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\\ Mahalla : VAI : Regole (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 28/02/2007 @ 10:26:09, in Regole, visitato 2569 volte)

Ricevo da Mariagrazia Dicati

[...] Giovedì 15 febbraio una donna Rom è stata tradotta, insieme ai due figli di 1 e 3 anni, dal carcere femminile di Napoli presso la Corte di Appello per l'udienza relativa all'accusa di evasione dagli arresti domiciliari, per il reato di furto. Assistevano al processo chiusi in una gabbia di ferro.
Per questo bruttissimo episodio non abbiamo visto o ascoltato una protesta coerente alla gravità del fatto,

INTERVIENE L'UNICEF con la seguente dichiarazione

Dichiarazione del Presidente dell'UNICEF Italia Antonio Sclavi: «Suscita sdegno e viva preoccupazione la notizia delle due bambine Rom di 1 e 3 anni, rinchiuse in una gabbia assieme alla madre durante un'udienza svoltasi giovedì scorso presso la Corte di Appello del Tribunale di Napoli.

Ritengo ingiustificabili comportamenti così lesivi dei diritti dei bambini, ancora più gravi perché avvenuti nel nostro paese e auspico che a simili episodi facciano seguito provvedimenti efficaci da parte delle autorità competenti.

Non bisogna dimenticare che fenomeni di questo tipo, oltre ad offendere la dignità dei minori, possono causare loro anche gravi traumi psicologici.

Mi auguro che tutto ciò induca il paese a una riflessione che riconosca la necessità di ampliare il sistema di garanzie dei diritti, istituendo al più presto il Garante nazionale per l'infanzia e i Garanti regionali (ove ancora non istituiti)con il compito di tutelare i diritti dei bambini in tutto il territorio, attraverso un continuo ed attento monitoraggio.

Occorre inoltre che gli operatori competenti in materia di giustizia e sicurezza ricevano un'adeguata formazione sui diritti dei bambini, affinché prevalga l'interesse superiore dei minori in tutte le decisioni e circostanze che li riguardano e a nessun bambino venga mai più riservato un trattamento tanto discriminante e lesivo della dignità.»

 
Di Sucar Drom (del 16/03/2007 @ 10:10:09, in Regole, visitato 1773 volte)

Invitiamo tutti alla conferenza "cittadinanze imperfette" che si terrà a Mantova il 21 marzo 2007, dalle ore 15.30, nella Sala Conferenze del Palazzo del Plenipotenziario, in piazza Sordello, 43.

Il 21 Marzo è stato dichiarato Giorno Internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale dall’Assemblea Generale delle Nazione Unite, come reazione all’omicidio di settanta dimostranti anti-apartheid a Shaperville, in Sud Africa nel 1960.

Durante la conferenza sarà presentato il libro “cittadinanze imperfette” e saranno raccontate le discriminazioni subite dalle popolazioni rom e sinte in Italia e in particolare nella Provincia di Mantova. Sarà anche dimostrato che la distinzione razziale è un’invenzione recente, legata al mito e alla superstizione e lontana dalla scienza.

La conferenza è organizzata dall'Associazione Sucar Drom, in collaborazione con Assessorati alle Politiche Sociali e Pari Opportunità della Provincia di Mantova, United Against Racism, Istituto di Cultura Sinta. L'iniziativa è all'interno delle manifestazione organizzate in Europa nella Settmana Europea Contro il Razzismo (17 - 25 marzo) e l'Anno Europeo per Pari Opportunità per Tutti.

Di seguito il programma

ORE 15.30, Fausto Banzi (Assessore alle Politiche Sociali, Provincia di Mantova), Cesarina Baracca (Assessore alle Pari Opportunità, Provincia di Mantova), Yuri Del Bar (Consigliere Comunale, Comune di Mantova).

ORE 16.00, il razzismo, tra mito e scienza di Daiana Gabrieli, Diego Saccani e Manuel Gabrieli (Servizio Civile Nazionale Ente Morale Opera Nomadi Mantova).

ORE 16.30, cittadinanze imperfette di Nando Sigona (Oxford University, OsservAzione).

ORE 17.15, le discriminazioni di Carlo Berini (Istituto di Cultura Sinta).

Dibattito e conclusioni

Per informazioni
Associazione Sucar Drom
via don Enrico Tazzoli n. 14, 46100 Mantova
telefono 0039 0376 360643, fax 0039 0376318839
e- mail: sucardrom@sucardrom.191.it

Riferimenti cittadinanze imperfette

 

 
Di Fabrizio (del 26/03/2007 @ 09:17:00, in Regole, visitato 2722 volte)

Da Roma_Daily News

Canadian Press - Updated: Fri. Mar. 23 2007 3:19 PM ET

CALGARY - L'essere nato in Canada non aiuterebbe il figlio di una Rom rumena, attualmente in carcere per furto nello stato di Alberta.

Secondo un portavoce della Canadian Border Services Agency, il bambino, che probabilmente nascerà nel Centro Detenzione di Calgary, sarà deportato assieme a sua madre una volta emessa la sentenza.

"Faremo tutto il possibile," conferma Lisa White. "Il bambino sarà un cittadino canadese, e vogliamo che la famiglia resti unita."

"Ma se riuscissero ad estradare una persona con un bambino che è cittadino canadese, sarebbe meglio se fossero estradati assieme. Il bambino andrà con la madre."

La madre-in-attesa, con altre tre donne e due uomini, è accusata di furto in un negozio di liquori a Calgary gennaio scorso. Un video li riprende mentre alcuni di loro distraevano i commessi, e gli altri si impossessavano della merce.

Ancuta Sardaru, Luliana Boana, Aurora Ciuciu e Viorel Chiciu sono stati condannati a tre mesi di prigione, mentre Illeana Miclescu e Lucian Poenaru Miclescu hanno ottenuto una pena aggiuntiva di un mese. Anche una ragazza di 17 anni è stata accusata e il suo caso è stato discusso venerdì al tribunale minorile. Il suo caso verrà giudicato il 19 aprile.

Anche se  la Canadian Border Services Agency intende emettere un decreto d'espulsione, il caso potrebbe essere dilazionato. Il gruppo aveva richiesto lo status di rifugiati a causa della loro origine zingara, ed ogni decreto d'espulsione può essere appellato.

"Una volta emessa la sentenza e se altre città non hanno carichi pendenti contro di loro, possiamo espellerli," spiega Lisa White.

"48 ore dopo che li abbiamo presi in custodia, loro hanno diritto ad appellarsi all'Immigration and Refugee Board,  che determinerè il destino di queste persone."

Il gruppo ha altri capi di accusa, incluso qualcuno a Winnipeg. "Non sono sicura del numero esatto di accuse, ma... se Winnipeg lo richiede, dovremo farli giudicare anche lì," dice Const. Pat Chabidon, notando che i crimini di cui sono accusati sono simili a quelli di Calgary. [...]

La "deportazione" di un bambino figlio di rifugiati non è fuori dall'ordinario, dice Stephen Jenuth, avvocati di Calgary già coinvolto in altri casi simili.

"Il bambino nato in Canada ha il diritto di restare in Canada, ma dev'esserci qualcuno che ne sia il garante," dice Jenuth, che è anche presidente dell'Associazione Libertà Civili dell'Alberta.

Un sacco di cose potrebbero entrare in gioco nel determinare una decisione in un senso o nell'altro.

"Il bambino rimarrà cittadino canadese e potrebbe non essere deportato perché non avrebbe alcuno status in Romania," dice Jenuth.

"Cosa succederebbe a questo bambino al suo arrivo? Dipende dalla legge rumena. Può dare la cittadinanza ad un bambino nato in altri stati?"

E' probabile che la Canadian Border Services Agency  possa ordinare una deportazione condizionale, che diverrebbe effettiva se la richiesta di rifugio fosse archiviata, dice Jenuth.

[...]

 
Di Fabrizio (del 28/03/2007 @ 10:34:27, in Regole, visitato 2570 volte)
Un paio di giorni fa, il padre della famiglia Mogos, Marin Mogos, si è suicidato per strangolamento nel centro di transito dell'aeroporto di Bucarest. Nel 1990. a seguito dei disordini per la caduta del dittatore Ceausescu, la sua famiglia fuggì in Germania. I Mogos, assieme ai loro tre figli, chiesero di rinunciare alla cittadinanza rumena e diventarono apolidi.

A seguito del rifiuto della loro richiesta d'asilo e del successivo procedimento al tribunale di Wiesbaden, la famiglia venne espulsa in Romania nel 2002. Per paura di rappresaglie in Romania, la famiglia rifiutò di entrare in Romania e da allora finirono in quella terra di nessuno del centro di transito. Il cibo e le medicine erano insufficienti (Mogos soffriva di diabete). Tutta la famiglia ha sofferto di depressione e stati di paura. La figlia maggiore ha probabilmente lasciato il centro di transito nel frattempo. L'insostenibile situazione a portato Mogos al suicidio.

Questo tragico evento mette un'ombra nella tanto celebrata entrata di Romania e Bulgaria nell'Unione Europea e pone il fatto che nell'Unione Europea ci sono cittadini di seconda classe - senza stato, che formalmente erano cittadini rumeni. Persone che, per ragioni consce e comprensibili, non vogliono più essere cittadini di Romania e rifiutano di ritornarci, mentre hanno paura di perdere la possibilità di rimanere in Germania, dove si sono integrati.

Persone, che pure loro integrati in Germania e ancora apolidi, ma che hanno richiesto la loro rinaturalizzazione sono parimente minacciati di deportazione in Romania. A loro viene risposto che la rinaturalizzazione può avvenire in Romania. Molti anni di vita in Germania, la nascita e la crescita dei bambini e il terminare di un'integrazione di successo sono totalmente ignorati.

Come ex cittadini rumeni, i Rom apolidi sono effettivi cittadini dell'Unione Europea. La burocrazia tedesca nondimeno adopera lo status di apolide per farne cittadini di seconda classe ed escluderli dalla libertà di movimento come diritto fondamentale nella EU. Il governo rumeno presta la sua assistenza a questa procedura.

Förderverein Roma e. V. si rammarica profondamente per la tragica morte di Marin Mogos  e condanna fermamente l'ignoranza e l'attitudine inumana delle autorità tedesche.

Förderverein Roma e. V.
Stoltzestraße 17
60311 Frankfurt am Main
00 49 69/440123
foerderverein. roma@t-online. de

 
Di Fabrizio (del 31/03/2007 @ 17:30:58, in Regole, visitato 3145 volte)

Da Mundo_Gitano

Dichiarazione del Parlamento Catalano sul riconoscimento della persecuzione e genocidio dei Rom

Letta nella Sessione Parlamentare del 29 marzo

L'articolo 607 del Codice Penale richiama la punizione del crimine di genocidio per "quanti, con l'intenzione di totale o parziale distruzione di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso [...], ne uccidono uno o più membri [...], assoggettano il gruppo o i suoi componenti a condizioni d'esistenza che mettono la loro vita in pericolo o grave stato di salute [...], portano il gruppo o i suoi membri alla dispersione, l'adozione di qualsiasi misura che restringe il loro modo di vita o la riproduzione, od attraverso lo spostamento forzato dei componenti da un gruppo all'altro".

Occorre tener conto dei seguenti fatti storici:

- Tra il 1499 e il 1783 il quello che oggi è il territorio di Catalonia, furono approvate almeno una dozzina di leggi che proibivano l'identità e i segni culturali della comunità Rom, allo scopo di assimilarli forzatamente o della loro sparizione come popolo. Le ragioni proprie di questi testi legali si basavano sull'idea di costruire e consolidare uno stato unificato con una propria egemonia culturale durante questo periodo, rendendo le differenze inattendibili e mettendo in discussione il potere stabilito. Il risultato fu la sostituzione di una lunga coesistenza tra culture e religioni di popolazioni numericamente diverse tra loro, col fanatismo e la repressione.

- La Corona catalano-aragonese pure seguì questa politica anti-Rom, inizialmente con l'espulsione della comunità Rom, che si evolse poi nell'assimilazione forzata dei sui membri, passando attraverso la schiavitù e la persecuzione criminale dei Rom e dei suoi simboli storici (linguaggio, vestiti, occupazioni, residenza e mobilità tra gli altri).

- Causa una mancanza nel manuale lavorale, dopo l'espulsione degli Arabi, l'oppressiva persecuzione e le politiche di assimilazione furono modificate così che la comunità Rom  fosse considerata come possibile forza lavoro, specialmente per lavori in campagna. D'altra parte, la residenza dei Rom continuò ad essere limitata e vennero applicate misure discriminatorie, con l'obiettivo di eliminare l'identità Rom.

- La repressione raggiunse una scala più vasta e crudele il 30 luglio 1749 con "Il Grande Raid". Durante il regno di Fernando IV venne emesso un ordine reale per imprigionare tutti i Rom nei diversi territori, senza riguardo all'età, sesso o salute. E' stato documentato che almeno nove milioni di Rom vennero imprigionati o furono mandati ai lavori forzati in miniera o negli arsenali, dove molti di loro perirono.

- Visto che con nessuna delle misure applicate portarono alla sparizione della comunità Rom, al tempo di Carlo III furono applicate politiche di integrazione con lo scopo dell'assimilazione culturale, che includeva la perdita del loro linguaggio e la sedentarizzazione forzata.

- Nel XX secolo, con la Guerra Civile e la seguente dittatura di Franco, si intensificò l'intolleranza verso la comunità Rom. La loro lingua venne nuovamente proibita e fu considerata come un gergo deliquenziale, contro cui applicare la legge sul pericolo sociale. Resta da dire che il Regolamento della Guardia Civil incluse due articoli apposta sui Rom, che violavano la presunzione d'innocenza. Nel contempo, tanto l'Amministrazione come pure istituzioni religiose e caritatevoli finanziarono programmi dedicati ad insegnare ai Rom a non essere Rom.

- Con la promulgazione della Costituzione Spagnola terminò la discriminazione legale, con l'articolo 14 che riconosce che tutti i cittadini Spagnoli sono uguali di fronte alla legge, senza differenza di nascita, sesso, opinioni religiose o qualsiasi altra condizione personale o sociale. Lo stesso articolo 14 della Costituzione ha ispirato leggi che promuovono azioni affermative destinate a particolari gruppi sociali, basate sul principio di eguaglianza delle opportunità attraverso il trattamento differenziale di quanti siano differenti per garantire l'eguaglianza.

Considerando le conseguenze economiche, sociali e culturali di tutte le leggi anti-Rom che si sono susseguite nei secoli e che continuano a pesare sulla società odierna e che sono in larga parte la causa dell'ineguaglianza dei Rom.

Il Parlamento Catalano:

  1. Dichiara e riconosce che i Rom che vivono in Spagna, e specificatamente in Catalonia, sono stati vittime di un genocidio storico e continuato.
  2. Deplora le leggi razziste ed anti-Rom che hanno guidato le istituzioni catalane e tutte quelle situazioni che hanno prodotto trattamenti discriminatori e la vulnerabilità della comunità Rom attraverso la storia.
  3. Promette di lavorare per l'applicazione di politiche inclusive, effettive e determinate con l'obiettivo di raggiungere all'eguaglianza delle opportunità per i membri della comunità Rom in Catalonia ed il riconoscimento ed il mantenimento dei segni della sua cultura ed identità, secondo le risoluzioni 1045/VI e 1046/VI del Parlamento,  le menzionate risoluzioni del governo, l'articolo 42.7 dello statuto autonomista e la Direttiva EU 2000/43/CE, riguardo all'applicazione del principio di pari trattamento degli individui, senza differenza di origine razziale o etnica.

Palazzo del Parlamento, 29 marzo 2007

 
Di Fabrizio (del 02/05/2007 @ 09:49:10, in Regole, visitato 2170 volte)

Da Romanian_Roma

Il 26 aprile 2007 il Tribunale Europeo per i Diritti Umani si è espresso su due casi riguardo i pogroms anti-Rom che ebbero luogo in Romania agli inizi degli anni '90. Il governo rumeno porta la responsabilità di aver infranto diversi articoli della Convenzione Europea sui Diritti Umani, ed ha rimediato pagando considerevoli somme per i danni ed i costi affrontati dai richiedenti, oltre ad intraprendere misure volte al miglioramento delle loro condizioni di vita e delle relazioni interetniche. [...]

Gergely contro la Romania, il primo dei due casi affrontati, riguarda gli incidenti in cui venne dato fuoco a diverse case rom del villaggio di Casinu Nou, nel distretto di Harghita, e le famiglie rom costrette a lasciare il villaggio. Il secondo caso, Kalanyos ed altri contro la Romania, tratta di un incidente simile avvenuto il giugno 1991 nel vicino villaggio Plaiesii de Sus. A seguito del brutale pestaggio di due Rom, un non-Rom era morto, di conseguenza 28 case rom erano state sistematicamente distrutte e le famiglie cacciate dal villaggio. In entrambe i casi, le autorità locali erano state assenti o avevano partecipato attivamente agli attacchi. Le investigazioni ufficiali furono superficiali, mancarono di indicare le responsabilità degli individui colpevoli o provvedere indennizzi alle vittime. [...]

Con una procedura raramente adoperata, il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha isolato questi due casi sulla base delle dichiarazioni del governo rumeno che contengono una serie di ammissioni: i suoi agenti, difatti, sarebbero colpevoli di infrazione dell'art. 3 (proibizione della tortura), art. 6 (diritto ad un equo processo), art. 8 (rispetto dell'individuo e della vita familiare), art. 13 (diritto ad un indennizzo effettivo) ed art. 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea. Il governo ammette di "aver mancato di investigare per chiarire pienamente le circostanze che portarono alla distruzione delle case e dei possessi dei richiedenti, cosa che li ha portati a vivere in condizioni improprie, rendendo loro difficile la richiesta di azione civile per i danni patiti, come pure l'esercizio del loro diritto alla casa, alla vita privata e familiare." Inoltre, il governo esprime rincrescimento per il fatto che "mancarono i rimedi per la protezione dei diritti dei richiedenti, quando cercarono giustizia presso i tribunali, e questo fu dovuto al fatto che erano di origine Rom".

In aggiunta, il governo intraprese una serie di misure atte a migliorare le relazioni interetniche come pure le condizioni di vita delle due comunità. Per terminare, il governo si è impegnato a pagare danni per € 133.000 alle quattro presone coinvolte nei due casi.

[...]

Rif: il caso Hadareni

 

Ricevo da Mauro Bulgarelli, senatore dei Verdi

Cari amici,

in allegato troverete la bozza di un disegno di legge da me presentato in senato - Norme in materia di soggiorno e cittadinanza dei componenti delle comunità nomadi - che sarei lieto potesse avere circolazione tra i vostri contatti. Abbiamo cercato di mettere a punto un testo volutamente coinciso, nella speranza che possa essere maggiormente incisivo e trovare referenti interessati in ambito parlamentare. Ovviamente, qualunque suggerimento che vogliate darci è ben accetto.

Cordiali saluti
Mauro Bulgarelli, senatore dei Verdi

DISEGNO DI LEGGE

di inziativa del Senatore Bulgarelli

Norme in materia di soggiorno e cittadinanza dei componenti delle comunità nomadi

Onorevoli Senatori. – La posizione giuridica delle popolazioni rom, sinte e caminanti non può essere ricondotta ed accomunata a quella degli immigrati, poiché, a differenza di questi ultimi, che provengono da una nazione che, almeno teoricamente, li esprime e li rappresenta, i primi sono popoli senza territorio, senza Stato. Per tali ragioni, il presente disegno di legge propone che le norme in materia di soggiorno e di cittadinanza tengano conto della specificità delle minoranze rom, sinte e caminanti rispetto agli immigrati e agli altri stranieri, e, in particolare, che siano previste agevolazioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana per il minore nomade nato in Italia, rispetto alla disciplina vigente dettata in via generale per gli stranieri, nella cui nozione non rientrano i nomadi. I Rom, Sinti e Caminanti presenti in Italia sono circa 150 mila, segnando una concentrazione nettamente inferiore a quella di altri paesi europei. Di questi, meno della metà hanno già la cittadinanza italiana. I Rom provenienti dall'est europeo sono circa 80.000 e sono giunti in Italia prevalentemente dal 1967 in poi. Tra i Rom provenienti dai paesi dell'Est i rumeni sono particolarmente numerosi e la loro presenza è in crescita. I Rom, Sinti o Caminanti presenti nel nostro paese (spesso da decenni) ma senza cittadinanza italiana sono almeno 60.000, prevalentemente i Rom Khorakhanè e Rom Dasikhanè (o Rom serbi: cristiani e ortodossi) oltre ai già citati rumeni. Molti degli appartenenti a queste comunità ormai non sono più "nomadi" in senso stretto da diverse generazioni ed è quindi contraddittorio considerarli sbrigativamente - come di fatto fa la normativa italiana - semplici cittadini stranieri. Anche i nuovi arrivi, peraltro, hanno alle spalle lunghe tradizioni di inserimenti abitativi tradizionali. La mancanza della cittadinanza italiana crea molti problemi proprio nel percorso di inserimento sociale, soprattutto dei minori. I (pochi) Rom che hanno acquisito la cittadinanza italiana lo hanno fatto o perché da bambini sono stati riconosciuti come figli di un cittadino italiano o perché, raggiunti i 18 anni di età, hanno richiesto e ottenuto la cittadinanza. Oggi questa seconda strada si è fatta molto più difficile: non solo la cittadinanza va chiesta dopo i 18 anni e prima di compiere i 19 anni, ma perché vi sia il riconoscimento è necessario che essi dimostrino di essere nati in Italia, di non aver mai abbandonato il territorio nazionale, e che la loro residenza sia stata sempre legale ovvero, con una interpretazione piuttosto rigida, che i genitori abbiano sempre avuto il permesso di soggiorno. Il risultato di questa situazione, in relazione ai percorsi di scolarizzazione, è che quanti hanno fatto il tradizionale percorso scolastico, compiendo i 18 anni, rischiano, se non hanno cittadinanza o permesso di soggiorno, di non avere il riconoscimento dei titoli di studio e - se non hanno ancora portato a compimento il ciclo di studi - di considerare seriamente la prospettiva di un loro abbandono. Non mancano attualmente, anche a livello regionali, proposte ed iniziative per favorire l'accoglienza e integrazione di queste comunità, a partire dal riconoscimento al diritto sia alla stanzialità che al nomadismo. L'accesso all'istruzione e alla casa, l'inserimento nel mondo del mondo sono tutti aspetti fondamentali di un processo che deve essere condiviso e partecipato dai cittadini, dalle comunità nomadi e dalle istituzioni ma che rischiano di trovare ostacoli concreti e normativi. Per l'accesso ai bandi per l'edilizia popolare, ad esempio, si dà, doverosamente e giustamente, priorità agli sfrattati. Ma se un rom non ha la residenza non può risultare sfrattato. La creazione e il miglioramento di aree di sosta attrezzate può trovare ostacoli nelle comunità locali, trattandosi di permanenza, sul territorio, di cittadini stranieri in alcuni casi sprovvisti di permessi di soggiorno. Allo stesso modo, l'ammissione a corsi di formazione professionale trova un limite nell'assenza dei permessi di soggiorno. Nell'aprile 2006 l'Italia è stata richiamato dall’Unione Europea per violazione della Carta sociale europea revisionata in merito alle condizioni abitative di Rom e Sinti sul territorio italiano ma una politica inclusiva efficace, rispetto a quella contrassegnata da una logica di esclusione, non favorisce solamente chi è “nuovo cittadino”. Essa accresce la qualità generale della vita sociale, compresa la sicurezza di tutti i cittadini; ciò è possibile soprattutto se si sposta l’accento sulla partecipazione e, quindi, sulla cittadinanza, che al riconoscimento dei diritti connette anche il rispetto dei doveri sanciti dalle leggi. In vista della riforma della cittadinanza e delle norme che ne regolano l'acquisizione, il presente disegno di legge parte proprio da questi elementi di fondo su cui costruire le basi effettive su cui consolidare, di conseguenza, le azioni per una politica inclusiva efficace , nel rispetto delle differenze , verso le popolazioni rom, sinti e caminanti, per segnalare la specificità della loro identità culturale e la peculiarità dei problemi ad esse collegati.

DISEGNO DI LEGGE

Norme in materia di soggiorno e cittadinanza dei componenti delle comunità nomadi

Art. 1

1. Fatte salve le disposizioni generali di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, gli appartenenti alle popolazioni rom , sinti e caminanti possono ottenere il permesso di soggiorno dopo due anni di permanenza documentata e regolare in Italia .

2. Nelle more della revisione delle norme sulla cittadinanza di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, gli appartenenti alle popolazioni rom , sinti e caminanti residenti in Italia da almeno dieci anni ed in possesso della carta di soggiorno rilasciata ai sensi dell’articolo 9 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, possono richiedere la cittadinanza italiana.

3. I minori rom, sinti e caminanti nati in Italia acquistano automaticamente la cittadinanza italiana ai sensi della lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotta dal comma 4 del presente articolo.

4. Dopo la lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è aggiunta la seguente: "b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori appartenenti alle minoranze rom, sinte e caminanti ed in possesso di carta di soggiorno".

 
Di Fabrizio (del 21/06/2007 @ 00:20:16, in Regole, visitato 1416 volte)

20 giugno 2007 - LETTERA APERTA ALLA CITTADINANZA E ALLE ISTITUZIONI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Acli, Arci, Caritas Ambrosiana, Casa della Carità, Cgil, Cir, Cisl, Consorzio Farsi Prossimo , Naga e Uil

La situazione in Italia

La condizione dei richiedenti asilo in Italia è molto critica. La mancanza di una legge sulla tutela del diritto d’asilo, pure sancita dall’articolo 10 della nostra Costituzione, ha prodotto in questi anni una situazione di estremo disagio e sofferenza per persone che sono state costrette a lasciare la propria terra e i propri affetti a causa delle persecuzioni subite.

Prima che la richiesta d’asilo venga esaminata dalle apposite Commissioni Territoriali possono passare tempi che variano sensibilmente da Commissione a Commissione: dalle poche settimane nelle Commissioni del Sud Italia ai molti mesi (quasi un anno) nella Commissione territoriale di Milano, senza contare le migliaia di domande ancora pendenti presso la cosiddetta Commissione Stralcio di Roma. Nel frattempo il richiedente asilo attende quasi un anno per vedersi rilasciare un permesso di soggiorno che consente di lavorare regolarmente.

Queste lunghe attese per la definizione della domanda di asilo determinano conseguenze gravi: oltre al disagio derivante dal protrarsi di una condizione di incertezza e spesso di vera e propria indigenza, risultano evidenti le difficoltà di inserimento socio-lavorativo, dovute principalmente ai lunghi tempi di attesa per l’ottenimento di un permesso di soggiorno che consente di lavorare regolarmente.

Desta, inoltre, preoccupazione il ricorso al trattenimento dei richiedenti asilo all’interno dei Centri di Identificazione in modo sempre più generalizzato: la scarsa possibilità di uscita diurna (come è evidenziato dal numero bassissimo di autorizzazioni all’allontanamento dai centri) configura una privazione della libertà personale non soggetta al controllo dell’autorità giudiziaria. Il fatto che nella medesima area (ad esempio in via Corelli a Milano) sorgano centri dalle finalità molto diverse provoca, infine, il concreto rischio che si verifichi nei fatti una assimilazione sostanziale e del tutto impropria dei centri per richiedenti asilo con i Centri di Permanenza Temporanea (strutture destinate all’esecuzione delle espulsioni).

La situazione a Milano

La città di Milano si è trovata recentemente a dover affrontare l’afflusso consistente di profughi del Corno d’Africa, la maggior parte dei quali è titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Queste persone giungono quasi interamente dalle regioni meridionali, dove sono sbarcati fortunosamente, dove sono stati accolti (in massa) temporaneamente e dove, a tempo di record, è stata loro concessa una protezione umanitaria, anch’essa temporanea.

Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) non solo non è dotato di posti sufficienti in accoglienza, ma non è neanche in grado di valutare la portata di questi flussi, di individuarne le provenienze dalle Commissioni Territoriali meridionali e di coinvolgere strutture sia pubbliche che private esterne allo SPRAR che, in questa fase, possono fornire un supporto ad un sistema inadeguato.

Il compito di segnalare le presenze al Servizio Centrale dello SPRAR spetta alle Prefetture (su indicazione della Questura che ha accolto la richiesta di asilo), ma a Milano questo sistema non sembra funzionare: i richiedenti asilo non vengono adeguatamente informati sui loro diritti, attendono a lungo la convocazione presso la Commissione Territoriale e, dopo l’audizione, attendono ancora molti mesi per conoscere l’esito della richiesta.

Soltanto pochi richiedenti asilo, che si rivolgono direttamente agli sportelli del Comune o alle organizzazioni più visibili sul territorio riescono ad inserirsi nello spazio angusto del Sistema di protezione, mentre la maggior parte di essi cerca rifugi di fortuna, caratterizzati da condizioni igieniche preoccupanti, o si accampa nei pressi dei parchi cittadini: al momento ci sono circa 100 profughi, prevalentemente sudanesi, lungo la ferrovia dello Scalo Romana, mentre più o meno cinquanta persone, in prevalenza eritrei, dormono lungo i binari del tram, tra le aiuole dei bastioni di Porta Venezia. E’ oltretutto molto probabile che nel giro di pochi mesi il numero di profughi accampati in questi luoghi aumenti, per via dell’incremento degli sbarchi nelle coste meridionali nel periodo estivo.

L’Italia oggi non è come in passato un Paese di transito di rifugiati, ma di insediamento a più lungo termine. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato le nostre organizzazioni intendono richiamare l’attenzione della cittadinanza sulle condizioni di vita di queste persone, sollecitando al tempo stesso le istituzioni centrali e locali a procedere con urgenza verso:

1. LA RAPIDA APPROVAZIONE DI UNA LEGGE ORGANICA SUL DIRITTO D’ASILO;

2. LA RIDUZIONE DEI TEMPI DI ATTESA, ANCORA TROPPO LUNGHI, PER LA CONVOCAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO IN COMMISSIONE E PER LA RISPOSTA ALLA DOMANDA DI ASILO (PROCEDURE PIÙ CELERI E TRASPARENTI) ;

3. L’AUMENTO DEI POSTI IN ACCOGLIENZA PREVISTI DAL S.P.R.A.R. NONCHÉ UN PROGRAMMA EFFICACE DI ACCOGLIENZA E DI INTEGRAZIONE SOCIO-LAVORATIVA GESTITO A LIVELLO LOCALE, MA COORDINATO, MONITORATO ED ADEGUATAMENTE FINANZIATO A LIVELLO CENTRALE DAL MINISTERO DELL’INTERNO E ANCI;

4. UN MAGGIOR COORDINAMENTO TRA ENTI LOCALI E PRIVATO SOCIALE PER FACILITARE PERCORSI DI ACCOGLIENZA E DI INSERIMENTO SOCIO-LAVORATIVO RIVOLTI A RICHIEDENTI ASILO, RIFUGIATI E TITOLARI DI PORTEZIONE UMANITARIA.

Acli

Arci

Caritas Ambrosiana

Casa della Carità

Cgil

Cir

Cisl

Consorzio Farsi Prossimo

Naga

Uil

 
Di Sucar Drom (del 09/07/2007 @ 09:42:23, in Regole, visitato 1787 volte)
Si torna a parlare di Rom e Sinti a palazzo Ferro-Fini. La commissione cultura del Consiglio regionale Veneto, presieduta da Daniele Stival, ha, infatti, iniziato l'esame di due proposte di legge sull'argomento.

La prima e' firmata dal gruppo della Lega Nord e consiste in un unico articolo che chiede l'abrogazione dell'attuale normativa regionale (legge 54 del 1989 -http://www.sucardrom.eu/regionale.html#veneto-) che regolamenta la presenza dei campi nomadi nei comuni veneti. La seconda proposta, primo firmatario Raffaele Zanon (An), oltre ad abrogare la legge in vigore propone una serie di norme che intendono affrontare la nuova situazione venutasi a creare, in fatto di presenza di nomadi, con l'allargamento dell'Unione Europea a paesi dell'Europa orientale come Romania e Bulgaria.

Il progetto propone una serie di regole che dovranno essere osservate dalle comunità Sinte e Rom che intendono usufruire delle aree comunali: fare richiesta di sosta al comune interessato esibendo validi documenti di identità, versare una cauzione che verrà restituita al termine dell'utilizzo dell'area, contribuire alle spese per l'erogazione di acqua corrente potabile ed energia elettrica, registrare la presenza dei minori soggetti all'obbligo scolastico, rispettare le norme di igiene e pubblica sicurezza. In poche parole un cosiddetto “patto di solidarietà e legalità”.

I Comuni dal canto loro provvederanno alla realizzazione delle aree e, in accordo con gli uffici scolastici, ad adottare le iniziative idonee a favorire l'inserimento dei minori nella scuola materna e dell'obbligo vigilando sulla regolare frequenza scolastica. Sempre a tutela dei minori la proposta di legge stabilisce una serie di attività (sperimentazioni didattiche e programmi di sensibilizzazione) da affidare ai Comuni soprattutto per contrastare l'abbandono scolastico dei bambini in modo da evitare il loro sfruttamento in attività illegali o, comunque, non educative.

 
Di Fabrizio (del 01/08/2007 @ 10:00:49, in Regole, visitato 1917 volte)

Lo scorso 29 aprile, il Quarto Tribunale Municipale di Belgrado ha trovato Aleksandar Nikolić, guardia della sicurezza del club "Acapulco" di Belgrado, colpevole di aver proibito l'accesso a tre cittadini Rom: Zorica Stojković, Petar Antić e Ljutvija Antić, solo sulla base della loro etnia. La Corte gli ha commutato sei mesi di prigione, e una sospensione di due anni. Il secondo accusato, Aleksandar Sabo, è stato prosciolto da tutte le accuse.

La decisione della Corte è stata accolta con favore da European Roma Rights Centre (ERRC) di Budapest, Minority Rights Centre (MRC) ed Humanitarian Law Centre (HLC) di Belgrado, che avevano compilato le accuse contro Aleksandar Nikolić e Aleksandar Sabo. Le tre organizzazioni hanno rappresentato le vittime nel procedimento legale che è seguito.

I querelanti hanno fatto parecchi tentativi di entrare nel club, ma ogni volta la guardia di sicurezza ha risposto che occorreva una prenotazione o una tessera. Questo ha portato HLC e MRC a condurre un test il 25 luglio 2003, che ha provato senza ombra di dubbio la discriminazione contro questi Rom nel loro diritto di accedere agli spazi pubblici.

Il test consiste nel creare ad hoc una simulazione per dimostrare la differenza di trattamento. Nel primo caso il gruppo era composto da Rom, mentre il secondo da non-Rom. Tutti i partecipanti al test erano vestiti propriamente e l'unica differenza tra loro consisteva nel colore della pelle. Al primo gruppo le guardie hanno chiesto se avessero una prenotazione, senza la quale non era possibile entrare. Il secondo gruppo è invece entrato senza nessuna contestazione.

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