di Alessio Postiglione. Pubblicato: 23/10/2013 09:08
Ci risiamo. Con le elezioni del Parlamento europeo che si avvicinano, e i
partiti di estrema destra, xenofobi e neofascisti, che affilano le proprie armi,
giunge l'ora della paura: il diverso, l'immigrato, il clandestino.
Nella panoplia di pericoli che assediano il rassicurante tepore del focolare
domestico italiano piccolo borghese, un posto privilegiato spetta a romanì e
sinti: o, meglio, come disse lo "sceriffo" Gentilini: "i zingari".
Ecco che gli sciacalli subito si buttano sulla
storia della bionda e glaucopide
piccola Maria, cinta fra le braccia sgraziate e piagate dalla povertà - nere,
brutte e cattive - di una coppia rom greca accusata di averla rubata: per
l'accattonaggio o, peggio, per indurla alla prostituzione.
Chi tocca i bambini è immondo, non è una novità, ed ecco che l'odio monta verso
i corpi lombrosiani degli orchi, le cui fattezze anticipano la malvagità del
loro animo. Nella pubblicistica antisemita o antizigana, il capro espiatorio è
sempre mostruoso e col naso adunco; perché nella nostra società, modellata sul
principio del bello è buono - kalòs kagathòs -, il malvagio deve essere deforme.
Si tratta di un meccanismo psicologico ben noto agli scienziati sociali, per il
quale, per rendere accettabile la persecuzione, l'oggetto della discriminazione
deve suscitare in noi una ripulsa assoluta e convinta. È l'assolutizzazione del
nemico, propria del nazismo o anche della filosofia politica conservatrice che
si ispira a Carl Schimtt, per la quale tu sei mio nemico non per quello che fai,
ma per quello che sei: nero, zingaro o clandestino. Nemico irriducibile, per
questo assoluto. E contro il quale utilizzare o il genocidio o gli strumenti
securitari del contenimento del pericolo: Cie, ghetti, quarantene.
Siamo noi, dunque, che deumanizziamo l'altro per perseguitarlo: attraverso
povertà, privazioni e costringendo i nostri rom, al 95% sedentari, a vivere in
roulotte, per poi stigmatizzarli per "il loro vivere incivile".
Avremmo bisogno di chi ci racconta la loro cultura: non aliena e ostile alla
nostra. Ma, quando scatta l'allarme sociale, non sono gli antropologi o gli
psicologi ad essere chiamati nei salotti Tv, ma i professionisti della
sicurezza: prefetti, poliziotti, esperti della sorveglianza come Frontex, droni
e sentinelle; è la logica della riduzione dei problemi sociali a problemi di
ordine pubblico.
La storia di Maria, dunque, è perfetta. Si tratta di un'accusa che mobilita le
nostre coscienze, blandisce le nostre paure. Un'accusa atavica, che affonda le
radici nel Medioevo. Quando si riteneva che gli zigani rapissero i bambini e gli
ebrei ne utilizzassero il sangue a scopo rituale.
Solo nel 1965, la Chiesa ha depennato dall'elenco dei beati San Simonino di
Trento, vero e proprio falso storico costruito all'epoca della Controriforma,
per compattare i cattolici contro ebrei, protestanti e altre minoranze.
Nonostante studi e ricerche abbiano abbondantemente dimostrato l'inesistenza del
fenomeno del rapimento dei bambini da parte dei rom, l'industria della paura,
per funzionare, ha bisogno della delazione.
Troppo facile constatare come in Grecia, con Alba Dorata che impazza, sia
allettante per un governo moderato proporsi come tutore dell'ordine. Tentazione
nella quale è caduto Hollande, con il caso della piccola Leonarda espulsa dal
Paese. Errore nel quale inciampò anche il nostro centro-sinistra, all'epoca del
muro di via Anelli.
Vi ricordate la campagna elettorale di Berlusconi del 2008? Emergenza stupri,
caccia allo straniero, ronde, polizia di quartiere. Il paese era scosso dalla
violenza e uccisione della povera Giovanna Reggiani, a Tor di Quinto, Roma. Dopo
l'emergenza stupri, l'emergenza rapimenti è altrettanto seducente: donne e
bambini attivano primordiali meccanismi di difesa.
Sappiamo com'è andata a finire. Mentre qualche sceriffo di centro-sinistra
scimmiottava quel linguaggio, incapace di costruire un paradigma
dell'accoglienza alternativo al Forza-leghismo, si favorì una vittoria del
Cavaliere di proporzioni straordinarie.
Ora, bisognerebbe iniziare a costruire un discorso pubblico diverso. Saremo
all'altezza della sfida o ci faremo travolgere ancora dalla paura?