Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 27/05/2007 @ 09:46:59, in media, visitato 2829 volte)
Da Hungarian Roma
Mi chiamo Csaba Báder. Vorrei informarvi che settimana scorsa abbiamo lanciato un network sociale in Internet, chiamato Zhoriben.net. Nostri partners sono RomNet-Media Foundation e Rádió C (Gipsy Radio).
Il linguaggio di default è il lovara, il più comune dialetto romani in Ungheria. Il sito è internazionale, oltre al lovara è disponibile in inglese, tedesco, ceco, slovacco, croato e rumeno. Intende favorire il più vasto coinvolgimento dei Rom in Internet, la diffusione del linguaggio e della cultura, come anche promuovere reti e comunicazioni tra i Rom ed anche i non-Rom. In futuro vorremmo integrare altri linguaggi, inclusi altri dialetti rom.
Gli sviluppatori del software hanno come referenza iwiw.hu, un network sociale ungherese con oltre 2 milioni di utenti [...]
Sarei contenta di invitarvi. Scrivetemi a badercs@romnet.hu
Csaba Báder
Di Fabrizio (del 27/05/2007 @ 12:31:01, in scuola, visitato 2411 volte)
Pubblicato su
Rom
Sinti @ Politica, con richiesta di diffusione
Da mesi tutti i bambini Rom e Sinti che vengono
forzatamente e “legalmente” allontanati dopo l’abbattimento delle
loro povere baracche dalle ruspe, vagano per la Capitale in cerca di un posto
dove dormire.
Vista l’insensibilità e l’ipocrisia dei nostri politici, sul concetto di
solidarietà e legalità, come mamma e insegnante, mi rivolgo a tutte le
persone che hanno a cuore i bambini e chiedo loro di sottoscrivere e diffondere
questa foto con uno degli articoli della Convenzione Internazionale sui diritti
dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989 e ratificata anche dall’Italia
Articolo 2 della Convenzione
1.Gli Stati parti s'impegnano a rispettare i diritti che sono enunciati nella
presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo nel proprio ambito
giurisdizionale, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di
sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, del
fanciullo o dei suoi genitori o tutori, della loro origine nazionale, etnica o
sociale, della loro ricchezza, della loro invalidità, della loro nascita o di
qualunque altra condizione.
2.Gli Stati parti devono adottare ogni misura appropriata per assicurare che il
fanciullo sia protetto contro ogni forma di discriminazione o di sanzione
motivata dallo status, le attività, le opinioni espresse o il credo dei suoi
genitori, dei suoi tutori o di membri della sua famiglia.
Quanti volessero sostenere questo appello, sono pregati di:
- inserirlo nei loro blog
- inviarlo ai loro amici e conoscenti pregandoli di fare la stessa operazione
- trasmetterlo ai vari organi di stampa e informazione
- consegnarlo a persone dello spettacolo, della cultura, del cinema, della
musica,dello sport….
- coinvolgere le varie organizzazioni sindacali
- esporre il volantino nei luoghi di lavoro, di culto, presso le università…..
- farlo pervenire all’Unicef e a tutte le associazioni che si occupano di minori
- ………
Maria Grazia Dicati
“La tua casa non c’è più e dovunque andrete vi manderemo via”
(Foto di Simona Caleo)
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 09:54:52, in casa, visitato 2703 volte)
ITALIA. Per le città, un nuovo patto sociale - di solidarietà!!!
Se è vero che sicurezza e legalità non sono né di destra né di sinistra, va detto con chiarezza che anche il razzismo non è né di destra né di sinistra: è razzismo e basta, e l’apartheid è apartheid ovunque, anche nella nostra società democratica. Documento ARCI Toscana, COSPE e Fondazione Michelucci sui "patti di sicurezza" - a cura di pfls
venerdì 25 maggio 2007.
[...] Le nostre città non hanno bisogno di patti che interpretino la sicurezza esclusivamente in chiave di controllo e di criminalizzazione. La sfida da accettare è piuttosto quella di mettere in campo politiche urbane, abitative, sociali, culturali in grado di assicurare solidarietà, partecipazione e diritti, con procedure democratiche adeguate alla diversità delle popolazioni che vi sono presenti [...]
Per le città chiediamo un patto di solidarietà
Nel momento in cui vengono proposti "patti per la sicurezza" tra governo e amministrazioni comunali, presentati come rimedio al degrado delle città, chiediamo agli amministratori delle nostre città di non abdicare al loro ruolo di governo del territorio, di non rinunciare alle politiche inclusive e solidali che con fatica sono state costruite in collaborazione con tante associazioni, di continuare a perseguire una coesione sociale non fondata sull’esclusione delle figure più deboli e stigmatizzate.
Le nostre città non hanno bisogno di patti che interpretino la sicurezza esclusivamente in chiave di controllo e di criminalizzazione. La sfida da accettare è piuttosto quella di mettere in campo politiche urbane, abitative, sociali, culturali in grado di assicurare solidarietà, partecipazione e diritti, con procedure democratiche adeguate alla diversità delle popolazioni che vi sono presenti.
E’ preoccupante la piatta adesione di organi di stampa e forze politiche del campo della sinistra alla campagna su ordine e sicurezza, è preoccupante la volontà di contendere alla destra il primato dell’intransigenza verso i capri espiatori di turno.
E’ preoccupante che si rinunci a contrastare con la forza di proposte e di politiche inclusive i proclami xenofobi e razzisti della destra che tenta di capitalizzare l’indubbia presenza di una fascia di cittadini ed elettori sensibili ai timori per la presenza di stranieri sul territorio.
E’ l’effetto perverso delle recenti elezioni francesi che ha persuaso autorevoli rappresentanti di forze politiche e intellettuali di riferimento che si possa interpretare meglio - o solo più facilmente - l’inquieta società contemporanea assecondandone le ansie e le paure (del futuro precario, del lavoro che manca, delle protezioni sociali che diminuiscono, e forse anche dell’immigrazione) piuttosto che affrontandone le cause, più complesse e difficili da risolvere.
Il prezzo da pagare a questo nuovo realismo politico, incardinato sulla "tolleranza zero", è la cancellazione di 15 anni di impegno, di vertenze, di politiche per la convivenza, di faticosi percorsi di inclusione di ormai milioni di immigrati, per uno sviluppo democratico e interculturale della società italiana.
Il primo frutto velenoso di questa campagna sono i "patti per la sicurezza" che il Ministero dell’Interno sta stipulando con alcune grandi città italiane, in primis Roma e Milano. Infatti, tra le misure previste da questi patti, oltre a consueti strumenti di lotta al crimine come l’aumento dell’organico di polizia, figurano la delega ai prefetti per la localizzazione dei campi nomadi, e nientemeno che la delocalizzazione dei quartieri "etnici".
Cosa c’entrino i cinesi di via Paolo Sarpi a Milano, o di via Pistoiese a Prato o dell’Esquilino a Roma, con la lotta alla criminalità nessuno lo ha spiegato; e in quale misura l’allontanamento dei campi nomadi dalle città verso improbabili campagne possa favorire l’inclusione dei Rom (o, se si vuole, il loro "rispetto delle regole"), anche questo nessuno si azzarda a motivarlo.
Se è vero che sicurezza e legalità non sono né di destra né di sinistra, va detto con chiarezza che anche il razzismo non è né di destra né di sinistra: è razzismo e basta, e l’apartheid è apartheid ovunque, anche nella nostra società democratica.
L’accreditamento di un nesso tra domanda di sicurezza e immigrazione, supportato dall’utilizzo di una (presunta) scientificità di dati sulla devianza degli immigrati, è giocato sull’effetto-annuncio piuttosto che su una attenta analisi delle cifre. Nessuno dei suoi propugnatori ha mai chiarito in cosa effettivamente consiste questo "bisogno di sicurezza" e in che cosa questo trovi motivazioni nell’immigrazione: piuttosto questa campagna ha utilizzato in maniera enfatizzata alcuni piccoli o grandi episodi di cronaca, questioni differenti e spesso indipendenti tra loro, artificiosamente e forzosamente collegate, in un rapporto tra cause ed effetti che risponde non alla realtà ma ad una sua rappresentazione drammatizzata a fini politici e propagandistici.
Le città sono oggi la frontiera sulla quale si scaricano gli effetti dell’economia globalizzata, che le politiche degli stati non riescono efficacemente a intercettare e regolare. Sono lo spazio vissuto nel quale si rappresentano le contraddizioni che una volta dividevano il mondo ricco da quello povero, e che nelle grandi aree urbane devono trovare una forma di governo non autoritaria e non escludente. Le città sono cerniere tra economia e società, tra culture e provenienze differenti; sono luoghi di incontro e di scontro. La costruzione dei modelli di convivenza non può avvenire al prezzo della condanna a un destino di emarginazione per individui e comunità che vi hanno radicato le loro speranze.
Arci Toscana
Cospe
Fondazione Michelucci
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 10:50:31, in Italia, visitato 2701 volte)
Ricevo da Mariagrazia Dicati
Dal blog :
Rom
Sinti @ Politica,
testimonianza di alcuni ragazzi delle scuole di Ostia (Roma) e video dello
sgombero di un campo nomadi avvenuto il 10 maggio in via Aldobrandeschi a
Roma
Siamo un gruppo di studenti di Ostia, delle
scuole Labriola, Anco Marzio, Faraday e Toscanelli.
Abbiamo letto con indignazione dello sgombero avvenuto a via
Capo Sperone di circa 15 romeni (tra cui 3 minori) la scorsa settimana.
Alcuni mesi fa, accorgendoci della presenza di questo campo, abbiamo
scelto una strada diversa da quella che tutti ci consigliavano, quella
che pareva più normale: disprezzare, distogliere lo sguardo, affidarci
ai pregiudizi.
Abbiamo scelto invece di andare a conoscere di persona questi uomini,
donne e bambini che lì vivevano nell’abbandono più totale.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, nessuno di noi è stato
minacciato, derubato o malmenato una volta entrati nel loro campo. Siamo
stati invece accolti con una simpatia e un calore tale da farci vergognare
dei nostri pregiudizi. Difficilmente tra i nostri coetanei italiani
abbiamo mai ricevuto un’accoglienza così bella.
Non solo ci hanno fatto entrare a casa loro, ma ogni volta che siamo
tornati ci hanno sempre trattato come ospiti d’onore.
Crescendo l’amicizia con loro, di settimana in settimana, ci siamo anche
accorti della condizione tragica in cui versava tutto il loro campo: niente
corrente elettrica, niente gas né acqua corrente, che andavano a prendere da
una fontanella a 500 metri di distanza.
continua
link dello sgombero
http://www.youtube.com/watch?v=LddCcwdsj-Y
Di Fabrizio (del 29/05/2007 @ 10:04:16, in casa, visitato 4101 volte)
La sottoscritta Paola
Cecchi del C.N.J. (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia) e dell’ass.
A.I.Z.O. rom e sinti sottopone alla vostra attenzione la situazione di 5
famiglie che si trovano attualmente a vivere in modo precario in Viale XI
Agosto nel cosiddetto “CAMPO NOMADI OLMATELLO”, va subito messo in evidenza
che nessun “nomade” vive in questo luogo, ma vivono tutti cittadini
Jugoslavi, la maggior parte sono originari della regione del Kosovo-Metohija,
la situazione nel campo è molto disagiata e le strutture dove sono
alloggiate le persone sono roulottes alcune in pessime condizioni,
attraverso una cooperativa interna il campo viene pulito regolarmente, molte
delle persone che vivono nel campo sono di etnia rom, i servizi come negozi,
autobus, ecc. sono molto distanti. Molte persone che prima vivevano nel
campo hanno avuto accoglienza come profughi in normali abitazioni o nel
corso degli anni hanno raggiunto i punti per poter avere un alloggio
popolare e sappiamo che di qui a breve diverse famiglie troveranno una
collocazione ed il campo dovrebbe essere chiuso, ma alcune nuclei “storici”
sono ritenuti dal quartiere 5 “non autorizzati” a stare nel campo e viene
loro intimato di lasciare, in breve, la precaria sistemazione dove vivono.
Si parla di 5 nuclei:
la famiglia Ibrahimi con due figlie piccole, la famiglia Bejzak con tre
piccoli (Edison ha 3 mesi)! La famiglia di Mustafa R. con due figli piccoli
e la giovane moglie è incinta ed altri due fratelli di Mustafa R. con
relative mogli e figli, quasi tutti i genitori sono nati in Italia o sono
arrivati da anni, i minori in totale sono 14 e sono tutti nati a Firenze e
stanno frequentando le scuole del quartiere, sappiamo che sono famiglie che
non sono certo in grado di sopportare le spese proibitive di un affitto.
Com’è noto in Kosovo
circa 300.000 persone di tutte le etnie, ma nella stragrande maggioranza
serbi e rom sono stati scacciati dalla loro terra nel 1999 e sono stati
costretti a diventare profughi!
Non scacciamo persone
che vivono da anni in baracche ! Cerchiamo insieme una sistemazione
dignitosa per queste persone e per questi piccoli.
In attesa di vostre
comunicazioni vi invio cordiali saluti
dott. Paola Cecchi
50144 Firenze
e-mail:
ristori @tin.itDestinatari:
Spett. sindaco
Leonardo Domenici, comune di Firenze
All’ass. Lucia De
Siervo comune di Firenze
Al pres. Eros
Croccolini comune di Firenze
Al cons. Pab Diaw
PRC comune di Firenze
Alla pres. IV
commissione Susanna Agostini comune di Firenze
Al cons. Jacopo
Borsi PRC quartiere 5 Firenze
Al cons Sandro
Targetti PRC capogruppo provincia di Firenze
Al cons. Aldo
Manetti PRC regione Toscana
Al cons. Mario
Lupi Verdi Regione Toscana
Ad Andrea
Martocchia - Coord. Naz. per la Jugoslavia
Alla pres.
A.I.Z.O. Carla Osella - Torino
Firenze 25 maggio 2007
Di Daniele (del 30/05/2007 @ 09:00:40, in Europa, visitato 2922 volte)
Da
La Stampa
Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina
guadagno di più"
BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia
perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare,
e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma
più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena
per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono
sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a
Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e
immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E
il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che
arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso
migratorio verso una particolare città italiana.
Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di
ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta
avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini
dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la
propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non
hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o
difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della
nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente
e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre
metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi,
nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania
che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano
accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri
romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci,
gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in
mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.
I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non
è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci.
«Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno
pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto
e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia
di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche
piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono
tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra
lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.
La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine -
dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa
storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno
aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino
all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro
Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di
Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né
roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie
dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze.
Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e
pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno.
Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.
La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di
elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi
intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da
gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo
periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro
per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì
mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha
un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la
Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a
matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però,
non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in
Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto
distrutta, è meglio che qui».
Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova.
«Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia
gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci
aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno
partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella
macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».
La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come
quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire
diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma
nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze
socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel
popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori
dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella
pratica quotidiana.
«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti,
possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i
giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una
guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è
stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono
le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate
dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's,
lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere
le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o
sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville
«che nemmeno i romeni hanno».
I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono
almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un
paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che
hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli
italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese -
dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa
non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per
lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore,
di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i
romeni e gli italiani».
5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI
Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due
milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per
l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di
consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla
necessità di avviare un dialogo».
La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a
Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica,
la tossicodipendenza».
Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il
problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati,
aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case
monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da
Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione
italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi
abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste,
occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di
lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di
sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono
alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi
che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».
Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania,
per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari.
Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi
sprecati».
E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge
lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti”
gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali.
Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come
prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla
pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare,
i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre
sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di
euro in avvocati».
COMUNICATO STAMPA
Un
Ponte per... Jasenovac
Mostra fotografica
dal 28 maggio all' 8 giugno
alla
Casa della pace della Provincia di Milano – Milano
Jasenovac. Sulle rive del fiume Sava. A un centinaio di chilometri a sud-est di
Zagabria. Nome che sta a indicare, in lingua serbo-croata, “bosco di frassini”,
il luogo in cui vennero commessi i crimini più efferati da parte del regime
croato degli ustascia (ustasce = insorti) con a capo il Poglavnik/Führer
Ante Pavelic, che appoggiò le potenze dell'Asse durante la Seconda guerra
mondiale. Il luogo in cui morirono tra le 500 e 700 mila persone, in prevalenza
serbi ortodossi, Rom, ebrei e croati dissidenti al regime di Pavelic.
La
mostra fotografica è stata realizzata da “MOST ZA BEOGRAD – UN PONTE PER
BELGRADO IN TERRA DI BARI” – Associazione culturale e di solidarietà con la
popolazione jugoslava, su foto e testi forniti dal MUSEO DELLE VITTIME DEL
GENOCIDIO DI BELGRADO, e tradotti con la collaborazione della cattedra di
serbo-croato dell'Università di Bari, di cui è titolare la prof. Svetlana
Stipcevic.
A
Milano, la mostra è stata organizzata dall'associazione "UN PONTE PER...",
insieme al COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA, OPERA NOMADI e
Associazione La Tenda (progetti balcanici di Antonio Furlan), e con il
contributo della Provincia di Milano, e vorrebbe illuminare la memoria comune su
una pagina buia della nostra storia.
Gli
scatti sui volti di numerosi bambini e bambine forniti dal Museo delle vittime
del genocidio di Belgrado testimoniano i vuoti, l'assenza, l'innocenza portata
via dalle nefandezze e dalla cieca brutalità della dittatura e della guerra.
Jasenovac è il segreto oscuro dell'Olocausto. Noi, dopo 60 anni, questo tabù lo
vorremmo svelare. Le vittime di Jasenovac ce lo chiedono.
Il 28 maggio alle ore 18 l’inaugurazione della
mostra:
ERANO SOLO BAMBINI
Jasenovac. Tomba di 19432 bambini e bambine
Apertura dei lavori alla presenza degli Assessori provinciali Irma Dioli,
Francesca Corso, Giansandro Barzaghi.
Interverranno:
Andrea Catone (Most Za Beograd, Bari)
Jovan
Mirkovic (Museo delle vittime del genocidio di Belgrado)
Giuseppe Zaccaria (giornalista de "La Stampa")
Maurizio Pagani (Opera Nomadi)
Coordina: Jasmina Radivojevic (Un Ponte per…)
Al
termine degli interventi l'attrice Dijana Pavlovic leggerà la poesia "La Foiba"
del poeta croato Ivan Goran Kovacic, accompagnata dal musicista Jovica Jovic.
La mostra si potrà visitare: dal 28 maggio all'8
giugno presso la Casa della Pace della Provincia di Milano, via Ulisse
Dini 7 (MM2 Abbiategrasso), Milano.
Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 09:45:55, in scuola, visitato 2870 volte)
Da
Bulgarian_Roma
UN ANNO SCOLASTICO DI SUCCESSO
Il 24 maggio è il giorno dell'alfabeto bulgaro. E' una grande
festa per gli studenti del primo grado. Quest'anno la festa è stata ancora più
grande per gli studenti del primo grado che vivono nel ghetto rom di Veliko
Turnovo.
Da più di un anno il Centro Amalipe ha iniziato a lavorare con
questi bambini e i loro genitori, per rompere il circolo vizioso delle scuole
speciali per bambini ritardati mentalmente che sono frequentate da molti bambini
del ghetto, la qual cosa porta alla miseria e alla disoccupazione.
Anke è una di loro. Era molto nervosa all'inizio della scuola,
l'anno precedente andava alla scuola speciale della città. Quest'anno è iscritta
nella scuola "normale". Sua madre voleva che fosse questo il suo nuovo inizio.
Per questo l'ha iscritta nuovamente in prima. Anke all'inizio aveva molta paura.
Chiedeva: "Mi picchieranno come facevano sempre nella scuola speciale? Mi
prenderanno in giro perché vengo dalla scuola speciale?"
Non è stato un facile inizio neanche per Ivan. Anche lui si è
iscritto in prima per la seconda volta. L'anno scorso era in un'altra scuola, ma
già il primo giorno era stato insultato da un insegnante ed i suoi genitori
l'avevano ritirato. Gli insegnanti della scuola speciale tentarono più volte di
convincerli a mandarlo a scuola. Rifiutarono. Sapevano che se Ivan voleva un
futuro migliore, doveva andare alla scuola normale. All'inizio per Ivan è stata
dura. Non aveva l'abitudine a stare in classe (e nemmeno nella scuola). La prima
settimana scappava da scuola per tornare a casa. Suo padre dovette prendere un
permesso per assentarsi dal lavoro e stare con Ivan a scuola finché non si è
abituato.
Anche per Georgi l'inizio è stato duro. A otto anni non era mai
andato a scuola e neanche all'asilo d'infanzia. La sua vita l'aveva vissuta per
le strade del ghetto. Non sapeva comunicare con gli altri bambini e non aveva
mai preso in mano una penna. Durante l'estate le insegnanti della scuola
speciale avevano provato ad iscriverlo. Senza successo, perché non voleva
sentire parlare di scuola. Il lavoro con i suoi genitori è stato il più
duro. C'è voluto più di un mese dall'inizio della scuola per convincerlo che non
c'era niente di male nell'andare a scuola.
Ora tutti e tre hanno terminato il primo grado alla scuola Petko
Rachev Slaveykov. E' una delle scuole migliori nel centro città. La mattina del
24 Anke, Ivan e Georgi hanno festeggiato con i genitori, ognuno di loro portando
un mazzo di fiori.
Inizia la festa. Viene chiesto ai bambini cosa hanno imparato
durante l'anno. I bambini scrivono, disegnano e fanno di conto. Le mani di Anke,
Ivan e Georgi si alzano contemporaneamente. Qualche volta rispondono giusto,
altre sbagliato - come gli altri bambini, rimanendo attivi. Sono contenti di
sentire il contatto e l'amicizia di insegnanti e compagni di classe.
Non è stato facile arrivare a questo 24 maggio.. Abbiamo
lavorato molto con i genitori dei nostri bambini. Assieme al direttore e agli
insegnanti abbiamo lavorato anche con i genitori degli altri bambini e con i
bambini stessi. Durante i nove mesi i volontari di Amalipe hanno svolto ogni
settimana attività con i bambini per aiutarli a convivere. Ora Anke è la
migliore della sua classe.
Anche gli altri bambini del ghetto sono scappati dalla trappola
delle scuole speciali e ora sono tra i migliori studenti delle loro classi. I
nove mesi hanno provato quanto sia importante per i bambini rom andare a scuola
come tutti gli altri. E' stato anche provato che i nostri ragazzi possono
farcela. Questi mesi d'altra parte hanno mostrato che per ottenere risultati
bisogna compiere molti sforzi - che coinvolgono tutti noi: gli stessi bambini, i
genitori, gli insegnanti, le OnG...
AMALIPE CENTER FOR INTERETHNIC DIALOGUE AND TOLERANCE, VELIKO TURNOVO
Bulgaria, Veliko Turnovo 5000,p.o.box 113, tel: 062/600-224, 600 541;
0888/681-134;
e-mail: deyan_kolev@yahoo.com,
center_amalipe@yahoo.com,
Di Fabrizio (del 31/05/2007 @ 13:47:02, in Europa, visitato 2441 volte)
E' uscito l'aggiornamento di maggio 2007 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Di Sucar Drom (del 01/06/2007 @ 10:38:49, in blog, visitato 1811 volte)
Roma, il Prefetto Serra vuole un accordo da AN al PRC per "educare" i Rom
Sconvolgente dichiarazione resa dal Prefetto Serra a Repubblica e pubblicata
nelle pagine dedicate alla Capitale, il 24 maggio 2007. Secondo il Prefetto di
Roma «Solo eliminando le cause della devianza e del degrado possiamo tentare una
vera opera di educazione sociale che porta all...
Verona, dalle prime proiezioni il leghista Tosi è il nuovo Sindaco
Le prime proiezioni dopo la chiusura delle urne, avvenuta alle ore 15.00, per le
elezioni amministrative a Verona indicano Flavio Tosi, candidato unico della
Casa della Libertà, al 55%. Il Sindaco uscente del centro sinistra, Zanotto,
viene accreditato al 37,3%.
Ricordiamo a tutti i lettori di sucardrom che il leghista Flavio Tosi è stato
...
Roma, intervista a Hamidovic Nedzad
Nell’intervista apparsa il 23 Maggio sul quotidiano RomaOne Hamidovic Nedzad,
Presidente della Cooperativa "Rom Bosnia Herzegovina", dichiara tutta la sua
contrarietà al progetto di costruire quattro grandi “campi nomadi”.
Il progetto è anche fortemente avversato dalla sinistra radicale e dalle ...
Chiasso (Svizzera), stop agli aiuti per il rientro ai cittadini UE
L’Ufficio federale delle migrazioni ha deciso di sopprimere i 700 franchi
versati come aiuto al rientro per i richiedenti l’asilo respinti provenienti
dall’Unione Europea.
Il motivo, ha spiegato Klara Turtschi dell’ufficio delle migrazioni, è dovuto al
fatto di voler evitare gli abusi di cui ultimamente la c...
Trieste, accordo tra Regione e Comune per due nuovi "campi nomadi"
"La realizzazione sul Carso triestino di un campo per nomadi stanziale e di uno
di transito è l'oggetto di un accordo quadro sottoscritto oggi dall'assessore
regionale alle Autonomie Locali, della regione Friuli Venezia Giulia, e dal
sindaco di Trieste".
L'accordo prevede "un intervento territoriale integrato, considerato di valenza
strategica e inserito nel Piano regionale ...
Roma, camminare lungo gli argini (e i margini) della città
Camminare per attraversare i confini sociali della metropoli, per scoprire nuove
forme di urbanità, per vedere e capire l'altro lato della città. Camminare come
pratica estetica, fare arte. Camminare per incontrare nuove tribù metropolitane.
Camminare per perdersi.
Camminano, gli studenti della facoltà di architettura dell'università Roma Tre.
Lo fanno da un po', almeno da quando alcuni de...
Missione Evangelica Zigana in Italia
In questi giorni si sta svolgendo a Mantova, come ogni anno, la manifestazione
religiosa della Missione Evangelica Zigana. Un ampio tendone da circo che
contiene 500 persone è stato alzato e circa un centinaio di roulotte si sono
posizionate nell'area di transito adiacente, predisposta dal Comune di Mantova
il passato inverno.
La Missione ...
Torino, interviene Carla Osella dell'A.I.Z.O.
Affrontare il tema Rom e Sinti sull’onda dell’emergenza non può che rendere più
difficile l'integrazione e alimentare fenomeni di intolleranza. E’ da un mese
che noi di Rifondazione chiediamo al sindaco e all’assessore un tavolo politico
sulla questione».
Mentre Luca Cassano, capogruppo di Rifondazione in Comune, critica i tempi
dell’assessore Marco Borgione, Carla Osella, presidente dell’ ...
San Remo (IM), "foglio di via" per due donne e un uomo Rom Rumeni
Alle 11,30 del 22 maggio 2007 gli agenti del Commissariato di Sanremo, nel corso
del mercato ambulante di piazza Eroi, hanno notato due donne che si aggiravano
con "fare sospetto" tra la folla.
In seguito a controlli le due rumene, di 26 e 30 anni, risultavano risiedere a
Genova Pontedecimo presso il "campo nomadi". A carico delle due sono stati
rilevati numerosi precedenti di polizia...
Roma, individuati tredici siti per concentrare i Sinti e i Rom
Sorgeranno fuori il Raccordo anulare, a sud, est e nord della Capitale, i
quattro grandi «villaggi della solidarietà» o, come si usava definirli fino a
qualche giorno fa, campi rom. Le aree individuate sono circa 13, prevalentemente
nei Municipi meno «carichi» e dove si dispone di servizi sociali adeguati.
È stato infatti lo stesso sindaco Veltroni, all’indomani della firma del «Patto
per ...
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