(piatto abbondante da accompagnare con un vino adeguato)
La recente condanna (all'ergastolo!) dei colpevoli di omicidio di 6 rom in
Ungheria, ha riproposto il dibattito se quello sia o meno un paese razzista. Non
pretendo di conoscere la realtà meglio di altri, ma dato che quotidianamente
ricevo corrispondenze e rassegne stampa dai paesi dell'Europa Centrale e
Orientale, credo di essermene fatto un'idea.
Per seguire i miei ragionamenti (che vi potranno sembrare macchinosi e
parziali), dovrete tenere conto:
- Che una RELTA' OGGETTIVA non esiste. Anche se siamo in un
unico continente, anche se molti stati sono associati alla
Unione Europea (o hanno zone confinanti legate da trattati e
iniziative comuni), nazionalismi, spinte politiche ed economiche
disgreganti la fanno da padrona. Notavo un po' di tempo fa, che
mentre i media e i commentatori occidentali si concentrano
spesso sulla situazione di miseria (o di impoverimento) all'Est,
quelli orientali non si fanno scappare occasione per descrivere
le condizioni terribili dei profughi arrivati qui. Insomma.
tutti guardano sempre le pagliuzze altrui.
- Nessuno è INNOCENTE A PRIORI. A partire dall'Italia: la
situazione dei Romanì è tragica qua come altrove, le colpe
andranno anche condivise, ma non esiste uno stato che possa
ergersi a giudice degli altri.
- I Romanì, pur essendo da decenni POPOLAZIONI STANZIALI
nell'Europa Centro-Orientale (Germania compresa), nel tempo
avevano mantenuto ambiti di migrazioni interne (ad esempio
Ex Jugoslavia-Albania-Ungheria-Bulgaria /
Bulgaria-Grecia-Turchia /
Ucraina-Ungheria-Slovacchia-Repubblica Ceca-Polonia-Bielorussia
/ Repubbliche Baltiche-Polonia) per motivi di
parentela ed economici, ambiti che tuttora resistono. Le recenti
migrazioni indicano che i Rom di Ungheria, Slovacchia,
Repubblica Ceca, prediligono i paesi del Nord Europa
e il Canada (finché non ha chiuso le
frontiere), quelli del Sud-Est emigrano anche nei
paesi di lingua latina (ora un po' meno, data la
crisi economica di questi ultimi).
- Grossomodo, tutti conosciamo la situazione precedente al
crollo del Muro di Berlino: bassi redditi e una serie di servizi
di base forniti dallo stato. Più sfaccettata la situazione dei
Romanì come "minoranza nazionale": in alcuni casi era pienamente
riconosciuta (Serbia), in altri (Bulgaria) negata. Per fare un
paragone con un'altra situazione politico-economica: la Turchia.
Lì i Romanì (mancano cifre precise, potrebbero essere sino a un
milione), per quanto marginalizzati e discriminati, hanno sempre
riconosciuto l'autorità dello stato turco, e questo li ha messi
al riparo da massacri e violenze come quelli subiti da Greci,
Curdi e Armeni. Da questo
punto di vista oggi la situazione è ancora frammentata: Bosnia e
Slovenia sono state più volte messe sotto accusa dalla comunità
internazionale, per il mancato riconoscimento dei diritti politici
fondamentali a chi non appartenesse alle etnie maggioritarie.
- ULTIMO PUNTO di queste prefazioni: quei servizi che erano
assicurati a tutti, indipendentemente dall'etnia, sono andati
privatizzandosi, ora prima ora dopo. Questo ha portato penuria
di case, lavoro, prestazioni sociali e sanitarie, di cui hanno
fatto le spese soprattutto le minoranze non riconosciute. Ci
siamo noi, Occidente, dietro queste privatizzazioni (noi le si
chiama delocalizzazioni), fu la stessa Unione
Europea, una decina d'anni fa quando si allargò a Est, da un
lato a richiedere a voce più rispetto per le popolazioni romanì,
dall'altro a strangolarle (a strangolare i settori più poveri
della popolazioni) con l'oggettivo aumento dei prezzi e i tagli
che contemporaneamente chiedeva al welfare. Una politica
sostanzialmente ipocrita, che ha però creato una classe di
burocrati su come sopravvivere all'occidente.
DINTORNI:
La situazione di base (abbastanza simile in tutti i paesi dell'Europa Centro
Orientale) è la presenza di minoranze romanì più consistenti che in Occidente,
ma non coese. Quasi ovunque esistono fasce di popolazione romanì di
piccola-media borghesia - proprietari, relativamente integrati (comunque, poco
disposti a palesarsi) e altre in condizione di deprivazione estrema (ancora
peggio, se possibile, che da noi). Cosa che ha anche portato al continuo crearsi
e sciogliersi di partiti, partitini, cartelli politici romanì, funzionali a
questo o quel capoclan.
Lo stesso vale per la classe intellettuale:
professionisti, docenti, giornalisti, radio, giornali in abbondanza, con
scarsissimo influsso su quella che si chiama "vita e politica reale". Assistiamo
al paradosso che una scena abbastanza comune in Italia è la vecchia romnì che si
fa leggere qualcosa dal nipotino che finalmente può andare una scuola, sempre
più spesso da quelle parti la scena si svolge a parti invertite: sono gli
anziani che leggono per il resto della famiglia, che non ha più risorse per
frequentare la scuola.
Leggi e violenze razziali:
Un altro paradosso (ma anche in questo in Italia abbiamo una certa
esperienza), è che in diversi stati dell'est esistono norme, leggi, regolamenti
molto avanzati a tutela delle minoranze (che sono quasi infinite) e anche dei
Romanì. L'Ungheria sino a qualche anno fa era presa ad esempio per l'esistenza
di un
autogoverno rom, qualcosa di simile esiste anche in Ucraina; Serbia Bulgaria
e Romania hanno legislazioni molto più avanzate di quelle occidentali. Eppure,
quasi nessun effetto hanno nell'arginare crisi di violenza e pogrom. Che sono
difficilmente prevedibili, vanno ad ondate: fu la Romania ad inizio anni '90.
poi di volta in volta toccò a Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca.
Ricorrenti in Ucraina e nei paesi ex-URSS, ma le notizie che arrivano da lì sono
sempre datate e frammentarie.
Razzismo:.
Non è solo Ungheria (ma ricordiamoci,
nessuno è innocente, molti sono
impuniti). Anche la Germania, per fare l'esempio di un paese che riteniamo
esempio di "civiltà occidentale", ha avuto di recente
spettri
nell'armadio. E sempre dalla Germania (e dagli USA) è partito, una ventina di anni fa,
un coordinamento fattivo tra vari nuclei della destra estrema e radicale
[ricordo che movimenti simili si ebbero in tutta l'Europa Centro Orientale (per
non parlare di quella Meridionale, a proposito di innocenza!), tra gli anni
'30 e '40], che attualmente opera in stretto contatto in tutti i paesi
che ci riguardano. Fisicamente, sono le stesse squadre a seminare il terrore o
fare comizi congiunti in Germania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica
Ceca, e ci sono contatti molto avanzati con Serbia, Croazia, Slovenia, Romania,
Bulgaria, Ucraina.
La Germania non è solo RAZZISMO VIOLENTO (che c'è ovunque e sa che può
farsi sentire con poco), ma è anche (non è la sola) il paradigma
del razzismo istituzionale, ad esempio:
- impunità nel colpire i colpevoli di atti di razzismo "lievi
o tollerabili". Non siamo ai livelli italiani, ma ad esempio per
l'incendio che ricordavo nel link di sopra, non mi risulta che
siano mai stati identificati i colpevoli. Situazione comune in
tutta Europa (non solo all'est) e la sentenza ungherese è
effettivamente una sorpresa. Niente a che vedere, ad esempio,
col caso di
Hadareni in Romania, dove ci sono voluti una decina d'anni
per arrivare ad una sentenza, che alcuni dei parenti delle
vittime contestano tutt'ora;
- il razzismo istituzionale, è anche quello di uno stato che
accoglie i profughi dal Kosovo, profughi che col tempo trovano
scuola, casa, lavoro e dopo un decina d'anni si ritengono
cittadini come gli altri. Finché, una notte,
la polizia tedesca sfonda la porta di casa e ti imbarca con
tutta la famiglia su un aereo, per tornare in Kosovo dove
non hanno scuola, casa, lavoro. Tutto, per una ragione di stato.
Ungheria:
Dopo questa lunghissima parte introduttiva, eccoci. E' o non è un paese fascista? Non lo è, rispondo, ma se Orban
sbagliasse qualcosa, allora il rischio sarebbe alto. Personaggio complesso, ha
più volte ammesso di ispirarsi a Berlusconi (senza averne gli stessi capitali),
ma a me ricorda
Dollfuss, l'ultimo cancelliere austriaco prima dell'annessione alla Germania
nazista. L'Europa contro cui sbraita, è la stessa che gli ha garantito il suo
posto attuale.
Un breve riassunto della recente storia ungherese. Con la caduta del muro, i
vecchi comunisti si riciclarono nel Partito Socialista, contrapposto all'altro
blocco dei Liberali. Ma già precedentemente la legislazione ungherese era tra le
più aperte in fatto liberalizzazioni e partecipazione dei capitali stranieri
alle imprese, per cui i due blocchi (poco influenti gli altri partiti) si sono
alternati senza grandi differenze sul piano economico. Anche perché a differenza
degli altri paesi dell'ex blocco, con l'afflusso di capitali esteri l'Ungheria
viveva una situazione di boom economico simile a quella dell'Irlanda. E
purtroppo ne ha condiviso la fine, con indebitamenti pazzeschi con le banche
(soprattutto tedesche) e una situazione di corruzione diffusa, che ha posto all'angolo i due partiti (il sistema elettorale è uninominale con soglia di
sbarramento).
Dalla crisi sono emersi due soggetti:
- FIDESZ (nazionalista)
- JOBBIK (ancora più nazionalista)
Ecco, cosa fare con un governo di destra, in un paese in crisi, con
un'opposizione di destra estrema con tendenze paramilitari? La scommessa di
Orban si gioca tra un necessario risanamento, e la vulgata popolare
(quell'accidenti che si chiamano elettori) che ha trovato il nemico esterno (LE
BANCHE e LE MULTINAZIONALI) e quello interno (tanto per cambiare, EBREI e
ZINGARI). Come anche da altre parti (non dirò quali) il populismo, il
nazionalismo e
l'antieuropeismo diventano le cifre distintive per restare a galla.
Politica interna: da un lato accarezzare la pancia di quell'Ungheria profonda
e rancorosa emersa dalle urne, dall'altro, come succede nei paesi limitrofi,
dare almeno l'impressione che tutto sia sotto controllo, colpendo le
manifestazioni politiche-criminali-razziste più eclatanti.
Ma se questo non bastasse? Da un lato l'indebitamento, dall'altro i
paramilitari che sognano le
croci frecciate, girano come avvoltoi attorno alla testa di Orban. Lui, a
differenza di Berlusconi, non ha giornali, tv, e altre utilità simili, il suo
rapporto con i media è pessimo. Si è proposto come l'unico salvatore possibile,
ma per farlo ha dovuto assumere le armi e la protervia dei suoi avversari più
prossimi. Dovesse fallire, la loro strada è aperta.
CONTORNO - Investitori e benefattori:
Il crollo URSS e dei paesi satelliti, davvero qualcuno crede che sia avvenuto
"solo" per motivazioni interne? Tutta l'Europa Centro-Orientale è divenuta in
brevissimo tempo terra da colonizzare per gli appetiti USA ed Europei, con la
Russia assolutamente incapace di contrastare economicamente questa tendenza.
Visto in questa chiave, il massacro e la dissoluzione della Jugoslavia sancì
l'esclusione del petrolio russo dalle rotte sud-europee, e il predominio
americano rispetto alla UE. Pian piano, mentre anche la Cina si
è fatta viva, mentre nei paesi con rilevanti presenze musulmane sono attivi
Arabia Saudita e (dopo Erdogan) la Turchia. Con la crisi economica in Occidente,
per un determinato periodo USA e Germania hanno resistito, ma con Obama anche
gli ultimi appetiti si sono ridimensionati.
Ma il colonialismo non è soltanto militare o economico: Gli investimenti
arrivano in due maniere: rilevare vecchie imprese statali o autogestite (nel
caso ex-JU), o invece tramite vari fondi di solidarietà EU e progetti caritativi
delle varie chiese, o fondazioni dagli equivoci obiettivi politici, come
OPEN FOUNDATION - ma dotate di quel tanto di pragmatismo nella strategia che manca
alla cultura europea. Come è successo e succede ancora in altri continenti, le
motivazioni di questi interventi sono tante e spesso contrastanti: da una parte
rimediare in qualche maniera al "default" economico e sociale di molti paesi,
dall'altro svuotare quegli stessi paesi della capacità di badare a se stessi e
renderli sempre più dipendenti dall'elargizioni di questi aiuti (e dal debito
che si genera). Creare nel contempo una classe
intellettuale-professionale poco legata alle dirigenze locali, che nel caso diventeranno emigranti
qualificati ma sottopagati. E' quello che è avvenuto ANCHE in Ungheria, e si ripete nei
paesi limitrofi. Orban lancia la sua guerra contro investitori che in questo
momento non ci pensano minimamente ad investire, perché hanno finito la grana.
Nel frattempo anche la Serbia sembra uscire dal suo antieuropeismo, il problema
è se l'Europa ci sarà ancora.