Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/09/2011 @ 09:28:47, in Italia, visitato 1377 volte)
OPINIONI NAVI PILLAY- Alto Commissario Onu per i Diritti Umani - 16/9/2011
All'epoca della mia visita in Italia, nel marzo 2010, i temi riguardanti i Rom
dell'Europa Orientale erano prioritari. Oggi, la loro situazione sembra alquanto
oscurata dal dramma di rifugiati e immigrati provenienti dal travagliato Nord
Africa. Ma non per questo dovrebbero essere dimenticate le questioni attinenti
ai diritti umani affrontate dai Rom.
Durante la mia visita l'anno scorso, mi recai in due insediamenti Rom alla
periferia di Roma. Il primo, in via Marchetti, era una baraccopoli non
autorizzata. Il secondo, in via Candoni, era stato creato dalle autorità. In
quell'occasione incontrai anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni, che mi
garantì che i Rom avrebbero beneficiato del cosiddetto Piano per i Nomadi
elaborato dal governo, attraverso il loro ricollocamento da insediamenti
illegali a «campi» regolamentati.
Manifestai la mia seria preoccupazione circa tali soluzioni, osservando che, in
nome della sicurezza, il «campo modello» ufficiale, in via Candoni, era
circondato da alti muri di cinta con torri di sorveglianza della polizia. Ciò
non lo distingueva affatto da quello non autorizzato, altrettanto segregato,
lontano dalla città, dalle opportunità di lavoro che essa può offrire, dai suoi
servizi sociali. La soluzione è l'integrazione nel tessuto della vita urbana.
Questo solamente può condurre a un reale godimento dei diritti umani gruppi in
precedenza marginalizzati e stigmatizzati, tra i quali i Rom.
Trattare interi gruppi etnici come «problemi di sicurezza» ne pregiudica
ulteriormente diritti e benessere. Il governo italiano ha mantenuto il proprio
approccio condizionato dalla sicurezza e continua a trattare i Rom come «nomadi»
che non sono in grado di vivere in normali ambienti urbani. Ma la maggior parte
dei Rom non è composta da nomadi in qualunque senso si voglia intendere tale
termine. Un Rom che viveva nell'insediamento di via Marchetti mi disse con
ironia amara: «Naturalmente, se passi da un trasferimento coatto all'altro,
diventi un "nomade" che deve poter vivere in un "campo". Come possono pensare
che noi non vorremmo lavori, case, e mandare a scuola i nostri figli come
chiunque altro?».
Come ebbi modo di verificare lo scorso anno attraverso i miei contatti diretti
con gli abitanti di via Marchetti, quell'insediamento comprendeva un numero di
Rom dalla Bosnia che si trovavano in Italia dagli inizi degli Anni Novanta,
costretti ad allontanarsi a causa del conflitto interetnico che produsse un
genocidio. Alcuni di essi mi mostrarono documenti che indicavano che era stato
loro riconosciuto lo status di rifugiati. Altri avevano carte che attestavano la
positiva considerazione del loro caso da parte della Corte Europea dei Diritti
dell'Uomo di Strasburgo, che aveva portato - quasi un decennio fa - l'Italia a
riconoscerne il diritto a rimanere sul suo territorio. Anche queste famiglie
furono sottoposte a trasferimenti coatti in giugno, senza alcuna assistenza e
senza un posto dove poter andare.
In seguito, sono rimasta scossa nell'apprendere che, dall'agosto 2010, sei bimbi
Rom hanno già perso la vita a Roma o nei suoi dintorni, a causa di incidenti
connessi alla mancanza di sicurezza negli insediamenti dove erano costretti a
stare. La soluzione proposta ogni volta dopo tali tragedie è sempre stata la
stessa: trasferimenti coatti.
Se da una parte un livello considerevole di risorse continua a indirizzarsi
verso l'organizzazione di tali trasferimenti, viene invece data scarsa
attenzione alle misure di inclusione sociale. Un recente rapporto su Rom e Sinti
della Commissione speciale sui diritti umani del Senato italiano è giunto alla
conclusione che le attuali politiche non hanno raggiunto alcun progresso al
riguardo.
Mi sono particolarmente preoccupata quando, nel contesto delle elezioni locali
tenutesi quest'anno in Italia, il partito del primo ministro Berlusconi ha fatto
ricorso a un'aperta retorica antiRom come strumento di campagna elettorale. In
contrasto, accolgo con piacere l'espressione di sostegno manifestata da Papa
Benedetto XVI in occasione di un incontro con i Rom lo scorso giugno. Purtroppo,
appena dieci giorni dopo l'udienza con il Pontefice, l'insediamento di via Marchetti è stato oggetto di trasferimenti coatti, con le autorità locali a
sostegno della tesi che ciò fosse a grande vantaggio della sicurezza.
Secondo fonti affidabili della società civile, il trasferimento coatto di via
Marchetti è stato condotto in una maniera che ha violato gli standard
internazionali. La data non è stata annunciata in anticipo. Contro le
rassicurazioni che mi erano state date nel 2010, agli abitanti non sono nemmeno
stati offerti posti alternativi a via Candoni o in altri simili insediamenti
ufficiali. Alcuni di coloro che sono stati allontanati si sono comunque spostati
nell'insediamento di via Candoni, vivendo ai suoi margini, senza alcun alloggio
loro fornito. Il sovraffollamento ha portato al deterioramento delle condizioni
di vita in via Candoni. E le promesse di lavori e altri miglioramenti in favore
dei residenti autorizzati del «campo» non si sono materializzati.
L'Unione Europea ha adottato un quadro per le strategie nazionali per
l'integrazione dei Rom, in base al quale gli Stati membri dell'Ue devono
formulare strategie inclusive che mirino a miglioramenti tangibili in materia di
educazione, impiego, salute e alloggi per i Rom.
La posizione del governo italiano è in contrasto con lo spirito e gli obiettivi
di tali disposizioni quadro. Occorre che l'Italia attui un cambiamento drastico
nel proprio approccio e si discosti da politiche che sono principalmente mosse
da motivi di sicurezza, piuttosto che da una visione di integrazione.
Se ci fosse abbastanza volontà politica da riconoscere quello che ora appare
come l'ovvio fallimento dell'approccio fondato sulla sicurezza, l'elaborazione e
la successive attuazione di una Strategia nazionale per l'integrazione dei Rom
potrebbe segnare un punto di svolta. Oltre a creare una Strategia nazionale
inclusiva in linea con le richieste politiche dell'Unione Europea, l'Italia
dovrebbe anche essere attenta a rispettare i propri obblighi legali, che
derivano da standard internazionali in materia di diritti umani.
Di Fabrizio (del 21/09/2011 @ 09:38:34, in Italia, visitato 1228 volte)
PisaNotizie.it
In occasione del convegno europeo "Senza dimora e flussi migratori", l'assessore
regionale al Welfare ha ribadito la contrarietà alla pratica degli sgomberi, e
alla riduzione della questione alla sola collocazione delle presenze sul
territorio: "Non si risolve il problema spostandolo da un comune all'altro". Si
attendono ora le decisioni della cabina di regia regionale che si riunirà la
prossima settimana, e la discussione aperta in consiglio comunale a Pisa
Dopo le dure critiche espresse dall'assessore regionale Salvatore Allocca nei
confronti della decisione del comune di Pisa di sgomberare 27 famiglie rom dal
campo di Cisanello - una scelta definita "sorprendete e preoccupante", anche
perché non annunciata all'interno della sede di cabina di regia regionale -
continua il confronto tra lo stesso Allocca e l'amministrazione comunale pisana,
anche in vista del tavolo regionale previsto per la prossima settimana.
A margine del convegno europeo dal titolo: "Senza dimora e flussi migratori",
che si è svolto al Polo Carmignani nella giornata di venerdì 16 settembre
l'assessore regionale ha ribadito la linea della Regione rispetto alla presenza
di rom nel nostro territorio: "In assenza di risorse dobbiamo avere idee e per
questo abbiamo istituito la cabina di regia regionale: servono politiche
condivise tra i territori per affrontare la questione rom".
Ma soprattutto da Allocca è stato riconfermata l'idea dello stop agli sgomberi
in quanto "inutili": "Mi rifiuto di pensare che quello dei rom sia solo un
problema di collocazione sul territorio. E' chiaro che la politica degli
sgomberi non serve, perché non si risolve il problema spostandolo da un comune
all'altro".
"Servono - ha sottolineato così l'assessore - percorsi comuni e condivisi che
coinvolgano i territori e se si decidono politiche condivise anche la Regione
può dare un contributo investendo risorse".
"E' necessario quindi - ha concluso l'assessore regionale - lavorare tutti
insieme, a cominciare dai comuni più esposti, per favorire percorsi di
inclusione sociale e di integrazione vera. Il tavolo regionale serve a questo: a
coordinare politiche comuni ed a elaborare una strategia condivisa".
Parole che non sono piaciute all'amministrazione comunale pisana. A replicare a
distanza ad Allocca è stata infatti l'assessore alle politiche sociali Maria
Paola Ciccone, che dal canto ha ribadito la situazione eccezionale del comune di
Pisa: "Noi sul territorio gestiamo, attraverso la società della salute, circa
250 homeless e 800 rom, un numero di presenze di persone che vivono la
marginalità superiore almeno del 25% a quelle che possiamo sopportare, anche se
naturalmente si tratta di situazioni diverse tra loro".
"E' evidente - prosegue Ciccone - che servono interventi per diminuire questi
numeri, per intervenire di più e meglio. Anche perché in realtà come la nostra
dove i servizi pubblici funzionano, i servizi stessi diventano elementi
attrattori per altre presenze. Quindi la cabina di regia regionale è
indispensabile proprio perché tutti devono fare la propria parte".
Sugli sgomberi l'assessore comunale precisa che "le ordinanze dei comuni non
sono fatte a cuor leggero, ma sono l'extrema ratio per ripristinare condizione
di sicurezza e legalità anche a favore degli stessi rom".
Il confronto tra Regione e Comune di Pisa è quindi aggiornato alla riunione
della cabina di regia regionale ma anche alla discussione a tema sui rom che si
terrà in consiglio comunale a Pisa, alla presenza dello stesso Allocca, sulla
base di mozione, presentata da Prc e Sel, e approvata in occasione dell'ultimo
consiglio comunale.
Infine sempre al convegno su senza dimora e flussi migratori la dirigente della
Divisione politiche sociali del Ministero del welfare, Cristina Belliri, ha
annunciato che "entro dicembre avremo una fotografia precisa della marginalità
in Italia: sapremo quanti sono i senza dimora sparsi sul territorio nazionale
grazie a un'indagine condotta dall'Istat".
"Sarà un punto di partenza - ha aggiunto - per attuare interventi mirati e
politiche di superamento della marginalità sociale. Intanto, a gennaio partirà
nelle città sopra i 250 mila abitanti la sperimentazione della carta acquisti di
cui saranno soggetti beneficiari gli enti no profit che avranno poi il compito
di distribuirla tra gli indigenti".
"L'indagine dell'Istat - ha concluso Belliri - è condotta con una metodologia
precisa che censisce tutti gli organismi, pubblici, privati e del privato
sociale, che a vario titolo offrono servizi ai senza dimora e consentirà non
solo di avere un numero preciso degli aventi bisogno, ma anche del tipo di
servizi che si offrono e quelli che si potrebbero offrire".
Di Fabrizio (del 01/10/2011 @ 09:02:44, in Italia, visitato 1335 volte)
Sarebbe un mondo più giusto, quando fatti come questi non
fossero più una notizia. Ma per il momento andrebbe bene anche così, non fosse
per qualche commento che m'è rimasto sullo stomaco...
La notizia è destinata a frantumare tanti luoghi comuni, anche nella
solare Riviera del Corallo. Non solo documenti nel portafoglio ma anche carta di
credito. Felice il pensionato che aveva smarrito il portafogli
ALGHERO - Una signora residente nel campo nomadi di Fertilia, nella
mattinata di lunedì si è recata nella Stazione dei Carabinieri di via Don
Minzoni per restituire un borsellino appena ritrovato per strada.
Non solo documenti nel portafogli, ma carta di credito e la somma considerevole
di 570 euro. Sarà stato felice il pensionato 60enne originario di Bitti, a cui
sono stati restituiti tutti i suoi averi.
Saranno sorpresi tutti coloro - i pregiudizi sono in agguato per tanti - che
associano un'etnia solo a determinati comportamenti, spesso negativi. Qualche
volta ci sono delle sorprese, per cui vale sempre la pena cambiare idea, o se
non altro riservare il beneficio del dubbio.
Di Fabrizio (del 04/10/2011 @ 09:58:30, in Italia, visitato 1443 volte)
Tanto per ripetere cose dette e stradette
RomaToday
"Inutile e dannosa la politica degli sgomberi spot senza proporre alternative
a donne e bambini che si trovano in condizioni drammatiche", denuncia Corbucci -
di Redazione 01/10/2011
"Il Sindaco deve avere il coraggio di venire in strada su via Salaria, il giorno
dopo gli sgomberi, per vedere le condizioni in cui ha ridotto questi quartieri
con bambini di pochi anni buttati per terra lungo i marciapiedi, donne che
allattano su giacigli di fortuna, decine di persone che dormono in macchina,
senza viveri ed abiti. Il tutto mentre la prostituzione di strada continua a
fare affari in mezzo a questa miseria e desolazione" lo dichiara in una nota
Riccardo Corbucci, vicepresidente del consiglio del IV Municipio.
"Oggi, insieme a cittadini volontari del quartiere, abbiamo realizzato un
servizio fotografico che invieremo al Sindaco Alemanno e al vicesindaco
Belviso
perché si rendano conto di quanto sia inutile e dannosa la politica degli
sgomberi spot, quelli che vengono realizzati senza proporre alternative a donne
e bambini che si trovano in condizioni drammatiche" spiega Corbucci "un vero e
proprio esodo su e giù per la Salaria, con i quartieri di Villa Spada e Castel
Giubileo che si ritrovano tante persone costrette a rovistare nei secchioni
della spazzatura e a dimorare sui marciapiedi. A cosa servono gli sgomberi dei
campi abusivi senza una programmazione? A mettere intere famiglie sul
marciapiede? Se Alemanno non ci crede venga a vedere di persona, non faccia come
il Presidente del IV Municipio Cristiano Bonelli che da queste parti non si vede
più da molto tempo".
Di Fabrizio (del 05/10/2011 @ 09:41:52, in Italia, visitato 1625 volte)
Lunedì 10 ottobre 2011, alle 11
presso la Sala Igea, piazza dell'Enciclopedia Italiana, 4 – Roma
Il Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) e l'Associazione 21 luglio
presenteranno i due rapporti sui diritti dell'infanzia e delle donne rom
recentemente inviati alle apposite Commissioni delle Nazioni Unite.
Le due associazioni hanno condotto specifiche ricerche sulla situazione delle
donne e dei bambini rom in Italia. Da entrambe le analisi emerge ancora una
volta la palese violazione dei diritti della comunità rom e sinte in Italia.
Nonostante i provvedimenti straordinari, continua a mancare per i rom in Italia
la garanzia di una sistemazione abitativa adeguata. Mancano inoltre progetti
mirati per favorire l'integrazione con gravi ripercussioni per i soggetti più
deboli: i minori e le donne.
La pratica degli sgomberi forzati (154 tra marzo e maggio 2011 nella sola Roma,
per un totale di 1800 persone coinvolte) non è stata accompagnata da nessun
miglioramento delle condizioni abitative della comunità rom. Questi interventi,
che si traducono in continui trasferimenti forzati delle famiglie, ostacolano
poi la frequenza scolastica dei minori. Anche le condizioni igieniche e
sanitarie sono spesso inadeguate: studi sul campo hanno dimostrato che una
percentuale crescente di bambini cresciuti in queste condizioni manifesta
disturbi del sonno e dell'attenzione, ansia, iperattività e ritardi
nell'apprendimento, tutti problemi destinati ad aggravarsi durante l'adolescenza
e l'età adulta.
Per quanto riguarda le donne, un alto numero delle intervistate da parte dell'Errc
ha raccontato di aver subito maltrattamenti e minacce da parte delle forze di
polizia e violenze domestiche, violenze quasi mai denunciate per il timore di
ritorsioni. Per le donne rom, inoltre, anche l'accesso all'istruzione e
all'impiego risulta fortemente ostacolato. Un altro problema, troppe volte
ignorato, riguarda infine la pratica dei matrimoni precoci.
Durante l'incontro saranno discusse le osservazioni conclusive delle due
Commissioni, Cedaw (Comitato per l'eliminazione delle discriminazioni contro le
donne) e Crc (Comitato per i diritti dell'infanzia), delle Nazioni Unite e le
preliminari risposte del governo italiano.
Alla presentazione dei due rapporti interverranno Dezideriu Gerley,
(direttore dell' Errc), Carlo Stasolla (presidente dell'Associazione 21 luglio) e
Concetta Smedile, (ricercatrice presso Errc e coordinatrice della ricerca sulla
situazione delle donne rom in Italia).
Si prega confermare la partecipazione entro il 6 ottobre c.a.
Sinan Gökçen ERRC Media and Communications Officer
sinan.gokcen@errc.org Mob.:
+36.30.500.1324
Daniela Sala
Ufficio stampa Associazione 21 luglio
ufficiostampa@21luglio.com
Mob.: +39.329.6769773
Una
precedente segnalazione che potrebbe tornare utile (ndr)
Di Fabrizio (del 08/10/2011 @ 09:38:33, in Italia, visitato 1362 volte)
ottobre 5th, 2011 | by rob Published in Articolo, smogville | 1 Comment
La storia è questa. A un certo punto del pomeriggio arriva un comunicato stampa
dal Comune di Milano, assessorato alla Sicurezza, oggetto: "Rom. Famiglie
lasciano campo abusivo sito in zona pericolosa al confine con Settimo Milanese".
Toh! penso, fino a pochi mesi fa ci toccava il bollettino quotidiano degli
sgomberi, ora il Comune ci informa che queste famiglie hanno lasciato il campo
in cui vivevano perché si sentivano in pericolo. Leggo le prime righe del
comunicato: "A causa della pericolosità del luogo questa mattina i cittadini
rom, che dal mese di luglio vivevano in un campo abusivo in via Gaetano Airaghi,
hanno lasciato le loro baracche". Eh si, il vento è cambiato. Continuo a
leggere: "Le famiglie sono state convinte ad allontanarsi dal quel campo non
autorizzato – ha spiegato l'assessore alla Sicurezza e Polizia locale Marco
Granelli – perché si trovava a ridosso della tangenziale in una zona
pericolosa". Ah. Sono state convinte. Da chi? "I vigili, accompagnati dal
Comandante Tullio Mastrangelo, questa mattina si sono presentati insieme agli
operatori sociali del Comune e hanno spiegato alle famiglie i motivi per i quali
non potevano più continuare a stare lì". Ah ok, capito, sono state sgomberate.
Almeno così si definivano fino a pochi mesi fa queste operazioni. E non di
qualche famiglia, come sembrava dall'oggetto, ma 133 persone. Ancora il
comunicato: "Il campo di via Airaghi, al confine con il Comune di Settimo
milanese, era costituito da 52 baracche, dove vivevano 41 famiglie, per un
totale di 133 persone, di cui 48 minori. La società Serravalle proprietaria
dell'area, sta procedendo alla pulizia e messa in sicurezza dell'area". Alle
persone sgomberate il Comune ha offerto più o meno le cose che offriva la Moioli
quando era nei giorni di grazia: "sistemazione provvisoria nei centri di
accoglienza" ma dividendo donne e uomini: i maschi da una parte, le femmine e i
bimbi dall'altra. "Al momento però le famiglie hanno preferito abbandonare il
campo senza accettare la nostra proposta" scrive ancora Granelli. E magari se ne
sono andate senza neanche ringraziare.
Quell'area sicuramente era pericolosa e lo sgombero è stato pensato a "fin di
bene". Ma il risultato è lo stesso del suo predecessore De Corato, che però
almeno chiamava le cose col loro nome e non usava giri di parole finto buonisti
per raccontarle. O forse nel favoloso mondo di Pisapie gli sgomberi sono
"gentili" e le famiglie "lasciano" le loro baracche?
CONSULTA ROM E SINTI DI MILANO
COMUNICATO STAMPA
Lo sgombero dei rom dell’ex campo di via Triboniano non deve essere la
ripetizione della politica di De Corato. La Consulta rom e sinti di Milano
chiede un incontro all’assessore alle politiche sociali: costruiamo insieme una
prospettiva positiva per la comunità rom e sinta
Stamattina la polizia locale ha sgomberato i rom accampati tra Quinto Romano e
via Novara. Tutti provengono dal campo di via Triboniano, chiuso dalla giunta
Moratti alla vigilia delle elezioni e dove queste famiglie abitavano. Di queste
alcune sono state escluse nel 2007 quando il campo bruciò e la giunta lo sistemò
riducendo però gli abitanti con il risultato che molti, pur regolari e senza
problemi con la giustizia, rimasero per strada perdendo tutto quello che
avevano; altre sono state espulse negli ultimi 5 anni in base al patto di
legalità e al successivo regolamento prefettizio applicato anche per bollette o
multe non pagate o per aver ospitato familiari nel container.
Quindi una situazione complicata che riguarda una comunità presente da anni
nel nostro territorio che va affrontata in maniera meno “semplicistica” e
soprattutto senza le conseguenze drammatiche che producono gli sgomberi sugli
uomini, sulle donne, sui bambini.
Ci preoccupano due aspetti di questa scelta, anzi tre se vogliamo citare le
prime parole del nuovo vicesindaco: a Milano è finita la paura. No, per i rom la
paura non finisce mai.
Il primo aspetto riguarda la motivazione dello sgombero: non è stata
presentata nessuna ordinanza di sgombero nei giorni precedenti e oggi all’atto
dello sgombero è stata mostrata una denuncia contro ignoti della società
Milano-Serravalle per sassi gettati sull’autostrada. Chi ha deciso che gli
ignoti sono i rom? Questo criterio ci sembra veramente pericoloso per la sua
illegalità: se valesse dovrebbero essere sgomberati tutti gli abitanti che
vivono vicino all’autostrada!
Il secondo aspetto riguarda la preoccupazione che si riproduca la politica
fallimentare della precedente amministrazione con le centinaia di sgomberi che
hanno prodotto solo grandi costi pubblici e accanimento crudele contro famiglie
che perdevano il poco che avevano.
La Consulta rom e sinti di Milano si è impegnata con la nuova amministrazione
per contribuire alla soluzione del problema delle comunità rom dando voce alle
comunità e costruendo proposte praticabili, per il Comune e per i cittadini di
Milano. Noi intendiamo continuare su questa strada coltivando la speranza che la
necessità di una politica diversa non naufraghi di fronte al perdurare del
pregiudizio e della discriminazione e al suo uso mediatico.
Questo obiettivo la Consulta lo sta perseguendo con riunioni con le singole
comunità e con altre iniziative tra le quali un confronto sulle politiche
europee al quale è stato invitato il Commissario per i diritti umani del
Consiglio d’Europa che in un suo sopralluogo nel maggio di quest’anno aveva
segnalato i gravi problemi di discriminazione nei confronti della comunità rom e
sinta di Milano.
La Consulta per tutte queste ragioni ritiene urgente incontrare l’assessore
alle politiche sociali per un confronto di merito sulle prospettive delle nostre
comunità.
Sabato 15 ottobre alle ore 10.00
Mantova, Palazzo del Plenipotenziario - piazza Sordello 43
Invito:
- alle associazioni aderenti alla Federazione Rom e Sinti Insieme,
- alle associazioni rom e sinte,
- ai gruppi costituiti di sinti e rom.
Ordine del giorno:
- Manifestazione del 9 novembre
- Situazione dei nuovi contratti ENEL (vedi
QUI ndr)
- Varie ed eventuali.
Sono invitate a partecipare anche tutte le associazioni sinte e rom, ma anche
i singoli sinti e rom simpatizzanti.
Il presidente: Radames Gabrielli
I vice presidenti: Davide Casadio e Dijana Pavlovic
Email: romsintiinsieme@libero.it - Web:
http://comitatoromsinti.blogspot.com
Di Fabrizio (del 15/10/2011 @ 09:50:20, in Italia, visitato 1592 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
PartitoDemocratico.it
Ansia, disturbi del sonno e dell'attenzione. La situazione delle famiglie
rom in Italia nel rapporto di 'Associazione 21 luglio' e Centro europeo per i
diritti dei rom, su richiesta della Commissione diritti dell'infanzia delle
Nazioni Unite. "Negati i diritti a istruzione, abitazione, salute"
ROMA - Le famiglie e i minori rom in Italia vedono negati, giorno dopo giorno, i
propri diritti. Il diritto all'abitazione, prima di tutto, ma anche quello
all'istruzione, alla salute e a una vita dignitosa. Lo testimonia il rapporto
che "Associazione 21 luglio" e Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) hanno
redatto su richiesta della Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni
Unite. Il documento è stato presentato al Comitato per i diritti dell'infanzia (Crc)
nei giorni scorsi e ha avuto come prima conseguenza l'invio di una serie di
raccomandazioni al governo italiano, nelle quali il Comitato che si è detto
"seriamente preoccupato per le politiche, le leggi e le pratiche discriminatorie
nei confronti dei bambini in situazione di vulnerabilità".
Il rapporto, realizzato attraverso ricerche e monitoraggi sul campo, parla
esplicitamente di "condizioni abitative precarie" e di un "impatto negativo
degli sgomberi forzati", pratica tuttavia molto diffusa nelle città italiane. A
pagare il prezzo più alto sono i bambini, che "hanno gravi difficoltà, quanto
non ne sono completamente privati, ad esercitare il loro diritto all'istruzione,
alla salute, a un'abitazione dignitosa e alla protezione da discriminazioni,
abusi e sfruttamento". Parallelamente, i diritti dei genitori "in relazione alle
decisioni da prendere riguardo ai propri figli e all'assistenza sociale da
fornire loro sono sistematicamente violati". Il contesto italiano già in passato
ha suscitato un coro di critiche da parte delle istituzioni internazionali ed
europee, a partire dal Commissario uropa, del Consiglio d'to nette critiche da
parte delle istituzioni internazionali ed europee, come la commissione per i
diritper i diritti umani del Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, l'Ocse,
le Nazioni Unite e molte Ong.
Molto c'è da fare, quindi, per garantire la tutela dei diritti dei rom che
vivono in Italia. Innanzitutto, "migliorare le condizioni abitative e porre fine
agli sgomberi, in quanto pratica che influenza negativamente tutti gli aspetti
della vita", come si legge nelle raccomandazioni finali del rapporto. Per i
minori, l'appello è di lavorare sulle leggi "per garantire una piena e adeguata
protezione". In particolare, si chiede di stabilire quando il minore deve essere
considerato a rischio e di rendere obbligatoria la raccolta di dati disaggregati
per etnia e per altri fattori rilevanti. Per tutelare i genitori, invece, si
invita a "garantire supporto legale gratuito alle famiglie che rischiano di
perdere la custodia dei figli", prevedendo anche un'attività di prevenzione
dell'allontanamento. Infine di adottare un piano di protezione con misure
studiate per i rom italiani e non, non dimenticando le donne e le ragazze rom,
che devono essere incentivate a denunciare abusi e matrimoni forzati e precoci.
La vita all'interno di un campo mette a rischio non solo la salute, ma anche la
crescita di un bambino. Lo dice senza mezzi termini il rapporto di Associazione
21 luglio ed Errc, nel quale si avverte di un pericolo serio per l'infanzia rom.
Secondo alcuni studi, infatti, un'alta percentuale di minori che vivono nei
campi "sono inclini a disturbi d'ansia, fobie, disordini del sonno, disturbi
dell'attenzione e iperattività, ritardi nell'apprendimento. Tutti fattori che
possono portare, nell'adolescenza o in età adulta, a disordini ben più gravi".
Dal canto loro, le donne intervistate riferiscono di condizioni igieniche
pessime, di assenza di spazi personali e di tensioni tra gruppi rom e di altre
nazionalità. Senza contare che i campi spesso non sono serviti dai mezzi di
trasporto pubblici, rendendo difficile frequentare la scuola e aggravando la
marginalizzazione dei bambini. "Le difficoltà nell'ottenere i documenti e la
registrazione nei campi - si aggiunge nel rapporto - ostacolano il diritto
all'istruzione. Inoltre la mancanza di privacy e in generale le condizioni di
vita nel campo creano una barriera alla riuscita della scolarizzazione".
Una conseguenza di tutta questa precarietà è che i minori rom sono esposti, più
degli altri, al pericolo di allontanamento dai propri genitori e di inserimento
in istituti monitorati o case famiglia. I dati attestano che i rom rappresentano
circa il 10,4% di tutti i minori che vivono in queste strutture, anche se la
loro percentuale sul totale della popolazione italiana si ferma allo 0,23%.
Tutto questo è dovuto all'assenza di una politica uniforme che definisca quando
l'allontanamento è necessario: "Una lacuna che permette di fatto comportamenti
discriminatori in relazione alla valutazione dell'adeguatezza della situazione
familiare". Secondo i promotori del rapporto, poi, in queste sedi i minori non
trovano una "preparazione culturale e sociale adeguata" e si devono scontrare
con gli "stereotipi discriminatori di alcuni operatori, che danneggiano lo
sviluppo dei minori e il loro accesso all'istruzione". Anche per queste ragioni
è alto il fenomeno delle fughe.
Esiste poi una terza minaccia all'infanzia, passata per lo più sotto silenzio
perché erroneamente ritenuta "parte della cultura rom". Si tratta dei matrimoni
precoci e forzati che, tra le alte cose, mettono le giovani a rischio di
violenze domestiche e abusi. A questo si accompagna spesso il "test della
verginità": durante le ricerche condotte dall'Errc nel marzo 2011, il 65% delle
48 donne intervistate ha riferito di aver subito il test prima del matrimonio:
"Fallirlo – legge nel rapporto - si comporta il rifiuto da parte del marito e il
ritorno alla famiglia d'origine o trattamenti offensivi simili, come abusi
verbali, infedeltà, ostracismo dalla comunità". Tutte pratiche che "non solo
minacciano la salute e la dignità delle giovani donne rom, ma interferiscono con
la loro educazione e successivamente restringono la loro autonomia economica".
Rom: il volto violento del Piano nomadi
Articolo21 di Bruna Iacopino
Nico ha occhi profondi e riflessivi. Zaino in spalla, capelli neri come il
carbone, osserva attentamente e ascolta quello che i "grandi" hanno da dire. "Cosa vuoi fare da grande?". Mi guarda un po' titubante, pensando fra se, se
deve darmi o meno la risposta, poi sorride, timido "...il poliziotto". " Ma sul
serio vorresti fare il poliziotto? Nonostante tutto quello che vi è successo in
questi giorni? anche in questi giorni?"
Non fa una piega, abbozza di nuovo un sorriso e fa cenno di si. Nico ( che non
si chiama Nico nella realtà) di anni ne ha 12, e frequenta la seconda media in
un istituto scolastico della capitale. Dal 29 settembre, giorno in cui è stato
sgombrato con tutta la sua famiglia, si sveglia prestissimo, ogni mattina in un
posto diverso, per arrivare a scuola puntuale come se nulla fosse successo, come
un qualsiasi ragazzino della sua età. "E' un portento questo ragazzo" sussurra
chi lo conosce " nonostante tutto non ha perso un giorno di scuola."
Nonostante tutto... e il tutto in questo caso è un lungo elenco di sgomberi e
atti di vera e propria persecuzione subiti da una piccola comunità di rom
rumeni, nel contesto del vacuo e ormai sempre più lontano e controverso Piano
Nomadi di Roma. Ma procediamo per ordine.
A raccontare sono le vittime stesse facendo un excursus un po' confuso, tra le
varie tappe , e fermandosi sui dettagli, a volte pesanti da digerire per un
osservatore esterno.
La vicenda ha inizio il 29 settembre, quando una piccola comunità di circa
duecento persone viene sgomberata ad opera di Polizia e Vigili Urbani
dall'insediamento spontaneo sito in via Salaria proprio nelle adiacenze del
civico 971, l' ex-cartiera ora adibita a "centro d'accoglienza", le tende...
completamente distrutte, "tagliate" raccontano. Alcuni di loro avevano preso
parte all'occupazione simbolica della basilica di San Paolo. In mezzo, come
sempre, un numero considerevole di bambini, molti iscritti a scuola o in
procinto di iscriversi, sballottati da un campo all'altro, da un centro
d'accoglienza alla strada.
La soluzione proposta è sempre la stessa ad ogni sgombero: o donne e bambini
dentro i centri d'accoglienza, e uomini fuori, oppure rimpatrio assistito per
tutti, ipotesi che, per chi sta in Italia da 8-9 anni e ha figli che vanno a
scuola appare inaccettabile.
Inizia così l'odissea fatta di sgomberi ripetuti, almeno 4-5 nell'arco di pochi
giorni. Via Papiria, poi di nuovo via Salaria, il canalone di via di Centocelle,
Vigne Nuove, fino ad arrivare all'unica soluzione possibile: non si può stare
tutti insieme, bisogna frammentarsi in piccolissimi nuclei sul suolo urbano per
scongiurare l'ennesima irruzione da parte delle forze dell'ordine.
Helena ( anche questo è un nome di fantasia) ricorda... guanti neri infilati in
fretta per effettuare lo sgombero, sirene e volanti che li inseguono...
"trattati peggio degli animali" dice.
Ricorda il pianto disperato dei bambini e la paura: che fare adesso? Dove andare
a dormire stanotte?
Ricorda parole pesanti da ascoltare, indegne di un paese civile... " siete
peggio della spazzatura, potete anche stare nei cassonetti". Mentre lo dice la
sua faccia assume un'espressione incredula, come se aspettasse una risposta, una
spiegazione a tanto odio, gli altri ascoltano, annuiscono.
In Italia vive e lavora da 8 anni, lavoretti saltuari certo, ma che le hanno
permesso di far crescere e mandare a scuola i figli, facendole conquistare
l'affetto e la stima di insegnanti e dirigenti scolastici.
Qualcuno più fortunato come O. è riuscito a recuperare un vecchio camper e a
sistemarvi dentro le poche cose e la famiglia per intero. Ma anche quella rimane
una soluzione poco sicura. "Ogni giorno- mi dice O. che fa raccolta di metallo e
rame, o va a lavorare nei mercati- sistemo il camper in un posto diverso, perchè
a stare fermi nello stesso posto è pericoloso." Il suo terrore più grande è che
un giorno o l'altro qualcuno possa arrivare e portargli via i bambini.
Tutti attendono pazienti una risposta da parte dell'amministrazione o da
chiunque altro. Il freddo è in arrivo, non si può pensare di dormire per strada,
all'addiaccio, braccati.
In un comunicato diramato in questi giorni a puntare il dito contro le forze
dell'ordine, in riferimento agli episodi appena narrati, un gruppo di cittadini
( alcuni testimoni oculari di tutta la vicenda) riuniti nell'Assemblea Vertenza
Rom: "... condanniamo con forza l'abuso di potere da parte delle forze
dell'ordine, che durante le loro "operazioni di sgombero" non permettono a
nessuno di aprire bocca, non spiegano cosa stia succedendo, sbraitano contro le
persone ordinando di sparire, di disperdersi in fretta, ricorrendo anche a veri
e propri inseguimenti con le volanti... Uno dei rappresentanti istituzionali
sempre presente agli sgomberi di questi giorni ha commentato parole testuali : "
[fare gli sgomberi] è come tagliare l'erba del prato... il problema è a che
altezza si taglia" ..."
Gli sgomberi: violazione dei diritti umani e delle normative comunitarie
Durante la conferenza stampa tenuta nella mattinata di ieri da parte
dell'Associazione 21 luglio in occasione della presentazione del rapporto curato
in partenariato con l'ERRC (European Roma Rights Centre) per la Commissione dei
diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite un ampio capitolo è stato dedicato
proprio alla questione sgomberi e trasferimenti forzati, con focus sulle città
di Roma e Milano. Stando al rapporto "... da maggio 2010 a maggio 2011 a Roma
sarebbero stati effettuati 430 sgomberi, che avrebbero portato alla nascita di
256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella
Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom
coinvolte..."
Sgomberi, denuncia il rapporto, effettuati senza alcun preavviso e senza offerte
alternative se non lo smembramento del nucleo famigliare e costati dall'inizio
del Piano nomadi, come riferito dal presidente dell'associazione, ben 4 milioni
di euro. Sgomberi che andrebbero fermati, come andrebbe fermato e completamente
rivisto il cosiddetto Piano nomadi contestato a più livelli, e nei suoi vari
aspetti dal mondo dell'associazionismo e non solo.
Sgomberi che tuttavia continuano senza alternativa nonostante i molteplici e
ripetuti richiami anche da parte dell'Europa, non ultimo quello giunto a
settembre da parte del Commissario per i diritti umani del CoE, Thomas
Hammarberg in occasione della pubblicazione del rapporto stilato a seguito della
visita del 26 e 27 maggio 2011 in Italia, nel corso della quale ha discusso
della situazione della minoranza rom e dei migranti nordafricani.: " La
situazione dei rom e dei sinti in Italia- aveva dichiarato il commissario- resta
fonte di grande preoccupazione. È opportuno porre l'accento non sui
provvedimenti coercitivi, come le espulsioni e gli sgomberi forzati, ma
piuttosto sull'integrazione sociale e la lotta contro la discriminazione e l'antiziganismo"...
e ancora "È necessario migliorare la gestione dei reati di stampo razzista e
combattere i comportamenti abusivi, di tipo razzista, da parte della polizia. Il
dispositivo di controllo degli atti e dei reati a sfondo razzista dovrebbe
essere maggiormente flessibile ed attento ai bisogni delle vittime"...
E se l'ha detto Hammarberg... magari possiamo fidarci...
Sgomberi forzati dei rom: "una violazione sistematica dei diritti"
Affari Italiani Lunedì, 10 ottobre 2011 - 16:16:06
È una pratica molto diffusa, in Italia, quella degli sgomberi forzati. Solo a
Milano ne sono avvenuti 189 tra maggio 2010 e lo stesso mese del 2011, con una
frequenza in aumento. A Roma il conto è ancora superiore: sono stati 430 gli
sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo
periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un
totale di 1.800 persone rom coinvolte. Alla luce di questi dati, Associazione 21
luglio e Errc hanno voluto dedicare un focus nel loro rapporto, rinnovando la
richiesta di stop ai trasferimenti forzati.
"Le famiglie soggette allo sgombero frequentemente non ricevono un adeguato
preavviso e non vengono loro offerti alloggi alternativi" si spiega nel
documento, che raccoglie alcune testimonianze "sull'arbitraria distruzione delle
abitazioni e dei beni della famiglie". Sempre secondo il rapporto, "in alcuni
casi le autorità offrono un alloggio alle donne e ai bambini in ricoveri
temporanei, ma non offrono nessuna opzione alle famiglie per restare unite".
Quanto alle abitazioni di legno costruite dalle famiglie come dimora temporanea,
"possono mettere a rischio la salute, e perfino la vita, dei minori, come
avvenuto ".
Sulla situazione di Roma si sofferma il presidente dell'Associazione 21 luglio
Carlo Stasolla, che alla luce delle raccomandazioni del Crc chiede "alle
autorità locali l'immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei
trasferimenti forzati". E aggiunge: "Dall'inizio del Piano nomadi, i circa 430
sgomberi hanno comportato una spesa di circa 4 milioni di euro, producendo la
violazione sistematica dei fondamentali diritti dell'infanzia sanciti dalle
convenzioni internazionali". Perciò l'associazione chiede "una profonda
revisione del Piano nomadi affinché la costruzione e la gestione dei cosiddetti
‘villaggi attrezzati', in realtà spazi istituzionali di segregazione e di
esclusione sociale, possano essere sostituiti da reali ed efficaci azioni in
favore dei rom e dei sinti". Stasolla annuncia anche l'avvio di procedimenti
legali "qualora si ravvisino violazioni dei diritti umani, azioni
discriminatorie e abusi istituzionali".
Quanto a Milano, il rapporto mette in luce i quotidiani ostacoli burocratici che
impediscono ai rom l'accesso ai servizi: "Poiché bisogna avere un lavoro per
poter richiedere il permesso di soggiorno, molti rom non sono in grado di
ottenerlo. Senza un documento formale, poi, non è possibile iscrivere i figli
all'asilo". Inoltre, molti bambini non possono accedere ai sussidi garantiti ai
residenti di Milano, come libri e trasporti gratuiti. E i minori disabili senza
residenza non possono esercitare il proprio diritto all'assistenza speciale.
Allo stesso modo, "non è possibile accedere all'assistenza sanitaria perché
l'autorità locale (il comune di Milano) rifiuta di riconoscere il Testo unico
sull'immigrazione".
Di Fabrizio (del 17/10/2011 @ 09:47:11, in Italia, visitato 1536 volte)
Da
Coopofficina
Nelle scorse settimane ho denunciato i possibili danni che può fare alla
popolazione romanì una iniziativa NON coerente ai bisogni ed alla realtà.
Per fare questa mia denuncia non ho consultato "la palla vetro" ma i
risultati delle esperienze fallimentari del passato.
Mi riferisco al corso di formazione per mediatori culturali promosso dal
Consiglio d'Europa.
In questi giorni mi viene segnalato il primo danno di questo corso, ne sono
convinto che altri seguiranno.
Lo scorso mese di settembre la Caritas di Salerno ha promosso il corso di
formazione per mediatori culturali rom avviato dal Consiglio d'Europa per tre
giorni e alcune organizzazioni locali hanno inviato i "propri rom" a questo
corso. Evito di commentare la struttura ed i contenuti del corso per il rispetto
al lavoro degli altri anche quando è palesemente NON adeguato.
Accade che in una regione italiana ci sono mediatori culturali rom GIÀ
FORMATI negli anni scorsi e che hanno svolto diverse attività di mediazione
culturale rom con un ottimo successo visibile e riconosciuto.
In questa regione una organizzazione provinciale nel mese di Marzo 2011
decide di preparare un progetto per i rom e visto che non si è mai occupata
progettualmente di rom decide di chiamare i mediatori culturali rom già formati
(presenti di alcuni decenni in questa provincia) per avviare una collaborazione,
la presenza di professionalità romanì qualifica il progetto.
I mediatori culturali rom di questa provincia dopo aver letto le linee
progettuali preparati da questa organizzazione, propongono modifiche perché le
finalità del progetto NON rispondono alla realtà ed ai bisogni della comunità
rom locale, anzi arrecano danno alla popolazione romanì.
A fronte delle osservazioni dei mediatori culturali questa organizzazione
inizia a ragionare sulle modifiche da apportare al progetto, ma con evidente
difficoltà perché l'iniziativa era stata preparata più per dare risposte ai
bisogni occupazioni di questa organizzazione che alla realtà ed ai bisogni della
popolazione rom locale.
Ad un certo punto si blocca il confronto sulle modifiche del progetto e
questa organizzazione invia un giovanissimo rom al corso di mediatore culturale
rom promosso dal Consiglio d'Europa a Salerno per tre giorni.
Dopo aver partecipato al corso automaticamente questo giovane rom diventa
mediatore culturale rom da impiegare nei progetti che questa organizzazione
vuole realizzare per i rom.
Il giovane rom, senza esperienza e disoccupato, per qualche centinaio di euro
ha accettato di lavorare con questa organizzazione come mediatore culturale rom
(ha fatto un corso di tre giorni!) ed ha fatto bene visto che è disoccupato, ma
quali danni produrrà e quando durerà il suo lavoro?
Le esperienze fallimentari di questo tipo ne abbiamo visto tantissime,
giovani rom che potevano essere una buona risorsa per la "causa romanì" sono
stati bruciati per perseguire interessi estranei alla realtà romanì.
In questo modo questa organizzazione non deve più fare modifiche al progetto
per i rom perché il giovane rom non ha alcun tipo di esperienza e
professionalità, ma è rom, quindi basta essere rom, aver letto un libro sui o
aver partecipato ad un convegno o aver partecipato a tre giorni di corso di
formazione (prestigioso perché promosso dal Consiglio d'Europa) per essere un
esperto del mondo rom.
Non sarebbe stato corretto inserire questo giovane rom al fianco di mediatori
culturali rom già formati e farlo crescere professionalmente?
NO, perché questa soluzione portava ad una modifica del progetto che questa
organizzazione non voleva fare per propri interessi.
Invece con la presenza nel progetto del giovane rom, utilizzato come
fantoccio, questa organizzazione può manovrare come vuole ed il fallimento certo
di questo progetto sarà attribuito "ai rom che non vogliono integrarsi", ma
anche a falsità come "i rom presentano una problematica difficile e complessa",
MAI il riferimento è al progetto sbagliato.
Questa tipologia di utilizzo strumentale della partecipazione attiva dei rom
(come un mezzo) è sempre stata utilizzata nel passato ed ho sempre
prodotto danni enormi alla popolazione romanì, ed è per questa motivazione che
la Federazione romanì finalizza la sua azione verso una partecipazione attiva "COME
UN FINE".
Il corso formazione per mediatori culturali rom promosso dal Consiglio
d'Europa, con il suo prestigio istituzionale, si presta molto bene alla
strumentalizzazione della partecipazione attiva dei rom, come è accaduto nel
passato, per arrecare danno alla popolazione romanì.
Mi meraviglio di quei rom e quelle persone che si dichiarano amiche del
popolo rom che con la loro partecipazione attiva hanno cercato di legittimare
una iniziativa sbagliata del consiglio d'europa, senza riuscirci.
E' facile riempirsi la bocca di belle parole e di denunce se poi i fatti
dimostrano altro.
La "causa romanì" (?) solo uno strumento per perseguire altro.
A buoni intenditori poche parole.
Scelta legittima ma si abbia la onestà morale ed intellettuale di
riconoscerlo pubblicamente, per permettere alla popolazione romanì di subire
meno danni.
La mia prossima riflessione (appena avrò il tempo necessario) sarà sulla
mediazione culturale e sul profilo professionale (ruolo e compiti) del mediatore
culturale rom.
Dr. Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì
Di Fabrizio (del 23/10/2011 @ 09:31:09, in Italia, visitato 1969 volte)
Sabato 29 ottobre 2011 Open Day al Museo del Viaggio dalle 14.30 alle
18.00
Il Museo del Viaggio Fabrizio De Andrè apre sabato 29 ottobre per presentare i
suoi corsi, in programma a partire dal 3 novembre.
L'open Day prevede:
- l'incontro con i docenti che presentano contenuti ed obiettivi del
corso "Lingua e Cultura Rom" e del corso " La musica Zigana";
- la possibilità di visitare il Centro di documentazione e di conoscere
nel dettaglio i servizi, le iniziative future e i laboratori in programma
per le scuole;
l'iscrizione ai corsi;
- inoltre, Mirko Bezzecchi, direttore del Museo, vi guiderà all'interno
del Museo raccontandovi le appassionanti storie del mondo gitano.
L'Open Day è un' occasione per conoscerci meglio!
I corsi del Museo del Viaggio:
"Lingua e cultura Rom"
Il ciclo d'incontri di Cultura Romanì, curato da Giorgio Bezzecchi e Maurizio
Pagani (entrambi con una ricca e ventennale esperienza maturata all'interno
dell'Opera Nomadi e in collaborazione con A.P., università e centri di ricerca
culturali), sarà volto ad approfondire il tema delle Politiche Pubbliche e
gli aspetti culturali dei diversi gruppi rom e sinti.
Gli incontri avranno una frequenza bisettimanale per un totale complessivo di 50
ore. E' possibile iscriversi anche a uno o più cicli d'incontro di proprio
interesse. Il corso si avvarrà della partecipazione di studiosi e docenti
universitari che operano da diversi anni nel Settore, proponendo
approfondimenti di ricerca tematici.
Gli incontri tematici avranno come relatori filologi, antropologi, pedagogisti,
sociologi, ma anche artisti e figure del popolo Rom e Sinto.
Il corso è rivolto a insegnanti, educatori, mediatori, assistenti
sociali, amministratori e impiegati pubblici, studiosi, ricercatori…. e a
chiunque abbia voglia di approfondire questo tema.
"Musica zigana"
Il Maestro Jovic Jovica, proporrà un corso di cultura musicale con
l'uso e la conoscenza di alcuni strumenti musicali tipici e l'insegnamento della
fisarmonica.
Jovic Jovica è senz'altro oggi, unanimemente, riconosciuto come uno dei
più valenti musicisti nato e formatosi all'interno delle comunità Rom.
Autore e protagonista di numerose performance artistiche, metterà a disposizione
il suo talento musicale e la grande generosità umana per accostarsi e
approfondire la conoscenza e l'insegnamento della musica zigana, attraverso
lezioni frontali e di gruppo.
Gli incontri avranno una frequenza bisettimanale per un totale complessivo di 50
ore.
Il corso è rivolto a coloro che intendono approfondire la propria conoscenza
musicale.
E' gradita la prenotazione scrivendo a:
museodelviaggio@gmail.com
Per informazioni:
museodelviaggio@gmail.com
A tutti i partecipanti verrà rilasciata la tessera "Amico del Museo del Viaggio"
Vi aspettiamo!
Lo staff del Museo del Viaggio
Via Impastato 7 – Rogoredo Milano
MM3 San Donato
|