Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 03/09/2010 @ 09:10:43, in Italia, visitato 1438 volte)
Il Resto del Carlino - Oggi manifestazione contro le condizioni di vita
nelle microaree, attesi in un centinaio. "Se non servirà andremo in piazza
Grande"
Modena, 1 settembre 2010. Un sit in dalle 10 alle 12 e 30 contro la
realtà che si vive nelle microaree e "i mancati interventi del Comune". La
comunità dei Sinti modenesi ha indetto per questa mattina una protesta in via
Galaverna davanti alla sede dell'assessorato alle politiche sociali e
abitative. Nella giornata di ieri alcuni rappresentati della comunità hanno
informato la questura della manifestazione, alla quale dovrebbero prendere parte
all'incirca un centinaio di residenti delle microaree. Il portavoce dei Sinti,
Efrem Zanfretta, spiega che nel caso in cui l'amministrazione non prenderà dei
provvedimenti, nel corso delle prossime settimane "daremo il via a un'altra
manifestazione direttamente in piazza Grande per informare il sindaco Giorgio
Pighi, che forse non è al corrente delle condizioni in cui viviamo a Modena:
senza luce, senza assistenza e senza la possibilità di essere inseriti nel mondo
del lavoro in una città dove siamo nati e viviamo ormai da anni".
Partiamo dalla luce: "Ormai quasi tutte le microaree sono al buio da tre
mesi — racconta Zanfretta —, le giornate stanno iniziando ad accorciarsi, i
bambini tra poco vorrebbero cominciare ad andare a scuola. Non possiamo andare
avanti così. Abbiamo anche provato a passare a un altro gestore per avere delle
tariffe più convenienti dato che la maggior parte di noi non ha lavoro, ma Hera
ci mette i bastoni tra le ruote. Hanno anche tentato di staccarci l'acqua.
Credono che si possa vivere in questo modo?".
L'occupazione è il punto centrale della protesta: "Abbiamo seguito tanti corsi
e diverse borse di studio promossi dal Comune negli anni passati, ma non sono
serviti a niente. Non riusciamo ad inserirci nel mondo del lavoro — continua
Zanfretta —, tutte le associazioni, Caritas compresa, con l'inizio della crisi
non ci aiutano più". Nel mirino l'assessore alle Politiche sociali Francesca
Maletti: "Dopo gli incontri degli ultimi mesi — ci dice ancora il portavoce dei
Sinti —, l'assessore aveva promesso degli interventi nelle microaree, nulla è
successo. Tanti Sinti non hanno intenzione di mandare a scuola i loro figli a
causa delle condizioni di vita, non si può davvero andare avanti così". Ieri
sera all'interno della comunità si è tenuta una riunione nel corso della quale è
stata decisa una lettera che verrà letta stamattina davanti alla sede
dell'assessorato in via Galaverna.
di FRANCESCO VECCHI
Di Fabrizio (del 05/09/2010 @ 09:57:13, in Italia, visitato 2091 volte)
Ricevo da Roberto Malini
FONDI UE ALL'ITALIA/ RICERCA ONG ‘EVERYONE': "DOVE SONO FINITI QUELLI PER
L'INTEGRAZIONE DI ROM E MIGRANTI?"
UN'ALTRA RICERCA DELL'ONG SUI NUMERI DEGLI SGOMBERI IN ITALIA DAL 2007 A OGGI
E' STATA DEPOSITATA ALL'ONU E ALLA COMMISSIONE EUROPEA
Milano, 30 agosto 2010. Dal 2007 al 2013, l'Unione europea ha predisposto uno
stanziamento di 15 milioni 321 mila euro all'Italia*
attraverso l'FSE - il Fondo Sociale Europeo -, principalmente per
l'inclusione sociale dei soggetti svantaggiati. I Rom, in particolare, sono
coinvolti come possibili partecipanti di una serie di iniziative che
rappresentano per l'Italia - così come per gli altri Stati membri - almeno il
27% del budget FSE complessivo. "Secondo quanto dichiarato dal ministro
degli Affari Esteri Franco Frattini, subito dopo il suo insediamento
nell'ultimo Governo Berlusconi, l'Italia avrebbe avuto accesso ai fondi europei
per l'integrazione dei Rom per la prima volta, dato che né il Governo Prodi, né
i precedenti Governi, mai avevano avanzato richieste in tal senso" spiega la
Presidenza del Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti
umani. "A integrare i fondi dell'FSE all'Italia, sempre per gli stessi fini,
sarebbero anche alcune iniziative del progetto europeo EQUAL, che avrebbe
aumentato consistentemente i budget stanziati da progetti regionali e su base
nazionale. Ma non è tutto," proseguono gli attivisti, "perché oltre ai fondi
europei per i Rom, risulta che il Governo abbia percepito negli ultimi tre
anni consistenti somme anche per quanto concerne il progetto KNE, che
dovrebbe 'garantire e migliorare i processi di integrazione e inclusione sociale
delle persone migranti arrivate nel nostro paese da un periodo massimo di cinque
anni'. Tale iniziativa - finanziata dal Ministero dell'Interno e dal FEI (Fondo
Europeo per l'Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi) - dovrebbe essere
favorita tramite l'offerta di percorsi di formazione di lingua italiana,
orientamento civico e formazione professionale dei migranti" precisa EveryOne,
che ha condotto una ricerca specifica in merito. Secondo quanto affermato in una
recente audizione alla Camera dei Deputati dal prefetto Mario Morcone, capo del
Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero
dell'interno, l'Italia ha percepito inoltre un importo di 6 milioni 323 mila
euro destinato a finanziare i rimpatri coattivi e volontari dei cittadini dei
Paesi terzi per il 2010, di altri 6 milioni 223 mila euro destinati ai
richiedenti asilo in Italia per il 2010 e di ulteriori 95 milioni di euro per il
periodo 2007-2013 (di cui 6 milioni per il 2007, 8 milioni 500 mila per il 2008)
destinati all'integrazione di cittadini terzi**. "Ci
chiediamo" affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau,
co-presidenti di EveryOne, "dove siano stati impiegati tutti questi soldi.
Secondo le nostre stime, con budget del genere l'Italia in tre anni avrebbe
potuto non solo risolvere definitivamente la problematica dei Rom, garantendo a
tutti un progetto istruzione-casa-lavoro, ma altresì favorire la piena
integrazione della totalità dei migranti extracomunitari bisognosi di protezione
internazionale sbarcati nelle coste italiane dal gennaio 2010 a oggi.
Sollecitiamo deputati e senatori italiani a chiedere al Ministro degli Esteri
Frattini e al Ministro dell'Interno Maroni di riferire urgentemente in
Parlamento sull'impiego di tali fondi e sui risultati dei progetti di
integrazione, visto che, secondo una nostra ricerca - depositata alla
Commissione europea e all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite, nel
corso di un nostro recente incontro a Ginevra - il Governo italiano e le
Amministrazioni locali, dal 2007 a oggi, hanno impiegato ben 91 milioni 615 mila
euro (oltre 83 mila euro al giorno!) per sgomberare insediamenti Rom di città
medio-grandi, senza considerare i micro-insediamenti abusivi. Si tratta"
commentano Malini, Pegoraro e Picciau, "di una cifra abnorme, che sommata al
numero dei respingimenti e delle deportazioni dall'Italia di migranti in crisi
umanitaria negli ultimi due anni induce gli esperti di immigrazione e diritti
delle minoranze a formulare ed esprimere legittimi dubbi sull'operato delle
nostre Istituzioni".
Il Gruppo EveryOne ha infine richiesto oggi alla Commissione europea di
aprire un'inchiesta nei confronti dell'Italia, per verificare se e come i
fondi percepiti dal 2007 a oggi siano stati effettivamente impiegati per i fini
cui erano destinati e, nel caso di errori o sprechi, di assumere le opportune
misure atte a ristabilire procedure corrette nell'impiego di tali finanziamenti
e, se necessario, di portare il caso all'attenzione della Corte europea.
* Fonte:
http://ec.europa.eu/employment_social/esf/docs/esf_roma_it.pdf
** Fonte:
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenbic/30/2009/1110/s020.htm
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: +39 331 3585406 :: +39 334 3449180
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 06/09/2010 @ 09:33:46, in Italia, visitato 2020 volte)
Il Manifesto - di Eleonora Martini
"Maroni e Sarkozy istigano il razzismo contro rom e sinti"
Radames Gabrielli, 55 anni, presidente della "Federazione Rom e Sinti insieme",
tra i promotori della manifestazione di oggi a Roma, è un italiano sinto di
Bolzano, con origini austriache nel Südtirol. Musicista di professione, muratore
saltuariamente e in nero per necessità, vive da sempre in una roulotte, come i
suoi figli e i suoi nipoti, e al contrario dei suoi fratelli e sorelle che
vivono in case, da sempre.
Quando nel 2008 a Cecina presentaste la vostra neonata Federazione che
raggruppava 22 associazioni presenti in 12 regioni italiane, avevate grandi
progetti e un obiettivo: recuperare un pieno protagonismo dei rom e sinti
abbattendo lo stigma che ha trasformato un intero popolo in un "monumento
moderno della segregazione" per usare le vostre parole. Presentaste allora un
programma di lavoro articolato in 12 punti per battere razzismo e
assistenzialismo. Quanta strada avete fatto da allora?
Non molta, siamo ancora ai primi passi. Con la Lega Nord e il Pdl al
governo, in realtà, invece di andare avanti siamo andati solo indietro perché
abbiamo trovato solo porte chiuse, ostacoli e difficoltà. Due anni fa andammo da
Fini che ci accolse con tante belle parole, e tanti "sì,sì", ma poi non ci ha
più chiamato. E il razzismo invece di placarsi sta dilagando a vista d'occhio,
propagandato com'è dal governo italiano.
Maroni in Italia ma anche Sarkozy in Francia agiscono, secondo lei,
inseguendo il razzismo dilagante nei rispettivi paesi o sono peggiori delle
popolazioni che governano?
Sono i politici che istigano le popolazioni per conquistare voti e potere,
perché è rassicurante votare qualcuno che ti indica un capro espiatorio: gli
"zingari" come colpevoli di tutto. Se a Livorno abbiamo visto tentativi di
linciaggio di massa di due rom dopo una rissa, è perché Sarkozy e Maroni stanno
istigando tutte le popolazioni europee.
C'è una parola inflazionata che è "integrazione". "Impossibile", per
alcuni, con gli usi e i costumi delle genti rom e sinte.
Io preferisco infatti parlare di "interazione". La maggior parte di noi
italiani rom e sinti lavora, solo che quasi tutti lo fanno in nero perché è
praticamente impossibile trovare qualcuno disposto a fare un contratto a un rom
o un sinto. Integrazione non significa annullare la nostra cultura, la lingua,
la tradizione, i costumi, e infatti in tanti anni non ha mai funzionato.
E allora, la vostra proposta sui campi?
Devono essere smantellati e al loro posto devono sorgere micro aree
familiari per chi vuole vivere in roulotte, e dare appartamenti agli altri. E
invece Maroni fa un salto indietro concentrando tutti i rom e i sinti in campi
grandissimi solo per poterli tenere sotto controllo. Ovviamente chi non è
abituato a vivere in casa ha bisogno di essere accompagnato per imparare a
limitare certe "libertà" eccessive per un condominio o in città. Nel nord Italia
più che al sud, per fortuna, ci sono tantissimi sinti che oggi vivono in casa
anche grazie all'aiuto dei vicini che li hanno capiti e li hanno seguiti nel
processo di adeguamento.
A Cecina, come in altri rendez-vous delle vostre associazioni, si è
sottolineata però anche la necessità di lavorare all'interno delle popolazioni
rom e sinte per sradicare la cultura dell'illegalità.
I miei figli per certi versi vivono un razzismo più feroce di quello che ho
vissuto io da bambino, quando avevamo le classi separate. Chi delinque deve
essere punito personalmente, ma non ne può rispondere l'intera famiglia o
l'intera etnia. Chi vive accerchiato nutre solo odio e non sente ragioni. Così
non si costruiscono le condizioni per cambiare nulla.
Di Fabrizio (del 06/09/2010 @ 09:47:18, in Italia, visitato 1563 volte)
Regione.VdA.it - Data: 04/09/2010
16:01 ROM:ITALIA,RICONOSCIMENTO MINORANZA PERMETTEREBBE AIUTI/ANSA
IREF, ESSENZIALE L'ASSISTENZA SANITARIA E CAMPI PICCOLI
(ANSA) - ROMA, 4 SET - Il riconoscimento dei rom, dei sinti e dei camminanti
come minoranza storico-linguistica permetterebbe il censimento di queste
popolazioni, l'elaborazione di un piano nazionale di intervento e fornirebbe gli
strumenti legali di cui ha bisogno chi lavora con i rom per operare senza
difficolta' di carattere legale e amministrativo.
A sostenerlo e' una ricerca dell'Iref, l'Istituto di ricerche educative e
formative fondato nel 1968 dalle Acli, resa nota dal Dipartimento pari
opportunita', nella giornata in cui sia a Roma che a Parigi si manifesta per
difendere i diritti dei rom, contro gli sgomberi e i rimpatri forzati, ma anche
per superare la logica dei campi.
L'Iref fa notare come, alla piena attribuzione dei diritti civili e anagrafici,
deve fare da contraltare la piena assunzione di doveri, da parte dei rom, nei
confronti della societa'. Solo in tal modo si puo' arrivare ad avere una
integrazione che non sia unilaterale ma che sia il prodotto di una interazione.
In tal senso l'Iref porta l'esempio delle auto-costruzioni di Padova, alloggi
che sono stati assegnati alle famiglie sinte dietro pagamento del canone
d'affitto e delle utenze domestiche. Questi alloggi sono stati costruiti da
imprese edili che hanno avuto tra i propri lavoratori alcuni degli stessi
affittuari sinti, con capacita' professionali idonee supportate anche da un
corso di formazione professionale precedente. I salari derivanti dal lavoro
effettuato dagli operai zingari sono stati assorbiti dalla ditta che li ha
scalati dal costo generale dell'appalto a titolo di contributo. L'importo dei
salari non percepito e' stato infine defalcato dai canoni d'affitto mensili a
titolo di scomputo. Ovviamente, chi non ha partecipato al progetto di
auto-costruzione ha pagato per intero il canone.
Altro punto fondamentale per l'integrazione e' l'assistenza sanitaria:
l'intervento sanitario non puo' limitarsi ad uno screeening o ad una campagna di
vaccinazione ma - secondo gli operatori dell'Ires - deve comprendere la
promozione del diritto alla salute e l'utilizzo dei servizi sanitari di zona. E
questo implica che si deve instaurare un rapporto di fiducia tra i rom e il
personale sanitario.
Infine i campi nomadi che devono essere piccoli e distribuiti in vari punti
della citta' in modo da attenuare il loro impatto sulla popolazione residente.
Infatti inserimenti con pochi nuclei familiari se da un lato rispettano la
cultura rom della vita in famiglia allargata, al tempo stesso permettono un
inserimento piu' efficace, dato il basso numero delle famiglie rom coinvolte.
Un altro studio, sempre commissionato dal Dpo Unar - Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali (Unar) del ministero delle Pari opportunita' -
evidenzia come siano due i livelli di intervento: quelli di emergenza, che
riguardano il controllo del territorio, la rimozione dei rifiuti, la
disinfestazione e la derattizzazione, la vaccinazione dei bambini, lo
smantellamento delle baracche e il risanamento delle aree costruendo casette in
muratura e allestendo strutture che possano essere usate per il lavoro e il
doposcuola; e gli interventi strutturali come l'attribuzione del medico di
famiglia ad ogni nucleo rom, l'attivazione di corsi professionali (es. di
artigianato o lavorazione del ferro) che rispondano alle specificita' del gruppo
rom e infine il favorire forme di auto-imprenditorialita' degli zingari. (ANSA).
Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:05:11, in Italia, visitato 1615 volte)
Ricevo e porto a conoscenza
caro Fabrizio,
potresti dare conto sul tuo interessante portale di alcuni siti che trattano di
altrettanti progetti con i sinti a Pavia?
Si tratta di:
www.sociability.it/sintiapavia (laboratorio universitario di progettazione,
per il superamento dei campi nomadi)
www.sociability.it/sinto-nizzati (progetto radioweb con adolescenti sinti)
Sempre su www.sociability.it,
alla voce Empowerment, si può scaricare integralmente un documentario che
abbiamo realizzato sulla comunità sinti pavese.
Grazie e complimenti per il lavoro
un cordiale saluto
Andrea Membretti
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia
www.sociability.it
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:08:51, in Italia, visitato 1976 volte)
Segnalazione di
Alberto Maria Melis
Fondazione Anna
Ruggiu onlus COMUNICATO STAMPA
Cagliari 10 settembre 2010, Proprio mentre il Parlamento europeo approvava una
mozione di censura contro le espulsioni dei rom messe in atto da parte del
Governo francese e ribadiva, così, anche la censura contro la politica adottata
dal Governo italiano, le forze dell'ordine di Cagliari facevano irruzione nel
campo "nomadi" di Cagliari e prelevavano due giovani rom, un uomo ed una donna.
Il primo è stato rilasciato la sera con l'intimazione di lasciare l'Italia entro
5 giorni. La seconda, essendo già stata destinataria di un foglio di espulsione,
è stata processata per direttissima. La causa è stata rinviata e proseguirà
il prossimo lunedì 13 dopo che il P.M. ha chiesto la condanna ad un anno di
reclusione. Se, di per sé, è criticabile la cieca politica di espulsione
adottata dalle autorità, il caso in esame, per la sua particolarità, risulta
addirittura paradossale.
Laura e Zagor, infatti, sono due giovani entrambi nati e sempre vissuti in
Sardegna (ad Olbia e Cagliari), con la fedina penale pulita, che non sono mai
stati in nessun altro paese e non conoscono altra lingua che l'italiano ed il
romané, (la loro lingua materna).
Secondo il provvedimento delle autorità italiane, dovrebbero uscire dal paese
per recarsi non si sa dove, in un luogo che non hanno mai visto dove si parla
una lingua che non conoscono, senza il minimo mezzo di sussistenza.
La situazione appare paradossale anche per il fatto che entrambi i giovani,
sono stati a lungo regolarmente presenti nel comune di Cagliari in carico ai
rispettivi genitori e regolarmente iscritti all'anagrafe. Hanno perso tale
condizione solo perché è cambiata la posizione giuridica dei genitori o per
inadempimenti meramente burocratici, come la mancanza di presentazione di
istanza entro i termini previsti dalla legge.
L'espulsione e la condanna, accompagnata dall'espulsione, costituiscono un
atto di inaudita violenza che offende la dignità delle persone ed i fondamentali
diritti umani che la nostra Costituzione riconosce a tutte le persone
indipendentemente dalla cittadinanza, anche se presenti irregolarmente nel
territorio.
La stessa Corte Costituzionale, peraltro, ha sempre invocato il rispetto del
principio di ragionevolezza e di proporzionalità nell'applicazione delle norme.
A nessuna persona di buon senso può apparire ragionevole l'espulsione (verso
un ignoto inimmaginabile e terribile) di due giovani che sono nati e da quasi
trent'anni vivono in Sardegna senza che possa essere loro addebitata alcuna
colpa.
Facciamo appello al rispetto dei diritti fondamentali, alla ragionevolezza ed
al buon senso di chi è preposto al rispetto della legalità, per evitare atti che
costituirebbero una macchia per la nostra cultura giuridica e per la nostra
comunità.
La Fondazione si rivolgerà a tutte le autorità competenti ed invita tutti i
sinceri democratici a mobilitarsi per evitare questo grave atto possa essere
portato a compimento.
Il presidente: Gianni Loy
Gloy@unica.it
Tel. 3207232122
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:13:42, in Italia, visitato 2097 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
I Petre vengono dalla Romania, ma la vita dei nomadi l'hanno conosciuta qui,
insieme agli sgomberi.
Ora sono tornati a stare in una casa vera. Sperando che il loro futuro somigli a
questo presente
di Ilaria Solari -foto Alberto Dedé (le foto non sono riportate ndr.)
|
80 | Gioia 2010 |
controcorrente
La foto risale sì e no a cinque anni fa, ma
sembra vecchissima da quanto è consumata.
Ritrae una bella ragazza coi capelli
sciolti sulle spalle, l'espressione
ombrosa e il viso leggermente inclinato.
Abbraccia due bambini piccoli, uno
per lato. Constantin, 33 anni romeno,
deve averla tenuta tra le mani tanto a lungo che sul
bordo inferiore l'immagine è completamente sbiadita,
"è stata tutti questi anni nella tasca della mia giacca,
sul cuore". Accanto a lui, la moglie Mirela lo guarda
con la stessa faccia ermetica della foto. I due bambini,
Elvis e Loris, 9 e 8 anni, stanno facendo i compiti delle
vacanze sul lettone del loro appartamento milanese,
nel quartiere popolare di Calvairate. Un piccolo soggiorno,
una camera con un letto doppio e uno a castello,
un microbagno e un cucinino in cui si cammina
solo di profilo. È l'ultimo approdo della famiglia Petre,
dopo una serie infinita di tappe, da un campo abusivo
all'altro, lungo la cintura della tangenziale, insieme a
poche centinaia di persone, rom romeni come loro.
Fino all'ultimo sgombero, lo scorso novembre, nel quartiere
periferico del Rubattino, dove il loro insediamento
è stato raso al suolo dalle ruspe e i loro piccoli averi,
cartelle di scuola comprese, inghiottiti in una montagna
di immondizie.
A portarli nel bilocale di questa casa popolare sono stati
i volontari di Sant'Egidio: sotto la loro scorta, i Petre
hanno intrapreso con altre famiglie rom un "percorso
di accompagnamento all'autonomia", in assoluta controtendenza,
in questi giorni di tensione e rimpatri
forzati. A garantire loro casa e ménage fino al raggiungimento
dell'autosufficienza economica, sono borse di
studio per i bimbi e borse lavoro per gli adulti, finanziate
da enti, associazioni e privati cittadini. Un piccolo
miracolo: l'anno scarso di permanenza al Rubattino,
dove i piccoli rom hanno cominciato ad andare a scuola,
ha innescato, insieme al livore di molti residenti,
una fitta rete di solidarietà che si sta ancora allargando. Poche centinaia di persone, genitori delle scuole, abitanti
del quartiere che nel momento del bisogno hanno
ospitato gli sfollati, maestre straordinarie, volontari
instancabili, che hanno animato raccolte di fondi e
iniziative di finanziamento come la vendita di un vino
definito "rosso di origine migrante" (vino.rom.rubattino@gmail.com). E poi corsi di italiano per gli adulti,
doposcuola e spazi gioco per i bambini. Un miracolo
forse ancora troppo piccolo perché valga
la pena di citarlo accanto alle notizie di
cronaca, agli esodi forzati dalla Francia, ai
vertici sull'emergenza nomadi. "Dei trecento che
erano qui l'anno scorso", spiega
Elisa Giunipero,volontaria di Sant'Egidio
" nel nuovo campo abusivo del Rubattino,
sotto i capannoni dismessi, sono rimasti
in duecento. Dei cento che mancano all'appello,
però, sono un'ottantina quelli
che abbiamo guidato verso soluzioni residenziali e impieghi,
sia pure precari" (proprio
mentre scriviamo è in corso l'ennesimo
sgombero, che metterà a rischio l'attuazione
di tali progetti e la frequenza a scuola dei
bambini, ndr).
Ma l'avventura italiana di Mirela e Constantin
comincia molto prima del Rubattino,
in un'altra casa. Quella che si intravvede
sullo sfondo della foto consumata: è
la casa del padre di Constantin, nella provincia depressa e rurale dell'Oltenia, tre
stanze in tutto in cui vivevano in otto.
Come molti rom sedentarizzati sotto il
regime di Ceausescu, i Petre facevano gli
agricoltori: "Vite e granturco", specifica
Constantin "non è una vita dura, forse
per uno di città. Ma niente soldi, niente
di niente". Constantin era anche muratore,
"ho costruito le case a tutti laggiù. Una
volta sono andato a fare un lavoro a casa
sua", lo sguardo è una fessura scura che
accarezza la moglie. "Continuava a guardarmi.
Ho fatto in modo di andare a
trovarla spesso". Negli occhi di Mirela
finalmente si allarga una luce gialla. E il
primo sorriso: "Eri tu che guardavi me".
Un matrimonio vero non ce l'hanno avuto.
"Nessun vestito bianco, feste o balli.
Ci siamo sposati solo civilmente".
A Milano c'è arrivato per primo Constantin,
seguendo il cognato, che è pastore
pentecostale ma fa anche il muratore.
Niente roulotte e vita randagia: come per
molti rom romeni, la prima esperienza
con i campi nomadi è stata in Italia. Insomma,
una storia di ordinaria immigrazione:
all'inizio l'ospitalità in una parrocchia,
in cambio di lavori e riparazioni. Poi
è stata la volta di un egiziano a cui, per un
letto in un appartamento affollato, Constantin
pagava 200 euro al mese. Ma Mirela
soffriva di malinconia e decise di raggiungerlo
con Loris, il più piccolo. "Il
grande ha sofferto così tanto di solitudine
in Romania che è rimasto piccolino", ricorda
accarezzando i capelli cortissimi di
Elvis. Proprio allora Constantin aveva perduto
alloggio e lavoro. Si rifugiarono nel
campo di via Bacula, dove già si trovavano
amici e parenti. "Quando sono arrivata era primavera, Milano era bellissima",
ricorda Mirela "tutto
mi sembrava caldo e
pulito, anche il campo".
Per segnalare
disponibilità di alloggi
e offerte lavorative
o contribuire a borse
di studio e lavoro
scrivete a: santegidio.rubattino@gmail.com
La caccia al nomade ingaggiata dal
Comune li ha sospinti da un insediamento
all'altro. Fino al Rubattino: il campo piano piano si è gonfiato,
hanno tagliato l'acqua
ed è stato l'inferno. "Che dovevamo
fare?", mormora Constantin indicando la
tv sintonizzata su un canale romeno "migliaia
di medici lasciano il Paese, con lo
stipendio statale non campano. Per noi
era peggio".
Ci sono due televisioni in casa Petre, una
per stanza, entrambe accese. L'appartamento
assomiglia a tanti altri. Pulito, ordinato.
Con una differenza, che salta agli
occhi dopo un po': in giro manca quella
nebulosa di oggetti provvisoriamente fuori posto:
chiavi, giornali, cianfrusaglie. Sul
tavolo tondo ci sono soltanto un melone
a fette e dei dolci, in segno di benvenuto.
Il resto è stivato con la meticolosità di chi
si dispone a partire da un momento all'altro.
Elvis ascolta le canzoni rom scaricate
dal computer e inserisce nel lettore un dvd
con le foto di classe: "Guarda: qui facevamo
la terra mossa dal vento", dice con il
faccino serio, indicando tanti bambini che
agitano le braccia. E in quella che fate?
"Non vedi? Cantiamo in inglese". Mostra
con un filo d'orgoglio
la strepitosa pagella. Sono due bravi scolari, spiega Mirela, fanno i compiti spontaneamente e non hanno mai perso un giorno di scuola. Nemmeno nell'ultimo sgombero, quando dormirono due notti in un
orto nella bruma di novembre e poi con
la mamma in un dormitorio pubblico,
mentre papà si rifugiava dove poteva. "La
scuola dell'obbligo e l'ufficio vaccinazioni
sono le uniche istituzioni che riconoscono
queste persone", spiega Stefano
Pasta di Sant'Egidio" che sono comunque
cittadini comunitari. Eppure, senza residenza,
ogni altro diritto è loro precluso".
Forse per questo, anche ora che abitano
lontano, si consumano le scarpe per raggiungere puntuali la scuola del Rubattino.
"Quando Constantin non deve lavorare,
ci andiamo insieme", racconta Mirela. Altrimenti
esce alle sei di mattina. "Papà
colora i muri, costruisce le case di Milano", spiega Loris. Anche Mirela è in attesa
di un lavoro. Intanto confessa che si
sente sola. Il momento più bello della giornata
è il pomeriggio, quando rivede i suoi
bimbi. Nel resto del tempo? Abbassa gli
occhi, "se siamo in difficoltà chiedo ancora
l'elemosina, ma solo a chi conosco".
A quelli che definisce gli "italiani bravi".
"Come la signora vestita di blu che ci porta
i soldi ai giardini", le fa eco Elvis. Mirela
ricorda il senso di vergogna delle prime
volte, "non passa mai, ma poi impari
a non pensare a niente". Tutto il resto la
incupisce solo un po', come i commenti
acidi della farmacista da cui acquista una
confezione di aspirine perché è raffreddata.
O il costante sguardo sospetto dei commessi
quando fa la spesa al supermercato.
Il pomeriggio i bambini scendono da soli
ai giardini sotto casa. Mirela non si fida
a mandarli in giro da soli, ma ai giardini
sì, "lì sono tutti amici", dice Constantin.
I ragazzini, da queste parti, vengono da
ogni angolo del mondo, e che tu sia rom
è un dettaglio irrilevante.
"Sei da Milano", chiede a tutti Elvis. Qualcuno
gli risponde che ormai anche lui è "da Milano"."Non ancora", risponde convinto,
agitando la testa "solo quando avrò
il portafogli da Milano". "Vuoi dire il passaporto,
Elvis?". "Sì, anche quello".
Per prudenza ai Petre è stato sconsigliato
di invitare troppa gente a casa.
i momenti di socialità si sono finora
consumati al campo del Rubattino.
Non sarà più così, dopo questo nuovo
sgombero, il numero 125 dall'inizio
dell'anno, secondo il bollettino del Comune.
"Ci i ritrovavamo ogni domenica
a cucinare sulla griglia", gli occhi di
Mirela diventano lucidi. "Ogni volta
che li vedo, mi chiedo come è possibile
vivere così". È il suo piccolo film dell'orrore,
un passato inarchiviabile di
notti all'addiaccio, topi, gelo. E il futuro?
A lei basterebbe che assomigliasse
al presente. Se proprio deve esprimere
un desiderio, vorrebbe "una cucina
appena più grande, da poterci cucinare
con mia cognata e le amiche". Magari
il sarmale, gli involtini di verza in cui
si dice sia maestra, "da servire, come fate voi, con la polenta".
MA IN EUROPA VINCE
LA LINEA DURA
Sono quasi 900 i rom di origine
bulgara e romena rimpatriati
forzatamente dalla Francia,
nonostante i richiami di Onu
e Commissione europea, perché
considerati una "minaccia per
l'ordine pubblico". E mentre
il partito di estrema destra
ungherese Jobbik avanza la
proposta di destinare le comunità
rom del Paese in "campi chiusi",
anche in Italia il clima si
surriscalda: il ministro dell'Interno
Maroni promette di essere ancora
più duro di Sarkozy e gli
amministratori delle grandi città
perpetrano piani di sgombero
sistematico di ogni insediamento
abusivo. A Roma, dove una
curiosa psicosi collettiva segnala
i primi presunti avvistamenti
di "macchine rom con targhe
francesi", il sindaco Alemanno ha
appena smantellato il campo
abusivo di Quartaccio. A Milano,
ancora al Rubattino, il vicesindaco
De Corato ha attuato il 125esimo
sgombero dell'anno, mentre
l'unico campo regolare della città,
in via Triboniano, entro ottobre
sarà smantellato per fare spazio
alla strada che collegherà la città
all'area dove si terrà Expo 2015.
L'associazione Sucar Drom e la Federazione Rom Sinti Insieme, in
collaborazione con l'UNAR, la Provincia di Mantova e l'Istituto di Cultura Sinta,
invitano al Festival Dosta! che sbarcherà a Mantova venerdì 8 e sabato 9 ottobre
2010.
Programma provvisorio
Venerdì 8 ottobre, ore 21.00, Teatro Bibiena
CONCERTO: DJANGO'S CLAN
Nel centenario della nascita di Django Reinhardt, genio della musica jazz
europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la tecnica per vivere la musica
e l'arte del più grande musicista sinto.
Sabato 9 ottobre, Cinema del Carbone
- ore 10.30, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre rivolto alle scuole
superiori;
- ore 17.00, Dibattito pubblico
- ore 19.30, Aperitivo
- ore 21.15, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre
INGRESSO GRATUITO
E' consigliata la prenotazione, scrivere a
sucardrom@sucardrom.191.it
LA CAMPAGNA DOSTA!
L'UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell'ambito delle sue
attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e
sinte, ha lanciato per l'anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di
sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.
La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua Romanì) è stata già promossa dal Consiglio
d'Europa e dalla Commissione Europea nell'ambito del terzo programma congiunto "Equal
Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata con
successo in cinque paesi dell'Europa dell'Est: Albania, Bosnia e Herzegovina,
Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è
di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria. La Campagna non è
mai stata diffusa in Italia e intento dell'UNAR sarà quello di studiare
strumenti, metodologia e messaggi costruiti dalla campagna, per un loro
adattamento in lingua italiana contestualizzato all'ambito storico e culturale
italiano, oltre alla promozione e valorizzazione di eventi e prodotti realizzati
da associazioni rom e sinte rivolte alla sensibilizzazione sulle difficoltà di
inclusione sociale, abitativa, educativa e lavorativa delle comunità Rom.
La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni
rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione
Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all'interno di un Tavolo di
coordinamento ROM istituito e coordinato dall'UNAR e collaborano alla
pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi
previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle
iniziative.
Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli
stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una
strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.
Obiettivi specifici della Campagna saranno quelli di:
• favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella
storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze,
eventi pubblici e campagne sui media;
• promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di
discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo
del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di
dibattito L'appuntamento su
Facebook
Di Fabrizio (del 18/09/2010 @ 09:06:39, in Italia, visitato 1995 volte)
Da
Federazione Romanì
La Federazione romanì promuove il meeting della cultura romanì "Molti
giudicano, pochi conoscono".
Le attività del meeting si svolgeranno a Roma in via Cavriglia n. 8 a partire
dalle ore 10,00 del 25 Ottobre 2010.
Il programma PROVVISORIO del meeting:
- Corso di lingua romanès
- Corso di formazione per decisori pubblici
- Workshop internazionale su diritti e cittadinanza
- Seminario scolarizzazione minori rom e sinti
- Presentazione dell'opera editoriale di letteratura romanì "O romanò gi"
- Divulgazione campagna DOSTA contro il razzismo
- Mostra didattica/documentaria della cultura romanì
- Concerto di musica romanì
Per comunicazioni:
federazioneromani@libero.it
Cordiali saluti
Il presidente
Di Fabrizio (del 19/09/2010 @ 09:51:37, in Italia, visitato 1901 volte)
Tiscali: cronaca
"Essere rom non può essere una vergogna", così da Torino sintetizza Vesna
Vuletic, fondatrice di Idea Rom, e la realtà spesso capovolge i luoghi comuni:
dal Nord al Sud d'Italia, piccole storie di quotidiana integrazione crescono,
all'ombra delle polemiche che puntualmente si scatenano sul destino dei rom,
aspettando "politiche pubbliche adeguate".
Il progetto della sartoria Rom - In
via Nomentana 952 a Roma puoi trovare un abito unico, con pizzi bianchi o
ricami, tessuti orientali broccati o cascate di colore vivace: è l'Antica
sartoria rom, dove donne rom dei campi nomadi della capitale confezionano abiti
secondo la moda gitana di fine Ottocento, cuciti a mano e con stoffe
rigorosamente in fibra naturale, seta, cotone, lana, lino, canapa. Il progetto
nasce nel 1997 tra le baracche in un campo in periferia, Alessandra Carmen
Rocco, italiana è laureata in lettere e canta come mezzosoprano, e organizza
concerti per questo incontra molti musicisti gitani. Così conosce i campi nomadi
e le donne dei campi nomadi. Donne - racconta - che hanno un desiderio:
lavorare. In uno dei campi nomadi della periferia romana nasce un giorno l'idea
della sartoria, le più anziane insegnano alle più giovani un'arte tramandata per
secoli. Il progetto si sviluppa e cresce diventa laboratorio, sartoria, negozio,
con sfilate - nel 2005 sotto l'egida di Romeo Gigli - e una cooperativa sociale
che organizza corsi per chi vuole imparare quest'arte e anche di riuso e
riutilizzo delle stoffe da buttare. Ora all'Antica sartoria rom, che confeziona
anche costumi teatrali, lavorano 4 donne rom, guadagnano un piccolo stipendio,
insegnano ad altre donne rom per dar loro un futuro. Ma i corsi sono frequentati
anche da donne italiane - una cinquantina negli ultimi due anni - affascinate
dalla moda gipsy. E a comprare sono soprattutto clienti italiani. Nessun
finanziamento pubblico. Fanno da sole.
Bari rom assumono rom - A marzo 2008 i rom
romeni del villaggio sosta comunale di strada Santa Teresa a Japigia danno il
via alla cooperativa di lavoro Artezian, facchinaggio, traslochi e manutenzione
del verde, e il primo settembre 2010 riescono ad assumere con contratto di
lavoro un rom bosniaco di un altro campo nomadi tra Modugno e Bitonto. Da
Artezian è nato anche un progetto per il riuso e riciclo di materiali e macchine
da buttare e le donne del campo creano bigiotteria e abiti con materiali di
scarto. "Il problema è la mancanza di un lavoro, di una fonte di reddito",
spiega Maurizio Pagani, dell'Opera nomadi di Milano, sottolineando: "Su questo
fronte le politiche pubbliche non hanno né investito né inciso minimamente, con
interventi a carattere assistenziale e a breve termine fine a se stessi". "Si fa
ruotare tutto su 'come facciamo a cacciare i nomadi', 'i campi sono ghetti'...
in realtà - prosegue Pagani - il problema di base è la mancanza di lavoro,
povertà, che condanna rom e sinti all'emarginazione una storia che va avanti dal
dopoguerra".
Corsi a Milano - L'opera nomadi quest'anno ha organizzato corsi di
sartoria con 15 donne rom dei campi nomadi abusivi; ora tutte sono diventate
sarte, lavorano nei campi ma vendono ai privati, anche nei negozi milanesi dove
viene molto apprezzato "la loro capacità naturale di accostare i colori". Delle
tre cooperative di servizi, messe su dall'opera nomadi di Milano, solo una
invece è sopravvissuta, le altre due "sono venute meno per mancanza di commesse
pubbliche". Nella cooperativa sopravvissuta lavorano 8-9 persone a progetto, ma
chi ha fatto questa esperienza, soprattutto i giovani, ha trovato poi lavoro
fuori in ditte private di pulizia. "Anche se normalmente non dicono di essere
rom", dice Pagani.
Progetto "Idea Rom" a Torino - "Essere rom non può essere una
vergogna, con il nostro progetto vogliamo dire e far conoscere chi siamo
davvero", così Vesna Vuletic, 48 anni, da 20 in Italia dove lavora come
mediatrice culturale, racconta la nascita, un anno fa a Torino di "Idea Rom" che
ora raccoglie una ventina di donne rom, e il loro obiettivo è l'outing: loro lo
hanno fatto per prime e ora cercano di aiutare gli altri ad uscire allo
scoperto, a non vergognarsi o temere di dire a lavoro, a scuola, all'università,
di essere rom.
Per metà sono donne già integrate, inserite nel lavoro, abitano in una casa,
l'altra metà del gruppo sono donne giovani, che invece vivono quasi tutte nei
campi nomadi, sono disoccupate, bassa scolarità. "Ci siamo ritrovate a parlare -
spiega Vesna - alcune di noi fanno le pulizie in banca, in ufficio, ma nessuna
diceva di essere rom per paura del sospetto, i figli non lo dicono a scuola per
paura di discriminazioni. Molte sono state combattute per anni ma adesso stanno
prendendo coraggio, dichiarandosi, rilasciando interviste e anche per comunicare
alla società che i rom non sono quelli sporchi, i cattivi da cacciare".
Condizioni di povertà portano all'esclusione e alla microcriminalità ma questa
non è la realtà della maggior parte dei rom: a Torino ad esempio delle 100
famiglie rom che ora abitano nelle case popolari, solo per 5 ci sono state
problematiche. Le donne di Idea Rom così si riuniscono, parlano, vanno nei campi
per promuovere il diritto di uscire allo scoperto, e hanno vinto così anche un
progetto del Dipartimento delle pari opportunità per interventi di mediazione
culturale. Ad ottobre a Torino inizieranno anche corsi di danze tradizionali
rom, aperti naturalmente a tutti.
Il vino a Milano e i premi - Prima le mamme del
quartiere milanese e le maestre aiutavano i bimbi e le famiglie rom in caso di
emergenza, poi hanno voluto fare di più, così insieme a Gas, Sant'Egidio, alla
cooperativa di produzione Eughenia, è nata l'idea, del vino R.O.M che sta per
"Rosso di origine migrante": bottiglie di vino toscano, Sangiovese, Merlot,
Shyra, per finanziare borse di studio e lavoro, un progetto grazie a cui due
padri rom hanno trovato lavoro e casa. Problemi di integrazione coi rom a scuola
o fuori ? "Assolutamente no - spiega Francesca - sono culturalmente diversi da
noi ma va benissimo. Noi abbiamo aiutato loro ma loro hanno aiutano noi. Avere i
bimbi rom nella nostra scuola è una ricchezza. Ci sono genitori di bambini che
frequentano altre scuole del centro di Milano, dove non si sono né stranieri né
rom che vengono qui con i loro figli perché vogliono 'mischiarli con i rom',
perchè - dicono - "i loro figli non possono crescere senza conoscere altre
realtà". E qualche volta, nonostante tutto, i riconoscimenti arrivano anche
dall'alto: il maestro di fisarmonica Jovica Jovic, 53 anni, è un rom jugoslavo
che vive nel campo nomadi di via Sesia a Milano e a marzo ha ricevuto dal
ministro Roberto Maroni, appassionato di musica, un permesso di soggiorno,
seppur temporaneo, per meriti artistici. Insegna a Milano, da lui, che ha
suonato con Pelù e Manu Chao, vanno a studiare molte ragazze. E ogni tanto va
nelle scuole, e assicurano "sarebbe un ottimo maestro per i bambini".
16 settembre 2010
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