Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 28/11/2013 @ 09:00:00, in Europa, visitato 2102 volte)
Sergio Bontempelli 25 novembre 2013 su
Corriere delle migrazioni
Quella della "zingara rapitrice" è una falsa leggenda, ormai lo
sanno (quasi) tutti. Ma pochi conoscono l'origine di questo mito, che risale
all'età moderna e ha una lunga storia letteraria.
A volte i fatti di cronaca sono molto istruttivi. A volte, non sempre. Il 19
ottobre scorso, a Farsala in Grecia, i poliziotti trovano una bambina bionda in
un insediamento rom. E siccome i rom - così pensano gli agenti - non possono
essere biondi, la bambina sarà stata senz'altro rubata. Parte la caccia ai
"veri" genitori, che vengono rintracciati nel giro di pochi giorni: si tratta di
una coppia di rom bulgari, anche loro tutt'altro che biondi. La bambina non è
stata rubata, ma ceduta dalla famiglia di origine, che non poteva mantenerla.
Due giorni dopo, la polizia irlandese ferma una coppia di rom a Dublino e
trattiene la loro piccola figlia, anche lei "troppo bionda per essere zingara".
Ma il caso si sgonfia subito: il test del Dna rivela che i due rom sono i
genitori "naturali" della piccola.
Il 3 novembre,
Il Messaggero riporta la notizia di una rom bulgara che avrebbe
tentato di rapire un neonato a Roma. La presunta rapitrice verrebbe dai dintorni
di Napoli, dal "campo nomadi di Striano". Bastano poche ore per capire che si
tratta di una bufala: a seguito di una rapida verifica, l'Associazione 21 Luglio
scopre che non esiste nessun
"campo nomadi di Striano", mentre un
articolo del
giornale online Giornalettismo ridimensionava l'ipotesi del rapimento. La donna
- che probabilmente non era rom - era in evidente stato confusionale, e la sua
volontà di "sottrarre" il bambino è tutta da verificare.
I rom non rubano i bambini...
Tre episodi di rapimento, rivelatesi tre colossali bufale. Ancora una volta, la
storia degli "zingari" che portano via i bambini si rivela per quello che è: una
leggenda metropolitana.
Del resto, che i rom non rubino i neonati lo sanno tutti. O, almeno, tutte le
persone serie e minimamente informate. Anche perché sul tema si è accumulata una
corposa letteratura: dossier, reportage, rilevazioni statistiche, studi e
ricerche sistematiche.
Ci sono per esempio i dati della Polizia di Stato sui minori scomparsi. In
nessun caso si parla di bambini o adolescenti ritrovati presso famiglie rom o in
"campi nomadi" (si veda
qui, e per dati aggiornati al 2013
qui).
Poi ci sono inchieste giornalistiche ben fatte, reperibili anche in rete: come
quella realizzata nel 2007 da
Carmilla Online, dove si dimostrava che i numerosi
episodi di presunto rapimento di minori erano delle bufale belle e buone. O come
quella, più recente, di
Elena Tebano per il
Corriere, che arriva alle stesse
conclusioni.
Infine, c'è la ricerca dell'antropologa fiorentina Sabrina Tosi Cambini, che ha
analizzato tutti i casi di presunti rapimenti, seguendo sia le notizie diffuse
dalla stampa che i verbali dei processi nelle aule di Tribunale. L'esito di
questa meticolosa indagine è sempre il solito: nessuna donna rom ha mai rapito
nessun bambino.
Le origini della leggenda: un mito letterario
Ma allora da dove nasce la bufala dei rom che portano via i bambini? Pochi sanno
che si tratta di una storia vecchia di qualche secolo, e che può vantare
un'origine "colta", addirittura letteraria: i primi a parlare di "zingare
rapitrici" sono stati infatti i commediografi italiani e spagnoli del
Cinque-Seicento. Nell'arco di qualche decennio, la trama delle loro opere è
diventata leggenda di senso comune: la finzione, potremmo dire, si è fatta
realtà (o, per meglio dire, il racconto è divenuto cronaca e falsa notizia). Ma
andiamo con ordine.
Tutto comincia nel 1544 a Venezia. Il luogo non è casuale, perché proprio in
quegli anni la Serenissima avvia una dura politica di espulsioni, bandi e atti
repressivi contro gli "zingari". Mentre la gloriosa Repubblica si industria ad
allontanare i rom, i veneziani frequentano il teatro, luogo di svago e di vita
mondana: e come in un gioco di specchi, gli "zingari" cacciati dalla città fanno
capolino sul palco.
Nel 1544 viene messa in scena La Zingana, una commedia di un certo Gigio Artemio
Giancarli. Qui si racconta di una giovane rom che sottrae dalla culla un
bambino, sostituendolo col proprio figlio: per quanto se ne sa, si tratta della
prima traccia del mito della "zingara rapitrice". Il successo della commedia
oltrepassa i confini della Repubblica: nel giro di pochi anni un drammaturgo
spagnolo, Lope de Rueda, scrive la Medora, che è nient'altro che una traduzione
e un adattamento della Zingana di Giancarli. E attraverso Lope de Rueda, la
leggenda della "zingara rapitrice" arriva a Cervantes (l'autore del Don
Chisciotte), che ne fa l'oggetto di una delle sue "Novelle esemplari", La
Gitanilla.
Da opera letteraria a leggenda metropolitana
Insomma, la storia della "zingara rapitrice" nasce come trama di commedie,
novelle e opere teatrali. Poi, nel giro di pochi decenni, oltrepassa l'ambito
letterario: a Milano, agli inizi del Seicento, Federico Borromeo accusa i "cingari"
di rapire i bambini cristiani, mentre in Spagna Juan de Quiñones, nel 1631,
formula un'accusa simile in un virulento pamphlet che invoca l'espulsione dei
"gitani". I giochi sono fatti: la trama romanzesca si è trasformata in accusa
reale, leggenda metropolitana e falsa notizia.
A cosa si deve questa metamorfosi? Sul punto, le ricerche storiche sono ancora
agli inizi, e risposte sicure non esistono. Si possono però formulare alcune
ipotesi. E, come punto di partenza, occorre ricordare che i rom non erano gli
unici destinatari di questa infamante accusa: altri gruppi sociali, altre
minoranze erano sospettate - negli stessi anni - di "rubare i bambini".
C'erano per esempio gli ebrei, già allora discriminati e vittime di persecuzioni
(perché l'antisemitismo, è bene ricordarlo, non nasce nel Novecento). Dei
"giudei" si diceva sin dal medioevo che rapivano i piccoli cristiani per cibarsi
del loro sangue a scopo rituale. Ovviamente non era vero, ma intere comunità
ebraiche furono vittime di aggressioni, stragi, processi o condanne a morte.
Poi c'erano i vagabondi e i mendicanti, accusati spesso di rapire i bambini per
portarli a chiedere l'elemosina. Piero Camporesi, storico e antropologo,
racconta ad esempio la vicenda del "ritrovamento fortunoso da parte di una madre
della figlia, rapitale due anni prima, mentre chiedeva l'elemosina in compagnia
del suo rapitore davanti alle porte del santuario di Assisi; non solo rapita, ma
resa ad arte macilenta e ulcerata sulle spalle per impietosire i fedeli".
Infine, il fenomeno dei rapimenti era diffuso nella pirateria barbaresca:
corsari, avventurieri e pirati musulmani solcavano il Mediterraneo, e per
guadagnare qualche soldo rapivano uomini, donne e bambini, chiedendo poi un
riscatto per la loro liberazione.
Zingari, ebrei, mori, vagabondi
Ebrei, "mori" e vagabondi erano insomma protagonisti di episodi - veri, o più
spesso presunti - di sottrazione di minori. Naturalmente, per capire quanto
queste figure abbiano influito sull'immagine dei rom occorrerebbe compiere
ricerche specifiche. Ma alcuni indizi ci segnalano che, nell'immaginario della
prima età moderna, questi gruppi erano spesso confusi, o almeno accostati per
similitudine.
La "zingana" della commedia del Giancarli, per esempio, parla un dialetto arabo:
all'epoca si pensava che i rom fossero "egiziani", cioè arabi, mentre la teoria
dell'origine indiana si diffuse solo qualche secolo dopo. Lutero, dal canto suo,
affermava che il "gergo" dei mendicanti (una specie di lingua segreta diffusa
nei "bassifondi" della società) aveva origini ebraiche. Dei vagabondi si diceva
che erano discendenti di Caino - e per questo condannati a vagare - mentre per
gli "zingari" si ipotizzava una provenienza dalla figura biblica di Cam: ma nei
testi dell'epoca Cam e Caino erano spesso confusi, e i rom erano trattati come
semplici vagabondi.
Insomma, è come se il mito della "zingara rapitrice" fosse nato per una sorta di
"osmosi" con analoghe leggende già diffuse a proposito di altri gruppi. Per
dirla in altri termini, è come se lo stereotipo degli "zingari" avesse
condensato, e mescolato, le caratteristiche proprie dei "marginali": erranti
come gli ebrei e i vagabondi, estranei e nemici come i "mori" musulmani.
Quando gli zingari eravamo noi
Nato in età moderna, il mito dei rom rapitori di bambini ha dimostrato una
sorprendente longevità: ha attraversato i secoli, arrivando pressoché intatto
fino ai nostri giorni. I titoli allarmistici dei giornali delle ultime
settimane, i resoconti dei fatti di Farsala e di Dublino, sembrano riecheggiare
le inquietudini dei commediografi veneziani del Cinquecento.
È difficile comprendere le ragioni di questa "longevità". Certo è che il tema
del "rapimento di bambini" è assai diffuso nel tempo e nello spazio: molti
gruppi minoritari, molte comunità marginali e discriminate hanno prima o poi
dovuto difendersi da questa infamante accusa, o da altre simili.
È capitato anche ai migranti italiani, nei decenni centrali dell'Ottocento. Dai
villaggi rurali del Sud e dalle regioni appenniniche del centro-nord, intere
famiglie contadine praticavano all'epoca forme di mobilità stagionale, legate ai
mestieri girovaghi di musicante e suonatore. Nel XIX secolo, l'arpa dei "viggianesi"
(Viggiano è un paese della Basilicata) e l'organetto dei liguri avevano
risuonato nelle strade delle città europee, richiamando l'attenzione dei
passanti su queste strane figure di musicisti straccioni.
I bambini che suonavano l'organetto in mezzo alla strada, si diceva, erano stati
"venduti" dalle famiglie di origine a trafficanti senza scrupoli. Non erano
proprio bambini rapiti, ma quasi: perché i loro genitori, poverissimi, erano
spesso costretti a venderli per racimolare qualche soldo. "Il costume di
mendicare di città in città col mezzo di fanciulli", scriveva la Società
Italiana di Beneficenza di Parigi nel 1868, "ha dato origine ad un traffico che
si pratica sotto gli occhi e colla tolleranza delle autorità": una frase che
riecheggia i peggiori stereotipi sugli "zingari".
Traffico di bambini, mendicità aggressiva, offesa al decoro, furti e criminalità
di strada furono i principali capi d'accusa contestati agli emigranti. E, come i
rom di oggi, gli italiani di ieri subirono processi, espulsioni, condanne.
Subirono, soprattutto, una degradazione della loro immagine pubblica: chi
incontrava un italiano metteva mano al portafogli, per paura di subire dei
furti. E nascondeva il proprio bambino.
Di Fabrizio (del 16/12/2013 @ 09:08:13, in Europa, visitato 1584 volte)
di
Valeriu Nicolae
su
Amazon
Dumitru G. è un benestante uomo d'affari rumeno di successo.
Il 4 settembre 2008 noleggiò un minivan online. Pagò usando la sua VISA, ed
il sistema emise una ricevuta del noleggio che dichiarava chiaramente come lui
fosse la persona che aveva effettuato il noleggio del vicolo, assieme al suo
indirizzo rumeno.
Il 5 settembre 2008 Dumitru G. arriva all'ufficio Europcar nell'aeroporto di
Monaco di Baviera, chiedendo di ricevere la vettura.
La signorina Manske, di servizio presso 'ufficio Europcar, controllò la
prenotazione e l'avvenuto pagamento. Non trovò discrepanze tra la prenotazione,
il suo ID e l'indirizzo.
Rifiuta di consegnare il veicolo, motivandolo col fatto che la compagnia
"non può affittare veicoli ai cittadini rumeni, perché li rubano e attraversano
il confine con quelli." Negli sviluppi successivi, la posizione di Europcar
verso i cittadini rumeni si è ripetuta, alla presenza della polizia aeroportuale
Dumitru G. è di pelle scura. La signorina Manske pensò che sembrava un rom e
secondo le politiche della sua compagnia, il signor Dumitru era un cliente ad
alto rischio.
Dumitru, come molti altri Rom rumeni, è pienamente integrato nella società
rumena. Secondo una ricerca di un investigatore privato, molti dei dipendenti
rumeni di imprese di successo condotte da Rom, pensano che i proprietari rom
abbiano costruito la loro fortuna attraverso il furto e la violenza e che solo
da poco (prima che si cominciasse a lavorare per loro) siano diventati onesti e
laboriosi.
Negli ultimi 30 anni l'obiettivo principale per qualsiasi istituzione europea,
ONU o governo nazionale, è stato l'istruzione e l'occupazione per i Rom.
Un numero significativo (se non la maggioranza) dei Rom che si sono integrati
con successo nelle loro società nasconde la proprie radici etniche, dato che non
si adattano agli stereotipi prevalenti sui Rom - ignoranti e disoccupati. Ci
sono molti casi simili a quello di Dumitru G. - per queste persone il problema
non ha niente a che fare con l'istruzione o il lavoro, ma col razzismo (anti-ziganismo).
Persone come Dumitru G. possono i essere modelli positivi così necessari, tanto
per popolazione maggioritaria che minoritaria e contribuire significativamente
all'inclusione sociale dei Rom nelle società europee.
Nell'ultimo trentennio le istituzioni europee hanno equiparato i Rom con quei
Rom ignoranti, non qualificati, disoccupati poveri e spesso criminali,
soprattutto dai ghetti e dalle comunità romanì tradizionali. Questa parte di
popolazione rom (che io chiamo i Rom Frankenstein - vedi
QUI, ndr.) incontra gli stereotipi negativi della
popolazione maggioritaria ed è stato l'obiettivo principale delle iniziative
europee volte all'inclusione sociale dei Rom. Nessuna campagna europea di
sensibilizzazione ha mai riguardato tanto i Rom integratisi con successo e
neanche il più vasto gruppo dei Rom mischiati etnicamente.
Selezionare le tanto necessarie risorse umane romanì di alta istruzione è
fortemente ostacolato dall'esistenza dei gruppi di destinazione e porta ad una
leadership di bassa qualità e ad una rappresentazione che allontana le esistenti
elite di Rom integratisi con successo.
Perciò, è minimo l'aumento dei Rom che dichiarano la loro identità etnica ed il
numero di quei Rom che preferiscono nasconderla è tuttora superiore da 3 a 10
volte. I modelli di ruolo positivi sono quasi del tutto spersi e lo stigma
sociale continua ad essere perpetrato dalle esistenti leadership.
Casi come quelli di Dumitru G. dovrebbero segnalare un'urgente necessitò di
riforma del paradigma funzionale delle istituzioni europee.
Oltre due terzi dei Rom (secondo le statistiche del Consiglio d'Europa) non
dichiarano la loro identità etnica per paura della stigma e la maggior parte dei
Rom con successo professionale preferiscono non parlare della propria identità
oppure nasconderla. L'anti-ziganismo rimane stridente e diffuso tra le elite
politiche d'Europa, come i sondaggi continuano a dimostrare anno dopo dopo anno,
che i Rom sono di gran lunga il gruppo etnico più odiato in Europa.
SPOT
Sull'argomento leggi anche:
Con una testimonianza di Valeriu Nicolae. Clicca sull'immagine per acquistare - La recensione su
Mahalla
Di Fabrizio (del 02/01/2014 @ 09:05:45, in Europa, visitato 1369 volte)
Il "villaggio attrezzato" della Cesarina, a Roma -
ASSOCIAZIONE 21 LUGLIO lunedì, 30 dicembre, 2013
"Veniamo trattati come "pacchi", spostati da una parte all'altra della città
senza essere interpellati, e nel timore di essere dimenticati all'interno di un
centro segregato, dove gli spazi sono angusti e asfittici, le condizioni
igienico-sanitarie difficili e dove ci è proibito ricevere visite".
Si sono rivolte direttamente al Commissario Europeo per i Diritti Umani Nils Muizhnieks alcune delle famiglie rom che nelle scorse settimane sono state
trasferite dal "villaggio attrezzato" della Cesarina al centro per soli rom di
via Visso, a Roma.
Con la lettera a Strasburgo, i rom vogliono portare all'attenzione del
Commissario la "grave condotta da parte dell'Amministrazione di Roma" nei loro
confronti dopo che, il mese scorso, lo stesso Muizhnieks aveva esortato la
Giunta Marino ad individuare "soluzioni abitative ordinarie" per rom e sinti
nella Capitale.
Il 16 dicembre, i 180 rom della Cesarina sono stati trasferiti nel centro di
accoglienza per soli rom di via Visso 12, denominato "Best House Rom" e dove già
vivono altri 180 rom. Nella lettera al Commissario le famiglie rom denunciano
come all'interno del "villaggio attrezzato" le condizioni di vita fossero
effettivamente "inaccettabili", a causa di "condizioni alloggiative totalmente
inadeguate e dei ripetuti episodi vessatori" ai quali erano sottoposte.
La soluzione individuata dall'Amministrazione capitolina, tuttavia, è stata il
trasferimento nell'ennesimo luogo di segregazione per soli rom. Un
trasferimento, secondo le famiglie rom firmatarie, avvenuto peraltro senza
alcuna consultazione adeguata.
"Contestiamo fortemente la totale assenza di consultazioni e il fatto che non si
sia esplorata alcuna ulteriore alternativa rispetto all'unica opzione messa a
disposizione dal Comune, che riteniamo inadeguata dato che replica una
condizione di segregazione, essendo riservata a soli rom", si legge nella
lettera al Commissario Muizhnieks.
"Inoltre - proseguono i rom - non solo veniamo trattati come "pacchi", spostati
da una parte all'altra della città, ma ci ritroviamo anche in una condizione di
estrema incertezza riguardo al futuro nostro e dei nostri figli".
Nelle intenzioni del Comune, il trasferimento sarebbe una misura temporanea in
attesa del rifacimento del "villaggio attrezzato" della Cesarina. Tuttavia,
scrivono i rom al Commissario, nessuna tempistica sulla loro permanenza nel
centro è stata loro comunicata dall'Amministrazione né tantomeno sull'inizio dei
lavori di rifacimento del "campo".
Tutto ciò alimenta "il nostro timore di venire dimenticati all'interno di un
centro segregato e inadeguato per chissà quanto tempo, come già successo ad
altre persone rom che in precedenza sono state trasferite in questo e in altri
centri di accoglienza per soli rom della città di Roma".
Nella risposta alla lettera di novembre inviata da Strasburgo al sindaco Marino,
l'Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà Rita Cutini aveva garantito al
Commissario Muizhnieks che "la volontà e i passi intrapresi dalla nostra
amministrazione vanno nella direzione di una piena attuazione delle indicazioni
contenute nella Stratega nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti,
abbandonando definitivamente l'approccio emergenziale in favore di una gestione
di sistema del fenomeno".
Nella loro lettera, però, i rom mettono in evidenza un'altra realtà: "Come le ha
recentemente scritto l'Assessore Cutini, anche noi - scrivono i rom a Muizhnieks
- le inviamo il nostro invito a venire a visitarci nel nuovo centro per
riscontrare di persona la condizione in cui siamo stati costretti dalle autorità
della città di Roma: spazi angusti e asfittici, proibizione di ricevere visite,
condizioni igienico-sanitarie difficili, regolamenti vessatori".
LEGGI ANCHE:
Di Fabrizio (del 03/01/2014 @ 09:08:19, in Europa, visitato 1389 volte)
Damian Draghici, funzionario rom, dice che la Gran Bretagna dovrebbe
essere più preoccupata dai "furti dei banchieri, invece che dai mendicanti del
suo paese By MARTIN ROBINSON -
Daily Mail
[...]
Damian Draghici, consigliere del primo ministro rumeno, ritiene che i migranti
del suo paese debbano avere la possibilità di stabilirsi nel Regno Unito.
Rom, 43 anni, dice di aspettarsi che siano in pochi a muoversi verso la GB,
quando si aboliranno il 1 gennaio le restrizioni sul movimento di Rumeni e
Bulgari in Europa.
Draghici dice che non gradirebbero la Gran Bretagna per il troppo freddo, e
prevede che questo inverno solo 2 o 3.000 potrebbero recarsi nel Regno Unito.
"I mendicanti rom per le strade sono evidenti, perché sono visibili, chiedono
una sterlina o un euro e per questo ci danno fastidio. Eppure alcune persone
nelle banche stanno rubando miliardi di euro, ma nessuno li vede3 perché sono al
60 piano" ha detto al Times.
"Il 70% dei Rom che hanno lasciato la Romania negli ultimi 10 anni sono
integrati. Hanno figli che vanno a scuola e si comportano da cittadini e
contribuenti attivi."
Ha aggiunto che i gruppi che in diverse occasioni l'anno scorso si erano
accampati in Park Lane sono stati "l'eccezione".
[...]
La Romania conta circa due milioni di Rom e ce ne sono 750.000 in Bulgaria,
anche se molti sono già partiti per l'Europa Occidentale da quando quei paesi
hanno aderito alla UE nel 2007.
Draghici dice che il rigido clima britannico terrà lontano i migranti, e si
aspetta che dopo il 1 gennaio saranno circa in 3.000 ad entrare in GB
I migranti da questi paesi in arrivo in GB per Capodanno potrebbero mettere
una pressione enorme su case, scuole ed ospedali, avvertiva un importante
rapporto la scorsa settimana.
Dice uno studio dell'Institute for Public Policy Research, di
centro-sinistra, che la maggior parte dei nuovi arrivati si insedierebbero a
Londra e nel Sud-Est - quindi sarebbero i servizi pubblici di quelle aree i più
interessati.
Viene detto che la Gran Bretagna settimana prossima potrebbe vedere un
aumento di comportamenti antisociali, accattonaggio aggressivo, pernottamenti
all'addiaccio e criminalità.
E che i tanto annunciati cambiamenti di David Cameron a regole e benefici
sono "altamente simbolici" e produrranno poca o nessuna differenza.
Cameron ha evitato di richiedere alla UE di estendere i controlli, nonostante
i sondaggi mostrino un grande appoggio pubblico per tale richiesta.
Di Fabrizio (del 09/01/2014 @ 09:07:48, in Europa, visitato 1535 volte)
Pubblicato il 7 gennaio 2014 su
PER ESEMPIO onlus
Dal mese di novembre 2013 l'Associazione Per Esempio, in collaborazione con
l'Assessorato alla Partecipazione del Comune di Palermo, sta lavorando alla
realizzazione del progetto RomaShare - Best practices' exchange in Palermo,
finanziato dall'European Youth Foundation del Consiglio d'Europa.
RomaShare è uno scambio di buone pratiche che intende favorire, attraverso il
coinvolgimento diretto della comunità romanì di Palermo, il dialogo tra la
popolazione rom, le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni giovanili su
tematiche quali lo status legale, il social housing, l'educazione e l'inclusione
sociale. L'azione progettuale mira a promuovere la conoscenza e la diffusione di
quegli interventi virtuosi che, rivolti ai Rom e attivati con successo in alcune
realtà italiane, potrebbero essere proposti e messi in campo anche nel contesto
palermitano.
In linea con tali finalità, il 23, 24 e 25 gennaio 2014 si svolgerà a Palermo,
presso i locali della Real Fonderia, un seminario interamente dedicato al
confronto costruttivo tra esperti locali e nazionali che, partendo dalle proprie
esperienze professionali, offriranno la loro testimonianza e contribuiranno ad
individuare strade percorribili ed azioni concrete in favore dei Rom residenti
nella città di Palermo. I relatori che si alterneranno nelle varie sessioni
dialogheranno tra loro, discutendo di status legale, di social housing e di
inserimento scolastico e sociale dei Rom. L'attenzione si estenderà infine, nel
corso dell'ultima giornata di lavori, sulle derive razziste e sul fenomeno della
discriminazione etnica in atto nelle società contemporanee, mettendo in luce la
relazione tra le forme di razzializzazione e i processi economici capitalistici.
Clicca
qui per visualizzare e scaricare il programma dettagliato del seminario.
Clicca
qui per scaricare la scheda di iscrizione.
Di Fabrizio (del 26/01/2014 @ 09:02:40, in Europa, visitato 1538 volte)
I Rom residenti a Govanhill intendono essere parte della soluzione
by Catriona Stewart,
Columnist/reporter. Wednesday 08/01/2014
EveningTimes
[...]
Tutti parlano dei problemi più pubblicizzati nella comunità del South Side -
provvisorietà, sovraffollamento, crimine.
E' il tipo di discorsi che si ascoltano in continuazione dai residenti
stanchi dei problemi di
Govanhill... e della sua reputazione.
L'unica differenza è che questo gruppo è rom, la comunità regolarmente
accusata di scatenare i problemi.
"I problemi c'erano già prima del nostro arrivo," dice Marcela Adamova,
operatrice di sviluppo per i Rom presso Oxfam Scozia.
"Veniamo però colpevolizzati per cose non causate da noi. E' soltanto un
piccolo gruppo di persone che sta dando a tutti una cattiva reputazione."
Uno dei problemi principali, ritiene Marcela, è la mancanza di comunicazione
tra i residenti "storici" di Govanhill ed i Rom.
Come risposta, assieme ad Eva - Kourova, lavoratrice di comunità, ha
creato un nuovo centro comunitario in Albert Road per Rom e no.
Dice Eva: "Vogliamo che i Rom abbiano a disposizione gli stessi servizi di
chiunque altro a Govanhill; un posto dove incontrarsi e parlare. Ma speriamo che
anche gli altri abitanti del luogo prendano parte attiva a questo dialogo, tra i
due gruppi. "
"Qui una gran parte del problema sono la mancanza di comunicazione e
comprensione culturale."
I gruppi rom dalla Slovacchia e dalla Romania iniziarono ad arrivare a
Glasgow, e la maggioranza di loro si insediò a Govanhill.
Il rapporto più recente, Mapping the Roma Community in Scotland, stima ci
siano tra i 3.000 e i 4.000 Rom che vivono nella città.
Per una comunità piccola, l'influsso è stato enorme e la gente del posto ha
trovato difficoltà nell'accogliere questi nuovi vicini.
I Rom sono stati rimproverati di scaricare rifiuti abusivamente,
comportamenti antisociali e problemi alloggiativi come il sovraffollamento.
Dice Marcela, proveniente dalla Slovacchia: "Siamo arrivati a Glasgow per le
stesse ragioni degli altri gruppi - un'opportunità di vita migliore. Ma voci e
preconcetti possono rendere tutto difficile. Siamo una cultura di strada che gli
altri trovano scomoda. A noi piace, parlare e socializzare all'aperto, è così
che condividiamo le notizie e scopriamo cosa succede. Ma la gente pensa che
stiamo complottando. Inoltre, per noi non è insolito avere i nostri nonni che
vivono con noi o sostenere altri parenti, ma la gente si lamenta del
sovraffollamento. E poi, appartamenti in cui vivano sino a 20 persone, come dice
la stampa - in realtà è una cosa veramente rara. Non sono mai stata in un
appartamento con così tante persone."
Madalin Caladras, un giovane di 20 anni, negli ultimi cinque ha vissuto a Govanhill.
Eva e Marcela ritengono che potrebbe lavorare con loro - il suo inglese è
eccellente - ma Madalin ha altri progetti.
Madalin ritiene che la zona non sia più come quando arrivò ed ora spera di
trasferirsi in Francia - parla sia inglese che francese.
Dice: "Qui mi sento stabilito; arrivai perché mio zio era qui e parlava bene
della zona. Ma non è più come quando arrivai. Qua la gente combatterà per
strada, è abbastanza intimidante. La mia famiglia è a Parigi e così spero presto
di trasferirmi là."
Lenka Milkova ha vissuto quattro anni a Govanhill e ne ha fatto della zona la
sua dimora.
Aggiunge: "Qui mi sento bene. Sono felici di stare qui. E' molto meglio che
tornare indietro e sento per il bene dei miei figli che vivere qui è il mio
futuro e questo la chiamo casa. Le opportunità per noi potrebbero essere
migliori e mi preoccupo che i miei figli siano esposti alle discriminizioni di
altri gruppi giovanili, ma vogliamo lavorare e riuscire."
Marcela dice che ora l'obiettivo è lavorare per migliorare la vita della
prossima generazione di Rom.
Le scuole dell'area si sono attivate per aiutare gli alunni in classe e a
rimanere a scuola.
Marcela, 33 anni, due anni fa ha anche fondato il gruppo Romano Lav -
Voce Romanì in romanes - per dare sostegno ai Rom della zona.
Dice Eva: "Sono stati spesi un sacco di soldi e di sforzi in indagini,
relazioni scritte e impiegati, piuttosto che nel personale e nei servizi di
prima linea. Ma il problema principale è la comunicazione, e speriamo davvero
che gli abitanti di qui vengano a trovarci in Albert Road. Parlare tra noi - è
l'unico modo di risolvere i problemi."
Elena Gorolovà, portavoce del gruppo di donne colpite da
sterilizzazione coercitiva
Il Comitato di Helsinki ceco crea una legge per risarcire le persone
sterilizzate illegalmente - Prague, 14.1.2014 17:18, (ROMEA)
Czech Helsinki Committee, translated by Gwendolyn Albert
Il Comitato di Helsinki ceco (Chesky helsinsky vybor - ChHV) ha completato una
carta da usare come guida per il risarcimento delle persone sterilizzate
illegalmente. La ONG sta ora presentando la bozza di legge redatta al Parlamento
Ceco e al Ministro della Giustizia e chiede ad essi di pensare al più presto ad
un'adeguata soluzione al problema della sterilizzazione illegale.
La pratica di sterilizzare le persone senza il loro consenso informato è stata
eseguita, in passato, nel territorio della Repubblica Ceca. Fino al 1991, tale
prassi era frutto di una politica dello Stato volta a limitare la riproduzione
di gruppi considerati scomodi dal regime cecoslovacco.
Dopo il 1991, la Repubblica Ceca ha continuato ad eseguire la pratica di
sterilizzazione delle persone senza il loro consenso informato non adottando
misure legali atte a stabilire le condizioni entro le quali la sterilizzazione
potesse essere legale per legge, tra cui quella del consenso libero ed
informato. Centinaia di persone hanno perciò perso l'opportunità di avere figli,
cosa che ha portato molti traumi ad individui e persone.
"Dopo che la Repubblica Ceca è stata a lungo inattiva in questo senso nonostante
le ripetute critiche alla sua situazione provenienti sia a livello
internazionale che nazionale dai difensori dei diritti umani, il Comitato di
Helsinki ceco ha deciso di contribuire ad accelerare il processo di adozione di
misure legali atte ad assicurare l'effettiva e rapida implementazione del
risarcimento alle persone sterilizzate illegalmente tramite la presentazione di
questo materiale." ha dichiarato Michaela Tejnorovà, avvocato del ChHV. Una
ricerca statistica sul campo, che ha accompagnato la scrittura della bozza del
ChHV, ha mostrato come alcune donne stiano tuttora ricevendo risposte negative da
alcune istituzioni mediche relative all'ottenimento delle cartelle cliniche
relative alla loro sterilizzazione.
"Alcune donne erano scettiche sul collaborare con noi a riguardo di questa
problematica dato che, per molti anni, avevano provato e fallito
nell'ottenimento di un risarcimento. Riaprire questo tema ha riportato loro
memorie dolorose e ha ricordato loro tutte le diverse conseguenze di ciò che è
stato fatto loro, non solo quelle mediche." dice Elena Gorolovà del gruppo di
Donne colpite da Sterilizzazione Coercitiva che collabora col progetto del ChHV.
Altri articoli di Mahalla sulle sterilizzazioni forzate
su Casa Europa; di Paolo Soldini
"La Romania è entrata nell'Unione europea con tutti i suoi Rom". Il capo del
governo di Bucarest Traian Basescu è stato chiarissimo: la Romania non accetterà
discriminazioni etniche nell'accettazione dei suoi cittadini in Germania, in
Gran Bretagna e in tutti gli altri stati dell'Unione. E' caduta così l'assurda
pretesa avanzata da più parti sia a Berlino che a Londra di distinguere
legalmente tra immigrati rumeni (e bulgari, perché il problema è comune)
"normali" e immigrati di etnia rom: sono tutti cittadini con uguale dignità e
uguali diritti, anche quando si recano in altri Paesi. Il principio dovrebbe
essere pacifico, ma - fino alle perentorie parole che Basescu ha pronunciato a
Berlino (e presumibilmente nei colloqui che aveva avuto prima con i dirigenti
tedeschi) - non lo era affatto. L'idea che si possano discriminare i Rom
inventando per loro regole e divieti che non valgono per i loro connazionali è
abbastanza diffusa e il premier rumeno ha ricordato che qualcuno questa politica
ha provato pure a metterla in pratica: l'Italia, al tempo del non rimpianto
ministro dell'Interno Maroni, provò a rimpatriare d'autorità gli "indesiderati"
di etnia rom e cittadinanza rumena. Con l'unico risultato che quasi tutti,
appena scesi dagli aerei su cui erano stati caricati a forza, ripartirono per il
Bel Paese, al cui governo le autorità di Bruxelles ricordarono con una certa
rudezza gli obblighi derivanti dalle regole della libera circolazione
all'interno dell'Unione. Dal 1° gennaio scorso sono caduti i limiti per i
cittadini di Bulgaria e Romania, fissati al momento del loro ingresso in Ue nel
2007.
Timori d'invasione
Proprio questa scadenza ha sollevato in vari Paesi, ma soprattutto in Germania e
nel Regno Unito, una sindrome da invasione del tutto irrazionale e
ingiustificata, o meglio: spiegabile con le pulsioni populistiche delle destre
dei due Paesi. Nella Repubblica federale a cavalcare la tigre è stata ed è
prevalentemente la Csu, la sorella bavarese della Cdu della cancelliera Merkel.
Da settimane è in corso una campagna contro gli "immigrati per povertà", che
arriverebbero in Germania dai due Paesi balcanici con l'unico obiettivo di
approfittare indebitamente delle misure del welfare tedesco: sussidi di
disoccupazione, contributi per la maternità e via elencando. Sui muri di Monaco
e delle altre città del Land compaiono manifesti in cui si minaccia: "Chi
imbroglia vola via". La realtà è molto diversa. Secondo l'Ufficio federale del
lavoro i cittadini rumeni e bulgari che vorrebbero emigrare in Germania sono non
più di 180mila, oltre un quarto dei quali con titoli di studio alti: soprattutto
medici e ingegneri, ma anche informatici, infermieri, operai specializzati.
Secondo i ricercatori dell'Istituto per gli studi economici di Colonia il saldo
tra la spesa per le prestazioni sociali che verrebbero erogate agli immigrati
balcanici e gli introiti per lo Stato in termini di tasse e contributi sarebbe
largamente positivo. D'altra parte, tutti gli istituti di ricerca concordano sul
fatto che l'economia tedesca è in una fase in cui ha un forte bisogno di
manodopera e il governo federale ne è ben consapevole, visto che promuove
continue campagne di richiamo di stranieri, qualificati o meno.
Non si sa quanti dei 180mila in arrivo da Bulgaria e Romania sarebbero di etnia
rom: numerose missioni inviate nei mesi scorsi in Romania per indagare sulla
quantità di Rom intenzionati a partire per la Repubblica federale non hanno
permesso di accertarlo. Certo, nessuno nega che qualche problema di integrazione
delle comunità nomadi rumene e bulgare, comunque, si porrà, come peraltro si è
già posto in altri Paesi, come l'Italia e la Francia, ma anche in Germania e in
Austria, dove un certo flusso migratorio di gitani orientali si registra da
anni. Ma i problemi sono del tutto gestibili e, soprattutto, le autorità dei due
Paesi sono intenzionate a farsene carico. Basescu ha proposto a Berlino un
programma di sostegno alle comunità rom in Germania. Bucarest potrebbe inviare
forze di polizia, medici, assistenti sociali e soprattutto educatori e
insegnanti che si prenderebbero cura degli emigrati di origine rom. Esperienze
simili sono state già compiute, per esempio in Italia per quanto riguarda la
collaborazione delle polizie, e hanno dato buoni risultati.
Approfondimento:
Roma are
EU citizens too, Romanian President says su Euobserver.com
Di Fabrizio (del 08/02/2014 @ 09:08:20, in Europa, visitato 2014 volte)
La popolazione europea e quella Rom - tra le quali non c'è stato un
significativo mescolamento genetico - condividono però un gruppo di geni del
sistema immunitario, assenti in altre etnie, che si sono evoluti in seguito
all'esposizione alle stesse grandi epidemie, in particolare alla Peste Nera (red)
I geni del sistema immunitario di europei e Rom mostrano segni di un'evoluzione
convergente dovuta alla pressione selettiva esercitata dalle grandi epidemie del
Medioevo, e in particolare dalla Peste Nera. A scoprirlo è un gruppo di
ricercatori dell'Universitat Pompeu Fabra a Barcellona, della Radboud University
a Nijmegen, dell'Università "Iuliu Hatieganu" a Cluj-Napoca, in Romania, e del
Dayanand Medical College and Hospital a Ludhiana, in India, che firmano
un
articolo sui "Proceedings of he National Academy of Science".
L'evoluzione dei geni del sistema immunitario sotto la pressione selettiva delle
malattie infettive è un fatto ben noto, ma finora pochi studi hanno analizzato i
meccanismi di questo processo a livello di modificazione del genoma.
Hafid Laayouni e colleghi hanno potuto sfruttare la rara condizione demografica
di due popolazioni con un'ascendenza genetica diversa, europea e Rom, ma che
hanno vissuto nella stessa area geografica senza un significativo mescolamento,
e sono stati esposti a rischi ambientali simili, comprese le infezioni. Studi
linguistici e genetici hanno infatti mostrato che la popolazione rom è
originaria delle regioni settentrionali dell'India, paese che ha lasciato fra il
V e il X secolo, per stabilirsi in Europa nel XI secolo, soprattutto nell'area
dell'attuale Romania.
La popolazione rom ha condiviso per secoli lo stesso ambiente della
popolazione europea rumena, ma geneticamente è più affine a un'etnia che ancora
vive in India, dalla quale si è separata per migrare verso l'Europa, in più
ondate, fra il X e il XII secolo. (Cortesia H. Laayouni et al./PNAS)
I ricercatori hanno effettuato un confronto incrociato fra i geni immunitari
della popolazione rumena, di quella Rom stabilitasi in Europa e dell'etnia
indiana da cui discendono i Rom (poiché la storia delle grandi epidemie in
Europa e in India è differente).
Per un complesso di ragioni non perfettamente chiarito – la quasi aella
popolazione rumena, di quella Rom stabilitasi in Europa e dell'etnia indiana da
cui discendono i Rom (poiché la storia delle grandi epidemie in Europa e in
India è differente).
Per un complesso di ragioni non perfettamente chiarito – la quasi assenza
nell'ambiente indiano di pulci della specie Xenopsylla cheopis, che vi si
sarebbe diffusa solo dal XVII secolo, le barriere geografiche e le difficoltà di
spostamento su distanze quali quella che separano l'Europa dall'India - la peste
risparmiò il subcontinente indiano, dove si diffuse in misura limitata e con una
mortalità non superiore al 5 per cento.
Analizzando il genoma di soggetti dei tre gruppi etnici per saggiare ben 196.524
varianti genetiche (polimorfismi a singolo nucleotide, o SNP), i ricercatori
hanno identificato sul cromosoma 4 un cluster di geni che codifica per recettori
immunitari, e che è presente nelle popolazione rumena e in quella rom, ma non in
quella dell'India settentrionale.
Attraverso una serie di esami i ricercatori hanno poi confermato che questo
gruppo di geni è coinvolto nella risposta immunitaria degli europei al bacillo
Yersinia pestis, l'agente eziologico della peste, e a Y. pseudotuberculosis, un
suo stretto parente.
Grazie a questi risultati la ricerca fornisce una prospettiva unica sugli
effetti dell'evoluzione sul sistema immunitario sotto pressione dalle infezioni.
Di Fabrizio (del 24/02/2014 @ 09:04:51, in Europa, visitato 1907 volte)
Pericolo dalla pelle scura -
Transitions Online
by Barbara Frye · February 20, 2014 - Un libro da colorare edito dalla
polizia, insegna ai bambini cechi una lezione sulle paure degli adulti
Che aspetto ha un pedofilo? Di solito è maschio, ma oltre ai tratti fisici è
difficile da identificare.
E' probabile, dato che la Repubblica Ceca è un paese a predominanza bianca, che
lo siano anche la maggior parte dei pedofili cechi.
Ciò non ha impedito alla polizia di distribuire un opuscolo da colorare, rivolto
ai bambini, sulla prevenzione dei crimini, dove un pedofilo è descritto con
pelle e capelli scuri. Nella figura, usa un lecca-lecca per adescare una
bambina.
Non occorre specificare quale gruppo etnico possa richiamare alla mente (non
quello cubano, nonostante ciò che volonterosamente il portavoce della polizia
ipotizzava in risposta alla domanda di un giornalista). Anche se probabilmente
sono di più, secondo l'ultimo
censimento soltanto 13.150 - su di una popolazione di 10,4 milioni, si
dichiara Rom. Sono cifre che suggeriscono come il signor Lecca-lecca è più
probabile che sia un bianco.
Nel libro l'unica persona presente di pelle scura appare come pedofilo,
viceversa il poliziotto è un uomo bianco, carino e simpatico sotto ogni aspetto.
Martin Simacek, direttore dell'agenzia governativa per l'inclusione sociale, ha
detto al quotidiano Lidove noviny: "Non ha nessun senso. Di riflesso,
si limita a trasmettere i pregiudizi ai bambini."
Dopo diverse contestazioni al libro, anche da parte di alcuni insegnanti, il
giornale riferisce che la polizia sta lavorando ad una riprogettazione del
libro.
Barbara Frye is TOL's managing editor.
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