La Fondazione romanì Italia ringrazia tutti i partecipanti al II congresso delle
comunità romanès e delle associazioni a Silvi Marina il 7 ed 8 Settembre 2013.
Gli atti del II congresso delle comunità romanès e delle associazioni saranno
prodotti con la realizzazione di un numero speciale della rivista ROMA cultural
magazine che sarà disponibile presumibilmente entro la metà di Ottobre 2013.
07 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Il riconoscimento della minoranza linguistica rom; il
passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva; la necessità di una
politica per la cultura romanì: sono stati i temi al centro della prima Giornata
delle comunità romanè che si tiene oggi e domani a Silvi Marina, in provincia di
Teramo. Un centinaio i partecipanti, in rappresentanza di associazioni rom e non
rom, assieme a un delegato dell'Unar e a docenti dell'Università di Bologna.
Trovare soluzioni concrete per il miglioramento delle condizioni della
popolazione romanes, "senza attribuire responsabilità ad altri" e senza
"rifugiarsi in un pericoloso fatalismo persecutorio": è l'obiettivo del
congresso secondo quanto affermato da Nazareno Guarnieri, presidente della
Fondazione romanì che ha promosso l'iniziativa.
Guarnieri ha aperto l'evento affermando che "questo non vuole essere l'ennesimo
congresso per denunciare le responsabilità di altri e continuare a progettare
strategie che si sono rivelate fallimentari".
L'importanza del riconoscimento. Guarnieri ha poi affrontato il tema del
riconoscimento della minoranza linguistica rom, che è stato richiesto da alcune
proposte di legge negli ultimi anni: "tutti la vogliono la nessuno la porta
avanti", ha detto, sottolineando che sarà un tema fondamentale in futuro perché
"presupposto essenziale per qualsiasi politica culturale e di inclusione".
La mediazione, un fallimento. "Negli ultimi anni sono stati formati 1400
mediatori rom, ovvero 1400 disoccupati", ha poi aggiunto Guarnieri parlando di
un "fallimento della mediazione rom in Italia".
Per il presidente della Fondazione romanì, è necessario "passare dalla
mediazione alla partecipazione attiva, dalla multiculturalità
all'interculturalità". "Non può esserci mediazione a vita", ha aggiunto,
ricordando il caso di un assessore di Mantova che dopo 20 anni di mediazione non
ha rinnovato la convezione per la mediazione culturale.
Non solo folklore, "basta assistenzialismo". "Una politica per la cultura romanì
è oggi inesistente - ha aggiunto -. A livello di società civile c'è tanto
folklore, ma la cultura romanì non è solo cucina, musica e abbigliamento. E' un
insieme di valori che formano un'identità culturale. L'evoluzione della cultura
romanì è urgente e indispensabile per evitare la distruzione della nostra
identità. In particolare lo sviluppo della mentalità assistenziale sta
distruggendo la popolazione romanì".
In due video 2 rom, uno kosovaro e l'altro italiano, hanno raccontato i loro
percorsi di integrazione attraverso l'istruzione. A tal proposito Alain Goussot,
in un intervento, ha evidenziato la necessità che la società italiana si apra
all'alterità, diventi più inclusiva e accogliente, in particolare attraverso la
scuola.
SILVI (Te) - Non esiste un registro ufficiale delle associazioni romanés, ma
sono le 68 realtà che hanno risposto alla chiamata dell'Unar per partecipare ai
tavoli tematici di discussione nell'ambito della strategia nazionale di
inclusione d Rom, Sinti e Caminanti, approvata dal governo nel 2012. Di queste,
solo 16 sono composte esclusivamente da romanès. 12 hanno respiro nazionale e 56
solo locale.
Sono i dati forniti da Giampietro Losapio, presidente del Consorzio Nova,
nell'ambito del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a
Silvi Marina in Provincia di Teramo. Losapio ha però sottolineato "l'incoerenza
tra quanto accade nei piani ufficiali e nella realtà", affermando che "secondo
l'Unar non esiste associazionismo Rom da Roma in giù", dato smentito dalle
diverse realtà attive sul tema nel meridione.
"Secondo l'Istat c'è un'associazione ogni 185 italiani, mentre per i Rom il
rapporto è 1 a 2000", ha detto Losapio, ricordando che la strategia nazionale di
inclusione d Rom, Sinti e Caminanti prevede tra gli obiettivi la promozione
dell'associazionismo Rom.
Il presidente di Nova ha poi citato il caso della Fondazione Romanì Italia, che
da associazione è diventata fondazione puntando su "un vincolo patrimoniale non
più solo sociale", sottolineando come "la causa Rom si può legare al fatto di
poter drenare risorse".
La mancanza di un sistema decisionale democratico nell'ambito
dell'associazionismo Rom è stato poi evidenziato da Losapio che ha affermato
come "il mondo Rom ha una tendenza al leaderismo, in cui la guida è affidata
soprattutto a uomini", e "manca una modalità di organizzazione democratica
comunitaria" costituita da un consiglio e da soci.
Il presidente del consorzio Nova ha poi sottolineato che nell'associazionismo
Rom in Italia vige, così come nell'associazionismo italiano in generale, "il
principio secondo cui poche grandi organizzazioni possono dire qualcosa", mentre
"tante piccole associazioni che lavorano sul territorio hanno scarsa
rappresentanza".
"Spesso i Rom sono solo delle comparse all'interno di associazioni non Rom, che
in alcuni casi speculano sulla causa romanì", ha detto Baskim Berisa, giovane
Rom di origine kosovara, presidente dell'associazione "Rom stanziali del Kosovo
in Trentino Onlus".
Berisa ha espresso critiche su progetti portati avanti da associazioni di
promozione sociale ("portare la cultura Rom in piazza organizzando eventi flocloristici e musicali non serve per combattere la discriminazione") e sulle
attività delle associazioni che si occupano di campi nomadi: "Perché non usare
quei soldi non vengono usati per costruire edifici in cui gli stessi rom
potrebbero lavorare?? "Basta all'assistenzialismo e al folklorismo", ha
concluso Berisa. "E' necessario costruire con progetti seri un futuro
soprattutto per noi giovani". "Se in futuro noi Rom avremo le competenze giuste
perché non potremo competere con i non Rom? Con l'istruzione si possono aprire
delle prospettive molto ampie".
08 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Romanipè 2.0. ovvero partecipazione attiva, soprattutto dei
giovani, nelle politiche e nei progetti a favore dei Rom. E' stato il tema al
centro del del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a
Silvi Marina (Te) con la partecipazione di un centinaio di delegati di
associazioni Rom e non Rom che si occupano della causa romanì.
Il tema è stato affrontato in prima persona dai ragazzi formati nell'ambito del
progetto "Fuochi attivi" della Fondazione Romanì, che ha l'obiettivo di formare
leader Rom consapevoli della propria cultura e in grado di relazionarsi con
professionalità con le istituzioni e organizzazioni italiane, per favorire
l'emancipazione di un numero sempre maggiore di bambini e giovani delle
comunità.
"Per uscire dal circolo vizioso di autodiscriminazione, vittimismo, passivismo e
illegalità, siamo costretti a rinnegare la nostra identità Rom": è il problema
che è stato sollevato da Jon
Ion Dumitru di Roma e da
Fiore Manzo, Rom di
Cosenza."L'essere rom è ancora visto come una malattia, che fa allontanare".
"C'è urgenza di uscire fuori da questa situazione di violenza e discriminazione
e aiutare i più piccoli", ha detto Marco Bevilacqua, trentenne Rom di Reggio
Calabria. "E' necessario lottare per uscire dai campi nomadi, contrastare
l'assistenzialismo, e promuovere il riconoscimento etnico linguistico", ha
detto. "Mostrare che il problema è culturale non sociale. Far capire ai giovani
che fuori dai quei campi c'è la vita". Per questo "punto fondamentale è la
scolarizzazione, perché i Rom possano in futuro occupare posizioni importanti
nel mondo del lavoro. Altrimenti restano ricattabili".
"Anche se non c'è la luce in casa, nei campi si ha Facebook e così i ragazzi
possono essere contatto con coetanei rom in Francia e Germania", ha sottolineato
Vanessa Cirillo della Fondazione Romanì, "questo è un elemento nuovo, da
considerare quando elaboriamo progetti e strategie".
A conclusione del convegno sono stati letti alcuni punti su cui le associazioni
dovranno lavorare in futuro:
1. il superamento della vittimizzazione e del fatalismo persecutorio;
2. il recupero della cultura Rom;
3. l'emancipazione femminile;
4. il riconoscimento dei Rom come minoranza linguistica;
5. la responsabilizzazione, e parlare del tema della legalità, "altrimenti lo fa
solo l'estremismo di destra". (lj)