(13/02/2010)
Il volenteroso discorso del Presidente Napolitano, vibrante di accorati richiami
all'unità nazionale, al sentimento che dovrebbe accumulare tutti gli italiani,
rischia di essere anacronistico, fuori tempo massimo. I processi di
disgregazione sono in fase molto avanzata ed alcuni di essi sono giunti al punto
di non ritorno. Cominciamo dal razzismo. Praticato per anni contro i meridionali
(in questo locale non entrano terroni e cani) ora si rivolge contro gli
immigrati ed in particolare contro i musulmani. Non è vero che il disprezzo per
i diversi, per gli stranieri, rafforza il senso di unità e di coesione per
diversi motivi e tra questi il fatto che non tutti condividiamo la xenofobia e
questa viene praticata da persone che la sfruttano per deprezzare la dignità e
concedere meno salario e meno diritti. Il fatto che leggi dello Stato
incentivino l'odio razziale e criminalizzano intere comunità come quella dei rom
e dei sinti non aiuta la crescita di un sentimento di unità nazionale che, per
essere tale, deve essere basato su valori universali e riconosciuti da tutti.
Uno Stato che legifera perchè teme o vuole sfruttare gli stranieri non è
espressione di una nazione coesa, solidale. Ma l'attacco maggiore all'unità
d'Italia non viene dalla propaganda nordista o dai tentativi di creare la
cosiddetta Padania. Viene dalla ideologia liberista che da trenta anni imperversa
e sfascia quanto incontra sulla sua strada. L'Italia dell'interclassismo
democristiano e dei centro-sinistra di Nenni, Spadolini, Fanfani, era certamente
più unita dell'Italia di oggi che sembra prossima al tracollo. La fontanella che
dissetava i passanti o abbeverava le capre nei sentieri di campagna con un filo
di acqua sempre fluente presto non esisterà più dal momento che l'acqua verrà
privatizzata e chi vorrà averne dovrà pagarsela e lasciare un profitto a coloro
che se ne sono impossessati sia pur legalmente. La demolizione delle tre braccia
fondamentali della sanità, delle pensioni e delle scuole infligge colpi
pesantissimi e divide il Paese. Una popolazione si riconosce nella sua scuola,
nel suo ospedale e nei suoi servizi comuni, nelle pensioni che non rinfaccia
ogni giorno ai vecchi come succede in questo disgraziato e corrotto Paese. Se la
scuola, la sanità, le pensioni vengono sfasciati in una logica che chi ha i i
mezzi per procurarsela va avanti e gli altri regrediscono quale sentimento
unitario può scaturirne? Grande fattore di unificazione del popolo italiano è
stato il servizio di leva anche se alla sua origine fu causa non secondaria di
una spaventosa guerra civile tra nord e sud. Il servizio di leva che portò
tantissimi giovani ad uscire dalle loro città e conoscerne altre è stato
sostituito da un servizio di professionisti delle armi che per giunta avrà
presto un Ministero della Guerra spa. Una cosa incredibile, grottesca,
scimmiottata dagli USA dove le multinazionali sono lo Stato ed il Pentagono è
loro creatura. La regionalizzazione del servizio sanitario nazionale è stata una
terribile disgrazia dal momento che ha creato le condizioni di gravi
diseguaglianze che presto saranno acuite dalla infornata di leggi che si
attendono sul federalismo. Si è tanto parlato male delle pensioni di invalidità
ed ora si dipingono coloro che ne fruiscono come dei parassiti. Ma negli anni
cinquanta milioni di vecchi contadini artigiani e lavoratori che avevano
lavorato per cinquanta anni si trovarono senza le "marche" necessarie per avere
la pensione di vecchiaia. Avevano lavorato per le loro famiglie ed il loro paese
ma nessuno si era preoccupato per la loro vecchiaia. Una legge dello Stato
introdusse il criterio "socioeconomico" nella concessione della pensione e
questo fece si che qualche milione di persone ebbe una pensioncina con la quale
poter comprare da mangiare. E' stata una legge che ha fatto del bene all'Italia
evitando di costringere gli anziani a mendicare o gravare sui figli. Oggi le
pensioni pubbliche tendono a scomparire e sono sottoposte ad un attacco
incessante da parte di una generazione di politici e di economisti che predicano
l'asocialità. Il lavoro stesso non ha più la grande forza di coesione di una
volta. Oggi i politici e gli imprenditori tendono a mettere i lavoratori uno
contro l'altro. L'applicazione distorta ed arbitraria della cosiddetta
"meritocrazia" scava fossati tra la gente e la fa guardare in cagnesco come in
quel famoso film con Jack Lemmon. L'ideologia liberista imperante e propagandata
da massmedia che martellano incessantemente i suoi principi su una popolazione
che degrada verso la semplice e casuale agglomerazione di individui ognuno
preoccupato per la sua sopravvivenza è del tutto estranea a quei sentimenti che
Napolitano vorrebbe far rivivere. Uno Stato è tale ed è Nazione se non viene
rappresentato dalla volgare folla di panfili di lusso che si raccolgono sotto
Villa certosa e dagli operai stiliti che affollano i tetti italiani come le
antenne televisive. Uno Stato è Nazione se fa come Fanfani un programma di case
popolari da affidare gratuitamente ai poveri e lo realizza, se realizza lo
Statuto dei Diritti dei Lavoratori, se provvede ai suoi vecchi senza mezzi. Ma
se viviamo in un paese che pratica la filosofica "ognuno per sé e Dio per tutti"
perché dovremmo amarlo, essere nazionalisti, emozionarci con l'Inno di Mameli?
Pietro Ancona