Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da Hungarian_Roma
By: MTI 2008-08-11 08:24
Il primo ministro ha richiesto al ministero della giustizia di fare in modo di incrementare la presenza della polizia nei piccoli insediamenti, ha detto sabato il portavoce governativo, in seguito a tre attacchi notturni a residenti Rom nei mesi scorsi.
Il portavoce Dávid Daróczi ha detto di aspettarsi una proposta per agire pronta entro la fine del mese.
L'attacco più recente ai residenti Rom è accaduto giovedì notte, nel villaggio di Pirics nell'Ungheria nord orientale, quando è stato dato fuoco a due case dove c'erano famiglie con bambini, ed è stato sparato contro chi tentava di scappare dal fuoco. Un'anziana - 63 anni - è stata colpita alla gamba mentre scappava dall'edificio in fiamme ed è stata ricoverata in ospedale.
Precedentemente, ignoti avevano fracassato le finestre di tre case nel villaggio di Galgagyörk, nell'immediato nord-est di Budapest. In questo caso, nessuno era stato ferito.
Il 3 giugno, alcune case del villaggio di Pátka, a circa 40 km a sud-ovest di Budapest, erano state incendiate. Il fuoco era divampato in una stanza dove dormivano i bambini, ma era stato estinto prima che facesse danni seri. In quel caso i residenti avevano preso tre degli attentatori, che sono stati arrestati e posti in detenzione in attesa del processo.
Da
Romanian_Roma
Il budget per finanziare il Programma di Sviluppo Comunitario ad
Hadareni, contea di Mures, è stato aumentato a 2,16 milioni di
RON, secondo una decisione adottata dall'Esecutivo nella sessione di
mercoledì 27 agosto.
[...] Così, l'Esecutivo intende incontrare gli impegni presi con l'Unione
Europea riguardo i diritti umani, specialmente per la minoranza Rom, prevenendo
e combattendo la discriminazione, stimolando la partecipazione dei Rom nella
vita economica, sociale, educazionale e politica.
I fondi verranno stanziati dal Fondo di Riserva del Governo, come previsto
nel budget statale per il 2008.
Nel villaggio di Hadareni ebbe luogo nel settembre 1993 un conflitto
interetnico, iniziato con una discussione tra un Rom ed un cittadino rumeno, con
quest'ultimo pugnalato ed ucciso in mezzo alla strada. L'uccisore e suo
fratello, che era stato temporaneamente rilasciato di prigione, si barricarono
in una casa abbandonata. Quando vennero a sapere dell'uccisione, gli abitanti
del villaggio circondarono la casa e le diedero fuoco, per stanare i due.
L'autore dell'uccisione fu catturato dalla folla e nonostante l'intervento del
capo della polizia locale, venne colpito con diversi oggetti acuminati. Lo
stesso successe a suo fratello. Furono portati in ospedale, e morirono entrambi.
Dopo questo incidente, 400-500 persone, Rumeni e Ungheresi, si riunirono nel
centro del villaggio, e aizzati dalle vecchie incomprensioni avute con i Rom a
causa della loro aggressività e dei recenti eventi, si diressero verso il
quartiere Rom, abitato da circa 150 persone in 32 case, e diedero fuoco a 11
case. Furono accusate 11 persone per il cso "Hadareni", e la sentenza venne
emessa nel luglio 1998.
Opponendosi alla soluzione proposta dal tribunale rumeno, le famiglie di 3
delle vittime e quelli a cui furono bruciate le case fecero ricorso nel 2001
alla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDO).
Il 5 luglio 2005 , il CEDO stabilì che il caso era da considerarsi chiuso per
18 dei richiedenti dopo aver raggiunto un accordo, dichiarando che l'impegno
delle parti rappresentava un'equa soluzione per il caso, secondo gli standard
della Corte Europea. Il Governo rumeno si impegnò a ripagare i 18
richiedenti con una somma tra gli 11.000 e i 23.000 €u come compensazione
materiale e morale.
Lo stato rumeno venne sentenziato dopo che il tribunale raggiunse la
conclusione che, nel caso dei Rom di Hadareni, le autorità violarono diversi
articoli della Convenzione Europea sui Diritti Umani. La Corte Europea stabilì
che rappresentanti della polizia presero parte al rogo alle case dei Rom e che
tentarono di nascondere i fatti. Considerando la reazione in ritardo delle
autorità ed il fatto che i tribunali rumeni rifiutarono di fornire una
compensazione, la Corte Europea decise che era stato violato il diritto dei
reclamanti alla famiglia e alla privacy.
La Corte ha anche stabilito che l'origine etnica delle persone coinvolte in
questo caso fu il fattore decisivo nello sviluppo del processo e ha sanzionato
le autorità rumene per discriminazione.
DIVERS – www.divers.ro
Da
Czech_Roma
Rokycany, Boemia Occidentale, 8 settembre (CTK) - Il Municipio di Rokycany
intende installare delle telecamere nei posti più problematici, come reazione
alle tensioni in città tra i Rom e gli estremisti di destra, lo ha detto lunedì
a CTK il sindaco Jan Baloun dopo un incontro con la polizia ed i rappresentanti
Romanì.
Il Comune ha anche chiesto ai Rom di frequentare le riunioni della
commissione per la prevenzione del crimine, che sono tenute dalla polizia una
volta al mese.
I Rom locali si sono lamentati di essere esposti a minacce ed attacchi da
lungo tempo a Rokycany.
La città in precedenza aveva deciso di rinforzare le pattuglie di polizia
statale e municipale nelle strade.
Il Municipio ha organizzato incontri con i Rom e la polizia, in reazione alla
situazione in città, che era peggiorata due settimane fa quando un gruppo di
assaltatori aveva devastato un bar, frequentato da Rom, attaccando i camerieri e
diversi clienti.
La polizia, tuttavia, lunedì aveva annunciato che le donne Rom che
denunciavano di essere state ferite nell'incidente, avevano fabbricato la
storia.
Ha detto Josef Svoboda, capo della polizia locale, che non c'erano prove che
l'attacco avesse una motivazione razziale.
I Rom avevano reagito all'incidente nel bar con una dimostrazione che non era
stata annunciata ufficialmente con anticipo.
Sabato scorso alcuni skinhead avevano tentato di fare una
contro-manifestazione, ma la polizia l'aveva impedito.
Baloun ha anche detto che in città non ci sono problemi con i Rom locale,
eccettuato alcune famiglie.
D'altra parte, ha aggiunto, ci sono gli stranieri, che costituiscono il 10%
degli abitanti - circa 1.700, che hanno iniziato a creare problemi.
This story is from the Czech News Agency (CTK).
Da
Mundo_Gitano (come accennato in post precedenti, in Colombia e in buona
parte delle Americhe, i Rom sono ancora semi-nomadi)
pubblicato su
Indymedia Colombia
Colombia, Accampamento Rom
NOMADISMO, SPOSTAMENTO FORZATO E RIPARAZIONE COLLETTIVA: IL CASO DEL
POPOLO ROM
por YOSKA BIMBAY [1] lunedì 22 settembre 2008 at 6:14 PM
prorrom@gmail.com
Idee liberate per affrontare il rompicapo della riparazione collettiva ed
integrale del popolo Rom
"I nostri spostamenti derivati dal conflitto armato non appaiono sicuramente
nelle statistiche. I morti che ha messo il nostro popolo a causa delle guerre
non contano per nessuno. I nostri dispersi per le guerre continuano sotto
silenzio. La precarizzazione crescente dei nostri livelli di vita prodotta dalle
violenze segue totalmente inosservata" [2].
In Colombia si inizia a riconoscere, almeno teoricamente, che il conflitto
armato interno ha generato gravi impatti sul popolo Rom. Significa che questo
riconoscimento, certamente ancora molto precario, è un primo passo perché lo
stato colombiano pensi seriamente alla possibilità di includere i Rom nei suoi
programmi di riparazione collettiva e simbolica.
Quanto scritto sopra discende da ciò che è espresso in un documento elaborato
dalla Commissione Nazionale di Riparazione e Riconciliazione (CNRR) in cui,
riferendosi ai soggetti della riparazione, menziona esplicitamente il popolo
Rom. In particolare vi si legge: "che la riparazione tenga in considerazione i
gruppi particolarmente vulnerabili come le comunità ed i popoli indigeni, le
comunità afrodiscendenti ed il popolo Rom [3]." Anche se l'allusione, nel
contesto del documento, è abbastanza periferica, trascina per il popolo Rom
un'enorme importanza e può vedersi come un bilancio a favore del processo di
riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
Inoltre, in un importante studio della Procura Generale della Nazione [4],
portato a conoscenza nel giugno 2007, in cui si esprimono i criteri per arrivare
alla riparazione collettiva ed integrale dei gruppi etnici, il popolo Rom è
incluso come uno dei soggetti collettivi di cui tener conto.
Che il popolo Rom, in maniera adeguata, sia tenuto in conto nei processi di
riparazione collettiva e simbolica, in circostanze simili a quelle dei popoli
indigeni, afrodiscendenti e razziali, è una scommessa politica che senza dubbio
segnala un percorso per dare giustizia storica ad un popolo che è stato
abitualmente e sistematicamente escluso dalle politiche pubbliche e dai
programmi sociali governativi.
Col peso di essere invisibile per l'insieme del paese, il popolo Rom iniziò
ad essere visto dagli attori armati, tanto illegali che legali, i quali con la
voragine di violenza politica che scatenarono, lo colpirono in maniera negativa
nella propria integrità etnica e culturale.
Senza essere un inventario esaustivo e solo in maniera indicativa, si può
dire che tra i principali impatti che il conflitto armato interno ha provocato
al popolo Rom, c'è quanto segue:
Si configurano territori del paese in cui i Rom esercitano le loro attività
economiche tradizionali, alle quali per paura - derivate effettivamente da
fattori obiettivi o fondate su fattori soggettivi - non circolano più o non lo
fanno con frequenza ed intensità precedente. Diversi patrigruppi familiari, per
timore delle azioni dei gruppi paramilitari che costantemente ricorrevano alle
estorsioni per lasciarli lavorare o che apertamente rubavano loro mercanzie e
prodotti, hanno optato per diminuire l'intensità, l'ampiezza e la frequenza dei
loro itinerari, sin quasi a ridurla al minimo, così le reti ed i percorsi che
pazientemente erano state costruite nell'esercizio dell'itinerare ancestrale
sono rimaste inattive. Questa situazione è stata fatta propria da alcune kumpeniyi,
associazioni di patrigruppi familiari Rom, come una forma di confinamento, che
impedendo la mobilità si è tradotto negativamente sulle attività economiche
tradizionali. Paradossalmente, mentre il numero dei senza casa nel paese è
cresciuto in poco tempo in maniera esponenziale, i Rom che per natura si
spostano da un luogo all'altro, non possono più farlo come in precedenza.
La vasta mobilità geografica del popolo Rom, imprescindibile per la
realizzazione dei suoi principi e delle più importanti attività economiche,
essendo di fatto notevolmente ridotta, si è presto trasformata in una crescente
precarizzazione economica dei patrigruppi familiari, cosa che ha causato un
allarmante impoverimento socioculturale, dovuto tra l'altro alla diminuzione del
flusso degli ingressi monetari richiesti per il complimento delle cerimonie e
rituali inerenti alla sua vita culturale, soprattutto relazionati alla lealtà,
prestigio e status, hanno causato rotture ed indebolimenti dei suoi valori
identitari.
Senza alcun dubbio non sono stati pochi gli spostamenti non volontari
eseguiti da alcuni patrigruppi familiari come conseguenza del conflitto armato
interno che equivocamente furono spiegati e compresi, tanto dalle istituzioni
nazionali come dalla società maggioritaria, a partire dal tradizionale itinere
che ha caratterizzato il popolo Rom. E così vari casi di spostamenti forzati di
cui sono stati vittime distinti patrigruppi familiari, alla fine sono stati
confusi con le dinamiche proprie di itinere e mobilità del popolo Rom. Questi
spostamenti forzati, che sono avvenuti senza visibilità dalle istituzioni, hanno
inciso nel debilitamento delle rete sociali di solidarietà, sovraccaricando i
dispositivi di reciprocità e mutuo aiuto messi in moto per accogliere i
patrigruppi familiari coinvolti.
Per un popolo quantitativamente piccolo come quello dei Rom, con una popolazione
in Colombia che secondo il Censimento Generale DANE del 2005 si stima in 4.832,
ci si aspetta che la perdita di vite umane abbia impatto profondo sulla vita
sociale e culturale, perdite che, resta inteso, aumentano progressivamente
quando si presentano casi di morti violente e sparizioni forzate commesse dai gadyé
(i non Rom), questo perché non solo le possibilità di fare giustizia scappano
dall'orbita della Romaní Kriss, il proprio sistema giuridico, ma perché
l'immaginario socialmente costruito prodotto dai ricordi accumulati nella
memoria collettiva del popolo Rom sulle persecuzioni incessanti di cui è stato
vittima per mano dei
gadyé in diversi momenti storici e diverse parti del mondo, finiscono per
rinforzare la marginalità, sostenuta dal timore verso le leggi e le istituzioni
degli "altri", si espande. Gli assassinati ed dispersi riportati
all'interno dei patrigruppi familiari, indicano che tanto le
Águilas Negras come i paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC)
con gli insorti, hanno la loro parte di responsabilità.
Nel maggio 2002 si diffuse, soprattutto nei circoli del movimento associativo
internazionale del popolo Rom, una notizia [5] che confermava il timore
generalizzato di una kumpania ubicata nel nord-est del paese, dovuto alle
minacce, minacce ed estorsioni di cui erano oggetto alcuni patrigruppi familiari
per mano delle strutture paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC).
Alcuni degli Shere Romengue, autorità tradizionali, si videro forzati a
pagare somme di denaro, si suppone in cambio di sicurezza e tranquillità. Altri,
che rifiutarono di pagare queste estorsioni perché materialmente non potevano o
non volevano farlo, dovettero spostarsi verso un'altra kumpeniyi in
Venezuela. Questa situazione si mantenne, con qualche intermittenza, almeno per
due anni.
Anche se certamente è necessario approfondire sugli impatti che il conflitto
armato ha avuto sul popolo Rom, da parte del Proceso Organizativo
del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PRORROM), si considera ci siano elementi di
giudizio sufficienti per proporre che se non si vuole commettere una
dimenticanza storica imperdonbile, i Rom non possono essere esclusi dalle
iniziative che si stanno costruendo sulla riparazione collettiva e su quella
simbolica, sia nel quadro della Legge di Giustizia e Pace, che negli altri
scenari. L'importante, in ogni caso, è che la società colombiana e lo Stato
ricordino e non dimentichino mai che il popolo Rom è stato colpito nella sua
integrità etnica e culturale per l'azione dei gruppi armati.
Qualsiasi proposta di riparazione collettiva che abbia come soggetto il popolo
Rom, deve fondarsi nella formalizzazione del pieno riconoscimento della sua
esistenza, il che porta implicitamente al tassativo riconoscimento dei suoi
diritti collettivi. In questo contesto l'istituzione di un quadro giuridico che
regoli le relazioni tra lo Stato colombiano ed il popolo Rom, che vada nella
direzione di eliminare per sempre le asimmetrie discriminatorie ed odiose
attualmente esistenti tra i diritti costituzionali e legalmente riconosciuti ai
popoli indigeni e quelli che effettivamente e realmente sono riconosciuti a
questo popolo, è una premessa imprescindibile e non procastinabile che deve
contemplare qualsiasi proposta di riparazione collettiva che pretenda di fare
giustizia con i Rom.
Girón (Santander), 17 de septiembre de 2008
Bibliografía
COMISIÓN NACIONAL DE REPARACIÓN Y RECONCILIACIÓN, (CNRR). Recomendación de
criterios de reparación y de proporcionalidad restaurativa. CNRR. Bogotá, D.C.
2007. [152p.].
PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM. Sobre la paz
y la guerra: Reflexiones de los invisibles de Colombia, presentadas en la sesión
plenaria del Congreso Nacional de Paz y País el 11 de mayo de 2002. En: PRORROM.
Tras el rastro de Melquíades. Memoria y resistencia de los Rom de Colombia.
Colección O Lasho Drom No. 4. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005. Pp. 147-150.
PROCURADURÍA GENERAL DE LA NACIÓN. Primero las víctimas. Criterios para la
reparación integral víctimas individuales y grupos étnicos. Procuraduría General
de la Nación. Agencia Canadiense para el Desarrollo Internacional. Bogotá, D.C.
2007. [325p.].
SAVETO KATAR LE ORGANIZATSI AY KUMPENIYI RROMANE ANDA´L AMERICHI (SKOKRA). ¡Un
S.O.S. por los Rom de Colombia! Comunicado de prensa. Bogotá, D.C. 10 de mayo de
2002.
[1] Miembro de la Secretaría Operativa del Proceso Organizativo del Pueblo Rom
(Gitano) de Colombia, PRORROM.
[2] PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM. Sobre la
paz y la guerra: Reflexiones de los invisibles de Colombia, presentadas en la
sesión plenaria del Congreso Nacional de Paz y País del 11 de mayo de 2002. En:
PRORROM. Tras el rastro de Melquíades. Memoria y resistencia de los Rom de
Colombia. Colección O Lasho Drom No. 4. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005. Pp. 147-150.
[3] El subrayado es nuestro. COMISIÓN NACIONAL DE REPARACIÓN Y RECONCILIACIÓN, (CNRR).
Recomendación de criterios de reparación y de proporcionalidad restaurativa.
CNRR. Bogotá, D.C. 2007. P. 25.
[4] PROCURADURÍA GENERAL DE LA NACIÓN. Primero las víctimas. Criterios para la
reparación integral víctimas individuales y grupos étnicos. Procuraduría General
de la Nación. Agencia Canadiense para el Desarrollo Internacional. Bogotá, D.C.
2007. Pp. 76-77.
[5] SAVETO KATAR LE ORGANIZATSI AY KUMPENIYI RROMANE ANDA´L AMERICHI (SKOKRA).
¡Un S.O.S. por los Rom de Colombia! Comunicado de prensa. Bogotá, D.C. 10 de
mayo de 2002.
Da
Romano Them
11 ottobre 2008 – In reazione all'assegnazione al diplomatico finnico Martti
Ahtisaari del Premio Nobel per la Pace, Romano Them ha detto che i Rom
kosovari non hanno ragione per unirsi al coro di chi si congratula. "I successi
di Ahtisaari nel portare la pace in altre parti del mondo sono innegabili, ma
nel caso dei Rom del Kosovo la sua azione è stata un completo fallimento." ha
aggiunto l'organizzazione.
Ritornando alla mediazione dell'ex Ministro degli Esteri finlandese,
dell'accordo internazionale di pace che pose fine alla guerra contro la
Jugoslavia, Romano Them ha ricordato che immediatamente in seguito si
stima che circa 100.000 Rom furono cacciati dal Kosovo e le loro proprietà
distrutte. Sette anni dopo, quando Martti Ahtisaari assunse la guida del gruppo
internazionale di trattativa, che aveva l'intento di raggiungere un accordo
sullo status della provincia, egli decise di limitare gli sforzi alle due
comunità più grandi, escludendo tutte le altre.
"Per Ahtisaari ed il resto della comunità internazionale, noi Rom del Kosovo
praticamente non esistevamo," ha detto un rappresentante di Romano Them.
"Ci hanno visto come una sorta di gente povera e miserabile, con un basso
livello di civilizzazione, ma non avevamo mai vissuto sotto le tende o nei
caravan." Ha inoltre spiegato che i Rom erano una parte integrale nella società
del Kosovo. "Rispettavamo le leggi e il sistema in atto," ha detto.
Secondo l'organizzazione, l'esclusione dei Rom dai negoziati sullo status ha
avuto ampie conseguenze sulla posizione dei Rom nel Kosovo odierno. Difatti, la
Costituzione che fu adottata dal Parlamento del Kosovo a febbraio, è ampiamente
costruita sulle proposte incluse nel rapporto preparato dal gruppo di
internazionale di trattativa. "Il fatto che la maggiore ambizione di Ahtisaari
era di soddisfare le richieste conflittuali degli Albanesi e dei Serbi del
Kosovo, ha portato alla negazione degli interessi delle altre comunità, in
particolare i Rom, che non avevano nessun partito ad appoggiarli," ha spiegato
un altro rappresentante di Romano Them.
Come conseguenza, la posizione di seconda o terza classe dei Rom kosovari è
oggi sancita per legge. Romano Them ha citato come esempio i recenti
reclami dei rappresentanti delle organizzazioni Rom della società civile
a Prizren, che hanno sostenuto che la bozza del nuovo statuto della municipalità
non ha alcun interesse per i Rom. "La mancanza di chiare garanzie sulla
rappresentanza politica dei Rom a livello municipale e sull'uso della lingua
romanì discende dalla nuova legge sull'auto-governo e dalla costituzione del
Kosovo", ha detto Romano Them.
Viene quindi giudicato cinico il tentativo della comunità internazionale di
rimandare i Rom in Kosovo, dopo averli deprivati delle garanzie essenziali per
la loro sussistenza.
Da
Roma_ex_Yugoslavia
14 ottobre 2008 | 17:13 | Source: Beta, Glas Srpske -
BANJA LUKA - Sono state scoperte in un cimitero cattolico a Bosanski
Dubocac due tombe collettive contenenti i corpi di Rom uccisi a Skelane e
Srebenica.
L'ordine dell'eccidio sarebbe stato dato da alcuni generali dell'Armata
Croata, tra cui Ante Prkacin, lo sostiene Nijaz Causevic Medo, ex alto
ufficiale dell'Armata Croata, come riportato da Glas Srpske, giornale di Banja Luka.
"Ho informato Marko Grabovac, presidente dell'Unione per la Ricerca dei
Soldati Catturati e dei Civili Dispersi, di Brod, sulla posizione delle tombe.
Sono pronto, se mi sarà garantita la sicurezza, a testimoniare sul fatto davanti
ai tribunali della Bosnia Erzegovina." il giornale riporta le parole di Causevic,
che attualmente risiede a Slavonski Brod in Croazia.
Slavko Krulj, Procuratore Distrettuale di Doboj, dice che il suo ufficio sta
lavorando senza interruzione per localizzare le due tombe, che si ritiene
contengano i corpi di circa 200 Rom di Skelane e Srebenica, trasportati lì prima
dell'esecuzione da due/quattro autobus.
Testimoni ricordano che gli autobus arrivarono nella città di Brod, da lì
sparirono tutte le tracce dei passeggeri.
Una squadra operativa sulle persone scomparse dalla Repubblica Srpska ha
informazioni su un autobus che riuscì ad attraversare il ponte tra Brod in
Bosnia Erzegovina e la sua omonima in Croazia, mentre gli altri tre rimasero sul
suolo bosniaco.
In quel periodo, le forze armate croate avevano occupato il municipio di Brod
in Bosnia Erzegovina.
I testimoni, incluso Causevic, ricordano che le autorità croate proibirono
all'autobus di passare attraverso il suo territorio.
Causevic dice che più tardi fece deviare gli autobus verso Dubocac, così che
potessero essere trasferiti via traghetto sul fiume Sava attraverso la Croazia.
"Ho sentito che neanche là permisero agli autobus di passare attraverso la
Croazia. Invece, tutti i passeggeri vennero tirati giù dagli autobus ed uccisi,"
ricorda Causevic.
Quattro anni fa furono portati alla luce 59 corpi, si ritiene di Rom da
Srebenica e Skelane dello stesso bus.
Tra le salme c'erano gli scheletri di 23 bambini, mentre le altre vittime
erano per lo più donne.
Da
Roma_Daily_News
Politici, rompete il vostro silenzio!
Praga, 23.10.2008, 10:10, (ROMEA) Siamo profondamente afflitti dal silenzio
seguito alla manifestazione di sabato dei membri di Národní odpor (Resistenza
Nazionale) e di Dělnická strana (Partito dei Lavoratori) a Litvínov. Sin
dall'inizio, il corteo non autorizzato era rivolto contro la minoranza Romanì
che vive nell'insediamento di Janov. La preoccupazione di quanti vivono lì era
completamente giustificata. Già erano stati oggetto di provocazione il 4 ottobre
2008 da parte dei membri dell'estremista DS, quando i "Corpi di Protezione"
avevano sfilato per le vie di Janov. Nei media abbiamo visto immagini di Rom con
mazze da baseball, cosa che ha agitato contrapposte sensazioni da parte del
pubblico. D'altra parte, i Rom non avevano ricevuto alcuna assicurazione da
parte dei politici o della polizia che sarebbe stata protetta la loro sicurezza,
cosicché sfortunatamente era completamente logico che decidessero di prendersi
cura della loro sicurezza e di quella delle loro famiglie.
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Two injured as Czech police, far-right radicals clash in Litvinov (in
inglese ndr)
CHIEDIAMO A TUTTI I SINGOLI ED ORGANIZZAZIONI DI UNIRSI A NOI NELLA LOTTA
CONTRO IL NEO-NAZISMO!
Scriveteci a romea@romea.cz
Le provocazioni dei gruppi estremisti, guidate dai DS, sono diventate più
frequenti nei mesi recenti. I Rom si sentono insicuri e sono preoccupati. Stiamo
forse tornando all'atmosfera della seconda metà degli anni '90, quando almeno 20
persone, per la maggior parte Rom, vennero uccisi per ragioni razziali? Noi
crediamo che i politici Rom, specialmente quelli responsabili della sicurezza e
della protezione dei diritti umani dei cittadini, ora non dovrebbero rimanere in
silenzio. Siamo sorpresi che lo siano.
La manifestazione non autorizzata dei DS a Litvínov era attesa. Le forze
della sicurezza avrebbero dovuto esserne a conoscenza, come pure delle
preoccupazioni dei Rom locali. Stavolta i Rom hanno scelto un percorso di pace e
si sono muniti di slogan, come "Stop al nazismo", "I Cechi sono per i Rom", "Ora
chi ha bisogno di essere difeso?", "Dopo 63 anni, no al ritorno delle pattuglie
SS" ed altri erano la lampante indicazione della loro speranza che la polizia li
avrebbe protetti e che non avrebbero dovuto provvedere loro a proteggere i loro
bambini. Comprendiamo che in quel preciso momento le imminenti elezioni fossero
più importanti per i politici, di quanto non lo fossero le minacce ad un gruppo
specifico di Litvínov. Però, semplicemente non capiamo il mortale silenzio dopo
la manifestazione, persino dopo i servizi televisivi sugli attacchi ai
giornalisti, agli ufficiali di polizia e al sindaco. Perché il Ministro degli
Interni sta zitto, perché non fa una dichiarazione pubblica per rassicurare i
cittadini di quel paese - i cui residenti ora sono stati attaccati per la
seconda volta - dicendo che investigherà sul comportamento tenuto dalle forze di
sicurezza e prenderà tutte le misure necessarie? Recentemente, disse che si era
vicini alla "goccia che fa traboccare il vaso" e che avrebbe proposto di abolire
questi gruppi estremisti. Quale dev'essere la "goccia che fa traboccare il vaso"
- il ricovero in ospedale di un sindaco, l'uccisione di un poliziotto, un Rom
con le costole rotte, un neonazista ucciso da un Rom mentre quest'ultimo si
difendeva?
Ricordiamo il Ministro degli Interni Ivan Langer che incolpava i Rom emigrati
in Canada di agire da "irresponsabili" verso il resto della società ceca, per la
minaccia di reintrodurre l'obbligo di visto. Adesso molti altri Rom devono
affrontare preoccupazioni ripetute sulla sicurezza delle loro famiglie. E'
giunto il momento che il Ministro degli Interni si assuma le proprie
responsabilità. Si deve indagare sull'intervento della polizia che ha reso
possibile a neonazisti armati di sfilare nel centro di Litvínov. nel panico che
ne è seguito, i Rom hanno fatto bastoni dei loro cartelli. E' sorprendente? I
loro diritti umani non erano minacciati in quel momento? Perché Džamila
Stehlíková, Ministro dei Diritti Umani e delle Minoranze, è rimasta in silenzio?
Perché il parlamentare Mirek Topolánek è silente? Cosa deve succedere ancora per
affrontare seriamente questa situazione? Altri omicidi, tensioni, disordini
razziali? Se continuerà questo silenzio da parte dei politici, se la polizia
continuerà con questi errori, è quello che presto dovremo aspettarci. Non sarà
il miglior percorso per una società che si suppone essere democratica.
ROMEA, le organizzazioni e gli individui sotto elencati, chiedono al
parlamentare Mirek Topolánek, al Ministro degli Interni Ivan Langer ed al
Ministro dei Diritti Umani e delle Minoranze Džamila Stehlíková di iniziare ad
affrontare seriaemnte questa situazione, a smettere di mantenere il silenzio su
ciò e ad iniziare a sciogliere Dělnická strana!
ROMEA
THIS DECLARATION IS SUPPORTED BY
Slovo 21, o. s.
Liga proti antisemitismu
Romodrom, o. s.
Dženo, o.s .
Občanské sružení Přátel Milovic
Gwendolyn Albert
Jana Tatíčková
Liberecké romské sdružení, o.s.
Jarmila Kuchárová
Natálie Landová, DiS.
Občanské sdružení Manuš
Da
Mundo_Gitano
MADRID: Gli Zingari hanno lasciato un villaggio spagnolo dopo che la folla
aveva assaltato con lanci di pietre le loro case, in seguito ad una collutazione
tra giovani, ha comunicato ieri un'associazione gitana.
Un gruppo della comunità di circa 90 zingari è ritornato ieri alle loro case
a Castellar, con la polizia che proteggeva la lor presenza, ha detto Juan
Luis Munoz, presidente di Romani Chungalo, locale gruppo per i diritti degli
zingari.
Ha detto Munoz che poco dopo la collutazione di sabato notte, gli abitanti
del paese hanno tirato pietre alle case ed alle macchine degli zingari del
paese, che ospita 3.800 persone per lo più impegnate nella produzione olearia
della provincia di Jaen nella Spagna meridionale.
"Hanno colpito molte famiglie. Le hanno anche minacciate. E' razzismo," ha
detto.
Un portavoce della Guardia Civil ha confermato che pietre sono state tirate
contro le case, ed il giornale El Pais scrive che i locali a dozzine hanno
attaccato diverse case di zingari.
Dice sempre il portavoce che domenica, circa 300 persone si sono riunite nel
villaggio per protestare contro la criminalità, da loro imputata agli zingari.
Il sindaco di Castellar non ha risposto alle richieste di ieri mattina di
spiegare cos'era accaduto.
I locali accusano la comunità zingara di comportamenti minacciosi, furti ed
altri piccoli crimini, ha detto una negoziante del paese, che ha richiesto
l'anonimato.
"L'ultima goccia sono stati questi ragazzi che sabato ne colpivano altri, i
genitori sono intervenuti e tutto si è riscaldato. E' il culmine di tante cose.
La gente è al colmo," ha detto per telefono alla Reuters, aggiungendo di non
aver notizia che le famiglie zingare stessero lasciando il paese.
[...]
Reuters
La notizia viene riportata anche da
il Giornale
Sui fatti di ieri in
Spagna, ricevo da Union Romani
Stimati amici,
In risposta agli orribili accadimenti di Castellar (Jaen), dove la
comunità gitana ha dovuto abbandonare le proprie case per paura delle
aggressioni di alcuni cittadini, vi rimettiamo un comunicato stampa in cui la
Unión Romaní spiega i fatti e le azioni che ha intrapreso.
Chiediamo la massima diffusione
Saluti
Silvia Rodríguez - responsabile stampa
OCCORRE PORRE FRENO A QUALSIASI MANIFESTAZIONE CHE COMPORTI PERICOLO PER
L'INTEGRITA' DELLA COMUNITA' GITANA
Il Presidente di Unión Romaní, Juan de Dios Ramírez-Heredia, a nome di tutta
la Giunta Direttiva della Federazione, ha inviato una petizione alla Delegazione
Governativa della Giunta Andalusa, perché si prendano tutte le misure necessarie
riguardo ai deplorevoli accadimenti che si stanno vivendo nella località jaense
di Castellar.
Nel documento citato, il Presidente di Unión Romaní vuole manifestare la
grave preoccupazione creatasi nella comunità gitana spagnola, per i fatti
accaduti nella città di Castellar, ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione
in tutta la Spagna, dove si mostra il confronto tra giovani "payos" e gitani,
che ha motivato la fuga massiva dei gitani residenti a Castellar.
Inoltre, si spiega nel testo che nessuno ha riportato che la Unión Romaní si
è messa in contatto con le autorità municipali di Castellar, in particolare col
sindaco, al fine di avere una conoscenza precisa dei fatti così ampliamente
diffusi.
Da questa conversazione col sindaco, Juan de Dios Ramírez-Heredia ha ricevuto
la più ferma rassicurazione che l'autorità non si farà influenzare da pretesi
estremisti di qualsiasi segno e che non ci sarà la più minima concessione dalla
sua ferma volontà di difendere i diritti costituzionali di tutti i cittadini di
Castellar, della cui popolazione i gitani formano parte indiscutibile ed
indivisibile.
Coscienti che il razzismo sia una ferita latente in buona parte della società
spagnola, e che in questi momenti sia come un appello a cui rispondere con
grande facilità, Unión Romaní manifesta la sua più ferma volontà a difesa della
comunità gitana, da sempre la parte più vulnerabile in questi tipi di conflitti.
Nello scritto inviato alla Giunta Andalusa, affermiamo, con la forza della
Legge e della Costituzione, che non si permetterà nessuna aggressione, da
qualsiasi parte arrivi, contro la popolazione gitana di Castellar e si esige che
le autorità civili e politiche garantiscano il ritorno in pace e sicurezza delle
famiglie gitane che, a causa di minacce o di legittima paura, si sono viste
obbligate ad abbandonare le loro residenze.
Su questa linea, l'organizzazione ha manifestato la più ferma volontà nel
richiedere tutta l'assistenza da parte delle Forze dell'Ordine Pubblico, a
difesa dell'integrità delle famiglie gitane oggi allontanate dai loro domicili.
In questa forma si è chiesto - per un elementare senso di prudenza ed in base
alla triste esperienza acquisita in circostanze molto simili - che venga
impedita o posposta qualsiasi manifestazione che sotto il motto di altre
rivendicazioni, possa sottintendere il pericolo che si incendino gli animi e,
una volta di più, siano i gitani le vittime dell'odio razzista e di azioni
incontrollate dei più violenti.
Per tutto questo, in conclusione, Unión Romaní ha sollecitato la Delegazione
Provinciale del Governo della Giunta Andalusa a ricevere un gruppo di persone
che a nome dell'organizzazione e capeggiato da don Antonio Torres Fernández,
presidente della Unión Romaní Andalucía e vicepresidente dell'Unión Romaní
Spagnola, al fine di manifestare apertamente la posizione dell'organizzazione e
concordare, appena possibile, le azioni da prendere a difesa dei diritti
costituzionali di tutti.
Barcelona y Castellar, 29 de octubre de 2008
JUAN DE DIOS RAMÍREZ-HEREDIA
UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
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E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
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URL:
http://www.unionromani.org/index_es
Da
Roma_Francais
Source: AFP 03/11/2008 | Mise à jour: 16:50
Un portavoce della polizia locale ha annunciato che sono morti due Rom a
seguito di un attacco condotto oggi all'alba con armi da fuoco e bombe molotov
contro la loro casa a Nagycsécs, nel nord-est dell'Ungheria.
"Un uomo di 43 anni ed una donna di 40 son morti sul colpo dopo che
sconosciuti avevano lanciato bombe molotov contro due case a Nagycsécs," a circa
170 Km. a nord-est di Budapest, ha dichiarato alla stampa Tamas Dobi, portavoce
della polizia dipartimentale.
Ha aggiunto il poliziotto che dopo aver preso fuoco, le case sono sono state
l'obiettivo di colpi di pallettoni.
"I colpi di fuoco hanno raggiunto le vittime alla testa attraverso le tende
chiuse, un uomo è stato leggermente ferito al ventre ed è stato ricoverato in
ospedale," ha precisato il poliziotto.
L'attacco avrebbe potuto fare più vittime perché nella seconda casa abitava
una famiglia con due bambini. Ma la molotov lanciata non ha preso fuoco.
La polizia ha aperto un'inchiesta "che impiega parecchi effettivi", ma
nell'interesse delle investigazioni da ora in avanti non darà più informazioni,
ha precisato il portavoce.
Il piccolo villaggio di Nagycsécs conta appena 916 abitanti ed è reputato una
località tranquilla, dove l'anno scorso si sono registrati solo 35 casi
criminosi.
Le autorità ungheresi hanno proposto una ricompensa di un milione di fiorini
(4.000 euro) per chi fornirà informazioni sugli aggressori.
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