L'ombra della speculazione edilizia si allunga su Napoli. La
Commissione Edilizia nominata dal Sindaco Iervolino boccia il progetto del
PalaPonticelli. di Alessio Viscardi
L'ombra della speculazione edilizia si allunga su Napoli. La
Commissione Edilizia nominata dal Sindaco Iervolino boccia il progetto del
PalaPonticelli, opera destinata alla riqualificazione di uno dei
quartieri più
degradati della città. "Un centro commerciale camuffato da opera pubblica",
la motivazione.
"Palaponticelli, un'opera di interesse pubblico realizzata con investimenti
interamente privati che andrà a colmare la carenza nel capoluogo campano e nel
Sud Italia di "luoghi" al coperto per concerti e altre attività legate alla
cultura, alla musica e allo spettacolo, consentendo di inserire la città nei
tours musicali più significativi a livello internazionale". Così si legge nel
sito del Comune di Napoli. Ma con la bocciatura del progetto da parte della
commissione edilizia non solo sono svaniti i sogni di rilancio della zona, ma
sono riemersi dubbi e polemiche legate a speculazione edilizia e malaffare.
Ancora una volta.
Un nuovo scandalo alla "Global
Service". Le violazioni al Piano Regolatore riscontrate dalla Commissione
sarebbero la copertura di un'attività illecita. Scopo: alterare il valore
economico di alcuni terreni di Ponticelli.
Un'occasione persa
Doveva essere "il più grande pala-eventi d'Italia", una Casa della
Musica dalla capienza di oltre 12 mila spettatori. Destinato ad esibizioni e
concerti dal vivo, il
PalaPonticelli sarebbe stato anche un volano per la riqualificazione della
zona. Un anfiteatro per concerti ed un Centro Commerciale per arricchire il
panorama (culturale) del quartiere alle porte di Napoli.
Costo complessivo: 147 milioni, a carico del soggetto promotore. Investimenti
e struttura interamente privati, ma sottoposti ai "vincoli di uso pubblico"
previsti dal Piano Regolatore Generale.
Due anni per la sua realizzazione, che avrebbe dato lavoro a più di mille
operai.
Significativa la scelta di edificare la struttura a Ponticelli per recuperare
la periferia. Infatti, sono a carico dell'impresa realizzatrice anche la
manutenzione di strade e l'erogazione di servizi nella zona.
Alt dalla Commissione
Un Centro Commerciale che viola le disposizioni del Piano Regolatore
Generale. A questa conclusione è giunta la Commissione Edilizia di Napoli,
che boccia interamente il progetto del PalaPonticelli.
Sembrava una pura formalità dopo l'approvazione definitiva del progetto
presentato dalla PalaPonticelli s.r.l. alla Giunta Comunale il 29 gennaio 2009.
Diventa ora un dovere inderogabile per il sindaco Iervolino. Sebbene il
parere della Commissione Edilizia non sia vincolante, i suoi membri sono
nominati con chiamata diretta del Primo Cittadino.
Il verdetto, un déjà vu
Le conclusioni a cui giunge la commissione edilizia ricalcano fedelmente le
perplessità espresse in precedenza da diversi membri dell'opposizione
napoletana. A sollevare la questione sono i consiglieri
Andrea Santoro e
Pietro Diodato,
che già nel 2006 definivano il PalaPonticelli:
"Una
delle più grosse speculazioni edilizie e commerciali che abbia mai colpito la
città di Napoli".
La Commissione Consiliare Attività Produttive, presieduta dal prof.
Federico Alvino,
viene chiamata ad esprimere un parere sul progetto dopo numerose denunce al Tar
dei commercianti di Ponticelli. Anche in questo caso, il parere è contrario a
causa dell'eccessiva superficie dedicata alle attività commerciali.
Le violazioni al Piano Regolatore Generale
La zona scelta per l'edificazione dell'opera è classificata area Fe
dal Prg di Napoli. In base all'articolo 50, è permessa soltanto la
realizzazione di attrezzature pubbliche o di uso pubblico – anche su
iniziativa privata – destinate a sport, attività culturali e sanità. Vincolo
fondamentale da rispettare è la sussidiarietà delle attività commerciali
rispetto all'opera pubblica.
Infatti, il PalaPonticelli su carta è un "centro culturale di zona"
affiancato da un piccolo centro commerciale. Negozi e ristoranti non dovrebbero
occupare una superficie superiore a quella dell'anfiteatro per concerti.
Ma la Commissione Edilizia giudica violati i vincoli di uso pubblico.
Stando al verbale di istruttoria del 23 aprile 2009, le attività commerciali
previste a compendio del Palaeventi non presentano il requisito della
"sussidiarietà".
Si tratta, invece, di un vero e proprio Centro Commerciale che si pone in
autonomia funzionale rispetto all'opera pubblica.
Le misure del mercato
Analizzare i dati del progetto permette di capire le reali proporzioni tra
zone destinate all'attività culturale e zone destinate all'attività commerciale.
Inizialmente, le approvazioni rilasciate dagli enti di controllo si basano su
un'interpretazione falsata dell'opera. La superficie del PalaPonticelli
viene suddivisa in tre aree dal dipartimento urbanistica di Napoli. Secondo i
tecnici del Comune, dei 192.730 mq totali, il 44,3% è destinato al
Palaeventi.
Un restante 32,5% è finalizzato alla creazione di spazi pubblici di verde
(una piazza coperta di 62.710 mq).
Infine, all'attività commerciale viene destinato soltanto il 23,2% dello
spazio totale – in osservanza del vincolo di sussidiarietà.
In realtà, agli 85.420 mq destinati al PalaPonticelli, la Commissione Edilizia
sottrae gli spazi destinati a parcheggi ed infrastrutture secondarie. Ne risulta
che la superficie dedicata alle attività culturali è tre volte inferiore a
quella destinata al Centro Commerciale.
Una nuova Global Service
Dietro la bocciatura tecnica si nasconderebbe uno scandalo simile al recente
terremoto giudiziario denominato "Global Service". A sostenerlo sono diversi
osservatori che da anni denunciano le ombre del progetto.
La costruzione del PalaPonticelli sarebbe soltanto l'ultimo atto di un piano
elaborato anni fa e finalizzato ad alterare il valore economico dei terreni
privati di Ponticelli.
Ad infittire i sospetti è soprattutto la tempistica con cui giunge la
bocciatura della Commissione Edilizia. Da anni le incongruenze tecniche
vengono denunciate dall'opposizione, ma il Comune è sempre andato avanti sulla
propria strada.
C'è chi mette in relazione la bocciatura con il rinvio a giudizio chiesto dal
G.U.P. Andrea Rovida per consiglieri comunali ed un dirigente della
PalaPonticelli s.r.l.
L'ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere. Secondo l'accusa, si
tratterebbe di un vero e proprio sodalizio criminale costituito da uomini
d'affari, tecnici e consiglieri della Giunta di Napoli, che esercitavano
pressioni sul consiglio comunale per l'approvazione di emendamenti a favore
della propria attività imprenditoriale.
Al centro delle indagini l'edile Salvatore Capacchione e le sue
presunte ingerenze nell'approvazione dell'Emendamento Scarpitti e della variante
al Piano Regolatore Generale.
Capacchione avrebbe costituito, sempre secondo gli atti dell'indagine,
un'associazione a delinquere dedita a corruzione e abuso d'ufficio per
modificare artificialmente il valore economico dei terreni che sono proprio
di fronte a quelli su cui era prevista l'edificazione del PalaPonticelli.
Terreni in possesso della Elio s.r.l. e della Vignale Immobiliare s.p.a.
Il disegno criminoso che è stato delineato vede il sodalizio fare pressioni nel
2002 perché vengano approvate le modifiche al Prg. L'obiettivo è mettere
in cantiere la costruzione di poli attrattivi nel quartiere Ponticelli.
Nel 2003, il gruppo contatta diversi amministratori pubblici del Comune per
garantire l'approvazione da parte della Giunta Consiliare dell'emendamento nr.
112 – nominalmente presentato dal Consigliere Scarpitti, anche se redatto da
Capacchione.
Con l'emendamento Scapitti viene innalzato l'indice di fabbricabilità dei
terreni in possesso della Elio s.r.l. e della Vignale Immobiliare s.p.a.
Il coinvolgimento del PalaPonticelli
Tra gli indagati c'è anche Silvio De Simone, amministratore della
PalaPonticelli s.r.l.
Capacchione aveva già presentato nel 2004 un progetto per la costruzione di un
Centro Commerciale in via Argine. Progetto formalmente rifiutato.
Inoltre, la stessa PalaPonticelli s.r.l. sembra essere una società costituita
soltanto per l'affare. Proprietaria è Marilù Faraone Mennella – detta
anche Lady Confindustria perché compagna del presidente Antonio D'Amato.
Quando deposita il progetto nel 2006, la società possiede un capitale sociale
di appena 2.500 euro – il minimo per la sua costituzione. Eppure si propone
di gestire un progetto con investimenti ingenti: circa 147 milioni di euro.
La proprietà della PalaPonticelli s.r.l. è ambigua e difficile da
ricostruire. Presidente è Faraone Mennella, ma la società è controllata al 100%
dall'Armonia s.r.l. di Biella. La quale è a sua volta proprietà di
D.M. s.p.a. di Roma.
Rintracciare i veri proprietari della società è impossibile, perché la D.M. è
controllata da diverse società lussemburghesi soggette ad una legislazione
che ne garantisce l'anonimato.
Rom e camorra
Si possono affidare progetti importanti come il PalaPonticelli a società di
cui non si conoscono i proprietari? La legalità dell'atto è indubbia, ma non
bisogna dimenticare gli interessi camorristici nella zona.
Nell'aprile 2008 il presunto tentativo di rapimento di una bambina da parte di
una ragazzina rom scatena una rivolta popolare a Ponticelli. I nomadi che
vengono cacciati dalla popolazione infuriata stanziano proprio sui campi su cui
devono cominciare i lavori del PalaPonticelli.
Un articolo di El Pais
sottolinea gli
interessi del clan Sarno su quei terreni. Se i lavori non fossero partiti
entro pochi mesi, si sarebbero persi gli ingenti fondi per la
riqualificazione urbana di Ponticelli. Forse è soltanto una coincidenza, ma
ad un anno di distanza il clan Sarno è diventato il
cartello criminale egemone a Napoli.
La magistratura indaga su quella che è stata definita la "più grande
speculazione edilizia" che abbia interessato il capoluogo partenopeo negli
ultimi anni. Numerosi sono i punti oscuri. Anche se l'interesse della camorra
fosse soltanto marginale, siamo di fronte all'ennesimo episodio di sfruttamento
di una terra già fin troppo martirizzata dalla malavita e dalla malapolitica.