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L'indicazione più efficiente per individuare Quaracchi non è tanto il
navigatore satellitare, quanto gli aerei che, decollando da Peretola, vi passano
sopra. Poi ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei
nomadi e dei senzatetto accanto alla ferrovia
Quaracchi è uno dei borghi, forse il più piccolo, in cui si suddivide la
periferia di Firenze tra Peretola e via Pistoiese. All'assemblea dei Cento
luoghi, pur in concomitanza con quelle di Brozzi e Peretola-Petriolo, a
discutere si sono presentate ben 160 persone. Viene da domandarsi dove siano, di
giorno, perché si notano soprattutto i campi incolti e spelacchiati, le strade
fangose e il loro complicato intreccio. L'indicazione più efficiente per
individuare Quaracchi non è tanto il navigatore satellitare, quanto gli aerei
che, decollando da Peretola, vi passano proprio sopra. Seguendo questo
tracciante, ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei
nomadi e dei senzatetto in via di San Pietro, accanto alla ferrovia. Persino al
confronto dell'Olmatello e di altri insediamenti del genere, il campo di
Quaracchi supera gli ultimi confini dell'igiene e della vivibilità. Non c'è
corrente, non c'è illuminazione, non c'è niente, se non fango e informi
baracche.
Più o meno, ci vivono 100 persone, tutte etichettate, dalla popolazione
circostante come “rom”. Tra di loro, vi è Stefano (così ha italianizzato il suo
nome), che ogni pomeriggio, verso le 16, parte a piedi da lì per andare a
prendere la figlia, che fa la seconda elementare. Un quarto d'ora a piedi. A
detta dei ragazzi del campo di Quaracchi, vanno tutti a scuola alla Manzoni, che
è a Novoli, in realtà, e la indicano appena dall'altra parte della strada. C'è
però da credere ai più adulti, quando raccontano di essere in Italia chi da 5,
chi da 10 anni e di aver lavorato a lungo in nero, per lo più come muratori,
operatori di gru e gommisti. Difficile che il “rom” racconti con precisione come
sia finito a Quaracchi: “finito” viene interpretato come “disperato”, “giunto
alla fine”. Come siete finiti a Quaracchi? «Ora stiamo male, non c'è caldo nelle
baracche». E fuori dal campo? «Non c'è lavoro». Siete qua perché nomadi? «Siamo
qua perché poveri». Vi accusano di rubare, lo sapete? «Noi qua, tutti bravi».
Una versione che non convince gli abitanti della zona di via Pistoiese,
anche se i toni sono tutt'altro che esasperati. «Sicuramente alcuni di loro si
arrangiano in maniera poco trasparente», commenta una mamma, mentre va a
prendere la figlia all'uscita da scuola. Questi discorsi scivolano sulle spalle
di Stefano, mentre tiene per mano sua figlia. Appena la piccola si sgancia dal
padre, si mette a correre in cerchio, assieme a un bimbo cinese, un marocchino e
un italiano. La scuola elementare è l'epicentro delle micro realtà che ruotano
intorno a via Pistoiese e via Pratese. Che si venga da Brozzi, da Le Piagge o da
Quaracchi non conta più. «Si figuri se conta la provenienza dall'Asia o dai
Balcani», aggiunge una maestra, mentre la sua collega, della 2A, parlotta con
Stefano. «Nella mia classe abbiamo due cinesi, due marocchini, due rumeni e la
piccola, che è, se non sbaglio, la prima rom di questa scuola». Di fronte alla
scena, davvero triste, del padre e della figlia che se ne tornano al campo
fangoso, vengono giù molte barriere, ma resta il problema di quel centinaio di
persone.
Con la testardaggine di alcuni operatori sociali, come Marcello Zuinisi,
qualcosa di buono si intravede all'orizzonte. L'idea, paventata nove mesi fa,
quando all'ordine del giorno era lo sgombero dell'ex Osmatex, di far lavorare in
Liguria gli uomini che sono ora a Quaracchi, sta prendendo realtà. La conferma
arriva da Ulderico Fusani, dirigente della Provincia di La Spezia, nel settore
delle Politiche Economiche, Sociali e del Lavoro: «E' più che un'idea da
vagliare, siamo a un punto successivo. Ci stiamo lavorando, e l'ipotesi di dare
questa alternativa a questa gente, potrebbe, sottolineo il potrebbe, realizzarsi
davvero». Agli accampati di Quaracchi, dunque, si profilerebbe la possibilità di
intervenire, in un progetto di inclusione sociale, allo studio anche degli enti
locali toscani, sulle spiagge e le foreste colpite dal maltempo. Dal dragaggio
dei fiumi alla pulizia delle spiagge, sarebbe l'occasione per dimostrare quanto
davvero queste persone hanno il desiderio e la convinzione di riscattarsi.
Marco Bazzichi
06 dicembre 2010