Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
A nove anni capii di essere differente e non capivo perché. Ero sempre stata
una bambina felice. A scuola avevo molti amici. Ma tutto questo cambiò in
quinta.
In Bulgaria, come in molte parti dell'Europa dell'Est, i bambini rom non
hanno accesso all'istruzione di qualità. I bambini rom nelle scuole segregate
vengono promossi senza saper leggere o scrivere. Nella città dove son nata,
abbiamo una scuola segregata sino alla quarta. La scuola è a soli 100 metri da
casa mia, ma mia madre non voleva che andassi là. Sapeva che non avrei ricevuto
una buona istruzione e mi iscrisse alla scuola pubblica per gli studenti
bulgari.
La decisione non fu facile. Il percorso da e per la scuola era difficile.
Anche mio padre ed i nonni non erano d'accordo con la sua decisione. Non
capivano perché avrei dovuto andare a scuola così lontano da casa e separarmi
dai miei cugini. Ma mia madre sapeva il perché. Sapeva quanto fosse importante
l'istruzione. Mi protesse dall'essere presa in giro dai bambini della scuola. I
miei genitori decisero di parlarmi soltanto in bulgaro così da non sviluppare
accenti particolari. Ma non poterono proteggermi a lungo.
Quando fui in quinta, i bambini rom del mio quartiere iniziarono a
frequentare la mia stessa scuola. Erano amici d'infanzia e così parlavo e
giocavo con loro. Ma una alla volta le mie compagne di classe si allontanarono
da me quando mi videro interagire con i nuovi compagni rom. Mi indicarono
chiamandomi "zingara". Non sapevo perché. Era qualcosa di sbagliato? Perché
pensavano che fossi differente? Mi sentivo colpevole, come se avessi fatto
qualcosa di sbagliato.
Da allora furono insulti, umiliazioni e comportamenti aggressivi da parte
delle mie compagne e persino da qualche maestra. Non ho mai detto ai miei
genitori o condiviso con qualcuno cosa succedeva a scuola. Mi sentivo in
imbarazzo.
Nonostante quegli anni difficili ho sempre avuto mia madre ad incoraggiarmi
nel continuare gli studi. Mi sono diplomata ed ho iniziato a studiare
giornalismo nell'Università di Sofia. Ma persino all'università non ho potuto
scappare dai pregiudizi della gente. Alla prima lezione gli studenti iniziarono
a discutere di "zingari puzzolenti". Per un momento mi preoccupai che mi
avessero riconosciuta. Ma non sapevano che fossi Rom. Non gli passava per la
mente che potesse esserci una studentessa rom che frequentava il loro corso.
Fu all'università che iniziai ad interessarmi alla storia, alla lingua ed
alla cultura del popolo rom. Lessi libri sulla sturia dei Rom, ed ebbi la
possibilità di incontrare altri studenti, insegnanti, giornalisti ed
intellettuali di origine rom. Dopo che mi laureai, iniziai a lavorare come
reporter per il giornale rom Drom
Dromendar. Capii presto che non avevo niente di cui vergognarmi. Sono una
donna rom e ne sono orgogliosa.
Violeta Naydenova
nel video, "I'm a European Roma Woman." (per
chi legge su Facebook, il
link al video,
ndr)
Molti dei miei simili non condividono questo punto di vista. Molti giovani rom
oggi crescono senza mai sapere della loro storia e di chi sono realmente. Molti
Rom di successo nascondono la loro vera identità. Si nascondono come facevo io.
Molti stereotipi radicati nella nostra società ci fanno sentire come cittadini
di seconda classe; come se non fossimo parte della società ed appartenessimo
solo ai ghetti e alle mahalle.
I Rom sono il più grande gruppo minoritario in Europa. Soffrono di alti tassi
di analfabetismo, disoccupazione e povertà. Ancora non abbiamo un approccio
mirato e coordinato per affrontare questi problemi. L'Europa non può ancora
ignorare i Rom.
L'Europa deve prevedere l'accesso all'istruzione di qualità per tutti i
bambini. Nonostante le decisioni per una riforma in questo senso della Corte
Europea dei Diritti Umani rivolte contro la Repubblica Ceca, la Grecia ed,
appena un mese fa, la Croazia, ai Rom viene regolarmente negato un pari accesso
all'istruzione. L'Europa deve iniziare a mettere in discussione le questioni di
identità - assicurandosi che gli studenti imparino l'uno dall'altro, sulle loro
differenze e sul fatto che la diversità non è un male. Al contrario, la
diversità è qualcosa che arricchisce tutti.
La decisione di mia madre di mandarmi alla scuola pubblica mi ha cambiato la
vita. Ora lavoro per aiutare a cambiare la vita di altri giovani rom. Presso
l'Open Society Institute aiuto i Rom dell'Europa Centrale ed Orientale ad
ottenere tirocini e formazione scolastica. Queste opportunità insegnano ai
giovani rom come diventare i migliori avvocati di se stessi e migliorare la loro
comunità.
Ma non possiamo farlo da soli. Assieme a noi l'Europa deve impegnarsi per
assicurare che tutti Rom abbiano pari accesso all'istruzione di qualità - ed
espandere e consolidare una nuova generazione di donne e uomini rom che guidino
la loro comunità ad un cambiamento reale in tutte le sfere pubbliche delle loro
vite.
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