Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 14/03/2014 @ 09:00:14, in Italia, visitato 1432 volte)
13/03/2014 - Comunicati Stampa: Di sgombero in sgombero!
Il 3 marzo la polizia locale ha sgomberato il campo informale sito nelle
vicinanze dell'ospedale Sacco a Milano e questa mattina sono stati sgomberati
due insediamenti rom situati nella zona dell'ex caserma di Viale Forlanini. Sono
tutte persone provenienti da
sgomberi precedenti.
Questa mattina, la Polizia Locale, Polizia di Stato e Carabinieri, con il
supporto della protezione Civile, dell'Ufficio Nomadi del Comune e del
Coordinamento Rom, hanno proceduto all'ennesimo sgombero di insediamenti
occupati da famiglie di etnia rom.
Le modalità' di sgombero sono quelle a cui il Comune di Milano ha ormai
abituato, ovvero: assenza di ordinanza di sgombero, nessuna consultazione
precedente con le famiglie interessate, offerta alloggiativa deficitaria e solo
temporanea. In sostanza, il Comune milanese insiste nella sua miope pratica di
sgomberare interi nuclei famigliari con grande spreco di risorse pubbliche, in
aperto spregio dei diritti umani fondamentali di tali persone, nel mancato
rispetto degli standard internazionali e senza alcuna volontà' di trovare
soluzioni durature.
Le Autorita' milanesi, quindi, si adoperano con un importante spiegamento di
forze e risorse pubbliche per sgomberare - con cadenza almeno mensile - le
stesse persone, spostandole da un angolo all'altro del territorio comunale, con
brevi passaggi negli indecenti, sovraffollati e costosi centri di permanenza
temporanea.
"Il 3 marzo sono state sgomberate 60 persone senza che venisse offerta loro
alcuna soluzione alloggiativa che è stata invece in parte proposta alle 40
persone sgomberate stamani." dichiarano i volontari del Naga e gli operatori di
ERRC presenti allo sgombero. "Le persone sgomberate dieci giorni fa sono per
strada senza assistenza né accoglienza creando una situazione grottesca ed
incomprensibile. Fermo restando che le soluzioni alloggiative proposte dal
Comune si rivelano spesso inadeguate in quanto non rispettose dei bisogni e dei
diritti fondamentali dei cittadini rom - e infatti sono spesso giustamente
rifiutate - un minimo di accoglienza ci sembra il minimo che un'amministrazione
che possa offrire a chi vive sul suo territorio." Proseguono i volontari e gli
operatori.
"Ormai da tre anni aspettiamo dal Comune un segnale forte di discontinuità, gli
sgomberi rimangono invece l'unica risposta messa davvero in atto.
L'amministrazione dimostra così non solo di non riuscire a realizzare nessuna
pratica di discontinuità, ma di non riuscire nemmeno a immaginarsela. Forse
manca il coraggio di attuare una politica diversa. Di certo non manca il
coraggio di sgomberare". Concludono Naga e ERRC.
Naga ed ERRC continueranno a monitorare la situazione, ad assistere le persone
sgomberate e a chiedere che si trovino soluzioni strutturali per quella che,
dopo tanti anni, non deve più essere trattata come un'emergenza.
Info: Naga: 3491603305 - www.naga.it
- naga@naga.it
ERRC: Sinan Gökçen
Media and Communications Officer
European Roma Rights Centre
Tel. +36.30.500.1324
sinan.gokcen@errc.org
Di Fabrizio (del 15/03/2014 @ 09:07:41, in Italia, visitato 1165 volte)
13 marzo 2014
Ventidue scatti raccontano volti e momenti di vita di uomini, donne e bambini
appartenenti ai gruppi etnici più discriminati in assoluto in Italia e
nell'Unione Europea, i Rom e i Sinti. E' "Uno sguardo per incontrarsi", la
mostra fotografica itinerante che da domani, venerdì 14 marzo, apre i battenti
in Regione (viale Aldo Moro 21), in occasione della Settimana d'azione contro il
razzismo (17-23 marzo). Allestita grazie al progetto europeo "Roma-Matrix"
(finanziato dalla Commissione Europeaall'interno del programma "Fundamental
Rights and Citizenship"), di cui la Regione Emilia-Romagna è partner, la mostra
sfata attraverso le immagini del fotoreporter bolognese Mario Rebeschini i tanti
luoghi comuni, perlopiù negativi, su Rom e Sinti. 2745 persone, secondo i dati
ufficiali (pari allo 0,06% della popolazione complessiva), che vivono
stabilmente in Emilia-Romagna e che nel 90% dei casi sono cittadini italiani.
"La scelta di questa mostra non è casuale - spiega l'assessore alle Politiche
sociali Teresa Marzocchi -. Recentemente la giunta ha approvato le Linee guida
per rafforzare e potenziare l'operatività della rete regionale contro le
discriminazioni. Un problema sempre all'ordine del giorno: si pensi a quanto
accaduto alla squadra di calciatori marocchini a Forlì, cui va tutta la mia
solidarietà, fatta segno di continui insulti razzisti e per questo in qualche
modo indotta a ritirarsi dall'attività sportiva. Episodi gravissimi cui va posto
rimedio, lesivi anche nei confronti delle stesse associazioni sportive coinvolte
che sono, al contrario, costantemente impegnate nella lotta alle
discriminazioni".
"E se finora ci si era occupati prevalentemente di episodi legati
all'immigrazione - continua l'assessore -, i cinque anni d'attività del Centro
hanno dimostrato chiaramente come la casistica si sia progressivamente ampliata
verso altri fattori di discriminazione: l'età, la lingua, la religione o le
convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura,
l'appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la
disabilità, l'orientamento sessuale e così via. Non solo: assistiamo ultimamente
a una sovrapposizione di fattori, le cosiddette 'discriminazioni multiple'. Di
qui la necessità di migliorare gli strumenti di cui la Regione dispone. Ricordo
inoltre la nostra adesione a Ready, la Rete nazionale delle Pubbliche
Amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di
genere".
Per rafforzare l'efficienza del Centro contro le discriminazioni, la Regione
destinerà quest'anno 40mila euro alla prevenzione con il sostegno alle numerose
attività territoriali di educazione, informazione e sensibilizzazione. La
Regione inoltre è capofila del progetto Star (Sportelli Territoriali
Antidiscriminazioni in Rete): con i 126mila euro del Fondo europeo per
l'integrazione, viene finanziata la sperimentazione di diversi assetti e
funzioni dei punti che fanno parte della rete.
Il Centro regionale contro le discriminazioni: i dati
Centocinquantacinque, tra nodi, sportelli e antenne. E' questa la composizione
del Centro regionale contro le discriminazioni, il cui processo di costruzione è
stato avviato nel 2008. Il Centro può contare su una rete diffusa su tutto il
territorio (sportelli già attivi di Comuni e sindacati, sedi di associazioni del
terzo settore) che hanno deciso di includere le attività di prevenzione e
contrasto delle discriminazioni nel lavoro già svolto. Parallelamente alla
costruzione e formalizzazione delle rete, il centro regionale contro le
discriminazioni ha organizzato corsi di aggiornamento di base per le figure
incaricate da ciascun soggetto come referenti operativi
dell'antidiscriminazione. Complessivamente, dalla fine del 2008 a oggi, sono
stati trattati circa 300 casi di discriminazione (che si sono verificati
perlopiù in ambito lavorativo), segnalati direttamente alla rete dei punti
territoriali o attribuiti dal numero verde dell'Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Settimana d'azione contro il razzismo: gli appuntamenti in Emilia-Romagna
Anche quest'anno, in occasione della Settimana d'azione contro il razzismo, dal
17 al 23 marzo si svolgeranno numerose iniziative in tutta l'Emilia-Romagna:
proiezioni di film, presentazione di un'app, letture e laboratori per i giovani,
feste e aperitivi interculturali, banchetti informativi, flash mob e così via
(l'elenco completo sarà disponibile a breve all'indirizzo
http://sociale.regione.emilia-romagna.it/). Giovedì 20 marzo l'assessorato
Politiche sociali della Regione pubblicherà una newsletter dedicata.
Di Fabrizio (del 17/03/2014 @ 09:02:46, in Italia, visitato 1532 volte)
Il mattino di Padova 15 marzo 2014
L'intervento dell'associazione dopo le polemiche sul possibile acquisto di un
terreno a Mortise da parte di una famiglia Rom. "Non è degno di un paese civile
fare di tutta l'erba un fascio"
PADOVA. Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dell'Opera Nomadi dopo l'episodio
di qualche giorno fa a Mortise che ha visto alcuni residenti protestare contro
il possibile acquisto di un terreno da parte di una famiglia Rom
In tempi di campagna elettorale risulta facile a tutti cavalcare il malcontento
popolare, costruendo capri espiatori a cui rivolgere il livore e la frustrazione
che spesso hanno molteplici origini. Recentemente nel quartiere di Mortise
alcuni residenti sono insorti alla notizia che una famiglia di Rom stesse
cercando un terreno da acquistare nel quale stabilirsi per diventare stanziale.
La gente ha paura... i rom rubano, sporcano, deprezzano il valore delle case e,
come dichiarano alcuni, ci sono stati dei furti. Le indagini non hanno ancora
accertato i responsabili, ma il popolo è sicuro, ha già emanato la sua
sentenza... sono gli "zingari", quelli che abitano lì a fianco, perché sono
sempre loro...., storicamente è così!
Nessuno li vuole come vicini di casa, si sa poco di loro, ma tutti li conoscono:
ladri nel dna. Ma i Rom non sono tutti uguali, proprio come gli italiani, i
francesi, gli inglesi, i tedeschi ecc, ecc .... Non tutti rubano, c'è anche chi
lavora, chi manda i figli a scuola, chi fatica ad arrivare a fine mese come
tanti di noi. Ma questo non importa a nessuno, sono "zingari", quindi bisogna
tenerli lontani. Si sente dire che bisogna mandarli via tutti, ma dove? Spesso
si tratta di cittadini, con regolare residenza nel Comune di Padova (è il caso
di molti degli abitanti dell'area di Via Bassette). Poi ci sono i Rom italiani
che sono innanzitutto cittadini italiani, con eguali diritti e doveri di un
cittadino italiano. Chi delinque va giudicato, ma se cerca un terreno
edificabile per poter finalmente smettere di girare di parcheggio in parcheggio,
ha diritto di acquistarlo e di viverci in pace.
Ci mortifica sentire che queste polemiche si alimentano nel silenzio più totale
delle associazioni che a Padova hanno Convenzioni Comunali a favore dei Rom e
che dovrebbero difendere i loro diritti e la loro dignità di esseri umani. Ci
indigna dover leggere le dichiarazioni dell'Assessore al verde pubblico, che
vuole tenere lontani i Rom da Padova e allontanare per sempre quelli che
risiedono in Via Bassette. Discorsi come questi non si adattano all'immagine di
una persona che si dichiara di sinistra e che dovrebbe prima di tutto aver
chiaro il rispetto dei fondamentali diritti umani. Questo Assessore conosce i
Rom che vogliono acquistare il terreno? Ha parlato con loro? Vorremmo
sinceramente saperlo, visto che ha già sentenziato che si tratta di delinquenti
senza possibilità di riscatto alcuno.
In questo modo non si fa altro che fomentare l'odio nei confronti di quelli che,
nella nostra società, vengono condannati a prescindere perché appartenenti ad
un'etnia altra. Dichiarazioni tali giustificano il razzismo, in qualsiasi forma
esso si manifesti e lo rendono addirittura un nobile sentimento. Non possiamo
rimanere a guardare quando un'amministrazione comunale di sinistra soffia sul
fuoco dell'intolleranza e della xenofobia, convinta così di poter tirare su
qualche voto in più, che fa sempre comodo!
Vorremmo inoltre ricordare che l'esasperazione dei residenti di Mortise è figlia
di anni di lassismo della stessa amministrazione comunale nei confronti del
problema del campo di Via Bassette. Si è intervenuti limitando l'area, erigendo
muri di contenimento, ma nulla si è fatto sul piano sanitario, per la
costruzione di un percorso di inclusione sociale serio e duraturo e per la
ricerca di soluzioni abitative diverse, nonostante gli stessi residenti si siano
sempre detti disponibili a collaborare con il Comune per individuare una
soluzione condivisa.
Ci auguriamo di non dover più assistere a simili teatrini e che finalmente si
cominci a considerare i Rom come persone diverse tra loro, persone portatrici di
specificità, da conoscere prima di giudicare. Auspichiamo che l'amministrazione
comunale ricordi che si tratta di esseri umani, a cui sì vanno ricordati doveri,
ma che hanno anche dei diritti che loro spettano come dice la Costituzione
Italiana.
Di Fabrizio (del 18/03/2014 @ 09:09:40, in Italia, visitato 1440 volte)
- Francesca Pilla, 14.3.2014 su
Il Manifesto
Campania. La commissione del senato per i diritti umani in sopralluogo a
Giuliano. Mentre il campo napoletano di Poggioreale ribolle
Ieri una delegazione della commissione del senato per i diritti umani è
sbarcata a Napoli e ha girato per il campo di Giugliano, nella Terra dei
fuochi. Di fronte alle condizioni di degrado e disumane in cui vivono i
nomadi ha sottolineato "l'irresponsabilità dell'amministrazione giuglianese
nel collocare un'area di sosta attrezzata per 75 famiglie in un luogo evidentemente pericoloso per la salute". L'improvvisata delle istituzioni
arriva a tre giorni dalle tensioni verificatesi nella baraccopoli vicino
al cimitero napoletano di Poggioreale. Una storiaccia, come spesso
capita. Una ragazzina di 16 anni ha infatti raccontato (presentando
denuncia in un secondo momento) di essere stata palpeggiata da due membri
del campo. Martedì notte i parenti hanno tentato subito di farsi giustizia
da soli ed è partita una fitta sassaiola contro le baracche. Il giorno dopo
i rom, per timore di nuove rappresaglie, come avvenne con gli incendi a
Ponticelli nel 2008 e più recentemente a Scampìa, hanno preparato i
bagagli e tentato di raggiungere altri accampamenti. Un disastro perché
vicino al cimitero vivevano in centinaia, con numerosi bambini iscritti a
scuola.
In tutto si stima che la comunità napoletana conti 6mila persone e 450
minori. Sulle condizioni della struttura vicino al cimitero è inutile
soffermarsi, i piccoli a piedi scalzi giocavano nel fango, le fogne erano a
cielo aperto, mancavano acqua corrente, luce, gas e la sera, complici i
napoletani, la zona diventava luogo di sversamenti di ogni genere.
Le famiglie si sono spostate dove potevano, Gianturco e Giugliano appunto,
un posto in cui le condizioni sono se possibile anche peggiori: "La zona si
trova all'interno della Terra dei fuochi, circondata da discariche e
fortemente contaminata", hanno spiegato dalla delegazione. Proprio
qualche giorno fa sono state sequestrate diverse aree e culture perché
avvelenate da sostanze tossiche.
"Quello di Poggioreale è l'ennesimo sgombero indotto - si sfoga Antonietta
dell'Opera Nomadi - l'ultima dimostrazione dell'atteggiamento di questa amministrazione che con vuoti interventi si è resa corresponsabile di
questa situazione". All'Opera Nomadi, i volontari che quotidianamente
lavorano per garantire l'integrazione, hanno una teoria tutta loro su quanto
avvenuto: "Il presunto palpeggiamento - dicono - è stato organizzato ad
hoc perché è trapelata la notizia di un 'presunto' campo da attrezzare
nella zona".
Le istituzioni, come confermato dal vicesindaco di Napoli Tommaso Sodano,
starebbero allestendo da almeno un mese piccole case vivibili e con tutti i
confort. "Ora cosa si attende che succeda la stessa cosa in altri
insediamenti spontanei della città? - si chiede Antonietta - Ci auguriamo
di no sperando che questa volta si inizi a lavorare seriamente, dando
priorità all'umanità delle persone coinvolte".
Di sicuro il problema esiste ed è serio, anche perché gitani, rom rumeni o
provenienti dalla Jugoslavia continuano ad arrivare.
In molti hanno trovato anche piccoli lavori. Tutti conoscono la storia di Sarita e Susanna che vendevano accendini nel centro storico e ora sono
sposate con dei napoletani. Molti trovano buoni affitti nei bassi un tempo
abitati dai napoletani.
Antonietta batte sul ripristino di via del Riposo vicino a Poggioreale: "Il
comune ora deve continuare ad attrezzare e trasferire i rom nel territorio in cui vivono ormai dal 2006 dove, nonostante, le mille
difficoltà i bambini vanno a scuola e continueranno a farlo. Così come i
loro genitori - conclude - sono riusciti nel corso degli anni a costruire
forme relazionali con il territorio e con tutte le strutture interessate
e presenti in quel luogo. Mi riferisco anche al presidio sanitario".
Al momento sulla demolizione della baraccopoli è braccio di ferro tra
Sodano e il presidente della IV municipalità Armando Coppola che voleva
procedere con delle ruspe private per radere al suolo le 300 dimore di
fortuna. Il vice sindaco fa la voce grossa perché bisogna rispettare le
procedure. Nel frattempo intere famiglie vagano da un campo all'altro.
Di Fabrizio (del 20/03/2014 @ 09:02:29, in Italia, visitato 1398 volte)
Sergio Bontempelli - 17 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Nazzareno Guarnieri, della Fondazione Romanì, lancia l'allarme: in Abruzzo
episodi preoccupanti di discriminazione, anche istituzionale
Nazzareno Guarnieri è uno degli attivisti rom più conosciuti in Italia. Viene
dall'Abruzzo, regione dove la presenza rom ha caratteristiche peculiari, diverse
da quelle che si registrano altrove: anzi, se vogliamo dirla tutta, è proprio
facendo una scappata in Abruzzo che si possono sfatare gran parte dei pregiudizi
sui cosiddetti "zingari".
Già, perché qui i rom non abitano - e non hanno mai abitato - nei "campi
nomadi". Non vivono nelle baracche, non dormono nelle roulotte, non affollano le
piazzole degli insediamenti di periferia. Tutte le famiglie vivono in casa, e se
vuoi andarle a trovare devi suonare il campanello di qualche palazzo in cemento
armato. Tra l'altro su quel campanello, quasi sempre, non si troverà un cognome
dal sapore "esotico" - magari di origine slava, o rumena - ma uno italiano, italianissimo. Come Guarnieri, appunto. Perché in Abruzzo - dicono le
statistiche più aggiornate - l'80% dei rom ha la cittadinanza, e ce l'ha da
generazioni: si tratta di famiglie "autoctone" a tutti gli effetti.
Eppure, le discriminazioni esistono anche qui. Perché il razzismo non dipende
dal colore della pelle, non colpisce (solo) le minoranze straniere, e ha poco a
che fare con la "diversità", checché se ne dica. Ma questo è un altro discorso,
e sarà meglio non divagare: le cose che ci deve raccontare Nazzareno Guarnieri
sono già abbastanza delicate e complesse, e vale la pena di restare sul punto.
Lo storico animatore della Fondazione Romanì è preoccupato - molto preoccupato -
per quel che sta accadendo nella sua Pescara. E per la verità non è l'unico:
qui, in Abruzzo, ad essere in ansia è l'intera minoranza rom. "C'è un clima
molto teso nella nostra comunità. Con la Fondazione Romanì, e con l'Associazione
Rom Sinti e Politica che opera a Pescara, stiamo visitando quasi quotidianamente
le famiglie, facciamo riunioni e assemblee un po' con tutti. E registriamo un
clima di grande angoscia, dettato dai fatti delle ultime settimane".
A cosa si riferisce? Faccia capire anche a noi che non siamo della zona...
"Alcune vicende sono note e conosciute anche fuori regione. Lei ricorderà, per
esempio, i fatti di Alba Adriatica: nel novembre 2009, il giovane Emanuele Fadani fu ucciso da alcuni rom nel corso di una rissa all'esterno di un pub. I
colpevoli dell'omicidio furono arrestati - giustamente - e processati: è bene
chiarire subito che da parte nostra non c'è alcun "giustificazionismo", e se uno
ha commesso un reato così orribile è giusto che subisca i rigori della
giustizia. Senza se e senza ma. Il problema è che nei giorni successivi gruppi
di giovani violenti avevano organizzato una sorta di "spedizione punitiva" - di
fatto, un vero e proprio linciaggio - nel quartiere dei rom: avevano preso di
mira persone che non avevano nulla a che fare con l'omicidio, e che avevano
l'unica colpa - appunto - di essere rom... Furono lanciati sassi contro i vetri
delle abitazioni e delle auto in sosta, provocando danni ingenti".
Ma che c'entra questa lontana vicenda con la situazione di oggi? "C'entra,
perché proprio in queste ultime settimane si è concluso il processo contro i
giovani accusati di quelle aggressioni. E nessuno di loro è stato condannato. Di
fatto, un episodio molto grave di intolleranza e di razzismo è rimasto senza
colpevoli".
Il Tribunale avrà avuto le sue buone ragioni per assolvere, no? "Non voglio
entrare nel merito, anche perché le motivazioni della sentenza non sono ancora
note. Ma non nascondo che l'esito del processo ha provocato molta amarezza nella
nostra comunità. Molti rom si chiedono come sia possibile che un fatto così
grave sia rimasto senza colpevoli: anche perché le forze dell'ordine erano
intervenute, avevano assistito alle violenze, avevano identificato i presenti.
Perché le prime rilevazioni della polizia, le indagini degli inquirenti e poi il
dibattimento in aula, non hanno portato all'individuazione dei responsabili?".
E' per questo processo che si registra preoccupazione nella comunità rom? "Non
solo per quello. Ci sono altri episodi, sempre legati alla cronaca giudiziaria,
che hanno suscitato rabbia e amarezza diffusa. Il primo riguarda un caso di
discriminazione. Circa un anno fa, ricevetti una telefonata da una famiglia rom
molto conosciuta in città. Il padre mi spiegò che aveva cercato di iscrivere il
bambino a un corso di nuoto: il proprietario della piscina, che in un primo
momento si era detto disponibile, rifiutò dopo aver incontrato di persona la
famiglia. La sensazione era che il bambino fosse stato escluso perché era "zingaro". Questo è ciò che mi fu detto allora, da una persona che conosco bene.
Suggerii di andare dai carabinieri per fare denuncia. Il padre andò subito in
caserma, e i militari presero contatti con il proprietario della piscina: lo
dico perché è importante, significa che in qualche modo anche la forza pubblica
ebbe modo di rendersi conto di quel che era accaduto.
Sono state fatte due denunce, una penale - per istigazione all'odio razziale - e
una civile per discriminazione. Entrambi i procedimenti hanno dato esito
negativo: il proprietario della piscina è stato assolto, e addirittura la nostra
associazione è stata condannata al pagamento delle spese legali".
Le ripeto l'obiezione: anche in questo caso, il Tribunale avrà avuto le sue
ragioni per procedere in questo modo... "Non sono un avvocato né un giudice, e
non voglio insegnare il mestiere ai magistrati. Mi limito a dire che nella
nostra comunità questa sentenza ha suscitato amarezza e rabbia. I rom subiscono
discriminazioni di tutti i tipi, e a tutti i livelli: spesso, basta essere
identificato come "zingaro" per vedersi rifiutare l'accesso a un servizio
pubblico.
Certo, quando accadono casi del genere, non è facile dimostrare l'intento
discriminatorio: il gestore di un servizio non andrà certo a dire che ha
rifiutato l'accesso a un rom perché era rom. Porterà le sue giustificazioni,
dirà che non c'era più posto, spiegherà che non c'era nessuna volontà di
discriminare, e così via... Ma la nostra comunità vorrebbe che su questi
fenomeni si facessero indagini e inchieste più accurate. E' necessario diffondere
una cultura della non-discriminazione, anche tra gli operatori del diritto.
Altrimenti, i rom rischiano di percepire la giustizia come una cosa lontana, e
magari anche ostile".
Accennava prima ad altri episodi che ha suscitato preoccupazione tra i rom...
"Sì, ci sono anzitutto altre vicende di cronaca giudiziaria su cui non mi
soffermo in questa sede. E a queste bisogna aggiungere il fatto che in Abruzzo
le politiche di inclusione dei rom sono praticamente scomparse: di fatto, le
nostre associazioni sono le uniche che fanno qualcosa per la comunità, e tra
l'altro lo fanno a titolo volontario, senza finanziamenti pubblici. I rom si
sentono abbandonati, consegnati all'emarginazione e alla discriminazione. E
percepiscono le istituzioni - tutte le istituzioni - come mondi lontani.
Noi vorremmo invece diffondere tra i rom una cultura della legalità. Ma è
necessario che la legge e le istituzioni tutelino le minoranze, le proteggano
dal razzismo, dalle discriminazioni, dalle violenze. Altrimenti, è naturale che
si diffonda la sfiducia, che si pensi che la legge è sempre dalla parte del più
forte..." Da rileggere: Mahalla
24 maggio 2012
Di Fabrizio (del 21/03/2014 @ 09:09:53, in Italia, visitato 1603 volte)
Le amare riflessioni dell'amica Fiorella è come se mi avessero svegliato dal letargo:
sgomberati giovedi di settimana scorsa da v.le Forlaninj,
illegalmente, senza che sia stata data loro soluzione abitativa!, coppie senza
minori, vagano di 'campo in campo', continuamente rintracciati e sgomberati.
Tutto tace, tutto va bene per la sinistra al governo in questa città. Allora,
tutti da quel palco del nuovo sindaco eletto, Pisapia, gridavano: siamo tutti
rom! ...da allora...è passato tempo...e nessuno grida più siamo tutti rom. I rom
sono cacciati senza se e ma.
Me la ricordo bene, la fine di maggio 2011. Ero stato addirittura candidato
al CdZ per SEL. Si disse che Nicolino avesse voluto mettere il cappello sulla vittoria
del buon Giuliano.
"Abbracciare i nostri fratelli e le nostre sorelle rom..." Mi chiedo,
OGGI-MILANO, quanti cittadini, quanti amministratori, quanti fra coloro che
erano in quella piazza, ripeterebbero quelle parole, con la medesima convinta
retorica. Ma, tanto per restare alle parole di Nicolino, non è che la questione
MOSCHEA abbia visto un destino diverso, o debba vederlo.
Mi sembra che i tempi per abbracciarsi, FINALMENTE, per
guardarsi
negli occhi e riconoscersi almeno una volta, come cantava De Andrè (fine
anni '90!!!), siano sempre lontani.
Sì, qualcosa è cambiato in questi due anni:
- ho visto rom e gagé che avevano iniziato a parlarsi tornare
ognuno deluso ai propri nidi;
- ho visto inaugurare tavoli e incontri con quegli stessi rom
e gagé, e col comune, e non riesco più a ritrovarli neanche col
TOMTOM.
Tavoli e interlocuzioni che erano dovuti, niente di più e di meno, a rom e
gagé per mettere assieme qualche idea che ridasse fiato ad una convivenza sempre
più critica. Tavoli e interlocuzioni dovuti, forse, a questo o quel soggetto
politico che sperava di trovare spazio nel mondo arancione di Giuliano.
Se prima, due anni fa e oltre, era una vera e propria CACCIA AL ROM, adesso
forse va un po' meglio (non per tutti, non ditelo per esempio in via Idro...)
ma, ripeto, chi tra gli elettori di ALLORA, chi tra gli eletti, è smanioso di
ABBRACCIARE I SUOI FRATELLI ROM? Diciamo che questi fratelli sono evoluti alla
condizione di TOLLERATI, che è un modo gentile per dire che magari non sono
cittadini come gli altri, possono essere sempre sgomberati o stigmatizzati, ma
se stanno zitti e non rompono i coglioni al manovratore, possono sperare che
qualcuno faccia qualcosa per loro. Il concetto di carità, non c'è bisogno di
spiegarglielo.
Due parole agli eletti
Non è vostro compito andare in giro ad abbracciare qualcuno, figuriamoci i
Rom! (chi glielo dice a Nicolino?). Ma da voi mi aspetterei un briciolo
di politica, cioè:
- condivisione
- cuore-passione
- progetto-visione
e non vedo niente di questo in quella che è (forse) amministrazione. Il
rischio che correte (l'ho
già scritto), è di perdere alla grande le prossime elezioni.
Due parole agli elettori
Abbracciare gli zingari? Quando mai! Come vi capisco, coi vostri problemi,
con rate e bollette da pagare... e tutto il resto. Non pretendo che abbiate
testa o cuore per chi è sfigato come/più di voi, ma se si riuscisse a GUARDARSI
NEGLI OCCHI (arieccoci) forse capireste che alla fine dei conti, siete trattati da Rom,
extracomunitari e pezzenteria varia. Ignorarli, o peggio buttarli fuori bordo
nella speranza che la barca non affondi, non vi darà nessun vantaggio. Forse,
pensateci, così vi togliete di torno un alleato di cui potreste comunque sbarazzarvi in
seguito, quando finalmente capirete quali sono i vostri obiettivi minimi.
Due parole anche ai Rom
Sempre in attesa di qualcuno che vi salvi, di qualcuno che meglio di voi
sappia trovare le parole adatte. Che non vi fidate di nessuno, ma vi attaccate a
tutti, pur di non muovere un dito. Siete in fondo al pozzo, decidete se rimanere
lì, o se volete uscirne cominciate voi ad arrampicarvi. Non aspettatevi niente
da nessuno. E se (proprio, proprio) avete bisogno dell'aiuto di qualcuno,
abbiate almeno un po' di fiducia in voi stessi.
Lettura consigliata:
Di Fabrizio (del 26/03/2014 @ 09:07:07, in Italia, visitato 1617 volte)
23 marzo 2014, di Dijana Pavlovic
Il Sindaco di Milano è una merda
o c'è qualcuno che ne spande troppa e ci avvelena?
Due giorni fa a un incontro con le scuole il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia,
viene apostrofato da un ragazzino: "Sei una merda , hai dato i soldi ai rom".
Invitato sul palco da un sindaco sin troppo civile contesta Imu, ecc. e afferma:
"Io sono informato". Sarebbe facile buttarla sull'ironico e dire "Magari i rom
avessero preso un po' di soldi" a uno che si propone come emulo di quel De
Corato che ha speso oltre 5 milioni di euro in inutili e crudeli sgomberi di rom
che l'unica cosa che hanno visto sono state le ruspe sulle loro baracche o il
degrado dei campi regolari abbandonati a se stessi.
Ma ci colpisce di più un'altra cosa, un atteggiamento pone una domanda
inquietante. Chi lo educato a modi così "garbati", chi lo ha informato su cose
non vere, qual è l'aria che respira in casa sua, o con i suoi compagni o nella
sua scuola, qual è il suo orizzonte politico? Come cresce un ragazzino che con i
suoi coetanei è il futuro di questa città?, e cosa fa questa città perché
l'inciviltà, la maleducazione, l'ignoranza non siano il futuro di tanti suoi
figli?
Il piccolo contributo che noi possiamo dare è invitare questo ragazzino in un
campo (a patto che non ci venga per bruciarlo!) e fargli semplicemente conoscere
i rom perché possa capire e poi giudicare.
Di Fabrizio (del 27/03/2014 @ 09:07:44, in Italia, visitato 1459 volte)
300 giorni. Tanto è durato il governo di Enrico Letta, e con esso tutti i
ministeri nati nell'aprile del 2013. Tra questi, uno dei più discussi è stato
senza dubbio quello per l' integrazione, guidato da Cecile Kyenge, spesso al
centro di attacchi politici e personali. Un dicastero, quello della parlamentare
emiliana, che ha segnato una svolta nella storia della Repubblica italiana, in
quanto primo ad essere gestito da una persona di colore. Ad un mese dal
passaggio di consegne al governo Renzi, Piuculture ha intervistato in esclusiva
l'ex ministro dell'integrazione per fare un bilancio del lavoro svolto e per
affrontare alcuni nodi cruciali per il prossimo futuro.
Dopo trecento giorni di governo, il ministero per l'integrazione è stato
soppresso, cosa ne pensa?
La scelta di avere un ministero dell'integrazione da parte del presidente Letta
è stata molto coraggiosa e lungimirante, perché è andata molto avanti rispetto
alla tradizione italiana che non aveva mai avuto un dicastero di questo tipo. Il
segnale è stato forte e mi ha permesso di parlare al mondo intero con
autorevolezza. Ha consentito all'Italia di non guardare più all'immigrazione con
timore ma con l'idea di aprirsi al diverso, di porre le basi per iniziative come
il servizio civile nazionale aperto agli immigrati o al dialogo interreligioso.
Il ministero è stato importante anche per avere un approccio inclusivo e non
esclusivo verso lo straniero. Oggi il governo non ha confermato il ministero per
l'integrazione ed è un peccato, ma il mio augurio è che ci possa essere comunque
una cabina di regia che funga da luogo di discussione per alcuni temi centrali
sull'immigrazione. Tutto questo è fondamentale, sopratutto vista l'assenza di un
modello d'inclusione italiano. Prendiamo sempre come riferimento quello
statunitense o quello francese, ma dovremmo crearne uno nostro.
Una delle riforme più discusse durante il suo mandato è stata quella per
lo Ius Soli. Quando riusciremo a facilitare l'accesso all'acquisizione della
cittadinanza italiana?
La volontà è che avvenga il prima possibile. Spero che il progetto di legge vada
avanti perché il riconoscimento della cittadinanza per i giovani è un grande
strumento d'integrazione, è strettamente legato al luogo in cui loro vivono e
alle tradizioni che andranno a comporre il loro bagaglio culturale e la loro
identità. Il mio obiettivo dal momento in cui sono stata nominata ministro del
governo Letta, è stato di riconoscere questo strumento, e a maggior ragione, ora
che non ricopro più quella carica istituzionale, non mi fermerò finché non sarà
approvato. I giovani sono il futuro del nostro paese e non mi basta sentir dire
che i ragazzi italiani ormai sono abituati a considerare i figli degli stranieri
come loro pari. Servono norme legislative che rafforzino questa idea, e lo Ius
Soli deve essere la principale.
La questione sulla chiusura dei CIE sta facendo discutere, qual è il suo
pensiero al riguardo?
Bisogna innanzitutto capire che tipo di politica dobbiamo mettere in campo.
Quando si decide di eliminare una struttura come quella dei CIE, c'è la
necessità di costruire delle alternative ai vecchi modelli di accoglienza,
altrimenti si rischia di peggiorare la situazione. Guardando le persone che
vivono in questi luoghi, bisognerebbe trovare dei modelli d'integrazione ad hoc
per ognuno di loro. Oggi assistiamo ad una promiscuità nell'assistenza. Il 60%
di loro vengono dal carcere e necessitano una soluzione diversa, come ad esempio
l'identificazione fatta direttamente in carcere invece che essere effettuata nei
CIE. Ci sono donne vittime della tratta, e anche con loro bisogna approcciarsi
in modo specifico, così come con tutti coloro che perdono il lavoro e finiscono
dentro il centro. Si devono riorientare le politiche di accoglienza, in questo
modo non ci sarà bisogno di chiedersi, dove finiscono queste persone.
Adriano Di Blasi (18 marzo 2014)
Di Fabrizio (del 28/03/2014 @ 09:05:18, in Italia, visitato 1621 volte)
Conversazioni con i rom. Incontri da intuire, da pensare, da narrare e da
riscrivere
Venerdì 4 aprile h. 20.45, Libreria Popolare via Tadino 18 - Milano
Presentazione del volume Spigolare parole Rubare sguardi -
Edizioni Polistampa - 2013 - pp. 249 - € 18,00
Incontro con l'autore Dimitris Argiropoulos
Con Fabrizio Casavola - MAHALLA
"Conversare scioglie i nodi delle parole, e snoda silenzi
trascorsi nei luoghi dell'esclusione, conversare veicola futuro. Conversare è
dare senso ai silenzi. Conversare è intreccio di sguardi di umanità, è sentire
il respiro dell'altro, è attesa per sintonizzarsi, è intesa. Conversare rende la
solitudine più passionale e le restituisce unicità in quella moltitudine che
resiste all'omologazione e che desidera essere letta, accolta."
A volte, parlare la medesima lingua, usare le stesse parole dell'altro, non
basta a comprendersi e a conoscersi.
Perché qualcuno della lingua è padrone, altri ne sono ancora schiavi.
E perché le parole nascondono mondi, concetti, spazi e aspettative differenti.
Occorre allora, più che parlare, avere la capacità di ascoltare, di dare tempo,
di bersi assieme un caffè. Non dare niente per scontato prima di rispondere.
E' la sfida di questo libro che vede, dallo stesso lato della barricata, uno
studioso e chi ha sempre lottato per poter studiare.
Dimitris Argiropoulos è docente a contratto di Pedagogia all'Università di
Bologna, città dove vive e lavora a partire dagli anni '80.
Educatore, si occupa di pedagogia della marginalità e delle emergenze e di
pedagogia speciale. E' particolarmente interessato ai contesti della marginalità
estrema relativamente alle migrazioni, alla profuganza e alle minoranze etniche.
Ha condotto ricerche riguardanti le condizioni di vita e la riduzione della
partecipazione e delle attività dei rom in situazioni residenziali di campi
“nomadi” e ha indagato il rapporto tra immigrazione e disabilità.
Attivista e membro della Fondazione Romanì, ne coordina il Comitato Scientifico
ed è coinvolto in attività di cooperazione educativa internazionale. Si occupa
di schiavizzazione e traffico di esseri umani e si interessa della formazione
degli Educatori di Strada.
Di Fabrizio (del 05/04/2014 @ 09:03:04, in Italia, visitato 1401 volte)
Sergio Bontempelli - 31 marzo 2014 su
Corriere delle migrazioni
Andrea è un giovane rom italiano. E' nato e cresciuto a Roma, e
non ha mai vissuto in un "campo nomadi": ci tiene a dirlo, perché il "campo" -
spiega - non è l'abitazione "naturale" dei rom e dei sinti, ma un luogo di
segregazione imposto dalle istituzioni. Andrea è stato scelto come testimonial
della campagna "Per i diritti, contro la xenofobia", promossa da Associazione 21
Luglio, Antigone, Lunaria e Associazione Studi Giuridici Immigrazione.
La Campagna - scrivono i promotori sul loro sito, lanciato proprio in questi
giorni - "nasce, alla vigilia delle elezioni europee, dall'urgenza di arginare
il rigurgito razzista e xenofobo che rischia di investire molti paesi e
orientare il discorso pubblico verso una progressiva marginalizzazione dei
diritti umani e delle libertà fondamentali".
Per questo, i promotori intendono avviare iniziative di informazione e di
denuncia sulla segregazione di rom, migranti e detenuti. Lavoreranno, già nelle
prossime settimane, per "riportare i diritti e la loro violazione al centro del
dibattito nella campagna elettorale", e proporranno ai candidati e alle
candidate italiane di sottoscrivere "un impegno diretto presso il Parlamento
europeo" su questi temi.
Il video che trovate qui sotto rappresenta - appunto - una delle prime
iniziative si sensibilizzazione, specificamente dedicata al tema dei rom. In
pochi e densi minuti, con un linguaggio semplice e diretto, Andrea racconta la
condizione di questa minoranza in Italia. "Moltissimi rom - dice Andrea - vivono
nei campi attrezzati: sono degli spazi asfaltati, senza vegetazione, circondati
dai muri e monitorati costantemente da telecamere. Ogni "ospite" è numerato, e
deve indossare un "badge" con il suo numero".
Emarginati, etichettati e persino "marchiati", i rom non sono messi nelle
condizioni di uscire dal loro isolamento. "Quando vanno a cercare un lavoro per
poi pagarsi un affitto e avere una vita dignitosa, vengono spesso discriminati.
Molti cercano di nascondere la loro identità, l'appartenenza all'etnia rom". Il
quadro che emerge da queste brevi e dense pennellate è quello di un gruppo
costretto a vivere in veri e propri ghetti, condannato alla marginalità
abitativa e sociale. "Quello che proporrei a un candidato europeo", conclude
Andrea, "è di chiudere i campi".
Una proposta - ci viene da dire - di disarmante semplicità. Come di disarmante
semplicità è il video: da vedere, da rivedere e da diffondere.
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