Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/10/2013 @ 09:03:14, in scuola, visitato 1959 volte)

Commozione generale per la studentessa francese rimpatriata a forza in Kosovo. Non è la prima, non sarà l'ultima. E' dai tempi di Sarkozy che la Francia "sta giocando" con i propri immigrati e con i propri rifugiati, alternando bastone e carota. Non è questione di essere io cinico, o i francesi buoni o cattivi; molto semplicemente gli effetti di queste politiche sono che, anche nei momenti di buona dello stato, una famiglia di rifugiati vivrà nel costante terrore di una Mme Le Pen o di un Mr Valls che possono decidere sul loro futuro. Perché, questa ragazzina era da anni in Francia con la sua famiglia, andava a scuola, quindi aveva da tempo superato lo scoglio dell'integrarsi (sempre Valls dice che la sua politica si basa sul fatto che i Rom non sono integrabili nella società francese), e già aveva una prospettiva di futuro in Francia, il paese che generazioni di immigrati hanno associato alla libertà e ai diritti.

Ma, nuovamente e non cinicamente, diffido della commozione e dell'indignazione a senso unico. Mi spiego: ha senso prendersela con questa Francia cattiva che sta rimpatriando a forza (caricando bambini dai pullman scolastici) bulgari, rumeni, kosovari? La Germania è dal 2008, quando il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza, che sta attuando la medesima politica di rimpatri forzati, con le medesime modalità.

Nel silenzio generale, nonostante in queste pagine e altrove siano apparse sporadiche denunce.

Forse per questo diffido dell'attuale commozione e ho paura che tra una settimana tutto sarà dimenticato.

Lo faccio raramente, ma vi consiglio un acquisto, per non perdere la memoria e per capire un po' meglio dove nasca e come si evolva la storia che vi ha commosso per un giorno o una settimana.

Perdere tutto
Ci era permessa una sola valigia.
La polizia buttava via ogni cosa
dicendo che non ne avremmo avuto bisogno.

Mia sorella cercò di tenere la sua Barbie.
Io cercai di prendere i libri di scuola.
La polizia buttò via tutto.

Dissero che in Kosovo era inverno.
Quella roba avrebbe soltanto preso spazio
e che avevamo bisogno di vestiti caldi.

Mio padre urlò che non sarebbe mai
tornato in Kosovo.
Non era più il suo paese.

Quando i poliziotti risero,
si buttò
dalla finestra del secondo piano.

Prezzo: € 10,00
Anno: 2013
ISBN: 9788677463762
Traduzione: Fabrizio Casavola
Epilogo: Rainer Schulze
Disegni: Stephane Torossian

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Di Fabrizio (del 20/10/2013 @ 09:02:58, in Europa, visitato 1676 volte)

18 Ottobre 2013, di Anna Calori - Verso cosa ritornano i Rom rimpatriati in Kosovo?

Risale a ieri la notizia di una protesta studentesca che vede coinvolti numerosi studenti parigini nell'occupazione di più di trenta licei della capitale francese. Migliaia di essi hanno partecipato a un corteo di protesta verso il ministero dell'Interno.
Causa scatenante l'espulsione di Leonarda, giovane Rom Kosovara, prelevata a forza dalla polizia davanti ai propri compagni di classe durante una gita, per poi essere immediatamente rimpatriata in Kosovo insieme ai genitori e ad altri cinque fratelli.
Il ministro dell'Interno Manuel Valls ha commentato l'accaduto difendendo il proprio operato, e argomentando in favore delle leggi vigenti in Francia in materia di immigrazione.

Di primo acchito, questa notizia suggerisce un imbarazzante parallelismo con quanto accaduto, e ancora accade, sulle coste di Lampedusa e con la reazione che tali avvenimenti hanno suscitato nella coscienza pubblica italiana.
Se l'indignazione e la vergogna - sentimenti ormai auto-assolutori, specie in politica - sono reazioni comuni e condivise nei confronti di procedure a dir poco draconiane, l'Italia non ha purtroppo visto una mobilitazione tanto repentina da parte di quella società civile (gli studenti, in questo caso).
Si potrebbe cinicamente suggerire che la mobilitazione della società civile italiana su questi temi - caratterizzata da rivendicazioni assai deboli e povera di proposte che guardino oltre l'abolizione (sacrosanta) del reato d'immigrazione clandestina - sia lo specchio di una comunità in frantumi.

Eppure, anche un governo "socialista" di una repubblica "illuminata" ha commesso in questo caso lo stesso errore: un pressappochismo politico e culturale, purtroppo comune alle democrazie europee che si vedono impegnate in quella mission impossible che è il controllo dei flussi migratori.
Il ministro Valls si è più volte mostrato preoccupato dalla questione Rom, arrivando a sostenere che i circa ventimila presenti sul suolo francese andrebbero espulsi poiché particolarmente restii a qualsiasi tipo di integrazione.
Sembra inoltre che il motivo di questa recente espulsione sia in parte legato al carattere violento del capofamiglia, già segnalato alle autorità francesi dalla famiglia stessa di Leonarda.
Trovo necessaria, a partire da quest'ultimo elemento un'ulteriore riflessione sulle conseguenze sociali e politiche di tali misure.

Il Kosovo è impegnato da qualche anno in una difficile e ben poco efficace lotta nei confronti della violenza domestica. Da un punto di vista sia culturale che legislativo, la violenza domestica stenta ancora a venire considerata reato, e il numero di denunce (circa un migliaio all'anno) è ben poco rappresentativo dell'effettiva entità del problema.
Nelle zone rurali, e nelle sacche di marginalità alle quali specialmente le famiglie Rom sono costrette, tali episodi vengono raramente segnalati alle autorità, e difficilmente ricevono una risposta efficace sul lungo periodo.
I centri di assistenza per donne vittime di abuso sono soltanto sette, con un'operatività purtroppo limitata. Non riescono ad avere una copertura capillare sul territorio, e spesso faticano a raggiungere le componenti più emarginate della popolazione - per lo più famiglie Rom e di altre minoranze etniche rurali e suburbane.

Quand'anche le vittime riuscissero ad avere accesso alla protezione e assistenza offerte da questi centri, il rischio del loro ritorno all'ambiente violento dal quale sono fuggite rimane altissimo. Non esiste infatti un serio programma di inserimento nel mondo del lavoro - in un paese in cui la disoccupazione femminile risulta al 40%, e quella giovanile supera il 55% - e la mancanza di indipendenza economica riporta inevitabilmente le vittime al contesto sociale dal quale hanno cercato di distanziarsi.

Come osserva uno studio dell'UNICEF (Verena Knaus 'No place to call Home - Repatriation from Germany to Kosovo as seen and experienced by Roma, Ashkali and Egyptian children'August 2011, p.25), dei bambini di etnia Rom e Ashkali rimpatriati in Kosovo nel 2010, solo uno su quattro frequentava la scuola dell'obbligo. Numerosi procedimenti legali sono stati avviati nei confronti del Ministero dell'Educazione, in seguito alla discriminazione ed esclusione di bambini e studenti Rom dalla scuola primaria e secondaria.
Infine, non esistono in Kosovo strutture o programmi volti a offrire un supporto sociale e psicologico nei confronti dei rifugiati rimpatriati in Kosovo. In particolare, si riscontrano numerosi episodi di disturbo fisico e mentale tra quei bambini che si ritrovano a un tratto rispediti nella propria terra d'origine, con la quale tuttavia non hanno avuto, fino a quel momento, alcun contatto ('SILENT HARM- A report assessing the situation of repatriated children's psycho-social health', March 2012, UNICEF Kosovo in cooperation with Kosovo Health Foundation).

Tenendo presente quanto riportato, l'espulsione di Leonarda lascia quindi spazio a una duplice considerazione.

Se confidiamo nella sostanziale buona fede del ministro Valls, che sta "solo applicando la legge vigente" (a questo punto, chiunque avesse letto Hannah Arendt verrebbe scosso da un brivido lungo la schiena), possiamo immaginare che il ministro, semplicemente, non sia a conoscenza della situazione dei Rom in territorio kosovaro.
Questo, allora, mostra la feroce efficacia della linea Frontex nel rendere l'Europa politicamente e culturalmente impermeabile a ciò che avviene negli stati immediatamente al di là di un muro istituzionale e burocratico.
Un'Europa claustrofobica e sorda, eppure strenuamente impegnata nella standardizzazione democratica dei paesi limitrofi, primariamente di area balcanica.
É nostra responsabilità fronteggiare e reagire alle problematiche che emergono soltanto al di qua di un immaginario, arbitrario e mobile confine.
Se così fosse, allora il processo di espansione dell'Unione verso Est - già avviato con l'ingresso della Croazia - può considerarsi fallito in partenza.

Se invece ci atteniamo alle precedenti dichiarazioni del ministro Valls - da tempo promotore dello sgombero forzato dei campi e dell'espulsione dei Rom francesi "oltre i confini" poiché "non esiste altra soluzione" - si può allora considerare il rischio di una mentalità politica che ancora fa riferimento al concetto di Stato-Nazione.
I Rom vanno rispediti verso il loro territorio di provenienza (lo Stato) e di conseguenza verso una società e una cultura (la Nazione) che necessariamente li rappresentano, poiché inestricabilmente legate al territorio da cui sono scaturite. L'appartenenza alla comunità civile, e l'appartenenza allo stato istituzionale devono, necessariamente, coincidere. E questa impalcatura, questo costrutto sociale va imposto e rispettato da chiunque voglia muoversi all'interno di esso.
É forse un caso che siano proprio i Rom, una comunità le cui radici scardinano questa identità tra Stato e Nazione, ad essere le principali vittime di tale ossessione?

Gli stati europei sono ancora alla ricerca di una chimera, l'omogeneità tra il cittadino e il membro della comunità nazionale.
Finché gli esponenti politici europei saranno impegnati in questa lotta contro i mulini a vento, i diritti civili dell'individuo verranno, inesorabilmente, confinati a spazi sempre più ristretti.

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Di Fabrizio (del 21/10/2013 @ 09:03:29, in media, visitato 3243 volte)

Vi propongo un gioco: sapreste spiegare (senza sbirciare Wikipedia) la differenza tra notizia e notiziabilità?

Io non sarei capace, e mi piacerebbe discutere con voi lettori su alcuni appunti che ho preso riguardo al presunto rapimento da parte di una famiglia rom di una bambina in Grecia.

  1. Pochi se ne ricordano, e non ho trovato niente su Google. Alcuni anni fa sempre in Grecia ci fu un caso simile (una bambina sottratta ai genitori "forse" adottivi, perché dei turisti italiani ritennero che non era figlia di quei rom). Indagini successive smontarono la tesi di chi aveva denunciato il caso, e tutto finì nel dimenticatoio.
  2. Se l'interesse "generale" è la tutela dei minori, perché quello che emerge dalle cronache (in meno di un giorno la notizia ha fatto il giro del mondo) è l'etnia dei "presunti rapitori"? E' responsabilità solo dei media, o siamo noi lettori che in questa notizia abbiamo visto prima di tutto quel particolare?
  3. Ovviamente, di fronte ad una denuncia, la polizia non poteva agire differentemente. Ma, altrettanto ovviamente, nella tutela del minore la polizia ha voluto mantenere il caso come riservato. La notizia è quindi circolata, per responsabilità della stessa OnG a cui è stata affidata la bambina: "Il sorriso del bambino". Possiamo noi lettori ritenere che così abbia fatto l'interesse della bambina o della sua OnG?
  4. Il direttore della stessa (cito testuale) dice: "La bambina è più sollevata” rispetto ai primi giorni[...], per la prima volta è circondata da persone che si prendono cura di lei." Eppure, di tutte le foto che circolano in rete (alla faccia della tutela dei minori) non ne ho visto una dove la bambina sorrida.
  5. Sul fatto in sé, possiamo anche dividerci in "innocentisti" o "colpevolesti". In ogni caso, ci affideremmo a quanto dicono la famiglia, i suoi avvocati o viceversa gli inquirenti. Tutta gente che non conosciamo e di cui sinora ignoravamo l'esistenza. Può bastare per non fidarsi della prima impressione che ci siamo fatti?
  6. Se proprio proprio si trattasse di rapimento, basterebbe per giudicare questo fatto come intrinseco alla cultura di un popolo? O no? Insomma, è una notizia da cui abbiamo l'ISTINTO di difenderci per colpe non commesse?
  7. Se invece l'accusa si rivelasse infondata, quanto ce ne rimarrà nella nostra memoria profonda?
  8. Otto anni fa, in un articolo pubblicato sulla PadaniaOnline (non più disponibile), a proposito di un'altra bambina scomparsa si scrisse (spostando il soggetto dai rapimenti ai rom): "nel 30% dei casi in cui si e' proceduto all'analisi del DNA non si e' trovata alcuna correlazione tra i bambini e i supposti genitori? Forse perche' fanno tanti figli e poi se li scambiano tra di loro?" Chiesi allora, volendo ingenuamente ragionare sulle cifre: "Ma nel caso di genitori non Rom, quest’analisi, che risultati ha dato?" Nessuno seppe rispondere, per la semplice ragione che dati simili non esistono.
  9. Con l'ultimo punto, potrei smentire tutti quelli precedenti. Un gruppo di Rom che conosco da anni: una volta ogni famiglia era solidale con l'altra, ma ora ognuno si fa i fatti propri. In passato, se dei bambini, per una causa qualsiasi, non potevano contare su neanche un genitore, era una famiglia del campo che li adottava e li cresceva, e le altre famiglie cooperavano se c'era bisogno. Ora, non succede più, forse stanno integrandosi, e certamente la polizia allora sarebbe potuta intervenire (col rischio di una rivolta di tutta la comunità) mandando quei bambini in una struttura protetta. Eppure, io ho sempre trovato più umana quella pratica di anni fa.
  10. Mi rendo conto che l'ultimo punto potrebbe essere non pertinente con la sottrazione di minore (magari c'era a monte un accordo tra le famiglie). Ma su quale base saremmo in grado di fare gli adeguati distinguo?

Direi allora che la differenza tra notizia e notiziabilità dipende da una serie di ingredienti, forniti dai nostri pre-giudizi e da quelli di chi fa circolare una notizia. La mia sensibilità e la mia esperienza suggeriscono i punti che ho elencato sopra, ma ovviamente OGNI notizia che ci raggiunge rischia di essere manipolata.

Da questo punto di vista, sto tentando di imparare a diffidare della marea di notizie che, volente o nolente, mi vengono servite ogni giorno. Ma, parte questo, non trovate anche voi che ultimamente sui Rom (caso Leonarda, Grecia, bimba Osmannoro) stia prevalendo il taglio sensazionalistico?

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Di Fabrizio (del 22/10/2013 @ 09:06:33, in Europa, visitato 2459 volte)

Foto: EPA
18.10.2013, 19:15 La voce della Russia - Jean-Pierre Liégeois, il membro del Consiglio scientifico della Rete Europea degli studi universitari degli zingari ed autore di diversi libri sulle comunità di zingari nell'intervista a "La Voce della Russia" rompe gli stereotipi che ha il pubblico europeo sui nomadi.

- Secondo le valutazioni dei mass media francesi, circa 20 mila rom sono giunti in Francia dai Paesi dell'Europa Orientale. Siete d'accordo con questa cifra?

- Se credere alle organizzazioni che lavoravo con gli zingari, per esempio "Medici del mondo", sono 15 mila. Dal punto di visto della statistica è un quantità di poca importanza. Il numero dei rom, arrivati in Francia prima, per esempio negli anni 60' o 70' dalle repubbliche dell'ex Jugoslavia, è molto più alto.

- Quanti migranti della "nuova onda" si trovano in Francia legalmente? Quanti sono illegali?

- La Francia non esegue statistiche su base etnica. Se gli zingari sono arrivati in Francia dalla Romania, sono rumeni, se sono giunti dal Belgio, sono belgi. Se sono cittadini dell'Unione Europea, il loro soggiorno è legale per tre mesi in tutti i Paesi dell'UE. Se il periodo di soggiorno è oltre tre mesi, sono obbligati a dimostrare redditi regolari.
In Francia sono state introdotte limitazioni nel settore lavorativo in cui possono lavorare i cittadini di Romania e Bulgaria. Dopo il 31 dicembre 2013 le limitazioni saranno annullate. Al momento queste norme rendono difficili il collocamento al lavoro dei cittadini provenienti da questi Paesi, perché, per assumerli, i datori di lavoro devono avviare formalità complicate e costose. Tutto sommato queste misure rallentano anche il collocamento al lavoro degli zingari, trasformandoli in migranti illegali dopo tre mesi di soggiorno.

- Cosa si può dire sul livello della criminalità tra la comunità degli zingari in Francia?

- Le paure di molti anni nei confronti degli zingari hanno diffuso tra la gente il mito "della criminalità etnica". C'è la tendenza ad esagerare la loro presenza in Francia. Spesso vengono definiti zingari anche coloro che non lo sono. Gli puntano il dito e dicono che sono zingari, ma a questo punto lo stesso trattamento, per esempio, degli ebrei o degli armeni è considerato come inammissibile. Il livello della criminalità tra gli zingari non supera il livello della criminalità tra cittadini di qualsiasi altro Stato. La polizia e gli organi giudiziari parlano di "piccola criminalità", di furti. Per quanto riguarda la criminalità organizzata, occorre lottare contro di essa come dappertutto. E gli stessi zingari ne rendono conto.

- Di che cosa vivono i rom in Francia, come guadagnano?

- I cittadini di Romania e Bulgaria hanno problemi con la collocazione al lavoro, anche se hanno la qualificazione necessaria, tuttavia gli zingari dai Paesi dell'ex Jugoslavia che da molto tempo abitano in Francia sono quasi "invisibili": lavorano nel settore edile, fanno imbiancatura, intonaco.
Tradizionalmente molti zingari si occupano di lavori artigianali, lavorano con il ferro, suonano la musica, si occupano di arte, allevano cavalli, fanno commercio al mercato. Molti sono occupati nel settore agricolo, raccolgono frutta e verdura. Il problema è che di norma sono poco istruiti perché da piccoli non hanno avuto la possibilità di frequentare la scuola. Per questo la maggior parte di loro si occupa di lavori manuali.

- Se la Romania e la Bulgaria aderiscono alla zona Shenghen nel 2014, si prevede l'afflusso di zingari nei Paesi dell'Europa occidentale?

- Questo non cambierà nulla, perché rumeni e bulgari hanno già la possibilità di spostarsi liberamente dentro l'UE. Gli europei hanno idee errate sulla mobilità delle comunità di zingari. Tra 12 milioni di zingari in Europa solo una piccola parte è mobile.

- Quali misure bisogna prendere per integrare gli zingari dell'Europa orientale in Francia?

- In 100 anni di vagabondaggio nel mondo, gli zingari si sono stabiliti in Australia, in Canada e in Sud America. Ogni volta sono stati costretti ad adattarsi alle norme di vita dei diversi Paesi, sopravvivendo di esili, deportazioni, schiavitù. Nel 21° secolo la via dell'integrazione passa attraverso il rispetto della cultura degli altri popoli. Ruolo importante ha l'istruzione che permette alla generazione dei giovani di integrarsi nella struttura sociale, ottenere professionalità e la possibilità di essere collocati al lavoro.

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Di Fabrizio (del 23/10/2013 @ 09:00:07, in media, visitato 1776 volte)

Appunti per un racconto poco buonista

G. spense il computer. Dopo anni che il mondo lo ignorava, anche lui aveva avuto l'onore di un articolo pubblicato. Sui Rom, per dimostrare, lui e la rivista, che nessuno tranne loro si occupava di quella gente strana.

Un bell'articolo, pensò G. soddisfatto. Una faticaccia, copiare... raccogliere frammenti di ragionamenti... passare il tutto al frullatore e tradurlo nel linguaggio che la rivista adoperava per gli iniziati... G. non si ricordava un concetto che fosse suo, a dire il vero non si ricordava niente di cosa aveva scritto. Sì: tutto perfetto!

Nella baracca la mamma era tornata dall'ospedale con Carmela, ultima nata di 6 figli. Il padre, ubriaco, stava litigando col portatile di P., un volontario che voleva per forza fargli leggere tutte le 5.000 parole (con tutti gli accenti giusti) scritte da G. Il padre non guardò neanche la bimba, e non capì niente di quella lingua che forse era l'italiano. Sentì P. differente da lui: perché P. avrebbe voluto scrivere lui quelle boiate, e perché P. se ne fregava di lui, il padre, il capofamiglia, e della sua fatica, e dopo avergli messo in mano il computer stava facendo i complimenti a quella bimba che aveva visto solo da qualche minuto.

U. dell'associazione RomAlQuadrato, stava scrivendo un commento di fuoco contro le tesi di G., dicendo che non capiva un tubo e che voleva "arrogarsi di rappresentare il popolo Rom". Neanche U. aveva letto l'articolo, ma se la prendeva con G. non potendo fare lo stesso con R., rom anche lui, ma dell'associazione RomAlCubo, perché anche lui voleva parlare a nome di tutti i Rom .

P. spiegò alla madre mentre lei stava preparando la cena, che ora tutti volevano scrivere di Rom... era stato P. stesso, qualche anno prima, a raccontare loro che nessuno voleva scriverne, quando rubò loro la prima intervista. Il padre era ancora arrabbiato perché non aveva capito niente, e non potendo urlarlo a G., gli prese un rancore sordo verso P. che continuava a parlare e parlare.

La cena era pronta, P. si fermò a mangiare. Senza smettere di parlare, propose un brindisi alla nascita di Carmela.

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Di Fabrizio (del 24/10/2013 @ 09:04:30, in Europa, visitato 1714 volte)

La foto, che ogni tanto appare in home page, la scattai a Parigi nel settembre 2010. Allora manifestarono in 50.000 (forse 80.000: la guerra delle cifre vale anche da quelle parti) contro le politiche anti-immigrati e anti-rom della Francia di Sarkozy. Inizialmente doveva essere una manifestazione europea, poi l'attivarsi delle diverse comunità promosse manifestazioni più piccole in una cinquantina di città grandi e piccole nel continente.

A Parigi i socialisti francesi distribuivano in manifestazione questo istruttivo libretto:

(clicca sull'immagine per leggere la recensione)

che ovviamente lessi avidamente. Il senso è racchiuso in questo capitolo in quarta di copertina (vado di traduzione):

    [...] Per soddisfare le aspettative dei cittadini, la sinistra dev'essere in grado di proporre un progetto di società alternativa, ambizioso e credibile. Ma deve anche essere in grado di denunciare i danni della destra al potere, di opporsi alle violazioni delle libertà civili e difendere le fondamenta del nostro patto repubblicano. [...]

Nelle 166 pagine, viene passata ai raggi X, con una specie di vocabolario, la politica securitaria che aveva caratterizzato la presidenza Sarkozy. La tesi è che la gestione autoritaria si dipanava su alcune costanti: limitazione dei diritti, interventi sui media (anche con concentrazioni di cartelli giornalistici), privatizzazione del sistema securitario, informatizzazione degli archivi. Il tutto faceva parte di un vero e proprio sistema globale, che ricordava incubi orwelliani.

Spero di non annoiare nessuno, riportando questo capitolo, da confrontarsi con quanto sta succedendo da circa un anno:

    CACCIA AI SANS-PAPIER
    "Quando qualcuno è per strada, in stato di emergenza o disagio, di sicuro non gli si chiederanno i documenti!" [Nicolas Sarkozy, discorso al Consiglio Economico e Sociale, 17 ottobre 2007]
    "Il responsabile della comunità Punto Rosso ha dovuto rispondere ad una serie di domande sul nostro movimento. In seguito a ciò, la polizia l'ha accompagnato in comunità per censire la presenza di compagni senza documenti." [Il direttore della Fondazione Abbé Pierre Marseille, 18 febbraio 2009]
    Il 16 febbraio 2009, un sans-papier accolto nella comunità Emmaus Punto Rosso di Marsiglia, viene ivi interrogato. L'indomani, gli stessi locali sono perquisiti dalla polizia. Vengono compilati dossier, nella ricerca di cognomi dal suono straniero tra i componenti dell'associazione. Il responsabile del centro è convocato dalla polizia e messo in cella, prima di essere rimesso in libertà. Un'operazione simile era stata condotta nella comunità Emmaus di Foulain (Costa d'Oro), il 29 agosto 2007, conclusasi con l'arresto di quattro persone.
    Diversi casi di arresto di genitori e bambini, in prossimità o persino all'interno delle scuole, hanno parimenti sollevato l'indignazione di numerose associazioni. Così, per esempio, il 24 novembre 2008, la polizia ha preso due genitori kosovari, cercando i loro figli a scuola, riconducendoli poi alla frontiera.
    Nel suo rapporto del 20 novembre 2008, Thomas Hammarberg, commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa, condanna il continuare di questi arresti nelle scuole, che contraddicono gli impegni assunti da Brice Hortefeux per mettere fine a queste pratiche: "Sono stati riportati diversi casi recenti, di cui uno verificato dal Difensore dell'Infanzia, in cui poliziotti hanno compiuto arresti di bambini all'interno stesso di scuole primarie. Tale pratica è intollerabile per quanto è traumatizzante per i bambini. Le scuole devono rimanere luoghi d'insegnamento e di educazione, e non zone dove si svolgono arresti. Il Commissario richiama le autorità francesi a garantire che non avvengano in alcun modo arresto di bambini o di genitori, nelle scuole o nelle vicinanze.
    Questo riguarda anche gli arresti che avvengono in vicinanza delle prefetture, dei centri di ricovero, delle associazioni o ancora presso i fondi assicurazioni malattie, come quello avvenuto su denuncia il 18 febbraio 2009 a Auxerre: rivelano una reale strategia di caccia a chi è senza documenti, spingendoli a rifugiarsi in una clandestinità sempre più profonda.

Quanto sta accadendo in questi giorni, non mi sembra così lontano dalle pratiche descritte con tanto sdegno in quel libretto pre-elettorale. Abituati alle piroette italiane, non dobbiamo stupirci del voltafaccia dei socialisti francesi. Calcolerei alcune variabili:

  1. Il presidente Hollande è da tempo in caduta libera nei consensi, e il PSF non è mai stato un partito "facile", diciamo piuttosto un covo di vipere come se fosse gestito da Richelieu. Manuel Valls, è non solo ministro degli interni e autore della svolta autoritaria del governo socialista, ma è anche uno dei più accreditati rivali di Hollande.
  2. Valls appartiene a quel tipo di politici per cui i sondaggi sono quelli che dettano la linea politica. I sondaggi francesi sono chiari: Hollande in calo di popolarità e popolazione favorevole al rimpatrio di rom e immigrati irregolari. Le posizioni del ministro sono conseguenti.
  3. Anche ai tempi di Sarkozy, i sondaggi davano la maggior parte dei francesi favorevoli alla linea dura contro i Rom. Ciò non toglie che proprio la manifestazione del settembre 2009 ebbe una vasta eco interna, mostrando che la "Francia dei diritti" era ancora in grado di mobilitarsi in massa. La situazione sembra ripetersi ora con le tante manifestazioni a favore di Leonarda, e col loro clamore mediatico. L'opinione pubblica appare incerta e divisa, ora come allora. Sondaggi a parte, che tradirono Sarkozy contro Hollande, varrebbe la pena di capire se le disgrazie presidenziali vadano fatte risalire alla faccia feroce contro gli immigrati, o all'incapacità dimostrata contro la crisi economica.
  4. Se dal punto di vista dialettico le molte anime del PSF cercheranno di spiegare che loro sono comunque qualcosa di differente dalla destra, è indubbio che "tecnicamente" il caso Leonarda è stato gestito con le "politiche orwelliane" di Sarkozy, principalmente riguardo l'uso dei media e la centralizzazione dei sistemi di identificazione e controllo. Come sarebbe stato possibile altrimenti rintracciare e ricostruire la storia di quella famiglia, o rintracciarla in gita scolastica? E giustificare tutta l'operazione come "perfettamente regolare"?
  5. Ne consegue che i socialisti francesi (a parte le scuse e i discorsi politichesi di circostanza) hanno di fronte l'unica strada di riuscire a dimostrare di essere più forcaioli di chi li ha preceduti (anche al costo di sacrificare l'attuale presidente). Altrimenti per il popolo votante varrà sempre la regola (in Francia come in Italia) che tra l'originale e la copia, a parità di prezzo si sceglie sempre l'originale.

Da vedere, basta cliccare sull'immagine. La dedica finale è per Fiorella, lei sa perché

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Di Sucar Drom (del 25/10/2013 @ 09:02:25, in blog, visitato 1631 volte)

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Di Fabrizio (del 26/10/2013 @ 09:03:29, in Kumpanija, visitato 1464 volte)

Apologo del fine settimana a prospettiva variabile (avariabile?)

Mi diceva il professore, uomo buono ed onesto, che i giovani rom non conoscono il loro passato, e stava cercando una maniera per "insegnarglielo".

Non mi ricordo il come e il perché, una sera parlavo con'anziana romnì, le raccontavo che un tempo non molto lontano ad essere zingari si finiva in campo di concentramento. Che oggi non va bene, ma allora c'era gente peggiore Lei mi rispose che del passato non le importava, e poi sputò per terra: "Ma lo sai, tu che mi fai queste lezioni, che se mia nipotina fosse bionda, potrei finire dentro come una ladra? Dimmi cosa è cambiato!"

Io non ci credo che nel 2013 ci sia ancora qualcuno che se vede una zingarella bionda mette in giro la sua foto. E non ci credo che ci siano giornali che accetterebbero tutto questo. Ma, si sa, gli zingari sono dei gran bugiardi e vogliono sempre passare per vittime.

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Di Fabrizio (del 27/10/2013 @ 09:03:05, in Europa, visitato 2909 volte)

di Alessio Postiglione. Pubblicato: 23/10/2013 09:08

Ci risiamo. Con le elezioni del Parlamento europeo che si avvicinano, e i partiti di estrema destra, xenofobi e neofascisti, che affilano le proprie armi, giunge l'ora della paura: il diverso, l'immigrato, il clandestino.

Nella panoplia di pericoli che assediano il rassicurante tepore del focolare domestico italiano piccolo borghese, un posto privilegiato spetta a romanì e sinti: o, meglio, come disse lo "sceriffo" Gentilini: "i zingari".

Ecco che gli sciacalli subito si buttano sulla storia della bionda e glaucopide piccola Maria, cinta fra le braccia sgraziate e piagate dalla povertà - nere, brutte e cattive - di una coppia rom greca accusata di averla rubata: per l'accattonaggio o, peggio, per indurla alla prostituzione.

Chi tocca i bambini è immondo, non è una novità, ed ecco che l'odio monta verso i corpi lombrosiani degli orchi, le cui fattezze anticipano la malvagità del loro animo. Nella pubblicistica antisemita o antizigana, il capro espiatorio è sempre mostruoso e col naso adunco; perché nella nostra società, modellata sul principio del bello è buono - kalòs kagathòs -, il malvagio deve essere deforme.

Si tratta di un meccanismo psicologico ben noto agli scienziati sociali, per il quale, per rendere accettabile la persecuzione, l'oggetto della discriminazione deve suscitare in noi una ripulsa assoluta e convinta. È l'assolutizzazione del nemico, propria del nazismo o anche della filosofia politica conservatrice che si ispira a Carl Schimtt, per la quale tu sei mio nemico non per quello che fai, ma per quello che sei: nero, zingaro o clandestino. Nemico irriducibile, per questo assoluto. E contro il quale utilizzare o il genocidio o gli strumenti securitari del contenimento del pericolo: Cie, ghetti, quarantene.

Siamo noi, dunque, che deumanizziamo l'altro per perseguitarlo: attraverso povertà, privazioni e costringendo i nostri rom, al 95% sedentari, a vivere in roulotte, per poi stigmatizzarli per "il loro vivere incivile".

Avremmo bisogno di chi ci racconta la loro cultura: non aliena e ostile alla nostra. Ma, quando scatta l'allarme sociale, non sono gli antropologi o gli psicologi ad essere chiamati nei salotti Tv, ma i professionisti della sicurezza: prefetti, poliziotti, esperti della sorveglianza come Frontex, droni e sentinelle; è la logica della riduzione dei problemi sociali a problemi di ordine pubblico.

La storia di Maria, dunque, è perfetta. Si tratta di un'accusa che mobilita le nostre coscienze, blandisce le nostre paure. Un'accusa atavica, che affonda le radici nel Medioevo. Quando si riteneva che gli zigani rapissero i bambini e gli ebrei ne utilizzassero il sangue a scopo rituale.

Solo nel 1965, la Chiesa ha depennato dall'elenco dei beati San Simonino di Trento, vero e proprio falso storico costruito all'epoca della Controriforma, per compattare i cattolici contro ebrei, protestanti e altre minoranze.

Nonostante studi e ricerche abbiano abbondantemente dimostrato l'inesistenza del fenomeno del rapimento dei bambini da parte dei rom, l'industria della paura, per funzionare, ha bisogno della delazione.

Troppo facile constatare come in Grecia, con Alba Dorata che impazza, sia allettante per un governo moderato proporsi come tutore dell'ordine. Tentazione nella quale è caduto Hollande, con il caso della piccola Leonarda espulsa dal Paese. Errore nel quale inciampò anche il nostro centro-sinistra, all'epoca del muro di via Anelli.

Vi ricordate la campagna elettorale di Berlusconi del 2008? Emergenza stupri, caccia allo straniero, ronde, polizia di quartiere. Il paese era scosso dalla violenza e uccisione della povera Giovanna Reggiani, a Tor di Quinto, Roma. Dopo l'emergenza stupri, l'emergenza rapimenti è altrettanto seducente: donne e bambini attivano primordiali meccanismi di difesa.

Sappiamo com'è andata a finire. Mentre qualche sceriffo di centro-sinistra scimmiottava quel linguaggio, incapace di costruire un paradigma dell'accoglienza alternativo al Forza-leghismo, si favorì una vittoria del Cavaliere di proporzioni straordinarie.

Ora, bisognerebbe iniziare a costruire un discorso pubblico diverso. Saremo all'altezza della sfida o ci faremo travolgere ancora dalla paura?

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Di Fabrizio (del 28/10/2013 @ 09:05:32, in media, visitato 2222 volte)
Rassegna stampa:

Vigna by Mauro Biani

Si sente dire: "Non siamo noi i razzisti, sono quelli ad essere zingari". Parafrasando "Loro sono zingari, ma noi siamo fumati parecchio"...

Della vicenda greca se n'è scritto in ogni angolo possibile, e non vorrei ripetere cose già lette all'infinito. La sintesi potremmo racchiuderla in questo titolo di TVZoom:

ASCOLTI: "PECHINO EXPRESS" FA IL PICCO CON L'ELIMINAZIONE DEI CIAVARRO. LA SCIARELLI TORNA A 3 MILIONI CON LA STORIA DELLA BIMBA RAPITA DAGLI ZINGARI:

Record di telespettatori per Real Madrid-Juventus e "ha fatto molto meglio del previsto su Rai Tre Chi l'ha visto?. Il programma di Federica Sciarelli puntando su un archetipo della paura (gli zingari che rubano i bambini) divenuto d'attualità, è tornato a quota 3 milioni (e 11,42% di share), un risultato finalmente vicino a quello raggiunto di solito con l'edizione dello scorso anno." con qualche (personale) riserva su cosa sia oggi il giornalismo d'inchiesta, dopo decenni di tagli alla scuola e con un'informazione quasi totalmente uniformata. Non è che ci si possa aspettare molto discernimento critico da telespettatori (che sono anche lettori, che sono anche internauti...) bombardati in questi maniera. E forse, più che sui Rom, di cui si continua a conoscere poco, la mia gente dovrebbe interrogarsi su se stessa, che se va avanti così conoscerà parimenti.

    (NOTA: i liberi pensatori possono astenersi dal ragionare su come siamo arrivati a questo punto, perché sono anni che ripetono i loro lamenti)

Già, perché la notizia si è diffusa a macchia d'olio in tutto il mondo, facendo della povera Maria carne da stampa, sino all'ipocrisia del Messaggero che, quando la foto della minore era già di dominio pubblico, ha iniziato a illustrare gli articoli con una foto corretta come deontologia consiglierebbe (ma proprio quando non era più necessario).

    Farei una prova, per capire cosa è quella robetta bionda per cui in tanti si commuovono: cosa fate quando una piccola mendicante vi si avvicina sulla metropolitana, le date qualche spicciolo o vi stringete la borsa?

Ma almeno a qualcosa gli zingari si mostrano utili: ad alzare lo share dei programmi televisivi (tranne quando se ne parli seriamente, come in una dimenticata serie curata da Jacona) o le tirature dei giornali. Basta la parola!

Negli ultimi dieci giorni ho così seguito con attenzione i vari scambi di opinioni sui social-media. La fetta consistente di chi argomentava anti-rom, posso dividerla in due filoni principali:

  1. chi non aveva nessun bisogno di questa vicenda, perché è intimamente, profondamente e ideologicamente convinto che i rom freghino i pargoli altrui (perché? in che modo? sono domande troppo da intellettuali per loro);
  2. chi pensa che magari i bambini no, ma qualcosa fregano comunque e dunque: ben gli sta!

Nel post pubblicato ieri su ragionava come queste due pulsioni vengano "capitalizzate" dalla destra populista, che sente l'avvicinarsi delle elezioni europee. In Italia, anche le nostre variegate destre hanno trovato qualcosa che le unisce (un secondo motivo dell'utilità degli zingari). Cito, in ordine sparso:

Senza entrare nel merito delle dichiarazioni e dei ragionamenti, le richieste simili sono fondamentalmente ASTORICHE:

  • nel senso che nel motivare la necessità ORA di controlli a tappeto, c'è il timore che i campi siano depositi di bambini rapiti, o in subordine, di materiale di dubbia provenienza. Che siano cose o infanzia, (cosa cambia?), la segreta speranza è che con un'indagine generale, magari salti fuori almeno un orologio riciclato, per continuare immutati con i medesimi stereotipi.
  • Cosa astorica, perché a questo punto la richiesta poteva essere fatta paro paro uno o dieci anni fa, coi medesimi risultati.

Inutile ripeterlo, i controlli già ci sono, e i risultati sono stati resi pubblici: per loro è più importante che le voci si sovrappongano all'indagine.

Intanto, ironia del destino, proprio mentre nasceva la notizia greca, nei campi romani avveniva effettivamente un controllo: Blitz a sorpresa dei senatori nei "campi rom" della Capitale, dal "sorprendente" risultato che quei campi fanno schifo!

    Ma, a parte il surreale duello a distanza tra populisti e buonisti, la vita REALE di chi abita (volente o meno) un campo, è un susseguirsi di controlli: una volta sono i senatori, un'altra la polizia, un'altra ancora perché in Grecia o in Irlanda è successo qualcosa, un'altra ancora perché si è costruito una pensilina abusiva o addirittura si è piantato un albero... Un vero supplizio! E, nonostante ciò, si continua a parlare di SUPERARE I CAMPI... che continuano imperterriti ad esistere.

Perché continuano ad esistere? Il surreale continua, il 90% di chi abita un campo è disoccupato, ma se questi campi dovessero sparire, molti che non vi abitano finirebbero disoccupati a loro volta (terzo motivo dell'utilità degli zingari, ormai si è scoperto che senza di loro non potremmo sopravvivere).

Così, tra una notizia e l'altra, finisce che i veri rapiti sono i figli LEGITTIMI dei rom, e li rapiamo noi (a nostra insaputa, anche se non ci chiamiamo Scajola). C'è un convegno a Roma, domani, proprio su questo, e singolarmente ne hanno scritto pochissimi. A parte che (l'ho notato anch'io), mancano rom tra i relatori, in questa marmellata di informazioni e propaganda a volta sembra di vivere realtà parallele, e mi sembra giusto segnalarlo (quarto motivo, al di là dello specifico dell'incontro, gli zingari servono ad organizzare convegni).

Convegno da seguire, allora. Certo, ma il problema, tornando al punto iniziale su cosa siamo NOI, lo ricorda Radio24: "...una vecchia paura mai sopita e al tempo stesso mai provata: i Rom rapiscono i bambini. Timori infondati frutto di pregiudizi difficili da sradicare, ribattono dalle comunità Sinti. Resta, su tutto, un dato inquietante e generale: l'alto numero di minori che scompaiono ogni anno nel mondo. Solo in Italia, per avere un'idea, sono più di diecimila quelli spariti dal 1974 a oggi. Le cause sono molteplici e i ritrovamenti pochissimi." Domanda, se non sono stati gli zingari, qualcuno li avrà pure rapiti: chi? Dove sono finiti? E' questo o sono gli zingari il vero, scottante problema?

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