Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 28/12/2013 @ 09:04:55, in Italia, visitato 1914 volte)
Botta - Risposta e ritorno a Mahalla
Da
Città Ideale
Siamo nelle festività, il periodo meno adatto per discutere di un tema
sociale come quello della Comunità sinti a Buccinasco. Perché sono anni che
Buccinasco ha investito sulla integrazione della Comunità . Si sono impegnati
amministratori e società civile; l'associazione Apertamente ha quale attenzione
principale, se non unica, la Comunità sinti.
Succede proprio in questi giorni che la Comunità sinti (forse non tutti di Buccinasco ma anche di persone che hanno residenza nel nostro campo sinti) sono
oggetto di cronache preoccupate per vicende truffaldine ben organizzate (VEDI
il CorrieredellaSera). Secondo Repubblica tutti i sei componenti arrestati vivono
nel campo sinti di Buccinasco; tutti, dicono i giornali con precedenti penali.
Tutti arrestati; con reati diversi. L'attività agli inquirenti appare
organizzata e condotta da persone "esperte", per cui si teme una organizzazione
più ramificata, con anziani soli truffati e danneggiati o a rischio di esserlo.
Da qui l'invito a prestare attenzione, a non fidarsi di sconosciuti (e
sconosciute) incontrati per la strada che offrono aiuti diversi per introdursi
in casa.
Questa la vicenda che parla di 22 truffati ed un "bottino" di 300mila euro. Qui
a Buccinasco qualche precisazione diventa inevitabile. Il Corriere riporta nomi
e funzioni svolte fra cui una signora che non ha residenza al campo sinti e che
nel suo appartamento di Buccinasco curava la raccolta della refurtiva e il suo
smistamento, oltre a trattare cocaina in quantità non marginale, con le dosi
pagava anche i sinti. Sembrerebbe punto di riferimento di tutto il sistema
(quello scoperto).
La signora in questione, vedova di un confinato a Buccinasco dagli anni settanta.
Lui (dai famigliari con precedenti penali ripetuti), considerato componente
della malavita organizzata nel Sud Ovest Milano. Insomma, il quadro che sembra
delinearsi è quello che vede i sinti come "manovalanza esperta" che opera a
supporto di pezzi di malavita ben più organica.
Scenario che non può e non deve lasciare indifferenti a Buccinasco. Le forze
dell'ordine certo; ma è situazione sulla quale ci si deve interrogare nella
nostra Comunità: chi stiamo aiutando con elargizioni a vario titolo? Tutte le
persone coinvolte, scrivono i giornali, risultano disoccupate e senza alcun
reddito. Vivono forse di sostegni erogati con i danari della nostra Comunità?
Il processo di integrazione vive di un modello codificato e testato? (posto che
ci sia, a Buccinasco). E' evidente che si stanno denunciando buchi
preoccupanti. Che l'impegno delle amministrazioni succedutesi sembra essersi
limitato a una sorta di carità compassionevole, per il resto affidata
all'impegno volontaristico di qualche Cittadino: certo meritevole di
apprezzamento. Il tutto però drammaticamente insufficiente, visto quanto appare
da questa vicenda.
Sarebbe facile ora l'accusa alla amministrazione per la vicenda sugli abusi
all'Enel Sole e il suo rincorrere comportamenti non leciti e cercare di
tamponarli, sminuirli, quasi di nasconderli. Si dimostra come non mai
insufficiente la motivazione di non parlarne per non rinfocolare un rifiuto dal
sapore razzista. Tenere nascoste le magagne è sbagliato: occorre che si guardino
con la necessaria responsabilità, chiarezza e serietà. Amministrare comporta dar
conto delle decisioni e della loro utilità: la compassionevole carità è cosa
altra e diversa.
Il problema è reale e merita la massima attenzione della Comunità, a cominciare
dai nostri amministratori. Convinti che la soluzione non può essere
l'allontanamento ma anche che qualsiasi insediamento stabile (come è aspirazione
programmatica del mandato Maiorano), è fuori discussione: sarebbe un ghetto.
Centro di degrado sociale e malavita, che così si radicherebbe ancora di più.
Crediamo opportuno e indifferibile un approfondimento serio sul tema sinti.
Erogare a pioggia contributi diversi senza che questi siano legati a un percorso
preciso e deciso di normalizzazione e integrazione civica, è uno spreco.
Soprattutto dannoso per i destinatari; contributi così erogati consolidano
comportamenti devianti, estranei alla società civile.
In risposta all'ennesimo articolo di Saccavini su
"CITTA' IDEALE":
Buccinasco: i sinti, l'assistenza e un progetto di integrazione
Apertamente è una Associazione di volontariato,
formata da Sinti e non, da dieci anni opera per la realizzazione di un Progetto
di "Inclusione Sociale" della locale Comunità sinta residente a Buccinasco
dall'inizio degli anni '80. Intenzione dichiarata di tale Progetto è
innanzitutto contribuire al raggiungimento del soddisfacimento di bisogni
primari come: Salute, istruzione, casa, lavoro.
Nel rispetto delle comuni leggi nazionali ed internazionali ricordando che in
caso di inosservanza delle leggi penali e civili la responsabilità è sempre
individuale: a Buccinasco, al Q.re Terradeo, come ovunque.
Per il raggiungimento di questo obiettivi Apertamente si è dovuta negli anni
confrontare con due Amministrazioni locali (Carbonera, Cereda), con il nominato
Commissario Straordinario (Iacontini) e attualmente con l'Amministrazione
Maiorano. Con le Amministrazioni Provinciali: Colli, Penati ed ora Podestà, e
ben 4 Direttori del Parco Agricolo Sud Mi (Ceriani, Ghiringhelli, Cioffi e ora a
interim De Cataldo)
Ogni volta che uno di questi interlocutori cambia, si ricomincia da capo per
quanto riguarda i contatti per la presentazione, discussione realizzazione dei
nostri Progetti.
Dall'inizio della nostra esperienza di Associazione abbiamo cercato e trovato
collaborazione con quanto si muoveva nel sociale sul territorio del comune e
comuni limitrofi (Associazioni, Caritas Decanale, le Parrocchie, le Cooperative
Sociali). Abbiamo da circa cinque anni per operare con maggior efficacia come
Apertamente, preso contatto con altre associazioni aventi finalità simili alla
nostra (Caritas, Naga, Comunità di S.Egidio, Padri Somaschi, Casa della Carità,
Opera Nomadi, Amnesty International, Avvocati per niente, ecc.) raggruppate nel
Tavolo Rom e Sinti di Milano. Inoltre collaboriamo con dipartimenti
dell'Università Bicocca e di Pavia con le quali abbiamo partecipato
all'organizzazione di eventi sui temi riguardanti queste minoranze etniche.
Recentemente abbiamo promosso a Buccinasco un pubblico evento sul tema "Crisi
economica, lavoro che manca.. alcune proposte".
Pensiamo di fare cosa utile, portare a vostra conoscenza la riflessione
riportata qui sotto (il ritorno a
Mahalla, ndr.), che interamente
condividiamo. Essa ben descrive il contesto nel quale quotidianamente ci
troviamo ad operare.
Per Associazione Apertamente di Buccinasco
Ernesto Rossi, Augusto Luisi
Buccinasco 27.12.2013
Di Fabrizio (del 29/12/2013 @ 09:04:03, in lavoro, visitato 1956 volte)
Romedia Foundation - 27 dicembre 2013
Pinze dentali, foto © The Pitt Rivers Museum, Oxford. Per scoprire il
significato dell'immagine, continua a leggere...
Dato che l'immigrazione dei Rom nell'Europa Occidentale continua a causare
panico nei media, Damian Le Bas considera la storia dei traffici romanì e
l'incredibile varietà di lavori che l'Europa e l'Asia hanno af
fidato ai propri
"zingari". Sono scrittore e regista: scrivo e faccio film per
vivere, la scrittura e i film sono ciò che mi danno da mangiare. Cosa che
potrebbe non essere particolarmente sorprendente per qualcuno, per me lo è
ancora.
Da giovane ho provato ad immaginarmi come scrittore, ma era davvero difficile
da credere. Era una vaga aspirazione, non un'ambizione tangibile. E l'ambizione
più sensata che potessi avere non era comunque "un'ambizione": era fare quello
che facevano tutti gli altri, lavorare per mettere del cibo sulla tavola.
Da bambino, "quello che facevano gli altri" significava o la vendita di
fiori, o il lavoro nelle costruzioni o sui tetti. Queste erano le scelte
ragionevoli, ed anche quelli nella mia famiglia che avevano aspirazioni dovevano
seguire strade sensate. Mio madre e mio padre erano artisti, ma l'arte non
pagava le bollette. Tuttora continuano a vendere fiori per arrivare alla fine
del mese. Così pensavo che una volta cresciuto avrei venduto fiori o fatto il
carpentiere. C'erano altre opzioni che sembravano un poco più esotiche, ma
comunque ragionevoli: vendita di cavalli, riparare motori o compravendita di
rottami; ma l'idea di vendere parole scritte da me o di film girati da me, mi
suonava realistica come quella di aprire un negozio di fiori nello spazio
infinito.
Nella cultura romanì è forte l'idea che si debba fare "il proprio lavoro",
"lavoro da zingari" o "romani buki" o comunque si voglia chiamarlo. Perché non
dovrebbe essere così? Possiamo pensare a quanto sia comune in qualsiasi cultura
stabilire un "affare di famiglia", un mestiere per cui tu e la tua Vitsa
siete conosciuti e rispettati. Ma creare un negozio proprio in un lavoro che
valorizza i tuoi punti di forza, non è lo stesso dell'avere un ruolo nel mondo
del lavoro sulla base di ciò che gli altri si aspettano da te, o perché tu non
credi di poter fare qualcosa di differente.
Fuori dalla cultura romanì, l'idea dei "lavori da zingari" probabilmente è
ancora più forte. Allora, quali lavori bisogna fare? Presumo, che possano essere
classificati in diverse maniere. Ci sono lavori che sono lavori, e sono
utili alla società; lavori che sono lavori, e non sono utili alla
società, e lavori che non sono lavori - ma attività criminali. Così,
per esempio, nel primo gruppo abbiamo i lavori agricoli (nelle fattorie), nel
secondo gruppo la chiromanzia e nel terzo il furto. C'è un ipotetico prisma
paradigmatico tripartito generato esternamente nel vedere il lavoro romanì. O,
in inglese, un outsider's way of looking al lavoro romanì.
Perché simili punti di vista continuino a prevalere, quando chiaramente hanno
un effetto negativo sull'autopercezione dei Romanì stessi e del loro potenziale
(come succederebbe a chiunque), e chiaramente non riuscendo a descrivere la
varietà di lavori che svolgiamo e, anche, che abbiamo sempre svolto? Sì, avete
letto bene: che abbiamo sempre svolto.
Nel Pitt Rivers Museum della Oxford University, mia madre incrociò il paio di
forbici dentali mostrate nell'immagine iniziale. Il cartellino che è attaccato
recita:
"Forbici dentali realizzate da ZINGARI locali. In ferro, con un lungo e
sottile manico curvo: le due piccole pinze terminano con due denti su ogni lato.
Popolo: Zingari albanesi.
Località: Scutari, Albania.
Raccolto dalla signora ME Durham, 1911.
Acquisizione: tramite lei stessa, 1933"
Informazioni importanti, ma non così tanto come successivamente ha spiegato
il professor Thomas Acton. Il popolo romanì ("Zingari albanesi") che realizzò
quelle forbici non solo aveva fabbri di talento per realizzare strumenti medici,
ma facevano anche gli odontoiatri. Questo, almeno 80 anni fa, e questi "zingari"
erano dentisti.
Questo è solo un esempio della varietà che menzionavo sopra, ma almeno è un
esempio didattico. Non riesco a spiegare completamente perché questa scoperta mi
fece sorridere così tanto, ma in parte proverò a spiegarlo. Ho sorriso - come
quando lessi per la prima volta di
Helios Gomez, artista e pensatore politico che era anche gitano - perché mi fece
capire che, provenendo da una famiglia romanì e con una buona contezza del mio
patrimonio culturale, c'era ancora moltissimo che non conoscevo, che la maggior
parte di noi non conosce, di tutta la varietà di cose che il nostro popolo ha
fatto per sopravvivere. I libri di storia hanno la cura di sottolineare una
delle ragioni per cui i Rom nel mondo islamico facevano mestieri come il
dentista: in quanto gli altri li consideravano mestieri impuri, informazione per
me del tutto secondaria. La cosa principale è che l'intraprendenza e le capacità
di questi Rom li ha portati su questa strada, e questa storie di flessibilità, e
di abilità, non sono abbastanza valutate nel discorso attuale
sull'immigrazione romanì.
L'artista gitano e pensatore politico di sinistra, Helios Gomez
C'è un altro avvertimento da tutta questa discussione, che prospera sulla
presunzione di pigrizia e irresponsabilità dei Romanì. Nella maniera più
semplice: in un gran numero di angoli di solito nascosti dagli occhi selettivi
della storia ufficiale, l'Europa si è arricchita col secolare lavoro dei Romanì,
il problema è che non sono mai stati riconosciuti, retribuiti o rispettati come
esseri umani. Grandi aziende di successo (voi sapete quali) sono nate in questo
modo e continuano a prosperare su queste radici, ed il minimo che possiamo
chiedere è che questo sia reso palese e rispettato come parte della storia del
nostro continente.
"In ogni fatica c'è profitto, ma la mera parola porta solo alla povertà"
ci dice il libro biblico dei Proverbi. E' una bella citazione con un semplicità
audace, in cui potreste ritrovarvi pure voi. Io l'ho fatto. Poi ho pensato alla
realtà, ad una in particolare: la schiavitù. E' improbabile che l'autore (o il
compilatore) del libro dei Proverbi fosse uno schiavo: gli schiavi istruiti
erano pochi e si trovavano soprattutto in Medio Oriente. Comunque, è nella
fatica della schiavitù risiede il profitto, solo che al profitto non capita di
andare verso chi fatica duramente.
By Damian Le Bas
Di Fabrizio (del 30/12/2013 @ 09:01:20, in blog, visitato 1663 volte)
(post sconsigliato a vegani & similia)
Dunque, un giornale che non lo è (il link lo metto solo se mi pagano - cash),
ha uno scoop da Udine, nota città finlandese: dei Rom si sarebbero rapiti una
renna e l'avrebbero mangiata, con corna e zoccoli. Dove? All'Auchan locale.
Peccato che Udine, oltre a essere cronicamente sprovvista di renne, manca anche
di Auchan.
L'unica cosa certa (anche in MAHALLA abbiamo i nostri scoop) è che a
Udine ci sono dei Rom, sono amici mia e hanno parenti a Milano. La renna gli ha
stuzzicato l'appetito, mi chiedono se nei dintorni non gli recuperiamo qualche
animale della fauna locale: canguri, elefanti, babbi natale, un paio di liocorni, si
accontentano di tutto.
Vi assicuro: è tutto vero! Credo che ogni tanto bisognerebbe
disintossicarsi da internet, magari con un rave a base di LSD e slivo
(saluti dalla renna)
Di Fabrizio (del 31/12/2013 @ 09:09:00, in Italia, visitato 1920 volte)
Al Prefetto di Palermo
Al Sindaco di Palermo
Alla Giunta e al Consiglio Comunale di Palermo
Al Presidente della II Circoscrizione di Palermo
All'UNAR.
Apprendiamo dalla comunità Rom dell'imminente sgombero coatto dell'asilo nido di
via XXVII Maggio, nel quartiere Sperone, nel quale risiedono da circa quattro
anni 10 famiglie Rom, composta da 25 adulti e 15 minori.
In una situazione generale della città che presenta, da troppo tempo, una
carenza di appartamenti, non comprendiamo quali siano i motivi d'urgenza dello
sgombero, perché non sussistono problemi di “ordine pubblico” o di
“insostenibile stato di degrado”, soprattutto nel periodo più freddo dell'anno,
mettendo per strada interi nuclei familiari. Sono stati tagliati tutti gli
allacci alla rete idrica, così come è stato danneggiato il generatore di
corrente di loro proprietà, quindi costringendoli al buio, al freddo e senza
acqua.
Non comprendiamo, inoltre, le pressioni fatte dai residenti del quartiere o da
singoli consiglieri di circoscrizione, dato che non esiste un progetto a breve
di utilizzo o intervento sull'immobile in questione, di fatto abbandonato al
degrado da anni.
Le comunità Rom sono stremate, in condizioni igienico-sanitarie pessime,
sottoposte a sgomberi e criminalizzazioni di fronte all'opinione pubblica che
vanificano ogni loro tentativo di costruire una vita degna che permetta loro una
reale integrazione. In questa situazione è facile promuovere l'odio tra la
popolazione, sfociando in una guerra fra poveri.
Non vogliamo trovare soluzioni univoche e immediate, ma lavorare a lungo
termine, collaborando assieme, mettendo in moto tutte le capacità e le risorse a
disposizione, puntando ad una vera inclusione di questa Comunità, in coerenza
con la Strategia Nazionale di Inclusione Rom, Sinti e Caminanti.
Ci rivolgiamo al Sindaco, alla Giunta, al Consiglio Comunale, al Presidente
della II circoscrizione, per chiedere:
di far revocare lo sgombero e concordare delle alternative, attraverso il
dialogo, che consentano di trovare una soluzione costruttiva.
Firmatari:
- Idea Rom - sezione di Palermo
- Idea Rom Onlus Torino
- Opera Nomadi RC
Di Fabrizio (del 02/01/2014 @ 09:05:45, in Europa, visitato 1372 volte)
Il "villaggio attrezzato" della Cesarina, a Roma -
ASSOCIAZIONE 21 LUGLIO lunedì, 30 dicembre, 2013
"Veniamo trattati come "pacchi", spostati da una parte all'altra della città
senza essere interpellati, e nel timore di essere dimenticati all'interno di un
centro segregato, dove gli spazi sono angusti e asfittici, le condizioni
igienico-sanitarie difficili e dove ci è proibito ricevere visite".
Si sono rivolte direttamente al Commissario Europeo per i Diritti Umani Nils Muizhnieks alcune delle famiglie rom che nelle scorse settimane sono state
trasferite dal "villaggio attrezzato" della Cesarina al centro per soli rom di
via Visso, a Roma.
Con la lettera a Strasburgo, i rom vogliono portare all'attenzione del
Commissario la "grave condotta da parte dell'Amministrazione di Roma" nei loro
confronti dopo che, il mese scorso, lo stesso Muizhnieks aveva esortato la
Giunta Marino ad individuare "soluzioni abitative ordinarie" per rom e sinti
nella Capitale.
Il 16 dicembre, i 180 rom della Cesarina sono stati trasferiti nel centro di
accoglienza per soli rom di via Visso 12, denominato "Best House Rom" e dove già
vivono altri 180 rom. Nella lettera al Commissario le famiglie rom denunciano
come all'interno del "villaggio attrezzato" le condizioni di vita fossero
effettivamente "inaccettabili", a causa di "condizioni alloggiative totalmente
inadeguate e dei ripetuti episodi vessatori" ai quali erano sottoposte.
La soluzione individuata dall'Amministrazione capitolina, tuttavia, è stata il
trasferimento nell'ennesimo luogo di segregazione per soli rom. Un
trasferimento, secondo le famiglie rom firmatarie, avvenuto peraltro senza
alcuna consultazione adeguata.
"Contestiamo fortemente la totale assenza di consultazioni e il fatto che non si
sia esplorata alcuna ulteriore alternativa rispetto all'unica opzione messa a
disposizione dal Comune, che riteniamo inadeguata dato che replica una
condizione di segregazione, essendo riservata a soli rom", si legge nella
lettera al Commissario Muizhnieks.
"Inoltre - proseguono i rom - non solo veniamo trattati come "pacchi", spostati
da una parte all'altra della città, ma ci ritroviamo anche in una condizione di
estrema incertezza riguardo al futuro nostro e dei nostri figli".
Nelle intenzioni del Comune, il trasferimento sarebbe una misura temporanea in
attesa del rifacimento del "villaggio attrezzato" della Cesarina. Tuttavia,
scrivono i rom al Commissario, nessuna tempistica sulla loro permanenza nel
centro è stata loro comunicata dall'Amministrazione né tantomeno sull'inizio dei
lavori di rifacimento del "campo".
Tutto ciò alimenta "il nostro timore di venire dimenticati all'interno di un
centro segregato e inadeguato per chissà quanto tempo, come già successo ad
altre persone rom che in precedenza sono state trasferite in questo e in altri
centri di accoglienza per soli rom della città di Roma".
Nella risposta alla lettera di novembre inviata da Strasburgo al sindaco Marino,
l'Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà Rita Cutini aveva garantito al
Commissario Muizhnieks che "la volontà e i passi intrapresi dalla nostra
amministrazione vanno nella direzione di una piena attuazione delle indicazioni
contenute nella Stratega nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti,
abbandonando definitivamente l'approccio emergenziale in favore di una gestione
di sistema del fenomeno".
Nella loro lettera, però, i rom mettono in evidenza un'altra realtà: "Come le ha
recentemente scritto l'Assessore Cutini, anche noi - scrivono i rom a Muizhnieks
- le inviamo il nostro invito a venire a visitarci nel nuovo centro per
riscontrare di persona la condizione in cui siamo stati costretti dalle autorità
della città di Roma: spazi angusti e asfittici, proibizione di ricevere visite,
condizioni igienico-sanitarie difficili, regolamenti vessatori".
LEGGI ANCHE:
Di Fabrizio (del 03/01/2014 @ 09:08:19, in Europa, visitato 1389 volte)
Damian Draghici, funzionario rom, dice che la Gran Bretagna dovrebbe
essere più preoccupata dai "furti dei banchieri, invece che dai mendicanti del
suo paese By MARTIN ROBINSON -
Daily Mail
[...]
Damian Draghici, consigliere del primo ministro rumeno, ritiene che i migranti
del suo paese debbano avere la possibilità di stabilirsi nel Regno Unito.
Rom, 43 anni, dice di aspettarsi che siano in pochi a muoversi verso la GB,
quando si aboliranno il 1 gennaio le restrizioni sul movimento di Rumeni e
Bulgari in Europa.
Draghici dice che non gradirebbero la Gran Bretagna per il troppo freddo, e
prevede che questo inverno solo 2 o 3.000 potrebbero recarsi nel Regno Unito.
"I mendicanti rom per le strade sono evidenti, perché sono visibili, chiedono
una sterlina o un euro e per questo ci danno fastidio. Eppure alcune persone
nelle banche stanno rubando miliardi di euro, ma nessuno li vede3 perché sono al
60 piano" ha detto al Times.
"Il 70% dei Rom che hanno lasciato la Romania negli ultimi 10 anni sono
integrati. Hanno figli che vanno a scuola e si comportano da cittadini e
contribuenti attivi."
Ha aggiunto che i gruppi che in diverse occasioni l'anno scorso si erano
accampati in Park Lane sono stati "l'eccezione".
[...]
La Romania conta circa due milioni di Rom e ce ne sono 750.000 in Bulgaria,
anche se molti sono già partiti per l'Europa Occidentale da quando quei paesi
hanno aderito alla UE nel 2007.
Draghici dice che il rigido clima britannico terrà lontano i migranti, e si
aspetta che dopo il 1 gennaio saranno circa in 3.000 ad entrare in GB
I migranti da questi paesi in arrivo in GB per Capodanno potrebbero mettere
una pressione enorme su case, scuole ed ospedali, avvertiva un importante
rapporto la scorsa settimana.
Dice uno studio dell'Institute for Public Policy Research, di
centro-sinistra, che la maggior parte dei nuovi arrivati si insedierebbero a
Londra e nel Sud-Est - quindi sarebbero i servizi pubblici di quelle aree i più
interessati.
Viene detto che la Gran Bretagna settimana prossima potrebbe vedere un
aumento di comportamenti antisociali, accattonaggio aggressivo, pernottamenti
all'addiaccio e criminalità.
E che i tanto annunciati cambiamenti di David Cameron a regole e benefici
sono "altamente simbolici" e produrranno poca o nessuna differenza.
Cameron ha evitato di richiedere alla UE di estendere i controlli, nonostante
i sondaggi mostrino un grande appoggio pubblico per tale richiesta.
Di Fabrizio (del 04/01/2014 @ 09:07:47, in scuola, visitato 1901 volte)
di PAOLO GRISERI su
Repubblica
La madre racconta: "Ha detto a mio marito che è meglio fare il lavavetri ai
semafori che rapinare". La famiglia è arrivata dalla Romania nel 2012, Rinaldo
ha 10 anni e vive in un campo nomadi a Torino, vicino a Mirafiori
Ci sono i nastri colorati, le palle rosse e i rami d'argento. È quasi tutto in
ordine. Quasi. Perché a ben pensarci qualcosa manca all'albero di Natale di
Rinaldo e di sua cugina Sara. Di giorno si nota poco, eppure manca. Certo, ecco
che cos'è: mancano le luci, sono spente. Diciamo la verità: accenderle sarebbe
uno spreco. Come trascorri la tua giornata, Rinaldo? "Aiuto mia madre". Come
l'aiuti? "Metto la benzina nel generatore. Serve per le luci, per caricare i
telefonini, per far funzionare il frigorifero". Il campo nomadi di Mirafiori, in
fondo al corso della Fiat, è il meno noto, e dunque il più abusivo della città:
non compare nemmeno sulle mappe degli accampamenti che circondano Torino. Eppure
tra le baracche e il fango vivono a centinaia. Rinaldo è uno di loro. La madre
cerca lavoro. Il padre invece un'occupazione ce l'ha: "Lavora al semaforo".
Anche Rinaldo ha un progetto per il futuro. L'ha scritto alla maestra Elisa
parlando delle sue speranze per il 2014: "Da grande vorrei fare il maestro. Per
imparare a non rubare".
Il campo nasce dove finisce la città. A due passi dall'ultimo palazzo di vetro,
nuovissimo, magico, a forma di onda. Dentro le volute ci sono gli uffici più
moderni, quelli dove si disegnano i nuovi modelli di auto per i produttori di
tutto il mondo, dai tedeschi ai cinesi. Rinaldo tutto questo non lo sa. È
arrivato qui alla fine del 2012, quando aveva nove anni: "Abbiamo viaggiato in
furgone, un giorno e una notte. Veniamo dalla Romania". Per entrare nella
baracca si salgono tre scalini di legno che garantiscono una buona distanza tra
il pavimento e il fango. Servono anche, i gradini, a tenere lontani gli animali,
come si faceva migliaia di anni fa con le palafitte. È successo proprio su quei
gradini: "Un giorno Rinaldo ha sbarrato la strada a mio marito. Gli ha detto:
"Papà, è meglio che tu vada al semaforo"". Giulia, la madre, racconta la storia
sorridendo. Ne ha viste tante. Ha imparato cinque lingue frequentando
l'università dei campi nomadi di mezza Europa: "Devi imparare a capire in
fretta". È questione di sopravvivenza. Per Rinaldo "leggere e scrivere è
importante. Serve a prendere la patente". Ma soprattutto, "serve a trovare un
lavoro. E se hai un lavoro non hai più bisogno di rubare". Era stato questo il
discorso fatto da Rinaldo a suo padre sugli scalini: "Andare al semaforo è un
lavoro, andare al grande magazzino no".
Giulia spiega che "chiedere i soldi tutte le volte che diventa rosso può rendere
anche 15 euro al giorno. Ma non è sicuro. E comunque non sono tanti. Certo, chi
ruba guadagna molto di più". Rinaldo questo lo sa bene: "Qui nel campo molti
rubano. Prendono le borsette, i telefonini, vanno al grande magazzino. Sono
senza lavoro, si aggiustano così". Perché allora chiedere alla maestra di
imparare a non rubare? "Da grande voglio fare il maestro anche io. Così avrò un
lavoro, non avrò bisogno di andare ai grandi magazzini. E potrò insegnarlo agli
altri. Per questo ho chiesto alla maestra di insegnare a non rubare". E se non
riuscirai a fare il maestro? "Allora voglio fare il poliziotto. Ce n'è uno che
viene sempre qui al campo, si chiama Ulisse". Che cosa viene a fare? "A
controllare che tutto sia tranquillo".
Mentre parla, Rinaldo tormenta una palla rossa dell'albero di Natale. La rigira
tra le mani, la fa dondolare. È agitato, nervoso. Si confessa: "Sai che prima
non volevo parlarti? Non avevo tanta voglia di raccontare la mia storia. Poi mia
cugina Sara mi ha convinto. In fondo è una bella cosa". Giulia, la madre, ed
Elisa, la maestra, annuiscono. Imparare a non rubare non è una cosa di cui
vergognarsi. Ma raccontare la propria vita a chi abita fuori dal campo può
essere rischioso: "Quelli delle Poste - dice Sara - vogliono mandarci via perché
di notte facciamo festa e disturbiamo". Poco distante dal campo c'è
effettivamente un grande deposito delle Poste. Non sono certo gli impiegati a
protestare. Sono gli abitanti del quartiere che sorge a poca distanza. Alti
palazzi, aree verdi, un complesso nato per i colletti bianchi nel cuore dell'ex
barriera operaia. Per questo il "Centro Europa", a Mirafiori Nord, è sempre
stato considerato il quartiere dei ricchi anche se ricchi non se ne vedono
molti. Elisa, la maestra, abita lì e lo dice con un po' di ritrosia: "La
petizione è passata anche nel mio palazzo. Un vicino di casa. Ha bussato una
mattina, si è presentato con la cravatta verde dicendo: "Vorremmo che lei
firmasse la petizione per far chiudere la fontana nei giardini pubblici". Io ho
chiesto perché mai si dovesse togliere l'acqua a una fontana che rinfresca chi
passa in mezzo al giardino: "Perché quell'acqua la usano gli zingari del campo
per andarsi a lavare. Certe mattine dalla finestra li vediamo che si lavano
nudi". La petizione ha raccolto un bel po' di firme e per qualche mese Rinaldo
e la sua famiglia non hanno potuto lavarsi alla fontanella. Poi qualcuno con un
po' più di sale in zucca ha riaperto il rubinetto.
Ma perché fare questa vita? Perché partire dalla Romania su un furgone, girare
mezza Europa e finire nel fango a Mirafiori sotto il meraviglioso palazzo a
forma di onda? Ha ancora senso fare tutti questi sacrifici per inseguire il mito
del nomadismo? "Ma noi non siamo nomadi", sorride Giulia mentre offre il caffè.
Qui, al campo, di Tchajkovskji e del fascino zigano non si vede traccia: "In
Romania - spiega Giulia - vivevamo in case di muratura, vicino a Timisoara. Poi
gli affitti sono saliti e il lavoro è sparito. Siamo venuti in Europa perché
cercavamo un modo di sopravvivere". Qui non sembrate averlo trovato: "Piuttosto
che trascorrere l'inverno in una casa di lamiera in Romania è meglio farlo qui".
Finché si può. Il fantasma che si aggira tra le casupole è quello che Sara e
Rinaldo riassumono con efficacia: "Stiamo qui fino a quando non vengono a
spaccare il campo". Sara racconta: "A me è già capitato. Una mattina vengono,
fanno uscire tutti. Poi arriva un braccio di ferro che rompe la baracca". Anche
Rinaldo lo sa: "Per l'anno prossimo spero di continuare ad andare a scuola per
imparare a leggere e scrivere. Così magari un giorno riuscirò davvero a fare il
maestro. E speriamo che nel frattempo non vengano a spaccare la mia casa".
Di Sucar Drom (del 05/01/2014 @ 09:09:19, in blog, visitato 1609 volte)
I deliri dei forconi...
Antisemitismo, i deliri del portavoce dei "forconi"
Gattegna: "Affermazioni intrise dell'antisemitismo più bieco". "Le deliranti
affermazioni sull'Italia 'schiava dei banchieri ebrei' e le successive
giustificazioni formulate dal portavoce del Movimento dei Forconi, Andrea Zunino,
dann...
Roma, la Questura e il tweet razzista
E' di ieri sera il tweet razzista fatto dall'account ufficiale della Questura di
Roma. Una battuta vergognosa in cui si paragona la sistemazione del ripostiglio
allo sgombero di un campo rom. Il tweet viene subito cancellato ma un'utente
risponde e salva l'immagine...
Vicenza, sinto salva donna precipitata con l'auto nel fiume
E' stata salvata dal pronto intervento di un giovane sinto italiano di 23 anni,
Sedrik Dori (in foto), una donna italiana di 37 anni che alla guida di un
fuoristrada era uscita di strada e, dopo aver sfondato la ringhiera metallica,
era finita nel fiume...
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