Tiscali: cronaca
"Essere rom non può essere una vergogna", così da Torino sintetizza Vesna
Vuletic, fondatrice di Idea Rom, e la realtà spesso capovolge i luoghi comuni:
dal Nord al Sud d'Italia, piccole storie di quotidiana integrazione crescono,
all'ombra delle polemiche che puntualmente si scatenano sul destino dei rom,
aspettando "politiche pubbliche adeguate".
Il progetto della sartoria Rom - In
via Nomentana 952 a Roma puoi trovare un abito unico, con pizzi bianchi o
ricami, tessuti orientali broccati o cascate di colore vivace: è l'Antica
sartoria rom, dove donne rom dei campi nomadi della capitale confezionano abiti
secondo la moda gitana di fine Ottocento, cuciti a mano e con stoffe
rigorosamente in fibra naturale, seta, cotone, lana, lino, canapa. Il progetto
nasce nel 1997 tra le baracche in un campo in periferia, Alessandra Carmen
Rocco, italiana è laureata in lettere e canta come mezzosoprano, e organizza
concerti per questo incontra molti musicisti gitani. Così conosce i campi nomadi
e le donne dei campi nomadi. Donne - racconta - che hanno un desiderio:
lavorare. In uno dei campi nomadi della periferia romana nasce un giorno l'idea
della sartoria, le più anziane insegnano alle più giovani un'arte tramandata per
secoli. Il progetto si sviluppa e cresce diventa laboratorio, sartoria, negozio,
con sfilate - nel 2005 sotto l'egida di Romeo Gigli - e una cooperativa sociale
che organizza corsi per chi vuole imparare quest'arte e anche di riuso e
riutilizzo delle stoffe da buttare. Ora all'Antica sartoria rom, che confeziona
anche costumi teatrali, lavorano 4 donne rom, guadagnano un piccolo stipendio,
insegnano ad altre donne rom per dar loro un futuro. Ma i corsi sono frequentati
anche da donne italiane - una cinquantina negli ultimi due anni - affascinate
dalla moda gipsy. E a comprare sono soprattutto clienti italiani. Nessun
finanziamento pubblico. Fanno da sole.
Bari rom assumono rom - A marzo 2008 i rom
romeni del villaggio sosta comunale di strada Santa Teresa a Japigia danno il
via alla cooperativa di lavoro Artezian, facchinaggio, traslochi e manutenzione
del verde, e il primo settembre 2010 riescono ad assumere con contratto di
lavoro un rom bosniaco di un altro campo nomadi tra Modugno e Bitonto. Da
Artezian è nato anche un progetto per il riuso e riciclo di materiali e macchine
da buttare e le donne del campo creano bigiotteria e abiti con materiali di
scarto. "Il problema è la mancanza di un lavoro, di una fonte di reddito",
spiega Maurizio Pagani, dell'Opera nomadi di Milano, sottolineando: "Su questo
fronte le politiche pubbliche non hanno né investito né inciso minimamente, con
interventi a carattere assistenziale e a breve termine fine a se stessi". "Si fa
ruotare tutto su 'come facciamo a cacciare i nomadi', 'i campi sono ghetti'...
in realtà - prosegue Pagani - il problema di base è la mancanza di lavoro,
povertà, che condanna rom e sinti all'emarginazione una storia che va avanti dal
dopoguerra".
Corsi a Milano - L'opera nomadi quest'anno ha organizzato corsi di
sartoria con 15 donne rom dei campi nomadi abusivi; ora tutte sono diventate
sarte, lavorano nei campi ma vendono ai privati, anche nei negozi milanesi dove
viene molto apprezzato "la loro capacità naturale di accostare i colori". Delle
tre cooperative di servizi, messe su dall'opera nomadi di Milano, solo una
invece è sopravvissuta, le altre due "sono venute meno per mancanza di commesse
pubbliche". Nella cooperativa sopravvissuta lavorano 8-9 persone a progetto, ma
chi ha fatto questa esperienza, soprattutto i giovani, ha trovato poi lavoro
fuori in ditte private di pulizia. "Anche se normalmente non dicono di essere
rom", dice Pagani.
Progetto "Idea Rom" a Torino - "Essere rom non può essere una
vergogna, con il nostro progetto vogliamo dire e far conoscere chi siamo
davvero", così Vesna Vuletic, 48 anni, da 20 in Italia dove lavora come
mediatrice culturale, racconta la nascita, un anno fa a Torino di "Idea Rom" che
ora raccoglie una ventina di donne rom, e il loro obiettivo è l'outing: loro lo
hanno fatto per prime e ora cercano di aiutare gli altri ad uscire allo
scoperto, a non vergognarsi o temere di dire a lavoro, a scuola, all'università,
di essere rom.
Per metà sono donne già integrate, inserite nel lavoro, abitano in una casa,
l'altra metà del gruppo sono donne giovani, che invece vivono quasi tutte nei
campi nomadi, sono disoccupate, bassa scolarità. "Ci siamo ritrovate a parlare -
spiega Vesna - alcune di noi fanno le pulizie in banca, in ufficio, ma nessuna
diceva di essere rom per paura del sospetto, i figli non lo dicono a scuola per
paura di discriminazioni. Molte sono state combattute per anni ma adesso stanno
prendendo coraggio, dichiarandosi, rilasciando interviste e anche per comunicare
alla società che i rom non sono quelli sporchi, i cattivi da cacciare".
Condizioni di povertà portano all'esclusione e alla microcriminalità ma questa
non è la realtà della maggior parte dei rom: a Torino ad esempio delle 100
famiglie rom che ora abitano nelle case popolari, solo per 5 ci sono state
problematiche. Le donne di Idea Rom così si riuniscono, parlano, vanno nei campi
per promuovere il diritto di uscire allo scoperto, e hanno vinto così anche un
progetto del Dipartimento delle pari opportunità per interventi di mediazione
culturale. Ad ottobre a Torino inizieranno anche corsi di danze tradizionali
rom, aperti naturalmente a tutti.
Il vino a Milano e i premi - Prima le mamme del
quartiere milanese e le maestre aiutavano i bimbi e le famiglie rom in caso di
emergenza, poi hanno voluto fare di più, così insieme a Gas, Sant'Egidio, alla
cooperativa di produzione Eughenia, è nata l'idea, del vino R.O.M che sta per
"Rosso di origine migrante": bottiglie di vino toscano, Sangiovese, Merlot,
Shyra, per finanziare borse di studio e lavoro, un progetto grazie a cui due
padri rom hanno trovato lavoro e casa. Problemi di integrazione coi rom a scuola
o fuori ? "Assolutamente no - spiega Francesca - sono culturalmente diversi da
noi ma va benissimo. Noi abbiamo aiutato loro ma loro hanno aiutano noi. Avere i
bimbi rom nella nostra scuola è una ricchezza. Ci sono genitori di bambini che
frequentano altre scuole del centro di Milano, dove non si sono né stranieri né
rom che vengono qui con i loro figli perché vogliono 'mischiarli con i rom',
perchè - dicono - "i loro figli non possono crescere senza conoscere altre
realtà". E qualche volta, nonostante tutto, i riconoscimenti arrivano anche
dall'alto: il maestro di fisarmonica Jovica Jovic, 53 anni, è un rom jugoslavo
che vive nel campo nomadi di via Sesia a Milano e a marzo ha ricevuto dal
ministro Roberto Maroni, appassionato di musica, un permesso di soggiorno,
seppur temporaneo, per meriti artistici. Insegna a Milano, da lui, che ha
suonato con Pelù e Manu Chao, vanno a studiare molte ragazze. E ogni tanto va
nelle scuole, e assicurano "sarebbe un ottimo maestro per i bambini".
16 settembre 2010