Segnalazione di Giancarlo Ranaldi
- 06 maggio 2009 pagina 6 sezione: NAPOLI
«CIAO, mi presento: mi chiamo Angelica, ho 16 anni e vengo dalla Romania. Il mio
arrivo in Italia era per un futuro migliore per me e per la mia famiglia. Dopo
due mesi che stavo in Italia un giorno di venerdì del 9 maggio stavo chiedendo
elemosine e stavo a Ponticelli nella stessa strada dove mi hanno arrestata...».
Una lunga lettera, spontanea, accorata per chiedere aiuto, scritta in un
italiano traballante al presidente della Repubblica, alla vigilia della prima
udienza in Corte d' appello, che si terrà domani. L' autrice è Angelica Varga,
la rom condannata in primo grado, a 3 anni e 8 mesi, con l' accusa di aver
tentato (il 10 maggio 2007) di rapire una bimba di sei mesi in un appartamento
di Ponticelli. La condanna è per sequestro di persona. «Stavo vicino a un bidone
di spazzatura con mio nipote - continua Angelica nella sua lettera-confessione a
Giorgio Napolitano - Una signora mi ha dato 3 euro e mi ha chiesto se volevo dei
vestiti e la roba per mangiare, io ho detto di sì. Il giorno dopo sono andata su
quella strada che mi aveva detto questa signora e ho aspettato, ma dopo un po'
visto che non era arrivato nessuno. Sono andata in quel palazzo anche non
sapendo dove abitasse questa signora. Stavo nelle scale e un signore mi ha
chiesto più volte cosa facevo lì, mi ha picchiato e poi è arrivata una signora e
gli ha detto di chiamare i carabinieri e questa signora è andata dentro, poi è
arrivata una signora con i capelli biondi, poi il signore ha chiamato i
carabinieri e mi hanno arrestato e mi hanno portato a Nisida». E conclude: «Io
non so perché mi accusano di aver rubato un bambino, io non ho commesso questo
reato e vorrei tanto abbracciare la mia famiglia e la mia bambina». Dal processo
in primo grado accanto ad Angelica si sono schierati padre Alex Zanotelli e la
comunità di Sant' Egidio, ritenendo troppo severa la condanna e soprattutto
temendo una deriva di intolleranza razzista, dopo gli incendi dei campi rom
proprio a Ponticelli, lo scorso maggio. «Non ci siamo mai innamorati di quella
leggenda popolare che guarda ai rom come ai ladri dei bambini, se questo è il
sospetto. Anzi, eravamo così coscienti del rischio di avallare un tale
pregiudizio che abbiamo messo in campo una cautela estrema, il massimo
equilibrio, indagini svolte in ogni direzione», spiegò all' indomani del
procuratore capo per i minori di Napoli, Luciana Izzo, proprio per arginare sul
nascere le polemiche. Oggi, alla vigilia del processo di appello, il confronto è
quanto mai aperto. «L' udienza presso la Corte d' Appello - scrive in un
documento ufficiale il Comitato Campano con i rom - ci sembra un' occasione per
riflettere sulla drammatica vicenda, per interrogarci sulla potenza che gli
stereotipi hanno sulla realtà, su come siamo oppressi dal crescente e sempre più
violento razzismo».
CRISTINA ZAGARIA