Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Domenica 15 settembre, ore 11.30 Libreria Popolare via Tadino 18, MILANO
Rebecca è una
ragazza rom. E' anche un mondo: dalla Romania ha girato l'Europa e il Sud
America, ha scritto, dipinge, studia al liceo artistico, è stata testimone di
infiniti sgomberi, violenze esplicite o meno. Ha ricevuto il premio UNICEF. E ancora: studia il violino e cerca di vivere come una ragazza della sua età.
Così, tornati dalle ferie, riprendiamo LE CONVERSAZIONI IN LIBRERIA. Una domenica mattina alle 11.30, in un
angolo fresco e amichevole. Ci sarà anche un'esposizione dei dipinti di Rebecca,
e si terminerà con un rinfresco offerto dalla libreria a tutti i partecipanti.
Verrà presentato l'ultimo libro di Rebecca Covaciu:
"L'arcobaleno di Rebecca - Taccuino di viaggio di una ragazza Rom" UR
Editore - 2012 – pp. 168 - euro 11,70 con l'autrice, intervistata
da voi e da Fabrizio Casavola, per la redazione di MAHALLA.
Vi aspettiamo in tanti!
Di Sucar Drom (del 09/09/2013 @ 09:07:38, in casa, visitato 1328 volte)
21luglio.org (6 settembre 2013) Foto: Gazzetta di Parma
La decisione del Comune di Parma di riqualificare il "campo nomadi" di via del
Cornocchio potrebbe indicare il reiterarsi di politiche discriminatorie e
ghettizzanti nei confronti delle comunità rom e sinte. Lo scrivono Associazione
21 luglio e Sucar Drom in una lettera di preoccupazione congiunta inviata al
sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
La lettera si riferisce alla decisione del comune emiliano, annunciata con un
comunicato stampa dello scorso 19 agosto, di "elaborare un progetto di
riqualificazione del "campo" di via del Cornocchio, in linea con la nuova Legge
Regionale su Sinti e Rom".
Il progetto, in particolare, prevede di "recintare e mettere in sicurezza la
zona del "campo", la predisposizione di un'area di sosta di dimensioni più
limitate, il ripristino della palazzina operatori e la manutenzione del
"dormitorio di emergenza" invernale", si legge nel comunicato del Comune di
Parma.
Pur esprimendo apprezzamento per ogni azione pubblica volta a migliorare le
condizioni igienico sanitarie delle comunità rom e sinte presenti negli
insediamenti formali e informali del nostro Paese, Associazione 21 luglio e
Sucar Drom definiscono "antistoriche, antieconomiche e discriminatorie quelle
politiche abitative rivolte alle comunità rom basate in maniera quasi esclusiva
sulla costruzione di "campi nomadi" e "aree di sosta", che hanno come esito una
situazione di ghettizzazione di fatto".
Negli ultimi trent'anni le politiche locali italiane rivolte alle comunità rom
e sinte si sono basate sulla convinzione che queste siano "nomadi" e quindi
culturalmente inadatte a condurre una vita all'interno di abitazioni
convenzionali.
La
Strategia Nazionale d'Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal
Governo italiano nel 2012, afferma tuttavia che nel nostro Paese "la politica
amministrativa dei "campi nomadi" ha alimentato negli anni il disagio abitativo
fino a divenire di conseguenza essa stessa presupposto e causa della marginalità
spaziale e dell'esclusione sociale per coloro che subiscono una simile modalità
abitativa"
"Le nostre organizzazioni - si legge nella lettera indirizzata al sindaco
Pizzarotti da Associazione 21 luglio e Sucar Drom - condannano la scelta di
qualsiasi Amministrazione locale di continuare a investire sulla "campizzazione"
su base etnica di comunità rom stanziali ed esprimono la preoccupazione che la
riqualificazione del nuovo "campo nomadi" di via del Cornocchio, che sembra
basarsi su una nuova Legge Regionale a tutt'oggi non ancora presentata in
Regione, possa rappresentare l'ennesimo sperpero di denaro pubblico che si
tradurrà, nella migliore delle ipotesi, nell'abbellimento temporaneo di un
ghetto".
Il villaggio rom lungo il fiume Crati
Il quotidiano della Calabria
Lettera dei rom ai cosentini dopo i raid punitivi su cui indaga la procura
Botte, insulti e addirittura un'incursione in auto con un uomo investito: dopo
l'escalation di violenza in città è stata aperta un'inchiesta affidata alla
polizia. Ma intanto gli abitanti del villaggio sulla riva del fiume Crati
scrivono alla città: "Vi è mai successo di essere massacrati di botte mentre
andate al supermercato?"
COSENZA - "Vi è mai successo di essere massacrati di botte mentre andate al
supermercato a comprare il pane per i vostri figli? Siete mai stati accusati di
una cosa che non avete fatto? A noi tutto questo succede da ormai un mese". La
comunità rom che vive nel villaggio di Vaglio Lise, alle porte di Cosenza, ha
deciso di rivolgersi alla città con una lettera aperta, dopo l'escalation di
violenza subita nei giorni scorsi. La procura, nei giorni scorsi, ha deciso di
fare luce sulla vicenda e ha affidato alla polizia un'indagine sui pestaggi.
"Ogni volta che usciamo dal villaggio per andare a fare la spesa, su via Popilia
veniamo aggrediti, picchiati, insultati da persone che dicono di volersi
vendicare per aver subito dei furti" scrivono ora i rom nella loro lettera che,
sottolineano, è rivolta a chi ce l'ha con loro, "più che al resto della
cittadinanza ed a quanti nel quartiere ci hanno sempre dato affetto e
ospitalità": "Chiediamo a questi giovani se secondo loro è giusto che a pagare
debbano essere padri di famiglia innocenti, uomini che si alzano all'alba ogni
giorno per andare a vendere aquiloni e collanine sulle spiagge. Ai giovani che
si aggirano intorno alle nostre baracche, armati di pistole, benzina e mazze da
baseball vorremmo chiedere se a loro sia mai capitato di essere picchiati,
perseguitati, incarcerati ingiustamente". E aggiungono: "Ogni giorno viviamo nel
terrore. E di notte non dormiamo, perché temiamo che qualcuno possa incendiare
le nostre baracche, far del male ai nostri bambini".
Raccontano anche che una settimana fa, mentre passava davanti ad una chiesa, un
abitante del campo rom, un uomo che vive a Cosenza da quasi dieci anni e mai si
è macchiato del minimo reato, è stato investito da una macchina. Dalla macchina
sono scesi due giovani che, invece di soccorrerlo, si sono accaniti su di lui a
colpi di mazze, spaccandogli la testa. "Alle istituzioni chiediamo sicurezza - è
l'appello dei rom -. Ai parenti ed agli amici di questi giovani che fanno le
ronde, chiediamo di parlare con loro, spiegare che l'uso della violenza è sempre
sbagliato, e che attaccare gli innocenti solo in base alle loro origini etniche,
è un crimine contro l'umanità".
Le indagini intanto proseguono e intenzione della Procura di Cosenza è dare un
nome agli aggressori. Impresa non tanto facile e per questo ci si avvarrà anche
della visione di alcuni video ripresi dalle telecamere di sicurezza posizionate
lungo le strade dove si sono materializzati alcuni dei pestaggi. Ritorna alla
ribalta, però, il problema dell'integrazione in città: nei giorni scorsi era
montata una protesta dei cittadini di Casali, che chiedono l'allontanamento
delle famiglie rom dal palazzetto dello sport, nel quale il Comune di Cosenza le
ha sistemate da quattordici mesi, dopo un incendio che distrusse molte baracche
a Vaglio Lise. Doveva essere un alloggio temporaneo, ma i rom sono ancora lì,
con la struttura sportiva (un tempo molto frequentata) diventata un grande
stanzone, che ospita quindici nuclei familiari. In teoria dovrebbero abbandonare
la struttura, in quanto l'emergenza è di fatto scaduta.
Di Fabrizio (del 11/09/2013 @ 09:02:46, in media, visitato 1369 volte)
La Fondazione romanì Italia ringrazia tutti i partecipanti al II congresso delle
comunità romanès e delle associazioni a Silvi Marina il 7 ed 8 Settembre 2013.
Gli atti del II congresso delle comunità romanès e delle associazioni saranno
prodotti con la realizzazione di un numero speciale della rivista ROMA cultural
magazine che sarà disponibile presumibilmente entro la metà di Ottobre 2013.
07 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Il riconoscimento della minoranza linguistica rom; il
passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva; la necessità di una
politica per la cultura romanì: sono stati i temi al centro della prima Giornata
delle comunità romanè che si tiene oggi e domani a Silvi Marina, in provincia di
Teramo. Un centinaio i partecipanti, in rappresentanza di associazioni rom e non
rom, assieme a un delegato dell'Unar e a docenti dell'Università di Bologna.
Trovare soluzioni concrete per il miglioramento delle condizioni della
popolazione romanes, "senza attribuire responsabilità ad altri" e senza
"rifugiarsi in un pericoloso fatalismo persecutorio": è l'obiettivo del
congresso secondo quanto affermato da Nazareno Guarnieri, presidente della
Fondazione romanì che ha promosso l'iniziativa.
Guarnieri ha aperto l'evento affermando che "questo non vuole essere l'ennesimo
congresso per denunciare le responsabilità di altri e continuare a progettare
strategie che si sono rivelate fallimentari".
L'importanza del riconoscimento. Guarnieri ha poi affrontato il tema del
riconoscimento della minoranza linguistica rom, che è stato richiesto da alcune
proposte di legge negli ultimi anni: "tutti la vogliono la nessuno la porta
avanti", ha detto, sottolineando che sarà un tema fondamentale in futuro perché
"presupposto essenziale per qualsiasi politica culturale e di inclusione".
La mediazione, un fallimento. "Negli ultimi anni sono stati formati 1400
mediatori rom, ovvero 1400 disoccupati", ha poi aggiunto Guarnieri parlando di
un "fallimento della mediazione rom in Italia".
Per il presidente della Fondazione romanì, è necessario "passare dalla
mediazione alla partecipazione attiva, dalla multiculturalità
all'interculturalità". "Non può esserci mediazione a vita", ha aggiunto,
ricordando il caso di un assessore di Mantova che dopo 20 anni di mediazione non
ha rinnovato la convezione per la mediazione culturale.
Non solo folklore, "basta assistenzialismo". "Una politica per la cultura romanì
è oggi inesistente - ha aggiunto -. A livello di società civile c'è tanto
folklore, ma la cultura romanì non è solo cucina, musica e abbigliamento. E' un
insieme di valori che formano un'identità culturale. L'evoluzione della cultura
romanì è urgente e indispensabile per evitare la distruzione della nostra
identità. In particolare lo sviluppo della mentalità assistenziale sta
distruggendo la popolazione romanì".
In due video 2 rom, uno kosovaro e l'altro italiano, hanno raccontato i loro
percorsi di integrazione attraverso l'istruzione. A tal proposito Alain Goussot,
in un intervento, ha evidenziato la necessità che la società italiana si apra
all'alterità, diventi più inclusiva e accogliente, in particolare attraverso la
scuola.
SILVI (Te) - Non esiste un registro ufficiale delle associazioni romanés, ma
sono le 68 realtà che hanno risposto alla chiamata dell'Unar per partecipare ai
tavoli tematici di discussione nell'ambito della strategia nazionale di
inclusione d Rom, Sinti e Caminanti, approvata dal governo nel 2012. Di queste,
solo 16 sono composte esclusivamente da romanès. 12 hanno respiro nazionale e 56
solo locale.
Sono i dati forniti da Giampietro Losapio, presidente del Consorzio Nova,
nell'ambito del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a
Silvi Marina in Provincia di Teramo. Losapio ha però sottolineato "l'incoerenza
tra quanto accade nei piani ufficiali e nella realtà", affermando che "secondo
l'Unar non esiste associazionismo Rom da Roma in giù", dato smentito dalle
diverse realtà attive sul tema nel meridione.
"Secondo l'Istat c'è un'associazione ogni 185 italiani, mentre per i Rom il
rapporto è 1 a 2000", ha detto Losapio, ricordando che la strategia nazionale di
inclusione d Rom, Sinti e Caminanti prevede tra gli obiettivi la promozione
dell'associazionismo Rom.
Il presidente di Nova ha poi citato il caso della Fondazione Romanì Italia, che
da associazione è diventata fondazione puntando su "un vincolo patrimoniale non
più solo sociale", sottolineando come "la causa Rom si può legare al fatto di
poter drenare risorse".
La mancanza di un sistema decisionale democratico nell'ambito
dell'associazionismo Rom è stato poi evidenziato da Losapio che ha affermato
come "il mondo Rom ha una tendenza al leaderismo, in cui la guida è affidata
soprattutto a uomini", e "manca una modalità di organizzazione democratica
comunitaria" costituita da un consiglio e da soci.
Il presidente del consorzio Nova ha poi sottolineato che nell'associazionismo
Rom in Italia vige, così come nell'associazionismo italiano in generale, "il
principio secondo cui poche grandi organizzazioni possono dire qualcosa", mentre
"tante piccole associazioni che lavorano sul territorio hanno scarsa
rappresentanza".
"Spesso i Rom sono solo delle comparse all'interno di associazioni non Rom, che
in alcuni casi speculano sulla causa romanì", ha detto Baskim Berisa, giovane
Rom di origine kosovara, presidente dell'associazione "Rom stanziali del Kosovo
in Trentino Onlus".
Berisa ha espresso critiche su progetti portati avanti da associazioni di
promozione sociale ("portare la cultura Rom in piazza organizzando eventi flocloristici e musicali non serve per combattere la discriminazione") e sulle
attività delle associazioni che si occupano di campi nomadi: "Perché non usare
quei soldi non vengono usati per costruire edifici in cui gli stessi rom
potrebbero lavorare?? "Basta all'assistenzialismo e al folklorismo", ha
concluso Berisa. "E' necessario costruire con progetti seri un futuro
soprattutto per noi giovani". "Se in futuro noi Rom avremo le competenze giuste
perché non potremo competere con i non Rom? Con l'istruzione si possono aprire
delle prospettive molto ampie".
08 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Romanipè 2.0. ovvero partecipazione attiva, soprattutto dei
giovani, nelle politiche e nei progetti a favore dei Rom. E' stato il tema al
centro del del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a
Silvi Marina (Te) con la partecipazione di un centinaio di delegati di
associazioni Rom e non Rom che si occupano della causa romanì.
Il tema è stato affrontato in prima persona dai ragazzi formati nell'ambito del
progetto "Fuochi attivi" della Fondazione Romanì, che ha l'obiettivo di formare
leader Rom consapevoli della propria cultura e in grado di relazionarsi con
professionalità con le istituzioni e organizzazioni italiane, per favorire
l'emancipazione di un numero sempre maggiore di bambini e giovani delle
comunità.
"Per uscire dal circolo vizioso di autodiscriminazione, vittimismo, passivismo e
illegalità, siamo costretti a rinnegare la nostra identità Rom": è il problema
che è stato sollevato da Jon
Ion Dumitru di Roma e da
Fiore Manzo, Rom di
Cosenza."L'essere rom è ancora visto come una malattia, che fa allontanare".
"C'è urgenza di uscire fuori da questa situazione di violenza e discriminazione
e aiutare i più piccoli", ha detto Marco Bevilacqua, trentenne Rom di Reggio
Calabria. "E' necessario lottare per uscire dai campi nomadi, contrastare
l'assistenzialismo, e promuovere il riconoscimento etnico linguistico", ha
detto. "Mostrare che il problema è culturale non sociale. Far capire ai giovani
che fuori dai quei campi c'è la vita". Per questo "punto fondamentale è la
scolarizzazione, perché i Rom possano in futuro occupare posizioni importanti
nel mondo del lavoro. Altrimenti restano ricattabili".
"Anche se non c'è la luce in casa, nei campi si ha Facebook e così i ragazzi
possono essere contatto con coetanei rom in Francia e Germania", ha sottolineato
Vanessa Cirillo della Fondazione Romanì, "questo è un elemento nuovo, da
considerare quando elaboriamo progetti e strategie".
A conclusione del convegno sono stati letti alcuni punti su cui le associazioni
dovranno lavorare in futuro:
1. il superamento della vittimizzazione e del fatalismo persecutorio;
2. il recupero della cultura Rom;
3. l'emancipazione femminile;
4. il riconoscimento dei Rom come minoranza linguistica;
5. la responsabilizzazione, e parlare del tema della legalità, "altrimenti lo fa
solo l'estremismo di destra". (lj)
RP-ONLINE Insediamento rom nel 1991 a Skopje - Shutka (Macedonia). Le
case sono stati finanziate dallo stato di NRW. Foto: D. Hüwel Milioni sprecati per un progetto di rimpatrio - QUANDO LA RENANIA
SETTENTRIONALE-VESTFALIA COSTRUI' CASE PER I ROM - 10 settembre 2013 alle ore 12.26
Di DETLEV HÜWEL
Düsseldorf - Con un progetto di diversi milioni, nel 1991 il governo di Johannes Rau (SPD) intendeva persuadere al rimpatrio quegli immigrati che per mesi si
erano accampati sulla riva del Reno.
Vengono per restare. E sono sempre di più le persone che dalla Romania e dalla
Bulgaria si spostano in Germania. Nella Renania Settentrionale-Vestfalia
sarebbero già 60.000 donne, uomini e bambini, soprattutto Rom. Possono entrare
liberamente in Germania visto che Romania e Bulgaria fanno parte dell'Unione
Europea (UE).
Secondo le regole, qui in Germania non hanno ancora la possibilità di lavorare
(con l'eccezione dei lavori con penuria di manodopera). Soltanto a partire dal
2014 sarà in vigore la libera circolazione dei lavoratori all'interno
dell'Unione Europea. Un immigrato che denuncia un'attività lavorativa, tuttavia,
riceve dallo Stato un assegno famigliare per i figli. Dal prossimo anno agli
immigrati spetteranno per legge tutti i contributi sociali.
Tali allettamenti non esistevano ancora vent'anni fa, quando migliaia di Rom
dell'allora ex-Jugoslavia vennero a stare in Germania. Con una "marcia dei
mendicanti" nel gennaio del 1990 si proposero di far conoscere tutto ciò che
sopportavano da lungo tempo , asserendo di essere perseguitati politici;
successivamente vollero anche che fosse loro riconosciuta lo condizione di
apolidi.
Non senza successo. L'allora ministro dell'Interno della Renania
Settentrionale-Vestfalia, Herbert Schnoor (SPD), diede loro la speranza di
ottenere un diritto di soggiorno; si misero però di traverso il ministro delle
Politiche Sociali Hermann Heinemann e il potente presidente del Landtag
Friedhelm Farthmann (entrambi dell'SPD). Farthmann mise in chiaro che il Landtag
non fosse assolutamente autorizzato a concedere a chicchessia un permesso di
soggiorno. Quindi, a tale riguardo, "stavano bussando alla porta sbagliata".
Case prefabbricate per i Rom che avessero espresso il desiderio di rimpatrio
Nel frattempo i Rom che si erano stabiliti sulla riva del Reno a Düsseldorf, in
tende e in misere abitazioni che si vedevano dalla Cancelleria, non accennavano
a volersene andare. Stavano già progettando di passare i prossimi mesi invernali
nel garage sotterraneo dell'adiacente edificio del Landtag. Farthmann sbraitò
che per i cittadini della Renania Settentrionale-Vestfalia ci fosse "un limite
di ragionevolezza" da non oltrepassare.
Con questo sfondo il governo del Primo Ministro Johannes Rau (SPD) diede vita
alla "nuova politica dei rifugiati": tramite incentivi si intendeva invitare al
rimpatrio circa 2000 Rom provenienti dalla Macedonia. Per coloro che avessero
espresso la volontà di rimpatriare sarebbero state costruite delle case
prefabbricate nella capitale macedone Skopje. Chi non accettava l'offerta era
minacciato di espulsione.
L'allora cancelliere Wolfgang Clement, nell'ottobre del 1991, a bordo di un
aereo volò a Skopje, accompagnato da rappresentanti della Caritas e da un
seguito di giornalisti, allo scopo di fare un esame iniziale delle prime case
costruite. Nella parte della città chiamata "Shutka" il convoglio di Clement
passò prima davanti a a un quartiere povero nel quale abitavano circa 45000 Rom.
La pioggia aveva trasformato le strade in deserti di fango; le baracche di legno
e di lamiera ondulata minacciavano di crollare alla prossima folata di vento.
A questo punto il gruppo raggiunse gli alloggi costruiti con i fondi della
Renania Settentrionale-Vestfalia: semplici ma solide case bifamiliari. Il
contrasto con la confinante baraccopoli dei Rom non avrebbe potuto essere
maggiore. Clement si mostrò ottimista, sicuro che l'esempio della Renania
Settentrionale-Vestfalia avrebbe fatto scuola e che per i Rom rimpatriati fosse
stata anche possibile la creazione di posti di lavoro. I rimpatriati dovevano
tuttavia assicurare per iscritto che "non sarebbero più rientrati nella Renania
Settentrionale-Vestfalia per una permanenza a lungo termine".
Nei mesi successivi furono costruite complessivamente 114 case per circa 600
rimpatriati. Convertendo i marchi di allora negli euro di adesso, il Land spese
12,8 milioni di euro per le case, i biglietti d'aereo, la costruzione di un
asilo e di una scuola. Così come per il pagamento degli alimenti a lungo
termine.
E il risultato? Fra i Rom di Shutka si diffusero invidia sociale e gelosie. Già
verso la fine del 1991 il politico della CDU, Herbert Reul, nel Landtag concluse
che il cosiddetto "programma di rimpatrio" non avesse portato a niente. Lo
stesso Clement, anni dopo, dovette rispondere di "sviluppi spiacevoli" della sua
politica: molti "rimpatriati" erano rientrati in Germania e avevano nuovamente
presentato richiesta di asilo politico. Alcune case erano ormai vuote; in altre
non abitavano più le famiglie alle quali l'alloggio era stato assegnato.
La Cancelleria non sa dire cosa ne sia oggi di quelle case prefabbricate.
L'allora "programma per i Rom" era già considerato concluso nel 1998. Il Land ha
recentemente lanciato un nuovo progetto: con 7,5 milioni di euro il ministro
dell'Interno Ralf Jäger e il ministro del Lavoro Guntram Schneider (entrambi
dell'SPD) hanno intenzione di aiutare le città della Renania
Settentrionale-Vestfalia colpite dalle immigrazioni a causa della povertà. Il
denaro proviene dal sistema dei finanziamenti esistenti (anche dell'UE). Mordace
il commento della CDU: "Ai comuni i placebo non bastano mai".
I ROM
Luogo di origine è il subcontinente indiano
Il termine "Rom" indica un gran numero di gruppi di popolazioni che sono
collegate tra loro dalla provenienza originaria dal subcontinente indiano e
dalla lingua, il Romanes, di origine indoeuropea. Sono in Europa da almeno 700
anni.
Minoranza - I Rom hanno sempre rappresentato delle minoranze all'interno dei
loro rispettivi paesi. Da almeno il 16. secolo in poi sono stati oggetto di
numerose forme di discriminazione, persecuzione ed espulsione.
Fonte: RP
Pessano con Bornago
Dopo le meritate vacanze, torniamo con due incontri di sicuro interesse.
Conoscere per non discriminare, due iniziative ideate e organizzate
dall’associazione La bottega che non c’è trasformeranno il territorio di Pessano
con Bornago in uno spazio aperto, dove riflettere sui numerosi pregiudizi che
circondano il popolo Romaní.
Due momenti di storia, letture, testimonianze, musica, che aiutano a sovvertire
le abitudini, a sottrarsi ai condizionamenti, per non smettere mai di dare
concretezza alla parola solidarietà, per non smettere mai di migliorare la
nostra società in un continuo confronto di idee, coscienze, culture e religioni
che danno significato e valore a ogni nostra scelta.
La bottega che non c'è
Venerdì 20 settembre 2013 - Ore 20.30. Sala Consiliare in Piazza della
Resistenza
1. Conoscere attraverso la storia. Relatore: Ernesto Rossi, dell'Associazione ApertaMente.
2. Testimonianze dell'Associazione Mamme e Maestre di via Rubattino.
3. Testimonianze del progetto Taivé.
4. Proiezione del film documentario Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen.
5. Musica tzigana del brillante duo de l'Orchestra dei Popoli Vittorio Baldoni.
Domenica 29 settembre 2013 - Ore 16.30. Cortile della Biblioteca Comunale
6. Conoscere attraverso la poesia e la musica. Lettura di brani e poesie di
Papuska e di Mariella Mehr a cura del gruppo Polvere di Storie.
7. Musica del violinista George Moldoveanu.
8. Performance di Jovica Jovic.
9. Cabaret di Luca Klobas.
10. Mostra pittorica di Rebecca Covaciu.
Durante il primo e il secondo incontro saranno allestite la Mostra fotografica
della Caritas ambrosiana e un Buffet tradizionale che solleticherà i nostri
palati, con tanti fragranti e appetitosi assaggi.
Di Fabrizio (del 14/09/2013 @ 09:09:17, in Europa, visitato 1602 volte)
Ero partito con tanti dubbi e con tante domande: sarebbe riuscito un attivista
per i diritti LBGT a integrarsi all'interno di un' iniziativa internazionale che
ha visto la partecipazione di oltre 400 Rom da tutta Europa?
Inoltre portavo dentro di me la terribile esperienza dei fatti di Ponticelli del
maggio 2008. Già all'epoca sapevo da che parte stare, ma i Rom, li avevo
conosciuti solo "a distanza” e tutto quello che avevo fatto e le posizioni che
avevo preso contro quei terribili atti furono piuttosto dovute al mio attivismo
politico che non ad un coinvolgimento reale.
Cosa sarebbe cambiato quattro giorni dopo la mia partenza per Cracovia era una
scommessa di cui non conoscevo l'esito. E così il 31 luglio siamo partiti con il
resto della delegazione della Rete Near e appena arrivati abbiamo incontrato il
resto della delegazione italiana. Già questo primo e semplice incontro è stato
per me una sorpresa, mi son sentito da subito accolto e come se fossi a casa.
Ho scoperto, tra le tante cose che ignoravo, che c'è un forte senso di famiglia
nella comunità rom, ed io volevo farne parte. Due giornate sono trascorse tra
vari Workshop, per i quali ci siamo dovuti dividere in gruppi.
Workshop sui diritti umani, sull'attivismo, sulle strategie d'azione, sul
genocidio del 2 agosto. Una produzione immane di lavoro per l'organizzazione, un
imbarazzo enorme per me che dovevo scegliere a quale partecipare. Il primo
agosto si tiene una importante conferenza all'università con la partecipazione
di tutto il maxi-gruppo, alla presenza di autorevoli esponenti della comunità
rom internazionale e di esponenti del consiglio d'Europa. Ma sono sempre i
giovani rom a farla da padrone, in particolare le ragazze rom, con il loro
inglese perfetto che moderano, con tempi europeissimi, la discussione dei
convenuti.
La conferenza è l'occasione per un componente della nostra delegazione (Juliò),
per fare un intervento sulla necessità di essere tutti uniti e di combattere
insieme contro tutte le discriminazioni, quale che ne sia il motivo.
Mi è sembrato di aver ascoltato Martin Luther King, applausi copiosi per lui e
un manuale Compass seconda edizione nuovissimo tutto per me, in omaggio, preso
sul banchetto all'esterno dell'aula.
Il 2 Agosto ci siamo svegliati prestissimo, è stata la giornata più intensa. La
nostra visita ad Auschwitz e Birkenau. Avevo già visitato il campo di
Sachsenhausen in Germania nell'ambito di una conferenza internazionale lgbt, ma
questa volta era diverso. Questa volta non c'erano solo i nostri triangoli rosa
sullo sfondo ma tante Z nere. Ancora una volta ho rivissuto l'orrore della
lucida follia nazista che a tratti, per la sua esagerazione mi sembrava quasi
surreale. Dopo la visita al campo, presso Birkenau, abbiamo tenuto la cerimonia
di commemorazione, un altro momento molto intenso, non tanto per il rito in se,
ma perché per me è stato il momento per digerire ciò che avevamo visto poco
prima, insieme al campo sconfinato ricolmo di camini, pali di filo spinato
elettrificato e la polvere stessa che si alzava da terra e tornava a cadere come
in un non-luogo dove il tempo sembrava essersi fermato a 69 anni prima a quella
terribile giornata del 2 agosto 1944 che adesso sentivo un po anche mia.
Le varie notti passate in albergo con il resto della delegazione, che ormai
sentivo sempre più come una comitiva, sono trascorse tra sorsi di vodka polacca
e qualche racconto e interscambio fra la cultura rom e la comunità lgbt; quelli
per me sono stati momenti molto interessanti, al pari di tutto il resto o forse
con una importanza ancora maggiore per via del fatto che ho imparato delle cose
che assolutamente ignoravo e che mi porterò per sempre dentro. La parte peggiore
ovviamente è stato il ritorno a Napoli, seppur credo di aver lasciato un
pezzettino di me laggiù.
La tristezza legata al ritorno è mitigata soltanto dal ricordo dei momenti da
poco trascorsi e dalla consapevolezza che qualcosa è cambiato. Siamo partiti con
delle idee, ma siamo tornati con la consapevolezza che fare qualcosa è
necessario.
Quello che abbiamo visto li, quel 2 agosto, rischia di continuare a sopravvivere
nelle discriminazioni che quotidianamente vengono perpetrate nel mondo, alle
quali noi tutti ci dobbiamo opporre.
Rom, ebrei, omossessuali, disabili, oppositori politici, noi tutti abbiamo avuto
un triste destino comune, ma insieme possiamo scrivere ancora un futuro luminoso
e brillante come tutti i colori della nostra bandiera.
Perchè i colori da soli sono solo sfumature, insieme diventano arcobaleno!
Ora che abbiamo visto non dimenticheremo.
DIK I NA BISTAR!
Fabrizio Sorbara
Sono Fabrizio Sorbara. Ho 27 anni e studio Sociologia a Napoli, dopo aver
frequentato Scienze Politiche. Faccio parte del”Arcigay dal 2007. Ho partecipato
al movimento studentesco dell'onda come responsabile del mediacenter di
unionda.it. Nel 2009 sono stato eletto Presidente di Arcigay Napoli. Nell'estate
del 2010 sono stato tra gli organizzatori della manifestazione nazionale "Napoli
Pride 2010" e nel 2011 sono stato eletto come primo presidente del Coordinamento
Campania Rainbow, raggruppamento di associazioni glbtqi a livello regionale.
Durante il XV Congresso Nazionale di Arcigay sono infine stato eletto in
segreteria nazionale con la delega giovani e scuola.
Arcigay è un'associazione senza scopo di lucro, nata nel 1985, che opera su
tutto il territorio nazionale la realizzazione dell'uguaglianza tra individui a
prescindere dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. Le sue
attività includono informazione, prevenzione, e difesa dei diritti della
comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e trans) e opera per la crescita e la
diffusione delle sedi locali che agiscono a livello regionale, provinciale e
cittadino. Arcigay collabora con altre associazioni non governative italiane ed
europee e con le principali istituzioni nazionali ed internazionali.
Di Fabrizio (del 15/09/2013 @ 09:00:36, in scuola, visitato 1248 volte)
Quando ero piccolo io, lo spazio verde di fronte al parcheggio grande di viale
Monza era un paradiso: montagnette di terra, cespugli, buche - l'ideale per
giocare a indiani e cow-boy. Qualche anno fa, cambiò tutto, e divenne un
elegante parchetto con panchine, tavoli da pic nic e giochi per bambini. Ci
passo ancora spesso, visto che l'area è coperta da wi-fi.
Leggo che dalle parti nel novarese i genitori (italianissimi)
stanno ritirando i loro pupi dalla scuola, perché ci sono troppi sinti
(italiani anche loro, suppongo, ma la cosa ha importanza minima) lì iscritti. Ma
sono i bambini che si ritirano (tipo che li ho messi in lavatrice col programma
sbagliato) perché i sinti occupano troppo spazio, o che cosa? Non ho capito
bene, in effetti.
Però, ricordo lo scandalo mediatico, quando la stampa italiana raccontò di
un episodio simile in Slovacchia. La Slovacchia, bene o male da anni si sta
impegnando per superare quella situazione. Ma se la cosa accade nella nostra
amata Italia, sembra che possiamo risparmiarci le facce di circostanza.
Noi, siamo civili a prescindere!
Il parchetto che descrivevo all'inizio è frequentato da bambini italiani,
cinesi, rumeni, egiziani, senegalesi, persino da un inglese. Ogni tanto si
affacciano anche piccoli rom. Di norma, ognuno gioca con i propri connazionali.
Li osservavo, nel deserto di agosto, guardarsi attorno, spersi e soli. Così,
finiva che il piccolo cinese, annoiato, chiedeva al coetaneo
senegalese se voleva fare due tiri a pallone, e quest'ultimo finiva per
coinvolgere il piccolo egiziano. Quando era di tornare a casa per cena, si
davano appuntamento per il giorno dopo. E i loro genitori, per non fare brutta
figura di fronte ai futuri eredi, iniziavano a parlare tra loro, in
italiano, OVVIAMENTE, lingua franca che mette tutti d'accordo.
E questo valga anche per
quei politici-avvoltoi, che hanno colto subito la palla al balzo.
Di Fabrizio (del 16/09/2013 @ 09:06:53, in casa, visitato 1470 volte)
di Antonio Viccaro -
ComuneInfo
Perché la lettera
L'elaborazione di questa lettera è il risultato del Coordinamento delle
Associazioni elencate in calce, portatrici di pratiche decennali e di
sperimentazione di attività di convivenza con le Comunità Rom e Sinti nell'area
di Colli Aniene, Tor Sapienza, La Rustica, Alessandrino e Centocelle.
Queste strutture associative si sono costituite in Coordinamento per
ri-affermare integralmente la loro determinazione ad impegnare i decisori
politici e istituzionali nella formulazione di strategie politiche e sociali
capaci di cambiare radicalmente rotta rispetto alle fallimentari esperienze
delle Amministrazioni precedenti. Amministrazioni che, con i soldi dei
contribuenti, hanno prodotto segregazione ed esclusione sociale per Rom e Sinti,
nonché l'incremento del disagio e dell'insicurezza per gli abitanti di quelle
estreme periferie interessate da insediamenti che ne incrementano gli intrinseci
processi di degrado.
Andare oltre "l'Emergenza Rom"
E dunque le nuove strategie devono essere implementate secondo una logica
sistemica. Vale a dire, fatte di azioni capaci di assumere la gestione delle
criticità che alcuni territori manifestano per la presenza di insediamenti Rom e
Sinti, senza farsi imbrigliare dalla retorica della cosiddetta Emergenza Rom.
Assunto che questa altro non è che la dimostrazione plastica della inadeguatezza
delle Amministrazioni capitoline che si sono succedute negli anni al governo
della Città di Roma, nel gestire e soprattutto nel contrastare, la povertà
urbana delle periferie, determinando la creazione di ulteriore degrado,
emarginazione e messa a rischio della sicurezza sociale.
Perché lavorare alla convivenza tra diversi
Operativamente le azioni strategiche devono mirare alla ri-costruzione di una
soglia di convivenza tra abitanti dei quartieri limitrofi (vedi Via Salviati, C.
Aniene, T. Sapienza) e Rom/Sinti per interessarli entrambi ad agire insieme alla
graduale chiusura dei Campi.
Un percorso da concordare con le Istituzioni, Municipali e Centrali, da
progettare e realizzare nei tempi (certi e controllabili) e nei modi, attraverso
un'azione di benchmarking, per puntare all'eccellenza, in coerenza con la
Strategia Nazionale di Inclusione Sociale dei Rom, Sinti e Camminanti[1].
Con questo approccio il fine (la convivenza tra diversi) diventa mezzo per il
superamento del Modello Campi. Modello che, obiettivamente tende ad "...alimentare
l'intolleranza dei cittadini romani residenti nelle aree dei campi che
percepiscono la presenza di chi li abita come ingombrante e minacciosa..."[2]
Quanto esposto ci consente di affermare che quella della convivenza deve essere
considerata una strategia spuria e transitoria: spuria poiché sarà il frutto di
una pratica da orientare e sperimentare day by day e soprattutto in termini
contingency. E dunque difficilmente modellizzabile. Transitoria per definizione,
in quanto propedeutica alle nuove strategie di superamento del Modello Campi.
L'intelligenza territoriale collettiva come risorsa
Lo sviluppo di queste politiche e strategie, se realmente volte ad introdurre
una vera e propria discontinuità, sia con i cosiddetti Piani Nomadi (tristemente
noti per i loro alti costi e la loro totale inefficacia), sia con gli sterili
sgomberi fine a se stessi, potrà contare sul supporto di una intelligenza
territoriale collettiva, fatta di pratiche concrete ricche di un know how
socio-tecnico, teorico ed esperienziale che dimostra che nei nostri territori ci
sono le risorse necessarie al superamento delle strategie dei Campi.
Il nostro impegno
Il Comitato di Coordinamento nel quale si riconosce il raggruppamento di
Associazioni che firma la presente lettera, sta predisponendo una raccolta
ragionata delle migliori pratiche sperimentate in una pluralità di percorsi,
laboratori e progetti d'inclusione, che vanno dal rafforzamento dei mercati,
alla creazione di cooperative di riuso e riciclo, al realizzare la raccolta
differenziata porta a porta, all'offerta di sostegno extra-scolastico gratuito,
integrato ed interculturale, all'auto-recupero di palazzi abbandonati e alla
creazione di condomini multiculturali, allo sviluppo di orti e di agricoltura
urbana, per recuperare il degrado ambientale e per creare redditi di
sussistenza.
Tutte queste pratiche/proposte hanno bisogno di un accompagnamento forte e
deciso da parte delle Istituzioni, per determinare tempi più celeri di
realizzazione e di successo.
Ormai ci sono generazioni e generazioni di nuovi cittadini nati in questi campi
e non c'è più tempo da perdere! E non si possono più ostacolare le azioni di
resilienza delle reti territoriali, che operano per ritessere i rapporti sociali
spezzati.
Intervenire in forma integrale
Le strutture che firmano la lettera hanno compreso che bisogna intervenire in
una forma integrale e decisa, in dialogo con i territori, e con le comunità Rom
e Sinti in coerenza con le strategie di ri-costruzione della convivenza come
conditio sine qua non per l'avvio dei percorsi di superamento del Modello dei
Campi.
Per questo, sia Noi che Loro stiamo facendo tutti questi percorsi sulla nostra
pelle, spesso abbandonati dalle Istituzioni. Non vogliamo rincorrere la rabbia o
l'idea dell'emergenza permanente, né trovare soluzioni univoche e
semplicisticamente immediate, ma lavorare per prevedere il lungo termine,
trovando insieme soluzioni strutturali, mettendo in azione e valorizzando tutte
le energie, le intelligenze e le risorse a disposizione.
La nostre preoccupazioni
In questa sede esprimiamo alcune preoccupazioni, in particolare di fronte ai
primi passi di governo di questa Giunta Comunale e di quelle Municipali, che non
si sono ancora dichiarate, in modo forte e chiaro, contro il Modello dei Campi
Rom e contro il Piano Nomadi.
Per quanto ci riguarda possiamo affermare che le politiche decennali portata
avanti da tutte le Amministrazioni cittadine che si sono avvicendate nel governo
della città si sono dimostrate completamente inadeguata, finendo con il favorire
un enorme spreco di risorse pubbliche.
Non ci possiamo permettere un nuovo fallimento di queste Politiche Sociali: le
comunità Rom e Sinti (vivono?) in condizioni igienico-sanitarie pessime, tra un
succedersi di sgomberi che tende a criminalizzarli indistintamente incrementando
l'intolleranza che non aiuta la ri-costruzione della convivenza tra diversi. Le
Buone pratiche ed i Progetti d'integrazione che generano competenze
socio-economiche che molte realtà culturali, sociali e politiche stanno
realizzando per determinare una convivenza più matura tendono ad essere
banalizzate; anche qui ostacolando la convivenza. E questo nonostante le
dichiarazioni espresse da "pezzi" significativi delle Comunità Rom e Sinti circa
lo loro disponibilità ad intraprendere impegnativi percorsi di integrazione.[3]
Anche sul fronte dei Cittadini che abitano nelle periferie si rileva una grave
esasperazione per la mancanza di servizi pubblici e di una reale presenza attiva
delle Istituzioni. Queste da anni non propongo piani e programmi di investimenti
strategici per la riqualificazione delle periferie che tendono ad un progressivo
degrado. In questa situazione è facile allora che si sviluppi l'odio tra la
popolazione attraverso azioni che possono sfociare nella violenza più cieca.
Tuttavia, ci conforta che, ciononostante ci sono anche molti cittadini che
rifiutano questo tipo di manipolazioni, convinti che la rigenerazione delle aree
urbane e la creazione di opportunità per tutti, eviterà la proliferazione di
altre isole di degrado ed emarginazione, costituendo l'unica strada percorribile
per una vera politica di riscatto, di benessere e di sicurezza della nostra
società.
Infine, vorremmo capire se questa Giunta Comunale ha intenzione davvero di
scrivere un nuovo capitolo per la città di Roma, ascoltando i diretti
interessati (le Comunità Rom e Sinti), e coloro che hanno maturato un'esperienza
di collaborazione con queste Comunità; gli unici soggetti, tra l'altro, che
hanno anche provato a diffondere una contro-informazione a favore
dell'umanizzazione di una situazione che ha trasceso ogni tipo di violazione dei
diritti umani.
- Strategia formulata dal nostro Governo nel 2012
- Documento Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà Onlus
- 9 settembre 2013
- Vedi lettera al Sindaco Marino inviata il 30 agosto dalla Comunità Rom
insediata dallo scorso giugno in via Salviati
Di Fabrizio (del 17/09/2013 @ 09:09:53, in scuola, visitato 1530 volte)
Spett.
Dirigenti e Professori
degli Istituti scolastici
Aizo, Associazione Italiana Zingari Oggi - sezione di volontariato Trentino-Alto
Adige, propone ai docenti e agli alunni/studenti il programma di interventi per
scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013-2014.
L'Associazione di volontariato che ormai da parecchi anni accompagna sinti e rom
nel cammino scolastico (e non solo) si offre con disponibilità, serietà ed
esperienza ad operare in collaborazione col corpo docente negli istituti, nelle
classi o in affiancamento a singoli alunni/studenti.
Gli interventi di seguito proposti servono a sensibilizzare alunni/studenti e
docenti alla cultura rom e sinta, a combattere pregiudizio e stereotipo, ad
aiutare a costruire un percorso didattico che leghi la particolare educazione
dei sinti alle richieste scolastiche.
Esperti sinti ed esperti gagè (non sinti o non rom) creeranno le condizioni
affinchè emergano le tante domande che i giovani si pongono su una cultura,
quella rom e sinta, ai più sconosciuta: Sono italiani? Da dove vengono? Come
vivono? Quanti sono? Rubano o leggono la mano? Perché vivono nei campi abusivi?
Sono clandestini e delinquenti? Perché hanno belle macchine? Perché hanno così
tanti bambini?
Noi di Aizo crediamo che attraverso la conoscenza si possa creare un legame fra
le diverse culture presenti sul territorio, un legame di reciproco rispetto,
condizioni essenziali per costruire una società giusta e un benessere sociale
diffuso.
Il Presidente
Gian Luca Magagni
Le proposte scuola di Aizo sezione di volontariato Trentino-Alto Adige di
quest'anno prevedono:
- Lezione spettacolo: gli esperti, due gagè e due sinti (il termine gagè viene
usato da rom e sinti per riferirsi ad ogni persona che non fa parte del loro
popolo) delineeranno gli aspetti fondamentali della cultura (la famiglia come
clan, il rito matrimoniale, la lingua, i mestieri tradizionali ed i lavori
attuali, i luoghi e i non luoghi dell'abitare quali campi sosta e microaree,
l'arte) e della storia del popolo romanì (dalle origini ai giorni nostri). I
cenni storici offrono lo spunto per riflettere sull'attualità e sul persistere
ancora oggi di stereotipi e pregiudizi legati al mondo “zingaro”. L'esposizione
orale è supportata dalla proiezione con Power Point di una mostra fotografica
comprensiva di 60 immagini che ritraggono il popolo romanì attraverso la
quotidianità della loro storia e nell'attualità. Nell'intervento vengono
utilizzati altri strumenti di conoscenza della cultura romanès quali la musica
(eseguita dal vivo dai Sinti di Rovereto Manuel e Popo) e la poesia. La lettura
in forma teatrale delle poesie scritte da artisti sinti proietta gli studenti
nel vissuto emotivo della popolazione romanès
- Seminario per docenti: due mattine di due ore ciascuna daranno la possibilità al
corpo docente di acquisire nozioni sulla popolazione romanì. Le prime due ore
saranno dedicata all'informazione rispetto ad una popolazione ai più
sconosciuta, partendo da dati storici e affrontando i problemi di attualità.
Importante sarà approfondire la situazione di discriminazione che vivono in
Europa ed i motivi che hanno portato la Comunità Europea a promuovere dei
percorsi d'inclusione delle popolazioni romanì, oppure comprendere come sono
considerati nel nostro ordinamento, se vivono di sussidi o di lavoro… Nelle due
ore del secondo appuntamento verranno affrontate le difficoltà scolastiche dei
ragazzi sinti e rom, nella ricerca di una scuola che li possa formare. Alcune
esperienze di docenti e un esperto aiuteranno la riflessione comune. Obiettivo
del seminario è aiutare il corpo docente ad affrontare delle situazioni che
potrebbero sembrare difficili se affrontate senza strumenti adeguati.
- Visione e discussione di un film: un momento di riflessione, conoscenza e
discussione alla presenza di esperti sinti. Attraverso la proiezione di una
pellicola di tematica legata ai sinti e ai rom, si crea l'occasione agli
studenti di chiedere spiegazioni ai “diretti interessati” o sciogliere quelle
curiosità che sono sì del film, ma che sono spesso radicate nel pregiudizio. Il
rapporto diretto fra studenti e sinti speriamo avvicini i giovani della
popolazione maggioritaria ai rappresentanti del popolo romanì, contribuendo ad
un percorso di pace attraverso l'istruzione e la conoscenza veritiera del
prossimo. I film recenti proposti sono: La canzone di Rebecca; Rukelie. I film
potranno variare rispetto alla disponibilità.
- Porrajmos: lezione spettacolo sul genocidio dei campi di sterminio nazisti,
sulle atrocità del passato e il razzismo di oggi. Alunni e studenti avranno modo
di approfondire questo nero capitolo della storia dell'umanità dal punto di
vista di una popolazione alla quale è stato per lungo tempo negato ogni
ufficiale riconoscimento dello sterminio subito, oltre che comprenderne
l'elevato grado di gravità: l'80% della popolazione sinta e rom in Europa è
stato annientato dal nazismo. La profondità della prospettiva storica fornisce
interessanti elementi per parlare delle attuali condizioni di vita di questa
popolazione e del persistere di un clima di sospetto e di ostilità nei suoi
confronti.
I volontari Aizo si rendono disponibili a collaborare con i docenti per la
progettazione e la eventuale creazione di ulteriori percorsi o ad apportare
parziali modifiche od integrazioni a quelli sopraproposti. In attesa di un
Vostro gentile riscontro porgo cordiali saluti.
Riferimenti Sede: Via San Cristoforo, 4 Pomarolo (TN)- Cell.: 338 5485616
E-mail: maggianluca@hotmail.com
Sito Internet: www.aizo.it
Referente: Gian Luca Magagni
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