Di Fabrizio (del 25/02/2010 @ 09:00:23, in scuola, visitato 2982 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Milano, 24 febbraio 2010 - Sono un’insegnante di scuola elementare, lavoro
nel quartiere Bovisa, nella prima periferia milanese. Il quartiere è vivace e
multietnico e la mia classe, una prima, ne rispecchia le caratteristiche. A
gennaio si è aggiunto a noi un nuovo bambino, Romeo.
Romeo è un bambino Rom, nei suoi sei anni di vita ha vissuto varie volte
l’esperienza dello sgombero. È giunto nella nostra scuola dopo essere stato
allontanato dal Rubattino ed aver interrotto la sua frequenza scolastica alle
elementari di via Feltre. Avvisata del suo arrivo ho contattato la sua maestra,
che conosco personalmente per aver lavorato tre anni in quella scuola. Ho
recuperato i suoi libri e i suoi quaderni e glieli ho fatti trovare sul
banco quando è arrivato nella sua nuova classe, in via Guicciardi. Per due
settimane ha frequentato la scuola, arrivando sempre puntuale e motivato. In
pochi giorni ha conquistato tutti noi con la sua allegria ed il suo affetto,
anche la famiglia è sempre stata disponibile e rispettosa.
Un giovedì mattina, appena entrata in aula, sono stata letteralmente trascinata
in corridoio da Romeo che, parecchio preoccupato, continuava a ripetermi
“polizia, sgombero”. Speravo che si trattasse di un fraintendimento e invece era
tutto vero: il lunedì successivo lui, un’altra bambina che frequentava la quarta
e le loro famiglie sono stati sgomberati dal capannone in cui vivevano. Ho avuto
notizie di loro tramite gli operatori che da anni li seguono: per qualche notte
sono stati ospitati in un centro di accoglienza, si è parlato di un possibile
rientro a scuola… invece ho saputo che saranno a breve sgomberati dal luogo in
cui hanno trovato riparo, in fondo a via Bovisasca. E tutto questo a distanza di
poche settimane dal precedente sgombero.
Non ho parole. Non posso continuare a sentir parlare di ‘emergenza Rom’ se non
pensando che l’emergenza è il degrado in cui costringiamo a vivere queste
famiglie. Per me la vera emergenza ha il volto di un bambino di sei anni che –
me l’hanno raccontato pochi giorni fa – non vede l’ora di tornare a scuola e non
può farlo. È facile continuare a vendere la storiella dei Rom che non rispettano
le regole e non vogliono integrarsi, limitandosi a ragionare per stereotipi.
Nemmeno io mi sento immune dai pregiudizi, ma posso semplicemente raccontare
quello che ho visto: una famiglia continuamente cacciata nonostante la sua
evidente volontà di iniziare un percorso nuovo, un bambino a cui sono negati dei
diritti fondamentali (la casa, l’istruzione), un percorso scolastico e affettivo
continuamente interrotto. E dietro la storia di una singola famiglia intravedo
quella di troppe altre, colpite da un accanimento che odora di persecuzione. La
roboante retorica securitaria potrà nascondere ancora a lungo il totale
fallimento di queste scelte politiche nonché l’immane spreco di denaro pubblico
che ne deriva? Possibile che le cifre spese per sgomberare in continuazione le
solite famiglie non possano essere investite per seri progetti di integrazione
sociale? Possibile che la volontà di una famiglia di mandare con costanza il
proprio figlio a scuola sia un dato da non prendere minimamente in
considerazione in sede istituzionale? Leggo sui giornali di volontari,
insegnanti e famiglie che si attivano per aiutare, protestare, informare: in
città le voci di dissenso si stanno allargando a macchia d’olio, ora è il
momento che anche dal Comune di Milano arrivino segnali forti di un cambiamento
di rotta.
Romeo, quaderni e pennarelli sono sotto il tuo banco e la foto del tuo primo
giorno nella nuova scuola è ancora sulla porta dell’aula. Ti aspettiamo, torna
presto a imparare, giocare, fare amicizia con i tuoi compagni. A sei anni ci
sono parole più belle da ripetere di ‘sgombero’.
Di Fabrizio (del 04/03/2010 @ 09:03:15, in scuola, visitato 1799 volte)
Segnalazione di Gabriel Segura
HOI.esI gitani più universitari Guadalupe Fernández e Antonio Vázquez frequentano un master in Navarra 27.02.10 - 00:25 - M. ÁNGELES MORCILLO | MÉRIDA.
Donna, gitana e frequenta un master. Sino a qualche anno fa, queste tre
condizioni in una sola persona era qualcosa di impensabile. Nell'attualità, non
è soltanto qualcosa di reale, ma, inoltre, la donna viene dalla frontiera.
Guadalupe Fernández vive a Mérida. Ha 32 anni, è madre di due figli e, da anni,
lavora con la comunità gitana dell'Estremadura. Attualmente lo fa tramite la Fundación
Secretariado Gitano. Diplomata in magistero si è impegnata, assieme al suo
compagno
Antonio Vázquez, a laurearsi in un master dell'Università Pubblica di Navarra.
Guadalupe Fernández e Antonio Vázquez, sul loro posto di lavoro::
BRÍGIDO
Quando finiranno il corso, a maggio, otterranno il titolo di esperti in
Intervento Sociale con la Comunità Gitana. Sarà l'equivalente di una
certificazione accademica per alunni che non contino studi medi. Per quanti
abbiano già un diploma o una laurea, equivarrebbe al titolo di specialista.
Prima dovranno preparare un lavoro finale ed assisteranno ad una sessione in
Navarra. Qui avranno la possibilità di conoscere di persona tutti i loro
compagni di master. Il master sarà certificato con un totale di 30 crediti, 28
di formazione "online" e gli altri due di presenza ai seminari.
Fernández assicura che per loro due è molto importante, non solo il titolo, ma
anche il contenuto del master. "Questo significa che si sta professionalizzando
il lavoro con i gitani. Credo che sia necessaria una specializzazione per
lavorare con questa comunità, perché è un tema complicato e difficile".
L'essere "online" facilita conciliare gli impegni della famiglia, del lavoro,
del tempo libero... Anche Antonio, 35 anni, è sposato ed ha quattro bambini. Sua
moglie ha un'attività in proprio. Per questo cerca di conciliare tutto con il
master, per cui non sono necessari studi superiori. "Anche se costa molto
sforzo, frequentare questo master è un'esperienza molto soddisfacente. Crediamo
che il fatto che nell'università si parli di gitani sia un'esperienza pioniera e
nuova", afferma Fernández.
Materie interessanti
Dicono che la materia che più ha richiamato attenzione è la Storia del Popolo
Gitano. "Il suo studio ci ha fatto comprendere molte cose della situazione
attuale che vive la comunità gitana in Spagna", affermano.
Istruzione, alloggio, impiego, sanità... Sono questi, secondo loro, i principali
problemi attuali della comunità. Inoltre, in un modo o nell'altro, sono tutte
relazionate tra loro".
Sono coscienti che, per esempio a Merida, sono ancora pochissimi i gitani che
contano studi superiori. Sanno anche di essere gli unici che hanno potuto
frequentare un master. Assicurano di sentirsi dei privilegiati per poter
frequentare questi studi che apriranno loro più porte al momento di lavorare con
quanti sono della loro stessa etnia, che definiscono come "la grande minoranza
europea".
Di Fabrizio (del 06/03/2010 @ 00:55:42, in scuola, visitato 6119 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Circa una settimana fa
un
incendio al campo ha distrutto 3 baracche abitate da famiglie Rom,
nell'incendio è andato perso tutto, i Rom coinvolti si sono trovati con niente,
tutto è andato distrutto, anni di fatica per sistemare, abbellire le loro
confortevoli "baracche" in poco più di mezz'ora..tutto in cenere. Nessun ferito,
grazie a Dio.
Molti si sono dati da fare, compreso il comune che ha fatto pervenire alle
famiglie delle roulotte, gli stessi Rom del campo hanno dato quello che
potevano, aiutando a dare alloggio ai bambini, offrendo coperte, materassi,
stoviglie..incoraggiamento e vicinanza.
Anche delle persone di Pisa e Livorno hanno fatto sentire la loro vicinanza
portando al campo vestiti, letti, coperte, materassi.
Emina è un'adolescente e questa sera è venuta nella mia roulotte per mostrarmi
gli abiti nuovi che indossava che ha avuto come dono dai suoi compagni di
classe, era felice e orgogliosa nello stesso tempo per questa amicizia.
I suoi compagni di classe sapendo che Emina aveva perso tutto si sono dati da
fare per aiutarla e far sentire la loro amicizia.
Lo dimostra molto bene la lettera che le hanno inviato, che con il suo permesso
e dei genitori divulgo (in
allegatofile .gif ndr), perché nonostante quello che i Rom stanno
subendo in Italia: sgomberi, discriminazioni, razzismo..forse stanno anche
sbocciando silenziosamente dei fiori che profumano di comprensione, amicizia,
convivialità.
E' un gesto che aiuta a sperare e a credere che è possibile cambiare.
Mettetevi nei panni di chi educa: alla puntualità. In aula non si entra in
ritardo. A Savona i ragazzi che accumulano troppi ritardi sono indirizzati a
lavori socialmente utili per capire che il rispetto dell’orario è importante.
Intanto si dice che essere in orario vale per tutti, ma non per i politici di
Lazio e Lombardia. Lo dice il governo, cioè quello che dovrebbe essere l’esempio
civile più alto da seguire.
Mettetevi nei panni di chi educa: si invita allo studio, alla fatica
dell’attenzione, alla gioia della conoscenza.
Poi si vedono e si sentono politici che non sanno nulla di storia, che a mala
pena sanno scrivere, che non sanno formulare un pensiero logico e non sanno
niente della Costituzione italiana.
Mettetevi nei panni di chi educa: si dice “non drogatevi, non fumate, non
bevete, vi rovinate la vita”.
E poi ci sono politici che si sottopongono ai test e risultano positivi alla di
cocaina. Però se un ragazzo come ad esempio Stefano Cucchi viene sorpreso con la
“roba” può morire in carcere, se un parlamentare consuma coca non si può nemmeno
sapere chi sia.
Mettetevi nei panni di chi educa: si afferma “siamo solidali col più debole,
commemoriamo il Giorno della Memoria, rispettiamo chi viene da un altro paese,
accogliamolo, in greco e in latino la parola straniero è anche ospite, mai
clandestino”.
E poi arrivano le leggi xenofobe (in quell’asilo possono andare solo bambini
cattolici), arrivano i tetti di 30% di alunni stranieri nelle classi, arrivano
le epurazioni dei Rom coi bambini zingari (sporchi zingari) che non possono
andare a scuola perché continuamente cacciati.
Mettetevi nei panni di chi educa: si fanno giornate contro la mafia, si parla di
onestà (se non hai fatto i compiti devi dirlo, mica imboscarti), poi i politici
e i loro conniventi (imprenditori, sottosegretari, amministratori locali ecc.)
sono servi della criminalità organizzata, sono schiavi del denaro, sono proni
davanti al miraggio di chi sa quale potere, di chi sa quale ricchezza, comunque
transitoria.
Mettetevi nei panni di chi educa e parla di merito e valuta i compiti, le
interrogazioni e cerca di dare un minimo di cultura, di senso critico. Poi si
vede che l’igienista dentale del premier entra nel listino della Regione
Lombardia. Per quali meriti? Forse i denti del premier sono più importanti dei
problemi concreti dei precari? La fanciulla è bella non c’è che dire e dunque le
allieve belle perché mai dovrebbero studiare? I ricercatori precari sono
licenziati, le escort, le igieniste ecc. ecc. entrano in politica.
Mettetevi nei panni di chi educa e difende la libertà di parola, di
informazione, la libertà della conoscenza.
Poi si censurano i giornalisti “dissidenti”, i cortigiani prezzolati, invece, si
censurano da soli, le voci discordi sono infangate, il pensiero diventa uniforme
come una grigia cappa di smog sulla testa di tutti (o quasi).
Mettetevi nei panni di chi educa e aiuta i giovani a preparare il futuro loro e
nostro, di tutti. Mettetevi nei panni di chi cerca di insegnare il rispetto:
dell’altro, delle regole, della legge, del più debole, il rispetto di se stessi.
E poi si guarda intorno e non può fare a meno di chiedersi: quale rispetto di sé
avranno mai queste persone che, per interessi personali così piccoli, così a
breve termine – sono tutti vecchi - distruggono il nostro futuro?
La scuola (e ogni istituzione educativa compresa la famiglia) sta andando allo
sfascio, non serve una riforma (di cui non parlo per non deprimermi ancor di
più), servono esempi e cultura tanta cultura ormai così fuori moda, soprattutto
così scomoda.
Eppure la brace dell’intelligenza non si spegne mai del tutto, questa è l’unica
rara e preziosa consolazione di chi cerca di educare a dispetto e contro ogni
logica, contro mille ostacoli, contro una realtà, soprattutto politica,
soprattutto in Italia, soprattutto di questo governo, veramente incapace,
ignobile, impresentabile.
“Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio
per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare
». (Marco, 9)
E’ il Vangelo non qualche filosofo anarchico o comunista!
(9 marzo 2010) Amnesty International ha denunciato che la realizzazione di
collegi per bambini e bambine rom e "il distacco graduale dal loro attuale stile
di vita negli insediamenti" sono provvedimenti discriminatori e rappresentano un
evidente attacco al modo di vivere dei rom.
Secondo quanto dichiarato l'8 marzo dal primo ministro slovacco Robert Fico, il
governo proporrà un piano per cui i bambini e le bambine rom saranno prelevati
dagli insediamenti e messi in collegi.
"L'idea che i bambini rom debbano essere sottratti alle loro famiglie e messi
in collegi, quando potrebbero ricevere un'istruzione in scuole normali vicine
alle loro case, va chiaramente contro il miglior interesse del bambino" - ha
dichiarato Halya Gowan, direttrice del Programma Europa e Asia Centrale di
Amnesty International.
Il fatto che alcune famiglie rom, come altre non rom in Slovacchia, vivano in
insediamenti e abbiano difficoltà nel portare avanti l'istruzione dei bambini a
causa di povertà, barriere linguistiche e altri fattori, mette in evidenza la
necessità che il governo garantisca supporto e assistenza a tutti per superare
queste barriere.
Amnesty International già in precedenza aveva espresso grave preoccupazione per
la discriminazione e segregazione dei bambini rom nelle scuole slovacche,
compreso il loro inserimento in scuole speciali e in classi per alunni con
"disabilità mentali".
L'organizzazione per i diritti umani chiede al governo slovacco di affrontare il
punto centrale del problema, vale a dire la persistente discriminazione dei
bambini rom nell'accesso all'istruzione, che deve essere superata attraverso una
riforma del sistema educativo che assicuri realmente l'istruzione di tutti i
bambini. Il governo deve fornire adeguato sostegno alle famiglie e agli alunni
che ne hanno bisogno, in modo che possano effettivamente partecipare e
sviluppare il loro massimo potenziale all'interno del sistema elementare
principale.
Una delle “maestre dei rom” ha scritto una lettera aperta per denunciare le
spaventose condizioni di vita. Alla Bovisa 8 famiglie vivono nelle fondamenta di
un palazzo mai terminato: “Ombre spaventate, che non escono nel prato per non
essere viste”
MILANO – Pubblichiamo integralmente una lettera scritta ieri da Flaviana
Robbiati, una delle “maestre dei rom” di Milano, che domenica scorsa è andata a
vedere dove vivono alcuni dei piccoli alunni rom che frequentano le scuole
milanesi, trovandoli in condizioni di vita spaventose. “Credevo di aver visto un
ventaglio esauriente di posti dove i rom continuamente scacciati si accampano,
compreso il girone dantesco della fabbrica crollata di Rubattino tra macerie e
topi (20 novembre). Quello che ho visto oggi è molto, molto peggio. Zona
Bovisa, un edificio a più piani mai terminato, di cui esistono solo pilastri
d’acciaio verticali e orizzontali e solette. Il tutto evidentemente abbandonato
da anni”.
“Dal marciapiede spostando una lamiera si accede a un prato incolto, lo si
attraversa e si arriva all’edificio: nessuna traccia dei rom, non uno, non una
voce. Si costeggia il palazzo, cioè il suo scheletro, tra sporcizia e masserizie
e si comincia a scendere uno scivolo, fino ad infilarsi sotto il palazzo dove
nella semioscurità vivono 7 o 8 famiglie rom. Sottoterra e con la pochissima
luce che filtra, con le correnti fredde, molto fredde create da spazi pieni e
vuoti. Ci abituiamo alla poca luce (siamo in quattro, tre maestre e una signora
volontaria) e cominciamo a veder tende a igloo, bambini, persone: fantasmi,
ombre spaventate che non escono nel prato dove il sole rende la temperatura meno
rigida per non essere visti. Il popolo del sottoterra milanese. Tutti ci parlano
del freddo, ma ancora di più dello sgombero annunciato per domani. Nessuno si
lamenta, nessuno ci chiede alcunchè”.
“Mentre siamo lì una signora rom pulisce i fornelli (l’acqua la prendono alla
fontanella della piazza vicina), cambia i fogli di giornale che fanno da
tovaglia, scalda una pentola d’acqua e lava le stoviglie. Un’altra scopa il
pavimento di cemento: lo spazio in cui stanno è pulito, nelle tende regna
l’ordine, ma è un posto da topi, siamo sottoterra al freddo e all’umido
puzzolente. Una nostra scolara di 10 anni, ci chiede un libro per studiare: lei
a scuola ci andava, ma i continui sgomberi hanno reso impossibile la frequenza.
Ci chiede quando potrà tornare. Per tutto il tempo che stiamo lì non uscirà mai
dalle braccia della sua maestra”.
“Un altro bambino, di 6 anni, quando vede la sua maestra si ferma immobile e
resta così per un po’, ma intanto la faccina gli si trasforma e diventa un unico
grande sorriso, sembra che gli scoppi la luce dentro. Poi le corre incontro e le
salta in braccio. Verso di noi solo rispetto, tanto rispetto e grande
educazione, verso i bambini coccole e tenerezza. Noi ce li coccoliamo i nostri
scolari e anche i loro fratellini. Mi chiedo in quale altra parte del mondo le
persone sono costrette a vivere così e con la paura di essere scacciati anche
dai sotterranei: forse nelle fogne di Bucarest? Forse nell’Africa più ingiusta?
Forse nelle favelas del Brasile? Ci è difficile venire via da lì, e quando
usciamo non commentiamo.
Una donna rom ci augura “buon 8 marzo”.
BBC News - C'è una diffusa preoccupazione sulla marginalizzazione dei Rom in
Europa
La Corte Europea dei Diritti Umani ha stabilito che la Croazia ha
discriminato gli studenti rom [...] mettendoli in classi per soli rom.
Lo stato croato ha replicato che le classi separate erano intese per aiutare
i Rom a mettersi in pari con gli altri studenti.
Quindici ex studenti di origine rom hanno testimoniato che la
sistemazione era una forma di discriminazione razziale e violava il loro diritto
all'istruzione.
Alla Croazia è stato chiesto di pagare 4.500 €u. [...] ad ognuno di loro per
danni.
Nel 2008, la Corte Europea dei Diritti Umani aveva rigettato gli argomenti
degli ex studenti, ma martedì il verdetto è stato capovolto dalla corte
d'appello.
"Gruppo svantaggiato"
Sono passati otto anni da quando il caso è sta presentato in Croazia - che
attualmente sta negoziando l'accesso all'Unione Europea.
Tutti hanno lasciato la scuola, ed hanno avuto dei figli a loro volta,
riporta per la BBC Nick Thorpe (leggi anche
QUI ndr) dalla Croazia.
Gli ex studenti hanno frequentato la scuola pubblica nei villaggi di Macinec
e Podutren nella Croazia settentrionale, in periodi differenti tra il 1996 e il
2000.
Il tribunale ha verificato che il tasso di abbandono della scuola primaria
tra i bambini rom era dell'84%.
"La corte ha ritenuto che non siano state messe in atto adeguate salvaguardie
in tempo appropriato per assicurare cure sufficienti ai bisogni speciali dei
richiedenti in quanto membri di un gruppo svantaggiato," recita il giudizio.
Il tribunale ha trovato che la Croazia ha sbagliato nell'indirizzare le
presunte deficienze degli ex studenti nella lingua croata attraverso un
apprendimento speciale.
L'assegnazione degli ex studenti a classi per soli rom è stata fatta sulla
base di valutazioni "psico-fisiche", piuttosto che su test linguistici, continua
il giudizio.
Il tribunale ha anche detto che la Croazia ha violato i diritti dei
querelanti ad un equo processo, dato che i procedimenti giudiziari sono stati
condotti per un periodo "eccessivo".
Il Ministro dell'Istruzione ha proposto l'introduzione nelle scuole di
lezioni di lingua e cultura romanì, per incoraggiare gli studenti rom e
rafforzare l'integrazione nella società. Il piano, riportato questa settimana
dal giornale Lidové noviny, è ancora ai primi passi - il ministro intende
lanciare un progetto pilota in alcune scuole. Ma è stato ben accolto dalle OnG
che lavorano per il miglioramento degli standard educativi tra i Rom.
La lingua e la cultura romanì non caratterizzano i curriculum scolari della
scuola ceca. Un gruppo di illuminati incaricati del Ministero dell'Istruzione
vogliono un cambio, ed hanno scelto diverse scuole con un'alta percentuale di
studenti rom per un progetto pilota. Tramite questo schema, gli studenti
potranno scegliere una classe accessoria di lingua, storia e cultura romanì.
Lo schema non è inteso solo perché gli studenti rom diventino più coscienti
della loro cultura; il Ministero dell'Istruzione vuole che le classi siano
disponibili anche ai ragazzi non-Rom. Il ministero ritiene che se gli altri
ragazzi impareranno di più sul retroterra dei loro compagni di classe, questo
contribuirà a rompere le barriere nella società ceca tra i Rom e la società
maggioritaria.
E' una meta ambiziosa [...]. Però non è chiaro nella pratica quanto successo
avrà l'iniziativa.
Si stima che vivano nella Repubblica Ceca 250.000 Rom, ma è una comunità
definita da tutti i segni dell'esclusione sociale: alta disoccupazione, povera
salute, aspettative di vita più corte e bassi standard educativi. Diversi
governi hanno tentato di affrontare l'ultimo problema, con poco successo.
Molti ragazzi rom finiscono nelle scuole speciali per chi ha difficoltà
d'apprendimento. Quanti riescono a rimanere nel sistema educativo regolare
spesso si trovano a frequentare classi di soli Rom, in quanto i genitori
"bianchi" disiscrivono i loro figli da quelle che percepiscono come "scuole di
zingari".
Apro una parentesi, con una poesia di Paul Polansky, tratta
da "Undefeated" - Multimedia Edizioni
UNA SCUOLA SPECIALE
Ho sempre saputo che mia figlia era brillante,
Faceva disegni pieni di dettagli,
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati,
suonava il piano prima di avere cinque anni.
Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola.
Il suo ceco non era abbastanza buono,
aveva bisogno di aiuto con la grammatica.
Il preside accettò di incontrarci.
Disse che nostra figlia era una bella bambina,
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe.
Alla fine acconsentimmo.
Firmammo il foglio.
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata.
Ma ora quando la porto a piedi a scuola,
e vedo la targa sull'edificio,
mi si spezza il cuore.
Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per
ritardati mentali.
...e chiudo la parentesi:
Paul Polansky è stato tra i primi a testimoniare il saccheggio del
Kosovo e la distruzione della sua comunità rom. Si deve a lui se è venuto alla
luce lo scandalo dell'avvelenamento
da piombo nei campi profughi del Kosovo. Poeta, romanziere, antropologo
conosciuto in tutto il mondo, settimana scorsa era a Milano, tra l'indifferenza
generale e 15 persone ad ascoltarlo. A maggio tornerà in Italia, e vorrei
preparargli un'accoglienza migliore.
A nove anni capii di essere differente e non capivo perché. Ero sempre stata
una bambina felice. A scuola avevo molti amici. Ma tutto questo cambiò in
quinta.
In Bulgaria, come in molte parti dell'Europa dell'Est, i bambini rom non
hanno accesso all'istruzione di qualità. I bambini rom nelle scuole segregate
vengono promossi senza saper leggere o scrivere. Nella città dove son nata,
abbiamo una scuola segregata sino alla quarta. La scuola è a soli 100 metri da
casa mia, ma mia madre non voleva che andassi là. Sapeva che non avrei ricevuto
una buona istruzione e mi iscrisse alla scuola pubblica per gli studenti
bulgari.
La decisione non fu facile. Il percorso da e per la scuola era difficile.
Anche mio padre ed i nonni non erano d'accordo con la sua decisione. Non
capivano perché avrei dovuto andare a scuola così lontano da casa e separarmi
dai miei cugini. Ma mia madre sapeva il perché. Sapeva quanto fosse importante
l'istruzione. Mi protesse dall'essere presa in giro dai bambini della scuola. I
miei genitori decisero di parlarmi soltanto in bulgaro così da non sviluppare
accenti particolari. Ma non poterono proteggermi a lungo.
Quando fui in quinta, i bambini rom del mio quartiere iniziarono a
frequentare la mia stessa scuola. Erano amici d'infanzia e così parlavo e
giocavo con loro. Ma una alla volta le mie compagne di classe si allontanarono
da me quando mi videro interagire con i nuovi compagni rom. Mi indicarono
chiamandomi "zingara". Non sapevo perché. Era qualcosa di sbagliato? Perché
pensavano che fossi differente? Mi sentivo colpevole, come se avessi fatto
qualcosa di sbagliato.
Da allora furono insulti, umiliazioni e comportamenti aggressivi da parte
delle mie compagne e persino da qualche maestra. Non ho mai detto ai miei
genitori o condiviso con qualcuno cosa succedeva a scuola. Mi sentivo in
imbarazzo.
Nonostante quegli anni difficili ho sempre avuto mia madre ad incoraggiarmi
nel continuare gli studi. Mi sono diplomata ed ho iniziato a studiare
giornalismo nell'Università di Sofia. Ma persino all'università non ho potuto
scappare dai pregiudizi della gente. Alla prima lezione gli studenti iniziarono
a discutere di "zingari puzzolenti". Per un momento mi preoccupai che mi
avessero riconosciuta. Ma non sapevano che fossi Rom. Non gli passava per la
mente che potesse esserci una studentessa rom che frequentava il loro corso.
Fu all'università che iniziai ad interessarmi alla storia, alla lingua ed
alla cultura del popolo rom. Lessi libri sulla sturia dei Rom, ed ebbi la
possibilità di incontrare altri studenti, insegnanti, giornalisti ed
intellettuali di origine rom. Dopo che mi laureai, iniziai a lavorare come
reporter per il giornale rom Drom
Dromendar. Capii presto che non avevo niente di cui vergognarmi. Sono una
donna rom e ne sono orgogliosa.
Violeta Naydenova
nel video, "I'm a European Roma Woman." (per
chi legge su Facebook, il
link al video,
ndr)
Molti dei miei simili non condividono questo punto di vista. Molti giovani rom
oggi crescono senza mai sapere della loro storia e di chi sono realmente. Molti
Rom di successo nascondono la loro vera identità. Si nascondono come facevo io.
Molti stereotipi radicati nella nostra società ci fanno sentire come cittadini
di seconda classe; come se non fossimo parte della società ed appartenessimo
solo ai ghetti e alle mahalle.
I Rom sono il più grande gruppo minoritario in Europa. Soffrono di alti tassi
di analfabetismo, disoccupazione e povertà. Ancora non abbiamo un approccio
mirato e coordinato per affrontare questi problemi. L'Europa non può ancora
ignorare i Rom.
L'Europa deve prevedere l'accesso all'istruzione di qualità per tutti i
bambini. Nonostante le decisioni per una riforma in questo senso della Corte
Europea dei Diritti Umani rivolte contro la Repubblica Ceca, la Grecia ed,
appena un mese fa, la Croazia, ai Rom viene regolarmente negato un pari accesso
all'istruzione. L'Europa deve iniziare a mettere in discussione le questioni di
identità - assicurandosi che gli studenti imparino l'uno dall'altro, sulle loro
differenze e sul fatto che la diversità non è un male. Al contrario, la
diversità è qualcosa che arricchisce tutti.
La decisione di mia madre di mandarmi alla scuola pubblica mi ha cambiato la
vita. Ora lavoro per aiutare a cambiare la vita di altri giovani rom. Presso
l'Open Society Institute aiuto i Rom dell'Europa Centrale ed Orientale ad
ottenere tirocini e formazione scolastica. Queste opportunità insegnano ai
giovani rom come diventare i migliori avvocati di se stessi e migliorare la loro
comunità.
Ma non possiamo farlo da soli. Assieme a noi l'Europa deve impegnarsi per
assicurare che tutti Rom abbiano pari accesso all'istruzione di qualità - ed
espandere e consolidare una nuova generazione di donne e uomini rom che guidino
la loro comunità ad un cambiamento reale in tutte le sfere pubbliche delle loro
vite.
Sára (17 anni) ha tre fratelli e tre sorelle. Attualmente studia alla Scuola
Superiore per l'Impresa e la Legge a Brno, ama cantare e vorrebbe entrare in
affari una volta finiti gli studi. Recentemente ha passato diverse settimane
negli USA, dove ha fatto esperienza ed ha esposto le sue idee che vuole
applicare nel lavoro con i bambini della comunità rom. In altre parole, questa
giovane intelligente ha già fatto tanta strada. E' anche una Romnì.
Incontrai Sára la prima volta presso l'OnG IQ Roma servis, dove frequentava
le lezioni di canto e contribuiva alla rivista Romano VIP. E' sorprendente
quanto carisma si irradia da questa giovane e quanta ambizione abbia. Si
vede nel futuro come imprenditrice, ma vorrebbe anche essere più coinvolta con
eventi che abbiano a che fare con la comunità rom. Intende focalizzarsi
soprattutto sul lavoro coi bambini, in quelle attività che non solo li
aiutino a passare meglio il loro tempo, ma anche a sviluppare le loro
personalità. Ha inoltre programmi ancora più audaci: nel futuro vorrebbe
contribuire ad avvicinare la comunità rom e la maggioranza e cancellare i
rispettivi pregiudizi e barriere sociali.
Anche se Sára è piena di giovanile ottimismo, è troppo penosamente
completamente cosciente della complessità della situazione nella Repubblica Ceca
in cui si trova la minoranza rom. Già in tenera età, ha avuto esperienza diretta
della discriminazione razziale. Come racconta, "credo che i Cechi non siano
abituati a chi ha un aspetto differente dalla maggioranza, per esempio, a quanti
hanno un colore di pelle differente. Trattano questa gente con sospetto, se non
razzismo. Non riguarda soltanto l'attitudine verso i Rom, ma anche verso gli
stranieri." Sára ha notato questo comportamento ambiguo verso chi è differente,
sulla base delle sue esperienze personali: "A volte quando la gente non mi
conosce mi giudica secondo il mio aspetto, si comporta differentemente nei miei
riguardi, lasciatemi conoscere come differente." Tuttavia, Sára passa sopra
queste esperienze ed accetta la vita come è.
Una persona che vive come parte di una minoranza, che sia etnica, razziale o
religiosa, sperimenta il mondo da una prospettiva differente rispetto a chi vive
come parte della società maggioritaria. I componenti delle minoranze provano
preoccupazioni che chi non è passato da queste esperienze può immaginare a
fatica. Ci sono momenti spiacevoli quando qualcuno vi grida dietro a causa del
vostro aspetto. C'è la sensazione di minaccia quando si passa accanto ad un
gruppo di teste rasate. Non conoscete sensazioni simili. Per Sára, è
un'esperienza di tutti i giorni essere osservata con attenzione dallo staff di
un negozio perché pensano che possa rubare qualcosa, o che qualcuno eviti di
sedersi accanto a lei sul bus.
Nonostante tutto questo, Sára non molla e persegue i suoi sogni. Ricava il
suo entusiasmo dalla motivazione avuta dalla permanenza negli USA, dove, come
dice, ha capito che se gli altri possono raggiungere i loro desideri, anche lei
lo può.
This article was originally published in Romano hangos 5-2010 at
http://www.srnm.cz - Radka Svaèinková,
translated by Gwendolyn Albert
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