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Rassegna stampa
Di Fabrizio (del 11/09/2013 @ 09:02:46, in media, visitato 1368 volte)



La Fondazione romanì Italia ringrazia tutti i partecipanti al II congresso delle comunità romanès e delle associazioni a Silvi Marina il 7 ed 8 Settembre 2013.
Gli atti del II congresso delle comunità romanès e delle associazioni saranno prodotti con la realizzazione di un numero speciale della rivista ROMA cultural magazine che sarà disponibile presumibilmente entro la metà di Ottobre 2013.

07 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Il riconoscimento della minoranza linguistica rom; il passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva; la necessità di una politica per la cultura romanì: sono stati i temi al centro della prima Giornata delle comunità romanè che si tiene oggi e domani a Silvi Marina, in provincia di Teramo. Un centinaio i partecipanti, in rappresentanza di associazioni rom e non rom, assieme a un delegato dell'Unar e a docenti dell'Università di Bologna.
Trovare soluzioni concrete per il miglioramento delle condizioni della popolazione romanes, "senza attribuire responsabilità ad altri" e senza "rifugiarsi in un pericoloso fatalismo persecutorio": è l'obiettivo del congresso secondo quanto affermato da Nazareno Guarnieri, presidente della Fondazione romanì che ha promosso l'iniziativa.
Guarnieri ha aperto l'evento affermando che "questo non vuole essere l'ennesimo congresso per denunciare le responsabilità di altri e continuare a progettare strategie che si sono rivelate fallimentari".
L'importanza del riconoscimento. Guarnieri ha poi affrontato il tema del riconoscimento della minoranza linguistica rom, che è stato richiesto da alcune proposte di legge negli ultimi anni: "tutti la vogliono la nessuno la porta avanti", ha detto, sottolineando che sarà un tema fondamentale in futuro perché "presupposto essenziale per qualsiasi politica culturale e di inclusione".

La mediazione, un fallimento. "Negli ultimi anni sono stati formati 1400 mediatori rom, ovvero 1400 disoccupati", ha poi aggiunto Guarnieri parlando di un "fallimento della mediazione rom in Italia".
Per il presidente della Fondazione romanì, è necessario "passare dalla mediazione alla partecipazione attiva, dalla multiculturalità all'interculturalità". "Non può esserci mediazione a vita", ha aggiunto, ricordando il caso di un assessore di Mantova che dopo 20 anni di mediazione non ha rinnovato la convezione per la mediazione culturale.
Non solo folklore, "basta assistenzialismo". "Una politica per la cultura romanì è oggi inesistente - ha aggiunto -. A livello di società civile c'è tanto folklore, ma la cultura romanì non è solo cucina, musica e abbigliamento. E' un insieme di valori che formano un'identità culturale. L'evoluzione della cultura romanì è urgente e indispensabile per evitare la distruzione della nostra identità. In particolare lo sviluppo della mentalità assistenziale sta distruggendo la popolazione romanì".

In due video 2 rom, uno kosovaro e l'altro italiano, hanno raccontato i loro percorsi di integrazione attraverso l'istruzione. A tal proposito Alain Goussot, in un intervento, ha evidenziato la necessità che la società italiana si apra all'alterità, diventi più inclusiva e accogliente, in particolare attraverso la scuola.

SILVI (Te) - Non esiste un registro ufficiale delle associazioni romanés, ma sono le 68 realtà che hanno risposto alla chiamata dell'Unar per partecipare ai tavoli tematici di discussione nell'ambito della strategia nazionale di inclusione d Rom, Sinti e Caminanti, approvata dal governo nel 2012. Di queste, solo 16 sono composte esclusivamente da romanès. 12 hanno respiro nazionale e 56 solo locale.
Sono i dati forniti da Giampietro Losapio, presidente del Consorzio Nova, nell'ambito del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a Silvi Marina in Provincia di Teramo. Losapio ha però sottolineato "l'incoerenza tra quanto accade nei piani ufficiali e nella realtà", affermando che "secondo l'Unar non esiste associazionismo Rom da Roma in giù", dato smentito dalle diverse realtà attive sul tema nel meridione.
"Secondo l'Istat c'è un'associazione ogni 185 italiani, mentre per i Rom il rapporto è 1 a 2000", ha detto Losapio, ricordando che la strategia nazionale di inclusione d Rom, Sinti e Caminanti prevede tra gli obiettivi la promozione dell'associazionismo Rom.
Il presidente di Nova ha poi citato il caso della Fondazione Romanì Italia, che da associazione è diventata fondazione puntando su "un vincolo patrimoniale non più solo sociale", sottolineando come "la causa Rom si può legare al fatto di poter drenare risorse".

La mancanza di un sistema decisionale democratico nell'ambito dell'associazionismo Rom è stato poi evidenziato da Losapio che ha affermato come "il mondo Rom ha una tendenza al leaderismo, in cui la guida è affidata soprattutto a uomini", e "manca una modalità di organizzazione democratica comunitaria" costituita da un consiglio e da soci.
Il presidente del consorzio Nova ha poi sottolineato che nell'associazionismo Rom in Italia vige, così come nell'associazionismo italiano in generale, "il principio secondo cui poche grandi organizzazioni possono dire qualcosa", mentre "tante piccole associazioni che lavorano sul territorio hanno scarsa rappresentanza".

"Spesso i Rom sono solo delle comparse all'interno di associazioni non Rom, che in alcuni casi speculano sulla causa romanì", ha detto Baskim Berisa, giovane Rom di origine kosovara, presidente dell'associazione "Rom stanziali del Kosovo in Trentino Onlus".

Berisa ha espresso critiche su progetti portati avanti da associazioni di promozione sociale ("portare la cultura Rom in piazza organizzando eventi flocloristici e musicali non serve per combattere la discriminazione") e sulle attività delle associazioni che si occupano di campi nomadi: "Perché non usare quei soldi non vengono usati per costruire edifici in cui gli stessi rom potrebbero lavorare?? "Basta all'assistenzialismo e al folklorismo", ha concluso Berisa. "E' necessario costruire con progetti seri un futuro soprattutto per noi giovani". "Se in futuro noi Rom avremo le competenze giuste perché non potremo competere con i non Rom? Con l'istruzione si possono aprire delle prospettive molto ampie".

08 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Romanipè 2.0. ovvero partecipazione attiva, soprattutto dei giovani, nelle politiche e nei progetti a favore dei Rom. E' stato il tema al centro del del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a Silvi Marina (Te) con la partecipazione di un centinaio di delegati di associazioni Rom e non Rom che si occupano della causa romanì.
Il tema è stato affrontato in prima persona dai ragazzi formati nell'ambito del progetto "Fuochi attivi" della Fondazione Romanì, che ha l'obiettivo di formare leader Rom consapevoli della propria cultura e in grado di relazionarsi con professionalità con le istituzioni e organizzazioni italiane, per favorire l'emancipazione di un numero sempre maggiore di bambini e giovani delle comunità.

"Per uscire dal circolo vizioso di autodiscriminazione, vittimismo, passivismo e illegalità, siamo costretti a rinnegare la nostra identità Rom": è il problema che è stato sollevato da Jon Ion Dumitru di Roma e da Fiore Manzo, Rom di Cosenza."L'essere rom è ancora visto come una malattia, che fa allontanare". "C'è urgenza di uscire fuori da questa situazione di violenza e discriminazione e aiutare i più piccoli", ha detto Marco Bevilacqua, trentenne Rom di Reggio Calabria. "E' necessario lottare per uscire dai campi nomadi, contrastare l'assistenzialismo, e promuovere il riconoscimento etnico linguistico", ha detto. "Mostrare che il problema è culturale non sociale. Far capire ai giovani che fuori dai quei campi c'è la vita". Per questo "punto fondamentale è la scolarizzazione, perché i Rom possano in futuro occupare posizioni importanti nel mondo del lavoro. Altrimenti restano ricattabili".
"Anche se non c'è la luce in casa, nei campi si ha Facebook e così i ragazzi possono essere contatto con coetanei rom in Francia e Germania", ha sottolineato Vanessa Cirillo della Fondazione Romanì, "questo è un elemento nuovo, da considerare quando elaboriamo progetti e strategie".

A conclusione del convegno sono stati letti alcuni punti su cui le associazioni dovranno lavorare in futuro:
1. il superamento della vittimizzazione e del fatalismo persecutorio;
2. il recupero della cultura Rom;
3. l'emancipazione femminile;
4. il riconoscimento dei Rom come minoranza linguistica;
5. la responsabilizzazione, e parlare del tema della legalità, "altrimenti lo fa solo l'estremismo di destra". (lj)