episodi simili accaduti in
Repubblica Ceca, purtroppo l'odio cresce nelle situazioni di crisi". Ecco
perché, continua, "dobbiamo parlare, non lasciare che le cose avvengano nel
silenzio e mostrare gli esempi di persone che fanno qualcosa a livello locale:
la risposta è qui".
Il libro "Alain e i Rom" si apre con una prefazione di don
Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera, in cui si legge: "Le foto
di Alain Keler ci aiutano a gettare luce su quella che spesso sentiamo
etichettare come ‘emergenza', ma è invece una situazione ormai consolidata di
degrado e marginalizzazione". I Rom, insomma, fanno "notizia" solo nel caso di
eventi drammatici, come nel caso di Torino di qualche giorno fa, altrimenti
nessuno si ricorda di loro e delle condizioni in cui vivono. Lo dimostra anche
il caso del fotografo Alain Keler che ha girato il mondo, lavorando per le
agenzie di stampa, ma quando ha smesso e ha deciso di occuparsi di ciò che lo
interessava, non ha più venduto nemmeno una fotografia. Perché si tratta di
soggetti difficili. "Ai quotidiani interessano i fatti drammatici – dice Guibert
– mentre il ruolo delle riviste e dei libri è diverso, si prendono il tempo e lo
spazio per raccontare le cose: è anche l'ambizione di questo libro, dare l'idea
di un posto, delle persone che ci abitano, far sentire le loro voci, mostrare i
loro volti". Conoscerli, in una parola. "Non abbiamo fatto altro che ripetere
cose che tutti sanno – continua Guibert – che la maggior parte dei Rom non è più
nomade e che, quando se ne va da un posto, è per l'impossibilità di viverci".
Il libro di Keler, Guibert e Lemercier ha anche questo pregio, di mostrarci i
campi Rom a poca distanza dalle nostre case, alle periferie delle nostre città,
di farci incontrare le persone che ci vivono e quelle che con loro lavorano per
cambiare le cose. "Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, Alain aveva già
fatto la maggior parte dei suoi viaggi, ma l'ho accompagnato a Parigi – racconta Guibert – e sono entrato in posti di cui conoscevo l'esistenza ma in cui non mi
ero mai fermato, ho conosciuto le persone che ci vivono e i volontari che
lavorano per cambiare la situazione". Tra loro c'è anche Ivan Akimov, slovacco
che ha vissuto per molti anni in Francia e che, insieme alla moglie Helena, ha
creato i Kesaj Tchavé, un gruppo di giovani musicisti, ballerini e cantanti Rom.
Come racconta Alain Keler nel sesto capitolo del libro, ogni giorno, Ivan,
insieme alla moglie Helena, fa il giro dei villaggi e delle baraccopoli di
Kežmarok in Slovacchia per portarli a suonare e ballare. Grazie a Ivan Akimov, i
Kesaj Tchavé hanno suonato anche in Francia, a Parigi. "Ho assistito a uno di
quei concerti e fa un bene incredibile" dice Guibert.
Ivan è una di quelle persone che cercano di cambiare le cose. E racconta Guibert,
"anche se il suo lavoro non durerà per sempre, almeno è riuscito a modificare la
prospettiva del mondo esterno per quei ragazzi". Ma non è l'unico. Insieme a lui
ci sono Jeanne, Colette, Antonio e altri di cui veniamo a conoscenza leggendo
"Alain e i Rom". "Ho un'ammirazione senza limiti per loro – dice Guibert – Sono
persone che non fanno un discorso convenzionale sui Rom, che parlano con voce
franca senza nascondere i problemi, che, dopo generazioni di pregiudizi,
violenza e sfiducia, cercano di cambiare la situazione, dedicando la loro vita,
o solo una parte, a lavorare con queste persone". Ed è quello che ha fatto con i
suoi reportage Alain Keler. "Alain ha deciso di raccontare come vivono i Rom
d'Europa perché ha origini ebree e i suoi nonni sono morti nei campi di
sterminio nazisti – spiega Guibert – Per questa ragione non può sopportare la
discriminazione e il razzismo che colpisce i Rom: per lui è un dovere e anche io
ho sentito di dovermi mettere a sua disposizione per far conoscere il lavoro
paziente e segreto che fa, come si dice in Francia, contro il vento".
15 dicembre 2011 - di Redattore Sociale
Di Fabrizio (del 21/12/2011 @ 09:30:13, in Europa, visitato 1643 volte)
Da
Nordic_Roma
Rom frugano nei cassonetti della ricca Norvegia - AUDREY ANDERSEN
- 7-12-2011
LETTERA DA OSLO: E' un freddo venerdì mattina d'autunno e già si sta
formando una fila di persone fuori da Fattighuset (La Casa Povera) nel centro di
Oslo. Si va dai ragazzini ai pensionati, e la coda finisce quando il centro di
carità chiude le porte al pubblico alle 15.30.
Mentre la Norvegia è uno dei paesi più ricchi al mondo, le statistiche
recenti mostrano che il 9,68% di chi vive ad Oslo viene definito povero.
In Norvegia circa 85.000 bambini vivono in povertà, ma è nella parte est di
Oslo, la più etnicamente sfaccettata, che il fenomeno si concentra. Una famiglia
di 3 componenti che vive con un reddito annuo di NOK 273.000 (€ 35.330) viene
considerata sotto la soglia di povertà.
In un'altra parte della città, un altro gruppo si riunisce per affrontare la
giornata. A Frogner Park, alcuni Rom sono rannicchiati su una panchina, mentre
alcuni turisti giapponesi sono in posa davanti alle famose sculture Vigeland che
delimitano il ponte principale.
Una Romnì di mezza età suona una pittoresca fisarmonica mentre passano i
turisti. Altri del gruppo, attrezzati con grandi buste di plastica Ikea,
iniziano il giornaliero rimestare nei bidoni, in cerca di bottiglie d'acqua e di
birra che siano rimborsabili.
Frogner ospita alcuni tra i cittadini più ricchi. Mentre il reddito medio è
in aumento, si allarga anche il divario tra ricchi e poveri. D'estate, diventò
una sorta di rifugio per alcuni Rom che vivevano in un campo improvvisato,
nascosto alla vista, in un bosco ai margini del parco. Tutto ciò che ora rimane
è il guscio di una struttura in legno improvvisata. A luglio, come altri in
città, il campo venne sgomberato dalle autorità comunali senza preavviso.
Per qualche periodo i problemi connessi con i Rom sono stati la produzione di
birra, con annesse questioni legate all'igiene ed alla criminalità. L'argomento
ha coinvolto tutto lo spettro politico, da ambo le parti. Sembra esserci
consenso sul fatto che, pur essendo poveri, trattare con loro è più problematico
rispetto agli altri gruppi.
Da un lato dello schieramento politico, sono visti come una minaccia
sanitaria, principalmente perché non hanno accesso a docce e servizi igienici.
Dall'altro, come vittime della xenofobia con i sostenitori dei diritti umani che
chiedono tolleranza e compassione. Marianne Borgen, del partito socialista di
sinistra (SV) e Kirkens Bymisjon, di un'associazione caritatevole ecclesiastica,
vorrebbero che ai Rom venissero forniti servizi di base, come docce e servizi
igienici.
D'altra parte, le autorità ritengono che offrire docce e servizi igienici sia
una pericolosa seduzione che potrà aprire i cancelli all'arrivo di un maggiore
numero di Rom.
Kari Helene Partapuoli, del Centro Antirazzista, è abituata a questo tipo di
retorica ufficiale, usata spesso per discriminare i Rom. "Vogliono gestirli come
nel resto d'Europa, come -spazzatura-, perché non ne arriva altra."
Ma sono stati i mezzi d'informazione a dipingere banchetti dei Rom a base di
topi, cani e piccioni selvatici, cosa che ha fatto infuriare tanto la comunità
rom che i suoi sostenitori.
La foto di un giornale ritrae i resti di un barbecue rom, con alcune ossa di
animale che si diceva fossero quelle di un topo. Poi la notizia si rivelò
infondata, e le ossa si rivelarono essere quelle di un pollo.
Il musicista zingaro Raya Bielenberg, da tempo residente a Oslo, ha reagito
con rabbia alle speculazioni dei media: "Siamo un popolo con un orgoglio, e
morire3mmo piuttosto che mangiare topi o cani," ha detto. "E se hanno il diritto
di venire qua e mendicare, dovrebbero almeno avere un posto dove andare in bagno
e lavarsi."
Concorda
Kari Gran, portavoce della missione ecclesiale (Kirkens Bymisjon) di Oslo, e
sente che la situazione sta arrivando ad un punto critico. Dice di incontrare
ogni giorno i Rom a Bymisjon, dato che sono l'unica organizzazione che li aiuta
attivamente
"Forniamo loro un posto dove incontrarsi, mangiare, usare i servizi igienici,
oltre ad un servizio di consulenza," dice. "Ma non abbiamo docce o lavanderia."
Kirkens Bymisjon è il solo posto che si prende cura dei Rom, ma la sola
carità non può fare molto.
Un problema è che i Rom, soprattutto dalla Romania, arrivando qui con visto
turistico non possono beneficiare dell'assistenza sociale o di servizi come un
posto dove dormire la notte, usufruire di docce o di lavanderia. Non possono
equipararsi ai bisogni di altri gruppi emarginati.
Gran ed altri sono molto preoccupati per i Rom, particolarmente per
l'avvicinarsi del rigido inverno. Alcuni Rom per l'occasione torneranno a casa,
ma per molti la tetra prospettiva è di dover dormire all'aperto.
Di Fabrizio (del 21/12/2011 @ 09:00:46, in Italia, visitato 1444 volte)
Punto di vista interessante, quello presentato su
GAY INDIPENDENT. Anche se la critica lì è più centrata sul
dualismo uomo-donna, la domanda di fondo è: quanto può essere efficace scindere
la lotta alla discriminazione tra antirazzismo da una parte e pari opportunità
dall'altra?
Di Enzo Cucco - 15/12/2011
Lo scorso 13 dicembre il Governo ha assegnato ad Andrea Riccardi alcune
funzioni di grande rilievo nell'ambito delle politiche sociali, tra cui quelle
sulla famiglia, sulle tossicodipendenze e sull'UNAR, l'Ufficio nazionale contro
le discriminazioni razziali, ed ha riconfermato ad Elsa Fornero le funzioni
sulle pari opportunità.
Va ricordato che l'attuale Governo ha ridotto in modo molto consistente il
numero dei Ministri (sia con portafoglio che senza), e tenendo presente la
scadenza della legislatura, l'impressionante mole di lavoro e di responsabilità
a carico di ciascuno e la oggettiva scarsità di funzioni assegnate ad alcuni dei
Sottosegretari e Viceministri, una ridefinizione delle attribuzioni era
necessaria.
Ma perché allontanare l'UNAR dalle pari opportunità?
Questa distinzione appare in controtendenza rispetto all'evoluzione che tutto
questo ambito di politiche (ma anche di norme) ha subito e sta subendo in
tutt'Europa. Come è noto l'Italia ha prodotto un corpo di norme significativo ed
all'avanguardia nell'ambito delle pari opportunità tra uomo e donna, ma manca
del tutto di una norma specifica per la lotta contro tutte le forme di
discriminazione, oltre alle due leggi di recepimento delle direttive comunitarie
del 2000. La carenza normativa e l'assenza di un soggetto terzo per l'intervento
in materia di lotta alle discriminazioni sono stati per anni i motivi sia delle
critiche europee che dell'assenza di una vera politica nazionale sulla materia.
Di questa situazione era perfettamente consapevole sia il Ministro Carfagna che
l'UNAR a cui dobbiamo riconoscere di aver fatto letteralmente dei miracoli per
recuperare nell'ambito delle politiche e degli interventi concreti quello che
sul piano normativo non poteva essere recuperato. Prima di tutto la facoltà di
intervenire su tutte le sei aree di potenziale discriminazione previste
dall'articolo 19 dei Trattato dell'Unione (genere, orientamento sessuale, età,
disabilità, religione e credenze personali, origine etniche e nazionali) e non
solo in materia di razzismo, come la missione iniziale prevedeva.
Unire l'UNAR al Ministero "della cooperazione internazionale e integrazione"
sembra re-spingere queste politiche nell'alveo di quelle contro il razzismo, con
la conseguenza che le pari opportunità tornano ad essere esclusivamente quelle
"classiche" tra uomo e donna. E' così, o si tratta solo di un effetto ottico
dovuto ad una redistribuzione di funzioni basata su logiche politiche e non su
una razionale trattazione delle materie in oggetto?
Spero di essere smentito, magari anche solo leggendo il testo dei decreti di
delega che ancora non si conoscono, e sono certo che la qualità del Ministro
Riccardi e l'indiscussa consapevolezza e dedizione che l'UNAR ha dimostrato
negli ultimi anni nel gestire una materia tanto incandescente, sapranno non solo
dissipare ogni ombra ma anche far procedere l'Italia nella direzione di quelle
riforme che in tutta Europa ormai sono concretezza da anni. Non ci sono ne i
tempi né le condizioni politiche per intervenire sulla legislazione italiana in
modo organico, ma molto si può fare sulle politiche e soprattutto si deve
tentare di istituire quel soggetto indipendente dal Governo che, assorbendo
l'UNAR e magari qualche altra istituzione di parità, sappia farci fare quel
passo avanti di cui abbiamo bisogno.
Saprà il Governo marciare, diviso ma unito, su questo obiettivo? Saprà gestire
l'oggettiva sovrapposizione di due Ministeri su una materia che, nella sostanza
e per molti ambiti non solo sono sovrapponibili ma necessitano di integrazione?
Di Fabrizio (del 20/12/2011 @ 09:36:52, in Europa, visitato 1660 volte)
Osservatorio Balcani e Caucaso di Cristina Bezzi 15 dicembre 2011
Foto di Cristina Bezzi
Che impatto hanno i fenomeni migratori sui diritti dei bambini? In questo
reportage Cristina Bezzi, antropologa, visita la Moldavia romena, una delle aree
più povere della Romania e più colpita dall'emigrazione
Secondo le stime UNICEF sono 350.000 in Romania i bambini con uno o entrambi
i genitori all'estero per lavoro. Mentre madri e padri sono in Italia, Spagna e
Francia per contribuire ad un bilancio famigliare altrimenti impossibile, loro
vengono accuditi da zii, nonni o altri parenti. A volte vivono praticamente
soli, magari affidati a qualche vicino di casa.
Anche a seguito di recenti e drammatici fatti di cronaca al destino di questi
"orfani bianchi", così vengono chiamati, si inizia a prestare sempre più
attenzione. Ci siamo recati nella Moldavia romena - nordest della Romania, una
regione tra le più povere del Paese e quindi più colpite dal fenomeno migratorio
- accompagnati dai volontari dell'Albero della Vita, Onlus impegnata nella
tutela e salvaguardia dei diritti dei bambini.
Il progetto children rights in action
Il progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea "Children's
rights in action. Improving children's rights in migration across Europe"
è coordinato dalla fondazione L'albero della vita di Milano e vede come
partner la fondazione ISMU, l'Università di Barcellona, la Fundaciò
Institut de Reinserciò Social e l'associazione Alternative Sociale di
Iaşi. Scopo del progetto analizzare le condizioni dei bambini romeni
coinvolti nel processo migratorio familiare, in Romania, Italia, Spagna
e sviluppare delle buone prassi per ridurre la loro condizione di
vulnerabilità. Spesso i loro diritti fondamentali vengono violati sia
nel paese di origine ma anche in quello di accoglienza a causa delle
difficoltà d'integrazione nel nuovo sistema. L'importanza della ricerca
appare evidente se si pensa che solo in Italia sono 105 mila i romeni
iscritti alla scuola dell'obbligo e che molti si ricongiungono ai loro
genitori solo dopo anni di distanza.
L'economia della zona è basata prevalentemente su un'agricoltura
di sussistenza che, già fragile, è stata messa in ginocchio dalle
alluvioni che nel 2008 hanno colpito l'intera area. Molti hanno dovuto
considerare la migrazione, per poter far fronte ai bisogni familiari. E
sono partiti per periodi più o meno lunghi, lasciando i figlia a casa.
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Liteni: vivere a ritmo del passato, abitare nelle case del futuro
Parto dall'affollata autostazione di Iaşi, principale città della Moldova
romena, alle 6.30 del mattino con il minibus che ogni mattina accompagna gli
insegnanti della scuola media ed elementare del paese al lavoro. Trascorso un
primo pezzo di superstrada svoltiamo su una strada bianca che ci porta dalla
veloce e moderna città a Liteni, paesino a circa 50 chilometri da Iaşi dove il
30% dei 2.200 abitanti lavora all'estero. "In realtà sono molti di più", spiega
il sindaco, Petraş Constantin, perché molti continuano a rimanere registrati
all'anagrafe pur non vivendo più nel paese".
Qui il ritmo è ancora scandito dalle stagioni e al posto delle macchine che
hanno oramai invaso la città, la gente si sposta utilizzando carretti di legno
trainati da cavalli. Tutt'intorno distese di campi in passato coltivati da
un'azienda agricola di stato, restituiti poi negli anni '90 ai vecchi
proprietari. L'attività agricola è la principale occupazione delle persone che
vivono nel paesino di Liteni; in questo periodo uomini, donne, vecchi e bambini
sono impegnati nella raccolta del mais e il paese, nelle prime ore del
pomeriggio, è attraversato da carri carichi di pannocchie seguiti da intere
famiglie che tornano verso casa.
E' proprio l'immagine di un cavallo che rimane bloccato dal peso esagerato del
carro davanti al cancello di un'enorme e moderna villa in costruzione che mette
in risalto la doppia identità del luogo.
La vita del villaggio procede con il suo antico ritmo di campi arati dal
cavallo, giornate che iniziano con il sorgere del sole e terminano con il suo
tramonto, ma accanto alla strada bianca e polverosa si innalzano case
modernissime quasi tutte non intonacate, che stanno sostituendo le piccole
abitazioni tradizionali dai caldi colori pastello.
Dietro ad ogni casa nuova o in costruzione c'è una storia di migrazione. Lo
stile delle costruzioni spesso racconta anche la storia di quella migrazione,
come osserva Gheorghe Moga, direttore della scuola del paese: "Se osservi le
caratteristiche delle case puoi capire anche dove le persone sono emigrate". Da Liteni le persone si sono dirette principalmente in Italia, Spagna, Francia e in
misura minore in Germania.
La maestra
Entriamo nella prima elementare con la maestra Ileana, i bambini le si fanno
attorno e la stringono forte in abbracci. "Manifestano così la loro carenza
affettiva", mi spiega. Ileana chiede quanti di loro hanno un genitore
all’estero, più della metà dei circa venticinque bambini alza la mano, la
maggior parte ha la mamma lontana; nel villaggio questa è la normalità.
Ileana stessa è tornata in paese solo per alcuni mesi, in realtà lavora in
Italia già da due anni e a breve ritornerà lì per accudire una persona anziana.
"Nel 2009 c'è stato un' ulteriore riduzione degli stipendi per coloro che
lavorano nel pubblico, tutti gli stipendi sono stati ridotti del 25%, se prima
prendevo circa 300 euro dopo il 2009 lo stipendio è arrivato a 250. Ho una
figlia che sta studiando a Iaşi al liceo, solo per il vitto e l'alloggio devo
pagare 100 euro al mese più tutte le altre spese. Mio marito lavora la terra,
non ha un salario fisso e trovare lavoro qui è molto difficile. Semplicemente se
io non fossi partita non ce l'avremmo fatta".
Cerco un posto dove potermi risciacquare le mani. Maria, una ragazza di 14 anni,
mi sorride e si offre di aiutarmi. Mi guida verso il pozzo azzurro proprio di
fronte alla scuola; il villaggio infatti non è dotato di acqua corrente. Maria
stringe forte la catenella del secchio alla corda e con movimenti decisi inizia
a calare. Maria è molto curata e sembra essere serena nonostante l'assenza del
padre e la distanza della madre partita per lavorare in Italia quando lei aveva
otto anni. Vive con gli zii e i cugini, sembra capire i motivi per cui la madre
è lontana, ma parlando con lei hai l'impressione di rivolgerti ad un' adulta
responsabile più che ad un'adolescente.
Quando la crisi fa migrare le donne
Spesso sono le mamme a partire perché in questo periodo è più facile per una
donna trovare lavoro. Dopo l'entrata della Romania nell'Unione Europea (2007),
il flusso migratorio femminile è andato aumentando, mentre in seguito alla crisi
economica sono stati molti gli uomini a rimanere senza lavoro e a tornare in
Romania. A Liteni ci sono diverse donne che lavorano principalmente in Spagna ma
anche nel sud Italia. Maria parte per circa 3-4 mesi all'anno, non vuole
prolungare di più la sua assenza perché ha due bambini di 7 e 9 anni. Suo marito
aveva lavorato per un periodo in Germania ma negli ultimi anni non è più
riuscito a trovare lavoro.
Come lui anche Vasile, un 42 enne di Liteni, e rientrato dopo aver perso il
lavoro all'estero. Ha lavorato come manovale a Torino per ben 7 anni, ma
ultimamente faceva fatica a trovare lavoro ed inoltre spesso i datori di lavoro
non lo pagavano: "Succede spesso, lavori per mesi e poi il datore non ti paga e
quindi alla fine ho cercato un posto per mia moglie come badante. Adesso lei è
lì".
Vasile e la moglie hanno quattro figlie: sei, otto, dieci e quattordici anni.
Attualmente è lui a prendersene cura; ha dato la sua terra in affitto per poter
seguire le figlie e le faccende di casa. A breve però desidera tornare a Torino
dove spera di trovare nuovamente lavoro e lascerà le figlie in custodia alla
sorella.
La sua idea è quella un giorno di rientrare definitivamente in Romania, ma non
riesce ad immaginare quando: "Fino a quando le figlie non saranno grandi saremo
costretti a lavorare all’estero. Qui la gente vive di ciò che produce la terra,
non ci sono posti di lavoro, sarebbe necessario andare in città ma anche lì è
difficile e un salario medio, di circa 250 euro, non è comunque sufficiente a
far sopravvivere una famiglia". Vasile alza lo sguardo e mi mostra con orgoglio
la casa che stanno costruendo attraverso le rimesse, anche se non è finita a
breve potrà trasferirsi lì a vivere con le figlie. In lontananza la sua casa non
intonacata si confonde con le pareti grige di numerose altre case. Ma sarà
possibile per gli abitanti di Liteni tornare un giorno a vivere stabilmente nel
loro paese?
Ancora bambini con la "chiave al collo"?
Come spiega lo psicologo Catalin Luca, direttore dell'associazione Alternativa
sociale, la prima in Romania ad occuparsi dei bambini soli a casa, il fenomeno
non è nuovo in Romania: "Durante il comunismo ci sono state diverse generazioni
di bambini che sono cresciuti da soli, poiché ambedue i genitori lavoravano
tutto il giorno. Questi bambini sono conosciuti come la generazione dei "bambini
con la chiave al collo", perché passavano le giornate davanti al block con la
chiave di casa appesa al collo, in attesa che i genitori rientrassero. Questa
stessa generazione è quella che oggi emigra e lascia i figli a casa pensando
che, così come è stato per loro in passato, il compito del genitore sia quello
di sostenere i figli da un punto di vista materiale, proprio perché anche loro
sono stati abituati alla distanza emotiva e a volte anche fisica dai genitori".
L'Associazione Alternative Sociale di Iaşi ha iniziato ad occuparsi di questo
fenomeno impegnandosi attraverso campagne di sensibilizzazione e di informazione
per i genitori, attività di prevenzione e counseling per i minori e proposte di
legge per la tutela dei minori rimasti soli a casa.
Catalin Luca ha recentemente concluso la sua ricerca di dottorato in cui ha
indagato le conseguenze causate dalla lontananza dei genitori, utilizzando un
approccio che tiene in considerazione il punto di vista del bambino: "Dal loro
punto di vista non sono le cose materiali di cui hanno bisogno ma la presenza
dei genitori, la possibilità di discutere con loro. Spesso i bambini non vengono
coinvolti nella decisione dei genitori di partire; la loro impressione è che non
possono chiedere aiuto a nessuno per risolvere i loro problemi".
Drammatiche conseguenze
I bambini vengono accuditi dal genitore rimasto o da una zia, altre volte dai
nonni, nei casi più gravi da un vicino o da un fratello maggiore. La mancanza di
supervisione da parte dei genitori spesso pregiudica lo stato di salute del
minore che tende a non nutrirsi regolarmente, peggiora l'apprendimento
scolastico e può determinare soprattutto tra gli adolescenti la frequentazione
di entourage negativi. Dal punto di vista psicologico le conseguenze possono
andare da una disposizione alla depressione fino ad arrivare nei casi più
estremi al suicidio.
Lo scorso settembre ad Arad, Romania occidentale, è morta Monica, una bambina di
dieci anni che a causa della nostalgia della madre, che lavora in Spagna, ha
smesso di alimentarsi fino a che i suoi organi non hanno più retto.
Il caso di Monica, ha creato un grande scandalo. La madre è stata demonizzata
assieme a tutte le madri che partono "senza preoccuparsi abbastanza dei loro
figli". Davanti a questo caso anche i politici hanno mostrato un cenno
d'interesse tanto che il parlamentare Petru Callian ha proposto un disegno di
legge che prevede una multa per i genitori che lasciano il Paese senza aver
affidato i figli ad un legale rappresentante.
Come spiega Alex Gulei, assistente sociale di Alternativa Sociale, in Romania
esiste già una legge che obbliga i genitori a nominare un tutore legale prima di
partire per l'estero, ma poiché non è prevista nessuna sanzione, quasi nessuno
si preoccupa di farlo.
E' il caso di Nicu un ragazzino di nove anni, che partecipa al programma del
centro diurno Don Bosco della Caritas di Iaşi. La mamma è partita per l'Italia
quattro anni fa e quindi vive con la nonna settantenne e la sorellina di sei
anni. Da anni Nicu dovrebbe sostenere un'operazione chirurgica molto delicata,
ma non può farlo perché per questo sarebbe necessaria la firma della madre che è
la legale rappresentante del figlio, ma che è da anni che non si mette in
contatto con loro. La nonna sta pensando di far togliere per abbandono la
rappresentanza legale alla madre per ottenerla lei, cosicché il piccolo Nicu
possa essere operato, la sua paura è però che non le restino molti anni di vita
e che se lei morisse il nipotino sarebbe affidato ai servizi sociali.
Le conseguenze psicologiche ed emotive della privazione dell'affetto materno e
paterno sono un prezzo altissimo pagato dai minori romeni le cui famiglie sono
coinvolte nel processo migratorio. Purtroppo spesso anche per chi segue i
genitori nel Paese di accoglienza il processo di adattamento è lungo e non
sempre facile. In molti casi tra l'altro accade che il minore rientri in patria
con o senza la famiglia subendo un ulteriore fase di adattamento.
La tutela dei diritti dei minori coinvolti in processi di migrazione è complessa
e non può che passare attraverso un approccio che coniughi il livello locale a
quello nazionale ed europeo. Un primo passo in questa direzione è l'analisi
delle loro condizioni di vita e l'individuazione di buone prassi per ridurre la
loro vulnerabilità.
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