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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 16/06/2012 @ 09:57:54, in Italia, visitato 1650 volte)

23-24 Giugno 2012- Polo Porta Nuova Pisa
Due giorni di confronto e incontro tra esclusione e diritti di negati.

Sabato 23 Giugno 2012

ore 11:00 in Piazza XX Settembre, sotto il Comune di Pisa presentazione del libro !Rebeldia Edizioni
"L'uomo del non luogo è criminale in potenza". (I.Kant) .
L'immagine di rom e sinti attraverso un'analisi della stampa locale pisana.
Sarà presente l'autrice Alice Cirucci (Ass.Africa Insieme)

ore 17:00 presso il Polo Porta Nuova
"Sgomberi Rom: Pisa sempre più vicina a Roma. Analisi e comparazione nella gestione della permanenza rom e sin in Italia."
Partecipano:
- Antonio Ardolino, progetto ControCampo (Roma)
- Massimo Colombo, Fondazione Michelucci (Firenze)
- Fernando Chironda, Amnesty International

dalle ore 16:00 Laboratorio per bambini a cura di ARCIragazzi

ore 20:30 cena e musica tipica "il sapore non si sgombera".

A seguire assemblea con le comunità rom presenti a Pisa.

Domenica 24 giugno 2012

Polo Porta Nuova
ore 11 workshop "Prospettive e soluzioni d'accoglienza: no agli sgomberi" a cura di Africa Insieme. Partecipano le associazioni toscane impegnate sul campo.

Promuovono: Ass. Africa Insieme, Laboratorio delle disobbedienze-Rebeldia, Arciragazzi.

 
Di Fabrizio (del 25/06/2012 @ 09:13:21, in Italia, visitato 1713 volte)

OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA

Pochi giorni fa abbiamo appreso che nella nostra città il fenomeno dell'emarginazione sociale è "scomparso". A dichiararlo è il Comune nel primo documento del Piano Strategico Sociale pubblicato sul sito dell'ente. Il piano che dovrebbe portare ad una programmazione unitaria ed efficace del welfare cittadino, alla cui redazione ci sta lavorando da mesi un gruppo di cinque esperti.

Nella seconda pagina del documento redatto dagli esperti (dal titolo "Prime indicazioni per la costruzione del Piano Strategico Sociale") alla tabella utenti viene dichiarato che i destinatari dei servizi sociali che rientrano nella categoria "Emarginazione e disagio adulti" (rom, detenuti, ex detenuti, donne in difficoltà e indigenti) per gli anni 2010 e 2011 erano : 29 nel 2010 e 27 nel 2011.

Questa notizia, se fosse vera, sarebbe veramente eccezionale. La nostra città diventerebbe una sorta di "paradiso terrestre". Ma sappiamo che, purtroppo, non è così.

Nella categoria "Emarginazione e disagio adulti", della classificazione (Nomenclatore interregionale degli interventi e Servizi Sociali- NISS) adottata dal tavolo degli esperti, dovrebbero rientrare tutti i cittadini che,secondo la definizione scientifica di emarginazione sociale, hanno un reddito al di sotto della soglia di povertà, ma hanno subito pure altre deprivazioni come il vivere in un habitat non inclusivo, una bassa istruzione, difficili condizioni di salute, ecc.

Partendo da questa definizione multidimensionale dell'emarginazione sociale, le persone che, nella nostra città, negli anni 2010 e 2011, si trovavano in questa condizione (tra i rom, i detenuti, gli ex detenuti, le donne in difficoltà e tra altri soggetti), purtroppo, erano molte di più di quelle riportate nel documento. Solo nella comunità rom di cittadinanza italiana, gli emarginati residenti nei quartieri di Modena (Ciccarello palazzine e Ciccarello ex Polveriera) e di Arghillà nord negli anni 2010 e 2011 erano almeno 800 persone. Ai rom bisogna aggiungere molte altre persone che si trovavano in condizioni simili di emarginazione sociale e di disagio. I dati dell'Istat sull'esclusione sociale in Calabria in quel periodo si attestavano intorno all'8% delle famiglie. Il che significa che, orientativamente, nella città di Reggio Calabria negli anni 2010 e 2011, le persone che si sono trovate nella condizione di grave deprivazione ed emarginazione sociale sono state qualche migliaio. Il fenomeno dell'emarginazione sociale con l'avvento della crisi economica si è incrementato al punto che la Comunità Europea ha dedicato l'anno 2010 alla lotta contro l'esclusione sociale. Alla luce di tutto questo, non riusciamo a comprendere come è stato possibile che siano stati pubblicati dati tanto errati. Anche se non tutti i casi di emarginazione raggiungono i servizi sociali, è vero che le assistenti sociali comunali, nei diversi quartieri, seguono moltissimi soggetti emarginati. Ma il documento non riporta nemmeno una piccola parte dei casi trattati dai servizi sociali. Per fortuna il testo in questione non è il Piano strategico sociale definitivo, anche se è il prodotto di un tavolo di esperti che, già da circa otto mesi, lavorano per costruire la base per la programmazione futura delle politiche sociali della città. E' evidente che, nonostante le competenze e la buona volontà degli esperti, esiste il pericolo che i soggetti più deboli, quelli che sono poco rappresentati nella comunità e nello stesso Terzo settore, possano, di colpo "scomparire" dalle tabelle. Così facendo si aumenta l'intensità del loro stato di emarginazione, penalizzandoli ulteriormente. Se il piano Strategico, come è stato presentato, intende essere uno strumento di programmazione delle politiche sociali e quindi un mezzo per contrastare l'esclusione sociale è necessario raccogliere con maggiore attenzione e con metodo diverso i dati, visto che questi costituiscono le basi fondamentali con le quali redire un programma di welfare efficace. Questa nostra nota non intende essere una critica al gruppo degli esperti, ma vuole essere la segnalazione libera di un grave errore nei dati, errore che potrà essere corretto facilmente se il lavoro di redazione del programma verrà continuato consentendo, la partecipazione autentica di tutti i soggetti del Terzo Settore e di quella degli stessi utenti.

Reggio Calabria, 22 giugno 2012
Il presidente Sig. Giacomo Marino

 
Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:16, in Italia, visitato 3966 volte)

Ciao Fabrizio ti invio la rassegna stampa relativa alla situazione di Tor de Cenci in questi giorni. Davide Zaccheo

Video

Piano Nomadi: Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci. I rom: "Non ci mandate a La Barbuta" Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte, proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di una buona integrazione" DI L. FACONDI

La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".



I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari, cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà - questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".

L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone), fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede. "Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia fa la parrucchiera".

ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".

SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il 2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su questo terreno.
di Lara Facondi



La Barbuta, prime case assegnate tra le polemiche: «E' un ghetto per i rom» Polemiche sulle inferriate che circondano il primo grande villaggio del Piano Nomadi, costato 10 milioni; 5 associazioni di volontari si autosospendono: «No alla segregazione»

ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra, la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto, nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della Capitale.

Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta

TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le «condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che costerà circa 3 milioni di euro l'anno.

Sbarre all'ingresso di La Barbuta

NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e 32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21 luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro. 
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e con orari da galera che vanno rispettati».

Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)

I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza». «Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni "villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni, l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.

Sandro Medici

X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo - spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».

Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta

LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina - che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché - dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù». 
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà «negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.

Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta

IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del ministero dell'Interno. 
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro - spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che, malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».

Veronica Altimari 21 giugno 2012 | 8:24

Riccardi al campo di Tor de' Cenci gli abitanti rischiano il trasferimento Il ministro per la cooperazione e l'integrazione ha visitato il campo rom alla periferia sud della città. "Ci sono problemi ma c'è integrazione con il territorio"



"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.

Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre 200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che si era riusciti a creare in questi anni".

Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri.

Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvato Il titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»

ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco, non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon livello di integrazione e questa è una ricchezza».

La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)

LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi. Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400 persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».

Bambini rom a Tor de Cenci

«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione». 
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con l'incognita del prossimo anno scolastico.

Spazzatura nel campo nomadi (Proto)

UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono nati e cresciuti».

Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio

LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995. Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -. Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato progressivamente abbandonato dalle istituzioni». 
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».

I rom del campo di Tor de' Cenci

CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile 2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale, ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non autorizzati». 
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».

Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)

«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione. La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine - racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da calcio e farci rotolare da un posto all'altro».

AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo - spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.

Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta 20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012)

In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadi L'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci, direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello



Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino. 

Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul «trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio “sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni. 

A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini, è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante «l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni, abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia - continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla Scuola della Pace c'è un legame forte».

In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».

Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci. Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel 2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39 anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito, nuovi container, e la sistemazione delle fogne».

E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento, come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e parlando con i bambini e con i ragazzi. 

A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito «dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

21 giugno 2012

Italian Minister Riccardi visits the camp of Roma Tor de Cenci Foto di probabilmente Stefano Montesi. Articolo in inglese, errori e imprecisioni.

Video dal Corriere della Sera

 
Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:08:21, in Italia, visitato 1769 volte)

Segnalazione di Elvis Asti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Replica

Gentile Direttore,

voglio esprimere, da cittadina e da operatrice sociale, il mio dissenso, la tristezza e la rabbia per le forme e i modi del comunicato congiunto dei segretari provinciali del sindacato dei vigili del fuoco di Asti, (pubblicato oggi, 18 giugno, nelle pagine del Piemonte de La Stampa) sulle condizioni del campo nomadi : se è certamente condivisibile che tutti i lavoratori, in particolar modo chi svolge una funzione così preziosa come quella svolta dal corpo dei vigili del fuoco, siano messi nelle condizioni di fare bene il proprio lavoro, con tutte le precauzioni dovute alla loro sicurezza e incolumità, ancora più imprescindibile deve essere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.

Fare riferimento esplicito a “mancanza di igiene, maleducazione, violenza, intimidazione” come fossero tratti specifici di un gruppo sociale (se non etnico!) e non come naturali conseguenze di una degradante condizione socio-abitativa, rischia di rafforzare la stigmatizzazione e il pregiudizio, già purtroppo assai diffusi.

E, con tutto il rispetto, il problema principale dei campi nomadi, quello per il quale bisognerebbe davvero dibattere pubblicamente e chiedere ad alta voce misure urgenti, non è la sicurezza dei vigili o di altri operatori che occasionalmente vi operano, semmai la condizione al limite dell'umanità in cui gli stessi abitanti dei campi sono costretti a (soprav)vivere; l'immondizia, le pozze maleodoranti, i ratti e gli escrementi, citati dal comunicato, non sono solo odiose difficoltà da gestire durante un intervento esterno: sono il desolante scenario quotidiano di persone, di donne, di uomini, di anziani, di donne incinte, di bambini, di ragazzini,di neonati, di malati.

E' questa l'indecenza.

Questo è intollerabile.

Sperando che il Suo giornale possa dar voce anche ad un diverso punto di vista, nell'ambito di una dialettica democratica e costruttiva, La ringrazio e la saluto cordialmente

Elisa Stillitano

 
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:22:01, in Italia, visitato 1669 volte)

Ricordavo, la segnalazione precedente, che in Mahalla si amano la favole. E se fosse un incubo?

Per anni, il Giornale è stato la mia scuola di cabaret; ma ripetere come un disco rotto lo stesso repertorio è la fine destinata anche agli attori più validi.
La situazione descritta è sempre quella, invariabile.

Occorre coraggio, occorre tirare fuori i coglioni. Ecco la mia soluzione:

Una campagna mediatica di destra-sinistra, dal Giornale a Repubblica; un patto di ferro tra comune e costruttori, per rilanciare l'occupazione; poi verranno RASI AL SUOLO tutti i campi, comunali ed irregolari; verranno abbattuti tutti gli alberi in città (e per prudenza anche i cespugli); ogni prato - giardino - spazio verde andrà eliminato, al suo posto nuove costruzioni; tolti anche gli scivoli, le altalene, le panchine; demoliti anche tutti i campetti di calcio non a pagamento; i bambini verranno parcheggiati davanti alle televisioni di qualche megastore. Abolire per decreto cani, gatti, zecche, pulci e piccioni. Se restasse uno spazio non edificato, piazzarci cubi di cemento di 1,5 m. di lato. Telecamere e dissuasori ogni 50 m.
A questo punto, negli aeroporti, stazioni e caselli autostradali in entrata, porre un grande cartello con scritto MAILAND MACHT FREI.
Ultima cosa: far pagare il biglietto agli zingari che vogliano vedere la vita sicura che vogliamo condurre. Con i proventi realizzare un documentario su MILANO COM'ERA BELLA.

 
Di Fabrizio (del 02/07/2012 @ 09:02:21, in Italia, visitato 1509 volte)

Foto da La Repubblica, potete anche leggere questo articolo da Il Giorno

Neanche a farlo apposta, seguendo distrattamente le cronache degli Europei di calcio, ripensavo a quando ero bambino io, e a Milano di questa stagione per noi c'erano solo interminabili partite a pallone e... gli oratori.

Poi, per una vita ho tentato di allontanarmene, ma certe cose rimangono dentro, sottopelle. Così, uno dei miei primi pensieri è stato un "Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no..." (Matteo 5,33-34.37) riemerso da qualche anfratto della memoria. Probabilmente avevano ragione i pretozzi che me l'hanno inculcato allora, non perché io sia ancora cristiano, ma perché si suppone cristiano chi ha scritto quel cartello.

Ho scoperto che tutto il discorso della Montagna, da cui proviene la frase, andrebbe riletto con attenzione (sì, anche dagli atei). Ma, da quel peccatore e vizioso che sono, non mi sogno nemmeno di insegnare ad altri il mestiere, a meno che non mi paghino due o tre birre. Però, vorrei fare un ragionamento, se quella frase significa, nell'interpretazione volgare che ne è seguita: "PARLA CHIARO, PARLA COME MANGI", chi è che compie i furti e devo allontanare dalla casa di dio (e anche su questo ci sarebbe da discutere)? Lo zingaro o il ladro?

Ecco, io avrei scritto, ma è un'opinione personale - non prendetevela, "A CAUSA DI RIPETUTI FURTI I LADRI NON POSSONO ENTRARE".

Che poi ripeto, anche su questo se ne può parlare, ma in fondo i preti sono uomini come tutti, non pretendo di parlare con dei filosofi o dei teologi.

E poi, dal punto di vista pratico, devo ancora conoscere un ladro che non entra a rubare perché glielo vieta un cartello (o un comandamento, o una legge, ma qua si parlerebbe di ladri più grossi, che possono entrare negli oratori).

Rimane un ultimo particolare: l'eterna discussione se GLI ZINGARI esistano o no, visto che in Italia so che sono presenti Rom, Sinti, oltre ad uno sparuto numero di Gitani e Caminanti. Se qualche famigliola rom o sinta, volesse fare un giro a Milano, proprio all'oratorio di san Silvestro: fatevi il giretto... lasciate tutto come trovate! ; - ) e fotografate questa piccola gita.

 
Di Fabrizio (del 06/07/2012 @ 09:13:53, in Italia, visitato 1571 volte)
Immagine da Bestmovie.it

Gli articoli sono di ieri, giovedì 5 luglio


SICUREZZA. SMANTELLATO CAMPO ABUSIVO DI VIA GATTO/CAVRIANA: 4 FAMIGLIE SISTEMATE IN VIA BARZAGHI E SEGUITE DA SERVIZI SOCIALI da Partecipami.it
Granelli: "Abbiamo già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinare l'area a cantiere o parcheggio"

Milano, 5 luglio 2012 - Come annunciato pochi giorni fa dall'assessore alla Sicurezza e Coesione sociale, Polizia locale, Volontariato e Protezione civile Marco Granelli, si è svolto questa mattina lo smantellamento dell'insediamento abusivo di via Gatto/Cavriana, in zona Forlanini, e di altri 3 micro-insediamenti presenti in un'area privata attigua, per un totale di circa 200 rom di nazionalità romena.
L'intervento, concordato con la Questura, è stato realizzato dalla Polizia locale insieme alla Polizia di Stato e ai Carabinieri. Sul posto anche la Protezione civile, i Servizi sociali del Comune di Milano e il Nucleo di Intervento rapido che si sta occupando dell'abbattimento delle baracche.

Il campo di via Gatto, occupato da circa 150 persone di cui la maggior parte provenienti da via Sacile dopo l'incendio del 15 aprile scorso, insisteva su un'area demaniale soggetta a sequestro da parte della Magistratura per reati ambientali: ragione per cui gli occupanti abusivi erano già stati denunciati all'autorità giudiziaria.
Com'era stato fatto per gli occupanti di via Sacile, a tutte le famiglie presenti in via Gatto è stata proposta una sistemazione alternativa presso le strutture della Protezione civile e l'avvio immediato di un percorso di integrazione seguito dai Servizi sociali. Soluzione accettata da 4 nuclei familiari, per un totale di 20 persone, subito trasferite in via Barzaghi.

"Per sottrarre quest'area al degrado - afferma l'assessore Granelli - abbiamo già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinarla a nuovo uso come area di cantiere o parcheggio e stiamo effettuando gli opportuni sopralluoghi tecnici. Impensabile, infatti, recintare uno spazio così vasto. In attesa della soluzione definitiva, sorveglieremo 24 ore su 24 per evitare nuove intrusioni".

"Questo allontanamento - aggiungono gli assessori Marco Granelli e Pierfrancesco Majorino (Politiche sociali) - è stato svolto con professionalità dagli operatori della Polizia locale e dei Servizi sociali e dimostra che è possibile contrastare il degrado offrendo alle persone soluzioni dignitose, senza dividere le famiglie, e avviando percorsi di integrazione. Importante anche il confronto con alcune associazioni del terzo settore e della consulta. Collaborazione che intendiamo rafforzare, anche con le rappresentanze delle famiglie rom, nell'ottica di quanto indicato dalla strategia nazionale del ministro Riccardi per rom, sinti e caminanti".


Sgomberi di Bacula e via Gatto: il preludio del piano comunale per i rom?

Domani il Comune di Milano presenterà il piano per Rom Sinti e Camminanti per il prossimo triennio e il relativo percorso di consultazione e partecipazione, per la prima volta aperto agli interessati e agli enti e associazioni che li rappresentano e tutelano.

Eppure ieri la polizia locale ha sgomberato per l'ennesima volta l'area del cavalcavia Bacula e di Via Colico, che esiste di fatto dal 2005, e stamattina circa 200 persone sono state allontanate dal campo sorto in via Gatto/Cavriana a seguito dei due incendi che nel mese di aprile hanno distrutto l'insediamento di Via Sacile.

"Non capiamo il motivo di uno sgombero, a maggior ragione in una situazione tanto delicata quale quella di queste famiglie, che hanno già subito due volte la distruzione delle loro abitazioni - commentano i volontari di Medicina di Strada del Naga - per di più a un giorno dalla presentazione di un piano che promette l'avvio di un percorso partecipato per individuare alternative e soluzioni percorribili con il coinvolgimento dei diretti interessati".

"Un piano per Rom, Sinti e Camminanti non può partire dagli sgomberi. Negli scorsi mesi era iniziato un percorso di confronto fra i rappresentanti delle famiglie della comunità sgomberata stamattina, il Naga, la Consulta Rom e Sinti di Milano e il Gruppo Forlanini e l'Amministrazione, bruscamente interrotto all'inizio di maggio dal Comune stesso, che ha ripreso il dialogo solo ora a suon di ruspe" concludono i volontari del Naga.

L'interruzione del percorso ha sfiduciato le famiglie del campo, che in larga parte hanno deciso di allontanarsi dall'area non vedendo accolta la richiesta di essere posti sotto la tutela diretta del Comune e non di enti terzi.

Il Naga ritiene che l'avvio di un percorso che sia davvero condiviso debba necessariamente passare dalla fine degli sgomberi e dall'ascolto delle proposte dalla comunità.

Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei campi rom e ovunque ce ne sia bisogno, continuando a denunciare la violazione di ogni diritto.

Info:
Naga: 347.1603305 - 02.58102599 naga@naga.it


Stamattina, a partire dalle 8 e fino alle 12,30, con un notevole dispiegamento di polizia locale (incluse squadrette piuttosto decise, all'opera soprattutto negli insediamenti più piccoli e con modi molto bruschi e offensivi), polizia di stato e carabinieri (restati invece ai margini), sono stati distrutti gli insediamenti informali di via Gatto - Cavriana, Forlanini - caserma e Forlanini - casette.

Contestualmente all'esecuzione dello sgombero, in particolare nel campo di Gatto - Cavriana, è stata proposta agli abitanti, dall'ass. Granelli (alla presenza dei drr Minoia e Palazzo), la sistemazione alla Protezione civile con l'avvio di procedure di rilevazione socio-anagrafica, avviamento al lavoro e a soluzione abitativa, iscrizione a scuola per i minori, su tempi medio - lunghi, a seconda delle singole situazioni familiari, comunque rispettate nella loro integralità.

Questa proposta è stata accettata, su un complesso di circa 200 abitanti tra i tre insediamenti, solo da 22 persone (in diversi casi con minori), che sono state avviate in via Barzaghi; l'adesione francamente modesta va attribuita alle modalità sbrigative con cui è stata proposta questa soluzione, troppo compressa rispetto alla procedura d'imperio e a tappe forzate dello sgombero incombente; lo stesso esito deludente dell'ospitalità dei primi 43 soggetti in via Barzaghi, dopo il rogo definitivo di via Sacile, avrebbe dovuto consigliare, come era già stato anticipato alle autorità, un approccio meno condizionato dall'urgenza e più preoccupato del messaggio di inclusione che esso voleva significare, da modularsi e prepararsi con maggior anticipo.

Risulta incomprensibile la fretta con cui si è voluto procedere allo sgombero, pur da tempo preannunciato tra luglio e agosto, ma senza che requisiti ulteriori di urgenza pregiudicassero o aggravassero il carattere abusivo dell'insediamento; oltretutto, il sopralluogo della Commissione sicurezza sociale del Comune, lunedì 2, aveva evidenziato alcune richieste di dotazione basilari (acqua, servizi igienici, ritiro immondizia) che sembravano preludere a un approccio meno emergenziale, pur senza rinunciare all'orizzonte dello svuotamento dell'area.

I 22 soggetti ora ospitati in Barzaghi saranno una cartina di tornasole importante, su cui tutti dovremo investire. Ma non ci possiamo nascondere che gli eventi di stamane - che potevano rivestire il carattere di una prova importante del comportamento del Comune, che verrà sancito domani con la presentazione delle linee generali della politica nei confronti di rom e sinti a Milano - hanno evidenziato gravi errori procedurali, già segnalati dallo sgombero di Bacula ieri.

Gruppo sostegno Forlanini - Milano, 5.7.2012


Soffia di nuovo il vento degli sgomberi a Milano - di Karma Mara

Oggi si è rialzato prepotente il vento degli sgomberi sui campi rom non autorizzati a Milano.

Questa mattina verso le sette sono arrivate in via Cavriana le ruspe del comune seguite da protezione civile, polizia municipale, servizi sociali, l' assessore Granelli, Mastrangelo e Minnoia (responsabile degli adulti in difficoltà).

Intervista a Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza e coesione sociale

Presenti nel campo al loro arrivo più di 150 persone, di cui 40 minori, molti appena nati, e le associazioni della zona, gruppo sostegno Forlanini e Consulta rom.
L'amministrazione ha proposto agli occupanti un censimento, 70 posti presso la protezione civile per un paio di mesi, l' iscrizione dei minori in strutture scolastiche, percorsi da avviare per ottenere la residenza e un inserimento lavorativo per gli adulti, il tutto sostenuto dal terzo settore (caritas). Solo 22 persone hanno accettato le soluzioni proposte dall'amministrazione, le altre sono attualmente sparse in gruppetti per la città.

Ma come mai quasi nessuno degli occupanti si è sentito di accettare le soluzioni prospettate? Facciamo un passo indietro. Gli abitanti del campo di via Cavriana arrivano tutti dall'ex insediamento di via Sacile che per due volte questo inverno è andato a fuoco. I pochi nuclei familiari che avevano accettato l'aiuto della caritas, dopo i ripetuti incendi, nel tempo hanno fatto rientro nel nuovo campo di via Cavriana scottati dall' aver trovato solo ospitalità senza alcun progetto concreto.
Il nuovo insediamento è stato sostenuto nel tempo dalle associazioni della zona, tra cui anche il Naga, associazioni che per affrontare l ‘emergenza, ma non solo, avevano iniziato ad incontrare regolarmente gli assessori Granelli e Maiorino avendo come obiettivo comune l'uscita dall'illegalità e l'integrazione. Gli incontri tra associazioni e amministrazione hanno subito una brusca interruzione per uno stop arrivato dalla stessa amministrazione, stop durato fino a ieri sera quando le associazioni sono state convocate alle 20 per un incontro d'urgenza alle 21.00 presso palazzo Marino. Presenti all'incontro Consulta Rom, gruppo sostegno Forlanini, un paio di abitanti del campo di via Cavriana e gli assessori.

Cliccare sulle immagini per vederle in dimensioni reali

Durante l'incontro non è stato chiarito se lo sgombero di oggi sarebbe stato certo, l'unica cosa certa è che se si voleva arrivare ad una soluzione politica della questione, sono mancati, come denunciano le associazioni, tutta una seria di passaggi reali nel tempo, passaggi che avrebbero potuto in sostanza fare la differenza e produrre con lo sgombero di oggi una soluzione dignitosa per i nuclei familiari coinvolti. Quello che le associazioni sottolineano è che l'azione dell'amministrazione di questa mattina fosse soltanto un tentativo “non reale” di dare una soluzione e che nonostante le aperture e le novità portate da questa amministrazione, le modalità di intervento ricalcano purtroppo quelle usate dalle amministrazioni precedenti. Questo tipo di modalità, sostengono le associazioni, non fa altro che rinforzare la sfiducia da parte della popolazione rom e produce il risultato di oggi: più di 120 persone senza un tetto e a zonzo per la città, con un assessore Granelli che cerca di far passare questa diaspora come una libera scelta degli individui.

Continuiamo a chiederci... ma il vento è cambiato?

 
Di Fabrizio (del 07/07/2012 @ 09:14:37, in Italia, visitato 1704 volte)

Ricevo da Davide Zaccheo

martedì 10 luglio dalle ore 18.00 2012 TOR DE CENCI, VIA PONTINA 601 ROMA
Mobilitazione contro lo sgombero del campo rom di Tor de' Cenci

Entro la metà di luglio, 350 persone del campo rom di Tor de' Cenci verranno sgomberate e trasferite nel villaggio de La Barbuta, un insediamento ancora più distante dal centro abitato. Secondo Amnesty International, che ha già diffuso un appello, "nessuna garanzia procedurale e di legge è stata seguita per garantire che lo sgombero dei residenti di Tor de' Cenci abbia luogo nel rispetto degli obblighi regionali e internazionali in materia di diritti umani".

Contro lo sgombero del campo e in difesa della volontà delle famiglie di non trasferirsi, sta nascendo una mobilitazione che vede l'impegno di Arci Solidarietà assieme ad Amnesty International e alla Comunità di Sant'Egidio e che sta coinvolgendo sempre più personalità legate al mondo della cultura e dello spettacolo. A sostegno di questa mobilitazione, Arci Solidarietà e Scuola della Pace – Comunità di Sant'Egidio promuovono una maratona artistico-musicale nello stesso campo di Tor de' Cenci: dal pomeriggio del 10 luglio (ore 18), data entro la quale la Giunta Alemanno avrebbe pianificato l'inizio dello sgombero, diversi artisti, musicisti, attori, si alterneranno nel piazzale antistante il campo con performance e interventi.

Interverranno:
Moni Ovadia
Ulderico Pesce
Tetês de Bois
Militant A - Assalti Frontali
Piotta
Giulia Ananìa
Adriano Bono
Wogiagia
Dj Efrem dei Borghetta Style
Ghetto Youth Spinaceto
Paolo "Er Pesce"
Rossomalpelo
Veeblefetzer & The Manigolds
The Lemmings
Cheja Celen
Antonio Pignatiello
Tiziano Turci

Hanno aderito inoltre:
Interferenze rom – Radio Popolare Roma
ZeroViolenzaDonne.org
Arci Servizio Civile Roma
Arci Servizio Civile Lazio
La Linea di Greta
Rifondazione Comunista Roma (FDS)
Csoa Auro e Marco
Ermes Cooperativa Sociale
Associazione Il Laboratorio

Siamo in attesa di ulteriori adesioni! Per contribuire, scrivici a: solidarietalazio@arci.it
Le adesioni saranno in costante aggiornamento sul sito: www.arcisolidarietaonlus.eu

Per firmare l'appello, visita la pagina di Amnesty International:  http://www.amnesty.it/rischio-sgombero-forzato-rom-Roma

info: 06/89566579 – 06/89566589

 
Di Sucar Drom (del 09/07/2012 @ 09:34:34, in Italia, visitato 1925 volte)

Segnalazione di Sere Bubamara Lupe

5 luglio 2012 di ildisobbedienteweb

"SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom"

Questo è l'incipit di un volantino che è girato per la cittadina di San Sperate, con il lodevole intento di svegliare la popolazione ignara del grave pericolo.

Un'invasione degli sfollati dell'ex campo nomadi della 554 che si riversa nella cittadina.

È allarme.

San Sperate è una piccola cittadina di circa 7.800 abitanti, il Paese Museo, il paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola, il paese dei Murales, il paese della cultura.

Arrivano i Rom ed invadono la piccola cittadina.

La notizia rimbalza fra le case, le persone, le strade, i negozi.

Lo sgombero del campo nomadi fra la 554 e Viale Monastir ordinato dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di Cagliari, è perentorio: entro il 2 luglio il campo nomadi deve essere liberato.

Riprendendo le parole scritte dal quotidiano L'Unione Sarda del 21 giugno: "Inizialmente una parte della comunità rom si era detta contraria all'ipotesi di vivere in appartamenti perché in contrasto con le tradizioni della loro etnia. Anche per questo in settimana c'era stato un incontro in Comune con il sindaco Zedda: i nomadi chiedevano che fosse messa a disposizione un'area compatibile con i loro usi e costumi. L'abbandono del campo di viale Monastir riguarda tutti i 157 residenti (93 sono minori): molti di loro stanno firmando i primi contratti di locazione in abitazioni private. Qualcuno provvederà a pagare l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno in alcuni casi aiuti e contributi da parte di Caritas e Comune".

Quindi, ne deduco che dal 21 giugno ad oggi i Rom sono riusciti a moltiplicarsi, passando da 157 a 400 in poco meno di 10 giorni .

Un rapidissimo calcolo, giusto per capire:

400 – 157 (compresi i neonati) = 243

Insomma, in 10 giorni i nostri 'amici' Rom hanno messo al mondo altri 243 di 'loro'.

Non male come tasso di natalità.

La piccola cittadina di San Sperate è invasa ed il neo sindaco Enrico Collu si dichiara furioso.

Agli organi di stampa dichiara (ovviamente furioso): "Mi chiedo come sia possibile apprendere dai propri concittadini che in paese si siano già trasferite, con l'avallo del Comune di Cagliari alcune famiglie Rom".

Mi sono trasferito a San Sperate circa due anni fa, ho affittato una casa e pur non avendo ancora messo su famiglia non mi è stato chiesto di avvisare il sindaco del mio trasferimento e della mia intenzione di farlo.

Ma ogni paese ha i suoi usi e costumi, forse il neo sindaco Enrico Collu ci tiene a dare il benvenuto a tutti coloro che prendono la residenza e quindi oltre che all'Ufficio Anagrafe occorre passare anche nel suo ufficio per un saluto di accoglienza.

Sono ormai passati due anni, ma domani non mancherò di farlo; anzi invito tutti i nuovi residenti a farlo.


Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.


È stato necessario convocare urgentemente un consiglio comunale aperto alla cittadinanza: è allarme per l'invasione da parte dei Rom nella piccola cittadina di San Sperate!

La popolazione si riversa nell'aula comunale.

Il neo sindaco si schiera a fianco della popolazione allarmata e dichiara: "Si sono create le premesse per una situazione di ordine pubblico che non posso controllare. La situazione che ci siamo trovati davanti è inaccettabile, e ora c'è troppa tensione per consentire l'integrazione. Non ho ordinato nessuno sgombero, non ne è ho l'autorità. Ho solo ascoltato le segnalazioni dei cittadini, e a mia volta ho chiesto una verifica delle condizioni igienico sanitarie degli appartamenti dei rom".

Ma non è tutto, occorre rispondere compiutamente anche attraverso canali informativi non istituzionali e quindi ritrovo le dichiarazioni del neo sindaco anche nella pagina Facebook "San Disperate… San Sperate": "Viste le insinuazioni di chi evidentemente poco conosce il sottoscritto e i fatti, giusto per chiarire due concetti in attesa che trovi il tempo per raccontarvi meglio e più nel dettaglio tutta la questione dirò:
IL COMUNE E IL SINDACO NON SONO STATI INFORMATI DA NESSUNO NE TANTO MENO RESI PARTECIPI DEL PROGETTO CHE IL COMUNE DI CAGLIARI STAVA METTENDO IN ATTO.
Infatti come ho dichiarato a mezzo stampa sono furioso sopratutto perché la nostra comunità è stata coinvolta a sua insaputa in un progetto promosso da un altro comune o anche semplicemente informata. In questo modo siamo stati calpestati e offesi nella nostra dignità. Evidentemente pensano che in sardegna si possa mettere i piedi in testa a chiunque senza possibilità di replica. BENE A SAN SPERATE NON E' COSI!!! E badate bene della questione rom nemmeno arrivo a parlarne perchè già questo mancato coinvolgimento preclude da parte mia ogni dialogo almeno fino a quando la situazione non verrà azzerata.
Aggiungo solo che la nostra piccola comunità ha già tanti problemi e tante vessazioni da parte dei cosiddetti "enti superiori". Non abbiamo soldi per i nostri disoccupati, non abbiamo spazio nella scuola materna per i nostri figli, non abbiamo personale adatto a vigilare e personale qualificato per affrontare problematiche che sono complesse, in poche parole non possiamo farci carico anche di questo problema.
Sopratutto non possiamo farlo al posto di quelli che "scaldano" le loro dorate poltrone al comune di Cagliari (che ha ben altre risorse), in provincia o in regione e non sono mai stati capaci di affrontare e risolvere un problema che và avanti da decenni. Altra cosa che mi dà tremendamente fastidio è che pare venir fuori un'immagine di poca tolleranza da un paese come San Sperate che da sempre è stato avanti nella cultura nell'accoglienza e nella solidarietà e nell'attenzione al sociale. La colpa non è nostra ma di chi ha cercato di imporci le proprie decisioni senza prima coinvolgerci, che ha partorito un progetto che con queste premesse non può che essere fallimentare come la situazione che si è creata a San Sperate dimostra. San Sperate non merita questo"
.

Leggo e rispondo di getto dal mio profilo personale con queste parole:

L'etnia Rom (fonte wikipedia):

Un dato costante della storia del popolo Rom va rintracciato nella persecuzione che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo sterminio.
Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc.
Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a costo dell'eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom, insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire discriminazioni.

La questione Rom è il punto centrale del discorso quindi un 'nemmeno arrivo a parlarne' è semplicemente tentare di nascondere la testa sotto la sabbia, perché se si fosse trattato di terremotati dell'Emilia, rifugiati politici Curdi o bimbi di Chernobyl forse non ci si sarebbe dichiarati 'furiosi' ma ci si sarebbe dichiarati fieri e accoglienti
L''appello accorato ai problemi del paese è degno del miglior Cetto La Qualunque, una botta al 'paese ha già tanti problemi', un'altra all'immancabile problema scuola (il cuore di mamma si intenerisce sempre alle parole 'i nostri figli'), un'altra ancora al lavoro (quando si scrive la parola 'disoccupazione' siamo in tanti a saltare sulla sedia indignati), l'ultima è la bottarella alla 'casta' visto che si scrive di 'enti superiori dalle poltrone dorate'
È vero, 'San Sperate non merita questo' e nemmeno noi cittadini meritiamo questo, un po' più di sostanza.. grazie..



Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.


Questa mattina decido di andare a vedere dov'è questo grande accampamento Rom vicino alla mia nuova cittadina.

Negli articoli dei giornali si scrive di 'terreni vicino all'Emmezeta' ma nonostante il mio affacciarmi al finestrino della macchina per curiosare nelle campagne accanto al centro commerciale, non scorgo nessun accampamento.

Decido di chiedere informazioni.

Fermo la macchina e mi avvicino ad un anziano signore che sta lavorando la campagna.

L'anziano signore risponde alle mie domande:

"Sì, da qualche giorno c'è una famiglia Rom in una casa alla periferia del paese".

Chiedo io: "Una famiglia?"

E lui: "Sì, ma io non so.. una famiglia, forse due, una trentina di persone.. forse..".

Gli chiedo: "Lei cosa ne pensa?"

Mi risponde: "Ieri c'è stata un'assemblea nell'aula del comune, c'era tanta gente.. Io non so, alla fine sono persone come noi, con usanze diverse".


Sì, sono persone esattamente come noi.


Arrivo nel grande accampamento Rom. Fa molto caldo, trovo una famiglia che dialoga, bimbi che corrono e un anziano signore che mi offre una birra fresca.

Ratko Halilovic, conosciuto da tutti come Boban mi presenta la sua famiglia e mi racconta che è qui in Sardegna da 40 anni, sua sorella è nata qui e ha 32 anni, i suoi figli sono nati qui.

Il grande campo Rom è costituito da 14 persone, la famiglia di Boban e quella di suo figlio di 19 anni.

Con l'aiuto della Caritas di Don Marco hanno trovato sistemazione in una casa in affitto alla periferia di San Sperate. Mi dice che hanno stipulato un regolare contratto d'affitto di un anno, mi vuole far vedere il contratto ma io gli rispondo che non è necessario.

Facciamo un giro attorno alla casa, mi indica quello che hanno trovato e quello che hanno sistemato.

Boban e famigliola si sono dedicati alla pulizia della casa e del terreno attorno che era diventato punto di raccolta dell'immondizia di alcuni solerti cittadini di San Sperate; il frutto della civiltà viene sistemato in una decina di grandi buste.

Boban nel mentre che camminiamo, mi dice: "Questa mattina è venuta l'assessore del comune ed io ho chiesto dove potevo portare tutte le buste che abbiamo riempito per non lasciarle buttate qui così, ma non mi ha dato risposta. Io non so dove posso, se c'è un posto io posso portarle perché ho un furgone".

Già, dove poter conferire le buste di questi 'sporchi e immondezzari' Rom?

Mi chiede: "Ma scusa, perché vogliono mandare i vigili sanitari della ASL a controllare la nostra casa e quando c'era la signora che ci viveva prima non li hanno mandati?".

Non ho una buona risposta, ascolto e mi guardo attorno.

La sorella di Boban mi dice: "Noi non vogliamo rubare le case ai sardi, non abbiamo chiesto e non chiediamo niente. Non vogliamo favori, vogliamo semplicemente vivere in uno spazio dove non essere sempre costretti a dover andare via".

Un bambina mi chiede di farle una foto, la moglie di Boban allatta un bimbo sotto il fresco della veranda, tre pappagalli in una gabbia vicino alla roulotte, un cane che corre, abbaia e scodinzola e il padre di Boban che mi sorride con la sua bottiglia di birra in mano.

Questo è il grande accampamento Rom che incute terrore alla piccola cittadina di San Sperate, che ha fatto infuriare il sindaco e che ha riempito le pagine dei giornali isolani di questi ultimi giorni.

Per ultimo, vorrei segnalare la profondità di queste parole scritte da un civile cittadino di San Sperate:

"Se, tra i nostri nuovi vicini ROM, c'e' qualcuno che si occupa di smaltimento di rifiuti ferrosi,sappia che a casa abbiamo un bel po' di PIOMBO!!!!!".


Anche io ho paura, ma di VOI non di LORO.


Forse per farli sentire a loro agio, da paese accogliente (come ci ricorda il nostro primo cittadino) gli abbiamo voluto dare il benvenuto con una montagna di immondizia...

Link utili:

 
Di Fabrizio (del 12/07/2012 @ 09:11:19, in Italia, visitato 1925 volte)

Scrivevo, nell'introduzione di Vicini Distanti, che da anni raccolgo "quanti più documenti e testimonianze scritte possibili, sapendo che [la] memoria orale è destinata a soccombere nel confronto con una società esterna molto più numerosa, organizzata e strutturata..." Farò un esempio pratico:

Avrete letto in tanti la notizia, perché sono diversi giornali a riportarla. Tra questi:

Si sa, quando si tratta di elargire soldi con malavoglia, una qualche emergenza più grave ed incombente la si trova sempre. E' normale, succede anche nelle nostre famiglie, alle prese con bilanci sempre più risicati, nel tentativo di far quadrare l'emergenza della bolletta in scadenza con spese che dovremmo programmare in tempi più lunghi. Se la medesima contingenza la applichiamo ad un ambito più "numeroso, organizzato e strutturato" come una Regione, il ragionamento e l'incazzatura del lettore medio saranno di questo tipo: "quei ladri di amministratori danno i soldi agli zingari ladri, e non a noi che siamo nelle tende!"

Che poi, alcuni di questi "zingari" nelle tende ci siano davvero e da più tempo, non è molto importante. L'illusione è il PARADOSSO di uno "zingaro" trattato come in hotel a 5 stelle (nessun riferimento al M5S) ed il cittadino che sarebbe il vero discriminato.

Ora, con tutti i miei limiti, conosco una sola persona che a fine maggio era nel modenese a verificare la situazione effettiva. Scriveva così:

    Il terremoto che da dieci giorni sta flagellando il mantovano, il modenese e il ferrarese, ha colpito anche le comunità sinte e rom. In particolare a Moglia nel mantovano abbiamo cinque famiglie sfollate. A Mirandola le famiglie sinte residenti sono state allontanate dal luogo di residenza per paura di crolli e gli è stata negata qualsiasi tipo di assistenza. Da ieri operatori di Sucar Drom sono presenti nelle zone terremotate per assistere le famiglie.

Le evidenziature in grassetto sono mie. Nel suo rapporto finale del 7 giugno:

    La comunità sinta di Mirandola, che viveva nell'area comunale adesso si è trasferita nel parcheggio dietro al cimitero. Queste famiglie dopo la prima scossa del 20 maggio si erano spostate nella zona dei campi sportivi perchè la struttura in muratura (una vecchia scuola) presente nell'area comunale e a ridosso delle roulotte ha subito delle lesioni. Dopo le scosse del 29 maggio la Questura aveva sgomberato le famiglie dalla zona dei campi sportivi per far posto alla tendopoli ma non ha prestato assistenza alle famiglie indicando un diverso luogo dove poter posizionare le roulotte. Solo dopo alcune ore di giri a vuoto, altre famiglie sinte (giostraie), hanno indicato alle famiglie sinte di Mirandola dove potersi fermare in sicurezza. Nei giorni scorsi è stato chiarita la situazione con la Questura su quei momenti di panico ed emergenza.

Tutto documentato e verificabile. Ma non so come, nessuna delle testate che parlano dei soldi dati a Rom e Sinti, ha rilanciato o verificato le notizie riportate da Mirandola. A voi le conclusioni.

 

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