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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/02/2008 @ 09:12:02, in Europa, visitato 2286 volte)

Da Roma_Francais

Una bambina d'origine rom di sei anni si è fidanzata a Ramnicelu (est della Romania) con un adolescente di 17 anni, in occasione di una cerimonia sorvegliata da vicino dalla polizia, la notizia è di venerdì comunicata dal sindaco.

"E' stata organizzata una festa al focolare culturale, in seguito i due minori sono rientrati ciascuno a casa loro", ha dichiarato il vice-sindaco del villaggio, Ion Alecu. Secondo lui, i genitori dei due bambini si sono impegnati per iscritto dinanzi alla polizia ed un assistente sociale a vegliare a ciò che i due minori non vivono insieme e non abbiano rapporti sessuali fino a che la ragazza, Marghioala, celebrerà il suo 15° compleanno.

"Continueremo a sorvegliarli da vicino", ha aggiunto. Prima, assistenti sociali della direzione locale per la protezione dell'infanzia (DGASPC) si erano recati sul posto per tentare di convincere le due famiglie a rinunciare al loro progetto di fidanzare i bambini, ma invano.

"I nostri mezzi d'intervento in casi simili sono limitati", in ragione in particolare della reticenz della Comunità rom del villaggio, forte di circa 1.200 famiglie, a rinunciare a questa tradizione, hanno spiegato all'AFP il portavoce della DGASPC, Carolica Dinu.

fonte AFP

 
Di Fabrizio (del 24/02/2008 @ 08:51:45, in Europa, visitato 2839 volte)

segnalazione di Tommaso Vitale

Kosovo, una piccola storia di vittime dimenticate
di Flavio Fusi

Questa è una piccola storia di vittime dimenticate. L’abbiamo raccontata, più di un anno fa, insieme a Massimo Campili e Boban, per il settimanale del TG3 “Agenda del mondo”. Lo scenario è quella terra di nessuno di colline brulle e avvelenate che sta intorno a Mitrovica: la piccola Berlino del Kosovo, disputata tra serbi e albanesi. La “grande storia” non si occupa della sorte degli ultimi, dei reietti, dei sommersi. Oggi, la bandiera del Kossovo indipendente sventola da Pristina a Mitrovica, e le cancellerie occidentali si congratulano con i vincitori, che molto hanno sofferto, ma che molte sofferenze hanno inflitto. Nessuno è innocente, nell’ esplosione delle frontiere, e nella nascita delle “piccole patrie etniche” che marchia a fuoco il nuovo secolo. Questa, infine, è una storia di “pulizia etnica”. Chi si è indignato giustamente per la “pulizia etnica” consumata dai serbi di Milosevic, dovrebbe volgere lo sguardo a queste colline, e indignarsi, e chiedere conto anche della sofferenza dei bambini di Cesmin Lug , Kablare e Zitkovac.

continua

 
Di Fabrizio (del 28/02/2008 @ 09:21:44, in Europa, visitato 2624 volte)

Gli aborigeni australiani hanno recentemente ricevuto le scuse del governo di Canberra per le discriminazioni del passato. Una vicenda che ricorda quella degli Jenisch, il popolo nomade della Svizzera.

Originari soprattutto dall'Europa dell'Est, gli Jenisch sono stati riconosciuti quale minoranza nazionale dopo il periodo buio del secolo scorso. Il passaporto elvetico non garantisce però loro pieni diritti.

La comunità aborigena ha dovuto attendere il momento per oltre 50 anni. Il 13 febbraio, il premier australiano si è presentato in parlamento scusandosi per «le leggi e le politiche dei passati governi, che hanno inflitto profondo dolore e sofferenze» alla popolazione indigena.

Kevin Rudd ha chiesto scusa alle famiglie coinvolte nella vicenda della generazione rubata ("Stolen generation"), in riferimento alle decine di migliaia di bambini di sangue misto che sono stati sottratti ai genitori per essere cresciuti in istituti statali o affidati a famiglie bianche.

Una pagina triste della storia australiana, quella della prima metà del XX secolo, che ricorda - con le dovute proporzioni - la vicenda degli zingari in Svizzera. Anche loro discriminati in quanto minoranza. Anche loro vittime di un "furto generazionale". E anche loro riabilitati dalle scuse delle autorità.

Sradicare il nomadismo
Le vicissitudini dei nomadi della Svizzera (soprattutto Jenisch, ma anche Sinti e Rom) hanno inizio già nell'Ottocento. Considerati un problema sociale e di polizia, sono oggetto di persecuzioni ed espulsioni.

Il loro girovagare senza meta non piace alle autorità, che attorno al 1850 decidono di naturalizzarli assieme ai cosiddetti senza patria nei cantoni dove soggiornano: un lavoro regolare e un domicilio fisso dovrebbero rappresentare la soluzione al problema del vagabondaggio.

Non sarà così e qualche decennio più tardi la Confederazione è tra i primi stati a introdurre limitazioni della libertà di spostamento degli zingari a livello legislativo. Decisa a combattere ogni forma di marginalità, non rinuncia nemmeno a ricorrere a misure coercitive per sottomettere i cittadini che non riflettono gli ideali di ordine dell'epoca.

Offre così il suo sostegno all'opera di assistenza "Bambini della strada". Un programma nato sotto buoni auspici (integrare i piccoli girovaghi in famiglie svizzere "normali" e garantire un'adeguata scolarizzazione), i cui sviluppi saranno tuttavia disastrosi.

Bambini rubati
A partire dal 1926, l'opera istituita dalla fondazione Pro Juventute inizia a togliere sistematicamente i figli Jenisch ai loro genitori, cancellando perlopiù ogni traccia della loro identità e origine.

«L'intenzione originaria di sistemare i bambini in famiglie d'accoglienza non è stata realizzata», rileva uno speciale studio sui nomadi svizzeri del Fondo nazionale (PNR 51) pubblicato nel 2007. «Solo poco più del 50% è stato affidato ad una famiglia».

Molti bambini si ritrovano in cliniche psichiatriche o in prigione, dove nel nome della lotta al nomadismo subiscono maltrattamenti e abusi. Lo scandalo viene alla luce nel 1973 grazie ad un settimanale svizzero tedesco (Der schweizerische Beobachter): Pro Juventute è costretta a sospendere l'opera.

Ci vorranno 15 anni prima che le autorità federali facciano il mea culpa. Nel 1987, attraverso le parole dell'allora presidente Alphons Egli, la Confederazione porge le sue scuse riconoscendo la propria responsabilità morale e politica.

Aprire gli archivi
Gli autori del programma di ricerca PNR 51 "Integrazione ed esclusione" confermano che i casi accertati di bambini sottratti ai genitori sono 586. I cantoni più interessati sono i Grigioni, il Ticino, San Gallo e Svitto.

I dati non sono tuttavia completi e le stime parlano di circa 2'000 bambini. Oltre a Pro Juventute (che ha aperto i suoi archivi), furono infatti attivi anche altri enti assistenziali, come l'associazione cattolica Seraphisches Liebeswerk, la quale ha negato ai ricercatori l'acceso agli incartamenti.

Invano finora l'appello dell'ex consigliera federale Ruth Dreifuss, che ha invitato il Parlamento a «prendere la stessa decisione adottata per far luce sui conti bancari degli ebrei durante la Seconda guerre mondiale, ovvero imporre la salvaguardia e l'apertura dei documenti rilevanti per gli Jenisch».

Stessi doveri, diversi diritti
Nell'attesa di una totale chiarezza, i circa 35mila Jenisch della Svizzera continuano a lottare per il proprio diritto di esistere in quanto minoranza nazionale.

«Il maggior problema è rappresentato dalle aree di soggiorno e di transito», dice a swissinfo Daniel Huber, vicepresidente dell'Organizzazione mantello degli Jenisch in Svizzera. «Bisognerebbe metterne a disposizione di più, ad esempio in cantoni di frontiera come il Ticino e Basilea, attrezzandole con le infrastrutture adeguate».

Paradossalmente, nell'era della globalizzazione e della libera circolazione delle persone, la vita da nomade si è fatta più complicata. «Sulle strade c'è sempre più gente e le zone di sosta continuano a diminuire», osserva Huber.

Con la riforma Esercito XXI, il Dipartimento della difesa metterà in vendita diversi terreni. Spazi che secondo Huber potrebbero venir trasformati per accogliere i girovaghi.

Fino ad allora, gli Jenisch continueranno a coltivare un certo senso di frustrazione. «Siamo qui fin dalla nascita della Confederazione nel 1291, siamo naturalizzati e paghiamo le imposte . Ma se non abbiamo la possibilità di praticare il nomadismo, come facciamo a mantenere viva la nostra cultura?», s'interroga Huber.

«Abbiamo gli stessi doveri di tutti gli svizzeri, ma non i medesimi diritti», conclude.

swissinfo, Luigi Jorio

 
Di Fabrizio (del 04/03/2008 @ 09:03:01, in Europa, visitato 2125 volte)

E' uscito l'aggiornamento di febbraio 2008 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
 
Di Fabrizio (del 06/03/2008 @ 09:19:36, in Europa, visitato 2485 volte)

Per il ministro rumeno degli affari esteri, Adrian Cioroianu, il problema dei Rom riguarda anche l'Europa

D.S. Miéville - mercoledì 5 marzo 2008

Adrian Cioroianu, ministro rumeno, era martedì di passaggio a Ginevra. Ha precisato in questa intervista a Le Temps la posizione del sue paese a proposito della libera circolazione delle persone e del problema dei Rom.

Le Temps: La Svizzera ha la tendenza di aver paura dell'idraulico rumeno, così come l'Europa ha avuto paura dell'idraulico polacco.

Adrian Cioroianu: Ho avuto l'occasione di parlarne con Madame Calmy-Rey e ho compreso la posizione dei vostri cittadini. E' una forma d'ansietà normale da parte di gente che ha paura di perdere il proprio impiego. Sono sicuro che tra qualche anno, la stessa situazione esisterà in Romania ed in Bulgaria, perché i nostri concittadini avranno paura della concorrenza dei lavoratori della Moldavia o dell'Ucraina.

La Svizzera ha incontrato qualche problema con i Rom rumeni. Come vedete la soluzione?

Dobbiamo ammettere che abbiamo un problema particolare, quello dei Rom. La Svizzera non è uno dei loro principali paesi di destinazione. Abbiamo avuto problemi più importanti in Italia e Spagna. Senza voler dare l'impressione di sottrarci ad una responsabilità che ci appartiene, pensiamo che il problema dei Rom sia un problema europeo, che deve trovare una soluzione europea. Sono cittadini rumeni, ma nel contempo cittadini europei. Alla dogana, non si possono fare distinzioni tra i cittadini europei secondo l'etnia o la religione. Devono avere tutti i diritti dei cittadini rumeni, che ormai sono cittadini europei. La loro integrazione necessita di programmi a scala europea, in complemento dei programmi nazionali.

Il vostro paese ha veramente fatto tutto quello che era in suo potere per integrare la minoranza rom?

Esistono diversi programmi nazionali, abbiamo una strategia nazionale. Il problema, è che si tratta di una minoranza discriminata per decenni. Sotto il comunismo, la minoranza rom non esisteva, non era riconosciuta nelle statistiche. Lo stato rumeno ha confuso l'integrazione con la sedentarizzazione, che non  è la stessa cosa. Il dovere di tutti i governi è di offrire lavoro "a casa". Noi siamo, in Romania, in una situazione un po' paradossale, perché beneficiamo dei programmi e dei fondi europei e manchiamo di mano d'opera. Ma bisogna essere coscienti che si tratta di una comunità che ha una cultura del viaggio, del nomadismo, e non sempre apprezza la sedentarietà. E' anche una questione d'educazione, e ogni programma deve contenere una importante dimensione educativa.

 
Di Fabrizio (del 08/03/2008 @ 09:35:42, in Europa, visitato 2126 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Mentre in Italia per le elezioni politiche ed amministrative le minoranze Rom sono ignorate sia dai programmi elettorali, sia dalle liste dei candidati, dall’Europa arriva una denuncia molto chiara.

Non si può avere una strategia europea per i rom efficace senza che i rom stessi siano nella sua definizione, nell’implementazione e nella valutazione dei risultati. Finora, a livello comunitario, i rom sono infatti rimasti esclusi dal processo politico che riguarda le loro sorti.

Della strategia europea sui rom si è discusso ieri all’Europarlamento a Bruxelles in un meeting organizzato dal gruppo dei socialisti (Pse) che ha visto la partecipazione di Ong e del commissario agli Affari sociali Vladimir Špidla.

In base a una risoluzione del Pe del 31 gennaio scorso, la Commissione europea è stata invitata a definire una strategia comunitaria per affrontare i numerosi problemi di inclusione che riguardano i 9 milioni di rom europei, la minoranza etnica più numerosa del continente.

Come ha fatto notare Andre Wilkens di Open Society, i problemi nati in Italia in seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani hanno contribuito a riaprire il dibattito a livello europeo, portando la questione fino ai massimi vertici del Consiglio dei capi di Stato e governo.

Ma pur essendo tra le priorità principali dell’Ue in materia di diritti umani, la questione rom non viene trattata in modo appropriato.

Innanzitutto, come anticipato in apertura di articolo, i rom sono esclusi dal processo decisionale comunitario che li riguarda. Valeriu Nicolae, direttore della Ong European Roma Grassroots Organisation, ha ricordato come “tra le migliaia di dipendenti della Commissione Ue non vi sia nemmeno un rom”. Peggio, nessun rom partecipa al Gruppo interservizi sui rom: si tratta di un tavolo di discussione e coordinamento tra i vari servizi dell’esecutivo europeo: “è come se un gruppo di lavoro sugli italiani fosse composto solo da tedeschi e francesi”.

Neppure un rom nemmeno all’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra).

Inoltre Nicolae ha criticato il fatto che una mancanza di strategia da parte della Commissione porti a spendere poco efficacemente gli ingenti fondi stanziati (circa 300 milioni). Ma Nicolae ha criticato anche le Ong, che non sono state in grado di ascoltarsi reciprocamente e di agire in una prospettiva più allargata di quella nazionale.

Una strategia funzionante, nell’opinione di Ivan Ivanov dell’European Roma Information Office (Erio), deve basarsi sui piani di azione esistenti, come quello della Decade Rom, o dell’Osce. Deve poi seguire una logica di coordinamento tra i livelli comunitario, nazionale e locale, essere inclusiva, condivisa e avere obiettivi di lungo termine, essere coordinata dalla Commissione, grazie alle proprie capacità amministrative, essere multisettoriale e coprire i settori fondamentali di esclusione, ovvero educazione, occupazione e sanità.

Ieri è anche stata lanciata pubblicamente una coalizione di otto Ong (European Roma Policy Coalition), costituita da Amnesty International, European Network Against Racism (Enar), European Roma Grassroots Organisation (Ergo), European Roma Information Office (Erio), European Roma Rights Centre (Errc), Minority Rights Group International (Mrgi), Open Society Institute e Spolu International Foundation.

 
Di Fabrizio (del 11/03/2008 @ 20:39:22, in Europa, visitato 2472 volte)

Da Helsingin Sanomat

"L'istruzione per i Rom è la chiave di tutto", ha detto Andrezej Mirga, Consigliere Anziano per le Tematiche Rom dell'Organizzazione della Sicurezza e Cooperazione in Europa, giovedì durante una visita ad Helsinki.

Mirga è in Finlandia per conoscere la situazione dei Rom in Finlandia, come pure quella dei Rom che vi sono arrivati da diversi paesi dell'Est Europa.

Spera di imparare dall'esperienza della politica finlandese e di passare queste esperienze in altri paesi.

Mirga, lui stesso un Rom polacco, dice che è importante andare alle radici del problema. Per esempio, in Romania e Bulgaria, i Rom soffrono di discriminazione e mancanza di istruzione, ha detto Mirga.

"L'Unione Europea dovrebbe investire in opportunità educazionali dove vivono i Rom. Occorrono soldi, ma si ripagheranno da soli quando i Rom avranno lavoro e pagheranno le tasse", dice Mirga.

"L'istruzione dovrebbe estendersi ai Rom già nel livello prescolare, perché i bambini Rom sono già dietro al resto della popolazione quando arrivano a scuola."

Mirga ha visitato la regione della Transilvania in Romania, da cui arrivano i Rom che si vedono mendicare nelle strade di Helsinki. Descrive le loro condizioni di vita nell'area di Cluj Napoca come "sotto gli standards".

Mirga osserva che operatori di differenti paesi hanno tentato di affrontare il problema della povertà tra i Rom europei spingendolo lontano dalla vista.

D'altra parte, questo non funziona. "Se spingiamo il problema fuori, quello rispunta da un'altra parte."

Puntualizza che l'Europa ha tra i propri principi il libero movimento, che significa che come cittadini UE, i Rom non possono essere legati ad un posto contro il loro volere.

Nei prossimi giorni Mirga e Nina Suomalainen, consigliera dell'Ombudsman per le Minoranze dell'OCSE, esamineranno la situazione dei Rom che sono arrivati in Finlandia da altre parti dell'Unione Europea.

Incontreranno anche qualcuno dei mendicanti che sono arrivati ad Helsinki.

All'inizio della settimana, una discussione non ufficiale tra vari ministri si è tenuta presso il Ministero degli Affari Sociali e della Salute. Nella discussione, un rappresentante del Ministero degli Interni ha notato che la presenza di mendicanti Rom dall'Est Europa non è un grosso problema dal punto di vista della polizia finnica.

La situazione è considerevolmente peggiore in Italia, Spagna, Francia, Germania e Britannia.

La settimana prossima una delegazione di tecnici da Helsinki volerà in Romania per studiare le politiche e strategie verso la popolazione Rom.

 
Di Fabrizio (del 25/03/2008 @ 09:43:28, in Europa, visitato 2500 volte)

L'amministrazione della città di Soroca considera che un futuro Museo dei Rom potrebbe attrarre più turisti nella località

L'agenzia DECA trasmette che le autorità della città di Soroca hanno lanciato l'idea di creare nella località un Museo Rom.

Un futuro museo Rom potrebbe divenire un punto di attrazione per turisti locali e stranieri, considera Victor Sau, sindaco di Soroca.

Secondo Sau. oggi, tra le attrazioni turistiche di Soroca, ci sono la Fortezza di Soroca e il Lumanarea Recunostintei, come pure i castelli piazzati nel distretto che è chiamato "Le Colline Zingare".

L'idea di fondare un Museo Rom è stata lanciata in una recente riunione dell'amministrazione di Soroca con rappresentanti della locale comunità Rom.

[...]

 
Di Fabrizio (del 27/03/2008 @ 09:46:28, in Europa, visitato 2405 volte)

Da Roma_Francais

LE MONDE | 24.03.08 | 15h08 . Mis à jour le 24.03.08 | 15h08 - Quaranta responsabili di associazioni d'aiuto ai Rom venuti dai paesi del Sud e dell'Est dell'Unione Europea hanno attraversato la Francia, dal 27 febbraio al 18 marzo, per condividere le loro esperienze. La politica d'integrazione dei 7 milioni di Rom della UE, che sarà oggetto d'una comunicazione della Commissione di Bruxelles a giugno, è sostenuta da incontri regolari tra le associazioni rumene e francesi.

I contatti non sono sempre fruttuosi perché le problematiche divergono. In Francia, i Rom insediati nel paese da diversi anni e divenuti francesi, hanno poco in comune con i Rom migranti (rumeni, bulgari, ungheresi) che si spostano con uno permesso per turismo. Gli accampamenti sono separati.

La gens du voyage francese fa di tutto per distinguersi dai Rom migranti. "L'amalgama ci porta sempre pregiudizio" indica Christophe Sauvé, dell'Associazione Nazionale gens du voyage cattolica, a Nantes.

In Romania, i Rom hanno uno statuto di minoranza etnica, riconosciuta come un gruppo male integrato (istruzione, lavoro, rappresentazione politica). "Questo permette a volte di identificarli e difenderli meglio", indica Nicoleta Bitu, coordinatrice del progetto dell'associazione Romani Criss.

RIUNITI DALLA DISCRIMINAZIONE

Arrivata a fine novembre con cinque mediatrici sanitarie rumene, la signora Bitu ha constatato una grande differenza d'approccio: "In Francia, le associazioni sono restate militanti. Lavorano essenzialmente per informare le comunità sui loro diritti, per proteggersi dalle espulsioni. In Romania, hanno lavorato soprattutto per far cadere i pregiudizi dei non-Rom e le apprensioni dei Rom. La nostra missione è di riempire gli obiettivi della politica nazionale d'integrazione."

La sola cosa che le riunisce è la discriminazione. Ma, che si parli del settore della sanità o dell'istruzione, i problemi d'integrazione che tentano di risolvere non sono gli stessi. "Le difficoltà della gens du voyage sono legati al nomadismo, mentre i due milioni di Rom rumeni sono sedentari da lunga data e generalmente confrontati a conflitti etnici", spiega Virgil Ciomos, presidente della fondazione Le Collège Europeo, che sviluppa dal 2001 una scuola di seconda possibilità per i Rom a Cluj (Romania).

Quanto ai Rom migranti in Francia, "le municipalità spesso stimano che non hanno legittimità a restare sul territorio nazionale e dunque ad integrarsi. Iloro figli sono raramente scolarizzati , contrariamente alla gens du voyage o ai Rom installati da lunga data", spiega Stéphane Lévêque, direttore dell'Associazione per l'accoglienza dei viaggianti (ASAV) di Nanterre.

"Il più difficile da risolvere in Romania è il problema della legge", estima Ciomos. Confrontati all'esclusione durante tutta la loro storia, i Rom rispettano il loro diritto usuale ma non sempre il diritto nazionale. L'ultimo esempio è del 15 febbraio, la cerimonia di fidanzamento tra una bambina di 6 anni ed un adolescente di 17 a Ramnicelu (est della Romania). Questo tipo di fidanzamento è tollerato dalla polizia rumena che teme che qualsiasi intervento si concluda in bagno di sangue.

"Non ho mai sentito di casi simili in Francia", assicura a sua volta Lévêque. "Non abbiamo mai avuto reclami per matrimoni combinati tra Rom, assicura la brigata della protezione dei minori a Parigi. In compenso, si incontrano a volte giovani adolescenti già "sposati".""

 
Di Fabrizio (del 27/03/2008 @ 20:36:18, in Europa, visitato 2040 volte)

E' uscito l'aggiornamento di marzo 2008 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
 

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