Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 07/12/2010 @ 13:23:36, in Italia, visitato 1905 volte)
9 dicembre. In occasione del 52°esimo anniversario della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948) il gruppo Amnesty International
di Verona intende organizzare una conferenza sui diritti dei Rom e dei Sinti,
volta a sensibilizzare la popolazione veronese sul tema degli insediamenti
abitativi precari, all'interno della Campagna (((IO PRETENDO DIGNITA'))).
La conferenza "L'altra verità: quello che non vi dicono sui campi nomadi" si
terrà giovedì 9 dicembre alle ore 17.45 nell'aula 2.1 della Facoltà di Lettere e
Filosofia (via S. Francesco, 22 – Verona) dell'Università degli Studi di Verona.
Alla conferenza parteciperanno, in qualità di relatori:
- Prof. Leonardo Piasere, antropologo e professore dell'Università degli Studi
di Verona;
- Dott.ssa Barbara Cei, referente del progetto "per l'integrazione della
Comunità Rom rumena di Verona" per conto della Cooperativa Sociale Azalea
(2009);
- Sig.ra Cerasela Barbu, membro della comunità Rom rumena di Verona;
- Dott. Fernando Vasco Chironda, Coordinatore Campagne dell'Ufficio Campagne e
Ricerca di Amnesty International Sezione Italiana.
Modererà Gabriele Colleoni, giornalista de L'Arena.
Per ulteriori informazioni, contattare le organizzatrici della conferenza:
Albanese Gemma (vice responsabile gruppo Italia 029):
g.albanese@amnesty.it -
340 4683791
Scola Vera (referente Pena di morte, gruppo Italia 029):
v.scola@amnesty.it –
348 7501973
Di Fabrizio (del 08/12/2010 @ 09:05:53, in Italia, visitato 1269 volte)
CorriereFiorentino.it
L'indicazione più efficiente per individuare Quaracchi non è tanto il
navigatore satellitare, quanto gli aerei che, decollando da Peretola, vi passano
sopra. Poi ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei
nomadi e dei senzatetto accanto alla ferrovia
Quaracchi è uno dei borghi, forse il più piccolo, in cui si suddivide la
periferia di Firenze tra Peretola e via Pistoiese. All'assemblea dei Cento
luoghi, pur in concomitanza con quelle di Brozzi e Peretola-Petriolo, a
discutere si sono presentate ben 160 persone. Viene da domandarsi dove siano, di
giorno, perché si notano soprattutto i campi incolti e spelacchiati, le strade
fangose e il loro complicato intreccio. L'indicazione più efficiente per
individuare Quaracchi non è tanto il navigatore satellitare, quanto gli aerei
che, decollando da Peretola, vi passano proprio sopra. Seguendo questo
tracciante, ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei
nomadi e dei senzatetto in via di San Pietro, accanto alla ferrovia. Persino al
confronto dell'Olmatello e di altri insediamenti del genere, il campo di
Quaracchi supera gli ultimi confini dell'igiene e della vivibilità. Non c'è
corrente, non c'è illuminazione, non c'è niente, se non fango e informi
baracche.
Più o meno, ci vivono 100 persone, tutte etichettate, dalla popolazione
circostante come “rom”. Tra di loro, vi è Stefano (così ha italianizzato il suo
nome), che ogni pomeriggio, verso le 16, parte a piedi da lì per andare a
prendere la figlia, che fa la seconda elementare. Un quarto d'ora a piedi. A
detta dei ragazzi del campo di Quaracchi, vanno tutti a scuola alla Manzoni, che
è a Novoli, in realtà, e la indicano appena dall'altra parte della strada. C'è
però da credere ai più adulti, quando raccontano di essere in Italia chi da 5,
chi da 10 anni e di aver lavorato a lungo in nero, per lo più come muratori,
operatori di gru e gommisti. Difficile che il “rom” racconti con precisione come
sia finito a Quaracchi: “finito” viene interpretato come “disperato”, “giunto
alla fine”. Come siete finiti a Quaracchi? «Ora stiamo male, non c'è caldo nelle
baracche». E fuori dal campo? «Non c'è lavoro». Siete qua perché nomadi? «Siamo
qua perché poveri». Vi accusano di rubare, lo sapete? «Noi qua, tutti bravi».
Una versione che non convince gli abitanti della zona di via Pistoiese,
anche se i toni sono tutt'altro che esasperati. «Sicuramente alcuni di loro si
arrangiano in maniera poco trasparente», commenta una mamma, mentre va a
prendere la figlia all'uscita da scuola. Questi discorsi scivolano sulle spalle
di Stefano, mentre tiene per mano sua figlia. Appena la piccola si sgancia dal
padre, si mette a correre in cerchio, assieme a un bimbo cinese, un marocchino e
un italiano. La scuola elementare è l'epicentro delle micro realtà che ruotano
intorno a via Pistoiese e via Pratese. Che si venga da Brozzi, da Le Piagge o da
Quaracchi non conta più. «Si figuri se conta la provenienza dall'Asia o dai
Balcani», aggiunge una maestra, mentre la sua collega, della 2A, parlotta con
Stefano. «Nella mia classe abbiamo due cinesi, due marocchini, due rumeni e la
piccola, che è, se non sbaglio, la prima rom di questa scuola». Di fronte alla
scena, davvero triste, del padre e della figlia che se ne tornano al campo
fangoso, vengono giù molte barriere, ma resta il problema di quel centinaio di
persone.
Con la testardaggine di alcuni operatori sociali, come Marcello Zuinisi,
qualcosa di buono si intravede all'orizzonte. L'idea, paventata nove mesi fa,
quando all'ordine del giorno era lo sgombero dell'ex Osmatex, di far lavorare in
Liguria gli uomini che sono ora a Quaracchi, sta prendendo realtà. La conferma
arriva da Ulderico Fusani, dirigente della Provincia di La Spezia, nel settore
delle Politiche Economiche, Sociali e del Lavoro: «E' più che un'idea da
vagliare, siamo a un punto successivo. Ci stiamo lavorando, e l'ipotesi di dare
questa alternativa a questa gente, potrebbe, sottolineo il potrebbe, realizzarsi
davvero». Agli accampati di Quaracchi, dunque, si profilerebbe la possibilità di
intervenire, in un progetto di inclusione sociale, allo studio anche degli enti
locali toscani, sulle spiagge e le foreste colpite dal maltempo. Dal dragaggio
dei fiumi alla pulizia delle spiagge, sarebbe l'occasione per dimostrare quanto
davvero queste persone hanno il desiderio e la convinzione di riscattarsi.
Marco Bazzichi
06 dicembre 2010
Di Fabrizio (del 08/12/2010 @ 09:34:24, in media, visitato 1893 volte)
Segnalazione di Vojislav Stojanovic
Notizie di Prato
Dichiarazioni anti rom, imbarazzo nel centrodestra: Lombardi convocata dai
probiviri del Pdl. Solo la Lega la difende a spada tratta
Il Pdl prova a correre ai ripari sul caso creatosi attorno alle dichiarazioni
anti-rom e convoca per domani Clarissa Lombardi (leggi
QUI ndr) per valutare eventuali provvedimenti da prendere. Lo annuncia
il vice-coordinatore vicario del Popolo della Libertà, Filippo Bernocchi:
"Incontrerò Lombardi per decidere il da farsi, al momento però mi sembrano
quasi incredibili le dichiarazioni riportate". Anche Riccardo Mazzoni,
coordinatore provinciale del Pdl prende le distanze: "La xenofobia è un male che
va estirpato dalla nostra società – commenta in una nota –. Frasi xenofobe come
quelle scritte su Facebook da un nostro consigliere di circoscrizione non
appartengono dunque né alla nostra storia politica né alla nostra cultura e
costituiscono un gravissimo danno all’immagine del partito". A deliberare su
Clarissa Lombardi saranno direttamente i probiviri nazionali. Nel frattempo il
centrodestra si divide facendo affiorare l’esistenza di due anime quasi
inconciliabili circa il comportamento da tenere nei confronti dei rom con
pulsioni xenofobe pronte ad essere sprigionate. La Lega Nord così nella versione
del suo segretario comunale Leonardo Soldi sta dalla parte della consigliera di
circoscrizione. "Capisco perfettamente la sua rabbia – afferma –. Noto che la
questione dei rom non è ormai sentita solo dalla Lega, ma anche dagli elementi
meno moderati del Pdl. In un periodo di crisi certe agevolazioni, che i comuni
sono obbligati a concedere ai rom stridono ancora maggiormente rispetto al
passato. Mi riferisco in particolar modo alla situazione dei campi nomadi. Non
avendo per nulla una cultura della pulizia e del vivere civile, come invece
abbiamo noi, se ne fregano di rispettare certi standard. Oggettivamente Lombardi
ha sbagliato in un solo punto, si è dimenticata di includere nelle sue
dichiarazioni un riferimento ai sinti". Decisamente di carattere opposto le
dichiarazioni del capogruppo in consiglio comunale di Futuro e Libertà, Federico
Lorusso che ne approfitta per riaprire un contenzioso politico con il Pdl. "Mazzoni
ci ha appellati come inutili idioti, bene adesso dovrebbe guardare in casa
propria gli idioti che ha. Questa gente dovrebbe dimettersi immediatamente senza
attendere un minuto di più. Chi è nelle istituzioni ha il dovere di pensare
prima di parlare, questo purtroppo non sta avvenendo da troppo tempo all’interno
del partito di Mazzoni". Il suo collega di partito, Maurizio Bernocchi
consigliere della circoscrizione sud allarga il campo della stigmatizzazione:
"Sono rimasto delusissimo da Bonny Marras (che su Facebook ha parlato di rom
come "razzaccia che sa solo rubare", ndr). Voglio prendere le distanze dalle sue
parole da queste parole e mi meraviglio che una consigliera eletta possa fare
delle dichiarazioni simili. Questa non è politica, ma solo razzismo. Brava, ha
messo in difficoltà la maggioranza". Dalla circoscrizione Est, istituzione dove
è eletta la protagonista delle esternazioni contro i rom, trapela un fortissimo
imbarazzo. Il presidente Alessandro Ciardi si è preso 24 ore di tempo per
riflettere prima di rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione. L’unico disposto
a parlare è Andrea Bonacchi, presidente della commissione lavori pubblici della
Est, che prova a minimizzare. "Le dichiarazioni di Clarissa Lombardi – dice -non
sono un comunicato ufficiale, ma semplicemente delle iperboli. Premesso questo
il problema rom non si risolve né cacciandoli né con la compassione: le
baraccopoli sono un problema sociale e d’integrazione". Su quest’ultimo versante
si inserisce la considerazione del capogruppo in consiglio comunale dell’Udc,
Antonio Longo. "Si fanno queste sparate a caso per fomentare odio, ma nel
frattempo si lavora. Abbiamo già trovato degli accordi con gli assessori Silli e
Mondanelli per la sistemazione dei rom già spostati da Santa Lucia in viale
Marconi. Le dichiarazioni di Lombardi pertanto appaiono prive di logica e di
senso esattamente come capitato a Padova".
Carlandrea Adam Poli
Segnalo sull'argomento:
La Risposta di Rom alla Consigliera Pdl Clarissa Lombardi:
I Rom si occuperanno del risanamento dell'ambiente nelle Province di La
Spezia e Massa Carrara
Per la Consigliera del Pdl Clarissa Lombardi i Rom sono "zingari,
ladri, bastardi da rimandare a casa" a lei i Rom "fanno vomitare".
Queste le pesantissime parole usate dalla Consigliera Pdl Lombardi.
Opera Nomadi Toscana e tutta la comunità Rom esprime la sua forte denuncia per
le gravissime affermazioni di stampo apertamente Razzista e Xenofobo usate da un
rappresentante delle Istituzioni pratesi.
Non sono le prime affermazioni di questo tenore usate da rappresentanti del Pdl
e della Lega Nord.
Il 9 settembre a Monza, la Lega Nord ha presentato un ordine del giorno alla
Provincia di Monza e della Brianza: "Espulsione dei Rom dalla Provincia di Monza
e dalla Brianza"
Opera Nomadi Toscana ha già denunciato nella riunione tenutasi il 16 Novembre a
Roma, c/o la Commissione Straordinaria dei Diritti Umani – Senato della
Repubblica presieduta dal Presidente Pietro Marcenaro , dal rappresentante
dell'Osce Andrej Mirga e dalla Consulente per la Coesione Sociale – Presidenza
della Repubblica Giovanna Zinconi la campagna di Discriminazione Razziale che il
Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Ministro degli Interni Roberto
Maroni, il Pdl e la Lega Nord stanno conducendo da mesi contro il Popolo Rom.
La denuncia è stata da tempo inoltrata alla Commissione diritti umani –
Consiglio d'Europa a Strasburgo (Miss. Viviane Reding) ed all'Osservatorio sulle
discriminazioni Razziali della Camera Presieduto dal Presidente On. Gianfranco
Fini
Lo stesso Andrei Mirga, nel corso del suo intervento sottolineava che la
Politica del confinamento dei Rom all'interno dei Campi Nomadi, veri e propri
campi di esclusione e segregazione razziale e
Prassi unicamente italiana. L'Advisor/Senior dell'Osce ha affermato inoltre che
in nessun altro paese Europeo esistono i Campi Nomadi, anche se le
discriminazioni sono presenti in tutti i paesi con gradi ed accezioni diverse.
La risposta concreta che Opera Nomadi Toscana e le comunità Rom danno a
questa campagna apertamente razzista e xenofoba e la volontà di occuparsi della
ricostruzione del paese.
Nella zona delle Province di La Spezia e Massa Carrara, in una zona fortemente
segnata da dissesti idro-geologici i Rom andranno a lavorare, attraverso la
costruzione di auto-imprese nella cura del territorio: dragaggio del fiume
Magra, sistemazione degli argini, cura del Patrimonio boschivo, ripulitura delle
spiagge.
E' quanto afferma Ulderico Fusani, dirigente della Provincia di La
Spezia, nel settore delle Politiche Economiche, Sociali e del Lavoro: «E' più
che un'idea da vagliare, siamo a un punto successivo. Ci stiamo lavorando, e
l'ipotesi di dare questa alternativa a questa gente, potrebbe, sottolineo il
potrebbe, realizzarsi davvero» (fonte: Corriere della Sera – Fiorentino
06.12.2010) nell'intervista che Marco Bezzecchi ha realizzato nell'ambito di una
inchiesta giornalistica condotta sul Campo Rom di Quaracchi.
Di fronte ad un paese, che sta letteralmente crollando a pezzi, tra esondazioni,
allagamenti, frane
La volontà dei Rom e quella di lavorare e trovare una occasione di "Riscatto
Sociale" dopo le guerre e l'esclusione di cui sono sempre stati vittime.
La volontà dei Rom è quella di essere protagonisti di un possibile
rinascimento per iniziare una nuova fase della vita di questo paese. Politiche
sociali improntate all'inclusione sociale per tutti: case, scuole e lavoro
premesse indispensabili per la vita di una vera democrazia.
Le affermazioni della Consigliera Lombardi saranno oggetto di una denuncia che
Opera Nomadi Toscana promuoverà c/o l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali – Presidenza del Consiglio dei Ministri (Unar).
Nel chiedere le immediate dimissioni della Consigliera Lombardi, invitiamo tutti
i cittadini a partecipare alla Manifestazione dell'11 Dicembre a Roma.
Opera Nomadi Toscana e le comunità Rom aderiscono alla Manifestazione promossa
dal Pd chiamando le associazioni, i sindacati, i partiti, i singoli cittadini ad
unirsi alla Nazione Rom
Nella lotta contro il Porrajmos (la Shoa dei Rom) che non è ancora, ad oggi
terminato ed alla difesa della vita umana, del Rispetto e della Convivenza
Pacifica tra tutti i cittadini della Repubblica Italiana. La lotta contro il
Razziamo e per una Società dell'Inclusione Sociale è premessa della lotta per
l'Affermazione della Legalità e sconfitta di Mafie, Camorre ed Illegalità.
Opera Nomadi Toscana
Marcello Zuinisi
Presidente Opera Nomadi Toscana
Via XXV Aprile 61, Ameglia (Sp)
Tel 320 9489950 – 328 1962409
Di Fabrizio (del 09/12/2010 @ 09:22:35, in Europa, visitato 1251 volte)
Da
Romanian_Roma (i link sono in inglese)
Blog Amnesty USA
Questo post è parte della nostra serie
Write for Rights
03/12/2010 - Circa
100 bambini, donne e uomini, sgomberati a forza dalle loro case sei anni fa
dal governo rumeno, continuano a vivere in condizioni sporche e disumane.
Senza nessun altro posto dove andare, sono stipati in piccole e sovraffollate
baracche di metallo, proprio accanto ad un grande impianto di depurazione. Un
cartello fuori dall'impianto ammonisce "pericolo tossico", ma le autorità
hanno mancato di avvertire e le famiglie rom stanno soffrendo.
Le
famiglie rom vengono dalla città rumena di Miercurea Ciuc, e nonostante il
fatto che le autorità hanno detto loro che lo spostamento fosse solo temporaneo,
sono passati sei anni e ancora non ci sono piani per rilocarli. Le rimanenti 75
persone vivono con soltanto 4 servizi igienici, 1 rubinetto per l'acqua e
baracche che non forniscono protezione dagli elementi [naturali], cosa che da
serie preoccupazioni per la stagione invernale, con temperature che scendono a
-25 °C (-13 °F). Inoltre, le famiglie vivono nel raggio di 300 metri dai rifiuti
tossici, cosa proibita dalla legge rumena. Molti Rom hanno espresso
preoccupazione per la loro salute e quella delle loro famiglie, segnalando un
odore terribile che aleggia costantemente nell'aria.
E' stato violato il diritto internazionale quando i Rom sono stati
sfrattati a forza sei anni fa: alle famiglie non è stata data l'opportunità
di ricorrere contro la decisione dello sgombero, e non venne data loro
opportunità di impegnarsi nel processo decisionale. Nessuna notificazione
scritta, che specificasse la data dello sgombero, venne data in tempo utile agli
interessati, nonostante la legge rumena lo richiedesse. Inoltre, le condizioni
attuali di vita non soddisfano il diritto umano ad un alloggio adeguato.
Sfortunatamente, questo caso non è l'unico in Romania: i Rom sono stati
frequentemente vittime di discriminazioni in tutta Europa, soffrono di alloggio,
istruzione, sanità, acqua e servizi igienici inadeguati. Il Decennio
dell'Inclusione Rom, avviato nel 2005 da otto paesi europei col sostegno
internazionale, ha messo in luce le disperate condizioni dei Rom [...] in tutta
Europa. Tristemente, a metà strada dell'iniziativa, rimane ancora molto da fare
per assicurare diritti umani adeguati alla popolazione rom. Potete
aiutare a fare
la differenza partecipando al
Global Write-a-Thon
di quest'anno, ed inviando lettere alle autorità rumene, chiedendo che siano
prese azioni per aiutare queste famiglie rom.
Jodi Rafkin, Romania Country
Specialist, ed Elizabeth Stitt, Campagna per individui a rischio, hanno
contribuito a questo post.
Giovedì 16 dicembre ore 21.00
circolo Arci Ubik - via Deledda 21, Pessano con Bornago (MI)
Un incontro sui diritti del popolo rom e sinti, presentato da Arci Ubik e
Amnesty International.
Interverranno:
- Dijana Pavlovic, attrice, mediatrice culturale e attivista politica
romni. Dopo la laurea in Arti drammatiche a Belgrado, si trasferisce a Milano
dove lavora per il teatro, il cinema e la TV. Dal 2009 è vice presidente della
Federazione Rom e Sinti Insieme.
- Fabrizio Casavola, attivo da molti anni nella difesa dei diritti dei
rom milanesi, ha fondato il blog Mahalla, sinti e rom da tutto il mondo.
Cura la rassegna cinematografica Ho incontrato zingari felici al circolo
Arci di Turro (via Rovetta 14; prossimo appuntamento, lunedì 20 dicembre con
Train de Vie di R. Mihaileanu).
Per info:
● Amnesty Vimercate (gr108@amnesty.it - www.amnestygr108.org)
● Arci Ubik ( info@arciubik.it - www.arciubik.it)
Di Fabrizio (del 10/12/2010 @ 09:32:32, in Italia, visitato 1472 volte)
Segnalazione di Alessandro Morazzini
RomaToday di Redazione - 22/11/2010
Dure e preoccupate le parole degli abitanti del "villaggio attrezzato" di
Via Di Salone. Mancanza di spazi, paure e timori per i bambini. Convivenze
difficili, criminalità e invivibili situazioni igienico-sanitarie
Gran parte della ricerca del dossier/ricerca "Esclusi e ammassati",
condotto dall'associazione "21Luglio", riguardo l'attuale grave
situazione nella riversa il
"villaggio attrezzato" per rom di Via di Salone, si è basato anche sulle
numerose interviste rilasciate dagli stessi abitanti del campo.
La parola d'ordine è "invivibile". Questo è quello che sicuramente è
emerso da tutte le dichiarazioni raccolte. La situazione è stata spesso definita
"disastrosa da tutti i punti di vista": sovraffollamento, assenza di norme di
sicurezza, il dilagare di malattie "da ghetto", criminalità, droga, alcool e
prostituzione.
I pericoli più preoccupanti, sono quelli che riguardano i bambini, per i quali i
genitori fanno davvero fatica a intravvedere un futuro dignitoso: "Io
voglio una vita diversa per i miei figli, senza rubare e senza chiedere
l'elemosina. Io sono venuta in questo campo per loro, perché era il più vicino
alla loro scuola". Le lamentele e le denunce degli "ospiti" del campo, sono
pesanti e numerose e c'è addirittura chi paragona questa situazione ai campi
di concentramento: "Qui è come un campo di concentramento, non c'è il
tatuaggio, ma c'è il tesserino per entrare e per uscire. Io mi chiedo se
questo campo è a norma. La legge permette di fare stare in questo modo tutta
questa gente in uno spazio del genere? Bisogna fare queste cose secondo la
legge. Io dico di aiutarci ad avere documenti regolari, e quindi un lavoro e la
scuola per i bambini, poi per la casa ci penso io, la voglio poter pagare io".
Grandi disagi provocano anche le continue rotture delle fogne e le dimensioni
estremamente esigue delle case-container: "Questa casa non è fatta per
essere abitata per tanto tempo. I container sono troppo piccoli, non c'è lo
spazio vitale". "Nel container non c'è spazio per tutti. È come abitare sempre
fuori. Poi sono caldi in estate e freddi in inverno. I miei figli non stanno mai
a casa: o vengono in giro con me oppure a scuola, a casa non c'è spazio per
giocare e studiare". "Non c'è spazio dentro al container. Con 10 bambini qui
come faccio?".
"Qui c'è un problema con le fogne. Si bloccano e qui si sente sempre
puzza. Sono sempre rotte. Non si può stare così!" "Si otturano e non possiamo
stare vicino e poi così possono portare anche le malattie! Noi dobbiamo ogni
volta sbloccare le fogne che si otturano".
Le parole degli abitanti del campo di via Di Salone, sono le parole di
persone deluse, arrabbiate, stanche. Stanche di una situazione che sta mettendo
a dura prova anche la pazienza di chi abita questa zona. La presenza infatti, di
comunità ed etnie diverse, ha portato gravi problemi di convivenza. Risse, liti,
criminalità: "Aumentano sempre di più le persone e diminuisce lo spazio. Siamo
come in un lager, tutti appiccicati e quindi si litiga di più. Qui dentro ci
sono tante razze: montenegrini, bosniaci, rumeni; tutte le razze. Questo è un
problema perché non siamo mai andati d'accordo con loro. Non siamo cresciuti con
loro, non li conosciamo, non conosciamo il loro carattere. Poi si picchiano,
fanno di tutto". "Al campo c'è troppa musica, sempre e troppo alta. Le
persone litigano sempre e fanno risse violente. È pericoloso e mio figlio
che sta male non può vedere quelle scene, piange e urla."
Hanno paura gli abitanti del campo di via Di Salone. Non ce la fanno più a
vivere così. Vorrebbero essere aiutati, ma soprattutto, vorrebbero poter avere i
documenti in regola, ottenere la cittadinanza e poter avere una casa in cui
crescere i propri figli. Lavorare, avere i soldi per pagarla e potersene quindi
andare da qui.
Di Fabrizio (del 10/12/2010 @ 09:37:11, in lavoro, visitato 1684 volte)
Da
Roma_Benelux
Standartnews.com
05/12/2010 - Riporta RIA Novosti, che il governo della provincia belga delle
Fiandre ha adottato un piano ed una strategia per l'integrazione sociale e
professionale dei Rom provenienti in Belgio dalla Bulgaria e dalla Romania. Ai
Rom verrà dato accesso a settori del mercato del lavoro soggetti a carenza di
manodopera. Sinora questo accesso era negato ai cittadini della Bulgaria e della
Romania, anche se i due paesi sono membri UE dal 2007.
"Il messaggio che vorremmo inviare è che i Rom dalla Bulgaria e dalla Romania
che arrivano qui devono essere pronti a lavorare," ha commentato Geert Bourgeois,
ministro fiammingo all'integrazione civica.
di Alberto Maria Melis
Mirko Levak Nato nel 1928, di etnia rom di origine italo-slava. La carovana
della sua gente viene fermata dai nazifascisti in Friuli, tutti vengono
rinchiusi in carcere a Trieste, quindi, dopo una sosta a Bolzano, deportati ad
Auschwitz. Mirko Levak, che all'epoca dell'arresto ha solo quindici anni, è tra
i pochi sopravvissuti di quell'arresto.
[...] Una vecchia intervista a Mirko Levak, tratta dal sito web dell'Anpi, ma
con una premessa. Rispetto all'originale, che è una trascrizione letterale del
parlato registrato per il video dell'Opera Nomadi, in molti punti di difficile
comprensione per le difficoltà che Mirko Levak incontrava nell'esprimersi in un
italiano corretto, questa che segue è stata adeguata e resa più comprensibile a
chi legge (la versione originale è scaricabile
QUI).
"Dunque, il nostro comune era Postumia di Grotte, provincia di Trieste. Quando i
tedeschi sono venuti a Postumia, e hanno occupato tutto il Carso, il mio povero
nonno, che conosceva i tedeschi, perché era stato in guerra dal '15 al '18, (per
questo conosceva la razza tedesca e austriaca), diceva: "Meglio che ce ne
andiamo di qua!".
Erano in tanti che scappavano da Postumia ma anche dalla Croazia. A Postumia
erano giunti in tanti, dalla Croazia, da tutta l'Istria, erano tutti rom, tutti
zingari. E allora mio nonno e i miei parenti hanno preso i carretti, hanno
attaccato i cavalli, e stavamo venendo verso l'Italia quando a un certo punto,
tra Portogruaro e Latisana, ci fermiamo vicino a una strada e vengono i
tedeschi, che hanno capito subito che eravamo zingari e ci hanno fatto una
specie di rastrellamento.
Non si muoveva nessuno, io ero ragazzino, ci domandarono dove andavamo.
"Giriamo il mondo" disse mio nonno, "gli zingari girano il mondo per vivere".
Allora ci hanno ci hanno presi tutti: cugini di mio padre, altri familiari, me,
due tre bambini, ci hanno
preso e ci hanno caricato sulle macchine o su un camion – non mi ricordo più
precisamente – e ci hanno sequestrato.
Certe donne invece, la mia mamma, certi familiari, mio nonno che era vecchio, li
hanno lasciati andare.
A noi ci hanno caricato e ci hanno portato, credo, verso Trieste. Là c'erano dei
treni, con quelle carrozze su cui ci si caricano i cavalli, le bestie, e ci
hanno messi tutti lì e ci hanno portato credo – credo – verso l'Austria, dove
siamo stati per un mese, pressappoco, e di là ci hanno caricati di nuovo e ci
hanno portati in Germania.
I tedeschi parlavano la loro lingua. Finché eravamo di qua, in Austria, ancora
c'erano italiani, c'erano fascisti e un po' si capiva, ma là…
Insomma dall'Austria ci hanno portato direttamente ad Auschwitz e ci hanno messo
in baracche... una specie di baracche, e lì ci domandavamo "cosa ci faranno?".
Tanti piangevano e io piangevo, chiedevo della mia mamma. C'erano altri parenti
(...) … C'erano ebrei e altri e anche loro ci davano coraggio.
Ci portavano a lavorare i campi, ma chi sapeva lavorare i campi? Si cavavano le
patate con le unghie. Lì siamo stati parecchio, un giorno qua un giorno là, dai
contadini, poi ci hanno rinchiuso proprio nelle baracche. C'era qualcuno che
cercava di scappare. (............................) Insomma, per dirvelo
francamente, quel che ho visto in quei campi non lo auguro neanche alle bestie.
Mi ricordo un giorno, si lavorava, si spostavano delle cose, un amico cadde
vicino a me e io mi avvicinai per sollevarlo, venne un tedesco e mi diede un
calcio.
"Non devi aiutare quell'uomo".
"Perché poverino?"
"No!" e di nuovo un calcio e una botta sulla testa.
Questo qua piangeva poverino e il tedesco "Ssst, sennò vi ammazzo"
"E ammazzateci, tanto ormai!".
Lì sono diventato come uno scheletro, ho dimenticato anche come parlare, non già
la lingua, ho dimenticato tutto. Non si poteva ricordare più niente (di ciò che
era stata prima la nostra vita) per tutto quello che si vedeva in questo
benedetto campo.
Troppo disastro!
Ho visto il cugino del mio povero padre, l'hanno buttato in un forno, e io
piangevo, e mi battevo le mani, e gli altri mi davano gli schiaffi e mi dicevano
"perché piangi?". "È mio parente…" e ancora schiaffi.
"Arbeit, Arbeit!" "Arbeit?", dicevo io. "Lavorare!".
Ma cosa facevo nel campo? Niente. Perché oltre a portare qualche
morto da qualche parte o seppellire (qualche cadavere)… Era difficile anche
seppellire.
Una volta, con un camion (...), ci hanno portato in mezzo ai campi. Li scavammo
una fossa grande e i morti li buttammo dentro, senza una coperta, senza niente
(nudi). Lì c'erano anche i miei parenti. A loro (ai tedeschi) non interessava.
Pestavano sopra. Pestavano, non gli faceva nessuna pietà. Ordinavano di fare la
fossa, li prendevano e li mettevano in fila indiana, e cercavano di ucciderne
tre, quattro, con una pallottola sola. E c'era uno che non sapeva fare niente...
Così un nazista - avevano le bombe con il manico, che me le ricordo sempre – con
quella (una bomba) gli ha dato una botta in testa che è rimasto secco. Gli
veniva quasi il cervello fuori. Mamma mia! Il sangue veniva fuori come … hai
visto quando ammazzano un bue, come il sangue scorre?
A Jasenovac, ce n'erano che erano venuti dalla Jugoslavia: erano fascisti e
ustascia e dicevano che facevano i …
Jasenovac si chiamava questo paese e c'erano là anche zingari, ebrei, ce n'erano
tanti in Jugoslavia di zingari e rom … e allora loro gli mettevano un chiodo
sulla zucca e (poi) poggiavano la testa di questo poverino e ( poi) con una
mazza (...)... e li prendevano come cani e li buttavano nel fosso, nelle fosse
comuni. Ho sentito di quelle cose che nessuno crede!
Quando (oggi?) vado a Auschwitz, (...) (e) a Jasenovac, dove c'erano tutti i
prigionieri rom, (e) pochi erano ebrei...(...) ogni volta (...) sento ancora un
rumore che è roba dell'altro mondo.
(Alcuni nuovi arrivati ad Auschwitz) mi [rac]contarono che venivano da Jasenovac
(...) e dicevano "ancora, ancora, qua… ma devi vedere là cosa c'è!". Ormai ci
eravamo conosciuti, eravamo rom, parlavamo la stessa
lingua "Ma tu Mirko devi vedere là cosa c'è!". Preghiamo … (...) "però vedrai
che faremo la stessa fine di quelli di Jasenovac!"
C'era chi si ribellava per tutto questo che ci facevano. Quel che succederà
succederà, dicevano. Tanti – e ce n'erano più anziani di me – dicevano "ormai
tanto, così o così, ci ammazzano lo stesso. Proviamo a ribellarci". E chi
pensava a ribellarsi – perché (i tedeschi) sapevano chi era colpevole, perché
c'erano sempre delle spie di mezzo – e veniva preso e lo buttavano nel forno.
Pane non ne facevano dentro (il forno). Era solo per i cristiani! Peggio delle
bestie erano (...) lì. E sapevamo (tutto quello che succedeva) , perché c'era il
forno, e si vedeva.
Hanno preso il cugino del mio povero padre, per una parola detta, (...) non
(...) ricordo la parola, (o) cosa ha fatto: non ha obbedito… L'hanno preso per i
capelli e l'hanno tirato vicino a quel fuoco e l'hanno buttato (dentro). Vivo!
Non ucciso. Vivo! Finché li buttavano, poverini, dopo averli fucilati, dopo
averli ammazzati… ma vivi li buttavano! Quello che mi ha fatto impressione e che
mi torna sempre in mente (ero ragazzino, ma mi ricordo) era quando li tiravano
fuori (i morti, dalle baracche?), sui carrettini e li buttavano
nelle fosse comuni. Quello sì mi ricordo bene. E quante volte ho tirato io quel
carrettino. Era pesante, bisognava avere un cuore forte, e bisognava farlo,
sennò ti spettava… spettava anche a noi finire così.
Ecco perché alle volte (...) i rom e gli ebrei si ribellavano, perché li si
obbligava a partecipare a quel massacro, noi altri stessi, ai nostri parenti.
Guarda, a me è toccato portare un mio parente, poverino, (e) buttarlo dentro
(una fossa) e (...).
Poi, tra compagni, si parlava dei parenti: "Ma guarda cosa ci tocca fare?".
Per due o tre volte è successo, che scoppiasse la ribellione, ma chi lo faceva
lo pagava salato.
Ho visto un giorno a uno, povero!, a una donna e un uomo, marito e moglie, mi
ricordo sempre, era brava gente, si vedeva… Si carezzavano. Era incinta, questa
donna, e le hanno sparato in pancia e l' hanno tagliata con il mitra, così, in
pancia. Una roba… che vedevi sto sangue; suo marito l'abbracciava (e) pam! E
dopo, sopra di lei con le baionette, con quelle cose lì li hanno massacrati.
Insomma, mi sento indignato a (ricordare) queste cose, non vorrei mai
(ricordare) queste cose.
"Adunata" dicevano, e dovevi essere presente. Contavano a uno a uno. Io credo
che facessero finta di contare. Con tanti come eravamo, come facevano a contare
col dito, così. (...) (........)
Poi ci buttavano (addosso) la soda caustica.
La facevano bollire e ce la buttavano sui vestiti, quelli tedeschi, quelli con
le righe. Per ammazzare i pidocchi.
1942, '43, '44, fino al '45. Due anni e mezzo sono stato là. Avevo sui 14 anni,
neanche. Te lo giuro se mi ricordo più! (...) Avevo sui 14 anni. Avevo anche
qualche pregio: avevo un sorriso. Ridevo sempre, ma c'erano tanti che non ce la
facevano, diventavano come stecchi, si vedevano le ossa, si vedevano le ossa
fuori dalla pelle.
Dopo che i tedeschi si ritirarono, restammo liberi. Siamo usciti fuori (dal
campo) da soli. Però tutti come stecchi. Come stecchi siamo usciti!
Adesso mi sento ancora… (....) ... mi sento "angosciato" a parlar di queste cose di cui non dovrei parlare. Mi dispiace, però, io
(per) quello che vedevo, ero diventato sciocco. (...) Ho sempre dentro
l'orecchio questo rumore qua benedetto. Mi sento sempre quel rumore dentro, che
è un rumore... una roba dell'altro mondo. Non voglio neanche più parlare
perché mi sento "angosciato". È un trauma.
(Dopo essere stato liberato) Sono andato a Postumia… non c'era più niente. (...)
Credevo che anche (tutti gli altri) fossero stati portati in altri campi. Perché
non c'era solo Sacvitz, c'erano tanti campi, c'erano altri campi. Poi cammino,
cammino, e sento la gente parlare, "di dove sei?", "dove non sei?", "sono di
qua"; "guarda che c'è della gente, degli zingari, a Casale sul Sile, in una
scuola, sono sfollati".
No, (cioé) li chiamavano "montenegrini", quella volta, "montenegrini" li
chiamavano.
Mah!, e vado in piazza, là a Casale sul Sile, alla scuola,e vedo una ragazzina e
mi dico "ma quella deve essere una rom, una zingara".
Io (allora) non sapevo nemmeno più parlare, mi tornava quel rumore negli
orecchi, tutti queibombardamenti, tutti quei mitra, tutte quelle cose. La vedo e le dico:"Tu chi
sei?", "E tu chi sei?" e
io: "Sei una zingara? Sei una rom?", mi risponde "Sì, sì". "Tu conosci (mio)
nonno?". "Sì, conosco sì". (…) "È qui". Sospirone.
Vedendomi mio nonno (…) mi ha abbracciato: "Ma sei tu caro? Ma sei tu caro
nipote?". Insomma coi denti, coi denti mi mangiava. Viene fuori mio padre, viene
fuori mia madre… Madonna santa!... Tu vedevi la gente lì, quando mi hanno visto
insieme: piangeva tutto il paese.
Insieme a me erano venuti altri due o tre di rom, da là (dalla Germania), quegli
altri non han trovato (la loro) famiglia (…). Quelli senz'altro li avevano
portati negli altri campi, li avevano sterminati.
(Come) i cugini del mio povero padre, tanti parenti…i miei bisnonni. Tutti. Li
hanno deportati perché erano sotto a Zagreb (Zagabria), era lì che abitavano,
tutti li hanno portati ad Auschwitz. Tutti li hanno
massacrati un po' a Sacvitz, un po' a Auschwitz.
Insomma gli zingari, io non so ancora, non ho capito perché ci odiavano 'sti
tedeschi così tanto? Perché ci odiavano tanto i tedeschi?
Ma gli zingari, cosa facevano? Perché non erano buoni a lavorareo perché si
chiamavano zingari?
Io ancora ho da capire perché uccidevano gli zingari.
Come oggi, perché non è ben visto, lo zingaro? È una persona come tutti gli
altri. Se tagli mio dito e il tuo che sangue viene fuori? Sempre rosso! E io non
perderei mai il mio carattere. Io sì, ho una
vita (diversa), come posso dire… (…) Ma, se io potessi firmare, firmerei per
essere ancora zingaro, come ero: Rom.
È triste ricordarsi tutto.
Di Fabrizio (del 11/12/2010 @ 09:42:35, in Italia, visitato 1671 volte)
Intervista ad Elisabetta Sardi – Ass. L.h.a.s.a.
A cura dell'Ambasciata dei Diritti/Falconara
L'Ambasciata dei Diritti - Falconara realizza un'intervista ad Elisabetta
Sardi, volontaria dell'ass. L.H.A.S.A. (associazione che si occupa della
questione Rom), che partecipa, insieme a molte altre, al coordinamento di
associazione cittadine "Falconara in rete", sorto lo scorso anno per contrastare
le politiche securitarie ed intolleranti messe in atto dall'Amministrazione Brandoni (PdL – UdC) nei confronti di varie questione legate ai disagi sociali e
della marginalità.
Elisabetta, cerchiamo insieme di delineare un quadro sull'attuale situazione
cittadina. A partire dalla questione di cui ti occupi.
Proviamo a gettare le prime linee di questo discorso e comprendere che, quando
si parla di campo nomadi a Falconara Marittima, si parla di un luogo peculiare e
dalle caratteristiche che lo differenziano dalla "tipica" struttura
stigmatizzata dai mass-media. Ora che il dibattito sulle popolazioni nomadi si
fa più intenso e dopo le azioni spettacolari del sindaco di Roma Alemanno, le
politiche spietate della Francia condannate dall'Unione Europea stanno mettendo
in pratica deportazioni e sgomberi etnici. Partendo da questo quadro, chi abita
il "campo Rom" a Falconara? Parlaci della storia del campo.
Il campo nomadi di Falconara nasce nel 1999 come luogo di transito/sosta dei Rom
già residenti in città in quanto figli di Rom già stanziali da alcuni anni, che
avendo famiglie numerose non hanno avuto la possibilità di acquistare case per i
propri figli. Non avendo, questi ultimi, altre possibilità giravano per la città
con roulotte o caravan e si stanziavano allo stadio, nei pressi dell'aeroporto,
a Fiumesino ed, infine, vicino alla piscina comunale (zona industriale). Su
pressione dell'associazione L.H.A.S.A. e del portavoce delle famiglie Rom (negli
anni 1997/98) è stato richiesto all'allora Sindaco di approntare un'area per
migliorare le condizioni di vita di queste giovani coppie, anche con figli, che
erano già cittadini di Falconara. I Rom falconaresi hanno fatto il loro ingresso
nella nuova area nel settembre del 1999, ma la loro presenza era già radicata
nel tessuto urbano della città poiché erano tutti già residenti presso le
abitazioni dei loro genitori.
A questo punto le giovani coppie si stanziarono nel campo, ottennero alcuni dei
prefabbricati, altre delle roulotte, il tutto con un contratto di locazione
stipulato con il Comune (3 prefabbricati e tre roulotte per un totale di sei
famiglie). Le famiglie nel corso degli anni si sono succedute, senza mai
superare la soglia di 6/7 nuclei familiari composti da marito, moglie e due,
massimo tre figli per coppia. Tutte le coppie, anche quelle che nel corso degli
anni si sono succedute, erano Rom già residenti in città. Nel corso degli anni
alcune famiglie hanno avuto la possibilità di acquistare una casa, altre hanno
avuto case d'emergenza abitativa comunali o ERAP (Ente Regionale per
l'Abitazione Pubblica della Provincia di Ancona) ed hanno lasciato il campo ed
il posto ad altre giovani coppie cittadine. Tuttavia i Rom si sono adattati,
loro malgrado. Diverse coppie hanno trovato altre soluzioni individualmente,
altre hanno lottato per avere una casa d'emergenza, altre hanno aspettato per
anni l'assegnazione di una casa ERAP. Nel frattempo i loro figli sono cresciuti
ed hanno frequentato le scuole cittadine.
Le Amministrazioni comunali non si sono mai occupate molto del campo, che nel
corso degli anni è stato abbandonato al degrado, con i relativi problemi
d'igiene e sanità. A oggi nel campo vi sono tre nuclei familiari, ma le coppie
non sono più composte di soli Rom, sono coppie miste (lei Rom e lui no e
viceversa). Una di queste ha figli e nel campo non avrebbe mai abitato, ma la
loro casa, prefabbricata e di loro proprietà, posta su un terreno sottostante un
ponte in zona Stadio (periferia) con il consenso del Comune, fu abbattuta
all'alba del 24 novembre 2009, senza preavviso. Questa famiglia si è trovata
senza tetto dal mattino alla sera con due figli, uno di due anni e uno di pochi
mesi. Hanno trovato riparo nel campo in un prefabbricato assegnato ad una
parente che l'aveva liberato dopo aver acquistato una casa.
Per via dei bambini molto piccoli la famiglia ha fatto richiesta di nuova
residenza dentro il campo, ma è stata loro negata. Subito dopo sono cominciate
le minacce d'immediato sgombero del campo. Dopo gli sgomberi forzati dei Rom
rumeni in Francia, i giornali locali hanno scritto articoli su un'immediata
chiusura del campo Rom di Falconara, apparsi due o tre giorni di seguito e con
titoli accattivanti, dove si paragonava il Sindaco Brandoni (PdL) a Sarkozy (!).
I cittadini falconaresi hanno immediatamente associato i loro concittadini Rom
ai Rom di provenienza rumena. In realtà, ripeto, nell'area vivono solo cittadini
di Falconara e, al cinquanta per cento, non di etnia rom, per un totale di tre
coppie ed una sola con figli (due).
Considerati, alla luce di questa fotografia generale della storia del campo, gli
sviluppi personali e collettivi di chi vi ha abitato e di chi vi abita, pare di
comprendere che le vicende europee abbiano in qualche modo influenzato, o per lo
meno accelerato, ciò che era in programma da anni nell'ente locale. Le politiche
comunali hanno sempre voluto rispondere ad un'opinione pubblica che,
condizionata dalla rappresentazione mediatica dell'etnia Rom, ha sempre chiesto
l'esclusione – o peggio, la cacciata – dal "proprio territorio" dei nomadi.
Tuttavia, nella realtà che emerge dalle tue parole, il problema sembra essere un
altro, perché comprende non solo i cittadini Rom, ma anche i non-Rom, che pur
non appartenendo a quell'etnia, da "autoctoni", s'imbattono nella questione "campo" e in definitiva nella più generale questione abitativa.
Emblematica in questo senso è la demolizione del prefabbricato di via Stadio:
sbandierata dalla stessa amministrazione comunale come una realizzazione degli
obiettivi definiti nel programma elettorale, include in sé una serie di
problematiche che andrebbero analizzate partendo, più che da un presupposto
etnico, da una volontà diffusa di emarginare i più deboli. A tuo avviso è
corretta una simile interpretazione?
Sì, e no. Mi spiego.
In questo caso, è vero, l'etnia non è il problema, se così fosse sarebbe
comunque grave.
Il problema è che i nostri politici vogliono rispondere, copiosamente,
all'opinione pubblica che chiede "la cacciata dal proprio territorio" dei "nomadi", di coloro che tutti chiamano zingari.
I nostri amministratori non hanno le idee chiare su chi siano i Rom, non sanno a
quale gruppo etnico appartengono ed identificano con la parola "zingaro" tutto
quello che ci può essere di negativo e becero nella loro rappresentazione
superficiale della realtà. Il problema è generale, l'opinione pubblica
identifica con la parola "zingaro", o Rom, un essere pericoloso e da evitare.
I nostri attuali amministratori hanno fatto tutta la campagna elettorale
parlando di sicurezza e di come questa sia messa in pericolo da extracomunitari
e Rom. Tra le altre cose hanno promesso di cacciare i Rom dal territorio,
chiudendo il "campo degli zingari" (come se tutti i Rom di Falconara vivessero
in tal luogo e clandestinamente: per giunta, loro sono falconaresi, residenti da
anni e molti vivono in abitazioni private). È dall'inizio dell'Amministrazione Brandoni (PdL) che promettono, da un mese all'altro, di chiudere l'area di
transito/sosta, ma la cosa ha presentato ostacoli complessi quali, appunto, la
residenza a Falconara degli stessi abitanti, la mancanza di altre soluzioni
abitative, le pressioni delle associazioni; insomma, per una serie di
circostanze non gli è stato facile attuare una chiusura dell'area in tempi
brevi.
Allora, dovendo dare un "contentino" agli elettori, è capitata a tiro la casetta
prefabbricata della famiglia che ho citato. Questa "casa", ubicata sotto un
ponte (in via dello Stadio, zona industriale), aveva, ripeto, un numero civico
ed un permesso temporaneo del Comune per stare in quel luogo. Nessuno ha mai
chiesto al proprietario del prefabbricato di trasferirsi dal terreno.
Una mattina sono arrivati, presto, con le ruspe ed hanno dato per scontato che
non fosse abitata. Nel frattempo sono arrivati i proprietari ed i parenti che
non hanno potuto visionare alcuna ordinanza di sgombero o abbattimento, lo
stabile è stato abbattuto, i loro beni personali portati in un luogo sconosciuto
e comunicato solo in seguito alle richieste di un Consigliere comunale
d'opposizione.
Il nostro malcapitato non è Rom, il suo prefabbricato non era un accampamento,
ma è servito ugualmente per farne due manifesti enormi, ai due ingressi
cittadini, Nord e Sud, riproducenti le foto dello "sgombero" e la seguente
dicitura: «Una città civile difende il proprio decoro. Le regole sono regole per
tutti». I manifesti recavano la seguente firma nell'angolo di destra: "Coordinamento Comunale di Falconara M.ma". In un grande tondo:
"Il Popolo della
Libertà BRANDONI SINDACO". Per quel Natale (i manifesti sono stati affissi verso
la fine di novembre e per circa 15 giorni) il Sindaco ha regalato ai suoi
elettori una cornucopia grondante sicurezza.
Detto ciò, però, non attribuirei ai nostri amministratori un compiuto disegno di
emarginazione e neutralizzazione dei più deboli, come in un disegno "politico";
sarebbe un piano quasi intelligente, se pur diabolico.
Come interpeti allora una gestione così intollerante e violenta di un problema,
che come ci hai fatto capire, non ha rilevanza sociale (e che più che altro è un
disagio sociale del quale la famiglia in questione è vittima, non artefice)?
La questione è più semplice di quanto sembri: loro dicono «dobbiamo accontentare
il "volgo" che ci ha votati e, in mancanza di una vera comunità di zingari
contro cui accanirsi, come a Roma o Milano, facciamo finta di aver un problema
anche noi e di affrontarlo con il "braccio di ferro"». Non hanno proprio la
fantasia per fare un progetto politico, nemmeno di annientamento. Per annientare
qualcuno bisogna conoscerlo, ma loro non conoscono, non sanno. Sono ignoranti!
Progetto semplice o complesso, nei confronti di tutto quello che sta accadendo a
Falconara, ora come ora possiamo per lo meno dire che le stanno sperimentando
tutte. Da ultimo, la proposta del coordinatore cittadino PdL Astolfi, che
vorrebbe «recinzioni elettrificate e militari pronti a sparare a vista» come
condicio sine qua non all'eventuale futura installazione di un C.I.E nel
territorio comunale. Nonostante non conoscano, i comportamenti e le azioni di
questo "centro-destra" falconarese si concretizza sempre in metodi violenti e
repressivi, che siano migranti, Rom o "falconaresi".
La rappresentazione mediatica della realtà che riesce ad ottenere attraverso
l'ideologia securitaria nazionale, un piccolo Comune la utilizza – per
governare, a prescindere dalla grandezza del fenomeno sottostante. Possiamo dire
che, se di eliminazione non si può parlare, siamo allora di fronte ad uno
sfruttamento della miseria per garantirsi potere?
Certo. Vogliono accontentare quella parte di elettorato che li vuole così:
aggressivi, violenti. Sono i rappresentanti, degni, di chi è razzista. Usiamola
pure questa parola: razzismo. Diciamo che la ragione, la cultura dovrebbe
mitigare questo sentimento irragionevole, tribale. Tuttavia oggi abbiamo una
classe politica, a Falconara, in Italia, in Europa che soffia sulla brace calda
del razzismo. Così risulta che se c'è "la crisi" è colpa dello straniero che
porta via il lavoro o che lavora sottopagato, talvolta ridotto in schiavitù.
Risulta una buona soluzione mandare via gli stranieri o impedire il loro
ingresso in Italia, piuttosto che stabilire nuove regole di lavoro e,
soprattutto crearne. Le case popolari sono poche (in Italia non si fa più
edilizia popolare come negli anni passati, a Falconara meno che mai) e coloro
che hanno bisogno di una casa si arrabbiano con gli stranieri che, a loro dire
hanno sempre la precedenza e così succede con i contributi sociali.
Ecco allora che viene fuori la questione inaudita dei "Falconaresi doc". E' la
solita politica "populista" che fomenta gli scontri, piuttosto che costruire una
società solidale. Il nostro Governo umilia i più deboli, li rende minuscoli e
appare sempre più forte e più grande. L'informazione, spesso, è faziosa:
ingigantisce alcune realtà, sminuendone altre. Resta difficile, per molti, farsi
un'opinione libera, non indotta dai mezzi di comunicazione. Tutto questo giova
alla nostra attuale classe politica.
Dobbiamo stare attenti agli indottrinamenti, alle trappole che ci tolgono la
libertà di pensare. Dobbiamo avere il coraggio di pensare e farlo in grande. Nel
"nostro" sogno di un altro mondo possibile, non c'è posto per ruspe, "recinzioni
elettrificate" e "militari che sparano a vista".
[martedì 7 dicembre 2010]
Di Fabrizio (del 12/12/2010 @ 09:40:46, in blog, visitato 1593 volte)
Incontriamoci in Second Life
Chiara di notte
Domenica prossima, avverto, non saro' a Budapest alla stazione di Keleti ad
attendere qualcuno che non arrivera', pero' chi sentira' il desiderio
d'incontrarmi, seppur nella mia forma “digitalizzata”, potra' farlo lo stesso
entrando semplicemente in Second Life, ed insieme a me potra' incontrare anche
altri commentatori-protagonisti di questo blog: Kameo, Serena, Marco, Flyingboy
ed altri ancora.
Clicca sull'immagine per leggere il numero di EsseElle
Saremo infatti tutti quanti presenti alla grande festa tzigana che, proprio in
questi giorni, stiamo organizzando ed allestendo con danze e musiche gitane
all'interno di una scenografia ricreata appositamente, e che si svolgera' in
occasione dell'uscita del numero natalizio di EsseElle Movie Magazine, la
rivista dedicata ai mondi virtuali alla quale collaboro ormai da molto tempo che
come tema avra' questo mese proprio gli Zingari. Qualcosa che mi riguarda
personalmente e che, e' inutile dirlo, non avrei potuto fare a meno di darne
notizia, anche perche' mi pare sia questa la prima volta che, in Second Life,
questo argomento viene affrontato con una certa profondita', sebbene con tutti i
limiti che una pubblicazione di tal genere possa avere.
Comunque, non so se chi mi segue in questo blog sara' interessato o avra' un
briciolo di curiosita' – io spero di si' –, ma potrebbe essere questa un'ottima
occasione per iniziare a conoscersi un po' meglio. A volte le personalita' che
emergono attraverso i commenti, possono mostrarsi falsate proprio dalla
staticita' dei commenti stessi, dal voler fare a tutti i costi bella figura, dal
voler avere sempre ragione, mentre potrebbero risultare completamente
differenti, piu' umane e meno edulcorate, in una chat o in un incontro piu'
ravvicinato in cui la dialettica fosse piu' diretta e meno rigida.
Per questo motivo ci terrei moltissimo a conoscere coloro i quali non avessero
problemi a “mostrarsi”. Dopotutto, Second Life, anche se a prima vista puo'
apparir complicata, non e' diversa di una qualsiasi chat con animazioni, ma e'
questo in ogni caso il primo passo da fare per conoscermi un po' di piu' e per
scoprire esattamente come io sia ben peggiore dal “vivo” – se di vivo si puo'
parlare – di quanto mi mostri nel blog. Per cui, sono certa che se adesso vi
sono minimamente un po' antipatica, vi assicuro che dopo mi detesterete del
tutto. Come detesterete, presumo, anche gli altri amici ed amiche che mi hanno
seguita nella realizzazione di questo numero veramente speciale di EsseElle
Movie Magazine e che, se vorrete, potrete incontrare a partire dalle ore 23:00
di domenica 12 Dicembre alla festa tzigana in Second Life:
http://maps.secondlife.com/secondlife//115/202/26
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