Di Fabrizio (del 15/07/2013 @ 09:01:25, in Europa, visitato 1232 volte)
Di povertà abbietta, razzismo abbietto e dei rischi di una tragedia- 11 luglio:
Valeriu Nicolae
Negli ultimi anni ho visitato molti ghetti in tutta Europa. Ho visto troppi
bambini che saranno parte di generazioni disperse, troppa povertà estrema e
abuso di droghe. Troppa gente vivere della spazzatura e nella spazzatura, troppi
passati attraverso un ciclo disastroso che iniziando dall'accattonaggio
passa attraverso il riciclo dei rifiuti, prostituzione, piccola criminalità,
nuovamente riciclo di rifiuti, terminando com'era iniziato: col mendicare.
Sto scrivendo una relazione sui ghetti - schietta e senza ambiguità. Abbiamo
bisogno di politiche nazionali ed europee che si occupino dei ghetti reali, e
non di "pratiche positive", bla bla.
Credo che i ghetti in Europa (inclusi quelli nell'Europa dell'est e nei
Balcani) abbiano un potenziale esplosivo di conflitto interetnico e che siano
incubatori di criminalità e povertà estrema.
Ma non avrei mai pensato di visitae un ghetto così letteralmente esplosivo.
Kakanj è a 45' di macchina da Sarajevo. Il panorama è spettacolare - una
terra incredibilmente bella.
L'ingresso del ghetto è simile a quello di tanti ghetti urbani che ho visto.
La strada che lo collega alla via principale è piena di buche e poi diventa
sterrata.
I mucchi di immondizia sono la prima cosa che si vede entrando nel ghetto -
la maggior parte degli adulti vive col riciclo di plastica, vetro, carta o
metallo. Molte case sono meglio di quelle che ho visto da altre parti - la gente
investe quasi tutti i propri soldi nelle case - gli inverni sono rigidi sulle
montagne.
Nel ghetto vivono oltre 600 persone - la maggioranza di loro sono bambini. La
terra ha cominciato a sfaldarsi qualche settimana fa. Le miniere sono parte
dell'economia di Kakanj ed il ghetto è costruito su un terreno cedevole. 25 case
sono troppo danneggiate per viverci - grosse crepe corrono lungo tutte le
pareti.
Ma il pericolo risiede nelle crepe al suolo, più che in quelle sui muri.
L'odore del gas metano è nauseante. Mi bruciano gli occhi e ho un gusto
terribile in bocca. E' un ambiente chiaramente molto tossico, dove devono vivere
centinaia di bambini e di adulti. Qualcuno mi mostra che il gas è infiammabile.
Non ci sono reazioni da parte dell'amministrazione locale. Il sindaco dice di
non avere soluzioni, ma non è venuto a vedere cosa sta succedendo. Nonostante i
ripetuti appelli, nessuna squadra è stata mandata ad indagare sulla tossicità e
sui rischi alla salute legati al gas che fuoriesce dal suolo. C'è un alto
rischio di tragedia che significherebbe una morte di massa (soprattutto
bambini) in questo posto, se l'amministrazione locale non prenderà qualche
misura.
Perché succede questo? Perché la maggior parte degli abitanti del ghetto sono
Rom. Perché il razzismo abbietto e la discriminazione sono la principale
risposta alla povertà abbietta.
Quanto sta accadendo a Kakanj va oltre la vergogna e l'incompetenza. Rinchiude
l'omicidio nell'incompetenza e nella mancanza di reazione. Ed è qualcosa con cui
la Bosnia Erzegovina non dovrebbe più avere a che fare.
Vi scrivo perché penso ci sia bisogno di un'iniziativa a livello internazionale
che ponga in azione quello che spero sia soltanto un'amministrazione inetta. E
spero che molti di voi abbiano tratto da questa lettura, sentimenti a
sufficienza per inviare una lettera che chieda alla delegazione UE in Bosnia
Erzegovina di reagire:
Potete anche inviare una mail col link a questo articolo (QUIin originale, ndr.) al Commissario per i Diritti Umani
nel Consiglio d'Europa commissioner@coe.int,
e chiedergli di agire sulla situazione di Kakanj.
Perché è candidata?
Nata nel villaggio di Xanthi, proviene da un gruppo rom. Fino all'età di 14
anni - quando si è sposata - Sabiha ha percorso tutta la Grecia, vendendo
fiori a celebrazioni e festival stagionali. Però, già in età giovanile ha
asserito fortemente il suo diritto all'istruzione, nonostante le varie
difficoltà. Nel 2006, ha deciso di istituire la "Associazione Educativa e
Culturale Speranza di Donne Rom", per il diritto all'istruzione infantile, ma
anche con l'obiettivo generale di miglkiorare le condizioni di vita dei
residenti. Da allora ha partecipato a
conferenze e forum europei in difesa dei diritti delle donne rom per una vita
migliore e più dignitosa, e nel 2009 ha vinto il Premio Internazionale Coraggio per le
Donne, per la sua presenza ricorrente nel mettere in luce e affrontare i
problemi della comunità rom. In questo momento, oltre che attivista è studente
di secondo grado.
Di Fabrizio (del 31/07/2013 @ 09:01:50, in Europa, visitato 1673 volte)
Frescoes
porta turisti, speranza al villaggio rom
-
thv11.com
In questo remoto villaggio rom dell'Ungheria Orientale, è in pieno svolgimento
un festival musicale. E' parte di un progetto in corso dal 2009 - per attirare
visitatori che amano la musica e i murales, portando contemporaneamente soldi
nel villaggio di Bodvalenke (vedi QUI, ndr).
Dice
Ezster Pastor, creatore del progetto muralista: "L'idea dietro il nostro
progetto è semplice. Pittori rom creano murales sulle pareti delle case. Abbiamo
due obiettivi principali: combattere i pregiudizi anti-rom, che qui sono comuni
e dare a questa gente lavoro per contrastare la povertà."
Il progetto di Pastor, finanziato da due banche, ha già portato 29 murales. E
i turisti stanno affluendo a vedere i risultati: circa 3.500 visitatori ogni
anno, e visite guidate aiutano a spiegare l'ispirazione che sta dietro i
murales.
Dice Peter Boros, turista ungherese: "E' molto importante capire questa
cultura piena di colore, attraverso il cibo, la gente, l'atmosfera e
naturalmente, i murales sulle case, che raccontano storie meravigliose.
Simbolizzano qualcosa di cui sappiamo pochissimo. Qui, la si può scoprire ed
imparare."
In questa parte impoverita dell'Ungheria, i reddito medio è di 30 euro al
mese. La maggior parte dei 200 abitanti è disoccupata e vive di sussidi.
Dall'inizio del progetto, la loro vita è cambiata in meglio. I festival
permettono ai residenti di impiantare bancarelle per gli spuntini, vendere
prodotti da forno e artigianali.
Racconta Katalin Egri, che risiede a
Bodvalenke: "Ogni anno nel nostro villaggio, c'è il festival del drago e altre
celebrazioni. Ci visitano molte persone e questo ci aiuta a vivere. Prima, era
solo uno dei tanti villaggi poveri."
Gizi, un altro residente, dice: "E' cambiato tutto. Abbiamo visto i
cambiamenti nei nostri figli durante gli ultimi 4 anni, da quando hanno visto
così tante persone venire nel nostro villaggio.I prati delle case sono più
puliti e ci sono più opportunità di lavoro."
In Ungheria e in altri paesi dell'Est Europa, le comunità rom sono
discriminate e tenute distanti dalle altre. Con questo progetto, si spera di
cambiare questa mentalità, educando la gente sulla comunità rom e generando
redito per gli abitanti del posto. E i progressi sono evidenti - alla scuola
locale, la frequenza e le promozioni sono aumentati significativamente, da
quando un po' di vernice e un'idea brillante hanno riportato in vita il
villaggio.
Di Fabrizio (del 01/08/2013 @ 09:01:18, in Europa, visitato 1869 volte)
Denitsa Mihaylova: una donna bulgara fiera delle sue
origini rom
THOMSON REUTERS FOUNDATIONSource: Sun, 21 Jul 2013 11:03 PM Author: Nevena Borisova
(Nevena Borisova is a freelance journalist in Bulgaria)
Denitsa Mihaylova e sua figlia Madona. Photo: Nevena Borisova
Denitsa Mihaylova è la prima e, sinora, l'unica donna di origine rom che lavora
la Ministero degli Esteri. Parla a sua figlia Madona di 5 anni come ad
un'adulta, chiedendole di prendere le sue decisioni, compresa quella di ordinare
da un menu completo di piatti invitanti.
Nata in una famiglia di musicisti rom, Mihaylova è cresciuta in una famiglia
che è sempre stata "al di qua e al di là delle comunità rom tradizionali."
Assieme ai genitori, apprezzati musicisti in Bulgaria, Mihaylova sin da
bambina ha girato il mondo. Nei paesi visitati, compresi Spagna e Finlandia, i
Rom sono una comunità rispettata con un proprio posto nella società.
"Mi definisco una zingara, nonostante la connotazione che questa parola ha in
Bulgaria," spiega Mihaylova pranzando in un ristorante di Sofia, con sua figlia
che ascolta con attenzione. Nessuno dei commensali avrebbe immaginato che Mihaylova
fosse di origine rom, tranne quelli che la conoscevano, ma lei avrebbe comunque
voglia di raccontarsi.
Secondo un censimento del 2011, in Bulgaria ci sono 325.343, cioè il 4,4%
della popolazione. Tuttavia, secondo il
Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite all'inizio del XXI secolo c'erano
tra i 700.000 e gli 800.000 Rom. Molti di loro sotto la linea di povertà.
Racconta. "L'integrazione dipende anche da noi e perché accada occorre avere
un ruolo attivo. Nel complesso, la comunità deve uscire da un giro vizioso. Vale
per donne, bambini e uomini. Il circolo vizioso risiede nel fatto che molte
famiglie, non avendo reddito, non lasciano andare a scuola i loro figli. I loro
bambini indossano abiti sdruciti, molti di loro abbandonano o vanno a scuola
sino alla seconda o alla terza elementare, e dopo rinunciano per iniziare ad
aiutare i loro genitori."
Molti conoscono Mihaylova per il ruolo interpretato nella serie drammatica
Casa di Vetro, dove era Maya, una ragazza rom. Il regista Dimitar
Gochev ha presentato, per la prima volta in una serie bulgara, una trama basata
sui Rom e sulle sfide sociali che devono affrontare.
Quando iniziò la carriera al Ministero degli Esteri, gli amici avvisarono
Mihaylova di non rivelare le proprie origini, così "sarebbe stato più facile
avanzare in carriera." Ma lei lo fece lo stesso.
Aggiunge: "Sentivo in qualche modo l'obbligo di lavorare più di qualsiasi
altro; ho questo peso sulle spalle - cercare di cambiare gli stereotipi su di
noi."
La famiglia di
Mihaylova appartiene al clan Yerli - una comunità di mentalità aperta. Altri
clan, come i Kalderash, rifiutano l'idea che le donne vadano a scuola o lavorino
(SIC, conosco molte kalderasha, in Italia e
altrove che non corrispondono a questa immagine stereotipata, ndr). Fermamente contrari alle influenze
esterne, le ragazze dei clan Kalderash si fidanzano a 15 anni. L'ex marito di Mihaylova
è di origine Kalderash e non voleva affatto che lei avesse una carriera.
"Per loro le donne sono soltanto dei beni - forse avete sentito che le
vendono. Sposano le loro parenti quando sono giovani, così il loro denaro rimane
in famiglia. Non lo sapevo finché non ho incontrato il padre di mia figlia. Non
avevo amici nella comunità. Così, scoprii ad un certo punto che ero stata
tagliata fuori da tutto." dice.
Continua: "Ero incinta di Madona, quando lui cambiò completamente. Era
diventato geloso e tirannico. Non mi era permesso di alzare gli occhi da
terra... Dev'essere stato così sin dall'inizio, ma prima non me ne accorgevo.
Capisci, sei innamorata... Stavo studiando e non avevo altra scelta che
sopportare fino all'opportunità data dal mio attuale lavoro. Il mio ex marito è
un uomo di molti mezzi, ma non mi aiutò, perché io non obbedivo."
Mihaylova ha lottato per completare la sua istruzione. Ha frequentato le
lezioni col bambino addormentato in un cesto al suo fianco, come se avesse paura
che qualcuno potesse portarle via Madona.
L'esame per il posto al Ministero degli esteri ha cambiato la sua vita.
C'erano molti candidati, ma alla fine venne scelta lei. Sorride tuttora
ricordando quel punto di svolta.
Chiestole qual è il peggior problema della sua comunità, allora le si spegne
il sorriso.
"I Rom sono tenuti nell'ignoranza e nella stupidità per ragioni politiche,
vale a dire per essere usati durante le elezioni e corrotti con i soldi. Ne sono
assolutamente convinta. I Rom sono tenuti apposta nell'ignoranza," sottolinea.
Le sue parole risuonano dei fatti legati all'educazione della comunità. Fu
solo nel 2009 che ebbe inizio il primo programma anzionale per l'istruzione dei
Rom.
"Tuttavia, lo scopo del programma era eccessivamente modesto," secondo un
articolo del marzo 2013 su Duetsche Welle. Vi si legge: "Con un budget di poco
superiore a 500.000 euro, il programma avrebbe raggiunto a fatica 1.200 rom"
Mihaylova ha una risposta sul perché questi progetti, rivolti
all'integrazione dei Rom in Bulgaria, non hanno successo:
"Purtroppo, lo scopo della maggior parte dei partiti rom, o dei cosiddetti
auto-proclamati leader, è di ottenere dividendi tramite alcuni eventi proforma,
prendere voti e fare niente," dice. "Vendono i voti dei Rom senza avere
richieste chiare. La nostra società rom ha bisogno di giovani che cambino questo
modello di pensiero."
Mihaylova visita spesso gli insediamenti rom per entrare in contatto con la
sua gente. Quello che la preoccupa maggiormente è il destino dei bambini.
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Di Fabrizio (del 10/08/2013 @ 09:06:24, in Europa, visitato 1591 volte)
(piatto abbondante da accompagnare con un vino adeguato)
La recente condanna (all'ergastolo!) dei colpevoli di omicidio di 6 rom in
Ungheria, ha riproposto il dibattito se quello sia o meno un paese razzista. Non
pretendo di conoscere la realtà meglio di altri, ma dato che quotidianamente
ricevo corrispondenze e rassegne stampa dai paesi dell'Europa Centrale e
Orientale, credo di essermene fatto un'idea.
Per seguire i miei ragionamenti (che vi potranno sembrare macchinosi e
parziali), dovrete tenere conto:
Che una RELTA' OGGETTIVA non esiste. Anche se siamo in un
unico continente, anche se molti stati sono associati alla
Unione Europea (o hanno zone confinanti legate da trattati e
iniziative comuni), nazionalismi, spinte politiche ed economiche
disgreganti la fanno da padrona. Notavo un po' di tempo fa, che
mentre i media e i commentatori occidentali si concentrano
spesso sulla situazione di miseria (o di impoverimento) all'Est,
quelli orientali non si fanno scappare occasione per descrivere
le condizioni terribili dei profughi arrivati qui. Insomma.
tutti guardano sempre le pagliuzze altrui.
Nessuno è INNOCENTE A PRIORI. A partire dall'Italia: la
situazione dei Romanì è tragica qua come altrove, le colpe
andranno anche condivise, ma non esiste uno stato che possa
ergersi a giudice degli altri.
I Romanì, pur essendo da decenni POPOLAZIONI STANZIALI
nell'Europa Centro-Orientale (Germania compresa), nel tempo
avevano mantenuto ambiti di migrazioni interne (ad esempio
Ex Jugoslavia-Albania-Ungheria-Bulgaria /
Bulgaria-Grecia-Turchia /
Ucraina-Ungheria-Slovacchia-Repubblica Ceca-Polonia-Bielorussia
/ Repubbliche Baltiche-Polonia) per motivi di
parentela ed economici, ambiti che tuttora resistono. Le recenti
migrazioni indicano che i Rom di Ungheria, Slovacchia,
Repubblica Ceca, prediligono i paesi del Nord Europa
e il Canada (finché non ha chiuso le
frontiere), quelli del Sud-Est emigrano anche nei
paesi di lingua latina (ora un po' meno, data la
crisi economica di questi ultimi).
Grossomodo, tutti conosciamo la situazione precedente al
crollo del Muro di Berlino: bassi redditi e una serie di servizi
di base forniti dallo stato. Più sfaccettata la situazione dei
Romanì come "minoranza nazionale": in alcuni casi era pienamente
riconosciuta (Serbia), in altri (Bulgaria) negata. Per fare un
paragone con un'altra situazione politico-economica: la Turchia.
Lì i Romanì (mancano cifre precise, potrebbero essere sino a un
milione), per quanto marginalizzati e discriminati, hanno sempre
riconosciuto l'autorità dello stato turco, e questo li ha messi
al riparo da massacri e violenze come quelli subiti da Greci,
Curdi e Armeni. Da questo
punto di vista oggi la situazione è ancora frammentata: Bosnia e
Slovenia sono state più volte messe sotto accusa dalla comunità
internazionale, per il mancato riconoscimento dei diritti politici
fondamentali a chi non appartenesse alle etnie maggioritarie.
ULTIMO PUNTO di queste prefazioni: quei servizi che erano
assicurati a tutti, indipendentemente dall'etnia, sono andati
privatizzandosi, ora prima ora dopo. Questo ha portato penuria
di case, lavoro, prestazioni sociali e sanitarie, di cui hanno
fatto le spese soprattutto le minoranze non riconosciute. Ci
siamo noi, Occidente, dietro queste privatizzazioni (noi le si
chiama delocalizzazioni), fu la stessa Unione
Europea, una decina d'anni fa quando si allargò a Est, da un
lato a richiedere a voce più rispetto per le popolazioni romanì,
dall'altro a strangolarle (a strangolare i settori più poveri
della popolazioni) con l'oggettivo aumento dei prezzi e i tagli
che contemporaneamente chiedeva al welfare. Una politica
sostanzialmente ipocrita, che ha però creato una classe di
burocrati su come sopravvivere all'occidente.
DINTORNI: La situazione di base (abbastanza simile in tutti i paesi dell'Europa Centro
Orientale) è la presenza di minoranze romanì più consistenti che in Occidente,
ma non coese. Quasi ovunque esistono fasce di popolazione romanì di
piccola-media borghesia - proprietari, relativamente integrati (comunque, poco
disposti a palesarsi) e altre in condizione di deprivazione estrema (ancora
peggio, se possibile, che da noi). Cosa che ha anche portato al continuo crearsi
e sciogliersi di partiti, partitini, cartelli politici romanì, funzionali a
questo o quel capoclan.
Lo stesso vale per la classe intellettuale:
professionisti, docenti, giornalisti, radio, giornali in abbondanza, con
scarsissimo influsso su quella che si chiama "vita e politica reale". Assistiamo
al paradosso che una scena abbastanza comune in Italia è la vecchia romnì che si
fa leggere qualcosa dal nipotino che finalmente può andare una scuola, sempre
più spesso da quelle parti la scena si svolge a parti invertite: sono gli
anziani che leggono per il resto della famiglia, che non ha più risorse per
frequentare la scuola.
Leggi e violenze razziali:
Un altro paradosso (ma anche in questo in Italia abbiamo una certa
esperienza), è che in diversi stati dell'est esistono norme, leggi, regolamenti
molto avanzati a tutela delle minoranze (che sono quasi infinite) e anche dei
Romanì. L'Ungheria sino a qualche anno fa era presa ad esempio per l'esistenza
di un
autogoverno rom, qualcosa di simile esiste anche in Ucraina; Serbia Bulgaria
e Romania hanno legislazioni molto più avanzate di quelle occidentali. Eppure,
quasi nessun effetto hanno nell'arginare crisi di violenza e pogrom. Che sono
difficilmente prevedibili, vanno ad ondate: fu la Romania ad inizio anni '90.
poi di volta in volta toccò a Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca.
Ricorrenti in Ucraina e nei paesi ex-URSS, ma le notizie che arrivano da lì sono
sempre datate e frammentarie.
Razzismo:.
Non è solo Ungheria (ma ricordiamoci, nessuno è innocente, molti sono
impuniti). Anche la Germania, per fare l'esempio di un paese che riteniamo
esempio di "civiltà occidentale", ha avuto di recente
spettri
nell'armadio. E sempre dalla Germania (e dagli USA) è partito, una ventina di anni fa,
un coordinamento fattivo tra vari nuclei della destra estrema e radicale
[ricordo che movimenti simili si ebbero in tutta l'Europa Centro Orientale (per
non parlare di quella Meridionale, a proposito di innocenza!), tra gli anni
'30 e '40], che attualmente opera in stretto contatto in tutti i paesi
che ci riguardano. Fisicamente, sono le stesse squadre a seminare il terrore o
fare comizi congiunti in Germania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica
Ceca, e ci sono contatti molto avanzati con Serbia, Croazia, Slovenia, Romania,
Bulgaria, Ucraina.
La Germania non è solo RAZZISMO VIOLENTO (che c'è ovunque e sa che può
farsi sentire con poco), ma è anche (non è la sola) il paradigma
del razzismo istituzionale, ad esempio:
impunità nel colpire i colpevoli di atti di razzismo "lievi
o tollerabili". Non siamo ai livelli italiani, ma ad esempio per
l'incendio che ricordavo nel link di sopra, non mi risulta che
siano mai stati identificati i colpevoli. Situazione comune in
tutta Europa (non solo all'est) e la sentenza ungherese è
effettivamente una sorpresa. Niente a che vedere, ad esempio,
col caso di
Hadareni in Romania, dove ci sono voluti una decina d'anni
per arrivare ad una sentenza, che alcuni dei parenti delle
vittime contestano tutt'ora;
il razzismo istituzionale, è anche quello di uno stato che
accoglie i profughi dal Kosovo, profughi che col tempo trovano
scuola, casa, lavoro e dopo un decina d'anni si ritengono
cittadini come gli altri. Finché, una notte,
la polizia tedesca sfonda la porta di casa e ti imbarca con
tutta la famiglia su un aereo, per tornare in Kosovo dove
non hanno scuola, casa, lavoro. Tutto, per una ragione di stato.
Ungheria:
Dopo questa lunghissima parte introduttiva, eccoci. E' o non è un paese fascista? Non lo è, rispondo, ma se Orban
sbagliasse qualcosa, allora il rischio sarebbe alto. Personaggio complesso, ha
più volte ammesso di ispirarsi a Berlusconi (senza averne gli stessi capitali),
ma a me ricorda
Dollfuss, l'ultimo cancelliere austriaco prima dell'annessione alla Germania
nazista. L'Europa contro cui sbraita, è la stessa che gli ha garantito il suo
posto attuale.
Un breve riassunto della recente storia ungherese. Con la caduta del muro, i
vecchi comunisti si riciclarono nel Partito Socialista, contrapposto all'altro
blocco dei Liberali. Ma già precedentemente la legislazione ungherese era tra le
più aperte in fatto liberalizzazioni e partecipazione dei capitali stranieri
alle imprese, per cui i due blocchi (poco influenti gli altri partiti) si sono
alternati senza grandi differenze sul piano economico. Anche perché a differenza
degli altri paesi dell'ex blocco, con l'afflusso di capitali esteri l'Ungheria
viveva una situazione di boom economico simile a quella dell'Irlanda. E
purtroppo ne ha condiviso la fine, con indebitamenti pazzeschi con le banche
(soprattutto tedesche) e una situazione di corruzione diffusa, che ha posto all'angolo i due partiti (il sistema elettorale è uninominale con soglia di
sbarramento).
Dalla crisi sono emersi due soggetti:
FIDESZ (nazionalista)
JOBBIK (ancora più nazionalista)
Ecco, cosa fare con un governo di destra, in un paese in crisi, con
un'opposizione di destra estrema con tendenze paramilitari? La scommessa di
Orban si gioca tra un necessario risanamento, e la vulgata popolare
(quell'accidenti che si chiamano elettori) che ha trovato il nemico esterno (LE
BANCHE e LE MULTINAZIONALI) e quello interno (tanto per cambiare, EBREI e
ZINGARI). Come anche da altre parti (non dirò quali) il populismo, il
nazionalismo e
l'antieuropeismo diventano le cifre distintive per restare a galla.
Politica interna: da un lato accarezzare la pancia di quell'Ungheria profonda
e rancorosa emersa dalle urne, dall'altro, come succede nei paesi limitrofi,
dare almeno l'impressione che tutto sia sotto controllo, colpendo le
manifestazioni politiche-criminali-razziste più eclatanti.
Ma se questo non bastasse? Da un lato l'indebitamento, dall'altro i
paramilitari che sognano le
croci frecciate, girano come avvoltoi attorno alla testa di Orban. Lui, a
differenza di Berlusconi, non ha giornali, tv, e altre utilità simili, il suo
rapporto con i media è pessimo. Si è proposto come l'unico salvatore possibile,
ma per farlo ha dovuto assumere le armi e la protervia dei suoi avversari più
prossimi. Dovesse fallire, la loro strada è aperta.
CONTORNO - Investitori e benefattori:
Il crollo URSS e dei paesi satelliti, davvero qualcuno crede che sia avvenuto
"solo" per motivazioni interne? Tutta l'Europa Centro-Orientale è divenuta in
brevissimo tempo terra da colonizzare per gli appetiti USA ed Europei, con la
Russia assolutamente incapace di contrastare economicamente questa tendenza.
Visto in questa chiave, il massacro e la dissoluzione della Jugoslavia sancì
l'esclusione del petrolio russo dalle rotte sud-europee, e il predominio
americano rispetto alla UE. Pian piano, mentre anche la Cina si
è fatta viva, mentre nei paesi con rilevanti presenze musulmane sono attivi
Arabia Saudita e (dopo Erdogan) la Turchia. Con la crisi economica in Occidente,
per un determinato periodo USA e Germania hanno resistito, ma con Obama anche
gli ultimi appetiti si sono ridimensionati.
Ma il colonialismo non è soltanto militare o economico: Gli investimenti
arrivano in due maniere: rilevare vecchie imprese statali o autogestite (nel
caso ex-JU), o invece tramite vari fondi di solidarietà EU e progetti caritativi
delle varie chiese, o fondazioni dagli equivoci obiettivi politici, come
OPEN FOUNDATION - ma dotate di quel tanto di pragmatismo nella strategia che manca
alla cultura europea. Come è successo e succede ancora in altri continenti, le
motivazioni di questi interventi sono tante e spesso contrastanti: da una parte
rimediare in qualche maniera al "default" economico e sociale di molti paesi,
dall'altro svuotare quegli stessi paesi della capacità di badare a se stessi e
renderli sempre più dipendenti dall'elargizioni di questi aiuti (e dal debito
che si genera). Creare nel contempo una classe
intellettuale-professionale poco legata alle dirigenze locali, che nel caso diventeranno emigranti
qualificati ma sottopagati. E' quello che è avvenuto ANCHE in Ungheria, e si ripete nei
paesi limitrofi. Orban lancia la sua guerra contro investitori che in questo
momento non ci pensano minimamente ad investire, perché hanno finito la grana.
Nel frattempo anche la Serbia sembra uscire dal suo antieuropeismo, il problema
è se l'Europa ci sarà ancora.
Di Fabrizio (del 15/08/2013 @ 09:07:02, in Europa, visitato 1794 volte)
Ragazza scomparsa, mentre peggiora la crisi dei Rom
britannici - by Grattan Puxon
Erika Kacicova, di 13 anni, scomparsa dal 5 agosto (foto BBC)
11/08/2013 - E' stata la peggior settimana dai tempi di Dale Farm. Il governo
sta chiedendo ai consigli locali di chiudere i campi, i Rom sono cacciati dalle
vie delle città ed oltretutto è scomparsa una tredicenne (ritrovata sana e
salva dopo due settimane, vedi
DAILY MAIL, ndr.).
Erika Kacicova è stata vista l'ultima volta il 5 agosto a Darnall ed un uomo è
stato arrestato come sospettato del rapimento. La polizia l'ha definito un
incidente critico, in quanto ci sono timori per la sua sicurezza.
Nel frattempo, il segretario per le comunità Eric Pickles ha lanciato un doppi
attacco sia a Rom che Traveller. Nonostante una diffida legale, sostiene una
campagna anti-immigrati, il cui slogan "Andate a Casa o Verrete Arrestati" si
diffonderà rapidamente in tutto il paese, dopo un'esperienza pilota a Londra.
Due furgoni pubblicitari hanno girato i quartieri londinesi più poveri,
ammonendo gli immigrati illegali che sarebbero stai arrestati,
detenuti per un periodo indefinito e deportati. A meno che non avessero scelto
di autodenunciarsi, e di rimpatriare volontariamente verso destinazioni che
includono Romania, Bulgaria, Serbia e Kosovo.
Nelle stazioni ferroviarie sono apparsi poliziotti e funzionari
dell'immigrazione, per arrestare chiunque abbia un aspetto illegale.
Mentre Rom lavoratori in proprio vengono costantemente minacciati dai tutori
della legge.
"E' un inutile e continuo esercizio di spreco," dice Ladislav Balaz, di
Europe-Roma. "Molti ritornano e la giostra riparte. Si aggiungono soltanto
problemi, senza risolvere niente."
Ignorando questi fatti, Londra e le altre città più grandi si sono piegate a
mandare lontano dalle proprie strade i più poveri e i Rom senza casa. Dormono
all'aperto in una Zona Dispersa, e non avendo altri mezzi per sostenere se
stessi (se non l'accattonaggio), le due cose li sottopongono a un trattamento
fisico ancora più duro.
Pickles si è posizionato politicamente come zar britannico anti-zingari,
caricando sulla sua stessa macchina i Traveller colti nel suo collegio
elettorale. Sta alimentando le fiamme del pregiudizio richiedendo misure ancora
più severe.
Questa settimana quel paffuto ministro ha esposto in un singolo documento il
proprio concetto di robusti poteri ai consigli e ai proprietari terrieri, ora
sotto la sua giurisdizione, per reprimere rapidamente gli accampamenti illegali
e non autorizzati. Tutto ciò include chiaramente le baraccopoli dei Rom appena
arrivati, recentemente demolite a Hendon, come gli assembramenti di roulotte dei
gruppi di Romanì e di Traveller di più antico insediamento.
Mentre ai consigli viene detto di ignorare il loro dovere di fare controlli
sociali prima di uno sgombero, le forniture di alloggi alternativi per chi è in
stato di disperato bisogno, sono ridotte al lumicino. Nella migliore delle
ipotesi, per quest'anno e per il prossimo c'è una previsione di 150 piazzole,
quando le stesse autorità riconoscono la necessità per 3.000 famiglie. E ciò non
tiene conto dei campeggi privati o comunali che possono essere chiusi nel
frattempo.
"Mi sento intimidito da questo governo," dice un attivista del movimento 8
Aprile. "Ed ora abbiamo il timore di perdere Erika dalle nostre menti."
The LocalGruppo rom: "Zigeunersauce" è offensivo 15 Aug 2013 12:40 CET
Un gruppo di Sinti e di Rom sta chiedendo alle aziende alimentari tedesche
di cambiare il nome della popolare Zigeunersauce, "salsa zingara". Ma i
produttori non hanno fretta di ristampare le etichette.
Per i Tedeschi, la "salsa zingara" è una salsa unta, di pepe e pomodoro, con o
senza cipolle. Ma per il ramo di Hannover dell'organizzazione culturale del
Forum Sinti e Rom, il nome è offensivo.
Il termine Zigeneur, o zingaro, è carico di connotazioni negative, dice
l'avvocato
Kerstin Rauls-Ndiaye, che lavora presso l'ufficio legale che ha inviato una
lettera a cinque dei principali produttori di alimenti, chiedendo loro di
cambiare quel nome.
Anche se, ha detto al Sueddeutsche Zeitung, "è chiaro che non vogliono
discriminare nessuno usando quella parola in relazione ad una salsa o a una
cotoletta," Rauls-Ndiaye spiega che andrebbe cambiata.
Markus Weck, direttore del marchio alimentare Weck, ha detto al giornale che "i
clienti sanno esattamente cosa stanno acquistando, quando comprano la Zigeunersauce.
Ciò significa che non sarà facile cambiarne il nome," ha aggiunto, sottolineando
nel contempo che la compagnia sta valutando seriamente la richiesta.
Riguardo alla lettera, Weck ha detto che "fin quando la richiesta sarà un caso a
sé stante, non si sentiranno in obbligo di fare qualcosa." Ma se diventasse
evidente che un vasto gruppo di persone si sentisse offeso dal nome, allora vi
ripenserebbero.
Il gigante alimentare Unilever ha risposto con toni e argomenti simili al Sueddeutsche Zeitung,
aggiungendo di essere aperto al compromesso. Ma perché avvenga questo
compromesso, la compagnia dice che avrebbe bisogno di conferma dalle comunità
rom e sinti sul fatto che il nome sia offensivo.
Il consiglio centrale in Germania dei Rom e dei Sinti dice di comprendere la
lamentela del forum. Ha detto al giornale che mentre il termine "zingaro" era
tecnicamente neutrale, "ha mostrato un chiaro collegamento con preconcetti
estremamente negativi o persino stereotipi razzisti."
Tuttavia, non ha chiesto un cambio del nome Zigeunersauce.
Di Fabrizio (del 14/09/2013 @ 09:09:17, in Europa, visitato 1602 volte)
Ero partito con tanti dubbi e con tante domande: sarebbe riuscito un attivista
per i diritti LBGT a integrarsi all'interno di un' iniziativa internazionale che
ha visto la partecipazione di oltre 400 Rom da tutta Europa?
Inoltre portavo dentro di me la terribile esperienza dei fatti di Ponticelli del
maggio 2008. Già all'epoca sapevo da che parte stare, ma i Rom, li avevo
conosciuti solo "a distanza” e tutto quello che avevo fatto e le posizioni che
avevo preso contro quei terribili atti furono piuttosto dovute al mio attivismo
politico che non ad un coinvolgimento reale.
Cosa sarebbe cambiato quattro giorni dopo la mia partenza per Cracovia era una
scommessa di cui non conoscevo l'esito. E così il 31 luglio siamo partiti con il
resto della delegazione della Rete Near e appena arrivati abbiamo incontrato il
resto della delegazione italiana. Già questo primo e semplice incontro è stato
per me una sorpresa, mi son sentito da subito accolto e come se fossi a casa.
Ho scoperto, tra le tante cose che ignoravo, che c'è un forte senso di famiglia
nella comunità rom, ed io volevo farne parte. Due giornate sono trascorse tra
vari Workshop, per i quali ci siamo dovuti dividere in gruppi.
Workshop sui diritti umani, sull'attivismo, sulle strategie d'azione, sul
genocidio del 2 agosto. Una produzione immane di lavoro per l'organizzazione, un
imbarazzo enorme per me che dovevo scegliere a quale partecipare. Il primo
agosto si tiene una importante conferenza all'università con la partecipazione
di tutto il maxi-gruppo, alla presenza di autorevoli esponenti della comunità
rom internazionale e di esponenti del consiglio d'Europa. Ma sono sempre i
giovani rom a farla da padrone, in particolare le ragazze rom, con il loro
inglese perfetto che moderano, con tempi europeissimi, la discussione dei
convenuti.
La conferenza è l'occasione per un componente della nostra delegazione (Juliò),
per fare un intervento sulla necessità di essere tutti uniti e di combattere
insieme contro tutte le discriminazioni, quale che ne sia il motivo.
Mi è sembrato di aver ascoltato Martin Luther King, applausi copiosi per lui e
un manuale Compass seconda edizione nuovissimo tutto per me, in omaggio, preso
sul banchetto all'esterno dell'aula.
Il 2 Agosto ci siamo svegliati prestissimo, è stata la giornata più intensa. La
nostra visita ad Auschwitz e Birkenau. Avevo già visitato il campo di
Sachsenhausen in Germania nell'ambito di una conferenza internazionale lgbt, ma
questa volta era diverso. Questa volta non c'erano solo i nostri triangoli rosa
sullo sfondo ma tante Z nere. Ancora una volta ho rivissuto l'orrore della
lucida follia nazista che a tratti, per la sua esagerazione mi sembrava quasi
surreale. Dopo la visita al campo, presso Birkenau, abbiamo tenuto la cerimonia
di commemorazione, un altro momento molto intenso, non tanto per il rito in se,
ma perché per me è stato il momento per digerire ciò che avevamo visto poco
prima, insieme al campo sconfinato ricolmo di camini, pali di filo spinato
elettrificato e la polvere stessa che si alzava da terra e tornava a cadere come
in un non-luogo dove il tempo sembrava essersi fermato a 69 anni prima a quella
terribile giornata del 2 agosto 1944 che adesso sentivo un po anche mia.
Le varie notti passate in albergo con il resto della delegazione, che ormai
sentivo sempre più come una comitiva, sono trascorse tra sorsi di vodka polacca
e qualche racconto e interscambio fra la cultura rom e la comunità lgbt; quelli
per me sono stati momenti molto interessanti, al pari di tutto il resto o forse
con una importanza ancora maggiore per via del fatto che ho imparato delle cose
che assolutamente ignoravo e che mi porterò per sempre dentro. La parte peggiore
ovviamente è stato il ritorno a Napoli, seppur credo di aver lasciato un
pezzettino di me laggiù.
La tristezza legata al ritorno è mitigata soltanto dal ricordo dei momenti da
poco trascorsi e dalla consapevolezza che qualcosa è cambiato. Siamo partiti con
delle idee, ma siamo tornati con la consapevolezza che fare qualcosa è
necessario.
Quello che abbiamo visto li, quel 2 agosto, rischia di continuare a sopravvivere
nelle discriminazioni che quotidianamente vengono perpetrate nel mondo, alle
quali noi tutti ci dobbiamo opporre.
Rom, ebrei, omossessuali, disabili, oppositori politici, noi tutti abbiamo avuto
un triste destino comune, ma insieme possiamo scrivere ancora un futuro luminoso
e brillante come tutti i colori della nostra bandiera.
Perchè i colori da soli sono solo sfumature, insieme diventano arcobaleno!
Ora che abbiamo visto non dimenticheremo.
DIK I NA BISTAR!
Fabrizio Sorbara
Sono Fabrizio Sorbara. Ho 27 anni e studio Sociologia a Napoli, dopo aver
frequentato Scienze Politiche. Faccio parte del”Arcigay dal 2007. Ho partecipato
al movimento studentesco dell'onda come responsabile del mediacenter di
unionda.it. Nel 2009 sono stato eletto Presidente di Arcigay Napoli. Nell'estate
del 2010 sono stato tra gli organizzatori della manifestazione nazionale "Napoli
Pride 2010" e nel 2011 sono stato eletto come primo presidente del Coordinamento
Campania Rainbow, raggruppamento di associazioni glbtqi a livello regionale.
Durante il XV Congresso Nazionale di Arcigay sono infine stato eletto in
segreteria nazionale con la delega giovani e scuola.
Arcigay è un'associazione senza scopo di lucro, nata nel 1985, che opera su
tutto il territorio nazionale la realizzazione dell'uguaglianza tra individui a
prescindere dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. Le sue
attività includono informazione, prevenzione, e difesa dei diritti della
comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e trans) e opera per la crescita e la
diffusione delle sedi locali che agiscono a livello regionale, provinciale e
cittadino. Arcigay collabora con altre associazioni non governative italiane ed
europee e con le principali istituzioni nazionali ed internazionali.
Di Fabrizio (del 24/09/2013 @ 09:07:35, in Europa, visitato 1645 volte)
su Le parole, i pensieri -
Autore: Moni Ovadia -
Data: 2013-09-21
L'Unità
I paesi che si definiscono democratici, ogni giorno della loro esistenza
conoscono, tollerano, accettano e persino favoriscono violazioni delle leggi,
abusi del diritto, attentati ai loro ai principi fondamentali sotto lo sguardo
benevolo e spesso con la complicità delle loro istituzioni nazionali e locali.
Molti cittadini non danno alcun peso a questo scempio soprattutto se le
ingiustizie, anche se ignobili, non li riguardano direttamente.
Costoro non pongono domande cogenti alle istituzioni per chiedere ragione delle
patenti trasgressioni della legalità che umilia e offende il loro Paese. Anzi,
talora, "bravi" cittadini chiedono che le istituzioni violino le leggi per
servire loro interessi o privilegi particolari. Lo status di cittadino di una
nazione democratica, conferisce straordinari diritti ma pretende contestuali
doveri, primo fra tutti il rispetto attivo della Carta Costituzionale per dare
applicazione autentica alle sue leggi e per vigilare che non vengano infrante da
nessuno, tanto meno dalle Autorità. Porre domande e pretendere risposte dalle
istituzioni, è lo strumento principe per esercitare tale vigilanza. Io faccio
parte di quegli italiani che prendono molto sul serio il diritto/dovere di
cittadinanza e non rinuncio per nessuna ragione a porre domande e a pretendere
risposte.
Il diritto all'uguaglianza è garantito a tutti i cittadini di questo Paese e a
tutti gli esseri umani che vi abitano? Anche ai rom e ai sinti? Allora perché
continuano a venire segregati, discriminati, rinchiusi e sgomberati? Le
minoranze hanno diritto a vedere riconosciute le loro prerogative e ad ottenerne
la tutela? Anche i rom e i sinti? Allora perché non hanno ancora avuto lo status
di minoranza linguistica com'è capitato ad altre popolazioni? Perché le pur
importanti proposte di legge al riguardo, secondo l'autorevole parere di
giuristi competenti, hanno scarsissime possibilità di essere votate e approvate
dalle camere? Solo perché si tratta di "zingari"? La dignità della persona è
dotazione originaria di ogni essere umano? Anche del rom e del sinto? Allora
perché è lecito a gruppi di cittadini parlarne come di oggetti ingombranti e
nocivi di cui rifiutare la vicinanza? Perché tale linguaggio non è sanzionato
come incitamento all'odio e al razzismo? Le vittime di persecuzioni e genocidi
hanno diritto al riconoscimento ed al risarcimento? Perché rom e sinti no?
Noi cittadini italiani che riconosciamo nel diritto di cittadinanza un valore
irrinunciabile, pretendiamo risposte alle nostre domande e chiediamo che vengano
presi i provvedimenti necessari per dare piena applicazione alle leggi. Non
siamo più disposti a tollerare sgomberi, deportazioni, vessazioni contro i
nostri concittadini rom e sinti.
Di Fabrizio (del 12/10/2013 @ 09:08:05, in Europa, visitato 1355 volte)
Nessun accesso ai servizi sanitari ai Rom senza tessere sanitarie
01-10-2013 10:15 by Aleksandar Dimishkovski
Uno studio sull'erogazione dell'assistenza sanitaria a Rom ed Egizi in un
comune albanese, ha trovato che molti membri di queste comunità non hanno
accesso ai servizi pubblici sanitari più richiesti, semplicemente perché non
hanno tessere sanitarie.
Nello studio, commissionato dal progetto Best Practices for Roma Integration
(BPRI), il 79% dei 175 Rom intervistati nel comune di Shushicoe,
nell'Albania del sud-ovest, dicono di non avere una tessera sanitaria, e questo
è identificato come il maggiore ostacolo nel loro accesso ai servizi sanitari,
quindi con un impatto negativo sulla loro salute.
La ricerca è firmata da Bledar Taho, a capo dell'Istituto di Cultura Romanì
di Albania, organizzazione giovanile locale che promuove una maggior protezione
dei diritti umani dei Rom. Taho è tra i sette giovani Rom dei Balcani
occidentali, scelti da BPRI per studiare e identificare i gap tra legislazione e
prassi effettive nell'integrazione delle comunità rom nella regione.
Dice: "Il governo centrale deve modificare la legge per assicurare che ogni
residente nel paese abbia diritto all'assistenza sanitaria universale, anche se
disoccupato o non registrato presso un'agenzia del lavoro governativa."
Lo studio di Taho fornisce anche una panoramica sulle condizioni di vita dei
Rom a Shushicoe, con il 77% degli intervistati che valutano i servizi
di igiene pubblica nel loro quartiere come poveri o molto poveri. Tre quarti
degli intervistati si dicono insoddisfatti del servizio di raccolta dei rifiuti.
"Per molti Rom, un aspetto chiave del processo di integrazione è migliorare
l'accesso ai servizi pubblici, che dovrebbero già comunque essere a disposizione
di tutti i cittadini," dice
Judith Kiers, project manager di BPRI. "Se saremo in grado di individuare e
superare alcuni degli ostacoli che impediscono ai Rom l'accesso a servizi
pubblici come sanità e istruzione, potremo sostenere veramente il loro processo
di integrazione."
Taho, già attivo nell'incoraggiare i giovani Rom a partecipare alla vita
pubblica e ai processi decisionali, dice di sperare che la sua ricerca serva
come strumento di ausilio.
BPRI è un progetto regionale finanziato dall'Unione Europea, sostenuto dai
paesi che partecipano all'OSCE e sviluppato dall'Ufficio per le Istituzioni
Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR). Il progetto sostiene programmi
innovativi per promuovere la maggior partecipazione rom nella vita pubblica e
politica e nel processo decisionale, aiutando a combattere la discriminazione e
contribuendo a migliori condizioni di vita.
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