Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

\\ Mahalla : VAI : musica e parole (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/11/2010 @ 09:28:42, in musica e parole, visitato 2030 volte)

sabato 27 novembre alle 17.30
SALA CONFERENZE, BIBLIOTECA LAZZERINIANA PRATO

Introduce: Andrea Valzania per Spazio Pubblico
Intervengono:

LUCA BRAVI autore del libro "Tra inclusione ed esclusione. Una storia sociale dell’educazione dei rom e dei sinti in Italia" edito da Unicopli

PINO PETRUZZELLI scrittore e attore

saranno disponibili copie del libro

un ringraziamento particolare a CARLO TRAINA, per averci regalato la fotografia per l'invito. Grazie.

L'appuntamento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 22/11/2010 @ 09:05:34, in musica e parole, visitato 2086 volte)

Segnalazione di Stefano Nutini

da Liberazione 18 novembre - Roberta Ronconi

Che il popolo zigano (rom e sinti, in particolare) sia stato vittima dell'Olocausto nazista nella Seconda guerra mondiale è cosa relativamente nota. Ma, al contrario di quanto avvenuto per lo sterminio degli ebrei e persino degli omosessuali (pensiamo al magnifico Bent) non ha avuto grande rappresentazione cinematografica. Strano che a cogliere il testimone sia un regista (ma prima ancora, musicista. Ci tiene a sottolinearlo) come Tony Gatlif, conosciuto nel mondo della settima arte come "il principe degli zigani", francese di origini algerine, premi Cesar per la musica dei suoi Gadjo dilo e Demone flamenco, migliore regia a Cannes nel 2004 per il bellissimo Exils. In questi giorni è a Roma, ospite del Medfilm, Festival del cinema mediterraneo, dove porta in concorso il suo Freedom, canto di libertà sulla deportazione zigana nella Francia di Vichy.

Come mai ci ha messo tanto tempo a fare un film sull'Olocausto zigano, popolo che da sempre è protagonista del suo cinema? Eppure era un tema rimasto scoperto...
Da quando ho iniziato a fare cinema ho pensato di realizzare un film sulla persecuzione nazista del popolo gitano. Ma sono un cineasta libero, moderno, mi piace lasciare libera la camera e non amo per nulla le sofisticazioni né tantomeno le ricostruzioni. L'Olocausto richiedeva per forza di cose una ricostruzione e questo mi ha frenato a lungo. Se non ci fosse stata l'urgenza di parlarne, probabilmente non lo avrei fatto nemmeno ora.

E l'urgenza le è venuta dalle scelte di espulsione di Sarkozy ?
Ho iniziato a pensare a questo film tre anni fa, quando nulla in Francia era ancora successo, ma si sentiva che i tempi erano maturi, e che si sarebbe arrivati a scelte estreme. Volevo fare un film che parlasse di un passato capace di fare da forte eco nel presente.

Vuol dire che c'è un parallelo tra la Francia di Vichy e quella di oggi?
Assolutamente no. Voglio però dire che oggi in Francia si respira un'aria da anni Trenta, cioè di quegli anni che vengono prima dello scoppio della guerra, quando si gettano le basi per quello che sarebbe successo.

La Francia, come l'Italia, ha al momento le politiche tra le più dure in Europa verso le minoranze etniche. Ci sono dei motivi specifici che legano i due paesi in questa intolleranza?
Bisogna dire che prima dell'inasprimento di questa estate, la Francia è stata in realtà molto tollerante con il popolo gitano. Ci sono situazioni ben peggiori in Romania, ma anche in Slovacchia o in Ungheria. E gli inasprimenti non dipendono mai dai popoli, ma dai governi che li guidano. Quando la politica ha bisogno di capri espiatori, i gitani funzionano sempre.

Ad essere sinceri, rispetto al popolo zigano, francesi e italiani danno spesso il "meglio" della loro intolleranza...
Per quanto riguarda la Francia, che conosco meglio dell'Italia, a favore della politica di espulsione di Sarkozy è il 55% della popolazione, contro il 45% più tollerante. Una percentuale che va benissimo, è normale che sia così.

Perché normale? Anzi, mi permetta di chiedere, cosa è che rende così difficile "il vicinato" con il popolo zigano?
Prima di tutto bisogna sottolineare che il popolo dei gitani è europeo al cento per cento. Sono in questo continente da sempre, dal tempo degli ottomani, da quando le province dovevano ancora formarsi. C'è un problema di convivenza, di vicinato diciamo, è vero. Ma il problema non sta nel popolo gitano, estremamente tollerante verso gli altri. Piuttosto nel popolo dei sedentari, nel popolo gadjo. E' questo che andrebbe psicanalizzato per cercare le ragioni di tanto odio.

Un'eccezione in Europa è rappresentata dalla Grecia, dove rom e sinti vivono senza grandi difficoltà.
la Grecia è una terra frastagliata, fatta di migliaia di isole, e non ha una struttura industriale forte. Insomma, è una terra con meno regole dove i gitani si muovo liberamente, lavorando a stagione da isola a isola e fornendo un servizio itinerante molto apprezzato dai greci.

In "Freedom" racconta la storia di un piccolo gruppo di zingari arrestati e internati durante il loro viaggio per i villaggi francesi dove un tempo andavano tranquillamente a vendemmiare. Sceglie di non mostrare lo sterminio direttamente, ma in modo laterale, attraverso le conseguenze quotidiane della repressione.
L'Olocausto è un tema complesso da trattare e, appunto, io non amo un cinema statico, di ricostruzione. Anche se qui ho dovuto comunque ricostruire ambienti, costumi, oggetti, abitudini. Però ho cercato di manenere al massimo il mio spazio di libertà, per me e per la camera.

La musica di solito ha una parte preponderante nel suo lavoro, qui l'ha lasciata più al servizio delle immagini e del racconto.
Perché quest'ultimo, il racconto appunto, era più importante e voleva il suo spazio. Ho dovuto quindi creare una musica che semplicemente sottolineasse gli eventi. Mentre di solito la uso proprio come forma primaria di racconto delle emozioni. Ma anche in questo film c'è un momento in cui si capisce cos'è la musica per il popolo zigano. Quando trasformano la canzoncina fascista Marechal nous voilà in una allegra ballata. Senza intenti denigratori, solo perché per loro la musica è viva ed è capace di trasformare la realtà.


A proposito: ricordo ai milanesi e dintorni, che stasera alle 21 si proietterà SWING di Toni Gatlif, al circolo Arci Martiri di Turro in via Rovetta 14. Ingresso libero con tessera ARCI

Un assaggio

 link per chi legge da Facebook

 
Di Fabrizio (del 22/11/2010 @ 09:57:27, in musica e parole, visitato 1626 volte)

Quindici-Molfetta.it La presentazione dell’iniziativa, contro i pregiudizi e le discriminazioni dei rom lanciata dal Consiglio d’Europa, il 26 novembre alle 10.30 al foyer del teatro Kursaal Santalucia di Bari

BARI – La Puglia abbraccia la campagna "Dosta", contro i pregiudizi e le discriminazioni dei rom lanciata dal Consiglio d’Europa, che sarà presentata il 26 novembre alle 10.30 al foyer del teatro Kursaal Santalucia di Bari.
La kermesse è promossa dagli assessorati al Mediterraneo e alla Cittadinanza Sociale della Regione Puglia, dal Consiglio d’Europa e il Ministero delle Pari Opportunità (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar).
Il progetto europeo di favorire una maggiore e corretta conoscenza della realtà dei rom attraverso il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei media e la promozione dell’incontro tra le comunità locali e i rom è l’obiettivo della campagna "Dosta". "Dosta" infatti significa "Basta" in romanes ed è stato scelto come slogan della campagna, sostenuta dalla commissione Europea, che farà tappa a Bari dopo l’adesione della Puglia con la delibera di Giunta del 3 novembre scorso.
Testimonial l’attrice francese Fanny Ardant, che ha anche realizzato un breve documentario sui rom.
Interverranno rappresentanti regionali Silvia Godelli, assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo, Nicola Fratoianni, assessore alla Cittadinanza Sociale, Michael Guet, responsabile della campagna Dosta, Hanry Scicluna, coordinatore attività Rom del Consiglio d’Europa, Giovanni Trovato, responsabile campagna Dosta-Italia-Unar, Pietro Vulpiani, campagna Dosta-Italia-Unar, Dijana Pavlovic, vice presidente federazione Rom e Sinti Insieme.
A concludere la giornata, la "Festa Rom" con due spettacoli, in collaborazione con Puglia Sounds: "Le Danze di Billy e Dijana" e " Taraf da Metropulitana –Ballate Romanes dalla Metro di Roma" (Kursaal Santalucia – ore 21.00).

 
Di Fabrizio (del 23/11/2010 @ 09:36:15, in musica e parole, visitato 2902 volte)

Dal 30 novembre al 5 dicembre - Tieffe Teatro Menotti – Via Ciro Menotti, 11 – Milano
Produzione Cantieri Teatrali Koreja e Centar Za Kulturu di Smederevo (Serbia) con il sostegno di Teatro Pubblico Pugliese


BRAT (FRATELLO)
Cantieri per un’opera rom


Regia e adattamento di Salvatore Tramacere
Con Miljan Guberinic, Ajnur Ibraimi, Damir Kriziv, Sead Kurtisi, Vukosava Lazic, Marija Miladinovic, Marija Mladenovic, Ana Pasti, Darko Petrovic, Igor Petrovic, Maria Rosaria Ponzetta, Ferdi Ramadani, Ajnur Redzepi, Emran Sabani, Senad Sulejmani, Marko Stojanovic, Danijel Todorovic, Andjelka Vulic

Collaborazione alla regia: Fabrizio Saccomanno
Collaborazione all’allestimento: Mariarosaria Ponzetta
Cura del movimento: Silvia Traversi
Musiche di: Admir Shkurtaj
Eseguite dal vivo da: Giorgio Distante, Redi Hasa, Admir Shkurtaj
Luci e suoni: Mario Daniele, Angelo Piccinni
Organizzazione: Marija Anicic, Alessandra Bisconti, Dragoljub Martic, Laura Scorrano
Cura del progetto: Franco Ungaro

"Popolo mite e nomade che non rivendica sovranità, territorio, zecca, divise, timbri, bolli e confini, ma semplicemente il diritto di continuare a essere quel popolo sottilmente altro e trascendente rispetto a tutti quelli che si contendono territori, bandiere e palazzi; un popolo che, un pò come gli ebrei, fa parte della storia e dell'identità europea proprio perchè a differenza di tutti gli altri hanno imparato ad essere leggeri, compresenti, capaci di passare sopra e sotto i confini, di vivere in mezzo a tutti gli altri, senza perdere se stessi e di conservare la propria identità anche senza costruirci uno stato intorno"

"Non si puo' togliere l'acqua ai pesci e poi stupirsi se i pesci non riescono piu' ad essere agili ed autosufficienti, gentili ed autosufficienti come una volta"

Alex Langer


Quello di Brat è un percorso iniziato tre anni fa, a Smederevo, 70 chilometri da Belgrado, tra una dozzina di giovani rom, altrettanti attori loro coetanei di quella città, e il gruppo teatrale Koreja di Lecce, da sempre interessato a misurarsi con il fascino e i nodi irrisolti, l’ignoto e le diversità dell’est Europa.

Non concede illusioni o facili scorciatoie di “redenzione” lo spettacolo elaborato da Salvatore Tramacere con Fabrizio Saccomanno: una parabola zingara contro i “nuovi olocausti”.

Nasce così uno spettacolo accolto trionfalmente dal pubblico nelle rapide incursioni al NapoliTeatroFestival e al Festival Castel dei Mondi di Andria fino all’approdo nel capoluogo salentino.

Come nell’originale di Gay c’è una malavita organizzata, una polizia corrotta, un affarismo senza scrupoli, un bordello di ragazze scatenate.

Interpreti scatenati, pronti a cambiare di ruolo e di genere, mentre la musica balcanica di Admir Shkurtaj, eseguita dal vivo, li incalza e li dirige verso un apparente happy end.

Incontriamo da tre anni un gruppo di giovani rom e giovani attori che vivono a Smederevo, Settanta chilometri da Belgrado, alcune centinaia da Lecce. Proviamo a fare teatro. Lavoriamo di sera, dopo faticose giornate di lavoro quotidiano, specie per i giovani rom, a raccogliere frutta, vetro e carta. Non vogliamo creare una nuova compagnia professionale né cerchiamo alcuna catarsi sociale. Che fare? Partiamo da un testo. L’Opera del mendicante di John Gay.

Cerchiamo persone e attori in grado di dare senso e verità alle parole molto graffianti dell’Opera. Al tempo del reality quando sempre più sottile si fa il confine tra verità e finzione.

Ladri, ricettatori, donne di malaffare, capi di polizia in combutta per spillare quattrini dove si può: questi sono i nuovi eroi di un mondo alla rovescia.

Una storia rappresentata tante volte in diverse epoche e luoghi.

Undici non attori rom e otto giovani attori serbi, assumono ruoli da commedia dell'arte, facendosi testimoni di una cultura, la propria.

Una cultura che, come i piccoli ladruncoli che loro mettono in scena, è destinata a scomparire.

Ne è scaturita una "presentazione" che, giocando con gli stereotipi di una cultura periferica, mette proprio in discussione il labile confine tra finzione e realtà.

Cantieri Teatrali Koreja

Tieffe Teatro Menotti – Via Ciro Menotti, 11 – Milano
Orari spettacolo: lun. mar. gio. ven. sab ore 21 - mer. ore 19. - dom. ore 17
Orari biglietteria: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 19 - sabato 16 - 19
Prenotazioni e informazioni: 0236592544 , info@tieffeteatro.it - www.tieffeteatro.it
Prezzi: 22 intero – 15 ridotto (over 60, under 25)
convenzioni: pr@tieffeteatro.it


Giovedì 18 novembre c'è stata la conferenza stampa di presentazione. Ivana Kerecki (che ci fornisce anche le foto) ci riferisce:

Prima della conferenza la RAI ha fatto un'intervista con gli attori rom e il protagonista Danijel Todorovic, che ha detto che questo spettacolo ha rotto un tabù, un muro che molti vedono fra se stessi e i Rom. I ragazzi hanno salutato la TV italiana con un saluto collettivo in lingua romanes.

Per prima ha parlato Livia Pomodoro, soprattutto dell'importanza del "Premio Internazionale Teresa Pomodoro per il Teatro dell'Inclusione" (sempre con prestigiosa giuria internazionale), che poi è stato assegnato la stessa sera al Teatro No'hma, inaugurando la sua stagione. Secondo lei questo premio è anche il segno dell'attenzione a "questo grande problema"…

Salvatore Tramacere, direttore artistico dei Cantieri Teatrali Korejadi Lecce, ha raccontato il lavoro svolto durante i 3 anni con 35 ragazzi di Smederevo, la cittadina a 50 km da Belgrado. Gli è dispiaciuto molto che dopo un lavoro così importante, uno dei ragazzi, Ferdi, non può venire in Italia per partecipare allo spettacolo. Il motivo: il suo datore di lavoro (precario e saltuario: il cosiddetto lavoro a "chiamata", che potrebbe anche non arrivare) ha minacciato di "licenziarlo"…

Alcune sue battute (certe si possono più o meno condividere):

"Il teatro ha senso solo se ha il coraggio, altrimenti si rischia di fare cose molto banali e perdere il senso."
"Mi hanno chiesto perché ho fatto uno spettacolo così. Perché no? Perché non prendere questa responsabilità?"
"I nostri ragazzi hanno tutto, sanno tutto. Con loro, invece, c'è bisogno di fare le cose dall'A alla Z."
"Questi ragazzi hanno conquistato una dignità e possono avere una chance come tutti i ragazzi del mondo."
"Vorremmo fare di più: primo, creare un centro permanente, mettere insieme le diversità, non solo quelle di nazionalità o etnia ma di possibilità di vivere la vita quotidiana. Un centro in più luoghi, per incontrarsi e far progetti vari, non solo spettacoli. Secondo, all'inizio mi vergognavo un po' di dire questa cosa: i ragazzi mi chiedevano ‘quanti soldi prenderemo?'. Il progetto in se stesso è nobile, ma anche loro hanno un diritto di fare questo LAVORO chiedendo di essere pagati. Rinuncio a fare lo spettacolo se non li pagano. Per una ulteriore dignità. Stanno acquisendo una cosa forte. Se ne chiedono un'altra: paghiamoli!"

Franco Ungaro, ha detto che non è stato così facile portare questi ragazzi in Italia. Si è sempre posta la domanda: ci saranno problemi con la polizia? Alla fine è andato tutto liscio. Secondo lui, questo spettacolo è un po' il simbolo di come si può coniugare un'idea dei Rom con quella del cosmopolitismo e mostrare la cultura identitaria di un popolo, di persone, inserita nel contesto di contemporaneità, mentre il lavoro con questi attori è stato anche una denuncia delle loro condizioni di vita.

L'assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory, ha raccontato un po' di teoria: di come il teatro (che è anche nomade) nasce dalla esperienza e la questione antropologica, lì non c'è il post-montaggio che smonta il contesto antropologico. Ha ripreso anche le parole di Tramacere, ribadendo che l'attore deve sempre essere pagato: "perché se mi pagano, valgo". Ha tentato di rispondere anche alla precedente domanda "perché", con una storia della rosa che nasce senza motivo, cresce senza motivo ecc.

Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Tieffe, ha detto che siamo noi che stiamo perdendo la dignità e che praticamente tutte le richieste di aiuto per lo spettacolo (costoso) avevano trovato le porte chiuse, e lo spettacolo costa. Ha parlato anche dei più di 300 sgomberi che hanno subito i Rom che abitano a Milano e ribadito che questo è anche uno spettacolo politico e importante per la città.

È stata chiamata a fare un intervento anche Dijana Pavlovic che, oltre a richiamare ancora l'attenzione sui numerosi e tristi sgomberi di Milano, ha invitato i presenti a considerare che la povertà in Serbia non riguarda soltanto la popolazione rom, e che ci sono delle differenze delle condizioni e possibilità dei Rom in Italia e in Serbia, dove anche una ragazza come lei aveva potuto laurearsi all'Accademia dell'Arte drammatica e dove molti Rom, oltre a fare i lavori semplici elencati dai relatori – pulizie, raccolta del ferro e simili –  svolgono anche funzioni importanti professionali e politiche. Ha detto che è grata a tutti quelli che hanno appoggiato questo progetto, che ha fatto dei ragazzi-attori persone fortunati, invitando le autorità a pensare anche ai Rom di Milano che un'occasione così non l'hanno mai avuta, perché la città ne ha veramente bisogno: non basta dare alle persone soltanto un pezzo di pane, bisogna dare loro anche la dignità e il senso, non bisogna permettere loro solo la mera sopravvivenza, perché hanno diritto anche a una vita vera, di essere considerati. Quindi, bisogna pensare anche a dei progetti per i ragazzi rom di Milano.

Danijel Todorovic, il protagonista dello spettacolo, invitato a dire qualche parola, ha detto che perfino lui aveva un po' di pregiudizi nei confronti dei Rom prima dello spettacolo, ma che sono passati appena si sono conosciuti e avevano cominciato a lavorare insieme. Quindi pensa che in Serbia lo spettacolo è servito per abbattere dei muri e spera che così succederà anche in Italia.

La prima domanda del pubblico riguardava l'assenza della signora Moioli. Hanno spiegato che era in ritardo da qualche altra parte…

Una giornalista ha detto che ultimamente si parla di portare il teatro anche fuori, per strada, quindi chiedeva se era possibile un'esibizione sotto la torre di via Imbonati, cosa che ha subito dato fastidio all'assessore Finazzer, che ha chiesto di "non caricare lo spettacolo che ha già un significato con altri significati". [Più tardi ho spiegato al direttore del teatro serbo e ai ragazzi rom cosa succede alla torre di via Imbonati e si sono dimostrati interessati a passare al presidio portando la loro solidarietà agli immigrati in Italia.]

Qui invece ti scrivo le info e i nomi giusti giusti, degli attori, tradotti liberamente da un jugo-sito:
Si tratta del progetto culturale nato dalla collaborazione del Centro per la Cultura Smederevo (Centar za kulturu Smederevo), del Centro informativo rom "Drom" e del Teatro Koreja di Lecce e il Teatro.
Partecipano anche gli attori del teatro "Patos".

"Opera dei mendicanti" [là si chiama così, come l'originale ispiratore di Ray] è nata e dura fuori dai soliti standard di teatro, offrendo uno sguardo diverso sul teatro stesso. L'anno scorso ha partecipato a BITEF, il più importante festival teatrale serbo. Il regista è Salvatore Tramacere, il suo assistente Milan Guberinić del teatro Patos. Attori: Darko Petrović, Danijel Todorović, Senad Sulejmani, Ajnur Ibraimi, Senat Ramizi, Ferdi Ramadani [che non viene] Džemailj Krujezi, Damir Krujezi, Damir Kriziv, Ajnur Redžepi, Igor Petrović, Goran Galić, Marija Mladenović, Ivan Simić, Dušan Štrbac, Vukosava Lazić, Ana Pašti, Ina Marić, Marija Mladenović, Miljan Guberinić.

Confrontate però con quelli che vengono in Italia, che non sono proprio tutti uguali.

 
Di Fabrizio (del 30/11/2010 @ 09:32:54, in musica e parole, visitato 2903 volte)

Da Polska_Roma

Requiem per Auschwitz

Introduzione

Il compositore Sinto olandese Roger "Moreno" Rathgreb ha composto un Requiem per Auschwitz; per tutte le vittime del regime nazista.

L'International Gipsy Festival di Tilburg ha preso l'iniziativa di rappresentare questo Requiem in più paesi europei possibile.

Dal 1997, l'International Gipsy Festival Tilburg organizza un festival annuale dove si esibiscono musicisti da tutta Europa, particolarmente musicisti di origine sinta e rom.

Presenta l'impatto di questa interessante cultura sulle altre forme artistiche europee, come la musica classica, il jazz, la musica pop, la musica folk, il dramma, la danza e le arti visuali.

Roger "Moreno" Rathgreb

Roger "Moreno" Rathgreb è un musicista. Come molti altri musicisti sinti è un autodidatta. In una fase della vita in cui era già un musicista affermato, iniziò a prendere annotazioni e a comporre. Alcuni anni fa, decise di comporre un Requiem per le vittime di Auschwitz. Un compito improbo: una composizione di sessanta minuti per un'orchestra sinfonica, coro e solisti. Iniziò a lavorarci, ma quando visitò Auschwitz, le emozioni scatenatesi erano troppo dolorose e causarono un grave blocco dello scrittore.

Alla fine del 2007, l'International Gipsy Festival gli chiese di completare la sua composizione, perché volevano presentarla in diverse città europee. Questa richiesta lo incoraggiò e lo ispirò. A maggio 2009 fu in grado di terminare il suo Requiem.

Il pezzo venne valutato da esperti compositori e direttori d'orchestra, tra gli altri Jean Lambrechts (Belgio), Riccardo Sahiti (Germania), Jeff Hamburg (USA) and Jirí Stárek (Repubblica Ceca). Vennero rimosse alcune imperfezioni. Tutti furono entusiasti della qualità del pezzo e furono convinti che meritasse di essere conosciuto.

Sotto gli auspici del Segretario Generale del Consiglio d'Europa, Thorbjørn Jagland, composto da Roger "Moreno" Rathgreb.

Oggetto

Il Requiem è stato composto da un musicista sinto; tuttavia, dovrebbe divenire un monumento a tutte le vittime di Auschwitz. Specificamente, intendiamo stimolare una memoria dell'Olocausto condivisa dalle organizzazioni ebraiche e rom/sinti ed i Comitati Nazionali nei paesi europei in cui avrà luogo il concerto.

Oltre 500.000 Rom e Sinti furono uccisi dai nazisti; una parte ancora dimenticata dell'Olocausto.

Rom e Sinti sono la più grande minoranza bell'Unione Europea ed in molti paesi sono attualmente vittime di gravi discriminazioni, deportazioni, uccisioni e pogrom.

Il Requiem vorrebbe portare ad un dialogo tra tutti i gruppi etnici europei, e forzare i governi a sviluppare le loro politiche riguardo le minoranze in generale ed i Rom e Sinti in particolare.

Il Requiem per Auschwitz è una potente dichiarazione sull'umana sofferenza.

Obiettivi

  1. Un arricchimento della cultura europea attraverso l'interpretazione di questo Requiem da parte di musicisti di più paesi europei possibile;
  2. Aggiungere una nuova dimensione - musicale - nel mantenere viva la memoria di Auschwitz in più paesi europei possibile;
  3. Acquisire una base più ampia per la memoria di Auschwitz.Chiediamo alle organizzazioni ebraiche, rom e sinte, assieme ad altre organizzazioni rilevanti, di supportare l'esecuzione del concerto nei loro rispettivi paesi;
  4. Collegando le esperienze dell'Olocausto e l'aumentato odio e razzismo contro Rom e Sinti nell'Europa attuale, diviene chiaro perché Rom e Sinti debbano permanentemente tenere in conto minacce e persecuzioni. Gli attivisti durante il concerto, come nelle esibizioni, un festival del documentario rom, incontri sull'attuale situazione dei Rom e dei Sinti in Europa, sottolineeranno questa continuità;
  5. Verrà promossa la collaborazione tra diverse comunità rom e sinte;
  6. Verrà stimolata la cooperazione tra le organizzazioni ebraiche, rom e sinte;
  7. Verrà favorito il rispetto di Rom e Sinti in quanto più grande minoranza in Europa.

Esecuzione del progetto

Il progetto verrà eseguito nelle capitali della Polonia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Paesi Bassi.

La parte orchestrale del pezzo sarà eseguita dalla "Roma und Sinti Philharmoniker in Frankfurt am Main", l'unica orchestra filarmonica in Europa consistente in 75 musicisti professionisti rom e sinti, provenienti da Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania. Il direttore dell'orchestra, Riccardo M. Sahiti, è lui stesso rom e lettore presso l'Accademia delle Arti di Francoforte.

I cori e gli assoli verranno adattati al paese dove il pezzo verrà presentato.

Il Requiem verrà diviso in tre pezzi. Durante gli intervalli tra i tre pezzi, noti musicisti, poeti ed attori - rappresentativi dei diversi gruppi vittime dell'Olocausto - dei paesi partecipanti, presenteranno brevi canzoni, poemi ed altre rappresentazioni relative al contenuto del Requiem, accompagnati da foto e proiezioni video.

La performance inaugurale avverrà ad Auschwitz il 2 agosto 2011. In questa giornata, i Rom ed i Sinti commemorano la liquidazione dello "Zigeunerlager" di Auschwitz, in una notte vennero uccisi 2.900 Rom e Sinti. Lo stesso giorno, il Memorial Auschwitz-Birkenau State Museum organizzerà una conferenza internazionale sui Rom e Sinti durante l'Olocausto ed anche sulla loro posizione nell'Europa dei giorni nostri. Negli altri paesi il progetto avrà luogo nel 2012.

Struttura organizzativa

1. Foundation Alfa/The International Gipsy Festival Tilburg, Paesi Bassi come capofila del progetto, ed in quanto tale ne ha la responsabilità finale: E' anche responsabile dello sviluppo del progetto nei Paesi Bassi.

2. The International Gipsy Festival Tilburg ha già un accordo di collaborazione con - Slovo 21, Khamoro World Roma Festival nella Repubblica Ceca;
- The Roma People Association per la Polonia;
- The Romedia Foundation per l'Ungheria;
- The National Centre for Roma Culture Romano Kher per la Romania.

3. I partner sono responsabili degli aspetti organizzativi e logistici del concerto nei rispettivi paesi. Cercheranno di realizzare i summenzionati scopi nei loro paesi con l'appoggio di rilevanti organizzazioni ed istituzioni nazionali.

Sinora le seguente persone hanno offerto il loro nome per il Comitato Internazionale di Raccomandazione:
- Václav Havel, ex presidente della Repubblica Ceca;
- Lászlo Andor, membro della Commissione Europea, responsabile per gli Affari del Lavoro e minoranze;
- Valeriu Nicolae, direttore del Policy Centre for Roma and other minorities (Bucarest);
- Ian Hancock, direttore del Program of Romani Studies and the Romani Archives and Documentation Center all'University of Texas di Austin.

La Anne Frank House sta preparando, in particolare per questo progetto, un'esposizione itinerante sui Rom e Sinti durante l'Olocausto e l'Europa di oggi, visti con gli occhi dei bambini.

L'International Auschwitz Committee assieme alla Jehudi Menuhin Foundation raccomanda caldamente il progetto. Istituzioni come l'Open Society Institute (Ungheria) lo Jewish Museum di Praga, la National Agency for Roma (Romania), e molte organizzazioni Rom e Sinti hanno offerto il parere e l'assistenza dei loro esperti per presentare con successo il progetto nei rispettivi paesi.

Team di gestione

Zoni Weisz, del consiglio di Dutch Auschwitz Committee.
Albert Siebelink, direttore International Gipsy Festival Tilburg.
Jef Helmer, ex direttore SPOLU International.

International Gipsyfestival | Stichting Alfa
00 31 (0)13 - 580 14 24
info@gipsyfestival.nl
www.gipsyfestival.nl

 
Di Fabrizio (del 07/12/2010 @ 09:54:02, in musica e parole, visitato 1902 volte)

Federazione Rom&Sinti Insieme
Associazione Upre Roma
COMUNICATO STAMPA

L'arte unisce, il pregiudizio divide
Concerto conclusivo della campagna "DOSTA!" a Milano
Giovedì 9 dicembre Auditorium San Fedele

Giovedì 9 dicembre alle ore 21 all'Auditorium San Fedele, in via Hoepli 3/b la campagna "Dosta!" di Milano si conclude con il concerto organizzato dalla Federazione Rom&Sinti insieme e l'Associazione UPRE ROMA in collaborazione con la Fondazione Fabrizio De André e Radio Popolare.

La campagna "DOSTA!" ("basta" in lingua romanes) promossa dalla Comunità europea è coordinata e finanziata dall'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) in collaborazione con il Consiglio d'Europa e con le principali federazioni rom e sinte per promuovere in Italia una maggiore conoscenza della cultura dei Rom e dei Sinti, la più grande minoranza etnica d'Europa, e per sconfiggere con la conoscenza gli stereotipi che hanno sempre accompagnato questo popolo.

Il concerto si aprirà con un omaggio a Django Reinhardt, in occasione del centenario della sua nascita. Il grande musicista manouche che influenzò la musica jazz con le sue composizioni e il suo grande virtuosismo verrà celebrato dalla Delirium Jazz Band.

A seguire artisti rom incroceranno le loro voci e i loro strumenti con artisti gagi, creando originali ed insolite band promiscue:
Tonino Carotone e la Banda del villaggio solidale
i Perturbazione e il maestro George Moldoveanu e il suo violino
la Banda Osiris e i Muzikanti di Balval, con il maestro Jovica Jovic alla fisarmonica e le danze di Melissa Mattiussi.

Nel corso del concerto si alterneranno immagini e testi con Dijana Pavlovic, Alessio Lega e ospiti a sorpresa
La serata sarà condotto da Davide Facchini di Radio Popolare.

In questa occasione la Federazione Rom&Sinti insieme e l'associazione UPRE ROMA ringraziano la Fondazione Culturale San Fedele, la Casa della Cultura, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, la Fondazione Fabrizio De André per il contributo e il sostegno dato a tutta la campagna milanese.

Ingresso libero

Per informazioni: 3391170311 - 339760872

Scarica l'MP3 con il programma

 
Di Fabrizio (del 18/12/2010 @ 09:37:02, in musica e parole, visitato 2108 volte)

Natale è alle porte, quando ero bambino io (altra epoca, d'accordo) c'era ancora l'abitudine di raccontarsi delle storie. Tanti anni fa, al campo di via Idro si stampava un giornalino per le scuole, Il Vento e il Cuore, da cui è tratto il pezzo seguente.

Per i genitori, da raccontare quando i bambini non vogliono dormire

Immagine da animalinelmondo.com

Speriamo che mentre ci leggete siate al caldo, in una casa o in una roulotte. Al tempo di questa storia vera era pieno inverno e tutto il campo era ghiacciato. Le nostre famiglie avevano poca legna, anche i fuochi erano scarsi.

Un puledrino stava male da parecchi giorni, si reggeva in piedi a fatica. Quella mattina eravamo tutti preoccupati per lui.

Quando siamo entrati nella stalla, era disteso a terra, stecchito, con le zampe ritte e la pancia già gonfia per il freddo. Vicino a lui, un altro cavallino lo osservava terrorizzato dal freddo e dallo spavento.

Ci siamo accorti che il puledro a terra respirava ancora.

Siamo corsi a prendere delle corde robuste e gliele abbiamo passate sotto la pancia. In due, uno da una parte e l'altro dall'altra, l'abbiamo sollevato a forza.

Ma il cavallino era ancora intirizzito e aveva gli occhi sbarrati per lo spavento, non potevamo lasciarlo perché sarebbe ricaduto. Abbiamo cominciato a massaggiarlo e ripulirlo, con energia ma dolcezza, sulla coda, sulla groppa, sul collo e sulla testa.

Finalmente siamo riusciti a fargli masticare del pane secco e gli abbiamo dato dell'acqua da bere. Sempre reggendolo e facendogli muovere le zampe, l'abbiamo portato vicino al fuoco. E' uscito anche il suo compagno, ha mangiato anche lui.

Adesso stanno bene, ci piacerebbe farveli conoscere.

 
Di Fabrizio (del 25/12/2010 @ 09:30:58, in musica e parole, visitato 1963 volte)

 Link per chi legge da Facebook

Il ritorno delle scatenate chitarre sinte. E' parecchio che aspettavo di postarlo!

 
Di Fabrizio (del 03/01/2011 @ 09:54:41, in musica e parole, visitato 2027 volte)

Da Roma_Daily_News

Signori,

Sono Vadim Toropov, ricercatore dalla Russia (città di Ivanovo) sui Rom di Crimea (...).

Voglio offrirvi il mio nuovo libro "Lingua e folklore dei Rom di Crimea".

Il libro si concentra sulla lingua e folklore dei Rom di Crimea - una piccola comunità etnica che ora vive dispersa sulle rive del Mar Nero. Nei secoli passati, i Rom di Crimea hanno sperimentato le deportazioni forzate ed altre disgrazie che li hanno portati quasi all'estinzione. La loro lingua e il loro folklore non sono mai stati studiati, e praticamente sono stati banditi nel nostro paese durante il periodo comunista. Negli anni '80 dovetti condurre le mie ricerche sul campo quasi invisibilmente. Conquistai la piena confidenza di alcune famiglie rom di Crimea e così condivisi alcuni pezzi del loro folklore.

Come risultato, ho compilato una raccolta di oltre 30 testi nella loro lingua, incluso racconti e pezzi di storia orale. Nel libro ogni testo è accompagnato da traduzione in inglese, note e commenti. Sono anche inclusi chiarimenti sulla genesi e sull'attuale parlata dei Rom di Crimea.

In totale nel libro ci sono 340 pagine formato A5 (più otto illustrazioni), rilegate in copertina rigida. E' stato edito nel 2010 dall'Università di Stato di Ivanovo. La pubblicazione è stata sponsorizzata dalla Next Page Foundation - un ramo dell'Open Society Institute di Budapest. Il libro ha ricevuto incoraggianti recensioni dall'importante studioso dei Rom Lev Cherenkov - dell'Istituto sul Patrimonio Naturale e Culturale dell'Accademia Russa delle Scienze.

Potete ordinarne quante copie volete al costo di $40.00 al pezzo. Prezzo che include tasse postali e copre tutte le altre spese. Il pagamento deve essere trasferito sul seguente conto bancario:

No 42307.840.5.1700.3250113
in SAVINGS BANK OF THE RUSSIAN FEDERATION (SEVERNY OFFICE) YAROSLAVL, BRANCH 8639/015, IVANOVO, RUSSIAN FEDERATION.

Il mio indirizzo è:
VADIM GERMANOVICH TOROPOV
28-2, Vtoraya Chaykovskogo Str., 153045, Ivanovo, Russia.
E-mail: vadimtoropov@inbox.ru

Aspetto le vostre lettere e proposte.
Augurandovi Buone Feste e Buon Anno Nuovo!
Che la vostra casa sia piena di prosperità, e voi - di salute e gioia!!!

Vostro Vadim Toropov.

 
Di Fabrizio (del 11/01/2011 @ 09:31:44, in musica e parole, visitato 1447 volte)

Tratta dalla raccolta Fiabe Zingare di Alberto Melis

La versione originale di questa breve fiaba dei Boyàs argentini (i Ludar), raccontata da Jorge Emilio Nedich, è stata pubblicata su "Lacio Drom". Nello stesso numero della rivista è presente anche la versione in lingua boyàs, cioè in rumaneàste, e una breve nota di Jorge M.F. Bernal (Lolo).

QUESTA È UNA STORIA molto triste, ma è una storia vera. Così raccontava mio nonno, perché lui c'era.
C'era dunque una volta, in un paese lontano lontano, una famiglia di Ludari a cui nacque un bambino. Ma era così piccolo e malaticcio, uno scricciolino tutto occhi e niente ciccia, che i suoi genitori temevano morisse prima ancora di mettere i primi denti e prima ancora di masticare il primo pane.
Il padre allora chiamò una vecchia, una di quelle che vedono le cose che devono restare nascoste (come le maledizioni dette sottovoce o le disgrazie tra capo e collo), per capire se c'era una possibilità che sopravvivesse.
La donna, dopo aver preso in braccio il piccolo, scosse il capo e disse: – Vostro figlio morirà.
Il padre però non volle rassegnarsi.
– C'è qualcosa che io possa fare – chiese – qualsiasi cosa, per impedire che muoia?
– Forse sì – rispose la vecchia. – Prendi uno stivale di pelle di capra e riempilo di tè. Poi prendi uno degli stampi con i quali fabbrichi i tuoi mattoni e mettici dentro lo stivale. Riempilo d'argilla e mettilo a cuocere al sole. Quando il sole l'avrà indurito metti il mattone con dentro lo stivale di pelle di capra pieno di tè nella culla del bambino.
Il padre seguì il consiglio della vecchia. Prese lo stivale di capra più ampio e robusto che riuscì a trovare e lo riempì di tè. Poi mise lo stivale dentro uno stampo per costruire i mattoni (il più ampio e robusto che riuscì a trovare) e coprì tutto con l'argilla. Lo mise al sole, e quando il sole l'ebbe indurito per bene, lo infilò dentro la culla del bambino.
Proprio come aveva detto la vecchia la magia funzionò. Perché il piccolo zingaro non solo non morì, ma crescendo divenne anche un ragazzo bello e intelligente.
La famiglia di Ludari riprese così a viaggiare per il mondo, e viaggiando viaggiando capitò in un deserto molto grande e caldo, dove non cresceva un filo d'erba, e dove non scorreva un filo d'acqua.
Sotto il sole che batteva e batteva, un accidente di sole tondo e sordo, il ragazzo cadde ammalato, dicendo che se non avesse bevuto almeno un po', di sicuro sarebbe morto.
Il padre e la madre, al suo capezzale, piansero a lungo e si disperarono.
– Cosa possiamo fare? – chiese l'uomo a sua moglie.
– Dovremmo dargli un po' d'acqua chiara e dolce…
– Ma la nostra provvista d'acqua è finita – ribatté sconsolato l'uomo.
– Allora di certo morirà.
Fu solo in quel momento che l'uomo si ricordò dello stivale di pelle di capra pieno di tè.
Cercò il mattone d'argilla e lo spezzò. Ma lo stivale di pelle di capra, che ormai era tanto vecchio e rinsecchito, si polverizzò nelle sue mani: e il tè si disperse nella sabbia del deserto.
Fu così che il ragazzo morì e la sua famiglia lo pianse.
Però il terreno dove era caduto il tè rimase umido e fresco. I Ludari scavarono un pozzo e trovarono una sorgente d'acqua.
E ancora oggi, quando una famiglia di Ludari passa per quei luoghi, racconta la storia del ragazzo e dello stivale di pelle di capra pieno di tè.
Anche mio nonno c'è passato, e così mi ha raccontato: «Qui un giovane Ludar ha smarrito la vita, ma al suo posto ha lasciato la sorgente d'acqua più chiara e dolce del mondo».

 

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