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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/08/2008 @ 09:27:44, in conflitti, visitato 1674 volte)

Da Hungarian_Roma

By: MTI 2008-08-11 08:24

Il primo ministro ha richiesto al ministero della giustizia di fare in modo di incrementare la presenza della polizia nei piccoli insediamenti, ha detto sabato il portavoce governativo, in seguito a tre attacchi notturni a residenti Rom nei mesi scorsi.

Il portavoce Dávid Daróczi ha detto di aspettarsi una proposta per agire pronta entro la fine del mese.

L'attacco più recente ai residenti Rom è accaduto giovedì notte, nel villaggio di Pirics nell'Ungheria nord orientale, quando è stato dato fuoco a due case dove c'erano famiglie con bambini, ed è stato sparato contro chi tentava di scappare dal fuoco. Un'anziana - 63 anni - è stata colpita alla gamba mentre scappava dall'edificio in fiamme ed è stata ricoverata in ospedale.

Precedentemente, ignoti avevano fracassato le finestre di tre case nel villaggio di Galgagyörk, nell'immediato nord-est di Budapest. In questo caso, nessuno era stato ferito.

Il 3 giugno, alcune case del villaggio di Pátka, a circa 40 km a sud-ovest di Budapest, erano state incendiate. Il fuoco era divampato in una stanza dove dormivano i bambini, ma era stato estinto prima che facesse danni seri. In quel caso i residenti avevano preso tre degli attentatori, che sono stati arrestati e posti in detenzione in attesa del processo.

 
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 09:31:23, in conflitti, visitato 2032 volte)

Da Romanian_Roma

Il budget per finanziare il Programma di Sviluppo Comunitario ad Hadareni, contea di Mures, è stato aumentato a 2,16 milioni di RON, secondo una decisione adottata dall'Esecutivo nella sessione di mercoledì 27 agosto.

[...] Così, l'Esecutivo intende incontrare gli impegni presi con l'Unione Europea riguardo i diritti umani, specialmente per la minoranza Rom, prevenendo e combattendo la discriminazione, stimolando la partecipazione dei Rom nella vita economica, sociale, educazionale e politica.

I fondi verranno stanziati dal Fondo di Riserva del Governo, come previsto nel budget statale per il 2008.

Nel villaggio di Hadareni ebbe luogo nel settembre 1993 un conflitto interetnico, iniziato con una discussione tra un Rom ed un cittadino rumeno, con quest'ultimo pugnalato ed ucciso in mezzo alla strada. L'uccisore e suo fratello, che era stato temporaneamente rilasciato di prigione, si barricarono in una casa abbandonata. Quando vennero a sapere dell'uccisione, gli abitanti del villaggio circondarono la casa e le diedero fuoco, per stanare i due. L'autore dell'uccisione fu catturato dalla folla e nonostante l'intervento del capo della polizia locale, venne colpito con diversi oggetti acuminati. Lo stesso successe a suo fratello. Furono portati in ospedale, e morirono entrambi.

Dopo questo incidente, 400-500 persone, Rumeni e Ungheresi, si riunirono nel centro del villaggio, e aizzati dalle vecchie incomprensioni avute con i Rom a causa della loro aggressività e dei recenti eventi, si diressero verso il quartiere Rom, abitato da circa 150 persone in 32 case, e diedero fuoco a 11 case. Furono accusate 11 persone per il cso "Hadareni", e la sentenza venne emessa nel luglio 1998.

Opponendosi alla soluzione proposta dal tribunale rumeno, le famiglie di 3 delle vittime e quelli a cui furono bruciate le case fecero ricorso nel 2001 alla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDO).

Il 5 luglio 2005 , il CEDO stabilì che il caso era da considerarsi chiuso per 18 dei richiedenti dopo aver raggiunto un accordo, dichiarando che l'impegno delle parti rappresentava un'equa soluzione per il caso, secondo gli standard della Corte Europea. Il Governo rumeno si  impegnò a ripagare i 18 richiedenti con una somma tra gli 11.000 e i 23.000 €u come compensazione materiale e morale.

Lo stato rumeno venne sentenziato dopo che il tribunale raggiunse la conclusione che, nel caso dei Rom di Hadareni, le autorità violarono diversi articoli della Convenzione Europea sui Diritti Umani. La Corte Europea stabilì che rappresentanti della polizia presero parte al rogo alle case dei Rom e che tentarono di nascondere i fatti. Considerando la reazione in ritardo delle autorità ed il fatto che i tribunali rumeni rifiutarono di fornire una compensazione, la Corte Europea decise che era stato violato il diritto dei reclamanti alla famiglia e alla privacy.

La Corte ha anche stabilito che l'origine etnica delle persone coinvolte in questo caso fu il fattore decisivo nello sviluppo del processo e ha sanzionato le autorità rumene per discriminazione.

DIVERS – www.divers.ro

 
Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 08:43:59, in conflitti, visitato 1611 volte)

Da Czech_Roma

Rokycany, Boemia Occidentale, 8 settembre (CTK) - Il Municipio di Rokycany intende installare delle telecamere nei posti più problematici, come reazione alle tensioni in città tra i Rom e gli estremisti di destra, lo ha detto lunedì a CTK il sindaco Jan Baloun dopo un incontro con la polizia ed i rappresentanti Romanì.

Il Comune ha anche chiesto ai Rom di frequentare le riunioni della commissione per la prevenzione del crimine, che sono tenute dalla polizia una volta al mese.

I Rom locali si sono lamentati di essere esposti a minacce ed attacchi da lungo tempo a Rokycany.

La città in precedenza aveva deciso di rinforzare le pattuglie di polizia statale e municipale nelle strade.

Il Municipio ha organizzato incontri con i Rom e la polizia, in reazione alla situazione in città, che era peggiorata due settimane fa quando un gruppo di assaltatori aveva devastato un bar, frequentato da Rom, attaccando i camerieri e diversi clienti.

La polizia, tuttavia, lunedì aveva annunciato che le donne Rom che denunciavano di essere state ferite nell'incidente, avevano fabbricato la storia.

Ha detto Josef Svoboda, capo della polizia locale, che non c'erano prove che l'attacco avesse una motivazione razziale.

I Rom avevano reagito all'incidente nel bar con una dimostrazione che non era stata annunciata ufficialmente con anticipo.

Sabato scorso alcuni skinhead avevano tentato di fare una contro-manifestazione, ma la polizia l'aveva impedito.

Baloun ha anche detto che in città non ci sono problemi con i Rom locale, eccettuato alcune famiglie.

D'altra parte, ha aggiunto, ci sono gli stranieri, che costituiscono il 10% degli abitanti - circa 1.700, che hanno iniziato a creare problemi.

This story is from the Czech News Agency (CTK).

 
Di Fabrizio (del 30/09/2008 @ 09:26:58, in conflitti, visitato 2237 volte)

Da Mundo_Gitano (come accennato in post precedenti, in Colombia e in buona parte delle Americhe, i Rom sono ancora semi-nomadi)

pubblicato su Indymedia Colombia

Colombia, Accampamento Rom

NOMADISMO, SPOSTAMENTO FORZATO E RIPARAZIONE COLLETTIVA: IL CASO DEL POPOLO ROM
por YOSKA BIMBAY [1] lunedì 22 settembre 2008 at 6:14 PM
prorrom@gmail.com
Idee liberate per affrontare il rompicapo della riparazione collettiva ed integrale del popolo Rom

"I nostri spostamenti derivati dal conflitto armato non appaiono sicuramente nelle statistiche. I morti che ha messo il nostro popolo a causa delle guerre non contano per nessuno. I nostri dispersi per le guerre continuano sotto silenzio. La precarizzazione crescente dei nostri livelli di vita prodotta dalle violenze segue totalmente inosservata" [2].

In Colombia si inizia a riconoscere, almeno teoricamente, che il conflitto armato interno ha generato gravi impatti sul popolo Rom. Significa che questo riconoscimento, certamente ancora molto precario, è un primo passo perché lo stato colombiano pensi seriamente alla possibilità di includere i Rom nei suoi programmi di riparazione collettiva e simbolica.

Quanto scritto sopra discende da ciò che è espresso in un documento elaborato dalla Commissione Nazionale di Riparazione e Riconciliazione (CNRR) in cui, riferendosi ai soggetti della riparazione, menziona esplicitamente il popolo Rom. In particolare vi si legge: "che la riparazione tenga in considerazione i gruppi particolarmente vulnerabili come le comunità ed i popoli indigeni, le comunità afrodiscendenti ed il popolo Rom [3]." Anche se l'allusione, nel contesto del documento, è abbastanza periferica, trascina per il popolo Rom un'enorme importanza e può vedersi come un bilancio a favore del processo di riconoscimento dei suoi diritti collettivi.

Inoltre, in un importante studio della Procura Generale della Nazione [4], portato a conoscenza nel giugno 2007, in cui si esprimono i criteri per arrivare alla riparazione collettiva ed integrale dei gruppi etnici, il popolo Rom è incluso come uno dei soggetti collettivi di cui tener conto.

Che il popolo Rom, in maniera adeguata, sia tenuto in conto nei processi di riparazione collettiva e simbolica, in circostanze simili a quelle dei popoli indigeni, afrodiscendenti e razziali, è una scommessa politica che senza dubbio segnala un percorso per dare giustizia storica ad un popolo che è stato abitualmente e sistematicamente escluso dalle politiche pubbliche e dai programmi sociali governativi.

Col peso di essere invisibile per l'insieme del paese, il popolo Rom iniziò ad essere visto dagli attori armati, tanto illegali che legali, i quali con la voragine di violenza politica che scatenarono, lo colpirono in maniera negativa nella propria integrità etnica e culturale.

Senza essere un inventario esaustivo e solo in maniera indicativa, si può dire che tra i principali impatti che il conflitto armato interno ha provocato al popolo Rom, c'è quanto segue:

Si configurano territori del paese in cui i Rom esercitano le loro attività economiche tradizionali, alle quali per paura - derivate effettivamente da fattori obiettivi o fondate su fattori soggettivi - non circolano più o non lo fanno con frequenza ed intensità precedente. Diversi patrigruppi familiari, per timore delle azioni dei gruppi paramilitari che costantemente ricorrevano alle estorsioni per lasciarli lavorare o che apertamente rubavano loro mercanzie e prodotti, hanno optato per diminuire l'intensità, l'ampiezza e la frequenza dei loro itinerari, sin quasi a ridurla al minimo, così le reti ed i percorsi che pazientemente erano state costruite nell'esercizio dell'itinerare ancestrale sono rimaste inattive. Questa situazione è stata fatta propria da alcune kumpeniyi, associazioni di patrigruppi familiari Rom, come una forma di confinamento, che impedendo la mobilità si è tradotto negativamente sulle attività economiche tradizionali. Paradossalmente, mentre il numero dei senza casa nel paese è cresciuto in poco tempo in maniera esponenziale, i Rom che per natura si spostano da un luogo all'altro, non possono più farlo come in precedenza.

La vasta mobilità geografica del popolo Rom, imprescindibile per la realizzazione dei suoi principi e delle più importanti attività economiche, essendo di fatto notevolmente ridotta, si è presto trasformata in una crescente precarizzazione economica dei patrigruppi familiari, cosa che ha causato un allarmante impoverimento socioculturale, dovuto tra l'altro alla diminuzione del flusso degli ingressi monetari richiesti per il complimento delle cerimonie e rituali inerenti alla sua vita culturale, soprattutto relazionati alla lealtà, prestigio e status, hanno causato rotture ed indebolimenti dei suoi valori identitari.

Senza alcun dubbio non sono stati pochi gli spostamenti non volontari eseguiti da alcuni patrigruppi familiari come conseguenza del conflitto armato interno che equivocamente furono spiegati e compresi, tanto dalle istituzioni nazionali come dalla società maggioritaria, a partire dal tradizionale itinere che ha caratterizzato il popolo Rom. E così vari casi di spostamenti forzati di cui sono stati vittime distinti patrigruppi familiari, alla fine sono stati confusi con le dinamiche proprie di itinere e mobilità del popolo Rom. Questi spostamenti forzati, che sono avvenuti senza visibilità dalle istituzioni, hanno inciso nel debilitamento delle rete sociali di solidarietà, sovraccaricando i dispositivi di reciprocità e mutuo aiuto messi in moto per accogliere i patrigruppi familiari coinvolti.

Per un popolo quantitativamente piccolo come quello dei Rom, con una popolazione in Colombia che secondo il Censimento Generale DANE del 2005 si stima in 4.832, ci si aspetta che la perdita di vite umane abbia impatto profondo sulla vita sociale e culturale, perdite che, resta inteso, aumentano progressivamente quando si presentano casi di morti violente e sparizioni forzate commesse dai gadyé (i non Rom), questo perché non solo le possibilità di fare giustizia scappano dall'orbita della Romaní Kriss, il proprio sistema giuridico, ma perché l'immaginario socialmente costruito prodotto dai ricordi accumulati nella memoria collettiva del popolo Rom sulle persecuzioni incessanti di cui è stato vittima per mano dei gadyé in diversi momenti storici e diverse parti del mondo, finiscono per rinforzare la marginalità, sostenuta dal timore verso le leggi e le istituzioni degli "altri", si espande. Gli assassinati ed  dispersi riportati all'interno dei patrigruppi familiari, indicano che tanto le Águilas Negras come i paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) con gli insorti, hanno la loro parte di responsabilità.

Nel maggio 2002 si diffuse, soprattutto nei circoli del movimento associativo internazionale del popolo Rom, una notizia [5] che confermava il timore generalizzato di una kumpania ubicata nel nord-est del paese, dovuto alle minacce, minacce ed estorsioni di cui erano oggetto alcuni patrigruppi familiari per mano delle strutture paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC). Alcuni degli Shere Romengue, autorità tradizionali, si videro forzati a pagare somme di denaro, si suppone in cambio di sicurezza e tranquillità. Altri, che rifiutarono di pagare queste estorsioni perché materialmente non potevano o non volevano farlo, dovettero spostarsi verso un'altra kumpeniyi in Venezuela. Questa situazione si mantenne, con qualche intermittenza, almeno per due anni.

Anche se certamente è necessario approfondire sugli impatti che il conflitto armato ha avuto sul popolo Rom, da parte del Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PRORROM), si considera ci siano elementi di giudizio sufficienti per proporre che se non si vuole commettere una dimenticanza storica imperdonbile, i Rom non possono essere esclusi dalle iniziative che si stanno costruendo sulla riparazione collettiva e su quella simbolica, sia nel quadro della Legge di Giustizia e Pace, che negli altri scenari. L'importante, in ogni caso, è che la società colombiana e lo Stato ricordino e non dimentichino mai che il popolo Rom è stato colpito nella sua integrità etnica e culturale per l'azione dei gruppi armati.

Qualsiasi proposta di riparazione collettiva che abbia come soggetto il popolo Rom, deve fondarsi nella formalizzazione del pieno riconoscimento della sua esistenza, il che porta implicitamente al tassativo riconoscimento dei suoi diritti collettivi. In questo contesto l'istituzione di un quadro giuridico che regoli le relazioni tra lo Stato colombiano ed il popolo Rom, che vada nella direzione di eliminare per sempre le asimmetrie discriminatorie ed odiose attualmente esistenti tra i diritti costituzionali e legalmente riconosciuti ai popoli indigeni e quelli che effettivamente e realmente sono riconosciuti a questo popolo, è una premessa imprescindibile e non procastinabile che deve contemplare qualsiasi proposta di riparazione collettiva che pretenda di fare giustizia con i Rom.

Girón (Santander), 17 de septiembre de 2008

Bibliografía
COMISIÓN NACIONAL DE REPARACIÓN Y RECONCILIACIÓN, (CNRR). Recomendación de criterios de reparación y de proporcionalidad restaurativa. CNRR. Bogotá, D.C. 2007. [152p.].

PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM. Sobre la paz y la guerra: Reflexiones de los invisibles de Colombia, presentadas en la sesión plenaria del Congreso Nacional de Paz y País el 11 de mayo de 2002. En: PRORROM. Tras el rastro de Melquíades. Memoria y resistencia de los Rom de Colombia. Colección O Lasho Drom No. 4. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005. Pp. 147-150.

PROCURADURÍA GENERAL DE LA NACIÓN. Primero las víctimas. Criterios para la reparación integral víctimas individuales y grupos étnicos. Procuraduría General de la Nación. Agencia Canadiense para el Desarrollo Internacional. Bogotá, D.C. 2007. [325p.].

SAVETO KATAR LE ORGANIZATSI AY KUMPENIYI RROMANE ANDA´L AMERICHI (SKOKRA). ¡Un S.O.S. por los Rom de Colombia! Comunicado de prensa. Bogotá, D.C. 10 de mayo de 2002.

[1] Miembro de la Secretaría Operativa del Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia, PRORROM.
[2] PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM. Sobre la paz y la guerra: Reflexiones de los invisibles de Colombia, presentadas en la sesión plenaria del Congreso Nacional de Paz y País del 11 de mayo de 2002. En: PRORROM. Tras el rastro de Melquíades. Memoria y resistencia de los Rom de Colombia. Colección O Lasho Drom No. 4. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005. Pp. 147-150.
[3] El subrayado es nuestro. COMISIÓN NACIONAL DE REPARACIÓN Y RECONCILIACIÓN, (CNRR). Recomendación de criterios de reparación y de proporcionalidad restaurativa. CNRR. Bogotá, D.C. 2007. P. 25.
[4] PROCURADURÍA GENERAL DE LA NACIÓN. Primero las víctimas. Criterios para la reparación integral víctimas individuales y grupos étnicos. Procuraduría General de la Nación. Agencia Canadiense para el Desarrollo Internacional. Bogotá, D.C. 2007. Pp. 76-77.
[5] SAVETO KATAR LE ORGANIZATSI AY KUMPENIYI RROMANE ANDA´L AMERICHI (SKOKRA). ¡Un S.O.S. por los Rom de Colombia! Comunicado de prensa. Bogotá, D.C. 10 de mayo de 2002.

 
Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 09:22:41, in conflitti, visitato 1524 volte)

Da Romano Them

11 ottobre 2008 – In reazione all'assegnazione al diplomatico finnico Martti Ahtisaari del Premio Nobel per la Pace, Romano Them ha detto che i Rom kosovari non hanno ragione per unirsi al coro di chi si congratula. "I successi di Ahtisaari nel portare la pace in altre parti del mondo sono innegabili, ma nel caso dei Rom del Kosovo la sua azione è stata un completo fallimento." ha aggiunto l'organizzazione.

Ritornando alla mediazione dell'ex Ministro degli Esteri finlandese, dell'accordo internazionale di pace che pose fine alla guerra contro la Jugoslavia, Romano Them ha ricordato che immediatamente in seguito si stima che circa 100.000 Rom furono cacciati dal Kosovo e le loro proprietà distrutte. Sette anni dopo, quando Martti Ahtisaari assunse la guida del gruppo internazionale di trattativa, che aveva l'intento di raggiungere un accordo sullo status della provincia, egli decise di limitare gli sforzi alle due comunità più grandi, escludendo tutte le altre.

"Per Ahtisaari ed il resto della comunità internazionale, noi Rom del Kosovo praticamente non esistevamo," ha detto un rappresentante di Romano Them. "Ci hanno visto come una sorta di gente povera e miserabile, con un basso livello di civilizzazione, ma non avevamo mai vissuto sotto le tende o nei caravan." Ha inoltre spiegato che i Rom erano una parte integrale nella società del Kosovo. "Rispettavamo le leggi e il sistema in atto," ha detto.

Secondo l'organizzazione, l'esclusione dei Rom dai negoziati sullo status ha avuto ampie conseguenze sulla posizione dei Rom nel Kosovo odierno. Difatti, la Costituzione che fu adottata dal Parlamento del Kosovo a febbraio, è ampiamente costruita sulle proposte incluse nel rapporto preparato dal gruppo di internazionale di trattativa. "Il fatto che la maggiore ambizione di Ahtisaari era di soddisfare le richieste conflittuali degli Albanesi e dei Serbi del Kosovo, ha portato alla negazione degli interessi delle altre comunità, in particolare i Rom, che non avevano nessun partito ad appoggiarli," ha spiegato un altro rappresentante di Romano Them.

Come conseguenza, la posizione di seconda o terza classe dei Rom kosovari è oggi sancita per legge. Romano Them ha citato come esempio i recenti reclami dei rappresentanti delle organizzazioni Rom della società civile a Prizren, che hanno sostenuto che la bozza del nuovo statuto della municipalità non ha alcun interesse per i Rom. "La mancanza di chiare garanzie sulla rappresentanza politica dei Rom a livello municipale e sull'uso della lingua romanì discende dalla nuova legge sull'auto-governo e dalla costituzione del Kosovo", ha detto Romano Them.

Viene quindi giudicato cinico il tentativo della comunità internazionale di rimandare i Rom in Kosovo, dopo averli deprivati delle garanzie essenziali per la loro sussistenza.

 
Di Fabrizio (del 19/10/2008 @ 08:58:56, in conflitti, visitato 1737 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

 14 ottobre 2008 | 17:13 | Source: Beta, Glas Srpske - BANJA LUKA - Sono state scoperte in un cimitero cattolico a Bosanski Dubocac due tombe collettive contenenti i corpi di Rom uccisi a Skelane e Srebenica.

L'ordine dell'eccidio sarebbe stato dato da alcuni generali dell'Armata Croata, tra cui Ante Prkacin, lo sostiene Nijaz Causevic Medo, ex alto ufficiale dell'Armata Croata, come riportato da Glas Srpske, giornale di Banja Luka.

"Ho informato Marko Grabovac, presidente dell'Unione per la Ricerca dei Soldati Catturati e dei Civili Dispersi, di Brod, sulla posizione delle tombe. Sono pronto, se mi sarà garantita la sicurezza, a testimoniare sul fatto davanti ai tribunali della Bosnia Erzegovina." il giornale riporta le parole di Causevic, che attualmente risiede a Slavonski Brod in Croazia.

Slavko Krulj, Procuratore Distrettuale di Doboj, dice che il suo ufficio sta lavorando senza interruzione per localizzare le due tombe, che si ritiene contengano i corpi di circa 200 Rom di Skelane e Srebenica, trasportati lì prima dell'esecuzione da due/quattro autobus.

Testimoni ricordano che gli autobus arrivarono nella città di Brod, da lì sparirono tutte le tracce dei passeggeri.

Una squadra operativa sulle persone scomparse dalla Repubblica Srpska ha informazioni su un autobus che riuscì ad attraversare il ponte tra Brod in Bosnia Erzegovina e la sua omonima in Croazia, mentre gli altri tre rimasero sul suolo bosniaco.

In quel periodo, le forze armate croate avevano occupato il municipio di Brod in Bosnia Erzegovina.

I testimoni, incluso Causevic, ricordano che le autorità croate proibirono all'autobus di passare attraverso il suo territorio.

Causevic dice che più tardi fece deviare gli autobus verso Dubocac, così che potessero essere trasferiti via traghetto sul fiume Sava attraverso la Croazia.

"Ho sentito che neanche là permisero agli autobus di passare attraverso la Croazia. Invece, tutti i passeggeri vennero tirati giù dagli autobus ed uccisi," ricorda Causevic.

Quattro anni fa furono portati alla luce 59 corpi, si ritiene di Rom da Srebenica e Skelane dello stesso bus.

Tra le salme c'erano gli scheletri di 23 bambini, mentre le altre vittime erano per lo più donne.

 
Di Fabrizio (del 26/10/2008 @ 09:39:48, in conflitti, visitato 1919 volte)

Da Roma_Daily_News

  Politici, rompete il vostro silenzio!

Praga, 23.10.2008, 10:10, (ROMEA) Siamo profondamente afflitti dal silenzio seguito alla manifestazione di sabato dei membri di Národní odpor (Resistenza Nazionale) e di Dělnická strana (Partito dei Lavoratori) a Litvínov. Sin dall'inizio, il corteo non autorizzato era rivolto contro la minoranza Romanì che vive nell'insediamento di Janov. La preoccupazione di quanti vivono lì era completamente giustificata. Già erano stati oggetto di provocazione il 4 ottobre 2008 da parte dei membri dell'estremista DS, quando i "Corpi di Protezione" avevano sfilato per le vie di Janov. Nei media abbiamo visto immagini di Rom con mazze da baseball, cosa che ha agitato contrapposte sensazioni da parte del pubblico. D'altra parte, i Rom non avevano ricevuto alcuna assicurazione da parte dei politici o della polizia che sarebbe stata protetta la loro sicurezza, cosicché sfortunatamente era completamente logico che decidessero di prendersi cura della loro sicurezza e di quella delle loro famiglie.

READ ALSO Two injured as Czech police, far-right radicals clash in Litvinov (in inglese ndr)

CHIEDIAMO A TUTTI I SINGOLI ED ORGANIZZAZIONI DI UNIRSI A NOI NELLA LOTTA CONTRO IL NEO-NAZISMO!
Scriveteci a romea@romea.cz

Le provocazioni dei gruppi estremisti, guidate dai DS, sono diventate più frequenti nei mesi recenti. I Rom si sentono insicuri e sono preoccupati. Stiamo forse tornando all'atmosfera della seconda metà degli anni '90, quando almeno 20 persone, per la maggior parte Rom, vennero uccisi per ragioni razziali? Noi crediamo che i politici Rom, specialmente quelli responsabili della sicurezza e della protezione dei diritti umani dei cittadini, ora non dovrebbero rimanere in silenzio. Siamo sorpresi che lo siano.

La manifestazione non autorizzata dei DS a Litvínov era attesa. Le forze della sicurezza avrebbero dovuto esserne a conoscenza, come pure delle preoccupazioni dei Rom locali. Stavolta i Rom hanno scelto un percorso di pace e si sono muniti di slogan, come "Stop al nazismo", "I Cechi sono per i Rom", "Ora chi ha bisogno di essere difeso?", "Dopo 63 anni, no al ritorno delle pattuglie SS" ed altri erano la lampante indicazione della loro speranza che la polizia li avrebbe protetti e che non avrebbero dovuto provvedere loro a proteggere i loro bambini. Comprendiamo che in quel preciso momento le imminenti elezioni fossero più importanti per i politici, di quanto non lo fossero le minacce ad un gruppo specifico di Litvínov. Però, semplicemente non capiamo il mortale silenzio dopo la manifestazione, persino dopo i servizi televisivi sugli attacchi ai giornalisti, agli ufficiali di polizia e al sindaco. Perché il Ministro degli Interni sta zitto, perché non fa una dichiarazione pubblica per rassicurare i cittadini di quel paese - i cui residenti ora sono stati attaccati per la seconda volta - dicendo che investigherà sul comportamento tenuto dalle forze di sicurezza e prenderà tutte le misure necessarie? Recentemente, disse che si era vicini alla "goccia che fa traboccare il vaso" e che avrebbe proposto di abolire questi gruppi estremisti. Quale dev'essere la "goccia che fa traboccare il vaso" - il ricovero in ospedale di un sindaco, l'uccisione di un poliziotto, un Rom con le costole rotte, un neonazista ucciso da un Rom mentre quest'ultimo si difendeva?

Ricordiamo il Ministro degli Interni Ivan Langer che incolpava i Rom emigrati in Canada di agire da "irresponsabili" verso il resto della società ceca, per la minaccia di reintrodurre l'obbligo di visto. Adesso molti altri Rom devono affrontare preoccupazioni ripetute sulla sicurezza delle loro famiglie. E' giunto il momento che il Ministro degli Interni si assuma le proprie responsabilità. Si deve indagare sull'intervento della polizia che ha reso possibile a neonazisti armati di sfilare nel centro di Litvínov. nel panico che ne è seguito, i Rom hanno fatto bastoni dei loro cartelli. E' sorprendente? I loro diritti umani non erano minacciati in quel momento? Perché Džamila Stehlíková, Ministro dei Diritti Umani e delle Minoranze, è rimasta in silenzio? Perché il parlamentare Mirek Topolánek è silente? Cosa deve succedere ancora per affrontare seriamente questa situazione? Altri omicidi, tensioni, disordini razziali? Se continuerà questo silenzio da parte dei politici, se la polizia continuerà con questi errori, è quello che presto dovremo aspettarci. Non sarà il miglior percorso per una società che si suppone essere democratica.

ROMEA, le organizzazioni e gli individui sotto elencati, chiedono al parlamentare Mirek Topolánek, al Ministro degli Interni Ivan Langer ed al Ministro dei Diritti Umani e delle Minoranze Džamila Stehlíková di iniziare ad affrontare seriaemnte questa situazione, a smettere di mantenere il silenzio su ciò e ad iniziare a sciogliere Dělnická strana!

ROMEA

THIS DECLARATION IS SUPPORTED BY
Slovo 21, o. s.
Liga proti antisemitismu
Romodrom, o. s.
Dženo, o.s .
Občanské sružení Přátel Milovic
Gwendolyn Albert
Jana Tatíčková
Liberecké romské sdružení, o.s.
Jarmila Kuchárová
Natálie Landová, DiS.
Občanské sdružení Manuš

 
Di Fabrizio (del 29/10/2008 @ 17:14:56, in conflitti, visitato 2871 volte)

Da Mundo_Gitano

MADRID: Gli Zingari hanno lasciato un villaggio spagnolo dopo che la folla aveva assaltato con lanci di pietre le loro case, in seguito ad una collutazione tra giovani, ha comunicato ieri un'associazione gitana.

Un gruppo della comunità di circa 90 zingari è ritornato ieri alle loro case a Castellar, con la polizia che proteggeva la lor presenza, ha detto Juan Luis Munoz, presidente di Romani Chungalo, locale gruppo per i diritti degli zingari.

Ha detto Munoz che poco dopo la collutazione di sabato notte, gli abitanti del paese hanno tirato pietre alle case ed alle macchine degli zingari del paese, che ospita 3.800 persone per lo più impegnate nella produzione olearia della provincia di Jaen nella Spagna meridionale.

"Hanno colpito molte famiglie. Le hanno anche minacciate. E' razzismo," ha detto.

Un portavoce della Guardia Civil ha confermato che pietre sono state tirate contro le case, ed il giornale El Pais scrive che i locali a dozzine hanno attaccato diverse case di zingari.

Dice sempre il portavoce che domenica, circa 300 persone si sono riunite nel villaggio per protestare contro la criminalità, da loro imputata agli zingari.

Il sindaco di Castellar non ha risposto alle richieste di ieri mattina di spiegare cos'era accaduto.

I locali accusano la comunità zingara di comportamenti minacciosi, furti ed altri piccoli crimini, ha detto una  negoziante del paese, che ha richiesto l'anonimato.

"L'ultima goccia sono stati questi ragazzi che sabato ne colpivano altri, i genitori sono intervenuti e tutto si è riscaldato. E' il culmine di tante cose. La gente è al colmo," ha detto per telefono alla Reuters, aggiungendo di non aver notizia che le famiglie zingare stessero lasciando il paese.

[...]

Reuters

La notizia viene riportata anche da il Giornale

 
Di Fabrizio (del 30/10/2008 @ 09:39:46, in conflitti, visitato 2639 volte)

Sui fatti di ieri in Spagna, ricevo da Union Romani

Stimati amici,

In risposta agli orribili accadimenti di Castellar (Jaen), dove la comunità gitana ha dovuto abbandonare le proprie case per paura delle aggressioni di alcuni cittadini, vi rimettiamo un comunicato stampa in cui la Unión Romaní spiega i fatti e le azioni che ha intrapreso.

Chiediamo la massima diffusione

Saluti

Silvia Rodríguez - responsabile stampa

OCCORRE PORRE FRENO A QUALSIASI MANIFESTAZIONE CHE COMPORTI PERICOLO PER L'INTEGRITA' DELLA COMUNITA' GITANA

Il Presidente di Unión Romaní, Juan de Dios Ramírez-Heredia, a nome di tutta la Giunta Direttiva della Federazione, ha inviato una petizione alla Delegazione Governativa della Giunta Andalusa, perché si prendano tutte le misure necessarie riguardo ai deplorevoli accadimenti che si stanno vivendo nella località jaense di Castellar.

Nel documento citato, il Presidente di Unión Romaní vuole manifestare la grave preoccupazione creatasi nella comunità gitana spagnola, per i fatti accaduti nella città di Castellar, ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione in tutta la Spagna, dove si mostra il confronto tra giovani "payos" e gitani, che ha motivato la fuga massiva dei gitani residenti a Castellar.

Inoltre, si spiega nel testo che nessuno ha riportato che la Unión Romaní si è messa in contatto con le autorità municipali di Castellar, in particolare col sindaco, al fine di avere una conoscenza precisa dei fatti così ampliamente diffusi.

Da questa conversazione col sindaco, Juan de Dios Ramírez-Heredia ha ricevuto la più ferma rassicurazione che l'autorità non si farà influenzare da pretesi estremisti di qualsiasi segno e che non ci sarà la più minima concessione dalla sua ferma volontà di difendere i diritti costituzionali di tutti i cittadini di Castellar, della cui popolazione i gitani formano parte indiscutibile ed indivisibile.

Coscienti che il razzismo sia una ferita latente in buona parte della società spagnola, e che in questi momenti sia come un appello a cui rispondere con grande facilità, Unión Romaní manifesta la sua più ferma volontà a difesa della comunità gitana, da sempre la parte più vulnerabile in questi tipi di conflitti.

Nello scritto inviato alla Giunta Andalusa, affermiamo, con la forza della Legge e della Costituzione, che non si permetterà nessuna aggressione, da qualsiasi parte arrivi, contro la popolazione gitana di Castellar e si esige che le autorità civili e politiche garantiscano il ritorno in pace e sicurezza delle famiglie gitane che, a causa di minacce o di legittima paura, si sono viste obbligate ad abbandonare le loro residenze.

Su questa linea, l'organizzazione ha manifestato la più ferma volontà nel richiedere tutta l'assistenza da parte delle Forze dell'Ordine Pubblico, a difesa dell'integrità delle famiglie gitane oggi allontanate dai loro domicili.

In questa forma si è chiesto - per un elementare senso di prudenza ed in base alla triste esperienza acquisita in circostanze molto simili - che venga impedita o posposta qualsiasi manifestazione che sotto il motto di altre rivendicazioni, possa sottintendere il pericolo che si incendino gli animi e, una volta di più, siano i gitani le vittime dell'odio razzista e di azioni incontrollate dei più violenti.

Per tutto questo, in conclusione, Unión Romaní ha sollecitato la Delegazione Provinciale del Governo della Giunta Andalusa a ricevere un gruppo di persone che a nome dell'organizzazione e capeggiato da don Antonio Torres Fernández, presidente della Unión Romaní Andalucía e vicepresidente dell'Unión Romaní Spagnola, al fine di manifestare apertamente la posizione dell'organizzazione e concordare, appena possibile, le azioni da prendere a difesa dei diritti costituzionali di tutti.

Barcelona y Castellar, 29 de octubre de 2008

JUAN DE DIOS RAMÍREZ-HEREDIA

UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL: http://www.unionromani.org/index_es

 
Di Fabrizio (del 07/11/2008 @ 08:50:18, in conflitti, visitato 2609 volte)

Da Roma_Francais

Source: AFP 03/11/2008 | Mise à jour: 16:50

Un portavoce della polizia locale ha annunciato che sono morti due Rom a seguito di un attacco condotto oggi all'alba con armi da fuoco e bombe molotov contro la loro casa a Nagycsécs, nel nord-est dell'Ungheria.

"Un uomo di 43 anni ed una donna di 40 son morti sul colpo dopo che sconosciuti avevano lanciato bombe molotov contro due case a Nagycsécs," a circa 170 Km. a nord-est di Budapest, ha dichiarato alla stampa Tamas Dobi, portavoce della polizia dipartimentale.

Ha aggiunto il poliziotto che dopo aver preso fuoco, le case sono sono state l'obiettivo di colpi di pallettoni.

"I colpi di fuoco hanno raggiunto le vittime alla testa attraverso le tende chiuse, un uomo è stato leggermente ferito al ventre ed è stato ricoverato in ospedale," ha precisato il poliziotto.

L'attacco avrebbe potuto fare più vittime perché nella seconda casa abitava una famiglia con due bambini. Ma la molotov lanciata non ha preso fuoco.

La polizia ha aperto un'inchiesta "che impiega parecchi effettivi", ma nell'interesse delle investigazioni da ora in avanti non darà più informazioni, ha precisato il portavoce.

Il piccolo villaggio di Nagycsécs conta appena 916 abitanti ed è reputato una località tranquilla, dove l'anno scorso si sono registrati solo 35 casi criminosi.

Le autorità ungheresi hanno proposto una ricompensa di un milione di fiorini (4.000 euro) per chi fornirà informazioni sugli aggressori.

 
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