Bologna, 14 dic. - (Adnkronos) - "Da alcune settimane e' entrato in funzione
il piano freddo, l'iniziativa del Comune che ha permesso di trovare un ricovero
notturno a tutti i fissi senza dimora bolognesi, e i cui primi risultati sono
positivi". E' quanto spiega l'assessore ai Servizi Sociali del Comune di
Bologna, Luisa Lazzaroni, nel giorno della prima nevicata della stagione che
stamattina ha imbiancato il capoluogo emiliano con un sottile strato
candido. "Nessuno deve dormire in strada o in situazioni di fortuna da cui, come
avvenuto in passato, possono scaturire drammi" prosegue Lazzaroni che sottolinea
come, oltre al piano antifreddo, il Comune abbia gia' deciso di "affiancare due
provvedimenti straordinari".
"Il primo - specifica l'assessore - riguarda un'attivita' di controllo nei campi
nomadi e nelle strade di Bologna affinche' nessuna persona passi la notte al
freddo o in baracche riscaldate con fiamme libere e cosi' a rischio incendio.
Non ci dovranno piu' essere casi Florin, in queste notti i servizi sociali
controlleranno la citta' ed in particolar modo i luoghi abitualmente frequentati
dagli homeless per assicurarsi che tutti usufruiscano dei posti letto gia'
attrezzati o per accompagnarci chi fosse ancora in strada".
"Il Comune e' pronto anche in caso di ulteriore peggioramento delle condizioni
atmosferiche" garantisce ancora Lazzaroni, ricordando che e' stata "gia'
allestita una struttura in centro in cui offrire anche un riparo diurno ai senza
fissa dimora in caso di necessita'". "La tempestivita' dell'azione
dell'amministrazione - conclude l'assessore - e' la miglior conferma del reale
impegno della giunta a sostegno dei piu' deboli".
Di Fabrizio (del 20/12/2009 @ 09:23:03, in Italia, visitato 1687 volte)
Corriere del VenetoE tra i sinti torna la paura «Ora cosa ci succederà?»
Nel villaggio di Mestre. «Non dovevano cacciarlo»
MESTRE – Due giorni fa, appresa la notizia in tempo reale, erano troppo
indaffarati a compilare l'ennesimo modulo per l'allacciamento Enel e non hanno
subito realizzato. Venerdì, però, quando si sono visti – di nuovo – sulle
locandine di tutti i giornali, hanno capito. E l'incubo è ricominciato: «Hanno
voluto mandare a casa il prefetto? Ma che c'entra lui con tutta questa storia,
se è stato il Tar in più occasioni a stabilire che la costruzione del nostro
villaggio era perfettamente in regola?». A chiederselo, mentre in questo momento
la sua priorità e quella degli altri sinti è di resistere al freddo gelido in
attesa che venga loro allacciata la corrente elettrica, è Paolo Hudorovich, uno
degli abitanti di via Vallenari. Fra loro è tornata la paura, la preoccupazione
che dietro il trasferimento del Prefetto Michele Lepri Gallerano per volere del
Ministro Roberto Maroni vi sia ben altro che una promozione. Furiose reazioni,
fra il Carroccio veneziano, aveva scatenato infatti la decisione di trasferire i
sinti di notte, dalla vecchia alla nuova struttura, senza che lo stesso Ministro
Maroni - aveva evidenziato indignata la presidente della Provincia Francesca
Zaccariotto - venisse avvertito di ciò dal Prefetto. Così, per tutto il giorno,
i sinti di via Vallenari hanno chiesto e richiesto all'amministrazione comunale
cosa vuol dire tutto ciò, quali saranno – se ci saranno – le conseguenze.
«Questa storia non ha più fine – dicono – ma cosa vogliono da noi? Siamo di
nuovo finiti in Tv, sui giornali, non fanno che parlare di noi. Vogliamo solo un
po' di pace, adesso». Parenti e amici li chiamano, li vedono in televisione,
sono preoccupati, non sanno che significato dare a tutto questo. «Ma la paura
più grande, il vero timore - aggiunge Gaetano Reinard, sinto del villaggio – è
l'ignoranza. Mi auguro soltanto che arrivi a Venezia una persona competente».
Intanto, in via Vallenari, nelle nuove casette prefabbricate, manca ancora
l'allacciamento alla corrente elettrica, dopo che la presidente della Provincia
Francesca Zaccariotto ne aveva chiesto lo stop con la richiesta di eseguire
ulteriori accertamenti sull'iter di realizzazione del villaggio. Secondo quanto
gli è stato detto, l'allacciamento dovrebbe essere operativo.
Di Fabrizio (del 22/12/2009 @ 12:47:57, in Italia, visitato 2589 volte)
Bologna 22 dicembre 2009 | 11:14. Una cerimonia di dialogo e preghiera in
ricordo dei nomadi assassinati nel campo di via Gobetti, dove la mattina del 23
novembre 1990 furono uccisi, dalla banda della "Uno bianca", Patrizia Della
Santina e Rodolfo Bellinati. L’iniziativa, che si terrà mercoledì 23 dicembre,
ore 15, in via della Beverara 123, nella sala Auditorium del Museo della Civiltà
industriale, è promossa dall’Anpi e dal Comitato antifascista del Navile con il
patrocinio del quartiere Navile, in collaborazione con le parrocchie cattoliche
della Beverara, dell’Arcoveggio e della chiesa Evangelica Mez (Missione
evangelica zigana) di Bologna.
Al ricordo interverrà la comunità nomade di Bologna, i Sinti italiani del campo
di via Erbosa (parenti delle vittime), alcune associazioni di rappresentanza
nomade e la cittadinanza che non vuole dimenticare l’orrore provocato dalle
stragi della "Uno bianca".
La cerimonia verrà introdotta da Leonardo Barcelò, consigliere comunale di
Bologna. Ad un momento di raccoglimento e preghiera con monsignor Giovanni Catti,
don Nildo Pirani, don Luciano Galliani, il ministro di culto Luigi Chiesi della
chiesa evangelica Mez di Bologna; seguiranno dei brevi interventi di dialogo per
agevolare la conoscenza fra i presenti. Al termine della cerimonia verrà deposta
una corona di alloro al cippo che ricorda le due vittime.
Giovedì 17 dicembre alle 8.30 all’Osservatorio riceviamo una chiamata da
parte di una donna: “Un’ora fa sono venuti i vigili a casa mia, hanno detto che
devo dare le mie generalità perché stanno facendo un censimento per i rom e
per i sinti. Cosa devo fare? Perché ci stanno facendo questo? Siamo tutti
cittadini italiani, se vogliono fare un censimento possono andare in Comune e
chiedere lì tutte le informazioni”.
La signora vive nel Veneto da sempre, in un terreno privato di sua
proprietà, in una casa mobile, con suo marito e i suoi tre bambini, sono sinti,
cittadini italiani. Nel terreno privato ci sono altri cinque nuclei famigliari,
anche loro sinti, anche loro cittadini, anche loro proprietari della loro terra.
La signora ci dice di non aver valuto fornire le sue generalità perché i
vigili sono entrati nella sua proprietà privata senza autorizzazione e che vuole
sentire il suo legale. Mentre erano lì, la figlia più grande si stava
preparando. I vigili stupiti hanno chiesto alla madre se la bambina andasse a
scuola; lei meravigliata della domanda ha risposto ovviamente di sì e,
raccontandocelo, aggiunge: “Per chi ci hanno presi?”.
I vigili a quel punto se ne sono andati dicendo che sarebbero tornati con
un’ordinanza e che a quel punto lei si sarebbe dovuta recare in comando per
fornire i propri dati.
Era molto scossa: “Oggi mi sono sentita violata, umiliata, sono indignata nel
profondo, mi sono sentita in un lager, ho detto loro che mi stavano mettendo un
marchio, ho chiesto se a loro avrebbe fatto piacere camminare con una lettera
scarlatta. Volevano i dati dei miei bambini. Non riesco a capire il perché,
visto che siamo cittadini italiani”.
Non è nemmeno passata un’ora e i vigili si sono ripresentati per chiedere
nuovamente documenti e informazioni sue, di suo marito e dei sui figli, senza
presentare alcun provvedimento; lei inizialmente si è opposta poi, temendo di
peggiorare la situazione, ha ceduto. Non si sono limitati a chiedere le
generalità, hanno preso il numero di targa delle autovetture parcheggiate e di
fronte alla sua richiesta di motivazioni i vigili hanno risposto che stavano
conducendo l’operazione per contrastare eventuali casi di tratta dei minori. A
quel punto la signora ha alzato il braccio, suggerendo di fare un esame del DNA,
aggiungendo che in questo modo sarebbero stati certi della sua maternità. Loro
l’hanno rassicurata sottolineando che poteva stare tranquilla e serena perché
non avevano l’intenzione di fotografarli.
Questa operazione di censimento non è un fatto nuovo; a tal proposito vorremmo
riproporre un’intervista rilasciata al quotidiano di Verona (l’Arena) il 6 marzo
scorso da Don Francesco Cipriani che da anni vive con la comunità rom del
cosiddetto “campo” di Strada La Rizza a Verona. Il titolo è: «Mi pare di
tornare ai campi di internamento».
«Siamo tutti cittadini italiani, siamo residenti a Verona, siamo da vent’anni in
questo posto e non capisco perché devono controllare in questo modo».
Suona indignata la voce di don Francesco Cipriani, dal 1972 incaricato diocesano
per l’assistenza e la pastorale tra i rom e i sinti. «Mi sembra che siamo
tornati agli inizi dei campi di concentramento. Mi pare purtroppo che sia
così...». Anche don Cipriani, assieme a un’altra esponente della comunità che da
anni vive dentro il campo di strada La Rizza 65, Forte Azzano a Verona, è stato
fotografato di fronte e di profilo, con nome, cognome e dati anagrafici. «Io
avevo il numero 40 ed Elisabetta Adami il 41», riferisce. «Faccio una
riflessione da cittadino, quale sono e quali siamo tutti qui al campo: questo
non succederebbe in un quartiere normale, non succederebbe in un condominio o in
un’area di casette a schiera. Mi pare quindi che ci sia discriminazione. Bastava
che andassero in Circoscrizione per avere tutti i nostri nomi. Qui nessuno è
abusivo. Questa operazione ci ha sorpresi», conclude, «e preoccupati perché si
avvicinano tempi brutti. Alcuni dei più anziani sono stati internati a Tossicia,
nei campi di concentramento fascisti, e temono di rivivere quelle esperienze».
L’ARENA Venerdì 06 Marzo 2009
Le operazioni di censimento, o meglio di schedatura su base etnica, dei
cittadini rom e sinti in Veneto sono iniziate già il 5 marzo 2009. Le
testimonianze raccolte da diverse associazioni per la tutela dei diritti di rom
e sinti hanno dimostrato che le modalità operative si sono diversificate da
città e città.
Le testimonianze di quello che è avvenuto a Verona sono veramente
inquietanti.
Si pensava che il possesso di carta di identità, e quindi il riconoscimento
della cittadinanza italiana tramite l’iscrizione nei registri anagrafici locali,
preservasse chiunque dal subire metodi di identificazione così lesivi della
dignità personale. Evidentemente ci si sbagliava.
Il 21 maggio 2008 con un decreto legge del Presidente del Consiglio dei
Ministri, che non ha precedenti nel secondo dopoguerra e il cui titolo recita:
Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti delle
comunità nomadi nelle regioni di Campania, Lazio e Lombardia. (estesa al
territorio delle regioni Piemonte e Veneto, fino al 31 dicembre 2010.) indica la
presenza di rom e sinti in queste zone come causa del grande allarme sociale
dovuto alla concreta possibilità di gravi ripercussioni in termini di ordine
pubblico e di sicurezza: il Governo italiano ha proclamato lo stato di emergenza
adottando nelle regioni indicate delle ordinanze applicative.
Per affrontare il “problema” sono stati conferiti a funzionari dello stato e
degli organi locali poteri straordinari, concepibili solo in casi di gravi
calamità naturali. In teoria il censimento dovrebbe riguardare solo i cosiddetti “campi nomadi”
autorizzati e non; in realtà di recente ci è giunta un’altra segnalazione da
parte di altri appartenenti alla comunità sinta che vivono in Veneto, i quali ci
hanno comunicato di essere stati censiti pur vivendo in una casa in muratura
in un terreno privato edificabile. I testimoni di tali violazioni
istituzionali ci hanno chiamato sabato 19 dicembre dicendoci che i vigili
volevano effettuare il censimento la domenica mattina, senza considerare il
giorno festivo comune a tutti i cittadini.
Le persone non hanno accettato e il censimento è stato effettuato il lunedì;
sono state chieste le generalità, informazioni sui minori e numero di targa
delle autovetture presenti nel terreno privato.
Sembra assurdo: il 16 dicembre a Montecitorio si celebrava il 71° anniversario
della promulgazione delle leggi razziali ed antiebraiche, “L’internamento dei
rom e dei sinti in Italia dal 1940 al 1943”, le testimonianze che ci sono
pervenute sollevano in noi interrogativi forti sulla discrepanza tra questa
importante iniziativa e la realtà.
Di fronte all’esistenza di queste politiche istituzionali discriminanti che
portano all’adozione di metodi di identificazione lesivi della dignità umana
proviamo un senso di impotenza e la paura che tutto questo sia visto e vissuto
dagli altri, e dalle stesse minoranze, come qualcosa di normale; dispiace dirlo,
ma riteniamo a questo punto che la memoria non sia sufficiente. Abbiamo un
desiderio e speriamo si avveri: che un giorno in Italia si possa avvertire un
sentimento di vergogna e di indignazione, come quello che ancora ci assale al
ricordo delle schedature e delle testimonianze di tanti anni fa!
Di Fabrizio (del 30/12/2009 @ 09:51:17, in Italia, visitato 2189 volte)
Segnalazione di Giancarlo Ranaldi
- 06 maggio 2009 pagina 6 sezione: NAPOLI
«CIAO, mi presento: mi chiamo Angelica, ho 16 anni e vengo dalla Romania. Il mio
arrivo in Italia era per un futuro migliore per me e per la mia famiglia. Dopo
due mesi che stavo in Italia un giorno di venerdì del 9 maggio stavo chiedendo
elemosine e stavo a Ponticelli nella stessa strada dove mi hanno arrestata...».
Una lunga lettera, spontanea, accorata per chiedere aiuto, scritta in un
italiano traballante al presidente della Repubblica, alla vigilia della prima
udienza in Corte d' appello, che si terrà domani. L' autrice è Angelica Varga,
la rom condannata in primo grado, a 3 anni e 8 mesi, con l' accusa di aver
tentato (il 10 maggio 2007) di rapire una bimba di sei mesi in un appartamento
di Ponticelli. La condanna è per sequestro di persona. «Stavo vicino a un bidone
di spazzatura con mio nipote - continua Angelica nella sua lettera-confessione a
Giorgio Napolitano - Una signora mi ha dato 3 euro e mi ha chiesto se volevo dei
vestiti e la roba per mangiare, io ho detto di sì. Il giorno dopo sono andata su
quella strada che mi aveva detto questa signora e ho aspettato, ma dopo un po'
visto che non era arrivato nessuno. Sono andata in quel palazzo anche non
sapendo dove abitasse questa signora. Stavo nelle scale e un signore mi ha
chiesto più volte cosa facevo lì, mi ha picchiato e poi è arrivata una signora e
gli ha detto di chiamare i carabinieri e questa signora è andata dentro, poi è
arrivata una signora con i capelli biondi, poi il signore ha chiamato i
carabinieri e mi hanno arrestato e mi hanno portato a Nisida». E conclude: «Io
non so perché mi accusano di aver rubato un bambino, io non ho commesso questo
reato e vorrei tanto abbracciare la mia famiglia e la mia bambina». Dal processo
in primo grado accanto ad Angelica si sono schierati padre Alex Zanotelli e la
comunità di Sant' Egidio, ritenendo troppo severa la condanna e soprattutto
temendo una deriva di intolleranza razzista, dopo gli incendi dei campi rom
proprio a Ponticelli, lo scorso maggio. «Non ci siamo mai innamorati di quella
leggenda popolare che guarda ai rom come ai ladri dei bambini, se questo è il
sospetto. Anzi, eravamo così coscienti del rischio di avallare un tale
pregiudizio che abbiamo messo in campo una cautela estrema, il massimo
equilibrio, indagini svolte in ogni direzione», spiegò all' indomani del
procuratore capo per i minori di Napoli, Luciana Izzo, proprio per arginare sul
nascere le polemiche. Oggi, alla vigilia del processo di appello, il confronto è
quanto mai aperto. «L' udienza presso la Corte d' Appello - scrive in un
documento ufficiale il Comitato Campano con i rom - ci sembra un' occasione per
riflettere sulla drammatica vicenda, per interrogarci sulla potenza che gli
stereotipi hanno sulla realtà, su come siamo oppressi dal crescente e sempre più
violento razzismo».
Di Fabrizio (del 15/01/2010 @ 00:27:45, in Italia, visitato 1831 volte)
Ricevo una testimonianza diretta da Franco Bonalumi
A quanti interessasse, e per chi ancora non lo sapesse, stamattina è stato
effettuato l'ennesimo sgombero dell'insediamento di rom romeni nell'area dell'ex
caserma di viale Forlanini a Milano.
La mia finestra dà su quel campo, quindi posso dire che stamattina alle 7 ho
notato 6 o 7 macchine della polizia parcheggiate fuori, e i "residenti" che
pian piano uscivano.
Sono le 3 del pomeriggio, c'è ancora una volante parcheggiata fuori
dell'area, probabilmente stanno finendo di raccogliere i resti
dell'insediamento.
A quanto mi risulta, è stata proposta la solita sistemazione esclusiva per donne
e bambini, che è stata rifiutata.
Gli ex residenti dell'insediamento sono al momento in stallo presso i
giardinetti di fronte al supermercato Esselunga di via Mecenate.
Da Tommaso Vitale questo appello di aiuto. Di seguito il
(solito) comunicato di De Corato e relativo articolo
Ciao,
scusate se vi importuno (e probabilmente alcuni di voi riceveranno doppioni
e +).
Cerco di far circolare il più possibile. Fate altrettanto voi, per favore.
Come forse saprete, stamattina presto sono stati sgomberati i rom dalla
caserma Forlanini.
L'appello è per tende e coperte; vestiti possono servire, certo,
anche.
Per adulti e bambini (8 mesi-10 anni).
Più di tutto servono tende e coperte.
Fiorella ha fatto un annuncio in diretta per questi generi a Radio popolare.
Chi ne avesse (oltre a eventuale, preziosa disponibilità di auto per
relativo trasporto) scriva a me (...) oppure mi chiami 333/4451206 dalle
17.30 in poi.
ciao stefano
Omnimilano-VIALE FORLANINI,DE CORATO:SGOMBERATA BARACCOPOLI IN EX
POLVERIERA
(OMNIMILANO) Milano, 14 gen - "La Polizia Locale ha sgomberato questa mattina
una baraccopoli sorta in viale Forlanini, nell'area dell'ex polveriera del
Demanio Militare. Quattordici rom romeni sono stati trovati sul posto: 9 adulti
(5 uomini e 4 donne) e 5 minori. Dopo le pratiche di identificazione, vista la
presenza di donne e bambini, i Servizi Sociali hanno offerto ricovero nelle
strutture di accoglienza del Comune. Offerta che è stata rifiutata".
Lo dichiara il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato,
rendendo noti i dettagli dell'intervento che ha avuto luogo alle 7,30 e al quale
hanno partecipato 15 agenti, un Commissario aggiunto e un Commissario capo della
Polizia Locale, oltre ai Servizi Sociali del Comune, Amsa e Nuir. Otto baracche
e due tende sono state abbattute.
"Si tratta del nono intervento in quest'area dal 2007 ad oggi - evidenzia il
vice Sindaco - e ciò dimostra la necessità di un intervento definitivo di messa
in sicurezza che scongiuri nuove intrusioni. Per questo scriverò al Demanio
militare e al Prefetto affinché si proceda rapidamente in questa direzione. Già
nel 2007 c'era stato l'abbattimento di gran parte della struttura da parte del
Genio, ma è necessario che anche l'area incolta sia oggetto quanto prima di
intervento".
"Stesso discorso per lo Scalo di Porta Romana - ricorda De Corato - dove le
Ferrovie dello Stato non hanno ancora realizzato interventi risolutivi,
nonostante le mie ripetute lettere, l'ultima delle quali il 22 settembre con
richiesta di posa di cesate in orsogrill su blocchi di cemento armato, a modello
di quelle poste dal Comune al Bacula dove non si sono più verificate intrusioni.
E nonostante una diffida del Comune che il 30 giugno scorso richiedeva di porre
fine ad una situazione di insicurezza, degrado e pericolo. Diffida dopo la quale
sono stati messi in atto solo inutili interventi tampone. Dei quali Mauro
Moretti, Amministratore delegato di Fs, ha dato conto in una lettera del 6
ottobre: ripristino di recinzioni danneggiate, interventi di pulizia e
disboscamento e abbattimento di alcuni fabbricati in disuso. Interventi che
evidentemente non sono bastati se pochi giorni dopo quella lettera, ho ricevuto
nuove segnalazioni da parte del Consiglio di zona 4 e dei cittadini che
denunciavano ancora intrusioni".
"Come ho detto più volte - ricorda De Corato - i proprietari delle aree
devono provvedere alla messa in sicurezza. Lo ribadisce anche una circolare del
2007, in cui il Prefetto Lombardi sottolineava l'esistenza di regolamenti
edilizi che prevedono obblighi a carico dei proprietari chiamati a mantenere le
costruzioni in condizioni abitabilità, decoro, idoneità igienico-ambientale.
Ricordando che la violazione di questi obblighi può comportare un intervento del
Sindaco con un'ordinanza contingibile e urgente. Strumento che potremmo anche
utilizzare per l'ex Scalo di Porta Romana, addebitando naturalmente i costi alle
Ferrovie, se non si dovesse metter fine a questa situazione. Il Comune, che tra
l'altro in quell'area è intervenuto due volte nel 2008, sa come fare per mettere
fine alle occupazioni: ricordo che dopo l'intervento al Marchiondi, uno stabile
di più di diecimila metri quadri, non ci sono stati più abusivi". "Due sgomberi
in due settimane - conclude il vice Sindaco - dimostrano che la linea del Comune
non è cambiata e che anche il 2010 si apre nel segno della legalità e della
sicurezza, facendo salire a 177 il bilancio degli sgomberi dal 2007 ad oggi.
Andremo avanti con questa
azione di moral suasion che ha permesso di registrare un ulteriore calo dei rom
scesi a 1.270 (erano 1.400 lo scorso agosto) e migliorare lo stato di alcune
aree dismesse e industriali, che erano meta costante di abusivi e rifugiati". red
ROM: MILANO, SGOMBERATA BARACCOPOLI PER LA NONA VOLTA IN TRE ANNI (AGI) - Milano, 14 gen. - La Polizia Locale di Milano ha sgomberato questa
mattina una baraccopoli in viale Forlanini, nell'area dell'ex polveriera del
Demanio Militare. Quattordici rom romeni sono stati trovati sul posto: 9 adulti
(5 uomini e 4 donne) e 5 minori. Dopo le pratiche di identificazione, vista la
presenza di donne e bambini, i Servizi Sociali hanno offerto ricovero nelle
strutture di accoglienza del Comune. Offerta che e' stata rifiutata.
"Si tratta del nono intervento in quest'area dal 2007 ad oggi - ha fatto notare
il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato - e cio' dimostra la necessita' di
un intervento definitivo di messa in sicurezza che scongiuri nuove intrusioni.
Per questo scrivero' al Demanio militare e al Prefetto affinche' si proceda
rapidamente in questa direzione.
Gia' nel 2007 c'era stato l'abbattimento di gran parte della struttura da parte
del Genio, ma e' necessario che anche l'area incolta sia oggetto quanto prima di
intervento. Stresso discorso - ha proseguito De Corato - per lo Scalo di Porta
Romana dove le Ferrovie dello Stato non hanno ancora realizzato interventi
risolutivi, nonostante le mie ripetute lettere e una diffida del Comune che il
30 giugno scorso richiedeva di porre fine ad una situazione di insicurezza,
degrado e pericolo.
Diffida dopo la quale sono stati messi in atto solo inutili interventi tampone
che evidentemente non sono bastati se pochi giorni dopo poco ho ricevuto nuove
segnalazioni da parte del Consiglio di zona 4 e dei cittadini che denunciavano
ancora intrusioni". (AGI) Cli/Car
Continua la caccia agli insediamenti abusivi. Il vice sindaco De Corato:
"Continua l'azione di legalità e sicurezza che questa amministrazione sta
portando avanti dal 2007 senza soluzione di continuità"
MILANO - Continua la caccia agli insediamenti abusivi a Milano: questa notte
la Polizia locale ha smantellato via una ventina di tende e baracche in viale
Sarca e ha scoperto un insediamento abusivo in via Adriano, sollecitando la
proprietà dell'area a intervenire. "Continua l'azione di legalità e sicurezza
che questa amministrazione sta portando avanti dal 2007 senza soluzione di
continuità e con risultati visibili -ha detto il vicesindaco e assessore alla
sicurezza, Riccardo De Corato -: 178 sgomberi complessivi con la diminuzione dei
rom abusivi sul territorio cittadino, arrivati a 1.270, secondo l'ultimo
censimento della Polizia Locale (...)".
L'intervento in viale Sarca, dove la Polizia locale aveva già verificato la
presenza di rom, è stato effettuato dal Nucleo problemi del territorio: dopo
l'abbattimento "la proprietà ha anche ripulito l'area e provvederà a metterla in
sicurezza con l'installazione di una videocamera e di una potente
illuminazione", si legge nel comunicato. Secondo Palazzo Marino, è stata proprio
la Polizia Locale ad avvisare la proprietà del ritorno degli abusivi nell'area,
tra l'altro vicina ad un grande centro commerciale, e a sollecitare
l'intervento, anche dopo le segnalazioni dei residenti. "Al momento dello
sgombero non erano presenti nomadi, ma dai giacigli ritrovati si stima una
capienza di almeno cinquanta persone", dice il comunicato.
Sempre la scorsa notte gli agenti hanno individuato un insediamento abusivo in
un'area dismessa di proprietà privata in via Adriano: "Si tratta di 4 baracche,
disabitate al momento dell'intervento ma piene di materassi e masserizie e
chiuse con catene e lucchetti, come se fossero in attesa di essere nuovamente
occupate". Anche in questo caso la Polizia Locale ha preso contatti con la
proprietà, segnalando la presenza delle baracche e sollecitando un intervento di
abbattimento. (ar)
Di Fabrizio (del 16/01/2010 @ 09:45:21, in Italia, visitato 3056 volte)
L'ombra della speculazione edilizia si allunga su Napoli. La
Commissione Edilizia nominata dal Sindaco Iervolino boccia il progetto del
PalaPonticelli. di Alessio Viscardi
L'ombra della speculazione edilizia si allunga su Napoli. La
Commissione Edilizia nominata dal Sindaco Iervolino boccia il progetto del
PalaPonticelli, opera destinata alla riqualificazione di uno dei
quartieri più
degradati della città. "Un centro commerciale camuffato da opera pubblica",
la motivazione.
"Palaponticelli, un'opera di interesse pubblico realizzata con investimenti
interamente privati che andrà a colmare la carenza nel capoluogo campano e nel
Sud Italia di "luoghi" al coperto per concerti e altre attività legate alla
cultura, alla musica e allo spettacolo, consentendo di inserire la città nei
tours musicali più significativi a livello internazionale". Così si legge nel
sito del Comune di Napoli. Ma con la bocciatura del progetto da parte della
commissione edilizia non solo sono svaniti i sogni di rilancio della zona, ma
sono riemersi dubbi e polemiche legate a speculazione edilizia e malaffare.
Ancora una volta.
Un nuovo scandalo alla "Global
Service". Le violazioni al Piano Regolatore riscontrate dalla Commissione
sarebbero la copertura di un'attività illecita. Scopo: alterare il valore
economico di alcuni terreni di Ponticelli.
Un'occasione persa Doveva essere "il più grande pala-eventi d'Italia", una Casa della
Musica dalla capienza di oltre 12 mila spettatori. Destinato ad esibizioni e
concerti dal vivo, il
PalaPonticelli sarebbe stato anche un volano per la riqualificazione della
zona. Un anfiteatro per concerti ed un Centro Commerciale per arricchire il
panorama (culturale) del quartiere alle porte di Napoli.
Costo complessivo: 147 milioni, a carico del soggetto promotore. Investimenti
e struttura interamente privati, ma sottoposti ai "vincoli di uso pubblico"
previsti dal Piano Regolatore Generale.
Due anni per la sua realizzazione, che avrebbe dato lavoro a più di mille
operai.
Significativa la scelta di edificare la struttura a Ponticelli per recuperare
la periferia. Infatti, sono a carico dell'impresa realizzatrice anche la
manutenzione di strade e l'erogazione di servizi nella zona.
Alt dalla Commissione Un Centro Commerciale che viola le disposizioni del Piano Regolatore
Generale. A questa conclusione è giunta la Commissione Edilizia di Napoli,
che boccia interamente il progetto del PalaPonticelli.
Sembrava una pura formalità dopo l'approvazione definitiva del progetto
presentato dalla PalaPonticelli s.r.l. alla Giunta Comunale il 29 gennaio 2009.
Diventa ora un dovere inderogabile per il sindaco Iervolino. Sebbene il
parere della Commissione Edilizia non sia vincolante, i suoi membri sono
nominati con chiamata diretta del Primo Cittadino.
La Commissione Consiliare Attività Produttive, presieduta dal prof.
Federico Alvino,
viene chiamata ad esprimere un parere sul progetto dopo numerose denunce al Tar
dei commercianti di Ponticelli. Anche in questo caso, il parere è contrario a
causa dell'eccessiva superficie dedicata alle attività commerciali.
Le violazioni al Piano Regolatore Generale La zona scelta per l'edificazione dell'opera è classificata area Fe
dal Prg di Napoli. In base all'articolo 50, è permessa soltanto la
realizzazione di attrezzature pubbliche o di uso pubblico – anche su
iniziativa privata – destinate a sport, attività culturali e sanità. Vincolo
fondamentale da rispettare è la sussidiarietà delle attività commerciali
rispetto all'opera pubblica.
Infatti, il PalaPonticelli su carta è un "centro culturale di zona"
affiancato da un piccolo centro commerciale. Negozi e ristoranti non dovrebbero
occupare una superficie superiore a quella dell'anfiteatro per concerti.
Ma la Commissione Edilizia giudica violati i vincoli di uso pubblico.
Stando al verbale di istruttoria del 23 aprile 2009, le attività commerciali
previste a compendio del Palaeventi non presentano il requisito della
"sussidiarietà".
Si tratta, invece, di un vero e proprio Centro Commerciale che si pone in
autonomia funzionale rispetto all'opera pubblica.
Le misure del mercato Analizzare i dati del progetto permette di capire le reali proporzioni tra
zone destinate all'attività culturale e zone destinate all'attività commerciale.
Inizialmente, le approvazioni rilasciate dagli enti di controllo si basano su
un'interpretazione falsata dell'opera. La superficie del PalaPonticelli
viene suddivisa in tre aree dal dipartimento urbanistica di Napoli. Secondo i
tecnici del Comune, dei 192.730 mq totali, il 44,3% è destinato al
Palaeventi.
Un restante 32,5% è finalizzato alla creazione di spazi pubblici di verde
(una piazza coperta di 62.710 mq).
Infine, all'attività commerciale viene destinato soltanto il 23,2% dello
spazio totale – in osservanza del vincolo di sussidiarietà.
In realtà, agli 85.420 mq destinati al PalaPonticelli, la Commissione Edilizia
sottrae gli spazi destinati a parcheggi ed infrastrutture secondarie. Ne risulta
che la superficie dedicata alle attività culturali è tre volte inferiore a
quella destinata al Centro Commerciale.
Una nuova Global Service Dietro la bocciatura tecnica si nasconderebbe uno scandalo simile al recente
terremoto giudiziario denominato "Global Service". A sostenerlo sono diversi
osservatori che da anni denunciano le ombre del progetto.
La costruzione del PalaPonticelli sarebbe soltanto l'ultimo atto di un piano
elaborato anni fa e finalizzato ad alterare il valore economico dei terreni
privati di Ponticelli.
Ad infittire i sospetti è soprattutto la tempistica con cui giunge la
bocciatura della Commissione Edilizia. Da anni le incongruenze tecniche
vengono denunciate dall'opposizione, ma il Comune è sempre andato avanti sulla
propria strada.
C'è chi mette in relazione la bocciatura con il rinvio a giudizio chiesto dal
G.U.P. Andrea Rovida per consiglieri comunali ed un dirigente della
PalaPonticelli s.r.l.
L'ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere. Secondo l'accusa, si
tratterebbe di un vero e proprio sodalizio criminale costituito da uomini
d'affari, tecnici e consiglieri della Giunta di Napoli, che esercitavano
pressioni sul consiglio comunale per l'approvazione di emendamenti a favore
della propria attività imprenditoriale.
Al centro delle indagini l'edile Salvatore Capacchione e le sue
presunte ingerenze nell'approvazione dell'Emendamento Scarpitti e della variante
al Piano Regolatore Generale.
Capacchione avrebbe costituito, sempre secondo gli atti dell'indagine,
un'associazione a delinquere dedita a corruzione e abuso d'ufficio per
modificare artificialmente il valore economico dei terreni che sono proprio
di fronte a quelli su cui era prevista l'edificazione del PalaPonticelli.
Terreni in possesso della Elio s.r.l. e della Vignale Immobiliare s.p.a.
Il disegno criminoso che è stato delineato vede il sodalizio fare pressioni nel
2002 perché vengano approvate le modifiche al Prg. L'obiettivo è mettere
in cantiere la costruzione di poli attrattivi nel quartiere Ponticelli.
Nel 2003, il gruppo contatta diversi amministratori pubblici del Comune per
garantire l'approvazione da parte della Giunta Consiliare dell'emendamento nr.
112 – nominalmente presentato dal Consigliere Scarpitti, anche se redatto da
Capacchione.
Con l'emendamento Scapitti viene innalzato l'indice di fabbricabilità dei
terreni in possesso della Elio s.r.l. e della Vignale Immobiliare s.p.a.
Il coinvolgimento del PalaPonticelli Tra gli indagati c'è anche Silvio De Simone, amministratore della
PalaPonticelli s.r.l.
Capacchione aveva già presentato nel 2004 un progetto per la costruzione di un
Centro Commerciale in via Argine. Progetto formalmente rifiutato.
Inoltre, la stessa PalaPonticelli s.r.l. sembra essere una società costituita
soltanto per l'affare. Proprietaria è Marilù Faraone Mennella – detta
anche Lady Confindustria perché compagna del presidente Antonio D'Amato.
Quando deposita il progetto nel 2006, la società possiede un capitale sociale
di appena 2.500 euro – il minimo per la sua costituzione. Eppure si propone
di gestire un progetto con investimenti ingenti: circa 147 milioni di euro.
La proprietà della PalaPonticelli s.r.l. è ambigua e difficile da
ricostruire. Presidente è Faraone Mennella, ma la società è controllata al 100%
dall'Armonia s.r.l. di Biella. La quale è a sua volta proprietà di
D.M. s.p.a. di Roma.
Rintracciare i veri proprietari della società è impossibile, perché la D.M. è
controllata da diverse società lussemburghesi soggette ad una legislazione
che ne garantisce l'anonimato.
Rom e camorra Si possono affidare progetti importanti come il PalaPonticelli a società di
cui non si conoscono i proprietari? La legalità dell'atto è indubbia, ma non
bisogna dimenticare gli interessi camorristici nella zona.
Nell'aprile 2008 il presunto tentativo di rapimento di una bambina da parte di
una ragazzina rom scatena una rivolta popolare a Ponticelli. I nomadi che
vengono cacciati dalla popolazione infuriata stanziano proprio sui campi su cui
devono cominciare i lavori del PalaPonticelli.
La magistratura indaga su quella che è stata definita la "più grande
speculazione edilizia" che abbia interessato il capoluogo partenopeo negli
ultimi anni. Numerosi sono i punti oscuri. Anche se l'interesse della camorra
fosse soltanto marginale, siamo di fronte all'ennesimo episodio di sfruttamento
di una terra già fin troppo martirizzata dalla malavita e dalla malapolitica.
Di Fabrizio (del 19/01/2010 @ 11:12:27, in Italia, visitato 1892 volte)
Sempre sulla situazione del campo di
via Salone a Roma, Eugenio Viceconte segnala un
suo video
di poco tempo fa
Alla conferenza della Federazione Romanì il rappresentante del campo
di via Salone chiede aiuto alla federazione preoccupato per la situazione di
molti della comunità che si trovano senza documenti di soggiorno. E' il problema
che 3 mesi dopo si sta proponendo con i rom che vengono mandati al CARA di Castelnuovo di Porto
Rassegna da NoBlogo:
Anna
Pizzo - Sulla situazione del trasferimento al CARA dei Rom del campo di Salone
Jan. 18th, 2010 at 4:17 PM “Vorrei sapere per quale ragione è stato deciso di trasferire una parte dei
rom di via Salone presso il Cara di Castelnuovo di Porto che non è un luogo
adatto ad ospitare intere famiglie rom, per la maggior parte nate e cresciute in
Italia, ma è un centro provvisorio per rifugiati richiedenti asilo”.
Sono le stesse perplessità espresse ieri notte da questo blog.
Anna Pizzo ci mette il cuore nel suo essere consigliere regionale.
Questa mattina era al Campo di Salone, e tra le altre cose ha messo l'accento
su:
- continuità scolastica dei bambini che frequentano le scuole del territorio e
che verranno invece trasferiti lontano dai propri istituti scolastici (ci sono
circa 50 km tra Castelnuovo di Porto e la zona della Rustica dove è il Campo di
Salone)
- la durata, ad oggi sconosciuta, della deportazione in un luogo inadeguato
- il rischio di disgregazione dei nuclei familiari dovuto alla permanenza in un
luogo, il CARA, che non è in grado di garantire una vita normale e regolare alle
famiglie con bambini.
Il gioco
dei bussolotti ... Jan. 18th, 2010 at 7:46 PM
Forse nelle vecchie fiere qualche zingaro dalla mano veloce c'avrà provato a
far fessi i gagé gonzi con il gioco delle tre carte, con le tre tavolette o con
i bussolotti. Un peccato veniale.
Questa volta a Roma il banco del gioco dei bussolotti lo tengono il Sindaco
Alemanno ed il prefetto Pecoraro che gestisce la perpetua emergenza nomadi.
Con il valido aiuto della Croce Rossa, tra una baracca, un container ed una
camerata in un CARA cercano di far sparire lo "Zingaro" sotto gli occhi di
tutti.
Questa mattina si è cominciato al Campo di Salone, che sta poco oltre il
raccordo zona La Rustica.
130 persone che senza nessuna logica vengono inviate a Castelnuovo di Porto in
una struttura classificata come
CARA ed a cui viene appiccicata l'incongrua
definizione di "richiedenti asilo".
La logica dello spostamento al CARA non è chiara.
Perché mai mandare interi nuclei familiari, sloggiandoli dal container che
occupano da anni, in una camerata lurida di un CARA per sbrigare una situazione
anagrafica ormai pluri decennale?
Le dichiarazioni di Marco Squicciarini della Croce Rossa lasciano più che
perplessi, cito dall'articolo di E. Forceri:
“La decisione è stata presa da Comune e Prefettura e ha riguardato le persone
che non avevano documenti in regola e avevano fatto richiesta d'asilo - ha
spiegato Marco Squicciarini, coordinatore per l'emergenza rom della Croce rossa
Italiana - Il prefetto si è anche impegnato a chiudere l'istruttoria per le loro
richieste in 15 giorni invece dei due mesi necessari. Questo per tranquillizzare
i rom che stamani non volevano partire”.
....
“Qualcuno ha deciso di andarsene - ha continuato Squicciarini - comunque alla
fine dell'esame delle richieste, chi ha diritto tornerà nella sua casetta di
Salone. Proprio per fugare i loro dubbi, abbiamo lasciato loro le chiavi e dal
Cara potranno venire ogni giorno a controllare che tutto sia a posto. È prevista
soltanto una disinfestazione interna alle casette”.
La gente di via di Salone ha paura che questa operazione si risolva in una
ingiusta espulsione verso paesi, che neanche più conoscono. Speriamo che non sia
vero e questa storia della "richiesta d'asilo" si risolva finalmente nei
documenti di soggiorno di cui hanno bisogno.
La testimonianza di questa paura la trovate già nelle parole del rappresentante
del campo alla conferenza della Federazione Romanì che si è tenuta Roma il 30
ottobre scorso.
E dal racconto di Enza Forceri, e da voci raccolte da amici al Casilino 900,
è chiaro che il gioco dei bussolotti rischia anche di diventare una lotta al
massacro tra disperati.
La gente di Via Salone va via dal container senza un motivo credibile e con la
pura di vedersi scalzata dalle persone del Casilino 900.
Quelli del Casilino 900, che domani cominceranno a muoversi per via Salone,
hanno il fondato timore di trovarsi nella situazione di dover affrontare
l'ostilità da parte dei vecchi residenti.
Al Casilino la comunità ha indetto un assemblea per giovedì.
Riporto dal gruppo del Casilino 900 questo appello del portavoce del campo: ... oggi siamo nella emergenza di un trasferimento del campo del Casilino 900
chiedo una assemblea generale delle associazioni , cittadini, comitati di
quartieri, professori universitari, giornalisti e di tutti coloro che ci
conoscono o abbiano la voglia di conoscerci
che si terrà giovedì ore 15 nel piazzale FIGLI DI UN STESSO PADRE
siete tutti invitati
Di Fabrizio (del 20/01/2010 @ 09:37:10, in Italia, visitato 1531 volte)
VENERDI' 29 GENNAIO ORE 20.30
Presso l'Area Fenderl (Vittorio centro-dietro la stazione ferroviaria)
L'ANPI di Vittorio Veneto in ricorrenza della Giornata della Memoria organizza
una serata su: TUTTI I COLORI DELL'OLOCAUSTO
Nei lager i prigionieri erano “classificati” attraverso dei triangoli colorati.
Il colore qualificava, negando l’identità ed il percorso esistenziale della
persona, la tipologia dei deportati. Così il rosso identificava gli oppositori
del regime (politici/partigiani), il verde i criminali comuni, il nero gli
“asociali” (gruppo dai contorni indefiniti che comprendeva prostitute, senza
fissa dimora, lesbiche, profughi), il blu gli immigrati, gli apolidi e i
combattenti della Spagna Repubblicana, il viola i Testimoni di Geova e altri
gruppi religiosi (fatta eccezione per i sacerdoti polacchi), il marrone gli
zingari (Rom e Sinti), il rosa gli omosessuali. La stella gialla composta da due
triangoli contrapposti indicava gli ebrei. In questo caso il triangolo
sottostante era sempre giallo, mentre quello superiore poteva essere anche di un
altro colore corrispondente alla classificazioni precedentemente elencate.
Questo incontro è un'occasione per conoscere le persone che furono perseguitate
durante la dittatura nazista e fascista. Saranno rappresentate le componenti
etniche, religiose e sociali che il totalitarismo nazifascista perseguitava. A
testimonianze sul passato e considerazioni sul nostro presente si accompagnerà
un’introduzione e un inquadramento storico da parte di Daniele Ceschin, il quale
porrà particolare attenzione alla situazione locale.
Partecipano:
Eliseo Moro Partigiano del battaglione Bixio, catturato nel gennaio 1945 e deportato nel
lager di Dachau. Presidente dell’Associazione nazionale ex deportati politici
nei campi nazisti (Aned) Sezione di Pordenone
Alessandro Zan Presidente regionale Arcigay Veneto
Loris Levak Presidente dell’Associazione Rom Kalderash, figlio di Mirko Levak, ex
deportato sopravissuto ad Auschwitz
Daniele Ceschin Storico, membro del Comitato Direttivo dell’Istituto per la storia della
Resistenza e della società contemporanea della Marca trevigiana
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