Di Fabrizio (del 16/06/2012 @ 09:57:54, in Italia, visitato 1650 volte)
23-24 Giugno 2012- Polo Porta Nuova Pisa Due giorni di confronto e incontro tra esclusione e diritti di negati.
Sabato 23 Giugno 2012
ore 11:00 in Piazza XX Settembre, sotto il Comune di Pisa presentazione del
libro !Rebeldia Edizioni
"L'uomo del non luogo è criminale in potenza". (I.Kant) .
L'immagine di rom e sinti attraverso un'analisi della stampa locale pisana.
Sarà presente l'autrice Alice Cirucci (Ass.Africa Insieme)
ore 17:00 presso il Polo Porta Nuova
"Sgomberi Rom: Pisa sempre più vicina a Roma. Analisi e comparazione nella
gestione della permanenza rom e sin in Italia."
Partecipano:
- Antonio Ardolino, progetto ControCampo (Roma)
- Massimo Colombo, Fondazione Michelucci (Firenze)
- Fernando Chironda, Amnesty International
dalle ore 16:00 Laboratorio per bambini a cura di ARCIragazzi
ore 20:30 cena e musica tipica "il sapore non si sgombera".
A seguire assemblea con le comunità rom presenti a Pisa.
Domenica 24 giugno 2012
Polo Porta Nuova
ore 11 workshop "Prospettive e soluzioni d'accoglienza: no agli sgomberi" a cura
di Africa Insieme. Partecipano le associazioni toscane impegnate sul campo.
Promuovono:Ass. Africa Insieme, Laboratorio delle disobbedienze-Rebeldia,
Arciragazzi.
Di Fabrizio (del 25/06/2012 @ 09:13:21, in Italia, visitato 1713 volte)
OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA
Pochi giorni fa abbiamo appreso che nella nostra città il fenomeno
dell'emarginazione sociale è "scomparso". A dichiararlo è il Comune nel primo
documento del Piano Strategico Sociale pubblicato sul sito dell'ente. Il piano
che dovrebbe portare ad una programmazione unitaria ed efficace del welfare
cittadino, alla cui redazione ci sta lavorando da mesi un gruppo di cinque
esperti.
Nella seconda pagina del documento redatto dagli esperti (dal titolo "Prime
indicazioni per la costruzione del Piano Strategico Sociale") alla tabella
utenti viene dichiarato che i destinatari dei servizi sociali che rientrano
nella categoria "Emarginazione e disagio adulti" (rom, detenuti, ex detenuti,
donne in difficoltà e indigenti) per gli anni 2010 e 2011 erano : 29 nel 2010 e
27 nel 2011.
Questa notizia, se fosse vera, sarebbe veramente eccezionale. La nostra città
diventerebbe una sorta di "paradiso terrestre". Ma sappiamo che, purtroppo, non
è così.
Nella categoria "Emarginazione e disagio adulti", della classificazione
(Nomenclatore interregionale degli interventi e Servizi Sociali- NISS) adottata
dal tavolo degli esperti, dovrebbero rientrare tutti i cittadini che,secondo la
definizione scientifica di emarginazione sociale, hanno un reddito al di sotto
della soglia di povertà, ma hanno subito pure altre deprivazioni come il vivere
in un habitat non inclusivo, una bassa istruzione, difficili condizioni di
salute, ecc.
Partendo da questa definizione multidimensionale dell'emarginazione sociale,
le persone che, nella nostra città, negli anni 2010 e 2011, si trovavano in
questa condizione (tra i rom, i detenuti, gli ex detenuti, le donne in
difficoltà e tra altri soggetti), purtroppo, erano molte di più di quelle
riportate nel documento. Solo nella comunità rom di cittadinanza italiana, gli
emarginati residenti nei quartieri di Modena (Ciccarello palazzine e Ciccarello
ex Polveriera) e di Arghillà nord negli anni 2010 e 2011 erano almeno 800
persone. Ai rom bisogna aggiungere molte altre persone che si trovavano in
condizioni simili di emarginazione sociale e di disagio. I dati dell'Istat
sull'esclusione sociale in Calabria in quel periodo si attestavano intorno
all'8% delle famiglie. Il che significa che, orientativamente, nella città di
Reggio Calabria negli anni 2010 e 2011, le persone che si sono trovate nella
condizione di grave deprivazione ed emarginazione sociale sono state qualche
migliaio. Il fenomeno dell'emarginazione sociale con l'avvento della crisi
economica si è incrementato al punto che la Comunità Europea ha dedicato l'anno
2010 alla lotta contro l'esclusione sociale. Alla luce di tutto questo, non
riusciamo a comprendere come è stato possibile che siano stati pubblicati dati
tanto errati. Anche se non tutti i casi di emarginazione raggiungono i servizi
sociali, è vero che le assistenti sociali comunali, nei diversi quartieri,
seguono moltissimi soggetti emarginati. Ma il documento non riporta nemmeno una
piccola parte dei casi trattati dai servizi sociali. Per fortuna il testo in
questione non è il Piano strategico sociale definitivo, anche se è il prodotto
di un tavolo di esperti che, già da circa otto mesi, lavorano per costruire la
base per la programmazione futura delle politiche sociali della città. E'
evidente che, nonostante le competenze e la buona volontà degli esperti, esiste
il pericolo che i soggetti più deboli, quelli che sono poco rappresentati nella
comunità e nello stesso Terzo settore, possano, di colpo "scomparire" dalle
tabelle. Così facendo si aumenta l'intensità del loro stato di emarginazione,
penalizzandoli ulteriormente. Se il piano Strategico, come è stato presentato,
intende essere uno strumento di programmazione delle politiche sociali e quindi
un mezzo per contrastare l'esclusione sociale è necessario raccogliere con
maggiore attenzione e con metodo diverso i dati, visto che questi costituiscono
le basi fondamentali con le quali redire un programma di welfare efficace.
Questa nostra nota non intende essere una critica al gruppo degli esperti, ma
vuole essere la segnalazione libera di un grave errore nei dati, errore che
potrà essere corretto facilmente se il lavoro di redazione del programma verrà
continuato consentendo, la partecipazione autentica di tutti i soggetti del
Terzo Settore e di quella degli stessi utenti.
Reggio Calabria, 22 giugno 2012
Il presidente Sig. Giacomo Marino
Piano Nomadi:
Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci.
I rom: "Non ci mandate a La Barbuta"Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte,
proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra
avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti
positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di
una buona integrazione" DI L. FACONDI
La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta
ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare
subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono
le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto
a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato
come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La
Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe
complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal
ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del
campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".
I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho
visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari,
cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato
soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo
di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a
raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà -
questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria
per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come
spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole
farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei
soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".
L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e
quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone),
fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede.
"Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il
quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia
fa la parrucchiera".
ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi
che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un
marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco
il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono
romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto
segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono
stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".
SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del
Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle
associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li
aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e
evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del
sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di
rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea
che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale
giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del
Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il
2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto
quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci
siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia
campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa
bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su
questo terreno. di Lara Facondi
ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco
a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio
attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande
campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra,
la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e
videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli
ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto,
nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della
Capitale.
Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta
TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì
mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano
le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come
denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le
«condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace
l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa
circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un
atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi
realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero
utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che
sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che
costerà circa 3 milioni di euro l'anno.
Sbarre all'ingresso di La Barbuta
NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per
la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e
32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un
regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene
menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21
luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo
definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e
prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro.
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un
ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma
a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e
con orari da galera che vanno rispettati».
Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)
I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre
cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha
scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro
i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza».
«Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni
"villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito
a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni,
l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della
istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma
nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto
sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.
Sandro Medici
X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La
Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di
assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro
avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo -
spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea
forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca
di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».
Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta
LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina
- che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per
l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché -
dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le
altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù».
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una
promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà
«negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra
i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.
Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta
IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al
sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto
con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario
straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni
interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del
ministero dell'Interno.
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo
tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro -
spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo
decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che,
malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».
"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una
discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il
ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa
sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.
Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di
Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la
sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi
avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria
Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si
racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre
200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un
altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che
si era riusciti a creare in questi anni".
Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche
l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico
scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva
deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e
rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui
rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri. Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvatoIl titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di
un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»
ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de
Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi
trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il
no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per
l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo
nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante
dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che
si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco,
non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che
non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon
livello di integrazione e questa è una ricchezza».
La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)
LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita
perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci
Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri
dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare
incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello
figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi.
Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore
della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco
Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di
ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi
farà sapere».
DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de
Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400
persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece
è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e
associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci
hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro
fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».
Bambini rom a Tor de Cenci
«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro
quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa
integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la
scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento
sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione».
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno
con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli
delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con
l'incognita del prossimo anno scolastico.
Spazzatura nel campo nomadi (Proto)
UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità
sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto
di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le
scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto
negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari
istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono
nati e cresciuti».
Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio
LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci
non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995.
Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate
fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un
modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda
Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -.
Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili
urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato
progressivamente abbandonato dalle istituzioni».
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio
su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni
stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».
I rom del campo di Tor de' Cenci
CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile
2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il
piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de
Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo
processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale,
ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non
autorizzati».
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al
Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci
pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed
elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».
Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)
«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo
luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione.
La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto
che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La
Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine
- racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto
preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea
di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da
calcio e farci rotolare da un posto all'altro».
AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì
non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non
saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo -
spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto
tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La
Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una
polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco
Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.
Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta
20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012) In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadiL'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci,
direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle
associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello
Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e
dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci,
direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura
comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area
attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino.
Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano
con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli
interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul
«trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un
trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio
“sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la
maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni.
A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini,
è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della
Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola
che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I
residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in
seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante
«l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso
sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel
tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni,
abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia -
continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla
Scuola della Pace c'è un legame forte».
In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei
bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a
fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si
potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della
popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».
Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci.
Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel
2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci
troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire
per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39
anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è
semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono
mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe
meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito,
nuovi container, e la sistemazione delle fogne».
E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento,
come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La
Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle
scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare
qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e
parlando con i bambini e con i ragazzi.
A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per
l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito
«dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche
aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose
positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A
fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il
sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il
campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della
Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà
sapere».
Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:08:21, in Italia, visitato 1769 volte)
Segnalazione di Elvis Asti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Replica
Gentile Direttore,
voglio esprimere, da cittadina e da operatrice sociale, il mio dissenso, la
tristezza e la rabbia per le forme e i modi del comunicato congiunto dei
segretari provinciali del sindacato dei vigili del fuoco di Asti, (pubblicato
oggi, 18 giugno, nelle pagine del Piemonte de La Stampa) sulle condizioni del
campo nomadi : se è certamente condivisibile che tutti i lavoratori, in
particolar modo chi svolge una funzione così preziosa come quella svolta dal
corpo dei vigili del fuoco, siano messi nelle condizioni di fare bene il proprio
lavoro, con tutte le precauzioni dovute alla loro sicurezza e incolumità, ancora
più imprescindibile deve essere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.
Fare riferimento esplicito a “mancanza di igiene, maleducazione, violenza,
intimidazione” come fossero tratti specifici di un gruppo sociale (se non
etnico!) e non come naturali conseguenze di una degradante condizione
socio-abitativa, rischia di rafforzare la stigmatizzazione e il pregiudizio, già
purtroppo assai diffusi.
E, con tutto il rispetto, il problema principale dei campi nomadi, quello per il
quale bisognerebbe davvero dibattere pubblicamente e chiedere ad alta voce
misure urgenti, non è la sicurezza dei vigili o di altri operatori che
occasionalmente vi operano, semmai la condizione al limite dell'umanità in cui
gli stessi abitanti dei campi sono costretti a (soprav)vivere; l'immondizia, le
pozze maleodoranti, i ratti e gli escrementi, citati dal comunicato, non sono
solo odiose difficoltà da gestire durante un intervento esterno: sono il
desolante scenario quotidiano di persone, di donne, di uomini, di anziani, di
donne incinte, di bambini, di ragazzini,di neonati, di malati.
E' questa l'indecenza.
Questo è intollerabile.
Sperando che il Suo giornale possa dar voce anche ad un diverso punto di vista,
nell'ambito di una dialettica democratica e costruttiva, La ringrazio e la
saluto cordialmente
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:22:01, in Italia, visitato 1669 volte)
Ricordavo, la segnalazione precedente, che in Mahalla si
amano la favole. E se fosse un incubo?
Per anni, il Giornale è stato la mia scuola di cabaret; ma ripetere come un
disco rotto lo stesso repertorio è la fine destinata anche agli attori più
validi.
La situazione descritta è sempre quella, invariabile.
Occorre coraggio, occorre tirare fuori i coglioni. Ecco la mia soluzione:
Una campagna mediatica di destra-sinistra, dal Giornale a Repubblica; un patto
di ferro tra comune e costruttori, per rilanciare l'occupazione; poi verranno
RASI AL SUOLO tutti i campi, comunali ed irregolari; verranno abbattuti tutti
gli alberi in città (e per prudenza anche i cespugli); ogni prato - giardino -
spazio verde andrà eliminato, al suo posto nuove costruzioni; tolti anche gli
scivoli, le altalene, le panchine; demoliti anche tutti i campetti di calcio non
a pagamento; i bambini verranno parcheggiati davanti alle televisioni di qualche
megastore. Abolire per decreto cani, gatti, zecche, pulci e piccioni. Se
restasse uno spazio non edificato, piazzarci cubi di cemento di 1,5 m. di
lato. Telecamere e dissuasori ogni 50 m.
A questo punto, negli aeroporti, stazioni e caselli autostradali in entrata,
porre un grande cartello con scritto MAILAND MACHT FREI.
Ultima cosa: far pagare il biglietto agli zingari che vogliano vedere la vita
sicura che vogliamo condurre. Con i proventi realizzare un documentario su
MILANO COM'ERA BELLA.
Neanche a farlo apposta, seguendo distrattamente le cronache degli Europei di
calcio, ripensavo a quando ero bambino io, e a Milano di questa stagione per noi
c'erano solo interminabili partite a pallone e... gli oratori.
Poi, per una vita ho tentato di allontanarmene, ma certe cose rimangono
dentro, sottopelle. Così, uno dei miei primi pensieri è stato un "Sia
invece il vostro parlare sì, sì; no, no..." (Matteo 5,33-34.37)
riemerso da qualche anfratto della memoria. Probabilmente avevano ragione i
pretozzi che me l'hanno inculcato allora, non perché io sia ancora cristiano, ma
perché si suppone cristiano chi ha scritto quel cartello.
Ho scoperto che tutto
il discorso della Montagna, da cui proviene la frase, andrebbe riletto con
attenzione (sì, anche dagli atei). Ma, da quel peccatore e vizioso che sono, non
mi sogno nemmeno di insegnare ad altri il mestiere, a meno che non mi paghino
due o tre birre. Però, vorrei fare un ragionamento, se quella frase significa,
nell'interpretazione volgare che ne è seguita: "PARLA CHIARO, PARLA COME MANGI",
chi è che compie i furti e devo allontanare dalla casa di dio (e anche su questo
ci sarebbe da discutere)? Lo zingaro o il ladro?
Ecco, io avrei scritto, ma è un'opinione personale - non prendetevela, "A
CAUSA DI RIPETUTI FURTI I LADRI NON POSSONO ENTRARE".
Che poi ripeto, anche su questo se ne può parlare, ma in fondo i preti sono
uomini come tutti, non pretendo di parlare con dei filosofi o dei teologi.
E poi, dal punto di vista pratico, devo ancora conoscere un ladro che non
entra a rubare perché glielo vieta un cartello (o un comandamento, o una legge,
ma qua si parlerebbe di ladri più grossi, che possono entrare negli oratori).
Rimane un ultimo particolare: l'eterna discussione se GLI ZINGARI esistano o
no, visto che in Italia so che sono presenti Rom, Sinti, oltre ad uno sparuto
numero di Gitani e Caminanti. Se qualche famigliola rom o sinta, volesse fare un
giro a
Milano, proprio all'oratorio di san Silvestro: fatevi il giretto...
lasciate tutto come trovate! e
fotografate questa piccola gita.
SICUREZZA. SMANTELLATO CAMPO ABUSIVO DI VIA
GATTO/CAVRIANA: 4 FAMIGLIE SISTEMATE IN VIA BARZAGHI E SEGUITE DA SERVIZI
SOCIALI da
Partecipami.it Granelli: "Abbiamo già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinare l'area
a cantiere o parcheggio"
Milano, 5 luglio 2012 - Come annunciato pochi giorni fa dall'assessore alla
Sicurezza e Coesione sociale, Polizia locale, Volontariato e Protezione civile
Marco Granelli, si è svolto questa mattina lo smantellamento
dell'insediamento abusivo di via Gatto/Cavriana, in zona Forlanini, e di altri 3
micro-insediamenti presenti in un'area privata attigua, per un totale di circa
200 rom di nazionalità romena.
L'intervento, concordato con la Questura, è stato realizzato dalla Polizia
locale insieme alla Polizia di Stato e ai Carabinieri. Sul posto anche la
Protezione civile, i Servizi sociali del Comune di Milano e il Nucleo di
Intervento rapido che si sta occupando dell'abbattimento delle baracche.
Il campo di via Gatto, occupato da circa 150 persone di cui la maggior parte
provenienti da via Sacile dopo l'incendio del 15 aprile scorso, insisteva su
un'area demaniale soggetta a sequestro da parte della Magistratura per reati
ambientali: ragione per cui gli occupanti abusivi erano già stati denunciati
all'autorità giudiziaria.
Com'era stato fatto per gli occupanti di via Sacile, a tutte le famiglie
presenti in via Gatto è stata proposta una sistemazione alternativa presso le
strutture della Protezione civile e l'avvio immediato di un percorso di
integrazione seguito dai Servizi sociali. Soluzione accettata da 4 nuclei
familiari, per un totale di 20 persone, subito trasferite in via Barzaghi.
"Per sottrarre quest'area al degrado - afferma l'assessore Granelli - abbiamo
già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinarla a nuovo uso come area di
cantiere o parcheggio e stiamo effettuando gli opportuni sopralluoghi tecnici.
Impensabile, infatti, recintare uno spazio così vasto. In attesa della soluzione
definitiva, sorveglieremo 24 ore su 24 per evitare nuove intrusioni".
"Questo allontanamento - aggiungono gli assessori Marco Granelli e
Pierfrancesco Majorino (Politiche sociali) - è stato svolto con
professionalità dagli operatori della Polizia locale e dei Servizi sociali e
dimostra che è possibile contrastare il degrado offrendo alle persone soluzioni
dignitose, senza dividere le famiglie, e avviando percorsi di integrazione.
Importante anche il confronto con alcune associazioni del terzo settore e della
consulta. Collaborazione che intendiamo rafforzare, anche con le rappresentanze
delle famiglie rom, nell'ottica di quanto indicato dalla strategia nazionale del
ministro Riccardi per rom, sinti e caminanti".
Sgomberi di Bacula e via Gatto: il preludio del piano comunale per i rom?
Domani il Comune di Milano presenterà il piano per Rom Sinti e Camminanti per il
prossimo triennio e il relativo percorso di consultazione e partecipazione, per
la prima volta aperto agli interessati e agli enti e associazioni che li
rappresentano e tutelano.
Eppure ieri la polizia locale ha sgomberato per l'ennesima volta l'area del
cavalcavia Bacula e di Via Colico, che esiste di fatto dal 2005, e stamattina
circa 200 persone sono state allontanate dal campo sorto in via Gatto/Cavriana a
seguito dei due incendi che nel mese di aprile hanno distrutto l'insediamento di
Via Sacile.
"Non capiamo il motivo di uno sgombero, a maggior ragione in una situazione
tanto delicata quale quella di queste famiglie, che hanno già subito due volte
la distruzione delle loro abitazioni - commentano i volontari di Medicina di
Strada del Naga - per di più a un giorno dalla presentazione di un piano che
promette l'avvio di un percorso partecipato per individuare alternative e
soluzioni percorribili con il coinvolgimento dei diretti interessati".
"Un piano per Rom, Sinti e Camminanti non può partire dagli sgomberi. Negli
scorsi mesi era iniziato un percorso di confronto fra i rappresentanti delle
famiglie della comunità sgomberata stamattina, il Naga, la Consulta Rom e Sinti
di Milano e il Gruppo Forlanini e l'Amministrazione, bruscamente interrotto
all'inizio di maggio dal Comune stesso, che ha ripreso il dialogo solo ora a
suon di ruspe" concludono i volontari del Naga.
L'interruzione del percorso ha sfiduciato le famiglie del campo, che in larga
parte hanno deciso di allontanarsi dall'area non vedendo accolta la richiesta di
essere posti sotto la tutela diretta del Comune e non di enti terzi.
Il Naga ritiene che l'avvio di un percorso che sia davvero condiviso debba
necessariamente passare dalla fine degli sgomberi e dall'ascolto delle proposte
dalla comunità.
Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei
campi rom e ovunque ce ne sia bisogno, continuando a denunciare la violazione di
ogni diritto.
Stamattina, a partire dalle 8 e fino alle 12,30, con un notevole
dispiegamento di polizia locale (incluse squadrette piuttosto decise, all'opera soprattutto negli insediamenti più piccoli e con modi molto bruschi e offensivi), polizia di stato e carabinieri (restati invece ai margini), sono stati distrutti gli insediamenti informali di via Gatto - Cavriana, Forlanini - caserma e Forlanini - casette.
Contestualmente all'esecuzione dello sgombero, in particolare nel campo di Gatto
- Cavriana, è stata proposta agli abitanti, dall'ass. Granelli (alla presenza dei
drr Minoia e Palazzo), la sistemazione alla Protezione civile con l'avvio di procedure di rilevazione socio-anagrafica, avviamento al lavoro e a soluzione abitativa, iscrizione a scuola per i minori, su tempi medio - lunghi, a seconda delle
singole situazioni familiari, comunque rispettate nella loro integralità.
Questa proposta è stata accettata, su un complesso di circa 200 abitanti tra i tre insediamenti, solo da 22 persone (in diversi casi con minori), che sono state
avviate in via Barzaghi; l'adesione francamente modesta va attribuita alle modalità sbrigative con cui è stata proposta questa soluzione, troppo compressa rispetto alla procedura d'imperio e a tappe forzate dello sgombero incombente; lo stesso esito deludente dell'ospitalità dei primi 43 soggetti in via Barzaghi, dopo
il rogo definitivo di via Sacile, avrebbe dovuto consigliare, come era già stato
anticipato alle autorità, un approccio meno condizionato dall'urgenza e più preoccupato del messaggio di inclusione che esso voleva significare, da modularsi e
prepararsi con maggior anticipo.
Risulta incomprensibile la fretta con cui si è voluto procedere allo sgombero, pur da tempo preannunciato tra luglio e agosto, ma senza che requisiti ulteriori
di urgenza pregiudicassero o aggravassero il carattere abusivo dell'insediamento; oltretutto, il sopralluogo della Commissione sicurezza sociale del Comune, lunedì 2, aveva evidenziato alcune richieste di dotazione basilari (acqua, servizi
igienici, ritiro immondizia) che sembravano preludere a un approccio meno emergenziale, pur senza rinunciare all'orizzonte dello svuotamento dell'area.
I 22 soggetti ora ospitati in Barzaghi saranno una cartina di tornasole importante, su cui tutti dovremo investire. Ma non ci possiamo nascondere che gli eventi
di stamane - che potevano rivestire il carattere di una prova importante del comportamento del Comune, che verrà sancito domani con la presentazione delle linee generali della politica nei confronti di rom e sinti a Milano - hanno evidenziato gravi errori procedurali, già segnalati dallo sgombero di Bacula ieri.
Gruppo sostegno Forlanini - Milano, 5.7.2012
Soffia di nuovo il vento degli sgomberi a Milano
- di
Karma Mara
Oggi si è rialzato prepotente il vento degli sgomberi sui campi rom non
autorizzati a Milano.
Questa mattina verso le sette sono arrivate in via Cavriana le ruspe del comune
seguite da protezione civile, polizia municipale, servizi sociali, l' assessore
Granelli, Mastrangelo e Minnoia (responsabile degli adulti in difficoltà).
Presenti nel campo al loro arrivo più di 150 persone, di cui 40 minori, molti
appena nati, e le associazioni della zona, gruppo sostegno Forlanini e Consulta
rom.
L'amministrazione ha proposto agli occupanti un censimento, 70 posti presso la
protezione civile per un paio di mesi, l' iscrizione dei minori in strutture
scolastiche, percorsi da avviare per ottenere la residenza e un inserimento
lavorativo per gli adulti, il tutto sostenuto dal terzo settore (caritas). Solo
22 persone hanno accettato le soluzioni proposte dall'amministrazione, le altre
sono attualmente sparse in gruppetti per la città.
Ma come mai quasi nessuno degli occupanti si è sentito di accettare le soluzioni
prospettate? Facciamo un passo indietro. Gli abitanti del campo di via Cavriana
arrivano tutti dall'ex insediamento di via Sacile che per due volte questo
inverno è andato a fuoco. I pochi nuclei familiari che avevano accettato l'aiuto
della caritas, dopo i ripetuti incendi, nel tempo hanno fatto rientro nel nuovo
campo di via Cavriana scottati dall' aver trovato solo ospitalità senza alcun
progetto concreto.
Il nuovo insediamento è stato sostenuto nel tempo dalle associazioni della zona,
tra cui anche il Naga, associazioni che per affrontare l ‘emergenza, ma non
solo, avevano iniziato ad incontrare regolarmente gli assessori Granelli e
Maiorino avendo come obiettivo comune l'uscita dall'illegalità e l'integrazione.
Gli incontri tra associazioni e amministrazione hanno subito una brusca
interruzione per uno stop arrivato dalla stessa amministrazione, stop durato
fino a ieri sera quando le associazioni sono state convocate alle 20 per un
incontro d'urgenza alle 21.00 presso palazzo Marino. Presenti all'incontro
Consulta Rom, gruppo sostegno Forlanini, un paio di abitanti del campo di via
Cavriana e gli assessori.
Cliccare sulle immagini per vederle in
dimensioni reali
Durante l'incontro non è stato chiarito se lo sgombero di oggi sarebbe stato
certo, l'unica cosa certa è che se si voleva arrivare ad una soluzione politica
della questione, sono mancati, come denunciano le associazioni, tutta una seria
di passaggi reali nel tempo, passaggi che avrebbero potuto in sostanza fare la
differenza e produrre con lo sgombero di oggi una soluzione dignitosa per i
nuclei familiari coinvolti. Quello che le associazioni sottolineano è che
l'azione dell'amministrazione di questa mattina fosse soltanto un tentativo “non
reale” di dare una soluzione e che nonostante le aperture e le novità portate da
questa amministrazione, le modalità di intervento ricalcano purtroppo quelle
usate dalle amministrazioni precedenti. Questo tipo di modalità, sostengono le
associazioni, non fa altro che rinforzare la sfiducia da parte della popolazione
rom e produce il risultato di oggi: più di 120 persone senza un tetto e a zonzo
per la città, con un assessore Granelli che cerca di far passare questa diaspora
come una libera scelta degli individui.
Continuiamo a chiederci... ma il vento è cambiato?
Di Fabrizio (del 07/07/2012 @ 09:14:37, in Italia, visitato 1704 volte)
Ricevo da Davide Zaccheo
martedì 10 luglio dalle ore 18.00 2012
TOR DE CENCI, VIA PONTINA 601 ROMA Mobilitazione contro lo sgombero del campo rom di Tor de' Cenci
Entro la metà di luglio, 350 persone del campo rom di Tor de' Cenci verranno
sgomberate e trasferite nel villaggio de La Barbuta, un insediamento ancora più
distante dal centro abitato. Secondo Amnesty International, che ha già diffuso
un appello, "nessuna garanzia procedurale e di legge è stata seguita per
garantire che lo sgombero dei residenti di Tor de' Cenci abbia luogo nel
rispetto degli obblighi regionali e internazionali in materia di diritti umani".
Contro lo sgombero del campo e in difesa della volontà delle famiglie di non
trasferirsi, sta nascendo una mobilitazione che vede l'impegno di Arci
Solidarietà assieme ad Amnesty International e alla Comunità di Sant'Egidio e
che sta coinvolgendo sempre più personalità legate al mondo della cultura e
dello spettacolo. A sostegno di questa mobilitazione, Arci Solidarietà e Scuola
della Pace – Comunità di Sant'Egidio promuovono una maratona artistico-musicale
nello stesso campo di Tor de' Cenci: dal pomeriggio del 10 luglio (ore 18), data
entro la quale la Giunta Alemanno avrebbe pianificato l'inizio dello sgombero,
diversi artisti, musicisti, attori, si alterneranno nel piazzale antistante il
campo con performance e interventi.
Interverranno:
Moni Ovadia
Ulderico Pesce
Tetês de Bois
Militant A - Assalti Frontali
Piotta
Giulia Ananìa
Adriano Bono
Wogiagia
Dj Efrem dei Borghetta Style
Ghetto Youth Spinaceto
Paolo "Er Pesce"
Rossomalpelo
Veeblefetzer & The Manigolds
The Lemmings
Cheja Celen
Antonio Pignatiello
Tiziano Turci
Hanno aderito inoltre:
Interferenze rom – Radio Popolare Roma
ZeroViolenzaDonne.org
Arci Servizio Civile Roma
Arci Servizio Civile Lazio
La Linea di Greta
Rifondazione Comunista Roma (FDS)
Csoa Auro e Marco
Ermes Cooperativa Sociale
Associazione Il Laboratorio
"SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom"
Questo è l'incipit di un volantino che è girato per la cittadina di San Sperate,
con il lodevole intento di svegliare la popolazione ignara del grave pericolo.
Un'invasione degli sfollati dell'ex campo nomadi della 554 che si riversa nella
cittadina.
È allarme.
San Sperate è una piccola cittadina di circa 7.800 abitanti, il Paese Museo, il
paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola, il paese dei Murales,
il paese della cultura.
Arrivano i Rom ed invadono la piccola cittadina.
La notizia rimbalza fra le case, le persone, le strade, i negozi.
Lo sgombero del campo nomadi fra la 554 e Viale Monastir ordinato dal sindaco di
Cagliari Massimo Zedda, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di
Cagliari, è perentorio: entro il 2 luglio il campo nomadi deve essere liberato.
Riprendendo le parole scritte dal quotidiano L'Unione Sarda del 21 giugno:
"Inizialmente una parte della comunità rom si era detta contraria all'ipotesi di
vivere in appartamenti perché in contrasto con le tradizioni della loro etnia.
Anche per questo in settimana c'era stato un incontro in Comune con il sindaco Zedda: i nomadi chiedevano che fosse messa a disposizione un'area compatibile
con i loro usi e costumi. L'abbandono del campo di viale Monastir riguarda tutti
i 157 residenti (93 sono minori): molti di loro stanno firmando i primi
contratti di locazione in abitazioni private. Qualcuno provvederà a pagare
l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno in alcuni casi aiuti e contributi
da parte di Caritas e Comune".
Quindi, ne deduco che dal 21 giugno ad oggi i Rom sono riusciti a moltiplicarsi,
passando da 157 a 400 in poco meno di 10 giorni .
Un rapidissimo calcolo, giusto per capire:
400 – 157 (compresi i neonati) = 243
Insomma, in 10 giorni i nostri 'amici' Rom hanno messo al mondo altri 243 di
'loro'.
Non male come tasso di natalità.
La piccola cittadina di San Sperate è invasa ed il neo sindaco Enrico Collu si
dichiara furioso.
Agli organi di stampa dichiara (ovviamente furioso): "Mi chiedo come sia
possibile apprendere dai propri concittadini che in paese si siano già
trasferite, con l'avallo del Comune di Cagliari alcune famiglie Rom".
Mi sono trasferito a San Sperate circa due anni fa, ho affittato una casa e pur
non avendo ancora messo su famiglia non mi è stato chiesto di avvisare il
sindaco del mio trasferimento e della mia intenzione di farlo.
Ma ogni paese ha i suoi usi e costumi, forse il neo sindaco Enrico Collu ci
tiene a dare il benvenuto a tutti coloro che prendono la residenza e quindi
oltre che all'Ufficio Anagrafe occorre passare anche nel suo ufficio per un
saluto di accoglienza.
Sono ormai passati due anni, ma domani non mancherò di farlo; anzi invito tutti
i nuovi residenti a farlo.
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
È stato necessario convocare urgentemente un consiglio comunale aperto alla
cittadinanza: è allarme per l'invasione da parte dei Rom nella piccola cittadina
di San Sperate!
La popolazione si riversa nell'aula comunale.
Il neo sindaco si schiera a fianco della popolazione allarmata e dichiara: "Si
sono create le premesse per una situazione di ordine pubblico che non posso
controllare. La situazione che ci siamo trovati davanti è inaccettabile, e ora
c'è troppa tensione per consentire l'integrazione. Non ho ordinato nessuno
sgombero, non ne è ho l'autorità. Ho solo ascoltato le segnalazioni dei
cittadini, e a mia volta ho chiesto una verifica delle condizioni igienico
sanitarie degli appartamenti dei rom".
Ma non è tutto, occorre rispondere compiutamente anche attraverso canali
informativi non istituzionali e quindi ritrovo le dichiarazioni del neo sindaco
anche nella pagina Facebook "San Disperate… San Sperate":
"Viste le insinuazioni
di chi evidentemente poco conosce il sottoscritto e i fatti, giusto per chiarire
due concetti in attesa che trovi il tempo per raccontarvi meglio e più nel
dettaglio tutta la questione dirò:
IL COMUNE E IL SINDACO NON SONO STATI INFORMATI DA NESSUNO NE TANTO MENO RESI
PARTECIPI DEL PROGETTO CHE IL COMUNE DI CAGLIARI STAVA METTENDO IN ATTO.
Infatti come ho dichiarato a mezzo stampa sono furioso sopratutto perché la
nostra comunità è stata coinvolta a sua insaputa in un progetto promosso da un
altro comune o anche semplicemente informata. In questo modo siamo stati
calpestati e offesi nella nostra dignità. Evidentemente pensano che in sardegna
si possa mettere i piedi in testa a chiunque senza possibilità di replica. BENE
A SAN SPERATE NON E' COSI!!! E badate bene della questione rom nemmeno arrivo a
parlarne perchè già questo mancato coinvolgimento preclude da parte mia ogni
dialogo almeno fino a quando la situazione non verrà azzerata.
Aggiungo solo che la nostra piccola comunità ha già tanti problemi e tante
vessazioni da parte dei cosiddetti "enti superiori". Non abbiamo soldi per i
nostri disoccupati, non abbiamo spazio nella scuola materna per i nostri figli,
non abbiamo personale adatto a vigilare e personale qualificato per affrontare
problematiche che sono complesse, in poche parole non possiamo farci carico
anche di questo problema.
Sopratutto non possiamo farlo al posto di quelli che "scaldano" le loro dorate
poltrone al comune di Cagliari (che ha ben altre risorse), in provincia o in
regione e non sono mai stati capaci di affrontare e risolvere un problema che và
avanti da decenni. Altra cosa che mi dà tremendamente fastidio è che pare venir
fuori un'immagine di poca tolleranza da un paese come San Sperate che da sempre
è stato avanti nella cultura nell'accoglienza e nella solidarietà e
nell'attenzione al sociale. La colpa non è nostra ma di chi ha cercato di
imporci le proprie decisioni senza prima coinvolgerci, che ha partorito un
progetto che con queste premesse non può che essere fallimentare come la
situazione che si è creata a San Sperate dimostra. San Sperate non merita
questo".
Leggo e rispondo di getto dal mio profilo personale con queste parole:
L'etnia Rom (fonte wikipedia):
Un dato costante della storia del popolo Rom va rintracciato nella persecuzione
che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo
sterminio.
Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la
diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come
maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli,
considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti
divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc.
Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a
costo dell'eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di
espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom,
insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il
numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di
loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire
discriminazioni.
La questione Rom è il punto centrale del discorso quindi un 'nemmeno arrivo a
parlarne' è semplicemente tentare di nascondere la testa sotto la sabbia, perché
se si fosse trattato di terremotati dell'Emilia, rifugiati politici Curdi o
bimbi di Chernobyl forse non ci si sarebbe dichiarati 'furiosi' ma ci si sarebbe
dichiarati fieri e accoglienti
L''appello accorato ai problemi del paese è degno del miglior Cetto La
Qualunque, una botta al 'paese ha già tanti problemi', un'altra all'immancabile
problema scuola (il cuore di mamma si intenerisce sempre alle parole 'i nostri
figli'), un'altra ancora al lavoro (quando si scrive la parola 'disoccupazione'
siamo in tanti a saltare sulla sedia indignati), l'ultima è la bottarella alla
'casta' visto che si scrive di 'enti superiori dalle poltrone dorate'
È vero, 'San Sperate non merita questo' e nemmeno noi cittadini meritiamo
questo, un po' più di sostanza.. grazie..
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
Questa mattina decido di andare a vedere dov'è questo grande accampamento Rom
vicino alla mia nuova cittadina.
Negli articoli dei giornali si scrive di 'terreni vicino all'Emmezeta' ma
nonostante il mio affacciarmi al finestrino della macchina per curiosare nelle
campagne accanto al centro commerciale, non scorgo nessun accampamento.
Decido di chiedere informazioni.
Fermo la macchina e mi avvicino ad un anziano signore che sta lavorando la
campagna.
L'anziano signore risponde alle mie domande:
"Sì, da qualche giorno c'è una famiglia Rom in una casa alla periferia del
paese".
Chiedo io: "Una famiglia?"
E lui: "Sì, ma io non so.. una famiglia, forse due, una trentina di persone..
forse..".
Gli chiedo: "Lei cosa ne pensa?"
Mi risponde: "Ieri c'è stata un'assemblea nell'aula del comune, c'era tanta
gente.. Io non so, alla fine sono persone come noi, con usanze diverse".
Sì, sono persone esattamente come noi.
Arrivo nel grande accampamento Rom. Fa molto caldo, trovo una famiglia che
dialoga, bimbi che corrono e un anziano signore che mi offre una birra fresca.
Ratko Halilovic, conosciuto da tutti come Boban mi presenta la sua famiglia e mi
racconta che è qui in Sardegna da 40 anni, sua sorella è nata qui e ha 32 anni,
i suoi figli sono nati qui.
Il grande campo Rom è costituito da 14 persone, la famiglia di Boban e quella di
suo figlio di 19 anni.
Con l'aiuto della Caritas di Don Marco hanno trovato sistemazione in una casa in
affitto alla periferia di San Sperate. Mi dice che hanno stipulato un regolare
contratto d'affitto di un anno, mi vuole far vedere il contratto ma io gli
rispondo che non è necessario.
Facciamo un giro attorno alla casa, mi indica quello che hanno trovato e quello
che hanno sistemato.
Boban e famigliola si sono dedicati alla pulizia della casa e del terreno
attorno che era diventato punto di raccolta dell'immondizia di alcuni solerti
cittadini di San Sperate; il frutto della civiltà viene sistemato in una decina
di grandi buste.
Boban nel mentre che camminiamo, mi dice: "Questa mattina è venuta l'assessore
del comune ed io ho chiesto dove potevo portare tutte le buste che abbiamo
riempito per non lasciarle buttate qui così, ma non mi ha dato risposta. Io non
so dove posso, se c'è un posto io posso portarle perché ho un furgone".
Già, dove poter conferire le buste di questi 'sporchi e immondezzari' Rom?
Mi chiede: "Ma scusa, perché vogliono mandare i vigili sanitari della ASL a
controllare la nostra casa e quando c'era la signora che ci viveva prima non li
hanno mandati?".
Non ho una buona risposta, ascolto e mi guardo attorno.
La sorella di Boban mi dice: "Noi non vogliamo rubare le case ai sardi, non
abbiamo chiesto e non chiediamo niente. Non vogliamo favori, vogliamo
semplicemente vivere in uno spazio dove non essere sempre costretti a dover
andare via".
Un bambina mi chiede di farle una foto, la moglie di Boban allatta un bimbo
sotto il fresco della veranda, tre pappagalli in una gabbia vicino alla
roulotte, un cane che corre, abbaia e scodinzola e il padre di Boban che mi
sorride con la sua bottiglia di birra in mano.
Questo è il grande accampamento Rom che incute terrore alla piccola cittadina di
San Sperate, che ha fatto infuriare il sindaco e che ha riempito le pagine dei
giornali isolani di questi ultimi giorni.
Per ultimo, vorrei segnalare la profondità di queste parole scritte da un
civile
cittadino di San Sperate:
"Se, tra i nostri nuovi vicini ROM, c'e' qualcuno che si occupa di smaltimento
di rifiuti ferrosi,sappia che a casa abbiamo un bel po' di PIOMBO!!!!!".
Anche io ho paura, ma di VOI non di LORO.
Forse per farli sentire a loro agio, da paese accogliente (come ci ricorda il
nostro primo cittadino) gli abbiamo voluto dare il benvenuto con una montagna di
immondizia...
Di Fabrizio (del 12/07/2012 @ 09:11:19, in Italia, visitato 1925 volte)
Scrivevo, nell'introduzione di
Vicini
Distanti, che da anni raccolgo "quanti più documenti e testimonianze
scritte possibili, sapendo che [la] memoria orale è destinata a soccombere nel
confronto con una società esterna molto più numerosa, organizzata e
strutturata..." Farò un esempio pratico:
Avrete letto in tanti la notizia, perché sono diversi giornali a riportarla.
Tra questi:
Si sa, quando si tratta di elargire soldi con malavoglia, una qualche
emergenza più grave ed incombente la si trova sempre. E' normale, succede anche
nelle nostre famiglie, alle prese con bilanci sempre più risicati, nel tentativo
di far quadrare l'emergenza della bolletta in scadenza con spese che dovremmo
programmare in tempi più lunghi. Se la medesima contingenza la applichiamo ad un
ambito più "numeroso, organizzato e strutturato" come una Regione, il
ragionamento e l'incazzatura del lettore medio saranno di questo tipo: "quei
ladri di amministratori danno i soldi agli zingari ladri, e non a noi che siamo
nelle tende!"
Che poi, alcuni di questi "zingari" nelle tende ci siano davvero e
da più tempo,
non è molto importante. L'illusione è il PARADOSSO di uno "zingaro" trattato
come in hotel a 5 stelle (nessun riferimento al M5S) ed il cittadino che sarebbe il
vero discriminato.
Ora, con tutti i miei limiti, conosco una sola persona che a fine maggio era
nel modenese a verificare la situazione effettiva.
Scriveva così:
Il terremoto che da dieci giorni sta flagellando il mantovano, il
modenese e il ferrarese, ha colpito anche le comunità sinte e rom. In
particolare a Moglia nel mantovano abbiamo cinque famiglie sfollate. A Mirandola
le famiglie sinte residenti sono state allontanate dal luogo di residenza per
paura di crolli e gli è stata negata qualsiasi tipo di assistenza. Da ieri
operatori di Sucar Drom sono presenti nelle zone terremotate per assistere le
famiglie.
Le evidenziature in grassetto sono mie. Nel suo rapporto finale del
7 giugno:
La comunità sinta di Mirandola, che viveva nell'area comunale adesso si è
trasferita nel parcheggio dietro al cimitero. Queste famiglie dopo la prima
scossa del 20 maggio si erano spostate nella zona dei campi sportivi perchè la
struttura in muratura (una vecchia scuola) presente nell'area comunale e a
ridosso delle roulotte ha subito delle lesioni. Dopo le scosse del 29 maggio la
Questura aveva sgomberato le famiglie dalla zona dei campi sportivi per far
posto alla tendopoli ma non ha prestato assistenza alle famiglie indicando un
diverso luogo dove poter posizionare le roulotte. Solo dopo alcune ore di giri a
vuoto, altre famiglie sinte (giostraie), hanno indicato alle famiglie sinte di
Mirandola dove potersi fermare in sicurezza. Nei giorni scorsi è stato chiarita
la situazione con la Questura su quei momenti di panico ed emergenza.
Tutto documentato e verificabile. Ma non so come, nessuna delle testate che
parlano dei soldi dati a Rom e Sinti, ha rilanciato o verificato le notizie
riportate da Mirandola. A voi le conclusioni.
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