Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 22/03/2014 @ 09:03:03, in Kumpanija, visitato 2051 volte)

Piùculture.it - Sandra Fratticci (12 marzo 2014)

L'incontro pubblico Essere Romni: donne Rom ora e qui, ideato da Saška Jovanović Fetahi, presidente dell'Associazione Romni, in collaborazione con l'Associazione LIPA per promuovere una piattaforma comune con le reti delle donne e le associazioni che rifiutano la discriminazione

"Noi donne rom siamo discriminate 3 volte: perché donne, perché rom, perché straniere. Nasce da qui l'esigenza di tessere una rete tra tutte le donne rom e sinti: solo unite possiamo vincere e cambiare il nostro futuro". Saška Jovanović Fetahi è molte cose: un ingegnere energetico che in Kosovo era a capo di 12 uomini, mamma di tre splendidi bambini, imprenditrice che ha dato vita ad un'azienda di import-export, presidente dell'associazione Romni Onlus, fellow 2014 dell'Open society foundations romani women's fellowship.
Sabato 8 marzo nella sala convegni del CESV- Centro servizi per il volontariato del Lazio - di donne come Saška ce ne sono molte, che investono su sé stesse e lottano per l'emancipazione facendo i conti con una duplice discriminazione: da parte della società italiana, ma anche della stessa comunità alla quale appartengono.

"Oggi la comunità rom conta in Italia circa 150.000 - 160.000 persone" spiega Concetta Sarachella dell'associazione Ticane Asiem Onlus: "Per secoli c'è stata una discriminazione di genere che ha relegato la donna nell'invisibilità dell'assistenza familiare e tuttora in alcune realtà le donne non possono uscire dal campo senza la supervisione della suocera o della figura femminile incaricata della loro tutela, poche riescono a raggiungere alti gradi di istruzione e molte famiglie non consentono di accettare lavori altri rispetto a quelli tradizionali all'interno delle comunità". Il prezzo dell'emancipazione è l'esclusione: una donna che non si conforma ai ruoli classici è destinata nella maggior parte dei casi a restare single.

La discriminazione da parte della società italiana non è meno feroce: "Senza la cittadinanza come farò a trovare lavoro e costruirmi un futuro?" domanda al Presidente della Repubblica la 18enne Brenda, nata e cresciuta in Italia, all'interno del video Sono solo una ragazza. "Abitiamo in dei container due metri per quattro, è tutto grigio e recintato, pieno di fango" prosegue la 15enne Pamela "Ci credo che non ho amici, nemmeno io la vorrei un'amica che abita in un posto così brutto".



"Non possiamo aspettare che gli altri ci riconoscano le nostre prerogative, dobbiamo agire e alla fine gli uomini ci correranno dietro" dichiara Dijana Pavlović, artista impegnata dal 2008 in politica, annunciando la presentazione, il prossimo 8 aprile, di una campagna per una legge di iniziativa popolare volta al riconoscimento della minoranza rom e sinti.

"Noi viviamo una grande crisi di identità: abbiamo comunità quasi analfabete, una percentuale del 93% di disoccupazione. Crescere i nostri figli orgogliosi della propria identità vuol dire mantenere il nostro popolo... pulito. Riconquistare una cultura e una storia che si stanno perdendo dopo tanti anni di vita nei campi. Altrimenti tutte le nostre battaglie si ridurranno soltanto ad ottenere un appartamento o un lavoro".

"Ci incontreremo nelle prossime settimane per realizzare progetti volti a dare voce e rispetto a tutte le donne" assicura Daniela Tiburzi, presidente Commissione delle elette del Comune di Roma e anche l'europarlamentare Silvia Costa, che non ha potuto prendere parte all'incontro, si dice disponibile al confronto. Un altro passo verso l'emancipazione è stato compiuto?

Visita il profilo facebook di Rowni Italia - gruppo di donne rom e sinti

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Di Fabrizio (del 23/03/2014 @ 09:08:49, in casa, visitato 1709 volte)

di Riccardo Noury

Miriana Halilovic è una cittadina italiana, italianissima. Ha due gemelle nate l'estate scorsa e altri due figli, di quattro e 11 anni. Sgomberata nel 2010 dal Casilino ‘900, vive nel campo di Salone con la famiglia in una roulotte composta da due piccole stanze da letto e un vano per cucinare e mangiare. Ha fatto domanda per uno degli alloggi popolari del comune di Roma.

Come Miriana, molti dei circa 4300 rom residenti nei campi autorizzati di Roma hanno presentato quella domanda. Invano. Dei 50.000 nuclei familiari che vivono nelle case popolari della capitale, lo 0,02 per cento sono rom.

Stanno bene come e dove stanno, direte. Eppure, la stragrande maggioranza del rom incontrati da Amnesty International negli ultimi anni ha detto di averne abbastanza della vita nei campi. Vorrebbe, come chiunque, una casa degna di quel nome. Per avere un futuro, perché - come dice Kinta del campo di Castel Romano (nella foto) - "qui dentro non c'è futuro, c'è spaccio di droga, tossicodipendenza. Qui non c'è vita".

Nonostante le loro povere condizioni di vita, fino al 2012 i criteri per dare priorità alle domande di alloggio popolare hanno impedito ai rom di accedervi. Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o sgomberati forzatamente da questi ultimi.

Alla fine di quell'anno è stato introdotto un nuovo criterio per dare priorità alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio ed erano ospitate a titolo provvisorio in strutture fornite da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, la giunta Alemanno si è affrettata a chiarire, con una apposita circolare, il 18 gennaio 2013, che quel criterio non si applicava nei loro confronti, in quanto i "campi nomadi" erano strutture "permanenti" e non "provvisorie".

Poi ci sono state le elezioni e si è insediata la giunta Marino. Gli sgomberi dei campi informali sono proseguiti, accanto a dichiarazioni pubbliche sulla necessità di un piano per integrare le comunità rom.

In un incontro avuto in Campidoglio il 28 ottobre 2013 con Amnesty International, l'assessora alla solidarietà sociale e alla sussidiarietà Rita Cutini ha dichiarato il suo impegno a ritirare la circolare discriminatoria. Amnesty International ha espresso pubblicamente il suo apprezzamento per queste parole.

Sono passati cinque mesi e la circolare rimane in vigore. Non solo. Il sindaco Marino non ha neanche ritenuto necessario rispondere a una lettera di Amnesty International ricevuta ormai più di un mese fa (qui il testo integrale).

È bene chiarire un paio di cose. Amnesty International non intende sollecitare una corsia preferenziale per i rom che chiedono di poter accedere alle graduatorie per l'assegnazione delle case popolari; chiede che non ne siano esclusi per la semplice ragione della loro origine etnica.

Va anche detto che tutelare il diritto all'alloggio per tutti - un obbligo internazionale per l'Italia come per ogni altro stato - è una sfida complessa, anche perché il patrimonio immobiliare di proprietà pubblica nel nostro paese si è progressivamente ridotto: il 5 per cento del patrimonio immobiliare complessivo, rispetto al 23 per cento in Austria e al 32 per cento in Olanda.

Le liste d'attesa sono infinite. Al ritmo attuale di 250 assegnazioni all'anno, per assegnare gli alloggi a tutti i richiedenti, l'ultimo oggi in graduatoria l'otterrebbe tra 117 anni.

Dunque, per risolvere il problema degli alloggi a Roma, senza discriminare poche centinaia di famiglie rom, il Comune di Roma dovrebbe impegnarsi seriamente per accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un'abitazione.Rom, gli impegni non mantenuti dal Comune di Roma

[...]

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Di Fabrizio (del 24/03/2014 @ 09:09:44, in media, visitato 1960 volte)

Ne scrive una testata attenta e prolifica come Giornalettismo: nella notizia non c'è un briciolo di verità.

E, parere personale, non ci sarebbe bisogno di qualcuno che segnalasse la cosa come bufala, perché è palese. Difatti, la notizia nasce su siti che sono dichiaratamente satirici.

Essendo io una persona assolutamente non-moralista, forse dovrei pormi la domanda su quali siano i limiti della satira, ma non ci riesco proprio. Vorrei allora rivolgere a voi pigri lettori (e cercare una risposta) altri interrogativi:

  1. Perché nel 2014 qualcuno creda ancora a notizie simili.
  2. Quale sia il meccanismo che le fa circolare.
  3. Quale sia il linguaggio adoperato.

Che poi, sono tre domande collegate.

Cominciando con la prima: è ipotizzabile un livello tale di ignoranza mediatica (in un'epoca in cui le notizie si creano, circolano e muoiono a tonnellate), per cui non si distingua più il possibile dal palesemente falso? Se non è ignoranza, se non è voyerismo, QUAL E' L'UTILITA' PRATICA, TANGIBILE, DI RIPRENDERE UNA BUFALA PALESE?

La risposta che mi viene in mente è "forse" culturale: non esiste alcuna utilità pratica o strumentale, ma l'internauta-tipo con un atto così gratuito stabilisce a se stesso e ai propri lettori una specie di superiorità. Cioè GLI ZINGARI sono una categoria talmente infima, di cui si può scrivere di tutto (e il contrario di tutto, nella variabile buonista); un po' come se fossero animali o i negri nel 1800. Tanto, sarà Giornalettismo a rispondere, non gli zingari!

Il terzo punto è altrettanto interessante: un pesce d'aprile in anticipo, un commissario UE di SEL che non esiste, e sfruttare la distanza che il cittadino comune oggi sente verso l'Europa (e il politichese che contorna le su notizie) mischiandola con pregiudizi vecchi e nuovi:

  • Un aiuto concreto ai tanti Rom che usano il trasporto pubblico per poter mendicare e trovare il giusto sostentamento per una vita dignitosa...
  • Questo provvedimento continua sulla strada intrapresa dal nostro Governo in questa fase di profonda crisi...
  • dovrebbe coinvolgere più di 300 mila Rom. Per la minoranza Rom l'esenzione coprirà tutte le tratte nazionali...
  • Il nostro obiettivo - ha detto l'onorevole Beneamato - è quello di intervenire con decisione sul sistema della mobilità per rendere i mezzi di trasporto più attraenti e maggiormente fruibili...
  • E' l'Europa che ce lo chiede...

Voi, che ne pensate?

#media #bufala @giornalettismo #SEL @serbontempelli

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Di Fabrizio (del 25/03/2014 @ 09:08:45, in blog, visitato 2059 volte)

conduce Ivana Kerecki
Domenica 30 marzo alle 11,30 al mercatino libri usati in via Don Minzoni 129, SESTO SAN GIOVANNI (raggiungibile a piedi da MM1 Rondò)

Mahalla, lo sapete benissimo cos'è.

Se per caso chi legge è nuovo in queste pagine, allora l'occasione è la migliore per capire di che si tratta.

Se invece siete navigati lettori, e magari del milanese, possiamo approfittarne per scambiare due chiacchiere in tutta rilassatezza e alla fine berci assieme un aperitivo. Magari per trovare proprio quel libro usato che cercavate da anni.

Insomma, vi aspetto.

#viaidro #mahalla #sestosangiovanni

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Di Fabrizio (del 26/03/2014 @ 09:07:07, in Italia, visitato 1617 volte)

23 marzo 2014, di Dijana Pavlovic

Il Sindaco di Milano è una merda
o c'è qualcuno che ne spande troppa e ci avvelena?


Due giorni fa a un incontro con le scuole il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, viene apostrofato da un ragazzino: "Sei una merda , hai dato i soldi ai rom". Invitato sul palco da un sindaco sin troppo civile contesta Imu, ecc. e afferma: "Io sono informato". Sarebbe facile buttarla sull'ironico e dire "Magari i rom avessero preso un po' di soldi" a uno che si propone come emulo di quel De Corato che ha speso oltre 5 milioni di euro in inutili e crudeli sgomberi di rom che l'unica cosa che hanno visto sono state le ruspe sulle loro baracche o il degrado dei campi regolari abbandonati a se stessi.

Ma ci colpisce di più un'altra cosa, un atteggiamento pone una domanda inquietante. Chi lo educato a modi così "garbati", chi lo ha informato su cose non vere, qual è l'aria che respira in casa sua, o con i suoi compagni o nella sua scuola, qual è il suo orizzonte politico? Come cresce un ragazzino che con i suoi coetanei è il futuro di questa città?, e cosa fa questa città perché l'inciviltà, la maleducazione, l'ignoranza non siano il futuro di tanti suoi figli?

Il piccolo contributo che noi possiamo dare è invitare questo ragazzino in un campo (a patto che non ci venga per bruciarlo!) e fargli semplicemente conoscere i rom perché possa capire e poi giudicare.

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Di Fabrizio (del 27/03/2014 @ 09:07:44, in Italia, visitato 1459 volte)

300 giorni. Tanto è durato il governo di Enrico Letta, e con esso tutti i ministeri nati nell'aprile del 2013. Tra questi, uno dei più discussi è stato senza dubbio quello per l' integrazione, guidato da Cecile Kyenge, spesso al centro di attacchi politici e personali. Un dicastero, quello della parlamentare emiliana, che ha segnato una svolta nella storia della Repubblica italiana, in quanto primo ad essere gestito da una persona di colore. Ad un mese dal passaggio di consegne al governo Renzi, Piuculture ha intervistato in esclusiva l'ex ministro dell'integrazione per fare un bilancio del lavoro svolto e per affrontare alcuni nodi cruciali per il prossimo futuro.

Dopo trecento giorni di governo, il ministero per l'integrazione è stato soppresso, cosa ne pensa?

La scelta di avere un ministero dell'integrazione da parte del presidente Letta è stata molto coraggiosa e lungimirante, perché è andata molto avanti rispetto alla tradizione italiana che non aveva mai avuto un dicastero di questo tipo. Il segnale è stato forte e mi ha permesso di parlare al mondo intero con autorevolezza. Ha consentito all'Italia di non guardare più all'immigrazione con timore ma con l'idea di aprirsi al diverso, di porre le basi per iniziative come il servizio civile nazionale aperto agli immigrati o al dialogo interreligioso. Il ministero è stato importante anche per avere un approccio inclusivo e non esclusivo verso lo straniero. Oggi il governo non ha confermato il ministero per l'integrazione ed è un peccato, ma il mio augurio è che ci possa essere comunque una cabina di regia che funga da luogo di discussione per alcuni temi centrali sull'immigrazione. Tutto questo è fondamentale, sopratutto vista l'assenza di un modello d'inclusione italiano. Prendiamo sempre come riferimento quello statunitense o quello francese, ma dovremmo crearne uno nostro.

Una delle riforme più discusse durante il suo mandato è stata quella per lo Ius Soli. Quando riusciremo a facilitare l'accesso all'acquisizione della cittadinanza italiana?

La volontà è che avvenga il prima possibile. Spero che il progetto di legge vada avanti perché il riconoscimento della cittadinanza per i giovani è un grande strumento d'integrazione, è strettamente legato al luogo in cui loro vivono e alle tradizioni che andranno a comporre il loro bagaglio culturale e la loro identità. Il mio obiettivo dal momento in cui sono stata nominata ministro del governo Letta, è stato di riconoscere questo strumento, e a maggior ragione, ora che non ricopro più quella carica istituzionale, non mi fermerò finché non sarà approvato. I giovani sono il futuro del nostro paese e non mi basta sentir dire che i ragazzi italiani ormai sono abituati a considerare i figli degli stranieri come loro pari. Servono norme legislative che rafforzino questa idea, e lo Ius Soli deve essere la principale.

La questione sulla chiusura dei CIE sta facendo discutere, qual è il suo pensiero al riguardo?

Bisogna innanzitutto capire che tipo di politica dobbiamo mettere in campo. Quando si decide di eliminare una struttura come quella dei CIE, c'è la necessità di costruire delle alternative ai vecchi modelli di accoglienza, altrimenti si rischia di peggiorare la situazione. Guardando le persone che vivono in questi luoghi, bisognerebbe trovare dei modelli d'integrazione ad hoc per ognuno di loro. Oggi assistiamo ad una promiscuità nell'assistenza. Il 60% di loro vengono dal carcere e necessitano una soluzione diversa, come ad esempio l'identificazione fatta direttamente in carcere invece che essere effettuata nei CIE. Ci sono donne vittime della tratta, e anche con loro bisogna approcciarsi in modo specifico, così come con tutti coloro che perdono il lavoro e finiscono dentro il centro. Si devono riorientare le politiche di accoglienza, in questo modo non ci sarà bisogno di chiedersi, dove finiscono queste persone.

Adriano Di Blasi (18 marzo 2014)

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Di Fabrizio (del 28/03/2014 @ 09:05:18, in Italia, visitato 1622 volte)

Conversazioni con i rom. Incontri da intuire, da pensare, da narrare e da riscrivere
Venerdì 4 aprile h. 20.45, Libreria Popolare via Tadino 18 - Milano

Presentazione del volume Spigolare parole Rubare sguardi - Edizioni Polistampa - 2013 - pp. 249 - € 18,00
Incontro con l'autore Dimitris Argiropoulos
Con
Fabrizio Casavola - MAHALLA

"Conversare scioglie i nodi delle parole, e snoda silenzi trascorsi nei luoghi dell'esclusione, conversare veicola futuro. Conversare è dare senso ai silenzi. Conversare è intreccio di sguardi di umanità, è sentire il respiro dell'altro, è attesa per sintonizzarsi, è intesa. Conversare rende la solitudine più passionale e le restituisce unicità in quella moltitudine che resiste all'omologazione e che desidera essere letta, accolta."

A volte, parlare la medesima lingua, usare le stesse parole dell'altro, non basta a comprendersi e a conoscersi.
Perché qualcuno della lingua è padrone, altri ne sono ancora schiavi.
E perché le parole nascondono mondi, concetti, spazi e aspettative differenti.
Occorre allora, più che parlare, avere la capacità di ascoltare, di dare tempo, di bersi assieme un caffè. Non dare niente per scontato prima di rispondere.
E' la sfida di questo libro che vede, dallo stesso lato della barricata, uno studioso e chi ha sempre lottato per poter studiare.

Dimitris Argiropoulos è docente a contratto di Pedagogia all'Università di Bologna, città dove vive e lavora a partire dagli anni '80.
Educatore, si occupa di pedagogia della marginalità e delle emergenze e di pedagogia speciale. E' particolarmente interessato ai contesti della marginalità estrema relativamente alle migrazioni, alla profuganza e alle minoranze etniche. Ha condotto ricerche riguardanti le condizioni di vita e la riduzione della partecipazione e delle attività dei rom in situazioni residenziali di campi “nomadi” e ha indagato il rapporto tra immigrazione e disabilità.
Attivista e membro della Fondazione Romanì, ne coordina il Comitato Scientifico ed è coinvolto in attività di cooperazione educativa internazionale. Si occupa di schiavizzazione e traffico di esseri umani e si interessa della formazione degli Educatori di Strada.

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Di Sucar Drom (del 29/03/2014 @ 09:04:43, in media, visitato 1874 volte)

GAZZETTA DI MANTOVA I risultati dello studio dello Sportello Antidiscriminazioni. I più bersagliati sono i Rom e i Sinti

I dati raccolti nel 2013 dallo Sportello Antidiscriminazioni di Articolo 3 portano a tenere alta la guardia, perché la supremazia diretta o indiretta verso le fasce della società più deboli o indifese è sempre in agguato. Trenta i casi di discriminazione presi in esame lo scorso anno, tra cui 13 a Mantova, 11 in Italia, 4 in Lombardia e 2 sul web. Il problema di solito viene risolto con la mediazione. Soltanto in un caso, in cui è coinvolto un politico mantovano, ritenuto responsabile di discriminazione verso Rom e Sinti, si è arrivati alle vie legali. I più esposti verso intolleranza e soprusi sono proprio i cittadini Rom e i Sinti (16 casi), seguono di poco le discriminazioni etnico- razziali (13) e quelle contro la comunità Lgbt (3). Gli ambiti in cui questi 30 casi sono stati rinvenuti riguardano quello pubblico, seguito da istituzionale, lavoro, scuola e servizi. Lo Sportello ha contrastato 4 proposte di legge regionale che introducevano paletti verso gli immigrati nell'assegnazione degli alloggi popolari, nella fruizione dei servizi socio-assistenziali e nel diritto allo studio. Esaminate anche le segnalazioni di documenti e dichiarazioni discriminatorie pubblicate su Facebook: 14 i casi evidenziati (alcune pagine sono state chiuse). L'attività di Articolo 3 si allarga sempre di più. Ieri è stato sottoscritto un protocollo d'intesa antidiscriminazioni con il Comune di Cremona. Il bilancio 2013 è stato presentato dal responsabile dello Sportello, Carlo Berini, insieme al presidente Davide Provenzano con il coordinatore Emanuele Nitri. Oggi, nella sede di Te Brunetti, dalle 14 alle 20, Open Day sulle discriminazioni. Per segnalazioni 3456123932. (g.s.)

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Di Fabrizio (del 30/03/2014 @ 09:03:25, in sport, visitato 1705 volte)

Per il match contro Rubio, valido per il Mondiale dei pesi medi, il pugile romano rinuncia per protesta ai simboli dell'Italia: "E' il terzo mondiale che faccio, e sempre all'estero. Mai una parola da un ministro dello sport, la federazione non sta dalla parte dei professionisti, e neanche la tv ha acquistato i diritti. Che combatto a fare per questo paese?"
di LUIGI PANELLA su Repubblica, 28 marzo 2014

ROMA - La voce assonnata ("Qui sono le cinque e mezzo del mattino") si ravviva in un lampo quando Domenico Spada urla dal Messico tutta la sua protesta. "Salgo sul ring, ma stavolta non sventolerà nessuna bandiera italiana e non suonerà l'inno di Mameli. Stavolta combatto solo per la mia gente, salirò sul quadrato con la bandiera rom..." Sabato 5 aprile, il pugile romano di etnia rom sarà al suo terzo tentativo mondiale: i primi due, falliti per poco (il primo per un arbitraggio casalingo), contro Zbik in Germania. Ora il viaggio è ancora più lungo: il match al Gran Estadio di Ciudad Delicias, una località dello stato di Chihuahua, contro l'idolo di casa Marco Antonio Rubio. Un caso dunque. Vero che la boxe italiana a livello professionistico soffre a livello organizzativo (ci sono pochi soldi), ma va anche sottolineato che in un passato neanche troppo remoto pugili che non valgono Spada (parere dello scrivente) hanno avuto le loro chance davanti ai propri tifosi.

E allora Spada si sfoga: "Combatto all'estero, dovrei rappresentare l'Italia. Quando il match conta sono sempre costretto ad andare all'estero. Non solo. Mai una telefonata, un messaggio, una parola d'incoraggiamento da un ministro dello sport qualsiasi...". Non solo. La televisione, solitamente presente in modo dignitoso tra Rai, Mediaset e pay per view, nel coprire il panorama, stavolta... "Nessuno ha acquistato i diritti del match, quindi in Italia non mi vedranno. Ai mass media fa comodo parlare del pugile solo quando è coinvolto in qualche caso di cronaca"

Ce n'è anche per la federazione: "Ormai sta abbandonando il professionismo, se ne frega di quelli come me che fanno il vero pugilato. Il mio è un gesto di protesta contro tutto questo sistema. Dico basta, perché io perchè dovrei combattere per questo paese?". Marco Antonio Rubio, messicano dal pugno di pietra (50 incontri su 58 vinti prima del limite) è avvertito. Avrà dalla sua il pubblico, probabilmente una giuria pronta a dargli il verdetto in caso di match equilibrato. Ma avrà anche di fronte un uomo ferito, solo contro tutti, dalla grinta feroce.

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Di Fabrizio (del 31/03/2014 @ 09:07:57, in media, visitato 2230 volte)

Immagine da deviantart.net

Questo è' un post difficile da leggere, ma ancora di più da scrivere. ROMA DAILY NEWS è un blog su Wordpress, ma non solo... leggo:

    è una testata telematica quotidiana dedicata a Roma e al suo territorio. Ogni giorno una redazione giovane e dinamica alimenta una piattaforma estremamente sofisticata che permette al quotidiano online di essere tra i primi giornali del mattino a rilasciare le notizie più aggiornate.

Sta di fatto che qualche giorno fa ha sconfinato sino a Genova:

    GENOVA, RAGAZZA PICCHIA RAGAZZINA: INCASSAVA TROPPO POCHE ELEMOSINE SCRITTO DA ARRIGO D'ARMIENTO ON 29 MARZO 2014. POSTATO IN CRONACA
    Leggete questa notizia e chiedetevi se si tratta di un fatto isolato. Chissà, forse è la regola. Ma stavolta qualcuno se n’è accorto e ha provveduto, nei limiti che la legge gli consente in casi del genere...

E così conclude:

    ...Da domani ricomincerà a chiedere l’elemosina, e a prendere botte. Ma non la picchieranno più in pubblico.

Il fatto è "probabilmente" vero, resto a chiedermi perché lo debba leggere su una testata "dedicata a Roma e al suo territorio". Storie simili, STORIE DI MISERIA E DI ABIEZIONE, sono quanto di più comune accada a chi vive per strada, quindi non voglio neanche chiedermi se l'acredine dell'articolo possa essere voluta o spontanea. Considero il tutto pura cronaca.

Una domanda vorrei fare alla testata, MA SOPRATTUTTO A VOI LETTORI DI MAHALLA: in questo mondo di miseria e spazzatura, chi avrebbe scritto, chi avrebbe letto, se quella medesima ragazzina fosse stata presa a sputi o a calci DA NOI, fosse stata semplicemente allontanata in malo modo da un negozio DA NOI, fosse stata minacciata durante un controllo o semplicemente mentre girava, che chiedesse l'elemosina o meno, che fosse o meno sottoposta ad un aguzzino rom? EPPURE E' LA STESSA QUOTIDIANA E PERDURANTE VIOLENZA. O sbaglio?

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