Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da
Hungarian_Roma (la notizia a cui si riferisce è
QUI nei commenti)
By: MTI
24-08-2009 - Secondo il capo della polizia nazionale, i sospetti detenuti in
connessione con la serie di uccisioni di Rom in Ungheria, stavano pianificando i
prossimi attacchi quando sono stati arrestati.
Jozsef Bencze (Alto Commissario della Polizia ndr) ha detto sabato che
la polizia ha deciso di trattenere i quattro sospetti quando è apparso che era
in programma un ulteriore attacco.
Domenica (scorsa ndr) un tribunale deciderà dove i sospetti verranno
detenuti in custodia cautelare. La polizia ha detto venerdì, il giorno degli
arresti, di avere sufficienti campioni di DNA ed altre prove perché i
sospetti di Debrecen (Ungheria Orientale) siano trattenuti.
Bencze ha detto che gli attacchi, che da luglio dell'anno scorso sono costati
la vita a sei Rom, incluso un bambini di cinque anni, erano razzialmente
motivati.
I quattro sospettati, di età tra i 28 e i 42 anni, erano tra i sei fermati in
un bar locale. Bencze ha detto in precedenza che le prove raccolte nelle loro
case e sui luoghi degli omicidi confermano i sospetti della polizia di aver
preso i colpevoli.
Un ufficiale di polizia che ha chiesto l'anonimato, ha detto a MTI che uno
dei sospetti era un ex soldato, che aveva il permesso di usare armi da fuoco.
Inoltre tre SUV posseduti dai sospetti sarebbero stati visti dai testimoni dopo
gli attacchi.
Un altro poliziotto ha anche detto a MTI che i sospetti erano sotto
sorveglianza della polizia da oltre una settimana. Gli investigatori
controllavano le loro chiamate dai cellulari, chiamate effettuate nelle
vicinanze dei posti dove hanno avuto luogo gli attacchi.
I leader rom sabato hanno detto a MTI di aver avuto reazioni di tipo diverso
alla notizia della detenzione dei sospetti, alcuni ritengono che sia improbabile
che tutti i sospetti siano stati catturati e perciò esiste la possibilità che
gli attacchi continuino. Altri hanno dato il benvenuto alla notizia. Orban
Kolompar, capo dell'Auto-Governo Nazionale Zigano, ha ringraziato i 120
poliziotti coinvolti nelle investigazioni, per i loro sforzi nel catturare i
sospetti assassini.
Da
Hungarian_Roma (segnalazione
precedente)
NRC Handelsblad Le uccisioni dei Rom mettono in mostra le tensioni
sociali in Ungheria 26 agosto 2009 10:41
Parenti di Maria Balogh, colpita a morte il 3 agosto
scorso, confortano sua madre durante i funerali a Kisleta. Photo AP
Quattro neonazisti ungheresi arrestati per la grande quantità di orribili
omicidi di zingari. La minoranza rom organizza la propria difesa.
By Marloes de Koning in Gyöngyöspata
Gli uomini della comunità rom di Gyöngyöspata si alternano nel pattugliare il
loro quartiere. Ogni sera alle 18 girano per il villaggio in due macchine,
guidando molto lentamente attraverso le strade tortuose dove vivono i Rom.
"Le case senza recinti sono le più vulnerabili" dice Tamás Bangó, un uomo
grosso e ciarliero che fa parte del gruppo vigilante a Gyöngyöspata, guidando
per il villaggio. "Da alla gente un senso di sicurezza sapere che siamo qua
intorno."
Nove attacchi
Tra i sedili anteriori ha un bastone metallico telescopico ed un coltello.
"Non li ho mai dovuti usare, ma sono pronto," dice Bangó. Sottolinea come il suo
gruppo stia nei limiti della legge. L'arma più potente del gruppo è il telefono
mobile.
In apparenza, qui ci sembra ci sia poco da giustificare una simile vigilanza.
Nella penombra, le case isolate ai limiti del sonnolento villaggio, ad un'ora di
strada a nord est di Budapest, sembra più pacifico che mai.
Ma la comunità rom in Ungheria è terrorizzata dopo la recente serie di
uccisioni. Da novembre sei Rom sono stati uccisi in nove attacchi.
L'ultimo incidente è successo il agosto, quando una donna rom, Maria
Balogh, è stata uccisa nel sonno e sua figlia di 13 anni seriamente ferita,
nella città di Kisleta, nell'Ungheria Orientale.
A febbraio, un padre e suo figlio di 5 anni furono colpiti a morte mentre
correvano fuori dalla loro casa a cui era stato dato fuoco, a Tatarszentgyörgy
nell'Ungheria Centrale.
Venerdì scorso [21 agosto ndr] la polizia ha arrestato quattro
sospettati di essere dietro alle uccisioni dei Rom. Giovedì la polizia aveva
detto di aver trovato il DNA di due degli uomini in diversi posti luogo di
omicidi. Ha detto che gli assassinii erano motivati razzialmente e accuratamente
pianificati. Secondo i media ungheresi avevano svastiche tatuate ed erano
conosciuti per il loro odio verso i Rom.
Gli attacchi hanno messo in mostra e alimentato le crescenti tensioni sociali
dentro l'Ungheria.
Segregazione crescente
Nella cucina della casa di János Farkas, capo dell'Autogoverno rom nella
regione, un gruppo di uomini stava discutendo animatamente. "L'Ungheria sembra
pacifica," diceva Farkas, un piccol uomo con baffi ispidi ed una maglietta Puma
senza maniche. "Ma nel frattempo dei bambini sono stati brutalmente uccisi.
Dobbiamo organizzare la nostra difesa."
Nonostante la mancanza di statistiche credibili ci sono molti segni che la
divisione tra Rom e non-Rom in Ungheria si stia ampliando.
"La segregazione sta aumentando," ha detto János Ladányi dell'Università
Corvinus di Budapest, esperto di Rom. Sotto il comunismo tutti in Ungheria
avevano un lavoro e le differenze sociali erano sensibili. Ma dagli anni '90
molti occupati con bassa professionalità sono stati espulsi dalle città verso i
cosiddetti "villaggi ghetto", riducendo inoltre le loro possibilità di trovare
lavoro. In questa categoria gli anziani ed i Rom sono sovra-presenti.
Mentre la popolazione ungherese sta invecchiando ed assottigliandosi, la
giovane popolazione rom è in crescita, dice Ladányi. In cima ai problemi
strutturali viene la discriminazione e la rapida ricerca di un capro espiatorio.
La crisi economica serve soltanto ad aumentare il problema.
Nelle elezioni parlamentari europei di giugno, il partito Jobbik di estrema
destra ha sfiorato il15% del voto ungherese. La sua campagna elettorale si è
incentrata su un duro approccio verso la "criminalità zingara".
La Magyar Garda, un gruppo paramilitare collegato Jobbik, recentemente
vietato, marcia regolarmente nei quartieri rom nelle sue uniformi bianche e
nere. Secondo l'European Roma Rights Centre il gruppo sta agendo anche in alcune
zone della Romania, dove la minoranza ungherese sta avendo problemi coi Rumeni (vedi
QUI ndr).
"Sono inarrestabili," ha detto Tomás Polgár aka Tomcat. Polgár è l'anima di
Bombagyar (fabbrica della bomba), il blog più popolare di Ungheria. Si guadagna
da vivere stampando, tra l'altro, t-shirt. L'ultima commissione era della Magyar
Garda. Mostra una t-shirt nera con un grande leone d'argento, mentre dei giovani
dalle spalle ampie e coi capelli corti vagano per l'ufficio.
"Gli zingari devono solo rimproverare se stessi," dice Polgár. "Sono
criminali e sono una minaccia per noi, la maggioranza. Fanno più bambini, ci
stanno superando."
Polgár dice che non vede nell'uccidere la risposta. Gli Ungheresi che sono
superiori devono prendere i Rom per mano come bambini ed "insegnargli come
comportarsi". Ma nel breve termine vede più violenza, con incidenti da ambo le
parti. "E' una guerra," dice.
Viktória Mohácsi, Rom ungherese e sino a giugno membro del parlamento
europeo, concorda. "Mi sento come se fossi in guerra," ha detto con le lacrime
agli occhi. Proprio quella mattina aveva ricevuto un'altra minaccia di morte.
"Ricevo più di mille lettere di minacce ogni giorno."
I Rom si stanno auto-organizzando, dice Mohácsi, e stanno usando le veglie
per le vittime morte per farlo. "I leader rom mi chiamano e dicono di volersi
organizzare contro i neonazisti. Ma cosa ci si aspetta da me: una donna di 40
kg. senza armi o denaro?"
Anche se, ammette, non ci sono molte scelte. "Possiamo o armarci o scappare."
Milano, leggo con stupore e dolore sul sito di
Emergency, della morte di
Teresa Sarti, moglie di Gino Strada e anima dell'associazione. Per ricordarla,
ripubblico una sua
intervista
di parecchi anni fa, quando Emergency era appena nata, intervista rilasciata al
bollettino rom Il
Vento e il Cuore
I mondi dei Rom e degli "stanziali" tendono a comunicare tra loro il meno
possibile, di solito ci si sopporta. Ma qualche volta le due realtà si cozzano
violentemente e la realtà degli altri irrompe nel tuo mondo.
E' sera e il tempo promette pioggia. Il campo è povero, come
quelli che vedete in televisione. Tanti bambini che ci guardano, curiosi e
timorosi. I più piccoli in braccio. C'è il fuoco acceso, parliamo a fatica
Sono razzisti
Una cosa così, io non voglio neanche crederci...
Non gli basta come viviamo, vogliono ucciderci...
Io mi ricordo quello che diceva mia madre della guerra, e degli aerei
americani che buttavano le bombe a forma di caramelle...
Inverno 1995,: vicino a Pisa due bambini allungano le braccia per ricevere
un pacco regalato loro da un automobilista. Ma questo pacco è un dono
avvelenato: perché contiene una bomba che scoppia, portandosi via i loro occhi e
le mani. Due mesi prima era successo un fatto simile. Le strade della
solidarietà, come quelle dell'odio, si incrociano quando meno te l'aspetti, ma i
frutti che ne nascono rimangono a lungo. Ecco un'intervista che effettuammo in
quei giorni. Siamo andati a parlare con un'associazione che ha sede a Milano, e
che ogni giorno si occupa di guerre e delle sue vittime. Quanto segue è il
riassunto del nostro colloquio con la signora Strada
EMERGENCY, la nostra associazione, si occupa di soccorso alle vittime civili
di guerra. Opera con medici e chirurghi. Oggi i soldati combattono, ma sono i
civili, le persone indifese a subirne le conseguenze. Il 90% dei morti e dei
feriti di una guerra o di una guerriglia non fa parte di nessun esercito: ma
pagano il prezzo dei bombardamenti nelle città e nelle campagne, delle carestie,
delle retate degli eserciti e dei banditi, degli scoppi delle mine antiuomo. In
certe zone un soldato non solo viene pagato, ma ha anche molte più possibilità
di un abitante, di un medico o di un volontario, di salvare la pelle.
Gino Strada, il fondatore di EMERGENCY, opera da otto anni come chirurgo in zona
di guerra. Può essere l'Afghanistan o il Ruanda, o la Bosnia e dice "Sono stanco
di vedere ogni giorno madri e bambini senza occhi o braccia, curarli, sapendo
che nessuno potrà ridargli quello che hanno perso e che domani avrò ancora da
visitare altre donne e bambini, in un ambulatorio senza corrente, magari senza
medicine e anestetici".
Siamo stati conosciuti l'anno scorso, con la partecipazione al "Maurizio
Costanzo Show". Abbiamo parlato non solo degli orrori delle guerre, ma abbiamo
portato prove per denunciare chi arma gli eserciti, chi permette di uccidere o
mutilare. I maggiori produttori di armi sono fabbriche dell'ex Unione Sovietica,
della Cina e dell'Italia, oltre naturalmente ai loro governi. Spinto
dell'interesse per quell'intervento in televisione, il governo italiano si è
impegnato per abolire il commercio delle mine antiuomo.
Cosa sono le mine antiuomo? I bombardieri ne lasciano a migliaia per volta
sul terreno, hanno forme innocue, magari assomigliano alle farfalle o ai giochi,
sono colorate vivacemente. Quando qualcuno le calpesta o le raccoglie scoppiano,
magari non subito, e sono fatte per mutilare gli arti e gli occhi. La gente lo
sa, sa che il terreno intorno è seminato a morte, ma deve raccogliere la legna o
pascolare gli animali. Così per sopravvivere rischia ogni giorno.
Queste mine resistono anche per decine d'anni, sono armi poco costose (circa Ł.
10.000 l'una) alla portata anche degli stati più poveri. Il ragazzo mutilato non
può più produrre, per tutta la vita dovrà essere curato e mantenuto. Il mondo è
pieno di queste mine, che si confondono con l'erba e i sassi, vengono trascinate
a valle dalle piogge. La loro presenza fa continuare la guerra anche dopo anni
che le ostilità sono cessate.
A mia figlia sono venuti i brividi quando ha sentito dell'attentato di Pisa. I
pensieri si affollano in testa: il colpire non visti, carpire la fiducia dei
bambini con un involucro per giocattoli, prendersela con chi non può difendersi
e togliere loro l'unico mezzo per sopravvivere... Senza parlare di una paura più
generale che riguarda il popolo Rom: cosa fare se non si può neanche lavare i
vetri ai semafori e chiedere il pane per strada? Come fidarsi ancora di chi
offre qualcosa?
...eppure, il giorno stesso abbiamo ricevuto una telefonata da Pisa: era un
gruppo che già voleva fondare una sezione di EMERGENCY, ci diceva che dopo quel
fatto ce n'era ancora più bisogno.
Una chiacchierata non risolve niente. Lo sforzo è cercare una nota
positiva...forse la voglia di non arrendersi che traspare dai discorsi della
signora Strada. Forse la conferma che i Rom, da bravi "ultimi della classe",
sono tanti e sparsi in tutto il mondo.
In quei giorni la gente era attenta, curiosa, presente, i membri di EMERGENCY
erano continuamente chiamati a parlare nelle scuole. Proprio per le scuole,
stava partendo la campagna presentata dal personaggio a fumetti LUPO ALBERTO. Il
Belgio per primo mise al bando le mine-antiuomo, poi convegni, accordi, mezze
verità, parecchi passi avanti.
Ma cosa succederebbe se questo interesse venisse a mancare? Ecco il senso del
titolo di allora: SIAMO TUTTI ZINGARI! Non ricordarti di loro e della
maggioranza del mondo solo quando ne parlano i giornali. Che faccia piacere o
no, la vita continua...
Da
Czech_Roma
La famiglia di Vítkov ha un nuovo appartamento (vedi
QUI ndr)
La famiglia di Vítkov la cui casa era andata distrutta questo aprile da un
assalto con bombe molotov, ne ha finalmente trovata una nuova. Da aprile la
famiglia ha vissuto in un riparo temporaneo, ma ora ha comprato una casa, ha
detto Anna Siváková a
Romea.cz.
"Finalmente ci siamo comprati una vecchia casa per una famiglia singola.
Costa 540.000 CZK. Poi abbiamo messo da parte 100.000 CZK per le riparazioni
dei sanitari, soprattutto c'è bisogno di un bagno nuovo per nostra figlia Natálka.
Questa ora è la mia priorità," ha detto Siváková.
Da quell'assalto, la famiglia ha vissuto in un riparo temporaneo, anche se
erano stati raccolti circa 700.000 CZK per la sua causa. Questi fondi sono
sufficienti in quella regione per acquistare appartamenti modesti, ma Aktuálně.cz
ha riportato che la famiglia aveva incontrato molti ostacoli, dato che non era
desiderata come vicina. Qualcuno aveva scritto persino una petizione contro di
loro.
Continua Siváková "People in Need ci ha aiutato a trovare il nuovo
appartamento. Ci spiace che siano state sparse molte voci bugiarde sulla nostra
famiglia."
A metà agosto la polizia ha accusato quattro persone in connessione
all'assalto di aprile. Ora sono sotto custodia. In totale, sono state arrestate
12 persone, nove uomini e tre donne. Gli altri sono stati rilasciati. La polizia
ha accusato i quattro di tentato omicidio per motivi razziali. Tutti e quattro
si trovavano sulla scena del crimini. Qualcuno avrebbe confessato.
"Ritengo fermamente che la corte li punirà in maniera eccezionale," ha detto Siváková.
"Voglio guardarli negli occhi quando ci sarà il verdetto. Solo i mostri sono
capaci di una cosa simile. Mia figlia ne avrà per tutta la vita," ha aggiunto
tristemente.
Gli incendiari avevano attaccato la casa che ospitava una famiglia di nove
Rom, alle prime ore del mattino del 19 aprile, lanciandovi dentro tre molotov.
Tre persone erano state ferite nel successivo incendio. Natálka, di due anni,
era risultata la ferita più critica e rimane tuttora in cura intensiva nel
reparto ustionati dell'Ospedale di Ostrava. Ha sofferto di bruciature di secondo
e terzo grado sull'80% del corpo e le sue condizioni rimangono gravi.
Marco Brazzoduro segnala un articolo che ha ripreso a circolare
in diverse versioni, e che non avevo ripreso a suo tempo. Lo ricopio da
Napoli.blogolandia.it, che è anche l'edizione che ha più rimandi
di Giuseppe Rondelli - Martedì, 2 Giugno 2009
Vi ricordate quella storia tremenda di due anni fa, quando furono prima dati
alle fiamme, poi sgomberati, poi rasi al suolo gli insediamenti rom di
Ponticelli, a Napoli? Vi ricordate quelle immagine tremende, delle baracche che
bruciavano, e poi dei poveretti - bambini, anziani, donne e uomini - che
fuggivano via, senza nessuna meta, coi furgoncini stracarichi di cianfrusaglie e
col terrore negli occhi e nei volti?
Vi ricordate la dichiarazione di disgusto della commissaria europea Viktoria
Mohacsi, che era venuta a capire cosa stava succedendo in Italia, e se ne andò
dichiarando: «Vado via sconvolta»?
E vi ricordate come era nato tutto ciò? Con la storia - improbabilissima - di
una ragazzina rom che avrebbe tentato di rapire una neonata. Al governo,
all’epoca , non c’erano Berlusconi e la destra e la Lega xenofoba.
Al governo c’era il centrosinistra, e non fece niente per difendere i rom. Oggi
si scopre perché successero quelle cose. Si scopre che gli assalti ai campi rom
non furono spontanei, non furono determinati dalla rabbia della gente ma furono
organizzati dalla malavita (diciamo dalla camorra) per conquistare i terreni
occupati dai campi rom, e poi per destinarli alla speculazione edilizia.
Probabilmente lì sorgerà un centro commerciale.
A circa un anno di distanza dai roghi di Ponticelli, grazie ai quali nel giro di
poche ore vennero sgombrati ben sette campi rom, la distesa di desolazione di
viale Argine è ancora intatta, solo recintata.
Nessuna casa dello sport e nessuna casa della musica. Nessun viale alberato.
Nessun parcheggio. Il progetto di riqualificazione urbano previsto per la zona
non è ancora partito.
E nemmeno è stata completata l’opera di bonifica sul territorio. Eppure la
delibera del comune di Napoli con la quale si dispongono interventi sulla zona è
datata 15 giugno 2007, approvata dopo pochi mesi dallo stesso organo del
comune. Molte le zone destinate a centri commerciale ed edilizia privata, in
disaccordo con il disegno iniziale che immaginava questi interventi come
residuali rispetto a quelli pubblici.
Ma bandi così concepiti a Napoli rischiano sempre di andare deserti, come
sperimentato anche per ben due volte dal progetto su Ponticelli. E si arriva
agli 11.500 mq di spazi comunali contro i 44.600 mq di aree "destinate alla
vendita". La conferenza dei servizi dà, poi, parere favorevole all’insediamento
di un altro centro commerciale su un’area adiacente. Massiccio si fa l’ingresso
delle imprese private così come massicci si profilano essere gli stanziamenti
pubblici.
Le società che si dicono essere interessate all’affare hanno, intanto, la
struttura della scatole cinesi, quella che, meglio di tutte, assicura l’irrintracciabilità.
Come la Ponticelli srl, 2500 euro di capitale sociale per un affare di 140
milioni di euro. Circostanza che da sempre fanno da orizzonte ai movimenti della
criminalità organizzata, presentissima su queste strade che, intanto, negli
stessi mesi dei roghi sono coperte di immondizia. Rifiuti di ogni tipo, rifiuti
speciali, rifiuti pericolosi, rifiuti nocivi.
E’in questo contesto che matura la "protesta" contro i rom, che si sviluppa con
brutalità e violenza inaudita. "Me ne vado via dall’Italia sconvolta" dice
Viktoria Mohacsi, osservatore mandato dall’Unione europea per capire cosa stesse
succedendo a Ponticelli. Il copione che si cerca di far passare è quello di una
popolazione esasperata, resa feroce dopo il tentativo di rapimento di una
bambina da parte di una ragazza rom, Angelica. Sono tanti, tuttavia, quelli che
credono a un andamento dei fatti diverso dal canovaccio "popolazione contro
rom".
La disperazione della gente di Ponticelli, che pure è reale, sembra sia stata
resa esasperata ad arte, per provvedere allo sgombero veloce di un’area divenuta
troppo importante per altri e più alti interessi. La presenza dei rom avrebbe
potuto determinare lungaggini, avrebbe potuto far naufragare il progetto per
inidoneità dell’area. E i roghi, oltre ad assicurare il veloce smantellamento
delle baracche, avrebbero anche potuto portare a una bonifica dell’area meno
onerosa, garantendo al tempo stesso la scomparsa degli eventuali rifiuti
pericolosi.
Intanto la sedicenne viene ritenuta colpevole di tentato sequestro anche in
appello. "Come è possibile che in un quartiere comandato dalla camorra una rom
decide di tentare un reato così grave? Come avrebbe fatto a portare via la
bambina e dove? Quali le prove, oltre alla testimonianza della madre della
bambina?", si domanda, tuttavia, Vincenzo Esposito dell’associazione Opera
Nomadi, che parla di un clima da caccia alla streghe, montato ad arte per
coprire altro. "La protesta – continua Esposito – di cui tutti hanno parlato è
stata in verità opera di non più di una trentina di persone, che hanno appiccato
fuoco a tantissime baracche.
Io c’ero. E ho visto personaggi noti alla giustizia per vicende legate al 416bis
aggirarsi attorno ai campi rom, dare istruzioni". Solo l’inviato dell’autorevole
quotidiano spagnolo El Pais, nei giorni dei roghi, parla senza mezzi termini di
una regia criminale. In Italia le immagini agghiaccianti delle molotov contro le
baracche si alternano a quelle della lacrime della giovane madre della bambina
"quasi" sequestrata dalla rom, in un mosaico di fotogrammi che diventa anche
spiegazione dell’accaduto.
La condanna da parte della politica è unanime, ma, con metodo bipartisan,
professa anche comprensione per il disagio della popolazione. Dopo un anno,
intanto, ancora si cerca un posto per quei rom. L’assessore al comune di Napoli
ci dice che in autunno finalmente arriveranno i tre nuovi centri di accoglienza
e sempre nello stesso periodo si metterà mano al progetto di un villaggio,
"provvisto di fogne", che funga da modulo abitativo per le famiglie rom. Sulle
zone "sgomberate" dovrebbero a breve iniziare dei lavori, visto che solo pochi
mesi fa l’azienda che si occupa di installare i tubi del metano, la
Napoletanagas, non ha potuto fare impianti nella zona recintata.
Una zona che rimane
di dominio del clan Sarno, dove si
incendiano materiali di tutti i tipi. E che l’assenza delle baracche non ha
reso meno agghiacciante, col suo profilo di terra perduta per sempre, di terra
in cui i disperati si muovono contro i più disperati, mentre la criminalità
organizzata parla attraverso i rumori dei motorini truccati. Inutilmente ieri
abbiamo chiesto all’assessore all’edilizia che cosa ne sarà di queste vie, a chi
verranno affidati i lavori e quando inizieranno. Nessuna risposta, assessori
introvabili.
Giovanna Ferrara - tratto da
Altronline.it
leggi anche il
nostro articolo del 30 Luglio 2008
Da
Czech_Roma
tre notizie pubblicate
recentemente dal portale Romea.cz
17-09-09 -
Natálka,
la bambina di due anni, quasi morta bruciata durante l'attacco incendiario alla
sua famiglia a Vítkov, sta nuovamente combattendo contro un'infezione. Il
portale informativo Aktuálně.cz ha intervistato sua madre, Anna Siváková, assieme
al portavoce dell'Ospedale di Ostrava dove Natálka è stata ricoverata da aprile
nel centro ustionati.
"Sono insorte complicazioni dopo l'ultima operazione, ma stiamo riuscendo a
mantenere la bambina in uno stato stabile," ha detto il portavoce Tomáš Oborný. Siváková
ha detto che sua figlia ha subito l'11a operazione il 10 settembre e
da allora ha una febbre costante, aggiungendo che è a rischio di infezione per
almeno due mesi. "Ogni volta che diventa più debole, accade dopo le operazioni,
ricorre l'infezione," ha detto Siváková al portale.
Anna Siváková ha passato diverse settimane in ospedale con Natálka ed
ora è tornata a casa a Vítkov. "Faccio il tragitto quasi ogni giorno per
vederla. Anche gli altri bambini hanno bisogno di me a casa. E' iniziata la
scuola," riporta Aktuálně.cz le parole di Siváková. La famiglia ha altri
tre bambini oltre a Natálka, che è la più giovane.
La polizia ha già accusato quattro persone di Opava e Horní Benešov in
connessione all'attacco incendiario di Vítkov. I piromani assaltarono la casa
della famiglia alle prime ore del mattino del 19 aprile, lanciando tre molotov
nell'edificio. L'incendio che scaturì distrusse completamente la casa. Tre dei
nove componenti della famiglia soffrirono di bruciature: Anna Siváková,
Petr Kudrik e la loro figlia Natálka di due anni, che ebbe bruciature sull'80%
del corpo. Tutti gli accusati sono membri dell'estrema destra. Ora hanno di
fronte dai 12 ai 15 anni di prigione, o forse persino una condanna
straordinaria.
24-09-09 - Il neonazista Ivo Müller ha scritto una lettera ad Anna Siváková, [...] in
cui si scusa per il suo orribile gesto e le chiede perdono. Dice la televisione
ceca, che sia la signora Siváková che il Procuratore di Stato Brigita Bilíková
vedono la lettera come un tentativo del Müller di fare in modo che la sua
prossima punizione venga ridotta.
"Prego mi creda che non intendevo ferire nessuno in quella maniera, e
sicuramente non una bambina piccola. Con tutto il mio cuore le chiedo perdono,
anche se probabilmente invano, non solo per quello che è successo a lei, ma
soprattutto alla piccola Natálka," scrive Ivo Müller nella lettera. Müller
partecipa[va] regolarmente agli eventi neonazisti organizzati dai Nazionalisti
Autonomi e dal Partito dei Lavoratori. "Ringrazio Dio che sia sopravissuta e che
stia combattendo con tanto coraggio, è una piccola bambina molto forte. Prego
che il suo ristabilimento si completi il prima possibile... Vorrei che
l'orologio tornasse indietro. Ancora una volta, chiedo il suo perdono," dice la
lettera del neonazista.
"Sono scioccata. Se vogliono il perdono, devono guardarla negli occhi. Non
posso dimenticare nessuno di loro," ha detto alla televisione ceca la madre.
Markéta Polišenská, avvocato difensore di Müller, ha detto che il suo cliente
non ha dato il permesso che le sue parole fossero diffuse ai media.
Alcuni degli avvocati dei quattro accusati avevano detto in precedenza che si
sarebbero adoperati perché l'attacco fosse riclassificato come un crimine
minore. "E' diritto della difesa e di quanti sono accusati di scegliere il
loro metodo di difesa," ha detto Bilíková alla televisione.
Parlando attraverso i loro avvocati, anche gli altri neonazisti stanno
lavorando per ricevere una punizione ridotta. "Per concludere, il mio cliente
aveva l'impressione che nessuno vivesse nella casa," ha detto alla televisione Ladislav Myšák,
avvocato difensore di Václav Cojocaru. "Non possono scusarsi l'un l'altro,
dicendo che uno di loro non sapeva. Sapevano che andavano ad appiccare il fuoco,
tutti dovevano sapere," ha detto Siváková.
Informazioni non ufficiali dal tribunale confermano che la difesa insisterà
sul fatto che i sospetti non erano a conoscenza dei dettagli dell'attacco. Il
capo, Jaromír Lukeš da Opava, che per anni è stato un neonazista, è stato [...]
l'unico a gettare una molotov attraverso la finestra della casa.
La polizia sta investigando sui collegamenti tra l'attacco di Vítkov e altri
nella regione. Se i collegamenti fossero provati, la polizia dovrebbe accusare
gli imputati anche per gli altri attacchi. "Abbiamo indicazioni concrete che
potrebbero aver partecipato a quegli attacchi. Portarli in causa dipende dalle
ulteriori indagini," ha confermato Bilíková al giornale online
TÝDEN.CZ.
Il livello della sentenza sarà anche influenzata da quando il processo si
svolgerà. A gennaio entrerà in vigore un nuovo codice criminale, che prevede
pene più severe per i crimini più violenti.
Natálka è ancora in ospedale e di fronte a sé ha ancora diverse operazioni da
affrontare. La sua famiglia sta ancora vivendo in una sistemazione temporanea
con gli altri tre bambini, dato che la casa acquistata con la raccolta pubblica
di fondi necessita di una parziale ricostruzione. La famiglia sta provvedendo
lei stessa ai lavori, usando quanto rimane della raccolta fondi per acquistare i
materiali. Settimana prossima la casa verrà registrata al catasto come proprietà
di Anna Siváková ed i lavori potranno iniziare a tempo pieno.
25-09-09 - La casa di una famiglia rom nella città di Mikulov (Moravia del
Sud) è stata attaccata; non ci sono feriti. La famiglia dice che gli assalitori
li hanno rincorsi ed insultati durante l'attacco. Secondo la stazione televisiva
Prima è stata lanciata una molotov, ma Deník.cz news riporta solo il lancio di
una boccale di birra.
La polizia sta indagando: "Gli investigatori della polizia stanno
considerando se si tratti di crimine a sfondo razziale," ha detto a Prima Kamila Haraštová,
portavoce della polizia di Břeclav.
Gli assalitori stavano bevendo in un pub lì vicino ed hanno chiarito alle
loro vittime che il recente attacco incendiario a Vítkov non è stato ne casuale
ne unico. "Uno di loro è partito verso la casa, si è issato alla finestra ed ha
detto: -Eccovi una sorpresa: Zingari a gas!- Poi ha lanciato una bottiglia," ha
raccontato la vittima Sandra Vajdíková.
Secondo Deník.cz l'oggetto lanciato non era una molotov ma un bicchiere.
"Tutto è iniziato con i giovani del luogo radunati di fronte al pub. Uno di loro
che non faceva segreto del fatto che non gli piacessero gli zingari si è fatto
avanti verso la casa e ha gettato un boccale contro la finestra. Fortunatamente,
l'intelaiatura della finestra ha smorzato l'impatto. Altrimenti non voglio
pensare cosa sarebbe potuto accadere. Ci sono due letti proprio sotto la
finestra ed in uno di quelli stava dormendo un bambino di 11 mesi," ha detto Marcela Krištofová,
sorella di Vajdíková, che vive nella stessa casa.
Non è la prima volta che la famiglia rom subisce attacchi. Prima riporta che
ignoti avevano vergato scritte minacciose diverse volte sui muri della casa.
"Abbiamo paura di continuare a vivere qui," ha detto Vajdíková.
"Ho visto tutto dalla mia finestra. Circa 10 o 15 giovani sono usciti dal bar
ed hanno iniziato a giocare agli skinhead. Gridavano slogan razzisti e dopo un
momento qualcuno ha gettato qualcosa direttamente contro la finestra," ha
confermato a Deník.cz Jan Strmiska, che vive la porta accanto. Strmiska è corso
fuori per aiutare le donne rom. "Non potevo più stare fermo a guardare. Cosa
aveva fatto mai? Non sono mai stato danneggiato da un Rom, solo dai bianchi," ha
detto Strmiska in difesa delle sue vicine.
Quando la polizia è arrivata sulla scena, il giovane coinvolto era già andato
via. Però, Marcela Krištofová era in grado di identificarlo, dato che frequenta
la stessa scuola di sua figlia. "Ho lavorato da quando avevo 15 anni. Non ho
problemi con nessuno e non ho mai fatto male a nessuno. Vivo qui decentemente e
pago le tasse. E vero che alcuni Rom gridano sempre al razzismo. Questo non mi
piace. Ma qui ci sono delle leggi, ed i colpevoli devono pagare per ciò che
hanno fatto," ha detto Krištofová. Deník.cz riporta che Krištofová sta pensando
di organizzare una petizione.
[...]
Segnalazione di Tommaso Vitale
11/12/2009 - L'INTERNAMENTO DEI ROM E DEI SINTI IN ITALIA DAL '40 AL '43
Mercoledì alle 11 Convegno alla Sala del Mappamondo. Introduce Lupi. Diretta
webtv
In occasione del settantunesimo anniversario della promulgazione delle leggi
antiebraiche e razziali, mercoledì 16 dicembre alle 11, presso la Sala del
Mappamondo di Palazzo Montecitorio, si terrà il convegno "L'internamento dei Rom
e dei Sinti in Italia dal '40 al '43". Aprirà i lavori, il Vicepresidente della
Camera dei deputati, Maurizio Lupi. Seguiranno gli interventi di Nazzareno
Guarnieri, Presidente della Federazione Romanì, Radames Gabrielli, Presidente
della Federazione Rom e Sinti Insieme, Luca Bravi, Professore presso la Facoltà
di Scienze della Formazione dell'Università di Firenze. Durante l'iniziativa,
sono inoltre previste, una testimonianza di Malena Halilovic, giovane ragazza
rom, la proiezione di un video e la lettura della poesia "Deportazione", del
sinto Vittorio Mayer Pasquale. L'evento sarà trasmesso in diretta sulla webtv di
Montecitorio.
di Alessandro Matta
In vista della prossima Giornata della Memoria, molte sono le iniziative per il
27 Gennaio 2010. Come ogni anno, la Macchina della memoria, alimentata dalle
scuole e dalle istituzioni sta scaldando i motori per la decima Giornata della
Memoria, che coincide col 65° anniversario dalla liberazione dei Lager Nazisti e
della liberazione dell' Europa dall'incubo nazifascista.
Tuttavia, in questi giorni, ha colpito la mia attenzione un video, mandatomi via
Facebook da Alberto Melis, maestro elementare e scrittore, impegnato come me in
quella che fu definita da Pupa Garribba (giornalista, esponente di spicco della
delegazione Italiana della Shoah Foundation di Spielberg nonché testimone delle
leggi razziali del 1938 scampata da bambina alla deportazione a Auschwitz e a
morte certa)la memoria come lotta.
E' curioso che Facebook, spesso additato dai media come un covo di gruppi
razzisti o antisemiti o negazionisti della Shoah, possa riuscire come veicolo di
trasmissione della memoria. Il video ha un'importanza molto particolare. Non è
lungo, è un video girato negli anni '40 a colori (rarità per quella epoca) della
durata di un minuto e mezza. Eppure, questo documento conservato oggi presso gli
archivi del Bundesarchiv in Germania, e visibile anche attraverso il sito Web
della sezione Audiovisivi del museo dell' Olocausto di Washington, è assai
importante per l'approfondimento dell'altro sterminio nazista, quello più
dimenticato o talvolta addirittura approvato, quello dei rom.
Il filmato è il resoconto video degli esperimenti sui bambini rom attuati da Eva
Justin, una assistente del Dottor Robert Ritter, che si occupò durante il
Nazismo di studiare a livello razziale il popolo zingaro, arrivando a
considerarlo come affetto da malattie biologiche o razziali specificatamente
inventata di sana pianta dai nazisti come l'Ibridismo o la tendenza al
nomadismo o alla delinquenza .
La Justin studiò i bambini rom come parte della sua dissertazione sulle
caratteristiche razziali. I bambini erano a St. Josefspflege, un brefotrofio
cattolico a Mulfingen, in Germania. La Justin completò i suoi studi poco dopo la
realizzazione di questo film. I bambini furono deportati ad Auschwitz, dove la
maggior parte di loro venne immediatamente sterminata.
Il video è uno dei pochi, anzi pochissimi, documenti filmati dagli stessi
carnefici relativi alla Porrajmos, ovvero allo sterminio degli zingari, che i
nazisti decisero di eliminare su motivazione biologica e su progetto eugenetico
esattamente come avevano iniziato con gli ebrei nel 1941. Pochissimi altri i
filmati come questo della Justin che documentano la schedatura dei rom, le
indagini eugenetiche su di loro o talvolta la loro deportazione. Esiste un
filmato del 1940 in bianco e nero con audio aggiunto in inglese che mostra
l'arresto di alcuni rom e il loro caricamento su alcuni camion della durata di
due minuti.
Come non vedere questi filmati con una sorta di brivido alla schiena, come una
sorta di vera e propria incubazione dello sterminio che di li a poco si
abbatterà su quelle inermi persone filmate a scopo di ricerca razzistica o per
puro divertimento?
Dalla relazione finale delle indagini di Eva Justin sui bambini di Mulfingen ,
si legge una terribile conclusione, pari a quelle apportate dal Dottor Ritter,
relativamente al fatto che la questione zingara non potrà essere risolta se non
con lo sterminio anche dei bambini rom, anzi, soprattutto di essi.
Ciò che provoca rabbia in qualunque persona che veda questi filmati , è il
sapere che queste persone, questi carnefici anzi , dopo la guerra abbiano
continuato all' 85% una vita normale, senza che nessuno arrivasse a processarli.
Eva Justin, per esempio, dopo la guerra divenne "addetta di previdenza sociale".
H. Grebe, assistente di Verschuer al KWI per l'antropologia, sarà nominato
professore incaricato a Marburgo e successivamente diventerà presidente della
Lega tedesca Medici sportivi. Heinze, perito per l'eutanasia, divenne nel 1953
capo dell' ambulatorio di psichiatria giovanile nell'ospedale di Wunstdorf.
Come non vedere in tutto ciò una giustizia mancata e uno sterminare due volte un
popolo pacifico come i rom? I rom che non hanno mai dichiarato guerra a nessun
altro popolo in tutta la loro storia e che solo per questo meriterebbero il
Nobel per la pace!
Link del video dei Bambini usati per gli esperimenti di Eva Justin
Da
Roma_Daily_News
Thomas Seibert, Foreign
Correspondent
Istanbul, 12/01/2010 - Ercan Koca dice che lui e la sua famiglia devono le loro
vite ad una porta ben chiusa.
"Hanno provato per mezzora, ma non sono riusciti a scardinare la porta di
ferro," ha detto Koca ai media turchi dopo che la sua casa a Selendi è stata
attaccata settimana scorsa. "Se fossero entrati, saremmo stati tutti uccisi.
Bruciarono la mia macchina con una molotov." Ha detto che alcuni degli
assalitori indossavano maschere.
Oltre 70 persone, tutte Rom come Koca, sono state allontanate dalle loro case
a Selendi, una città agricola di 8.000 persone nella provincia di Manisa non
lontana dall'Egeo, dopo essere state attaccate da diverse centinaia di Turchi.
Le violenze sono iniziate in seguito ad una lite, poi degenerata, tra un
proprietario di una casa da the ed un cliente Rom.
Sono state lanciate pietre contro le case dei Rom, mentre gli assalitori
gridavano: "Selendi è nostra e rimarrà così," riportano i giornali. Alcuni Rom
hanno sentito grida di "Colpite gli zingari" dalla folla.
Ma Musa Yildiz, il proprietario di una casa da the, ha detto che il Rom aveva
imprecato contro di lui e l'aveva colpito. La polizia non ha compiuto arresti,
ma più tardi ha scortato dozzine di Rom, donne e bambini inclusi, fuori dalla
città. Alcuni di loro si sono fermati da parenti nella vicina Gordes, mentre
altri sono stati alloggiati a Salihli, più a ovest.
"Da quelle parti ci sono state per molto tempo tensioni tra Rom e non-Rom, e
sono esplose settimana scorsa," ha detto ieri Yakup Cardak, presidente
dell'Associazione Cultura e Solidarietà Rom, un'organizzazione nella città
occidentale di Smirne. "Le autorità locali non avrebbero dovuto permettere che
succedesse."
Il governo di Ankara ha promesso di investigare sulle ragioni dietro le
violenze e di offrire soluzioni ai problemi.
Gli eventi di Selendi non hanno scioccato soltanto la comunità rom turca.
Hanno anche sollevato preoccupazioni più generali che la pace sociale in Turchia
possa essere minacciata, soprattutto perché gli attacchi ai Rom di Selendi hanno
coinciso con scontri tra altri gruppi in altre parti del paese.
Nella città nord-occidentale di Edirne, attivisti di sinistra che chiedevano
il rilascio di diversi amici dalla prigione, sono stati attaccati da un gruppo
di nazionalisti turchi, e le notizie dicono che la polizia non è intervenuta a
fermare le violenze. I media hanno descritto i disordini a Selendi ed Edirne
come "tentativi di linciaggio".
Alcuni osservatori credono che le riforme democratici degli anni recenti, che
hanno incoraggiato le minoranze a chiedere più diritti, abbiano alzato il
coperchio sulle tensioni etniche e sociali che erano tenute sotto ferreo
controllo nel nome dell'unità nazionale. Nel passato, la legge turca proibiva le
espressioni di diversità etnica, ma la richiesta di unirsi all'Unione Europea ha
cambiato tutto ciò.
Politici di spicco come Abdullah Gul, il presidente, hanno elogiato come un
bene la diversità etnica e culturale del paese. Ma i leader di opposizione hanno
ammonito che la politica di riforme del governo è una minaccia all'unità
nazionale.
"Nel passato, le differenze religiose e le altre potevano diventare evidenti
solo in un quadro molto stretto, le voci contro la discriminazione non si
udivano," ha scritto Oral
Calislar, editorialista del giornale Radikal, dopo gli eventi di Selendi. Ma, ha
aggiunto, questo sta cambiando. Scrive Calislar, come fanno progressi le
iniziative del governo per espandere i diritti dei Curdi, Rom e Alevi del paese,
crescono anche le reazioni dei nazionalisti contro le riforme.
L'associazione Rom di Cardak a Smirne offre un esempio dello sviluppo che la
Turchia sta passando. Quando fondò la prima volta l'organizzazione nel 1996,
questa venne chiusa immediatamente perche le leggi turche di quel periodo non
permettevano di menzionare il nome di un gruppo etnico nel titolo di
un'associazione. Cardak, che oggi ha 63 anni, rifondò il gruppo nel 2005, dopo
che la Turchia ha promulgato riforme che hanno rinforzato la società civile.
Dice che oggi i Rom sentono di avere più diritti.
I Rom vivono in Anatolia da secoli. Non è certa la dimensione della loro
comunità della Turchia odierna, perché le leggi non permettono la
categorizzazione per etnia dei cittadini, le stime variano tra il mezzo milione
e i cinque milioni di persone.
Cardak dice che i Rom erano generalmente ben integrati nella società
maggioritaria turca. "Naturalmente ci sono pregiudizi che non si possono
superare, ma abbiamo vissuto assieme per secoli e continueremo così." Ha
accolto con favore la discussione sui diritti delle minoranze e la reazione del
governo dopo gli incidenti a Selendi. "Non penso che qualcosa di simile
succederà ancora."
Alcuni Rom di Selendi non sono così sicuri. Rifiutano di tornare in città
anche se le case sono le loro. Rappresentanti di Selendi, incluso il sindaco Nurullah
Savas, hanno visitato alcuni dei Rom che sono stati portati fuori dalla città
settimana scorsa, e hanno chiesto loro di tornare. Secondo le cronache, Savas,
membro del Partito di Azione Nazionale, ha detto ai Rom "Siete nostri fratelli."
Ma risulta che alcuni Rom dicono che i loro bambini sono rimasti
traumatizzati dagli eventi. Una delle vittime, Erdal Cetin, ha detto che alcuni
dei suoi migliori amici sono stati tra i primi a tirare pietre contro il suo
negozio.
15.01.2010 scrive Fazıla Mat
I cittadini di Selendi, nella Turchia occidentale, costringono l'intera
popolazione rom a lasciare il paese a seguito di un incidente avvenuto la notte
di capodanno. Decine di persone deportate. I commenti dei media e il dibattito
sulle minoranze in Turchia
A Selendi, nella provincia di Manisa (Turchia occidentale), fino a una
settimana fa viveva una popolazione rom di 74 persone, di cui 15 bambini e 20
donne. Lo scorso 7 gennaio, scortati dalla polizia, sono stati tutti deportati
nella località di Gördes. Le autorità avevano mostrato di essere incapaci di
difenderli dagli attacchi degli altri abitanti della cittadina.
L'episodio è scaturito da una discussione avvenuta la notte di capodanno. Burhan
Uçkun, cittadino rom di Selendi, è entrato in un bar per bere un tè. "Non
serviamo da bere agli zingari", gli avrebbe detto il proprietario del locale,
che sostiene però di aver solamente intimato a Uçkun di rispettare il divieto di
fumo. Sta di fatto che dagli insulti si è passati alle mani, coinvolgendo più
persone da entrambe le parti. Alla fine Uçkun è stato portato prima in ospedale
e poi al comando di polizia mentre suo padre, non reggendo l'agitazione, è morto
di infarto.
Cinque giorni dopo, quando il bar ha riaperto, è scoppiata una nuova rissa tra i
parenti del defunto e i frequentatori del locale. A questo punto si è formato un
gruppo di circa mille persone che ha attaccato le abitazioni dei rom. Le case
sono state prese a sassate, alcuni veicoli sono stati bruciati ed è stato
necessario l'intervento della gendarmeria per calmare la folla, che poi è stata
mandata a casa.
I rom, invece, sono stati caricati su pullman e trasferiti provvisoriamente
nella vicina Gördes. E' chiaro che per loro al momento non si parla di far
ritorno nella cittadina dove vivevano da oltre trent'anni, visto che
immediatamente dopo il trasferimento i bulldozer hanno raso al suolo gli
accampamenti e le baracche in cui abitavano.
I rom attribuiscono gran parte della responsabilità dell'accaduto al sindaco di
Selendi, Nurullah Savaş, che avrebbe incitato la folla all'aggressione, e
ricordano che prima della sua elezione l'anno scorso dalle file dell'MHP
(Partito di Azione Nazionale), non si era mai verificato un caso del genere.
Secondo altre testimonianze, il presidente della provincia di Manisa, Celalettin
Güvenç, avrebbe poi chiesto ai rom di firmare un foglio in cui dichiaravano di
trasferirsi volontariamente. Güvenç avrebbe anche affermato che erano obbligati
ad andarsene, e che non avrebbero potuto più restare nella cittadina.
L'ampio spazio dedicato dai media turchi al caso dei rom di Selendi, descritto
come eclatante caso di razzismo, ha tuttavia portato le autorità a dichiarare
pubblicamente sostegno e a offrire garanzie agli sfollati. Abdullah Cıstır,
presidente dell'Associazione rom di Izmir, ha riferito alla NTV che il
presidente della provincia di Manisa avrebbe quindi garantito la protezione
dello Stato ai rom che volessero far ritorno a Selendi, aiutandoli a pagare per
sei mesi o anche un anno l'affitto di case prefabbricate che verrebbero
costruite per loro. Ma sono pochissimi quelli che prendono in considerazione un
eventuale ritorno.
"Anziché avere un tetto preferisco dormire all'aperto ma essere in salvo", ha
detto un giovane commentando l'invito a tornare. Dodici famiglie intanto, circa
quaranta persone, sono state trasferite, sembrerebbe in modo definitivo, nella
città di Salihli, nella stessa provincia. Sarebbe stata garantita loro una casa,
un sussidio per l'affitto, viveri e riscaldamento per aiutarli a iniziare una
nuova vita.
Gli abitanti di Selendi sembrano intanto molto contrariati per il fatto di
essere stati bollati come "razzisti", e accusano i media di aver distorto i
fatti. Nelle diverse interviste continuano a ripetere che i rom sono dei ladri e
degli usurai che bestemmiano e bevono.
L'ex imam della cittadina ha detto che il padre di Uçkun, morto d'infarto la
notte di capodanno, "bestemmiava contro Allah e la moschea. Alla fine è stato
fulminato e giustizia è stata fatta. Quell'uomo venticinque anni fa aveva
sparato ad una persona. Se fossimo razzisti non l'avremmo tenuto qui a quel
tempo."
C'è anche chi dice che "i rom potrebbero anche fare ritorno, purché vivano come
esseri umani", mentre altri si alterano anche solo a considerare una tale
eventualità. Un ex insegnante racconta che in passato ci sono state famiglie che
hanno dovuto andarsene via a causa degli atteggiamenti violenti dei rom, e pur
affermando che non ci sono scuse per quello che è stato fatto la notte del 5
gennaio conclude: "Ora che se ne sono andati siamo sereni. Se tornassero, loro
stessi non lo sarebbero".
La discriminazione dei rom in Turchia in materia di accesso all'istruzione e
alle strutture sanitarie, partecipazione sociale, ricerca di un lavoro e
ottenimento dei documenti di identità è una situazione oggettiva citata anche
nell'ultimo rapporto dell'Unione europea sul Paese. Il governo dell'AKP (Partito
della Giustizia e dello Sviluppo), che finora ha fatto ben poco per rimediare a
questo stato di cose, il 10 dicembre scorso ha realizzato il primo incontro del
gruppo di lavoro costituito per valutare la condizione dei rom.
La sociologa Neşe Erdilek ricorda che i rom della Turchia hanno iniziato a
emergere in pubblico come gruppo sociale dieci anni fa; che precedentemente,
proprio perché venivano automaticamente emarginati per la loro identità, hanno
cercato sempre di non manifestare la propria origine. Ma la loro situazione ha
assunto una fisionomia diversa quando hanno iniziato a costituirsi in
associazioni, e la popolazione rom ha smesso di auto-denominarsi "zingaro" (çingene),
termine associato ad un'identità negativa, per adottare il termine roman.
La Erdilek spiega però che, facendo ciò, hanno optato per una posizione a favore
dell'autorità e del più forte – atteggiamento che avrebbe consentito loro la
sopravvivenza anche al tempo degli ottomani – ed è per questo che una gran parte
di essi sottolinea sempre la fedeltà allo Stato e alla bandiera turca
evidenziando con enfasi la propria differenza da altri gruppi sociali come i
kurdi.
Non sarà un caso che Burhan Kuzu, presidente della commissione per la redazione
della Costituzione, commentando i fatti di Selendi abbia detto: "I rom sono i
nostri cittadini più fedeli, quelli che non hanno mai problemi con il sistema,
con il regime e le altre persone. Sono cioè quelle persone che sono da
considerarsi le più innocenti e – non che qualcuno debba essere emarginato –
proprio quelle da emarginare di meno."
Da
Roma_und_Sinti
23 gennaio 2010 - In occasione dell'inaugurazione del nuovo anno del partito
CDU (conservatore), Christian Schwarz-Schilling, che fu ministro delle poste e
telecomunicazioni nella coalizione CDU-FDP dell'ex cancelliere Helmut Kohl, ha
fortemente criticato il rimpatrio forzato dei Rom verso il Kosovo.
Secondo quanto riferito dai media, Schwarz-Schilling, il cui discorso
riguardava il periodo post-bellico, ha richiamato alle proprie responsabilità la
comunità internazionale nell'intervenire nelle catastrofi causate dall'uomo.
In questo contesto, ha giustificato l'intervento nella ex-Jugoslavia e detto che
le condizioni createsi in seguito avevano bisogno di ulteriore assistenza
post-bellica.
Riferendosi al passato storico della Germania, Schwarz-Schilling ha detto che
il rimpatrio forzato dei Rom in Kosovo è stato un grosso errore. Ha ricordato
che i Rom sono stati perseguitati come gli Ebrei sotto il nazionalsocialismo ed
ha detto che è stato inappropriato trattarli in questo modo. Ha anche ricordato
che molti emigranti dalla Germania avévano trovato una nuova casa all'estero.
Schwarz-Schilling ha ripetutamente criticato le autorità tedesche per la loro
scarsa attitudine verso i rifugiati. In un'intervista col programma TV Panorama,
Schwarz-Schilling ha detto che una politica consistente nel ricevere tante
persone e poi nel ricacciarle nuovamente, difficilmente può essere qualificata
come particolarmente umana. Come Alto Rappresentante del Segretario Generale in
Bosnia Erzegovina riconosce il diritto dei rifugiati al ritorno nelle loro case,
puntualizzando nel contempo che rimangono molti ostacoli nell'esercizio di
questo diritto.
Fonti (in tedesco):
,Die Verantwortung der Deutschen, Echo-online, 23 January 2010
Ex-Minister beurteilt die Lage, Main-Spitze, 23 January 2010
Null
Toleranz – Unionsländer schieben immer mehr Kinder ab, Panorama, Nr. 658, 25
August 2005
Chachipe a.s.b.l.
B.p. 97
L - 7201 Béreldange
e-mail: chachipe.info@gmail.com
www.romarights.wordpress.com
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