Romedia Foundation - 27 dicembre 2013
Pinze dentali, foto © The Pitt Rivers Museum, Oxford. Per scoprire il
significato dell'immagine, continua a leggere...
Dato che l'immigrazione dei Rom nell'Europa Occidentale continua a causare
panico nei media, Damian Le Bas considera la storia dei traffici romanì e
l'incredibile varietà di lavori che l'Europa e l'Asia hanno af
fidato ai propri
"zingari".
Sono scrittore e regista: scrivo e faccio film per
vivere, la scrittura e i film sono ciò che mi danno da mangiare. Cosa che
potrebbe non essere particolarmente sorprendente per qualcuno, per me lo è
ancora.
Da giovane ho provato ad immaginarmi come scrittore, ma era davvero difficile
da credere. Era una vaga aspirazione, non un'ambizione tangibile. E l'ambizione
più sensata che potessi avere non era comunque "un'ambizione": era fare quello
che facevano tutti gli altri, lavorare per mettere del cibo sulla tavola.
Da bambino, "quello che facevano gli altri" significava o la vendita di
fiori, o il lavoro nelle costruzioni o sui tetti. Queste erano le scelte
ragionevoli, ed anche quelli nella mia famiglia che avevano aspirazioni dovevano
seguire strade sensate. Mio madre e mio padre erano artisti, ma l'arte non
pagava le bollette. Tuttora continuano a vendere fiori per arrivare alla fine
del mese. Così pensavo che una volta cresciuto avrei venduto fiori o fatto il
carpentiere. C'erano altre opzioni che sembravano un poco più esotiche, ma
comunque ragionevoli: vendita di cavalli, riparare motori o compravendita di
rottami; ma l'idea di vendere parole scritte da me o di film girati da me, mi
suonava realistica come quella di aprire un negozio di fiori nello spazio
infinito.
Nella cultura romanì è forte l'idea che si debba fare "il proprio lavoro",
"lavoro da zingari" o "romani buki" o comunque si voglia chiamarlo. Perché non
dovrebbe essere così? Possiamo pensare a quanto sia comune in qualsiasi cultura
stabilire un "affare di famiglia", un mestiere per cui tu e la tua Vitsa
siete conosciuti e rispettati. Ma creare un negozio proprio in un lavoro che
valorizza i tuoi punti di forza, non è lo stesso dell'avere un ruolo nel mondo
del lavoro sulla base di ciò che gli altri si aspettano da te, o perché tu non
credi di poter fare qualcosa di differente.
Fuori dalla cultura romanì, l'idea dei "lavori da zingari" probabilmente è
ancora più forte. Allora, quali lavori bisogna fare? Presumo, che possano essere
classificati in diverse maniere. Ci sono lavori che sono lavori, e sono
utili alla società; lavori che sono lavori, e non sono utili alla
società, e lavori che non sono lavori - ma attività criminali. Così,
per esempio, nel primo gruppo abbiamo i lavori agricoli (nelle fattorie), nel
secondo gruppo la chiromanzia e nel terzo il furto. C'è un ipotetico prisma
paradigmatico tripartito generato esternamente nel vedere il lavoro romanì. O,
in inglese, un outsider's way of looking al lavoro romanì.
Perché simili punti di vista continuino a prevalere, quando chiaramente hanno
un effetto negativo sull'autopercezione dei Romanì stessi e del loro potenziale
(come succederebbe a chiunque), e chiaramente non riuscendo a descrivere la
varietà di lavori che svolgiamo e, anche, che abbiamo sempre svolto? Sì, avete
letto bene: che abbiamo sempre svolto.
Nel Pitt Rivers Museum della Oxford University, mia madre incrociò il paio di
forbici dentali mostrate nell'immagine iniziale. Il cartellino che è attaccato
recita:
"Forbici dentali realizzate da ZINGARI locali. In ferro, con un lungo e
sottile manico curvo: le due piccole pinze terminano con due denti su ogni lato.
Popolo: Zingari albanesi.
Località: Scutari, Albania.
Raccolto dalla signora ME Durham, 1911.
Acquisizione: tramite lei stessa, 1933"
Informazioni importanti, ma non così tanto come successivamente ha spiegato
il professor Thomas Acton. Il popolo romanì ("Zingari albanesi") che realizzò
quelle forbici non solo aveva fabbri di talento per realizzare strumenti medici,
ma facevano anche gli odontoiatri. Questo, almeno 80 anni fa, e questi "zingari"
erano dentisti.
Questo è solo un esempio della varietà che menzionavo sopra, ma almeno è un
esempio didattico. Non riesco a spiegare completamente perché questa scoperta mi
fece sorridere così tanto, ma in parte proverò a spiegarlo. Ho sorriso - come
quando lessi per la prima volta di
Helios Gomez, artista e pensatore politico che era anche gitano - perché mi fece
capire che, provenendo da una famiglia romanì e con una buona contezza del mio
patrimonio culturale, c'era ancora moltissimo che non conoscevo, che la maggior
parte di noi non conosce, di tutta la varietà di cose che il nostro popolo ha
fatto per sopravvivere. I libri di storia hanno la cura di sottolineare una
delle ragioni per cui i Rom nel mondo islamico facevano mestieri come il
dentista: in quanto gli altri li consideravano mestieri impuri, informazione per
me del tutto secondaria. La cosa principale è che l'intraprendenza e le capacità
di questi Rom li ha portati su questa strada, e questa storie di flessibilità, e
di abilità, non sono abbastanza valutate nel discorso attuale
sull'immigrazione romanì.
L'artista gitano e pensatore politico di sinistra, Helios Gomez
C'è un altro avvertimento da tutta questa discussione, che prospera sulla
presunzione di pigrizia e irresponsabilità dei Romanì. Nella maniera più
semplice: in un gran numero di angoli di solito nascosti dagli occhi selettivi
della storia ufficiale, l'Europa si è arricchita col secolare lavoro dei Romanì,
il problema è che non sono mai stati riconosciuti, retribuiti o rispettati come
esseri umani. Grandi aziende di successo (voi sapete quali) sono nate in questo
modo e continuano a prosperare su queste radici, ed il minimo che possiamo
chiedere è che questo sia reso palese e rispettato come parte della storia del
nostro continente.
"In ogni fatica c'è profitto, ma la mera parola porta solo alla povertà"
ci dice il libro biblico dei Proverbi. E' una bella citazione con un semplicità
audace, in cui potreste ritrovarvi pure voi. Io l'ho fatto. Poi ho pensato alla
realtà, ad una in particolare: la schiavitù. E' improbabile che l'autore (o il
compilatore) del libro dei Proverbi fosse uno schiavo: gli schiavi istruiti
erano pochi e si trovavano soprattutto in Medio Oriente. Comunque, è nella
fatica della schiavitù risiede il profitto, solo che al profitto non capita di
andare verso chi fatica duramente.
By Damian Le Bas