Di Fabrizio (del 04/04/2014 @ 09:05:20, in Regole, visitato 1876 volte)
La prima volta che vidi, ero seduto accanto a loro, dei Rom durante lo
svolgimento di un Consiglio di Zona fu nei primissimi anni '90, e la cosa mi
fece un effetto strano: beceri, urlanti e litigiosi i consiglieri, calmi ed
educati i Rom presenti in sala. Quella sera ci furono anche risvolti comici, ma
non è questo il momento di scriverne.
Martedì sera, ho rivissuto la stessa sensazione, purtroppo senza gli
effetti comici di allora. Per capire qual era il contendere della serata, potete
leggere questo intervento che alcuni cittadini hanno
letto prima dell'inizio del consiglio.
Mercoledì sera ne ho riparlato con un rom che era presente, mentre in
televisione sbirciavamo distrattamente una partita che non interessava a nessuno
dei due. Lui è A.B., lo conosco da anni, incensurato, lavora e ha la fortuna di un contratto a tempo indeterminato, con la
sfortuna di fare dei turni micidiali; ha anche una bella famiglia e da tempo (come molti) vorrebbe uscire dal campo. Per seguire i nostri ragionamenti, le sue
parti saranno in corsivo.
Non c'era alcuna certezza che l'argomento venisse discusso, sino all'ultimo
avevo anche il timore che dal campo non si presentasse nessuno - e sarebbe stato
abbastanza incongruente discutere un argomento che i rom ritengono molto urgente
quando loro per primi non si facevano vivi.
Ma poi, puliti e ordinati, abbiamo fatto fatto ingresso in sala.
La maggioranza in CdZ, a fatica, era dalla nostra parte; l'opposizione, con
altrettanta fatica e stanchezza, del tutto contraria, per cui sin dall'inizio si
assisteva a varie comunicazioni in codice. Il dibattito prosegue lentamente, i
due fronti sembrano squadre che si studiano in attesa della mossa altrui.
L'opposizione traccheggia, insomma tira per le lunghe, fa intendere che sul
punto che ci interessa non intende arrivare alla discussione.
I cittadini possono intervenire solo a inizio seduta, non a consiglio in
corso. Non è piacevole rimanere seduti in fondo senza niente da fare. Ogni tanto
qualcuno dai banchi della maggioranza veniva a salutarci, o solo a controllare
che non ci fossimo addormentati.
Nonostante i tentativi di tirare per le lunghe, alla fine la minoranza
soccombe e deve accettare di discutere sulla mozione presentata dalla
maggioranza. Ma prima di votare la mozione, c'è ancora da affrontare il
dibattito: tirare nuovamente per le lunghe o tentare un assalto alla baionetta?
Le opinioni le rispetto, anche quelle diverse, ma mentre che parlavano di
noi sentivo inesattezze una dopo l'altra: c'era chi parlava di scontri tra bande
e con lo stesso cognome mischiava vittime e colpevoli.
Come se io mi chiamassi Provenzano e dovessi per forza essere affiliato ad un
clan o condividerne le colpe.
E poi c'era una che era fissata che nei campi rom ci fosse l'aria
condizionata.
Neanch'io ho mai saputo di un campo con l'aria condizionata. Qualche tempo fa
nel centro di via Lombroso i rom si lamentarono che nei container d'estate si
sarebbe morti di caldo, e il Giornale titolò che volevano l'aria condizionata.
Da lì la voce è circolata ed è stata stravolta sino a ieri sera.
Ma io ricordo che quei consiglieri sono stai qui. Hanno visto in che
condizioni viviamo. Non possono far finta di non sapere e inventarsi queste
cose.
Credo che allora l'abbiano fatto apposta.
Perché mentre li stavo ad ascoltare, alle cose inventate si aggiungevano,
qualcuno sottovoce e altri molto sfacciatamente, sempre più provocazioni. Tanto
noi dovevamo ascoltare in silenzio.
Ad esempio, c'era uno spilungone che continuava a ripetere che chi abita nel
vostro campo (tutti, indistintamente) vive nell'illegalità, e se vuole può
uscirne. Ma io non capisco come si possa essere nell'illegalità, solo perché si
abita in un campo comunale, assegnato dallo stesso comune. Bisogna vivere in un
campo abusivo? Comunque, non ho problema a farvi leggere cosa scrive
chi la pensa in quella maniera.
Sembra che per essere illegale basti essere rom. Qualcuno provava a
rispondere con un semplice ragionamento: anche noi siamo persone, individui, non
una cosa o una categoria politica.
Ci sono stati interventi (anche nella minoranza) che erano più ragionevoli, e
man mano crescevano i toni, il presidente del consiglio (non lo invidio) provava
a sanzionare gli interventi e riportare un tono civile.
Finché non ha convocato i capigruppo, forse per calmare il dibattito, ma
a questo punto i provocatori hanno alzato ancora di più la voce.
Avevano capito che stavano perdendo la partita e non sapevano più cosa fare.
Così hanno provato a buttarla in caciara, sperando di fare la figura delle
povere vittime. Ma a quel punto hai perso la pazienza.
Non ce l'ho fatta più. Ognuno può pensarla come crede, ma il rispetto è
dovuto a tutti. Così ho risposto a voce alta che io ero più italiano di loro.
Ma è stato quello che hanno detto, o per tutto quello che avevi ascoltato
prima?
Non ho neanche capito cosa avessero detto in quel momento. So che ad un
certo punto anche gli altri consiglieri dicevano che era troppo, che si stava
esagerando e che frasi simili non dovevano essere accettate. Ecco, è stata la
goccia che ha fatto traboccare il bicchiere.
A quel punto, ti abbiamo gentilmente accompagnato fuori (A.B. è la persona
più pacifica del mondo, ma se perde la pazienza sono 140 kg. scatenati. Chi lo
ferma? ndr.)
Avete fatto bene. Anche se sono convinto che avevo ragione, poi mi sono
fermato fuori ad aspettare. C'era un consigliere che continuava a ripetere a me
e gli altri di rientrare, ma non volevamo cadere nelle provocazioni.
Devo dirti, non mi è spiaciuto sentirti rispondere a quel modo. Ma ormai
mancava pochissimo ad approvare la mozione, e il rischio era di rovinare tutto
all'ultimo momento. Era quello che volevano.
Insomma, alla fine la mozione è passata.
Il Consiglio di Zona ha fatto tutto il possibile, ma non ha potere in merito,
può solo fare pressione in Comune, che in questi mesi è stato il vero collo di
bottiglia della vostra vicenda.
Allora siamo a posto! Vero...???
Come si dice "Stai sereno".
Va bene. Domenica passi ancora a trovarci, così posso salutarti nello
stesso modo?
Milano 1° aprile 2014
Al Presidente e ai Consiglieri del Consiglio di Zona 2 di Milano
Non è la prima volta che interveniamo in questa sede sulla questione di via Idro
e sappiamo che potrebbe non essere l'ultima. Siamo del tutto consci che i
problemi complessi non si risolvono con i proclami militareschi alla De Corato,
con i continui trasferimenti di persone da un capo all'altro della città e
nemmeno con gli atti amministrativi, se questi non sono sostenuti da un progetto
politico e da risorse economiche e umane. E sappiamo che ci vuole del tempo.
Ma non possiamo fare a meno di segnalare, appunto, che il tempo sta passando e
le misure prese finora sono lontane dall'essere adeguate. Aspettiamo che il
Piano rom sinti e caminanti decolli e ci auguriamo che produca effetti positivi,
sia per le comunità rom, sinti e caminanti, sia per quelle che sono maggiormente
investite dalle problematiche connesse, per questioni diverse tra le quali,
innanzitutto, la prossimità.
Stasera interveniamo proprio per sollecitare questo Consiglio ad affrontare, con
le misure che gli sono proprie, con maggiore determinazione la situazione che si
va creando anche a causa della crisi economica e nello specifico quella di via
Idro, di cui stiamo segnalando da tempo i problemi. E ci permettiamo di
sollecitarlo ad approvare senza esitazioni la delibera all'ordine del giorno,
che riteniamo coerente con gli obiettivi che questo Consiglio ha finora
perseguito.
Non avremmo altro da aggiungere se nei giorni scorsi non fosse stata qui
approvata una mozione che non investe direttamente la questione in oggetto, ma
la evoca, secondo il nostro parere, con ambiguità. Ci riferiamo a quella
presentata dalla consigliera Sardone, che ha ottenuto un consenso molto ampio.
Noi comprendiamo il disagio e i timori dei cittadini di fronte a situazioni di
degrado e di devianza e comprendiamo anche le preoccupazioni del Consiglio di
zona, che a quei cittadini deve cercare di rendere conto. Non è pertanto nostra
intenzione sindacare la decisione di installare una barriera antiroulotte in via
Trasimeno. Ma non è un caso che su questa decisione si siano gettate con un
interesse sorprendente, e sospetto, la stampa e la televisione, forse
opportunamente messe al corrente della vicenda. Raramente una barriera
antiroulotte ha avuto tanto risalto mediatico.
D'altronde, si va verso le elezioni e non c'è da stupirsi se forze politiche
travolte da ripetuti scandali e a corto di argomenti si apprestano nuovamente a
giocarsi il jolly degli "zingari", rivolgendosi non alle teste ma alle pance dei
cittadini. Sappiamo bene che c'è sempre chi è disposto, pur di guadagnare
qualche voto, a usare queste furbizie, senza badare ai danni che producono nel
corpo vivo delle comunità, nella loro cultura. E non ci meraviglia se a farlo
con più sistematicità e spregiudicatezza sono quelli che pretendono di essere i
migliori italiani e i migliori cristiani. Sono vent'anni che governano, qui e
altrove, e abbiamo imparato a conoscerli bene: sappiamo che è la povertà a
disturbarli, non la corruzione, né, è ormai risaputo, la mafia.
E non ci meraviglia nemmeno che certa informazione, in questo caso quella
incarnata dal giornalista Capuozzo, sia sempre alla ricerca di "sangue" (lo
diciamo usando le virgolette), e scelga di accompagnare un'intervista a due
consiglieri di una zona di Milano con immagini riprese non importa dove purché
allarmanti. In Zona 2 ci saranno anche tantissime situazioni di degrado, come
sostiene la consigliera Sardone, ma non è ancora la periferia di una megalopoli
del sud del mondo, nonostante sia molto colorata: e se è un male o un bene ce lo
diranno la storia e la demografia.
A distanza di più di 10 mesi dalla decisione del Tribunale Civile di Roma che
aveva accolto il ricorso per discriminazione proposto dal sig. Salkanovic, con
il supporto di Asgi, Associazione 21 Luglio e Open Society Justice Initiative,
finalmente arriva la pubblicazione dell'ordinanza sul quotidiano nazionale "Il
Corriere della Sera" del 19 Marzo 2014.
"Sono stati necessari oltre dieci mesi e molteplici solleciti affinché questa
importante decisione giurisprudenziale trovasse oggi adeguata pubblicità sugli
organi di informazione, così come ordinato dal Tribunale" affermano le
associazioni ASGI e Associazione 21 Luglio che hanno seguito il caso " Ci
auguriamo che la diffusione dei contenuti di questa azione aiuti a rafforzare la
lotta per il rispetto della dignità umana verso una comunità che continua a
rappresentare troppo spesso un capro espiatorio, vittima di una mancata e seria
attuazione di una strategia d'integrazione come dimostrano i recenti fatti di
intolleranza verso la comunità rom a Poggioreale(Napoli) e la continua e
insensata politica degli sgomberi".
IL CASO: Nel maggio del 2008, il Governo italiano adottava la "Dichiarazione
sullo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel
territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia" con cui si conferivano ai
prefetti delle città di Roma, Milano e Napoli poteri straordinari "in deroga
alle disposizioni di legge in vigore", tra cui l'identificazione e il censimento
delle persone (minori inclusi), per adottare misure indirizzate, direttamente o
indirettamente, ai Rom, Sinti e ai cittadini di paesi terzi, residenti nei c.d.
'campi nomadi'.
A seguito dell'intervento del Tribunale di Roma (ordinanza del 24.05.3012 della
seconda sezione civile), i dati sensibili illegittimamente raccolti e conservati
presso la banca dati del Ministero dell'Interno sono stati distrutti ed è stato
liquidato il danno - determinato in via equitativa in 8.000 euro - in favore
della vittima della discriminazione.
Nonostante in Italia siano spesso proprio le istituzioni a mettere in atto
comportamenti discriminatori, l'ordinanza Salkanovic rappresenta, ad oggi, uno
dei rari casi in cui è stato ordinato ad una Pubblica Amministrazione di
risarcire il danno non patrimoniale in favore di una vittima di discriminazione
in applicazione della direttiva 2000/43/CE che impone la previsione di sanzioni
effettive proporzionate dissuasive - .
L'ordinanza Salkanovic rappresenta, altresì, il primo caso in cui si riconosce
espressamente il carattere discriminatorio del c.d. "censimento Rom", anche se
successivamente è anche intervenuta la Corte di Cassazione che ha confermato
quanto disposto dal Consiglio di Stato in merito all'illegittimità ab origine
dell'"emergenza nomadi" sul territorio italiano.
Secondo il Tribunale di Roma, la generale previsione di identificare tutte le
persone rinvenute negli insediamenti mediante rilievi segnaletici ha determinato
una discriminazione basata sulla provenienza etnica. Nello specifico, "é stata
violata la dignità del ricorrente ed è stato creato un clima ostile".
Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
Associazione 21 Luglio
Asgi, Fondazione Romanì e Associazione 21 Luglio lanciano
"Out of Limbo", una campagna per i diritti dei rom privi di cittadinanza
"Apolide" è colui che nessun paese del mondo riconosce come proprio cittadino.
Provate per un istante a immaginare cosa vuol dire. Significa, per esempio, non
poter avere mai documenti di identità: i documenti vengono rilasciati per
definizione dagli Stati di appartenenza, e gli apolidi - appunto - non
"appartengono" a nessun paese. Significa non avere un passaporto, che è
condizione necessaria per ottenere, all'estero, un permesso di soggiorno.
Significa non poter accedere a molti servizi essenziali, che di norma vengono
garantiti ai cittadini (o, al più, agli stranieri regolari).
L'apolide è, potremmo dire, un "fantasma giuridico". I primi a sperimentare
questa condizione di annullamento furono gli ebrei, ai quali il Terzo Reich
revocò la cittadinanza tedesca: un vero e proprio atto di persecuzione
propedeutico allo sterminio. Anche a seguito di quella tragica vicenda, la
Comunità Internazionale adottò nel 1954 la
Convenzione di New York, che
garantiva protezione agli apolidi. Oggi, lo straniero che sia riconosciuto privo
di cittadinanza ha diritto ad avere un permesso di soggiorno nello Stato
ospitante.
Il riconoscimento dell'apolidia
Fate caso alle parole. Si è detto che, ai sensi della Convenzione di New York,
ha diritto alla protezione chiunque sia riconosciuto come apolide. Ma come si fa
ad essere riconosciuti, cioè ad ottenere lo status di apolide?
Qui, come si suol dire, casca l'asino. Perché, certo, in Italia gli apolidi
godono di pieni diritti, hanno un regolare permesso di soggiorno, e quando vanno
in Questura si vedono rilasciare persino una specie di passaporto. Ma tutto
questo accade, appunto, agli apolidi riconosciuti come tali. Il problema vero è
come si diventa apolidi, cioè come si fa a dimostrare la propria condizione di
"persona senza cittadinanza".
La procedura di accesso allo status è disciplinata da un vecchio regolamento di
attuazione sulla cittadinanza (il DPR 572/93, per essere precisi). All'art. 17,
questo decreto prevede che l'aspirante apolide esibisca un certificato di
regolare residenza in Italia. Ora per avere la residenza bisogna avere un
permesso di soggiorno, e per avere un permesso di soggiorno bisogna munirsi di
un passaporto: solo che, come abbiamo visto, il passaporto si richiede al
proprio paese, e gli apolidi non hanno un "proprio paese"…
Siamo di fronte, insomma, a un "circolo vizioso" infernale: per essere
riconosciuti come apolidi bisogna produrre dei documenti che un apolide non può
avere, se non in casi molto rari. E' anche grazie a questa vera e propria
diavoleria burocratica che, in Italia, i titolari dello status sono pochissimi:
meno di mille, secondo alcune stime recenti (ne abbiamo parlato qui).
I rom e l'apolidia
Anche se non esistono dati precisi, è noto che molti apolidi provengono dalle
minoranze rom della ex-Jugoslavia. E proprio tra i rom esiste anche un esteso
fenomeno di "apolidia sommersa": sono cioè molte le persone che non hanno alcuna
cittadinanza, e che tuttavia non riescono a farsi riconoscere lo "status" in
modo ufficiale. Secondo una
recente stima dell'Associazione 21 Luglio, vi
sarebbero almeno 15.000 bambini rom senza cittadinanza, o comunque esposti alla
perdita della nazionalità originaria.
I motivi di questa situazione sono vari. In primo luogo, molti rom nascono in
Italia, e spesso i genitori hanno difficoltà a registrarli al paese di origine.
In secondo luogo, le norme in materia di cittadinanza nei paesi balcanici sono
complicate e restrittive: può così accadere che un bambino nato in Italia non
riesca a ottenere né la cittadinanza dei genitori, né quella italiana (come
noto, nel nostro paese vige un sistema di jus sanguinis, e la nascita sul
territorio nazionale non dà diritto ad essere cittadini).
Di fronte a queste difficoltà, i rom si rivolgono agli avvocati: ma, di solito,
un legale conosce solo la legge italiana, mentre qui bisogna districarsi tra le
norme di paesi differenti.
Fuori dal limbo
E' proprio per affrontare questi nodi che ha preso forma in questi giorni il
progetto "Out of Limbo", promosso da Associazione 21 Luglio, Asgi e Fondazione
Romanì, e finanziato da Open Society Foundations. La scorsa settimana si è
tenuta la prima giornata del corso di formazione che dà il via al progetto.
"Obiettivo del corso", dicono i promotori, "è quello di rafforzare le competenze
legali degli operatori che lavorano con le comunità rom, in modo che possano
svolgere il ruolo di "paralegali di comunità" e promuovere l'accesso allo status
delle persone rom senza documenti e apolidi".
I partecipanti, tra cui figurano anche 14 attivisti rom e sinti, dovranno
individuare tre casi di migranti rom privi di documenti, e dovranno assisterli
nel loro accesso a uno status legale. L'obiettivo finale del progetto è quello
di promuovere vere e proprie vertenze: "i casi individuati di particolare
rilevanza", proseguono i promotori dell'iniziativa, "daranno luogo ad azioni
legali strategiche portate avanti dagli operatori legali di ASGI e Associazione
21 luglio". L'obiettivo, insomma, è quello di trasformare gli "apolidi sommersi"
in "apolidi riconosciuti". E magari anche quello di cambiare le leggi italiane,
con i loro assurdi "circoli viziosi"
FIRENZE - Il proprietario e speaker di Radio Studio 54, Guido Gheri, e un suo
collaboratore, Salvatore Buono, hanno avuto 9 e 6 mesi di condanna per
diffamazione e istigazione all'odio razziale. Dovranno risarcire 5mila euro al
Comune di Firenze e 3mila euro al presidente di una casa del Popolo di Empoli.
Il processo affrontava episodi diversi, riuniti in un solo procedimento, su
affermazioni fatte dai microfoni di Radio Studio 54, storica emittente
fiorentina di taglio popolare. Fra gli episodi, diffamazione e istigazione
all'odio razziale sono accuse relative ai commenti di Gheri e Buono sulla
gestione del maxi-parcheggio a pagamento dell'ospedale di Careggi, da dove
alcuni ascoltatori avevano segnalato presenza di extracomunitari e di rom e
vandalismi.
Nelle loro affermazioni, i condannati tirarono in causa anche il Comune di
Firenze dicendo la colpa era "di Matteo Renzi e della sua giunta che non fanno
un c..." e sostenendo che nella vicina Prato, con la giunta di centrodestra, tali
problemi non si verificano, anche perché nella città laniera ci sarebbe "gente
che la mazzetta non la prende". Una frase che indusse il sindaco Matteo Renzi,
ritenutosi offeso insieme con il Comune di Firenze, a querelare Gheri e Buono e
a far costituire il Comune parte civile.
La condanna odierna per diffamazione riguarda, inoltre, anche frasi pronunciate
a proposito di un ex collaboratore della radio, esperto in sicurezza sul lavoro,
ingiuriato pesantemente in numerose trasmissioni. Il pm Christine von Borries
aveva chiesto la condanna per i due a una sanzione pecuniaria. L'avvocato Paolo Florio, difensore di Gheri, ha definito sorprendente la sentenza e con il collega
Guglielmo Mossuto, difensore di Buono, ha preannunciato appello.
Di Fabrizio (del 07/01/2014 @ 09:00:28, in Regole, visitato 1924 volte)
Intervista a Michele Capano (avvocato, già Presidente del Comitato di
Radicali Italiani) sul caso di una rom a cui è stato negato lo status di apolide
e sulla sua causa in corso al Tribunale di Roma
Di Fabrizio (del 25/12/2013 @ 09:04:41, in Regole, visitato 2275 volte)
Guarda chavo, il discorso è semplice:
Non ho mai conosciuto un rom o un gagio, e neanche un cane, che si chiamasse
Erode. Il prete mi deve aver parlato di quella storia... non so se fosse una
brava persona o no.
Cosa ne penso lo puoi immaginare, che la tua gente è pazza. Quello che successe
tanto, tanto tempo fa, lo fate tutti gli altri giorni dell'anno. Lo so, che tu
non c'entri, lo so che eri con me quando c'erano le ruspe: parlo dei tuoi amici,
dei tuoi vicini, colleghi, parenti...
Pensa che un asinello l'avevo anch'io e ho dovuto venderlo. Chi l'ha comprato
aveva capito chi ero, così me l'ha pagato una miseria.
Adesso, vado a curare il fuoco, forse almeno oggi ci lasciano in pace. Se vuoi
favorire, sei il benvenuto.
Sai, mio figlio grande si arrangia a fare tante cose, potrebbe essere un bravo
falegname... Immagina che gioia sarebbe per tutti! Non avresti delle scarpe per
mio figlio piccolo?
Di Fabrizio (del 09/12/2013 @ 09:00:13, in Regole, visitato 2056 volte)
In base alle statistiche del 2010, i Rom che risiedono a Roma sono 7.177,
distribuiti in campi attrezzati, tollerati o informali. La condizione di
segregazione e perenne emergenza che si vive nei campi, soprattutto in quelli
tollerati o informali, impedisce loro di esercitare diritti elementari come
quelli sanitari, scolastici e di residenza, in quanto cittadini dell'Unione
Europea. Per renderli consapevoli dei loro diritti e delle pratiche che ne
consentono l'applicazione,
Popica Onlus, in partenariato con Amnesty International-Italia ha realizzato
con i giovani della comunità Rom residente nella "Città Meticcia del Metropoliz"
un programma di informazione (documentato dal filmato "We found the way") che ha
portato alla realizzazione di un opuscolo e di un dvd ambedue intitolati Conosci
i tuoi diritti. Sia il testo che il filmato sono in italiano e in rumeno.
L'iniziativa è stata finanziata tramite bando internazionale dall'OSCE.
Di Sucar Drom (del 20/11/2013 @ 09:09:48, in Regole, visitato 2017 volte)
Giornalettismo- 19/11/2013 - Ben congegnata, fa già molte vittime
Una divertentissima bufala pubblicata dal blog
Giornaledelcorriere sta facendo
il giro di Facebook, con un gustoso codazzo di fessacchiotti che ci credono e si
sentono scandalizzati per il tutto:
La bufala (scritta in maniera da imitare il linguaggio giornalistico, e anche
molto bene) recita:
Approvato finalmente il D.lgs. 958/2013 che la Commissione Consultiva
dell'Integrazione ha richiesto per la salvaguardia delle popolazioni nomadi, le
quali sono rappresentate dal 1971 dall'Unione Rom Internazionale. Questo
movimento mira al riconoscimento di un'identità e di un patrimonio culturale e
linguistico nazionale senza stato né territorio, cioè presente in tutti i paesi
europei.
La massima del Decreto entrato in vigore con l'ultima Gazzetta Ufficiale cita
testualmente:
"L'individuo che dimostri con la buona fede di appartenere ad un gruppo Rom
(etnico e nomade) non sarà passibile di nessuna pena relativa al reato di furto
(art.624 c.p.) se il valore economico del bene o denaro sottratto è inferiore a
€ 200, in quanto l'unico sostentamento di determinate strutture sociali deriva
esclusivamente e da generazioni da tali azioni. Il soggetto dovrà altresì
dimostrare sul momento di non avere regolare residenza o fissa dimora in Italia.
Il presente non vale per chi possiede la cittadinanza italiana da almeno 10
anni".
In poche parole: se uno zingaro ruba oggetti o denaro del valore inferiore a 200
Euro, non potrà essere denunciato per furto in quanto la sua azione è legata da
secoli di usi e costumi del suo gruppo di appartenenza.
Ovviamente, bastano trenta secondi di ricerche su internet per scoprire che
nulla di tutto ciò è vero. E ad essere interessante è anche la firma: " Ilenia Tripidosi
- Corrispondente Estero"
ha già firmato molte altre bufale e trollate
a cui tanti hanno abboccato. D'altronde, come diceva Franz Kafka, "Tutte le
mattine escono di casa un furbo e un coglione. Se si incontrano l'affare è
fatto".
Di Fabrizio (del 14/10/2013 @ 09:06:09, in Regole, visitato 1782 volte)
UN PRIMO RISULTATO DELLA CONSULTA ROM E SINTI DI MILANO CONTRO L'"EMERGENZA
NOMADI" DECRETATA DAL GOVERNO BERLUSCONI. CANCELLATI I DATI PERSONALI DEL
CENSIMENTO SU BASE ETNICA DEL 2008
La Consulta Rom e Sinti di Milano ha avviato a giugno 2013, in collaborazione
con ERRC (European Roma Rights Center), un'azione legale per la cancellazione
dei dati personali - un vero archivio parallelo su base etnica - e per ottenere
un risarcimento per danni morali da parte delle comunità di Milano che hanno
subito il censimento etnico nell'ambito della cosiddetta “emergenza nomadi"
decretata dal governo Berlusconi nel maggio del 2008.
Questa "emergenza" - e tutti i suoi effetti: censimento, regolamento
prefettizio - è stata definitivamente dichiarata illegittima, motivando le
richieste di cancellazione dei dati e il risarcimento danni.
Il 4 ottobre il prefetto di Milano ha trasmesso all'avvocato della Consulta,
Gilberto Pagani, il verbale di cancellazione dei dati, sia cartacei, sia
digitali, raccolti con il censimento. Un primo importante risultato dell'azione
della Consulta che ora proseguirà con la causa per il risarcimento danni di chi
ha subito un censimento razziale nell'estate del 2008.
Il recente voto del Parlamento Europeo sulla possibile reintroduzione
dei visti rappresenta un'ulteriore minaccia alla libertà di movimento in Europa
e la violazione di una promessa. Il commento
Il 12 settembre il Parlamento Europeo ha votato un dispositivo di legge che
rende possibile il ritorno dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali.
I paesi più minacciati dalla possibilità di reintroduzione della misura sono la
Bosnia Erzegovina, la Serbia e la Macedonia, paesi che fanno parte della
cosiddetta "lista bianca" di Schengen e da poco beneficiano di un sistema
agevolato di visti.
I 631 parlamentari presenti al voto hanno votato a maggioranza, 328, a favore
dell'introduzione del meccanismo che permette il ritorno temporaneo del regime
dei visti in situazioni d'emergenza e in casi di abuso del sistema.
Anche se questo "meccanismo di sicurezza" adottato dal Parlamento europeo non è
una misura, ma solo una possibilità, esso potrà scattare su richiesta di uno o
più paesi membri dell'Unione se qualcuno di loro avrà notato un aumento
considerevole (superiore al 50%) delle richieste dei cosiddetti falsi
richiedenti asilo.
In tale caso, il meccanismo sarà applicato per un periodo di sei mesi, con una
possibile proroga per altri nove mesi. In breve: basta una lettera di uno degli
stati dell'Unione poi si radunano gli esperti (che a Bruxelles non mancano mai )
e si va al voto. Il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), come sempre, sarà
compatto.
Tanja Fajon, eurodeputata slovena, attenta alle problematiche di quella parte
del vecchio continente, oltre alla critica del meccanismo di una votazione
seguita ad un dibattito burrascoso (secondo lei il voto era illegale per la
limitazione dei diritti del Parlamento e avrebbe dovuto essere fatta in un altro
momento), è stata chiara: "Il Partito popolare europeo, insieme alle forze
populiste e conservative del Parlamento europeo, ha mostrato per l’ennesima
volta di non avere alcun riguardo per la sicurezza dei cittadini europei e per
la libertà di movimento, che sono uno dei diritti umani fondamentali."
Jelko Kacin, consigliere del Parlamento europeo per i Balcani, da buon impiegato
dice che non bisogna esserne preoccupati. Il meccanismo, sostiene, potrà essere
applicato solo fino al 2016.
La vergogna delle file di fronte ai consolati
Subito dopo aver letto la notizia della possibile reintroduzione dei visti, nel
primo pomeriggio del 12 settembre, ho incontrato a Udine un mio compaesano,
originario della Bosnia occidentale. Anche lui aveva sentito la stessa notizia.
"Grazie a Dio, noi siamo a posto. Tutti in famiglia ora abbiamo la cittadinanza
italiana."
Cosa potevo dire a quel mio amico, un ex impiegato che in Friuli si è
trasformato in piastrellista? Citargli il profeta Geremia, la sua riflessione su
Gerusalemme: "Se io ti dimentico, o Gerusalemme, dimentichi la mia mano destra
ogni abilità"?
Un'ora più tardi mi ha chiamato un altro amico dalla Bosnia: "Che cosa vogliono
da noi?" Stranamente contento perché il mio coetaneo non ha detto "che cosa
volete", cercavo di consolarlo: "Tieni presente che non si tratta di una misura
che è stata adottata, ma di una possibilità..." Mi ha interrotto: "Ma chi sono
queste persone che, fra tutti i problemi in cui l'Europa è immersa, hanno tempo
per discutere di un pugno di furbi, emarginati e qualche disperato che
approfitta del regime dei visti per fare domanda di asilo?" Che cosa potevo o
dovevo rispondergli?
Ho un'esperienza in materia. All'inizio del 1997, su proposta della sede
italiana di un'organizzazione internazionale, sono stato al Consiglio d'Europa,
a Strasburgo, per dare uno sguardo personale alla problematica del difficile
ritorno dei profughi bosniaci al paese d'origine dopo la guerra. Sono tornato a
casa con un'impressione più che amara: insieme agli altri relatori, compaesani
esuli in diversi paesi europei, ho constatato l'ignoranza della materia da parte
della stragrande maggioranza dei membri della commissione davanti a cui avevamo
esposto le nostre osservazioni. Ricordo che un rappresentante romeno ha
incominciato il suo commento con queste parole: "Nel mio paese c'è un proverbio:
Chi ha visto un cavallo verde e un serbo onesto?"
Il mio amico ha proseguito, come se avesse intuito la mia risposta: "Quindi, i
rappresentanti parlamentari di 28 paesi membri dell'Unione si sono pronunciati a
favore di una misura del tutto fuori dallo spirito europeo?" Che potevo
rispondergli: "Mica tutti hanno letto le opere di Massimo Cacciari o di Edgar
Morin, o riescono a comprendere che l'Europa è un arcipelago, le cui isole sono
pure i paesi dei Balcani occidentali..."
Lui, come se volesse dar sfogo a quella ribellione che di solito finisce fra le
quattro pareti domestiche, mi ha chiesto: "Di nuovo, quindi, chi vuole viaggiare
dovrà mettersi in fila davanti alle porte dei consolati? Le file, le file di
nuovo! Che vergogna! In 328 hanno votato sì, 48 astenuti! Va bene, il mio
rispetto a quei 238 con le palle umane!" Aggiungendo che non pensava più a sé,
ma ai giovani, ha detto che secondo lui c'era qualcosa sotto, non soltanto la
questione dei visti.
"Forse è l'annuncio che noi, secondo quei signori seduti sulle poltrone d'Europa
che hanno alzato la mano del loro 'sì', non siamo benvenuti, né come viaggiatori
né come Stati?"
Un lontano ricordo: la caduta del Muro
Tutti noi che ricordiamo la caduta del Muro, ricordiamo pure non solo i fuochi
d'artificio e lo sventolare delle bandiere, ma pure le parole pronunciate, piene
di promesse per un futuro migliore per tutti gli europei. Certo, promettere fa
parte del mestiere del politico, perciò ricordo più volentieri la critica di
Günter Grass sull'ipocrisia dell'accoglienza dei rifugiati nel periodo del dopo
Muro. Secondo Grass, finita l'emergenza, finiti i nomi eccellenti dei personaggi
in fuga dall'altra parte del Muro, si sono spenti i riflettori dei media, si è
asciugato l'inchiostro nelle penne dei giornalisti.
Tradotto in parole povere, oggi, niente più Sacharov, né scrittori e
intellettuali polacchi, ungheresi, romeni ed altri dell'ex blocco sovietico, ma
persone, numeri, profughi delle guerre umanitarie, disperati senza nome.
Credo che il 12 settembre 2013 debba essere considerata una giornata vergognosa,
e non solo per il Parlamento europeo. La vergogna è ancora superiore per coloro
che rappresentano i partiti di destra (non dimentico i cittadini che li hanno
votati) nei paesi dell'ex Est Europa. Mi pare che la memoria, là, sia diventata
un lusso, forse una pillola proibita. Mi chiedo quanti a Riga, Praga, Varsavia,
Budapest e altre città simbolo dell'oppressione dei regimi comunisti si
ricordano della Cortina di Ferro, dell'impossibilità di viaggiare, di visitare
le città occidentali. Quando i loro rappresentanti politici nell'Unione hanno
alzato la mano per un "si" che minaccia milioni di cittadini dei paesi dei
Balcani occidentali, da tempo paria di questa Europa promessa, si ricordavano
quella marea di promesse del novembre 1989?
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