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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/02/2010 @ 23:03:32, in Italia, visitato 2162 volte)

Ormai le notizie simili non si contano più. E siamo sempre in pochi.

Lo sgombero potrebbe essere martedì. E' stato detto ai rom. Dobbiamo coordinarci

Ciao a tutti, tutte le fonti confermano lo sgombero di Redecesio (Segrate) per lunedì. I nostri bimbi rom (una dozzina, ormai) che frequentano da lì con ostinata puntualità perderanno ancora tutto.

Dopo 3 mesi Florina e Cristina, le compagne di mio figlio, erano finalmente tornate a scuola. Dopo tre mesi infernali: una fuga in Bovisasca, poi lo spostamento dopo lo sgombero a Corsico, due ricoveri in ospedale per vomito e tosse, un altro sgombero lì al cavalcavia di Lorenteggio, non più di due settimane fa.

Il giorno prima dello sgombero mi hanno chiamato. lo sapevano, vengono avvertiti, E' così che poi vagano nell'incubo per una decina di ore, qualche volta di più.

Dove andiamo adesso, cosa facciamo?

Il giorno dopo erano qui, davanti alla scuola e abbiamo raccolto ancora coperte, vestiti, soldi, cibo.

Non sapevano neanche bene dove si erano sistemati.

Erano finiti a Segrate, Redecesio, con altri che avevano lasciato a Rubattino il 19 novembre e poi avevano rincontrato chi in Bovisa, chi a Corsico. Altri venivano dallo sgombero si Chiaravalle. Perseguitati con ostinazione e ritmo incalzante.

Poi, ancora impauriti, titubanti, le bambine finalmente a scuola.

Una settimana di docce e mensa e di giochi e risate con i compagni.

Lunedì scorso le avevo portato la merenda davanti a scuola, Cristina mi corre incontro, dopo il suo primo giorno... ma no, Francesca, OGGI HO MANGIATO

La mensa. La stessa che i nostri figli in gran parte schifano.

Da lunedì sarà di nuovo tutto un disastro, si ricomincia con le ruspe.

Noi domenica andremo al campo a cercare di salvare il salvabile. Si, perché le ruspe distruggono tutto ciò che trovano, senza pietà, senza dare il tempo...

Garofiza stamattina piangeva. Annamaria (la figlia, 7 anni, seconda elementare) ha paura.

E' già andata la polizia al campo ad avvertirli.

Lei mi dice, perdiamo sempre tutto. Io ho tre figli, porto via loro, il resto non riesco a prenderlo.

No, non ci sono né roulottes né mercedes luccicanti.

Non c'erano in Rubattino e non ci sono qui.

Qualche macchina , poche, qualche carrello della spesa.

Il 19 novembre eravamo una quindicina tra insegnanti e genitori, lunedì mattina chiediamo una presenza di un centinaio di persone e soprattutto di giornali e televisione.

Vi prego di dare MASSIMA DIFFUSIONE

Francesca Amendola

 
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:25:32, in Italia, visitato 2163 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Lettera aperta alla Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri di Restinco (Brindisi)
Milano, 13 febbraio 2010

Spettabile Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri di Restinco (Brindisi)

In data 11 febbraio 2010 abbiamo appreso che il cittadino romeno Victor Caldarar (cittadino dell'Unione europea e dunque con - almeno ipotetico - permesso di libera circolazione entro gli Stati membri dell'Ue) è stato fermato dalla polizia di Avellino e trovato senza documenti, Purtroppo i documenti erano in possesso della moglie, che lo aspettava nei pressi della Questura avellinese con i loro bambini piccoli. Quando abbiamo rintracciato la donna per mandarla in Questura a consegnare il passaporto (la carta di identità era stata bruciata dalle autorità durante lo sgombero della baracca in cui viveva, insieme ad altri suoi beni) era troppo tardi e a nulla sono valse le nostre accorate richieste di attendere almeno un po' prima di iniziare la sua deportazione in Romania. "E' la procedura," ci ha assicurato un funzionario di polizia, che pareva sinceramente dispiaciuto della situazione, "e il ministero dell'Interno ci ha confermato tale procedura di espulsione". Victor, che è di etnia Rom, aveva un precedente decreto di espulsione per accattonaggio e - fermato nuovamente dalle autorità - è stato sottoposto a provvedimento giudiziario di espulsione. In Italia vi sono circa 6 mila Rom romeni, di cui 4500 hanno ricevuto decreti di espulsione, per i motivi più svariati: accattonaggio molesto, resistenza od oltraggio, occupazione di terreno pubblico o privato, schiamazzi ecc. (Sono provvedimenti "creativi", come richiesto alle autorità locali dal ministro dell'Interno). La moglie è rimasta in mezzo alla strada con i bambini, senza denaro né un rifugio, in chiaro pericolo a causa del freddo, della precarietà e dell'intolleranza. Spesso, dopo l'arresto dei mariti e il trasferimento nei Centri per Immigrati, le donne Rom (e "clandestine") subiscono stupri e violenze gravi. I loro bimbi sono oggetto di episodi di gravità inenarrabile, mancando improvvisamente il sostegno del padre ed essendo poco accogliente, da nord a sud, l'Italia di oggi. Il "pacchetto sicurezza", poi, spettabile Direzione, ha reso ancora più frequenti e tragiche queste emergenze umanitarie e questi accadimenti orribili, che violano in toto i diritti del bambino, della donna e dell'essere umano.

Nel caso della giovane signora Caldarar e dei suoi bimbi, per fortuna, il mio gruppo, avvalendosi della solidarietà di alcuni Rom che vivono in Campania, è riuscito a consentire al nucleo familiare privato del capofamiglia di ritornare in patria: mi creda, in condizioni difficilissime e passando disagi e pericoli spaventosi.

Riguardo al marito, Victor Caldarar, un uomo buono, conosciuto per il suo altruismo e il suo coraggio, "colpevole" di aver chiesto l'elemosina in compagnia di uno dei suoi bimbi, che dopo tanti sgomberi non aveva altro riparo che... stare accanto a papà, riguardo a Victor, sta per essere trasferito presso il Vostro spettabile Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri. Vi preghiamo di evitare che possa incontrare nuove difficoltà e situazioni disagevoli all'interno della Vostra struttura, in cui, purtroppo, episodi di autolesionismo causati da una permanenza troppo dura, sono accaduti con preoccupante frequenza. Victor è sfinito da una vita difficilissima, da gravi episodi di intolleranza subiti in Italia, dalla persecuzione delle autorità che hanno sempre scacciato lui e i suoi cari da qualsiasi riparo di fortuna, da qualsiasi paese o città. Victor è in una situazione di fragilità e sfiducia, preoccupato per la moglie e i bambini, amareggiato dalla mancanza di punti di riferimento e sostegno, addolorato al pensiero del futuro che lo attende: un futuro fosco, fatto di discriminazione e ostilità. Vi preghiamo di trattarlo bene, come un essere umano (qual è), senza aggiungere pena alla sua già insopportabile pena.

Per qualunque necessità, evenienza o anche solo per ulteriori informazioni, contattateci senza esitare.

RingraziandoVi, salutiamo distintamente. Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau - Gruppo EveryOne

Contatti:
Gruppo EveryOne
+39 3408135204 :: + 39 3313585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

 
Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:11:08, in Italia, visitato 1450 volte)

(13/02/2010)

Il volenteroso discorso del Presidente Napolitano, vibrante di accorati richiami all'unità nazionale, al sentimento che dovrebbe accumulare tutti gli italiani, rischia di essere anacronistico, fuori tempo massimo. I processi di disgregazione sono in fase molto avanzata ed alcuni di essi sono giunti al punto di non ritorno. Cominciamo dal razzismo. Praticato per anni contro i meridionali (in questo locale non entrano terroni e cani) ora si rivolge contro gli immigrati ed in particolare contro i musulmani. Non è vero che il disprezzo per i diversi, per gli stranieri, rafforza il senso di unità e di coesione per diversi motivi e tra questi il fatto che non tutti condividiamo la xenofobia e questa viene praticata da persone che la sfruttano per deprezzare la dignità e concedere meno salario e meno diritti. Il fatto che leggi dello Stato incentivino l'odio razziale e criminalizzano intere comunità come quella dei rom e dei sinti non aiuta la crescita di un sentimento di unità nazionale che, per essere tale, deve essere basato su valori universali e riconosciuti da tutti. Uno Stato che legifera perchè teme o vuole sfruttare gli stranieri non è espressione di una nazione coesa, solidale. Ma l'attacco maggiore all'unità d'Italia non viene dalla propaganda nordista o dai tentativi di creare la cosiddetta Padania. Viene dalla ideologia liberista che da trenta anni imperversa e sfascia quanto incontra sulla sua strada. L'Italia dell'interclassismo democristiano e dei centro-sinistra di Nenni, Spadolini, Fanfani, era certamente più unita dell'Italia di oggi che sembra prossima al tracollo. La fontanella che dissetava i passanti o abbeverava le capre nei sentieri di campagna con un filo di acqua sempre fluente presto non esisterà più dal momento che l'acqua verrà privatizzata e chi vorrà averne dovrà pagarsela e lasciare un profitto a coloro che se ne sono impossessati sia pur legalmente. La demolizione delle tre braccia fondamentali della sanità, delle pensioni e delle scuole infligge colpi pesantissimi e divide il Paese. Una popolazione si riconosce nella sua scuola, nel suo ospedale e nei suoi servizi comuni, nelle pensioni che non rinfaccia ogni giorno ai vecchi come succede in questo disgraziato e corrotto Paese. Se la scuola, la sanità, le pensioni vengono sfasciati in una logica che chi ha i i mezzi per procurarsela va avanti e gli altri regrediscono quale sentimento unitario può scaturirne? Grande fattore di unificazione del popolo italiano è stato il servizio di leva anche se alla sua origine fu causa non secondaria di una spaventosa guerra civile tra nord e sud. Il servizio di leva che portò tantissimi giovani ad uscire dalle loro città e conoscerne altre è stato sostituito da un servizio di professionisti delle armi che per giunta avrà presto un Ministero della Guerra spa. Una cosa incredibile, grottesca, scimmiottata dagli USA dove le multinazionali sono lo Stato ed il Pentagono è loro creatura. La regionalizzazione del servizio sanitario nazionale è stata una terribile disgrazia dal momento che ha creato le condizioni di gravi diseguaglianze che presto saranno acuite dalla infornata di leggi che si attendono sul federalismo. Si è tanto parlato male delle pensioni di invalidità ed ora si dipingono coloro che ne fruiscono come dei parassiti. Ma negli anni cinquanta milioni di vecchi contadini artigiani e lavoratori che avevano lavorato per cinquanta anni si trovarono senza le "marche" necessarie per avere la pensione di vecchiaia. Avevano lavorato per le loro famiglie ed il loro paese ma nessuno si era preoccupato per la loro vecchiaia. Una legge dello Stato introdusse il criterio "socioeconomico" nella concessione della pensione e questo fece si che qualche milione di persone ebbe una pensioncina con la quale poter comprare da mangiare. E' stata una legge che ha fatto del bene all'Italia evitando di costringere gli anziani a mendicare o gravare sui figli. Oggi le pensioni pubbliche tendono a scomparire e sono sottoposte ad un attacco incessante da parte di una generazione di politici e di economisti che predicano l'asocialità. Il lavoro stesso non ha più la grande forza di coesione di una volta. Oggi i politici e gli imprenditori tendono a mettere i lavoratori uno contro l'altro. L'applicazione distorta ed arbitraria della cosiddetta "meritocrazia" scava fossati tra la gente e la fa guardare in cagnesco come in quel famoso film con Jack Lemmon. L'ideologia liberista imperante e propagandata da massmedia che martellano incessantemente i suoi principi su una popolazione che degrada verso la semplice e casuale agglomerazione di individui ognuno preoccupato per la sua sopravvivenza è del tutto estranea a quei sentimenti che Napolitano vorrebbe far rivivere. Uno Stato è tale ed è Nazione se non viene rappresentato dalla volgare folla di panfili di lusso che si raccolgono sotto Villa certosa e dagli operai stiliti che affollano i tetti italiani come le antenne televisive. Uno Stato è Nazione se fa come Fanfani un programma di case popolari da affidare gratuitamente ai poveri e lo realizza, se realizza lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, se provvede ai suoi vecchi senza mezzi. Ma se viviamo in un paese che pratica la filosofica "ognuno per sé e Dio per tutti" perché dovremmo amarlo, essere nazionalisti, emozionarci con l'Inno di Mameli?

Pietro Ancona

 
Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:15:41, in Italia, visitato 1682 volte)

Segnalazione di Agostino Rota Martir

PisaNotizie.it Da Scienze per la Pace una proposta di mediazione 5 - autore: Francesco Auletta
La polizia municipale allontana nuovamente dal Ponte delle Bocchette le famiglie sgomberate nella giornata di mercoledì, che non hanno più un posto dove ripararsi. Annunciata nei prossimi giorni la demolizione del campo sull'Aurelia. Gli studenti del Corso di laurea di Scienze per la Pace criticano l'Amministrazione comunale e si propongono come "mediatori" per un tavolo di lavoro

Lo sgombero compiuto dalla polizia municipale su decisione dell'Amministrazione comunale nella giornata di mercoledì a carico delle famiglie che abitavano nei due piccoli campi vicino al Ponte delle Bocchette, con il passare delle ore sta mostrando, ancora una volta, l'inadeguatezza di un intervento non supportato da politiche sociali, con la conseguenza di un pesante peggioramento delle condizioni di vita di queste uomini, donne e bambini nella nostra città.

Infatti, nonostante gli annunci fatta dall'assessore al sociale Maria Paola Ciccone, le quasi totalità delle famiglie alle quali sono state demolite le baracche in cui da anni vivevano, non hanno alcun posto dove andare. Spinti così dal freddo, dal bisogno di trovare un riparo, diversi nuclei familiari ieri mattina sono tornati, dopo una notte passata all'addiaccio, nuovamente nei pressi del Ponte delle Bocchette, vicino a dove era il loro campo, e hanno iniziato a tirare su dei piccoli ripari dove poter stare e far riposare i propri figli. Ma nel giro di poche ore sul posto vi è stato un nuovo intervento della polizia municipale che ha buttato giù i pochi pannelli di legno che erano stati piantati nel terreno. Le famiglie però hanno trascorso lì tutto il pomeriggio, intorno a un piccolo fuoco per riscaldarsi, cercando di salvare dalla pioggia, dal fango e dall'umidità le cose che sono riusciti a portare via dal campo distrutto dalle ruspe. Intorno alle 17:00 la zona è stata nuovamente circondata dai vigili urbani che hanno intimato a questi uomini e donne di allontanarsi, dando loro l'ultimatum per domattina alle 9:00 di lasciare l'area.

"Dove dobbiamo andare - ci dice una signora - ci hanno distrutto la casa senza proporci nessuna alternativa. Siamo riusciti a sistemare i bambini in casa di qualche amico per non farli stare qui al freddo, ma noi vogliamo stare insieme ai nostri figli in una casa, è un nostro diritto: è un diritto di tutti avere una casa".

"E' già un giorno - ci spiega un ragazzo - che, a causa dello sgombero, non posso andare a lavorare. Ma dove lascio mia figlia? Dove li porto a dormire? Se però continuo a mancare al lavoro, rischio di essere licenziato".

Tante sono le storie che si possono raccogliere da queste persone, se si è disposti ad ascoltarle. Gli uomini lavorano quasi tutti, e ora senza una "casa" non sanno come fare: la maggior parte di loro lavora al nero ed è preoccupata di perdere anche questo. I bambini sono tanti e vanno a scuola. In questi due giorni di inferno tra ruspe, demolizioni, fango, polizia e freddo non sono neanche potuti andarci.

Quelli che sono tornati ieri al Ponte delle Bocchette sono solo una parte di coloro che sono stati sgomberati. Gli altri, un'altra ventina circa, anche loro non hanno avuto alcun sostegno da parte della Società della Salute e ora stanno in alcune tende comprate mercoledì pomeriggio, di fronte all'assoluta emergenza, grazie ai soldi raccolti con una sottoscrizione pubblica in favore dei rom promossa due mesi fa da Africa Insieme, i Gruppi di Acquisto Solidale e Rebeldìa.

Ma evidentemente tutto questo non basta: avere avuto davanti agli occhi il fallimento della politica degli sgomberi che provoca solo un peggioramento delle condizioni di vita di queste famiglie non è sufficiente per fermarsi a riflettere sul da farsi. E' infatti di ieri la notizia che la stessa polizia municipale si è recata anche nel piccolo campo dell'Aurelia per annunciare alle persone che vi stanno uno sgombero a breve.

L'emergenza così continua a crescere, ma si tratta di un'emergenza umanitaria nei confronti di uomini, donne e bambini che "si vogliono cacciare della nostra città".

E a prendere la parola sugli ultimi avvenimenti sono gli studenti del Corso di Laurea in Scienze per la pace che in una lettera sottoscritta con decine di firme raccontano: "Siamo venuti a conoscenza dello sgombero del campo-nomadi "delle Bocchette" (vicino alla zona Le Piagge). Allarmati dalla notizia sono immediatamente accorsi per prestare sostegno alle famiglie, ai bambini e alle bambine che si sono visti portare via dalle ruspe il proprio luogo di vita quotidiano, arrangiato alla meglio".

"Spinti dalla volontà di praticare i valori e gli ideali da cui il nostro percorso formativo nasce e si alimenta - proseguono gli studenti non comprendiamo come in una giornata di freddo pungente si possa brandire "il pugno di ferro" della sicurezza, di una sterile legalità, contro uomini, donne e in modo particolare numerosi bambini: è in questo modo che i cittadini pisani ora si sentiranno "più sicuri"? È in questo modo che un'amministrazione comunale promuove la democrazia, la pace e i diritti umani?"

I ragazzi e le ragazze che frequentano il Corso in Scienze per la Pace muovono così una pesante critica allo strabismo del Comune di Pisa: "Non comprendiamo come noi studenti, da una parte siamo invitati a partecipare ad attività come i progetti di promozione della pace e dei diritti umani nelle scuole della provincia pisana; e dall'altra come il nome del nostro Corso di Laurea sia spesso accostato a manifestazioni promosse dall'amministrazione comunale, mentre ai diritti umani si volta, nella pratica, le spalle. Purtroppo siamo costretti a dar ragione a Sophie Bessis e a Frantz Fanon: l'Occidente continua a promuovere un concetto di "diritti umani" che è "universale" perché deve essere "astratto", lontano dalla realtà (per tener ben stretti i privilegi che abbiamo), non smettendo mai "di parlare dell'uomo pur massacrandolo dovunque lo incontri, a tutti gli angoli delle sue strade, a tutti gli angoli del mondo".

Ma dagli studenti arriva una proposta concreta e assolutamente nuova. I ragazzi mettono a disposizione dell'istituzione le proprie competenze e professionalità per contribuire a una soluzione positiva di questa vicenda: "Malgrado la nostra forte criticità verso le modalità con le quali il Comune fino ad ora ha gestito la"questione-rom", sulle orme della nonviolenza gandhiana, vogliamo essere protagonisti di un "programma costruttivo" senza il quale il nostro dissenso perderebbe credibilità. Come studenti di un Corso di Laurea che ha come obiettivo la formazione di giovani "mediatori di conflitti", ci proponiamo, se l'amministrazione acconsentisse, in qualità di mediatori in un tavolo di lavoro da aprire con la comunità rom pisana, per tentare di risolvere la situazione".

"I diritti umani - concludono da Scienze per la pace - se sono veramente universali sono per tutti, e non possono essere né lasciati al buon cuore caritatevole di un umanesimo tristemente fuori dalla realtà, né essere applicati con le ruspe o strumentalizzati contro i più deboli".

 
Di Fabrizio (del 16/02/2010 @ 12:19:33, in Italia, visitato 2437 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Redattore Sociale

Milano, lettera delle maestre prima dello sgombero: "La vostra voce siamo noi"

"Vi insegneremo centomila parole perché nessuno possa annientare chi come voi non ha voce". I bambini della scuola elementare di via Pini vivono in una baraccopoli a Segrate, ultima tappa di una serie di sgomberi. Domani forse un nuovo trasferimento
MILANO - Le maestre della scuola elementare di via Pini a Milano scrivono ai loro alunni rom, che domani potrebbero di nuovo essere sgomberati. "Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce". Oggi questi bambini vivono in una baraccopoli sorta a Segrate, ma Il 19 novembre 2009 erano stati mandati via dall'ex edificio Enel di via Rubattino, nel quartiere della scuola di via Pini. Segrate è l'ultima tappa dei continui sgomberi che hanno subìto da allora. Anche domani, probabilmente, vedranno la loro baracca rasa al suolo dalle ruspe. Nonostante tutto, i bambini hanno continuato ad andare a scuola. Spesso sono le maestre ad andarli a prendere nelle loro baracche, costruite di volta in volta in zone diverse di Milano. Questa la lettera che le maestre di via Pini hanno inviato a Redattore Sociale.

"Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate -scrivono le maestre-. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi fanno studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri".

"Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare".

"Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia, perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom, colpevoli prima ancora di essere nati".

"Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona. A presto bambini, a scuola.

Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli".


Sgombero a Segrate: un nuovo solito caso. La denuncia del Naga

Milano, 16/02/2010

Stamani all’alba è iniziato l’ennesimo sgombero. E’ stato il turno del campo rom di Segrate dove vivevano più di 130 persone e dove, anche in questo caso, erano in atto processi positivi d’integrazione.

Anche in questo caso, i bambini residenti nel campo frequentavano le scuole locali e anche in questo caso le maestre, stamani, erano in prima fila per dare sostegno alle persone sgomberate e per cercare di portare i bambini a scuola.

Anche in questo caso, non sono state trovate soluzioni abitative alternative e condivise. Anche in questo caso, l’unica proposta è stata quella di separare le donne e i bambini dai mariti.

Anche in questo caso, vengono calpestati diritti e libertà fondamentali di uomini, donne e bambini che, da mesi,vengono rincorsi e stanati dove tentano di trovare rifugio.

Anche in questo caso, non sono servite le mobilitazioni: l’accanimento prosegue imperterrito e insensato.

Anche in questo caso, abbiamo incontrato famiglie che erano state sgomberate prima dal campo rom di Rubattino, poi dalla zona di Bacula, poi da Bovisasca, poi ancora da Rubattino e, stamani, da Segrate.

Anche in questo caso, per un giorno, staranno accesi deboli riflettori sull’ennesimo sgombero e poi tutto tornerà come prima.

Anche in questo caso, la città è assuefatta.

Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei campi rom e ovunque ce ne sia bisogno e continueremo a denunciare ogni violazione dei diritti di chicchessia.

Per maggiori informazioni
NAGA 02 58 10 25 99 - 349 16 033 05 – naga@naga.it

 
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:09:06, in Italia, visitato 2072 volte)

Da NO(b)LOGO

Nel XII municipio di Roma risiedono da almeno 10 anni, ed in alcuni casi da più di 20, circa 350 persone ospitate in uno spazio attrezzato e recintato con container e servizi.

Uso il termine "risiedono" perché hanno tutti la residenza anagrafica nel quartiere e se il cartello stradale sulla SS Pontina indica "Campo Nomadi", non sono e non si sentono nomadi, anzi auspicano ad una stabilizzazione che favorisca processi di integrazione.

I 150 e più bambini frequentano le scuole nel quartiere, pochi (ma qualcuno c'è) frequentano anche le superiori. Le donne fanno la spesa nel quartiere, gli uomini si occupano di raccolta di materiale ferroso. Il campo usufruisce dei progetti di scolarizzazione e le attività vengono gestite dai mediatori dell'ARCI.

Quanto all'origine sono in prevalenza di provenienza bosniaca, con un nucleo più piccolo di origine Macedone, sono in italia da almeno 20 anni venuti a seguito della dissoluzione della Jugoslavia e prevale la situazione di apolidia di fatto caratteristica della non gestione trentennale della situazione di questi profughi.
Parecchi della seconda generazione però sono riusciti a superare la giungla burocratica e sono diventati cittadini Italiani.

Ovviamente non sono tutte rose e fiori, ed è ineluttabile che, in una situazione di emarginazione e di estrema difficoltà di accesso al lavoro, parte della popolazione poi finisca a cadere in situazioni di illegalità e di micro criminalità.

Questa comunità è il prossimo bersaglio del Piano Nomadi di Alemanno e del Prefetto Pecoraro.

Qui le ragioni dello sgombero minacciato sono completamente diverse da quelle del Casilino 900.

L'insediamento è solo per motivi burocratici "non ufficiale", in quanto gli arrivi, fino all'ultimo derivante da uno sgombero del 2001 di un insediamento al Casilino 700 sono sempre stati concordati con l'amministrazione.

La situazione abitativa non è diversa da quella dei campi "ufficiali" di Castel Romano e Salone. Container con servizi e recinti. Il livello di degrado, non diverso da quello di Castel Romano. Anzi a Castel Romano l'acqua non è potabile mentre Tor de' Cenci è allacciato all'acquedotto romano.
La situazione di degrado, non drammatica, del campo deriva dal fatto che i container sono ormai vetusti e che non è disponibile un'area per le attività del riciclo del rottame e quindi gli scarti restano sul piazzale di ingresso (problema identico c'è a Castel Romano).

Il campo ha però l'"anomalia" di essere in prossimità del quartiere di Spinaceto/Tor de' Cenci e quindi i residenti "non rom" e rom nei negozi, nelle scuole, al mercato vengono a contatto.

Sulla "sgradevolezza" di questo contatto e sulle pulsioni razziste del quartiere si è costruita la carriera politica l'assessore alle politiche sociali Sveva Belviso eletta nella circoscrizione proprio cavalcando l'ostilità dei residenti nelle case contro i residenti nei container.

Suona quindi come voler pagare "un debito elettorale" la pressione dell'assessore sulla comunità di Tor de' Cenci.

I residenti del campo hanno lanciato un appello per spiegare le loro ragioni.

Roma, lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci
Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei nostri figli hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor de Cenci, da quando il sindaco Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a famiglia.
Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci e Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione nel locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose scuole dove i nostri figli sono iscritti.
Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte l'attuale sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che già ospita 800 nostri fratelli, di Castel Romano.

Perchè?

Sappiamo che l'assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più. Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.
Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.
Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili da trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro, per aggravare la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato al di fuori di qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?
Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.
Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia (in foto), carabinieri, croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un altro censimento per scegliere chi è buono e chi cattivo. Siamo stanchi di subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di chiunque voglia
DIFENDERE LA DIGNITA' DEI ROM PER DIFENDERE UN PO' DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM
la Comunità Rom di Tor de Cenci

Ieri, appoggiati dall'ARCI, da Amnesty, dall'AGESCI, da associazioni cattoliche hanno atteso invano il prefetto e le autorità cittadine e municipali per spiegare le loro ragioni ed hanno organizzato una conferenza stampa. Erano presenti numerosi giornalisti, qualche blogger. Era presente il prof. Brazzoduro che è un eminente antropologo e profondo conoscitore della realtà sociale e della cultura Rom e Sinti.

Le autorità invece non si sono viste, Il sindaco e l'assesore Belviso erano al Casilino 900 per la cerimonia di chiusura, ma forse spaventati dal confronto con associazioni come Amnesty International, non si sono visti neanche gli amministratori del municipio.

A distanza l'Assessore Belviso ha parlato di Tor de' Cenci:

'Siamo consapevoli - continua Belviso- che per ogni cambiamento ci vuole tempo e concertazione fra le parti, ma siamo convinti che, come si e' verificato per Casilino 900, anche per Tor de Cenci, attraverso il dialogo e il coinvolgimento delle stesse comunita' rom, supereremo le diffidenze e i timori presenti oggi. Ma soprattutto - conclude Belviso- riusciremo a restituire al territorio la legalita' e il decoro che merita e a dare dignita'' a quelle persone che vogliono condividere con l'Amministrazione un percorso di inclusione e rispetto delle regole''.
ROMA: BELVISO, CON CHIUSURA TOR DE CENCI 'FINE' A SIMBOLO DEL DEGRADO

Era invece presente Daniele Ozzimo del Partito Democratico che nel consiglio Comunale è Vice Presidente della Commissione Politiche Sociali.

Si spera che le dichiarazioni fatte alla stampa, che qui riporto, non siano solo chiacchiere pre-elettorali ad uso del bacino di voti dell'associazionismo,
ma siano invece una presa di posizione per il PD che spesso anche nei circoli di Spinaceto e Tor de' Cenci non è stato benevolo (eufemismo) nei confronti dei residenti rom del quartiere.

“Esempio emblematico della strumentalizzazione elettorale su cui è tarato il piano nomadi, è l’annunciato sgombero del campo di Tor de Cenci che, a differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato nel quale ad oggi sono ospite 350 persone di cui 108 minori scolarizzati che frequentano gli istituti scolastici limitrofi al campo”.
E’ quanto dichiara il consigliere del Pd Daniele Ozzimo, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali.

“Non si comprende - se non per fini puramente elettorali - qual è l’urgenza che giustifica l’intervento di sgombero, visto che a Roma esistono realtà ben più difficili come ad esempio il campo di Lamartora, ingranditosi a dismisura a causa degli sgomberi volutamente non pianificati, in termini di accoglienza alternativa, come ad esempio quello del Casilino 700”.

“Smantellare un campo come Tor de Cenci, che richiederebbe in realtà solo interventi di manutenzione ordinaria, per farlo confluire in un contesto, come quello di Castel Romano che già ospita 800 persone, è - conclude il consigliere Ozzimo - una follia tutta elettorale che peraltro provocherebbe l’incremento di costi a carico dell’Amministrazione, anche per garantire la scolarizzazione dei minori”.
SGOMBERO NOMADI A TOR DE CENCI. DANIELE OZZIMO (PD): "SGOMBERO URGENTE PER FINI ELETTORALI"

 
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:30:39, in Italia, visitato 1619 volte)

Gazzetta di Mantova

Guerra della Lega ai nomadi "Cacciamoli dai nostri Comuni"

Si acuisce lo scontro sugli accampamenti nel Mantovano. L'Opera Nomadi si rivolgerà ai giudici.
Sindaci leghisti sul piede di guerra contro gli accampamenti di famiglie nomadi. Le sei amministrazioni comunali guidate dal Carroccio in provincia faranno scattare un'ordinanza per vietare pernottamento e campeggio di camper, case mobili e simili sul territorio comunale. Nel mirino dei sindaci lumbard non ci sono i turisti a quattro ruote ma i nomadi, sinti o rom che siano. In tre paesi il provvedimento è già stato emanato, per gli altri è solo questione di giorni. La campagna è stata lanciata nel quartier generale della Lega.

A innescare la miccia la vicenda del trasferimento di famiglie sinte dal Bresciano verso Birbesi di Guidizzolo e Gazzo di Bigarello, con le polemiche che ne sono seguite, è stata la miccia che ha innescato l'iniziativa leghista. D'altra parte la questione dei campi nomadi è uno dei capisaldi della politica leghista fin dai suoi esordi.

«L'integrazione non è una bella cosa perché confonde le matrici culturali. Noi facciamo la raccolta differenziata, loro lasciano l'immondizia per strada», è il cappello politico dell'iniziativa dei sindaci leghisti spiegato da Vincenzo Chizzini, segretario della circoscrizione leghista città-medio mantovano. Che ha così riassunto la ratio dell'ordinanza anti-nomadi già in vigore a Guidizzolo, Ceresara e Bozzolo e che sarà presto promossa a San Giovanni del Dosso, Castelbelforte e Pomponesco. Ideatore della delibera è il sindaco guidizzolese Graziano Pellizzaro.

Nel suo territorio, a Birbesi, il comune di Brescia ha acquistato attraverso la società Brixia Sviluppo, un terreno per l'insediamento di tre famiglie sinte. «L'ordinanza - ha spiegato Pellizzaro - rimedia a una carenza normativa. Come spesso capita, c'è stato bisogno di incappare nel problema prima di ufficializzare la regola». Pelizzaro, tuttavia, sostiene che non si tratta di una ordinanza anti-nomadi. «Vogliamo che chiunque viva a Gudizzolo lo faccia in maniera decorosa - dice - mai avuto problemi abitativi».

Di più. Secondo il primo cittadino guidizzolese, l'ordinanza non sarebbe altro che l'adeguamento del regolamento comunale alla legge 12 della Regione. «Niente razzismo, solo buon senso», dicono un po' tutti i presenti. «Il nostro esempio - dice il sindaco di Ceresara, Enzo Fozzato - deve essere Treviso e il nostro obiettivo la vivibilità del comune». Controllo del territorio e ordinanze ad hoc per risolvere questioni che potenzialmente potrebbero creare problemi nei territori guidati da esponenti del Carroccio. «Il controllo del territorio - continua Fozzato - è uno dei compiti più importanti dell'amministrazione. Un sindaco interviene per risolvere i problemi dei cittadini. Da noi, ad esempio, non possono essere introdotti volantini pubblicitari nella cassette della posta».

Ma la questione nomadi (termine che in realtà è il più delle volte inappropriato perché riferito a comunità stanziali) non è certo paragonabile ad un ordinario problema di paese. Basti pensare che la decisione del comune di Brescia di smantellare il campo nomadi e di trasferire una parte delle famiglie sinte che vi abitano a Birbesi e a Gazzo (dove l'amministrazione di centrosinistra sta meditando di prendere iniziative simili nella sostanza a quelle di Guidizzolo) ha provocato un incidente diplomatico non solo tra gli enti coinvolti, ma anche tra lumbard e Pdl. A guidare la giunta bresciana c'è il pidiellino doc Adriano Paroli, già commissario provinciale di Forza Italia a Mantova. (v.c.)

(15 febbraio 2010)

 
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 08:55:49, in Italia, visitato 1672 volte)

Ricevo da Davide Zaccheo

Stamattina verso le 11.00 un gruppo di rom di Tor de Cenci è stato invitato dall'Assessora alle Politiche Sociali Sveva Belviso a una riunione riguardante il prossimo spostamento che riguarderebbe proprio il campo di Tor de Cenci. Alla riunione erano stati invitati solo i tre portavoce delle tre comunità del campo, ma vista la tensione creatasi al in questi mesi riguardo lo sgombero, si sono presentati all'invito almeno in venti, ognuno a fare da portavoce delle diverse famiglie allargate, ognuna con un propria idea. La telefonata dell'assessora è avvenuta esattamente il giorno dopo la mobilitazione dei rom di Tor de Cenci che insieme a tutte le associazioni che operano al campo, insieme al Comitato di Quartiere, agli scout, alla presenza di associazioni internazionali per la Difesa dei Diritti Umani come Amnesty International e European Roma Right Center, di politici e di liberi cittadini provenienti non solo da Spinaceto ma da tutta la città, hanno detto chiaramente che vogliono rimanere in quel campo rifiutando qualsiasi deportazione in un campo già affollato (Castel Romano). A registrare questa manifestazione testate giornalistiche radiotelevisive e carta stampata.

Ed è proprio dalla carta stampata che abbiamo capito il giorno dopo che la mobilitazione qualche suo effetto ce lo aveva avuto. L'Assessora come si dice: “ha alzato il tiro”. Su un intervista rilasciata dalla stessa, alla fine dell'articolo dichiarava che Tor de Cenci è il campo rom con il più alto tasso di criminalità di Roma con traffico di armi e spaccio di droga. Ora, o la Belviso ci mostra qualche denuncia per traffico di armi, oppure ci dice da dove e come ha ricevuto certe informazioni. Al campo è possibile che ci siano degli spacciatori, ma la stragrande maggioranza degli abitanti del campo sono anni che aspetta che arrivi qualcuno e li arresti. Sappiamo tutti che il problema del traffico di droga non è solo del campo ma dell'intero quartiere di Tor de Cenci, e se si analizzasse il Tevere, il tasso di sostanze stupefacenti sarebbe sbalorditivo, e se poi si facesse una capatina a Montecitorio……….

L’incontro è stato aperto dall’Assessora cercando di convincere i rom della “bontà” delle sue decisioni a fronte del “buon” esito del trasferimento di Casilino, subito contestato dai rom presenti che hanno accolto un’anziana montenegrina che non aveva trovato posti adeguati e dalle lamentele dei “trasferiti” a Candoni che attendevano il lavoro promesso, e dei parenti macedoni che stazionano al Cara in attesa della promessa destinazione alla “Barbuta”, e il sovraffollamento indecente di Salone. Alla decisa e ferma posizione di tutti i rom presenti Assessora e entourage, Di Maggio, Scozzafava, Lattarulo, rappres. Prefetto, con in più Najo di casilino che verbalizzava (?) , hanno chiesto 2 giorni di riflessione prima di accettare la lettera dei rom firmata da tutti gli abitanti del campo che chiede la rimessa in sicurezza del campo di tor de cenci, conveniente anche economicamente, e il ripristino della legalità allontanando le persone arrestate per spaccio, e non per andare a Castel Romano.

Ritornati a casa i capifamiglia hanno riportato in assemblea gli esiti, avendo la netta impressione che se si rimane uniti e compatti, resistendo anche a velate offerte stile piatto di lenticchie, per pochi , d’ora in poi alla trattative ci si và in 12, per sicurezza anticoncussione, e che pure un avvocato poteva aiutare.

Ma la cosa più sconcertante sono le dichiarazioni dell' Assessora apparse oggi sul quotidiano Il Tempo. La Belviso sospetta che la protesta del 15 sia stata aizzata e pilotata dalle cooperative che temono di perdere la sopravvivenza con lo sgombero del campo. Con questa dichiarazione la Belviso è convinta che i Rom siano persone talmente stupide da poter essere strumentalizzate e soprattutto aizzate da associazioni e cooperative che non hanno nessun interesse se non quello etico e umanitario. I rom, se uniti, hanno forti capacità di decisione, soprattutto se la decisione riguarda la loro vita e quella dei loro figli. La manifestazione del 15 ne è stata la prova. Inoltre, l'Assessora è convinta che i rom siano doppiamente stupidi da poter accettare un trasferimento in cambio promesse di lavoro (come è stato fatto a Casilino) e fondi stanziati in favore di due o tre cooperative rom. Un trasferimento in un altra area dove vivono già centinaia di rom, dove non c'è acqua potabile, e soprattutto circondata da prati e boschi dove tutto si può fare tranne inclusione sociale.

Comunque a breve ci sarà un seminario transnazionale che si svolge sempre a Roma il 25 e 26 febbraio "Structural Funds: Investing in Roma inclusion at the local and regional level" promosso dalla Commissione Europea, che illustra il modo migliore con cui possono essere utilizzati i Fondi Strutturali per promuovere l'inclusione sociale: ci pensi bene!!!

A questi due eventi saremo felici di partecipare insieme ai rom di Tor de Cenci o almeno a quelli che vorranno venire.

Davide e Paolo Operatori Arci solidarietà Onlus

 
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 13:57:47, in Italia, visitato 2131 volte)

Da NO(b)LOGO

Giovedì 18 febbraio 2010 si renderà omaggio al ricordo di Petru Birlandeanu, il musicista romeno ucciso per errore il 26 maggio 2009 in agguato alla Stazione Cumana di Montesanto.

Lì, verrà esposta in una teca la sua fisarmonica presso la stazione della Cumana di Montesanto, l’assessore regionale alle Politiche sociali e all'Immigrazione Alfonsina De Felice rende omaggio alla memoria di Petru Birlandeanu.

L’assessore esporrà in una teca la fisarmonica del musicista romeno ucciso per errore, il 26 maggio 2009, da un commando di camorristi.

Tiene la prolusione della cerimonia Pasquale Colella, professore di Diritto Canonico presso l'Università degli Studi di Salerno e direttore della rivista “Il Tetto”. Partecipano Raffaello Bianco, amministratore delegato Sepsa; Alessandro Pansa, prefetto di Napoli; Santi Giuffrè, questore di Napoli; Razvan Victor Rusu, ambasciatore straordinario e pluripotenziario della Romania; Ciro Accetta, direttore dell’Ente Autonomo di Volturno; Giulio Riccio, assessore comunale alle Politiche Sociali; don Gaetano Romano, vicario episcopale per la Carità. Saranno inoltre presenti Enzo Esposito dell’Associazione Opera Nomadi di Napoli, Marco Rossi della Comunità di Sant'Egidio e i sindacati Cgil, Cisl e Uil.
Omaggio a Petru Birlandeanu 18 febbraio 2010 - NapoliToday.it
Tutti presenti a commemorare Petru ... tutti tranne i rom ... non vedo un solo rom tra gli invitati.

Dell'etnia di Petru non si fa parola, gli zingari quando sono cattivi sono rom, anzi rrom come li chiama la società maggioritaria rumena per non fare confusione.
Se sono vittime della nostra criminalità ritornano magicamente rumeni

 
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:33:58, in Italia, visitato 1920 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte

ROSSA PRIMAVERA

Il nomade va deportato a prescindere. Non importa che viva in un campo regolarmente attrezzato, che i suoi figli vadano a scuola e che lui lavori e cerchi di integrarsi. Il teatro designato per una delle più dissennate operazioni di politica sociale che si possano immaginare è un villaggio di 350 rom di origine bosniaca, macedone e montenegrina, appartato in località Tor dè Cenci, su una collinetta accanto alla Via Pontina, che da Roma conduce a Latina. Ieri mattina mentre in un'altra parte della città veniva buttata giù, sotto gli occhi del sindaco Gianni Alemanno, l'ultima baracca dell'insediamento abusivo "Casilino 900", che verrà bonificato e trasformato in parco, gli abitanti del villaggio di Tor dè Cenci hanno atteso a lungo e invano, sull'ampio piazzale d'ingresso, l'arrivo del prefetto o di suoi alcuni collaboratori che avrebbero dovuto spiegare le modalità di quell'imminente assurdo sgombero. Hasko, il portavoce del villaggio, non sapeva darsi pace: "Siamo qui da 15 anni e gli abitanti di Tor dè Cenci non si sono mai lamentati di noi. In tutto questo tempo non è mai stata rubata un'auto, non è mai sparito un portafoglio. I nostri bambini vanno a scuola qui, io stesso faccio parte dell'esecutivo del Comitato di quartiere". Il villaggio di Tor dè Cenci è stato inaugurato nel 1995 dall'allora sindaco Francesco Rutelli: i nomadi vivono in 55 container modello Protezione Civile e, secondo i calcoli dell'ARCI, il comune ha speso fino ad oggi 5 milioni di euro per costruirlo, recintarlo e allacciare l'acqua, la luce elettrica, il telefono, le fogne. Dei 350 occupanti, ben 200 sono minori, ma non contando i bambini da 0 a 3 anni e i ragazzi con più di 16 anni, esclusi dall'obbligo scolastico, arriviamo ai 110 iscritti a scuola. "Di questi ben l'80% ha una frequenza regolare, una delle medie più alte fra tutti i campi rom di Roma" osserva Paolo Perrini che coordina i progetti di scolarizzazione dei nomadi per conto dell'ARCI. Ogni mattina arrivano i pulmini comunali a "distribuire" bimbi e ragazzi in un ampio parco di complessi scolastici, in modo da evitare classi e scuole ghetto. Non giungono così di frequente, invece gli automezzi dell'AMA, l'azienda comunale della nettezza urbana: in media un paio di volte la settimana, nonostante per convenzione dovrebbero passare due volte al giorno. Così pile di rifiuti sono accatastate attorno ai cinque cassonetti dell'ingresso. I ragazzi di cittadinanza italiana sono una trentina e sventolano a richiesta carte d'identità un po' logore e passaporti: sono quelli nati in Italia che hanno potuto documentare, attraverso certificati scolastici, vaccinazioni e altro, la continuità di residenza dalla nascita al diciottesimo anno d'età. Simone, 22 anni, e Ibrahim, 20, hanno prestato servizio civile nell'Opera Nomadi. Bryan fa il parrucchiere in un negozio dell'EUR. Il mestiere dominante nel gruppo, è la separazione del ferro dal piombo e dal rame, per vendere il tutto al mercato all'ingrosso. "Niente binari del treno - giurano - svuotiamo le cantine e abbiamo la partita IVA". Il progetto dell'Assessore alle Politiche Sociali, Sveva Belviso è di chiudere il villaggio trasferendo gli occupanti 20 km più a Sud, nel campo di Castel Romano, che ospita già 800 rom, per onorare la promessa fatta in campagna elettorale agli elettori del suo municipio, il dodicesimo. I nomadi hanno scritto una lettera aperta alle "autorità preposte", perché ci ripensino: "A chi non conviene aggravare la situazione - trasferendoci in un campo già grande e disagiato, al di fuori di qualsiasi contesto urbano?". L'hanno consegnata al commissario del Croce Rossa Italiana Marco Squicciarini, che ha assicurato il suo appoggio: la Croce Rossa Italiana non fornirà alcun apporto logistico allo sgombero, contro il quale si è mossa da Londra pure Amnesty International

 

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