Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 13/02/2010 @ 23:03:32, in Italia, visitato 2162 volte)
Ormai le notizie simili non si contano più. E siamo sempre
in pochi.
Lo sgombero potrebbe essere martedì. E' stato detto ai rom. Dobbiamo
coordinarci
Ciao a tutti, tutte le fonti confermano lo sgombero di Redecesio (Segrate)
per lunedì. I nostri bimbi rom (una dozzina, ormai) che frequentano da lì con
ostinata puntualità perderanno ancora tutto.
Dopo 3 mesi Florina e Cristina, le compagne di mio figlio, erano finalmente
tornate a scuola. Dopo tre mesi infernali: una fuga in Bovisasca, poi lo
spostamento dopo lo sgombero a Corsico, due ricoveri in ospedale per vomito e
tosse, un altro sgombero lì al cavalcavia di Lorenteggio, non più di due
settimane fa.
Il giorno prima dello sgombero mi hanno chiamato. lo sapevano, vengono
avvertiti, E' così che poi vagano nell'incubo per una decina di ore, qualche
volta di più.
Dove andiamo adesso, cosa facciamo?
Il giorno dopo erano qui, davanti alla scuola e abbiamo raccolto ancora
coperte, vestiti, soldi, cibo.
Non sapevano neanche bene dove si erano sistemati.
Erano finiti a Segrate, Redecesio, con altri che avevano lasciato a Rubattino
il 19 novembre e poi avevano rincontrato chi in Bovisa, chi a Corsico. Altri
venivano dallo sgombero si Chiaravalle. Perseguitati con ostinazione e ritmo
incalzante.
Poi, ancora impauriti, titubanti, le bambine finalmente a scuola.
Una settimana di docce e mensa e di giochi e risate con i compagni.
Lunedì scorso le avevo portato la merenda davanti a scuola, Cristina mi corre
incontro, dopo il suo primo giorno... ma no, Francesca, OGGI HO MANGIATO
La mensa. La stessa che i nostri figli in gran parte schifano.
Da lunedì sarà di nuovo tutto un disastro, si ricomincia con le ruspe.
Noi domenica andremo al campo a cercare di salvare il salvabile. Si, perché
le ruspe distruggono tutto ciò che trovano, senza pietà, senza dare il tempo...
Garofiza stamattina piangeva. Annamaria (la figlia, 7 anni, seconda
elementare) ha paura.
E' già andata la polizia al campo ad avvertirli.
Lei mi dice, perdiamo sempre tutto. Io ho tre figli, porto via loro, il resto
non riesco a prenderlo.
No, non ci sono né roulottes né mercedes luccicanti.
Non c'erano in Rubattino e non ci sono qui.
Qualche macchina , poche, qualche carrello della spesa.
Il 19 novembre eravamo una quindicina tra insegnanti e genitori, lunedì
mattina chiediamo una presenza di un centinaio di persone e soprattutto di
giornali e televisione.
Vi prego di dare MASSIMA DIFFUSIONE
Francesca Amendola
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:25:32, in Italia, visitato 2163 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Lettera aperta alla Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per
Stranieri di Restinco (Brindisi)
Milano, 13 febbraio 2010
Spettabile Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri di
Restinco (Brindisi)
In data 11 febbraio 2010 abbiamo appreso che il cittadino romeno Victor
Caldarar (cittadino dell'Unione europea e dunque con - almeno ipotetico -
permesso di libera circolazione entro gli Stati membri dell'Ue) è stato fermato
dalla polizia di Avellino e trovato senza documenti, Purtroppo i documenti erano
in possesso della moglie, che lo aspettava nei pressi della Questura
avellinese con i loro bambini piccoli. Quando abbiamo rintracciato la donna per
mandarla in Questura a consegnare il passaporto (la carta di identità era stata
bruciata dalle autorità durante lo sgombero della baracca in cui viveva, insieme
ad altri suoi beni) era troppo tardi e a nulla sono valse le nostre accorate
richieste di attendere almeno un po' prima di iniziare la sua deportazione in
Romania. "E' la procedura," ci ha assicurato un funzionario di polizia, che
pareva sinceramente dispiaciuto della situazione, "e il ministero dell'Interno
ci ha confermato tale procedura di espulsione". Victor, che è di etnia Rom,
aveva un precedente decreto di espulsione per accattonaggio e - fermato
nuovamente dalle autorità - è stato sottoposto a provvedimento giudiziario di
espulsione. In Italia vi sono circa 6 mila Rom romeni, di cui 4500 hanno
ricevuto decreti di espulsione, per i motivi più svariati: accattonaggio
molesto, resistenza od oltraggio, occupazione di terreno pubblico o privato,
schiamazzi ecc. (Sono provvedimenti "creativi", come richiesto alle autorità
locali dal ministro dell'Interno). La moglie è rimasta in mezzo alla strada con
i bambini, senza denaro né un rifugio, in chiaro pericolo a causa del freddo,
della precarietà e dell'intolleranza. Spesso, dopo l'arresto dei mariti e il
trasferimento nei Centri per Immigrati, le donne Rom (e "clandestine") subiscono
stupri e violenze gravi. I loro bimbi sono oggetto di episodi di gravità
inenarrabile, mancando improvvisamente il sostegno del padre ed essendo poco
accogliente, da nord a sud, l'Italia di oggi. Il "pacchetto sicurezza", poi,
spettabile Direzione, ha reso ancora più frequenti e tragiche queste emergenze
umanitarie e questi accadimenti orribili, che violano in toto i diritti del
bambino, della donna e dell'essere umano.
Nel caso della giovane signora Caldarar e dei suoi bimbi, per fortuna, il mio
gruppo, avvalendosi della solidarietà di alcuni Rom che vivono in Campania, è
riuscito a consentire al nucleo familiare privato del capofamiglia di ritornare
in patria: mi creda, in condizioni difficilissime e passando disagi e pericoli
spaventosi.
Riguardo al marito, Victor Caldarar, un uomo buono, conosciuto per il suo
altruismo e il suo coraggio, "colpevole" di aver chiesto l'elemosina in
compagnia di uno dei suoi bimbi, che dopo tanti sgomberi non aveva altro riparo
che... stare accanto a papà, riguardo a Victor, sta per essere trasferito presso
il Vostro spettabile Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri. Vi preghiamo
di evitare che possa incontrare nuove difficoltà e situazioni disagevoli
all'interno della Vostra struttura, in cui, purtroppo, episodi di autolesionismo
causati da una permanenza troppo dura, sono accaduti con preoccupante frequenza.
Victor è sfinito da una vita difficilissima, da gravi episodi di intolleranza
subiti in Italia, dalla persecuzione delle autorità che hanno sempre scacciato
lui e i suoi cari da qualsiasi riparo di fortuna, da qualsiasi paese o città.
Victor è in una situazione di fragilità e sfiducia, preoccupato per la moglie e
i bambini, amareggiato dalla mancanza di punti di riferimento e sostegno,
addolorato al pensiero del futuro che lo attende: un futuro fosco, fatto di
discriminazione e ostilità. Vi preghiamo di trattarlo bene, come un essere umano
(qual è), senza aggiungere pena alla sua già insopportabile pena.
Per qualunque necessità, evenienza o anche solo per ulteriori informazioni,
contattateci senza esitare.
RingraziandoVi, salutiamo distintamente. Roberto Malini, Matteo Pegoraro,
Dario Picciau - Gruppo EveryOne
Contatti:
Gruppo EveryOne
+39 3408135204 :: + 39 3313585406
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Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:11:08, in Italia, visitato 1450 volte)
(13/02/2010)
Il volenteroso discorso del Presidente Napolitano, vibrante di accorati richiami
all'unità nazionale, al sentimento che dovrebbe accumulare tutti gli italiani,
rischia di essere anacronistico, fuori tempo massimo. I processi di
disgregazione sono in fase molto avanzata ed alcuni di essi sono giunti al punto
di non ritorno. Cominciamo dal razzismo. Praticato per anni contro i meridionali
(in questo locale non entrano terroni e cani) ora si rivolge contro gli
immigrati ed in particolare contro i musulmani. Non è vero che il disprezzo per
i diversi, per gli stranieri, rafforza il senso di unità e di coesione per
diversi motivi e tra questi il fatto che non tutti condividiamo la xenofobia e
questa viene praticata da persone che la sfruttano per deprezzare la dignità e
concedere meno salario e meno diritti. Il fatto che leggi dello Stato
incentivino l'odio razziale e criminalizzano intere comunità come quella dei rom
e dei sinti non aiuta la crescita di un sentimento di unità nazionale che, per
essere tale, deve essere basato su valori universali e riconosciuti da tutti.
Uno Stato che legifera perchè teme o vuole sfruttare gli stranieri non è
espressione di una nazione coesa, solidale. Ma l'attacco maggiore all'unità
d'Italia non viene dalla propaganda nordista o dai tentativi di creare la
cosiddetta Padania. Viene dalla ideologia liberista che da trenta anni imperversa
e sfascia quanto incontra sulla sua strada. L'Italia dell'interclassismo
democristiano e dei centro-sinistra di Nenni, Spadolini, Fanfani, era certamente
più unita dell'Italia di oggi che sembra prossima al tracollo. La fontanella che
dissetava i passanti o abbeverava le capre nei sentieri di campagna con un filo
di acqua sempre fluente presto non esisterà più dal momento che l'acqua verrà
privatizzata e chi vorrà averne dovrà pagarsela e lasciare un profitto a coloro
che se ne sono impossessati sia pur legalmente. La demolizione delle tre braccia
fondamentali della sanità, delle pensioni e delle scuole infligge colpi
pesantissimi e divide il Paese. Una popolazione si riconosce nella sua scuola,
nel suo ospedale e nei suoi servizi comuni, nelle pensioni che non rinfaccia
ogni giorno ai vecchi come succede in questo disgraziato e corrotto Paese. Se la
scuola, la sanità, le pensioni vengono sfasciati in una logica che chi ha i i
mezzi per procurarsela va avanti e gli altri regrediscono quale sentimento
unitario può scaturirne? Grande fattore di unificazione del popolo italiano è
stato il servizio di leva anche se alla sua origine fu causa non secondaria di
una spaventosa guerra civile tra nord e sud. Il servizio di leva che portò
tantissimi giovani ad uscire dalle loro città e conoscerne altre è stato
sostituito da un servizio di professionisti delle armi che per giunta avrà
presto un Ministero della Guerra spa. Una cosa incredibile, grottesca,
scimmiottata dagli USA dove le multinazionali sono lo Stato ed il Pentagono è
loro creatura. La regionalizzazione del servizio sanitario nazionale è stata una
terribile disgrazia dal momento che ha creato le condizioni di gravi
diseguaglianze che presto saranno acuite dalla infornata di leggi che si
attendono sul federalismo. Si è tanto parlato male delle pensioni di invalidità
ed ora si dipingono coloro che ne fruiscono come dei parassiti. Ma negli anni
cinquanta milioni di vecchi contadini artigiani e lavoratori che avevano
lavorato per cinquanta anni si trovarono senza le "marche" necessarie per avere
la pensione di vecchiaia. Avevano lavorato per le loro famiglie ed il loro paese
ma nessuno si era preoccupato per la loro vecchiaia. Una legge dello Stato
introdusse il criterio "socioeconomico" nella concessione della pensione e
questo fece si che qualche milione di persone ebbe una pensioncina con la quale
poter comprare da mangiare. E' stata una legge che ha fatto del bene all'Italia
evitando di costringere gli anziani a mendicare o gravare sui figli. Oggi le
pensioni pubbliche tendono a scomparire e sono sottoposte ad un attacco
incessante da parte di una generazione di politici e di economisti che predicano
l'asocialità. Il lavoro stesso non ha più la grande forza di coesione di una
volta. Oggi i politici e gli imprenditori tendono a mettere i lavoratori uno
contro l'altro. L'applicazione distorta ed arbitraria della cosiddetta
"meritocrazia" scava fossati tra la gente e la fa guardare in cagnesco come in
quel famoso film con Jack Lemmon. L'ideologia liberista imperante e propagandata
da massmedia che martellano incessantemente i suoi principi su una popolazione
che degrada verso la semplice e casuale agglomerazione di individui ognuno
preoccupato per la sua sopravvivenza è del tutto estranea a quei sentimenti che
Napolitano vorrebbe far rivivere. Uno Stato è tale ed è Nazione se non viene
rappresentato dalla volgare folla di panfili di lusso che si raccolgono sotto
Villa certosa e dagli operai stiliti che affollano i tetti italiani come le
antenne televisive. Uno Stato è Nazione se fa come Fanfani un programma di case
popolari da affidare gratuitamente ai poveri e lo realizza, se realizza lo
Statuto dei Diritti dei Lavoratori, se provvede ai suoi vecchi senza mezzi. Ma
se viviamo in un paese che pratica la filosofica "ognuno per sé e Dio per tutti"
perché dovremmo amarlo, essere nazionalisti, emozionarci con l'Inno di Mameli?
Pietro Ancona
Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:15:41, in Italia, visitato 1682 volte)
Segnalazione di Agostino Rota Martir
PisaNotizie.it Da Scienze per la Pace una proposta di mediazione 5 -
autore: Francesco Auletta
La polizia municipale allontana nuovamente dal Ponte delle Bocchette le
famiglie sgomberate nella giornata di mercoledì, che non hanno più un posto dove
ripararsi. Annunciata nei prossimi giorni la demolizione del campo sull'Aurelia.
Gli studenti del Corso di laurea di Scienze per la Pace criticano
l'Amministrazione comunale e si propongono come "mediatori" per un tavolo di
lavoro
Lo sgombero compiuto dalla polizia municipale su decisione
dell'Amministrazione comunale nella giornata di mercoledì a carico delle
famiglie che abitavano nei due piccoli campi vicino al Ponte delle Bocchette,
con il passare delle ore sta mostrando, ancora una volta, l'inadeguatezza di un
intervento non supportato da politiche sociali, con la conseguenza di un pesante
peggioramento delle condizioni di vita di queste uomini, donne e bambini nella
nostra città.
Infatti, nonostante gli annunci fatta dall'assessore al sociale Maria Paola
Ciccone, le quasi totalità delle famiglie alle quali sono state demolite le
baracche in cui da anni vivevano, non hanno alcun posto dove andare. Spinti così
dal freddo, dal bisogno di trovare un riparo, diversi nuclei familiari ieri
mattina sono tornati, dopo una notte passata all'addiaccio, nuovamente nei
pressi del Ponte delle Bocchette, vicino a dove era il loro campo, e hanno
iniziato a tirare su dei piccoli ripari dove poter stare e far riposare i propri
figli. Ma nel giro di poche ore sul posto vi è stato un nuovo intervento della
polizia municipale che ha buttato giù i pochi pannelli di legno che erano stati
piantati nel terreno. Le famiglie però hanno trascorso lì tutto il pomeriggio,
intorno a un piccolo fuoco per riscaldarsi, cercando di salvare dalla pioggia,
dal fango e dall'umidità le cose che sono riusciti a portare via dal campo
distrutto dalle ruspe. Intorno alle 17:00 la zona è stata nuovamente circondata
dai vigili urbani che hanno intimato a questi uomini e donne di allontanarsi,
dando loro l'ultimatum per domattina alle 9:00 di lasciare l'area.
"Dove dobbiamo andare - ci dice una signora - ci hanno distrutto la casa senza
proporci nessuna alternativa. Siamo riusciti a sistemare i bambini in casa di
qualche amico per non farli stare qui al freddo, ma noi vogliamo stare insieme
ai nostri figli in una casa, è un nostro diritto: è un diritto di tutti avere
una casa".
"E' già un giorno - ci spiega un ragazzo - che, a causa dello sgombero, non
posso andare a lavorare. Ma dove lascio mia figlia? Dove li porto a dormire? Se
però continuo a mancare al lavoro, rischio di essere licenziato".
Tante sono le storie che si possono raccogliere da queste persone, se si è
disposti ad ascoltarle. Gli uomini lavorano quasi tutti, e ora senza una "casa"
non sanno come fare: la maggior parte di loro lavora al nero ed è preoccupata di
perdere anche questo. I bambini sono tanti e vanno a scuola. In questi due
giorni di inferno tra ruspe, demolizioni, fango, polizia e freddo non sono
neanche potuti andarci.
Quelli che sono tornati ieri al Ponte delle Bocchette sono solo una parte di
coloro che sono stati sgomberati. Gli altri, un'altra ventina circa, anche loro
non hanno avuto alcun sostegno da parte della Società della Salute e ora stanno
in alcune tende comprate mercoledì pomeriggio, di fronte all'assoluta emergenza,
grazie ai soldi raccolti con una sottoscrizione pubblica in favore dei rom
promossa due mesi fa da Africa Insieme, i Gruppi di Acquisto Solidale e Rebeldìa.
Ma evidentemente tutto questo non basta: avere avuto davanti agli occhi il
fallimento della politica degli sgomberi che provoca solo un peggioramento delle
condizioni di vita di queste famiglie non è sufficiente per fermarsi a
riflettere sul da farsi. E' infatti di ieri la notizia che la stessa polizia
municipale si è recata anche nel piccolo campo dell'Aurelia per annunciare alle
persone che vi stanno uno sgombero a breve.
L'emergenza così continua a crescere, ma si tratta di un'emergenza umanitaria
nei confronti di uomini, donne e bambini che "si vogliono cacciare della nostra
città".
E a prendere la parola sugli ultimi avvenimenti sono gli studenti del Corso di
Laurea in Scienze per la pace che in una lettera sottoscritta con decine di
firme raccontano: "Siamo venuti a conoscenza dello sgombero del campo-nomadi
"delle Bocchette" (vicino alla zona Le Piagge). Allarmati dalla notizia sono
immediatamente accorsi per prestare sostegno alle famiglie, ai bambini e alle
bambine che si sono visti portare via dalle ruspe il proprio luogo di vita
quotidiano, arrangiato alla meglio".
"Spinti dalla volontà di praticare i valori e gli ideali da cui il nostro
percorso formativo nasce e si alimenta - proseguono gli studenti non
comprendiamo come in una giornata di freddo pungente si possa brandire "il pugno
di ferro" della sicurezza, di una sterile legalità, contro uomini, donne e in
modo particolare numerosi bambini: è in questo modo che i cittadini pisani ora
si sentiranno "più sicuri"? È in questo modo che un'amministrazione comunale
promuove la democrazia, la pace e i diritti umani?"
I ragazzi e le ragazze che frequentano il Corso in Scienze per la Pace muovono
così una pesante critica allo strabismo del Comune di Pisa: "Non comprendiamo
come noi studenti, da una parte siamo invitati a partecipare ad attività come i
progetti di promozione della pace e dei diritti umani nelle scuole della
provincia pisana; e dall'altra come il nome del nostro Corso di Laurea sia
spesso accostato a manifestazioni promosse dall'amministrazione comunale, mentre
ai diritti umani si volta, nella pratica, le spalle. Purtroppo siamo costretti a
dar ragione a Sophie Bessis e a Frantz Fanon: l'Occidente continua a promuovere
un concetto di "diritti umani" che è "universale" perché deve essere "astratto",
lontano dalla realtà (per tener ben stretti i privilegi che abbiamo), non
smettendo mai "di parlare dell'uomo pur massacrandolo dovunque lo incontri, a
tutti gli angoli delle sue strade, a tutti gli angoli del mondo".
Ma dagli studenti arriva una proposta concreta e assolutamente nuova. I ragazzi
mettono a disposizione dell'istituzione le proprie competenze e professionalità
per contribuire a una soluzione positiva di questa vicenda: "Malgrado la nostra
forte criticità verso le modalità con le quali il Comune fino ad ora ha gestito
la"questione-rom", sulle orme della nonviolenza gandhiana, vogliamo essere
protagonisti di un "programma costruttivo" senza il quale il nostro dissenso
perderebbe credibilità. Come studenti di un Corso di Laurea che ha come
obiettivo la formazione di giovani "mediatori di conflitti", ci proponiamo, se
l'amministrazione acconsentisse, in qualità di mediatori in un tavolo di lavoro
da aprire con la comunità rom pisana, per tentare di risolvere la situazione".
"I diritti umani - concludono da Scienze per la pace - se sono veramente
universali sono per tutti, e non possono essere né lasciati al buon cuore
caritatevole di un umanesimo tristemente fuori dalla realtà, né essere applicati
con le ruspe o strumentalizzati contro i più deboli".
Di Fabrizio (del 16/02/2010 @ 12:19:33, in Italia, visitato 2437 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Redattore Sociale Milano, lettera delle maestre prima dello sgombero: "La vostra voce siamo
noi"
"Vi insegneremo centomila parole perché nessuno possa annientare chi come voi
non ha voce". I bambini della scuola elementare di via Pini vivono in una
baraccopoli a Segrate, ultima tappa di una serie di sgomberi. Domani forse un
nuovo trasferimento
MILANO - Le maestre della scuola elementare di via Pini a Milano scrivono ai
loro alunni rom, che domani potrebbero di nuovo essere sgomberati. "Vi
insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di
annientare chi come voi non ha voce". Oggi questi bambini vivono in una
baraccopoli sorta a Segrate, ma Il 19 novembre 2009 erano stati mandati via
dall'ex edificio Enel di via Rubattino, nel quartiere della scuola di via Pini.
Segrate è l'ultima tappa dei continui sgomberi che hanno subìto da allora.
Anche domani, probabilmente, vedranno la loro baracca rasa al suolo dalle ruspe.
Nonostante tutto, i bambini hanno continuato ad andare a scuola. Spesso sono le
maestre ad andarli a prendere nelle loro baracche, costruite di volta in volta
in zone diverse di Milano. Questa la lettera che le maestre di via Pini hanno
inviato a Redattore Sociale.
"Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate
-scrivono le maestre-. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i
vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per
questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi
nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati
in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e
possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi fanno
studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la
fiducia degli altri".
"Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo,
tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere
tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una
baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta
insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a
scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che
le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero
scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad
aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né
voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare".
"Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa
esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi
al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di
voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma
ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi,
che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la
solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo,
ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che
possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia,
perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom,
colpevoli prima ancora di essere nati".
"Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare
di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a
tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai
volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona.
A presto bambini, a scuola.
Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi,
Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli".
Sgombero a Segrate: un nuovo solito caso. La denuncia del Naga
Milano, 16/02/2010
Stamani all’alba è iniziato l’ennesimo sgombero. E’ stato il turno del campo rom
di Segrate dove vivevano più di 130 persone e dove, anche in questo caso, erano
in atto processi positivi d’integrazione.
Anche in questo caso, i bambini residenti nel campo frequentavano le scuole
locali e anche in questo caso le maestre, stamani, erano in prima fila per dare
sostegno alle persone sgomberate e per cercare di portare i bambini a scuola.
Anche in questo caso, non sono state trovate soluzioni abitative alternative e
condivise. Anche in questo caso, l’unica proposta è stata quella di separare le
donne e i bambini dai mariti.
Anche in questo caso, vengono calpestati diritti e libertà fondamentali di
uomini, donne e bambini che, da mesi,vengono rincorsi e stanati dove tentano di
trovare rifugio.
Anche in questo caso, non sono servite le mobilitazioni: l’accanimento prosegue
imperterrito e insensato.
Anche in questo caso, abbiamo incontrato famiglie che erano state sgomberate
prima dal campo rom di Rubattino, poi dalla zona di Bacula, poi da Bovisasca,
poi ancora da Rubattino e, stamani, da Segrate.
Anche in questo caso, per un giorno, staranno accesi deboli riflettori
sull’ennesimo sgombero e poi tutto tornerà come prima.
Anche in questo caso, la città è assuefatta.
Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei
campi rom e ovunque ce ne sia bisogno e continueremo a denunciare ogni
violazione dei diritti di chicchessia.
Per maggiori informazioni
NAGA 02 58 10 25 99 - 349 16 033 05 – naga@naga.it
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:09:06, in Italia, visitato 2072 volte)
Da
NO(b)LOGO
Nel XII municipio di Roma risiedono da almeno 10 anni, ed in alcuni casi da
più di 20, circa 350 persone ospitate in uno spazio attrezzato e recintato con
container e servizi.
Uso il termine "risiedono" perché hanno tutti la residenza anagrafica
nel quartiere e se il cartello stradale sulla SS Pontina indica "Campo
Nomadi", non sono e non si sentono nomadi, anzi auspicano ad una
stabilizzazione che favorisca processi di integrazione.
I 150 e più bambini frequentano le scuole nel quartiere, pochi (ma
qualcuno c'è) frequentano anche le superiori. Le donne fanno la spesa
nel quartiere, gli uomini si occupano di raccolta di materiale ferroso. Il
campo usufruisce dei progetti di scolarizzazione e le attività vengono
gestite dai mediatori dell'ARCI.
Quanto all'origine sono in prevalenza di provenienza bosniaca, con un nucleo
più piccolo di origine Macedone, sono in italia da almeno 20 anni venuti a
seguito della dissoluzione della Jugoslavia e prevale la situazione di
apolidia di fatto caratteristica della non gestione trentennale della
situazione di questi profughi.
Parecchi della seconda generazione però sono riusciti a superare la giungla
burocratica e sono diventati cittadini Italiani.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori, ed è ineluttabile che, in una
situazione di emarginazione e di estrema difficoltà di accesso al lavoro,
parte della popolazione poi finisca a cadere in situazioni di illegalità e
di micro criminalità.
Questa comunità è il prossimo bersaglio del Piano Nomadi di Alemanno e del
Prefetto Pecoraro.
Qui le ragioni dello sgombero minacciato sono completamente diverse da quelle
del Casilino 900.
L'insediamento è solo per motivi burocratici "non ufficiale", in quanto
gli arrivi, fino all'ultimo derivante da uno sgombero del 2001 di un
insediamento al Casilino 700 sono sempre stati concordati con
l'amministrazione.
La situazione abitativa non è diversa da quella dei campi "ufficiali" di
Castel Romano e Salone. Container con servizi e recinti. Il livello di
degrado, non diverso da quello di Castel Romano. Anzi a Castel Romano
l'acqua non è potabile mentre Tor de' Cenci è allacciato all'acquedotto
romano.
La situazione di degrado, non drammatica, del campo deriva dal fatto che i
container sono ormai vetusti e che non è disponibile un'area per le attività
del riciclo del rottame e quindi gli scarti restano sul piazzale di ingresso
(problema identico c'è a Castel Romano).
Il campo ha però l'"anomalia" di essere in prossimità del quartiere di
Spinaceto/Tor de' Cenci e quindi i residenti "non rom" e rom nei
negozi, nelle scuole, al mercato vengono a contatto.
Sulla "sgradevolezza" di questo contatto e sulle pulsioni razziste
del quartiere si è costruita la carriera politica l'assessore alle politiche
sociali Sveva Belviso
eletta nella circoscrizione proprio cavalcando l'ostilità dei residenti nelle
case contro i residenti nei container.
Suona quindi come voler pagare "un debito elettorale" la pressione
dell'assessore sulla comunità di Tor de' Cenci.
I residenti del campo hanno lanciato un appello per spiegare le loro ragioni.
Roma, lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci
Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei
nostri figli hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor de Cenci, da quando il sindaco
Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a famiglia.
Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci
e Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione
nel locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose
scuole dove i nostri figli sono iscritti.
Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte
l'attuale sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che
già ospita 800 nostri fratelli, di Castel Romano.
Perchè?
Sappiamo che l'assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai
cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più.
Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su
pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.
Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.
Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili
da trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino
900, è un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro,
per aggravare la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato
al di fuori di qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?
Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.
Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia (in foto),
carabinieri, croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un
altro censimento per scegliere chi è buono e chi cattivo. Siamo stanchi di
subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di chiunque
voglia
DIFENDERE LA DIGNITA' DEI ROM PER DIFENDERE UN PO' DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM
la Comunità Rom di Tor de Cenci
Ieri, appoggiati dall'ARCI, da Amnesty, dall'AGESCI, da associazioni
cattoliche hanno atteso invano il prefetto e le autorità cittadine e municipali
per spiegare le loro ragioni ed hanno organizzato una conferenza stampa. Erano
presenti numerosi giornalisti, qualche blogger. Era presente il prof. Brazzoduro
che è un eminente antropologo e profondo conoscitore della realtà sociale e
della cultura Rom e Sinti.
Le autorità invece non si sono viste, Il sindaco e l'assesore Belviso erano al
Casilino 900 per la cerimonia di chiusura, ma forse spaventati dal confronto con
associazioni come Amnesty International, non si sono visti neanche gli
amministratori del municipio.
A distanza l'Assessore Belviso ha parlato di Tor de' Cenci:
'Siamo consapevoli - continua Belviso- che per ogni cambiamento ci vuole tempo e
concertazione fra le parti, ma siamo convinti che, come si e' verificato per
Casilino 900, anche per Tor de Cenci, attraverso il dialogo e il coinvolgimento
delle stesse comunita' rom, supereremo le diffidenze e i timori presenti oggi.
Ma soprattutto - conclude Belviso- riusciremo a restituire al territorio la
legalita' e il decoro che merita e a dare dignita'' a quelle persone che
vogliono condividere con l'Amministrazione un percorso di inclusione e rispetto
delle regole''.
ROMA: BELVISO, CON CHIUSURA TOR DE CENCI 'FINE' A SIMBOLO DEL DEGRADO
Era invece presente Daniele Ozzimo del Partito Democratico che nel consiglio
Comunale è Vice Presidente della Commissione Politiche Sociali.
Si spera che le dichiarazioni fatte alla stampa, che qui riporto, non siano solo
chiacchiere pre-elettorali ad uso del bacino di voti dell'associazionismo,
ma siano invece una presa di posizione per il PD che spesso anche nei circoli di
Spinaceto e Tor de' Cenci non è stato benevolo (eufemismo) nei confronti dei
residenti rom del quartiere.
“Esempio emblematico della strumentalizzazione elettorale su cui è tarato il
piano nomadi, è l’annunciato sgombero del campo di Tor de Cenci che, a
differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato nel quale ad oggi sono ospite
350 persone di cui 108 minori scolarizzati che frequentano gli istituti
scolastici limitrofi al campo”. E’ quanto dichiara il consigliere del Pd Daniele Ozzimo, vicepresidente della
Commissione Politiche Sociali.
“Non si comprende - se non per fini puramente elettorali - qual è l’urgenza che
giustifica l’intervento di sgombero, visto che a Roma esistono realtà ben più
difficili come ad esempio il campo di Lamartora, ingranditosi a dismisura a
causa degli sgomberi volutamente non pianificati, in termini di accoglienza
alternativa, come ad esempio quello del Casilino 700”.
“Smantellare un campo come Tor de Cenci, che richiederebbe in realtà solo
interventi di manutenzione ordinaria, per farlo confluire in un contesto, come
quello di Castel Romano che già ospita 800 persone, è - conclude il consigliere
Ozzimo - una follia tutta elettorale che peraltro provocherebbe l’incremento di
costi a carico dell’Amministrazione, anche per garantire la scolarizzazione dei
minori”.
SGOMBERO NOMADI A TOR DE CENCI. DANIELE OZZIMO (PD): "SGOMBERO URGENTE PER FINI
ELETTORALI"
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:30:39, in Italia, visitato 1619 volte)
Gazzetta di Mantova
Guerra della Lega ai nomadi "Cacciamoli dai nostri Comuni"
Si acuisce lo scontro sugli accampamenti nel Mantovano. L'Opera Nomadi si
rivolgerà ai giudici.
Sindaci leghisti sul piede di guerra contro gli accampamenti di famiglie
nomadi. Le sei amministrazioni comunali guidate dal Carroccio in provincia
faranno scattare un'ordinanza per vietare pernottamento e campeggio di camper,
case mobili e simili sul territorio comunale. Nel mirino dei sindaci lumbard non
ci sono i turisti a quattro ruote ma i nomadi, sinti o rom che siano. In tre
paesi il provvedimento è già stato emanato, per gli altri è solo questione di
giorni. La campagna è stata lanciata nel quartier generale della Lega.
A innescare la miccia la vicenda del trasferimento di famiglie sinte dal
Bresciano verso Birbesi di Guidizzolo e Gazzo di Bigarello, con le polemiche che
ne sono seguite, è stata la miccia che ha innescato l'iniziativa leghista.
D'altra parte la questione dei campi nomadi è uno dei capisaldi della politica
leghista fin dai suoi esordi.
«L'integrazione non è una bella cosa perché confonde le matrici culturali. Noi
facciamo la raccolta differenziata, loro lasciano l'immondizia per strada», è il
cappello politico dell'iniziativa dei sindaci leghisti spiegato da Vincenzo
Chizzini, segretario della circoscrizione leghista città-medio mantovano. Che ha
così riassunto la ratio dell'ordinanza anti-nomadi già in vigore a Guidizzolo,
Ceresara e Bozzolo e che sarà presto promossa a San Giovanni del Dosso,
Castelbelforte e Pomponesco. Ideatore della delibera è il sindaco guidizzolese
Graziano Pellizzaro.
Nel suo territorio, a Birbesi, il comune di Brescia ha acquistato attraverso la
società Brixia Sviluppo, un terreno per l'insediamento di tre famiglie sinte.
«L'ordinanza - ha spiegato Pellizzaro - rimedia a una carenza normativa. Come
spesso capita, c'è stato bisogno di incappare nel problema prima di
ufficializzare la regola». Pelizzaro, tuttavia, sostiene che non si tratta di
una ordinanza anti-nomadi. «Vogliamo che chiunque viva a Gudizzolo lo faccia in
maniera decorosa - dice - mai avuto problemi abitativi».
Di più. Secondo il primo cittadino guidizzolese, l'ordinanza non sarebbe altro
che l'adeguamento del regolamento comunale alla legge 12 della Regione. «Niente
razzismo, solo buon senso», dicono un po' tutti i presenti. «Il nostro esempio -
dice il sindaco di Ceresara, Enzo Fozzato - deve essere Treviso e il nostro
obiettivo la vivibilità del comune». Controllo del territorio e ordinanze ad hoc
per risolvere questioni che potenzialmente potrebbero creare problemi nei
territori guidati da esponenti del Carroccio. «Il controllo del territorio -
continua Fozzato - è uno dei compiti più importanti dell'amministrazione. Un
sindaco interviene per risolvere i problemi dei cittadini. Da noi, ad esempio,
non possono essere introdotti volantini pubblicitari nella cassette della
posta».
Ma la questione nomadi (termine che in realtà è il più delle volte inappropriato
perché riferito a comunità stanziali) non è certo paragonabile ad un ordinario
problema di paese. Basti pensare che la decisione del comune di Brescia di
smantellare il campo nomadi e di trasferire una parte delle famiglie sinte che
vi abitano a Birbesi e a Gazzo (dove l'amministrazione di centrosinistra sta
meditando di prendere iniziative simili nella sostanza a quelle di Guidizzolo)
ha provocato un incidente diplomatico non solo tra gli enti coinvolti, ma anche
tra lumbard e Pdl. A guidare la giunta bresciana c'è il pidiellino doc Adriano
Paroli, già commissario provinciale di Forza Italia a Mantova. (v.c.)
(15 febbraio 2010)
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 08:55:49, in Italia, visitato 1672 volte)
Ricevo da
Davide Zaccheo
Stamattina verso le 11.00 un gruppo di rom di Tor de Cenci è stato invitato
dall'Assessora alle Politiche Sociali Sveva Belviso a una riunione riguardante
il prossimo spostamento che riguarderebbe proprio il campo di Tor de Cenci. Alla
riunione erano stati invitati solo i tre portavoce delle tre comunità del campo,
ma vista la tensione creatasi al in questi mesi riguardo lo sgombero, si sono
presentati all'invito almeno in venti, ognuno a fare da portavoce delle diverse
famiglie allargate, ognuna con un propria idea. La telefonata dell'assessora è
avvenuta esattamente il giorno dopo la mobilitazione dei rom di Tor de Cenci che
insieme a tutte le associazioni che operano al campo, insieme al Comitato di
Quartiere, agli scout, alla presenza di associazioni internazionali per la
Difesa dei Diritti Umani come Amnesty International e European Roma Right
Center, di politici e di liberi cittadini provenienti non solo da Spinaceto ma
da tutta la città, hanno detto chiaramente che vogliono rimanere in quel campo
rifiutando qualsiasi deportazione in un campo già affollato (Castel Romano). A
registrare questa manifestazione testate giornalistiche radiotelevisive e carta
stampata.
Ed è proprio dalla carta stampata che abbiamo capito il giorno dopo che la
mobilitazione qualche suo effetto ce lo aveva avuto. L'Assessora come si dice:
“ha alzato il tiro”. Su un intervista rilasciata dalla stessa, alla fine
dell'articolo dichiarava che Tor de Cenci è il campo rom con il più alto tasso
di criminalità di Roma con traffico di armi e spaccio di droga. Ora, o la
Belviso ci mostra qualche denuncia per traffico di armi, oppure ci dice da dove
e come ha ricevuto certe informazioni. Al campo è possibile che ci siano degli
spacciatori, ma la stragrande maggioranza degli abitanti del campo sono anni che
aspetta che arrivi qualcuno e li arresti. Sappiamo tutti che il problema del
traffico di droga non è solo del campo ma dell'intero quartiere di Tor de Cenci,
e se si analizzasse il Tevere, il tasso di sostanze stupefacenti sarebbe
sbalorditivo, e se poi si facesse una capatina a Montecitorio……….
L’incontro è stato aperto dall’Assessora cercando di convincere i rom della
“bontà” delle sue decisioni a fronte del “buon” esito del trasferimento di
Casilino, subito contestato dai rom presenti che hanno accolto un’anziana
montenegrina che non aveva trovato posti adeguati e dalle lamentele dei
“trasferiti” a Candoni che attendevano il lavoro promesso, e dei parenti
macedoni che stazionano al Cara in attesa della promessa destinazione alla
“Barbuta”, e il sovraffollamento indecente di Salone. Alla decisa e ferma
posizione di tutti i rom presenti Assessora e entourage, Di Maggio, Scozzafava,
Lattarulo, rappres. Prefetto, con in più Najo di casilino che verbalizzava (?) ,
hanno chiesto 2 giorni di riflessione prima di accettare la lettera dei rom
firmata da tutti gli abitanti del campo che chiede la rimessa in sicurezza del
campo di tor de cenci, conveniente anche economicamente, e il ripristino della
legalità allontanando le persone arrestate per spaccio, e non per andare a
Castel Romano.
Ritornati a casa i capifamiglia hanno riportato in assemblea gli esiti, avendo
la netta impressione che se si rimane uniti e compatti, resistendo anche a
velate offerte stile piatto di lenticchie, per pochi , d’ora in poi alla
trattative ci si và in 12, per sicurezza anticoncussione, e che pure un avvocato
poteva aiutare.
Ma la cosa più sconcertante sono le dichiarazioni dell' Assessora apparse oggi
sul
quotidiano Il Tempo. La Belviso sospetta che la protesta del 15 sia stata
aizzata e pilotata dalle cooperative che temono di perdere la sopravvivenza con
lo sgombero del campo. Con questa dichiarazione la Belviso è convinta che i Rom
siano persone talmente stupide da poter essere strumentalizzate e soprattutto
aizzate da associazioni e cooperative che non hanno nessun interesse se non
quello etico e umanitario. I rom, se uniti, hanno forti capacità di decisione,
soprattutto se la decisione riguarda la loro vita e quella dei loro figli. La
manifestazione del 15 ne è stata la prova. Inoltre, l'Assessora è convinta che i
rom siano doppiamente stupidi da poter accettare un trasferimento in cambio
promesse di lavoro (come è stato fatto a Casilino) e fondi stanziati in favore
di due o tre cooperative rom. Un trasferimento in un altra area dove vivono già
centinaia di rom, dove non c'è acqua potabile, e soprattutto circondata da prati
e boschi dove tutto si può fare tranne inclusione sociale.
Comunque a breve ci sarà un seminario transnazionale che si svolge sempre a Roma
il 25 e 26 febbraio "Structural Funds: Investing in Roma inclusion at the local
and regional level" promosso dalla Commissione Europea, che illustra il modo
migliore con cui possono essere utilizzati i Fondi Strutturali per promuovere
l'inclusione sociale: ci pensi bene!!!
A questi due eventi saremo felici di partecipare insieme ai rom di Tor de Cenci
o almeno a quelli che vorranno venire.
Davide e Paolo Operatori Arci solidarietà Onlus
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 13:57:47, in Italia, visitato 2131 volte)
Da
NO(b)LOGO
Giovedì 18 febbraio 2010 si renderà omaggio al ricordo di Petru Birlandeanu,
il musicista romeno ucciso per errore il 26 maggio 2009 in agguato alla Stazione
Cumana di Montesanto.
Lì, verrà esposta in una teca la sua fisarmonica presso la stazione della
Cumana di Montesanto, l’assessore regionale alle Politiche sociali e
all'Immigrazione Alfonsina De Felice rende omaggio alla memoria di Petru
Birlandeanu.
L’assessore esporrà in una teca la fisarmonica del musicista romeno ucciso
per errore, il 26 maggio 2009, da un commando di camorristi.
Tiene la prolusione della cerimonia Pasquale Colella, professore di
Diritto Canonico presso l'Università degli Studi di Salerno e direttore della
rivista “Il Tetto”. Partecipano Raffaello Bianco, amministratore delegato Sepsa;
Alessandro Pansa, prefetto di Napoli; Santi Giuffrè, questore di Napoli; Razvan
Victor Rusu, ambasciatore straordinario e pluripotenziario della Romania; Ciro
Accetta, direttore dell’Ente Autonomo di Volturno; Giulio Riccio, assessore
comunale alle Politiche Sociali; don Gaetano Romano, vicario episcopale per la
Carità. Saranno inoltre presenti Enzo Esposito dell’Associazione Opera Nomadi di
Napoli, Marco Rossi della Comunità di Sant'Egidio e i sindacati Cgil, Cisl e
Uil.
Omaggio a Petru Birlandeanu 18 febbraio 2010 - NapoliToday.it
Tutti presenti a commemorare Petru ... tutti tranne i rom ... non vedo un
solo rom tra gli invitati.
Dell'etnia di Petru non si fa parola, gli zingari quando sono cattivi sono rom,
anzi rrom come li chiama la società maggioritaria rumena per non fare
confusione.
Se sono vittime della nostra criminalità ritornano magicamente rumeni
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:33:58, in Italia, visitato 1920 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
ROSSA
PRIMAVERA
Il nomade va deportato a prescindere. Non importa che viva in un campo
regolarmente attrezzato, che i suoi figli vadano a scuola e che lui lavori e
cerchi di integrarsi. Il teatro designato per una delle più dissennate
operazioni di politica sociale che si possano immaginare è un villaggio di 350
rom di origine bosniaca, macedone e montenegrina, appartato in località Tor dè
Cenci, su una collinetta accanto alla Via Pontina, che da Roma conduce a Latina.
Ieri mattina mentre in un'altra parte della città veniva buttata giù, sotto gli
occhi del sindaco Gianni Alemanno, l'ultima baracca dell'insediamento abusivo "Casilino
900", che verrà bonificato e trasformato in parco, gli abitanti del villaggio di
Tor dè Cenci hanno atteso a lungo e invano, sull'ampio piazzale d'ingresso,
l'arrivo del prefetto o di suoi alcuni collaboratori che avrebbero dovuto
spiegare le modalità di quell'imminente assurdo sgombero. Hasko, il portavoce
del villaggio, non sapeva darsi pace: "Siamo qui da 15 anni e gli abitanti di
Tor dè Cenci non si sono mai lamentati di noi. In tutto questo tempo non è mai
stata rubata un'auto, non è mai sparito un portafoglio. I nostri bambini vanno a
scuola qui, io stesso faccio parte dell'esecutivo del Comitato di quartiere". Il
villaggio di Tor dè Cenci è stato inaugurato nel 1995 dall'allora sindaco
Francesco Rutelli: i nomadi vivono in 55 container modello Protezione Civile e,
secondo i calcoli dell'ARCI, il comune ha speso fino ad oggi 5 milioni di euro
per costruirlo, recintarlo e allacciare l'acqua, la luce elettrica, il telefono,
le fogne. Dei 350 occupanti, ben 200 sono minori, ma non contando i bambini da 0
a 3 anni e i ragazzi con più di 16 anni, esclusi dall'obbligo scolastico,
arriviamo ai 110 iscritti a scuola. "Di questi ben l'80% ha una frequenza
regolare, una delle medie più alte fra tutti i campi rom di Roma" osserva Paolo
Perrini che coordina i progetti di scolarizzazione dei nomadi per conto
dell'ARCI. Ogni mattina arrivano i pulmini comunali a "distribuire" bimbi e
ragazzi in un ampio parco di complessi scolastici, in modo da evitare classi e
scuole ghetto. Non giungono così di frequente, invece gli automezzi dell'AMA,
l'azienda comunale della nettezza urbana: in media un paio di volte la
settimana, nonostante per convenzione dovrebbero passare due volte al giorno.
Così pile di rifiuti sono accatastate attorno ai cinque cassonetti
dell'ingresso. I ragazzi di cittadinanza italiana sono una trentina e sventolano
a richiesta carte d'identità un po' logore e passaporti: sono quelli nati in
Italia che hanno potuto documentare, attraverso certificati scolastici,
vaccinazioni e altro, la continuità di residenza dalla nascita al diciottesimo
anno d'età. Simone, 22 anni, e Ibrahim, 20, hanno prestato servizio civile
nell'Opera Nomadi. Bryan fa il parrucchiere in un negozio dell'EUR. Il mestiere
dominante nel gruppo, è la separazione del ferro dal piombo e dal rame, per
vendere il tutto al mercato all'ingrosso. "Niente binari del treno - giurano -
svuotiamo le cantine e abbiamo la partita IVA". Il progetto dell'Assessore alle
Politiche Sociali, Sveva Belviso è di chiudere il villaggio trasferendo gli
occupanti 20 km più a Sud, nel campo di Castel Romano, che ospita già 800 rom,
per onorare la promessa fatta in campagna elettorale agli elettori del suo
municipio, il dodicesimo. I nomadi hanno scritto una lettera aperta alle
"autorità preposte", perché ci ripensino: "A chi non conviene aggravare la
situazione - trasferendoci in un campo già grande e disagiato, al di fuori di
qualsiasi contesto urbano?". L'hanno consegnata al commissario del Croce Rossa
Italiana Marco Squicciarini, che ha assicurato il suo appoggio: la Croce Rossa
Italiana non fornirà alcun apporto logistico allo sgombero, contro il quale si è
mossa da Londra pure Amnesty International
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